Il sole pulsante di Medjugorje: né frode, né allucinazione

medjugorje

Il sole di Medjugorje pulsa davvero? Il razionalista Marco Corvaglia smentisce ma il fenomeno avviene sotto gli occhi della giornalista Rai e della psicoterapeuta Fausta Marsicano, che esclude allucinazioni.

 
 

Bisogna sempre avere estrema prudenza quando si parla del fenomeno delle apparizioni di Medjugorje, su cui la Chiesa non si è ancora pronunciata ufficialmente.

A maggior ragione se si tratta di presunti prodigi secondari che avverrebbero in quel piccolo paesino della Bosnia ed Erzegovina.

Parliamo, per la precisione, dell’effetto del “sole pulsante” o “miracolo del Sole”, durante il quale il sole cambierebbe repentinamente la sua dimensione, dilatandosi e contraendosi, avvicinandosi e allontanandosi.

Un evento simile accadde anche a Fatima e venne testimoniato perfino dalla stampa laicista e anticlericale (come il quotidiano O Seculo), presente sul posto in quanto il giorno precedente la veggente Lucia aveva preannunciato un segno divino per il giorno successivo.

 

Le obiezioni di Marco Corvaglia al sole pulsante

Diversi razionalisti e critici di Medjugorje, come il poco affidabile Marco Corvaglia, hanno velocemente liquidato il fenomeno sostenendo che si tratti di una frode ottenuta dalla ripetuta apertura e chiusura dell’otturatore della videocamera, tanto che lo stesso Corvaglia è riuscito vagamente a riprodurlo.

Una conferma di ciò emergerebbe dall’analisi di alcuni video che il critico ha trovato sul web, nei quali sarebbe chiaro che ad osservare il fenomeno è soltanto colui che lo sta video-riprendendo, non invece le persone accanto.

Se i razionalisti hanno senza dubbio ragione quando attribuiscono alla videocamera la comparsa di una macchia nera al centro del sole, non si può tuttavia dire lo stesso rispetto alla pulsazione. Infatti, Youtube è pieno di filmati amatoriali (non solo italiani), girati a Medjugorje, in cui oltre alle pulsazioni del sole vengono riprese anche le persone attorno che ammirano a loro volta il fenomeno anche ad occhi nudi, commentando estasiate (qui uno tra i tanti esempi).

Non solo, si possono anche trovare testimonianzecon nome e cognome, di persone, inizialmente scettiche (dunque non predisposte psicologicamente), che testimoniano ciò a cui hanno assistito.

 

La giornalista Rai, la psicoterapeuta e il sole pulsante.

La testimonianza più autorevole al momento arriva però dalla trasmissione televisiva La Storia siamo noi.

In una puntata su Rai3 del febbraio 2011 (video qui sotto), la giornalista Elisabetta Castana, inviata a Medjugorje, ha assistito al “miracolo del sole” in prima persona durante l’apparizione alla veggente Mirjana.

 

Il fenomeno non è stato catturato dalla sua telecamera ma, riprendendo le persone attorno a lei, ha testimoniato: «Inaspettatamente accade qualcosa che distrae la moltitudine, il sole comincia a pulsare, si dilata e si contrae, un’esperienza incredibile. La mia telecamera non riesce a catturare ciò che vedo, ma non è una mia illusione, lo osserviamo tutti».

Il fenomeno accade saltuariamente e non si è ripetuto all’arrivo di un fisico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Valerio Rossi Albertini, chiamato dalla giornalista, il quale ha potuto soltanto escludere -in un diverso contesto temporale rispetto al fenomeno- la presenza di corpi estranei all’interno dell’immagine solare.

La “danza” del sole, quindi, non è certamente provocata dalle videocamere, amatoriali e non. Si tratta allora di unallucinazione collettiva?

Questa è una ipotesi soventemente avanzata, seppur la letteratura scientifica abbia accertato l’accadimento di pochissimi casi, collegandoli oltretutto all’isteria, quindi ad un chiaro disturbo psicopatologico che affligge le varie persone vittime dell’allucinazione, cosa impossibile da sostenere per le miriadi di persone che hanno testimoniato i fatti accaduti a Medjugorje.

Senza contare che, ad assistere al fenomeno, è stata anche la psicoterapeuta Fausta Marsicano, docente presso l’Università Europea di Roma, la quale ha affermato: «Ho visto nel sole questo cerchio pulsante, mobile. Come psicoterapeuta mi sono chiesta se potesse essere un’esperienza di contagio emotivo o di suggestione collettiva, però devo dire che la percezione è stata sincronica, non c’è stata un’iniziale percezione da parte di qualcuno a cui poi gli altri si sono in qualche modo adeguati, quello che ho visto con i miei occhi è innegabile».

 

Il video smentisce la frode o l’allucinazione collettiva.

Cosa si può concludere? Non molto, certamente non è una prova che la “danza” del sole è una manifestazione divina e non prova la veridicità di quanto accade a Medjugorje.

Altrettanto certamente, però, si può concludere che Marco Corvaglia è senza maschera (riprendendo il titolo del suo blog): le sue obiezioni, anche per quanto riguarda la pulsazione del sole, sono insostenibili e facilmente smentite, così come lo sono quelle dei vari critici di Medjugorje.

Il sole pulsante potrebbe essere un fenomeno naturale, ma bisognerebbe spiegare perché accade a Medjugorje, e non nei paesi confinanti, e perché in occasione di determinati eventi. Attualmente non esiste una adeguata spiegazione scientifica che faccia luce sul fenomeno, tenendo conto di tutti i fattori attraverso cui esso si manifesta.

La redazione

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Quando l’eugenetica era il progresso, ad opporsi solo la “bigotta” Chiesa cattolica

eugeneticaIl futuro è sempre meglio del passato, sostengono i progressisti. Quelli che “non vogliono restare indietro”, quelli che ti etichettano come troglodita e bigotto. Bisogna accettare il progresso e liberarsi dei retaggi del passato, hanno ripetuto da sempre i militanti delle varie ideologie che ciclicamente sono comparse nella storia.

Ieri era lo schiavismo, poi la dea ragione illuminista, poi il darwinismo sociale, poi il comunismo marxista, poi la teoria della razza, il “rientro dolce” per salvare il pianeta terra. Oggi c’è l’ideologia gender, colonizzazione mentale che Papa Francesco non ha esitato, per l’appunto, a paragonare alle dittature del XX secolo.

Molto interessante l’indagine che ha realizzato lo scrittore americano Adam Cohen, giornalista ed ex membro del comitato editoriale del New York Times. Parla di eugenetica, ovvero ciò che si celebrava come “progresso” all’inizio del 1900 (non certo nel Medioevo), insegnandola nelle principali università occidentali, tanto che nel 1911 nell’ateneo di Oxford si organizzò il primo congresso mondiale di eugenetica. Oggi il presidente americano Barack Obama inneggia all’ideologia Lgbt, ieri il suo collega Winston Churchill celebrava l’amorevole miglioramento della razza, invocando la «segregazione dei malati di mente sotto condizioni appropriate, così da far morire insieme a se stessi anche la loro sciagura, invece di propagarla alle generazioni future». Il presidente Roosevelt, invece, spiegò che «non è di alcun vantaggio nel consentire una simile perpetuazione di cittadini di razza sbagliata».

Nel 1934 gli scienziati dell’American Public Health Association ospitano nel loro annuale congresso l’Associazione Eugenetica Californiana, che prepara una presentazione del programma nazista di salute pubblica. Nemmeno quando verranno istituite le leggi razziali di Norimberga, con le quali iniziò la sistematica persecuzione nei confronti degli ebrei, gli eugenisti californiani fanno mancare il loro sostegno al Reich. Ovviamente è soltanto un caso che la più famosa eugenista americana si chiamasse Margaret Sanger (1879-1966), fondatrice di Planned Parenthood, ancora oggi la più grande catena di cliniche abortiste nel mondo.

Le leggi eugenetiche diventano legge negli Stati Uniti e lo resteranno fino ai primi anni Ottanta. Famoso il caso della giovane donna Carrie Buck che, nel 1924 viene ritenuta un caso di “imbecillità morale ereditaria” essendo figlia e madre di persone affette da disturbi psichici. Condannata alla sterilizzazione, la donna fa ricorso alla Corte della contea, e, perso il ricorso, fa appello alla Corte Suprema, denunciando la violazione del quattordicesimo emendamento. I giudici le danno torto e la sentenza recita: «Abbiamo visto più di una volta come il bene pubblico possa richiedere ai migliori cittadini la loro vita. Sarebbe strano se esso non potesse ormai chiedere a coloro che hanno indebolito lo Stato un sacrificio minore, allo scopo di prevenire noi stessi dall’essere sommersi dall’incompetenza. Tre generazioni di imbecilli sono sufficienti». Ce lo chiede il “bene pubblico”, love is love twitterebbero Renzi ed Obama.

Proprio di questo caso si è occupato Cohen, intitolando il libro “Imbeciles: The Supreme Court, American Eugenics, and the Sterilization of Carrie Buck” (Penguin Press 2016), definendo l’eugenetica una sorta di “religione secolare” che ha sterilizzato 60.000 americani nel corso di pochi decenni. Aggiunge anche dati inediti: la decisione della Corte Suprema si affermò 8 contro 1, l’unico giudice che votò “no” alla sterilizzazione forzata di Carrie Buck fu Justice Butler, l’unico cattolico. Infatti, si legge, «mentre le élite si convertivano in massa all’eugenetica, l’unica grande circoscrizione che si opponeva costantemente è stata la Chiesa cattolica, che replicava sostenendo che la sterilizzazione violava la legge naturale». Un’opposizione, quella della Chiesa cattolica, che portò ad esempio ad annullare la legge sull’eugenetica negli Stati della Louisiana e del New Jersey.

Cohen ha descritto una conversione etico-morale di massa verso un’ideologia ritenuta il “progresso”, celebrata dai presidenti degli Stati Uniti e da tutti i principali media e quotidiani occidentali, sostenuta dal mondo scientifico e intellettuale, legittimata tramite apposite leggi e addirittura con una sentenza della Corte Suprema. Ad opporsi soltanto i cattolici bigotti e la retrograda Chiesa cattolica, che osò anche allora ricordare agli illuminati uomini progressisti la violazione della legge morale. Si parla di eugenetica, ma non è difficile trovare inquietanti paralleli con quello che gli illuminati uomini moderni ritengono “il bene pubblico” oggi, ad esempio lo strombazzato progresso del suicidio assistito o le pretese progressiste di color arcobaleno.

La redazione

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Prostituzione, la Francia intende debellarla punendo il cliente (come voleva don Benzi)

ProstituzioneE’ sempre bello intravedere la possibilità di un cammino comune anche con chi ha, solitamente, una posizione diametralmente opposta. La femminista Dacia Maraini è una anticlericale di lungo corso, scrittrice ed editorialista del Corriere della Sera,.

Ma, come per molte altre femministe, sul tema della prostituzione le posizioni sono vicine a quelle dei cattolici. Nell’aprile scorso, in Francia, è stata approvata in maniera definitiva una legge a modello di quella svedese del 1999 (che ha avuto un dimostrato successo), attraverso la quale si punta a debellare la prostituzione colpendo i clienti: chi verrà colto in flagrante dovrà pagare un’ammenda di 1500 euro. Se recidivo, dalla seconda volta in poi, la multa salirà a 3750 euro. Oltre alla Svezia, è lo stesso che avviene oggi anche in Norvegia e Islanda. Il parlamento francese ha anche istituito un fondo per sostenere le prostitute che vorranno cambiare vita, allungando loro anche il permesso di soggiorno.

E’ la presa di coscienza che la prostituzione non la si risolve legalizzandola, come vorrebbe il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, ma riconoscendo che non è affatto un “lavoro come gli altri”, come spiegavamo tempo fa. E’ «un residuo di una condizione antica di schiavitù», come ha scritto la femminista Lea Melandri su Il Manifesto, opponendosi all’idea del fallimentare ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, di istituire un quartiere a luci rosse. «Quanti sanno», scrisse anche Dacia Maraini, «che sono donne soggette a tratte internazionali, nuove schiave che vengono trattate peggio degli animali da macello?».

Nei giorni scorsi la femminista del Corriere è tornata sull’argomento, lamentandosi che la notizia della nuova legge francese non abbia avuto visibilità sui media italiani. «C’è chi sostiene che sono le prostitute stesse a volerlo: è un commercio come un altro, perché non vendere ciò che è tanto richiesto? La risposta è che anche in tempi di schiavitù legale, uomini e donne si offrivano sul mercato perché era uno dei modi più rapidi, anche se brutali e spicci, di procurarsi da vivere», ha scritto. «Se una cultura e uno Stato accettano che esista un mercato di corpi umani, ci sarà sempre chi venderà e chi comprerà, senza farsi scrupoli». Quella francese, aggiunge, è «una legge rivoluzionaria che non si propone di regolamentare la prostituzione, come si fa di solito, ma vuole proprio abolirla».

«Nessuna donna nasce prostituta», disse il beato don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII (a cui è possibile destinare il 5×1000), che dagli anni ’90 aiuta, sostiene e protegge centinaia di prostitute che desiderano cambiare mestiere e trovare una vita dignitosa per loro stesse. Tra le tante azioni intraprese per eliminare alla radice la tratta di esseri umani, la più significativa è proprio stata la raccolta di oltre 100.000 firme in favore del disegno di legge d’iniziativa popolare, che prevede la punizione del cliente, depositato alla Camera nel 2004. Questi sono i veri diritti civili che aspettano da anni di essere approvati, speriamo di farcela, anche che con l’aiuto delle femministe.

 

Qui sotto un video della Comunità Papa Giovanni XXIII

 
La redazione

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Studiando l’evoluzione umana si giunge anche a Dio, la testimonianza di due biologi

Ajit Varki«Darwin ha dimostrato che basta osservare la natura per convincersi senz’ombra di dubbio che l’umanità non è superiore o più speciale rispetto agli organismi simbioti chiamati licheni». Queste parole dell’eco-attivista Christopher Manes verrebbero oggi sottoscritte non soltanto da animalisti ed ecologisti radicali, ma anche da anti-teisti di professione, convinti che il modo più facile per smentire l’esistenza del Creatore sia smentire l’unicità dell’uomo, della creatura.

Questo spiega l’ampio ricorso da parte del cosiddetto “ateismo scientista” (che vuole argomentare il proprio scetticismo metafisico strumentalizzando la scienza) alle teorie evolutive di Darwin. Ma è un’arma a doppio taglio perché, secondo diversi scienziati, è proprio lo studio approfondito dell’evoluzione biologica a far emergere il cosiddetto human exceptionalism, ovvero l’eccezionalità umana. Secondo i sostenitori del riduzionismo, il fatto che l’uomo non sia eccezionale sarebbe una prova contro Dio: ma se viene mostrato il contrario? Bisognerebbe rimanere coerenti.

Ne ha parlato nei giorni scorsi il medico e biologo Joshua Swamidass, docente presso la divisione di Medicina genomica della Washington University. Dopo aver chiarito che «una somiglianza genetica» tra l’uomo e lo scimpanzé richiama in qualche modo un comune antenato, ha replicato a chi sostiene che, proprio per questo, l’essere umano non è che una grossa scimmia semplicemente più evoluta. «E’ davvero questo ciò che la scienza ci dice?», si è domandato. Certo, condividiamo il 95-98% dei geni con le scimmie antropomorfe, ma uno studio ha dimostrato che il 99% dei geni è in comune anche con il topo. Quindi, siamo più topi che scimmie? E cosa dire del fatto che condividiamo anche il 90% del DNA con i coralli marini? Un altro studio ha dimostrato che condividiamo il 90% dei geni con i gatti, l’82% con i cani e l’80% con le mucche. Addirittura il 50%, invece, è in comune con le banane. Siamo banane per metà, dunque? E’ evidente che, come abbiamo già osservato, l’uomo “non si spiega” nei suoi geni.

Durante il convegno a cui ha partecipato il prof. Swamidass, era presente anche Ajit Varki, docente di Medicina cellulare e molecolare e co-direttore del Glycobiology Research and Training Center dell’University of California, autore del libro Denial: Self-Deception, False Beliefs, and the Origins of the Human Mind (Twelve edition 2013), in cui ha mostrato la “singolarità” nella crescita del genere umano. «Gli esseri umani sono molto, molto insoliti», ha affermato Varki. C’è un «eccezionalismo nelle nostre origini umane». Sono tanti gli elementi da considerare, in particolare la mente umana: «nulla di simile è stato incontrato in tutta la storia del nostro pianeta». Nessun gradualismo nell’evoluzione della mente, perché «le sue capacità erano già presenti 70.000-100.000 anni fa in Africa». Immaginate, ha detto il prof. Varki, di prendere 1.000 bambini africani di 70.000 anni fa e portarli nella California di oggi, «se tornate tra cinquant’anni non sarete in grado di riconoscerli, perché saranno esattamente come noi. Questo significa che tutte le capacità mentali, la capacità di calcolo, l’astrofisica, la musica sinfonica, la filosofia e la teologia, era già lì, erano già presenti 100mila anni fa». Lo stesso esperimento è stato tentato con anche con gli scimpanzé, «ed è inutile dire che i risultati sono stati diversi, a volte tragici», ha aggiunto il prof. Swamidass.

«Il prof. Varki», ha commentato il biologo Swamidass, «non sostiene che l’evoluzione è falsa. Invece, sottolinea che un modo onesto di guardare l’evoluzione umana, anche da un punto di vista strettamente scientifico, rivela che gli esseri umani sono veramente eccezionali. Si è verificata una “singolarità” nella storia del nostro pianeta, qualcosa di bello e unico è accaduto». La conclusione del prof. Varki, un’autorità indiscussa nel campo scientifico, è che «non è irragionevole quando alcuni si chiedono se Dio ha avuto un ruolo nelle nostre origini». E il suo collega Swamidass ha aggiunto: «Sono d’accordo, come evoluzionista teista personalmente credo che Dio ci ha creati attraverso un processo evolutivo. Teologicamente e scientificamente parlando, siamo stati formati dalla polvere della terra, ma siamo molto più che soltanto polvere».

Due semplici testimonianze di due autorevoli biologi e genetisti evoluzionisti che, grazie ad uno studio approfondito dei meccanismi evolutivi, giungono a sostenere una eccezionalità dell’essere umano tale per cui, soltanto partendo dal dato strettamente scientifico, arrivano alla necessità di introdurre una componente metafisica. Come ha affermato il genetista cristiano Werner Arber, premio Nobel per la medicina e attuale presidente della Pontificia Accademia delle Scienze: «Non ho mai sperimentato una contraddizione tra l’essere uno scienziato e credere nelle verità del cristianesimo, né difficoltà nel tenere insieme questi due ambiti. Piuttosto, può essere che le mie intuizioni scientifiche abbiano per qualche aspetto e in qualche misura influenzato le caratteristiche della mia fede. Ciò lo considero soprattutto un arricchimento».

La redazione

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Pensioni d’oro ai vescovi? Una bufala e lo stipendio è di 1300€

bufala bagnasco«I cardinali che lavorano in Curia non vivono da ricchi e da fastosi: vivono in un appartamentino, sono austeri, loro, sono austeri», ripete Papa Francesco. Nonostante questo e nonostante la sua continua ripetizione che «il Vangelo non condanna affatto i ricchi, semmai le ricchezze quando diventano oggetti idolatrati», i media continuano a battere il chiodo sugli stipendi di preti e vescovi.

Nei giorni scorsi si è parlato della presunta “pensione d’oro” del card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale italiana. Lo ha fatto su Il Giornale la giornalista Anna Maria Greco, inventandosi che il cardinale percepirebbe 4000 euro al mese per i 3 anni in cui è stato arcivescovo ordinario militare. Subito è arrivata la risposta da parte di Famiglia Cristiana, che ha citato la smentita della CEI: Bagnasco percepisce come trattamento previdenziale 650,50 euro. In difesa del card. Bagnasco anche il suo “vice”, mons. Nunzio Galantino, che ha testimoniato la sobrietà di vita del presidente della CEI, precisazioni corrette sono state pubblicate anche da Avvenire Vatican Insider

Dopo due giorni, il 29 maggio, un collega della Greco, Fabio Marchese Ragona, sempre su Il Giornale, ha preso atto che non esiste «nessun privilegio» e nessuna pensione d’oro. Grazie anche ad una lettera arrivata dall’Inps, viene quindi confermata la cifra di 650,50€, prelevata dal Fondo Clero e nessuna pensione per gli anni in servizio come Ordinario Militare. Lo stipendio del presidente dei Vescovi italiani, ammonta attualmente a 1300€ netti al mese e 29.822,00€ lordi all’anno.

La cifra trova conferma dai tariffari vaticani, in cui si indica che un giovane prete riceve circa 800€ al mese, un parroco circa 1000€ e un vescovo, appunto, 1.300€ (un’inezia, se paragonato allo stipendio di un qualsiasi dirigente). Lo stesso card. Bagnasco ha dichiarato in un’intervista: «Venga a fare un giro con me nei vicoli di Genova: vedrà i migliaia di pasti che prepariamo nelle nostre mense, i piccoli alloggi che abbiamo allestito per le ragazze madri e per i padri separati, che dormono in macchina, se ancora ce l’hanno. Sento lamentele per il tetto di 240 mila euro agli stipendi pubblici. Sa quanto guadagna un vescovo? Milletrecento euro. Il parroco e il curato ancora meno».

Lo stipendio di un prete, spiega Franca Giansoldati su Il Messaggero, è «in media mille euro netti al mese, praticamente quello che guadagna un operaio o un bracciante agricolo». Senza contare che spesso parte dello stipendio viene devoluto a chi non lo ha proprio, come hanno fatto i preti bergamaschi, in accordo con il vescovo Francesco Beschi, destinandolo a coloro che hanno perso il lavoro. Benedetto XVI riceve 2500 euro di pensione, una cifra ridicola per un ex capo di Stato. Francesco, invece, non riceve alcuno stipendio ma può attingere liberamente dalle donazioni ricevute dai fedeli tramite l’Obolo di San Pietro.

Più che le fantomatiche “pensioni d’oro” bisognerebbe ridurre le mediatiche “bufale d’oro”.

La redazione

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Benedetto XVI smentisce (ancora) Antonio Socci: «Il terzo segreto di Fatima rivelato per intero»

Benedetto XVI scriveSi dicono “ratzingeriani”, ma ogni volta che Benedetto XVI interviene pubblicamente è un duro colpo per loro. Parliamo in particolare di Antonio Socci, oggi punta di diamante dell’antipapismo italiano.

Pochi giorni fa il giornalista toscano ha ricevuto una plateale smentita da parte di Benedetto XVI sul teorema da lui ideato circa il terzo segreto di Fatima, a cui ha dedicato anni di lavoro e perfino un libro: Il quarto segreto di Fatima (Rizzoli 2006). In esso ha sostenuto che vi sarebbe una parte «esplosiva» del Segreto che riguarderebbe la Chiesa e il mondo di oggi, ma che il Vaticano non pubblica perché si tratterrebbe di una «profezia di un’immane sciagura per il mondo e una grande apostasia e crisi della Chiesa. Una prova apocalittica al termine della quale – disse la Madonna stessa a Fatima – “il mio Cuore Immacolato trionferà”.

Apocalitticismo, il Vaticano che nasconde i segreti, profezie catastrofiche: Socci non abbandona mai il sensazionalismo ha perfino coinvolto Benedetto XVI, il quale avrebbe «confermato implicitamente» tutto questo, smentendo la voce ufficiale della Chiesa, che invece ha sempre ribadito il contrario. In particolare il card. Tarcisio Bertone, che da segretario dell’ex Congregazione del Sant’Uffizio (quindi “vice” di Ratzinger), incontrò più volte la veggente suor Lucia, ha ben chiarito le cose nel libro L’ultima veggente di Fatima (Rizzoli 2007): il Segreto è stato rivelato interamente.

Come spesso accade, tuttavia, le risposte ufficiali diventano incredibilmente delle conferme per i teorizzatori di ipotesi alternative, ed infatti in questi anni Socci ha proseguito a ribadire la sua tesi, sviluppatasi oltretutto anche sulle chiaramente farneticanti dichiarazioni del terrorista turco Alì Agca. Nel suo libro su Fatima, il giornalista toscano scrive: «Che vi sia una parte del Segreto non svelata e ritenuta “indicibile” è certo». Ma le “certezze” che Socci offre ai suoi lettori, dicevamo all’inizio, sono state confutate dall’intervento recente di Benedetto XVI, il quale ha voluto replicare ad alcuni articoli contenenti dichiarazioni attribuite al professor Ingo Dollinger, secondo cui quando era cardinale Ratzinger avrebbe confidato che il Segreto non era stato svelato completamente. «Il Papa emerito Benedetto XVI», si legge nel testo diffuso dalla Sala stampa vaticana, «comunica “di non aver mai parlato col professor Dollinger circa Fatima”, afferma chiaramente che le esternazioni attribuite al professor Dollinger su questo tema “sono pure invenzioni, assolutamente non vere” e conferma decisamente: “la pubblicazione del Terzo Segreto di Fatima è completa”». Nessun quarto segreto di Fatima, quindi.

Non è la prima volta che negli interventi di Benedetto XVI si può leggere una indiretta smentita alle tesi del giornalista di Libero: se il suo leit-movie è la totale discontinuità tra Francesco e i suoi predecessori, Benedetto XVI ha scritto invece di essere «grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un’amicizia di cuore a Papa Francesco» (lettera confermata dallo stesso Ratzinger). Il Papa emerito ha anche smentito il teorema di Antonio Socci sul fantomatico “attacco occulto”, da lui sostenuto come causa delle sue dimissioni, replicando in prima persona («Non c’è il minimo dubbio circa la validità della mia rinuncia al ministero petrino» ha scritto, «unica condizione della validità è la piena libertà della decisione»), e in “seconda persona” tramite l’intervento del suo segretario personale, mons. Georg Gänswein: «Benedetto stesso ha detto di aver preso la sua decisione in modo libero, senza alcuna pressione. La consapevolezza che le forze del corpo e dell’animo venivano meno, di dover guardare non alla propria persona ma al bene della Chiesa. Le ragioni sono nella sua declaratio».

Più recentemente, Socci ha contrapposto la visione della misericordia di Benedetto XVI e di Padre Pio a quella di Francesco (scrivendo: «La misericordia testimoniata da padre Pio – diversamente da quella di Bergoglio – era inseparabile dalla giustizia e dalla verità. Padre Pio infatti diceva di temere la misericordia perché se ne può abusare. Il suo insegnamento ricalca quello di Giovanni Paolo II (con S. Faustina) e di Benedetto XVI»), ricevendo ancora una volta smentita da Benedetto XVI, il quale ha evidenziato il legame tra la misericordia di Suor Faustina e quella di Giovanni Paolo II, aggiungendo che «Papa Francesco si trova del tutto in accordo con questa linea. La sua pratica pastorale si esprime proprio nel fatto che egli ci parla continuamente della misericordia di Dio».

Tornando a Fatima, il capitolo è quindi definitivamente chiuso? Ovviamente no, anche se Socci non ha voluto commentare queste parole del Papa emerito, che mandano inevitabilmente all’aria i teoremi catastrofici, il suo lavoro di anni e le sue “certezze” spacciate come verità, ci ha pensato lo storico tradizionalista Roberto De Mattei a sostenere, guarda caso, che «la smentita non convince». Benedetto XVI quindi, se ne deduce, mentirebbe da decenni alla Chiesa e al mondo intero per tenere segreto “l’indicibile” Segreto. La posizione irrazionale dei tradizionalisti, attaccati al complottismo esoterico, è proprio il tradimento del magistero di Benedetto XVI, che ci ha insegnato invece a tenere unita la fede alla ragione. Il vero segreto, infatti, è che una autentica fede cristiana è ben lontana da tutto questo, non si abbandona al misterismo apocalittico e non rimane incastrato in esso. Nel commento teologico ufficiale del Terzo segreto di Fatima, da parte dell’allora card. Joseph Ratzinger, dopo aver puntualizzato già ai tempi che il Segreto è stato «pubblicato integralmente», vi si aggiunge: «Chi legge con attenzione il testo del cosiddetto terzo “segreto” di Fatima, resterà presumibilmente deluso o meravigliato dopo tutte le speculazioni che sono state fatte. Nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squarciato».

 

Post scriptum
Nel suo quotidiano insulto a Papa Francesco, oggi Antonio Socci ha scritto che il Papa gli «fa pena» perché «non si vuole mischiare con le pecore», avendo atteso la processione del Corpus Domini all’arrivo ed essendosi rifiutato di inginocchiarsi davanti al Santissimo Sacramento, aggiungendo una citazione estrapolata di Benedetto XVI: «l’incapacità a inginocchiarsi appare addirittura l’essenza stessa del diabolico». Socci ha quindi usato Papa Ratzinger per dare del satanico al suo successore, oltretutto diffondendo due calunnie. Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha spiegato, fin dal 2014, che Francesco rinuncia alla processione a piedi per motivi di stanchezza fisica e perché «l’attenzione dei fedeli rimanga concentrata sul Santissimo Sacramento esposto e portato in Processione», piuttosto che sul Papa. Altra menzogna è il mancato inginocchiarsi davanti al Santissimo, cosa che invece Papa Francesco fa abitualmente (almeno quando le ginocchia glielo consentono), come dimostrano queste fotografie (e questo video dal minuto 2:13:11).

bergoglio inginocchiato

 

AGGIORNAMENTO 29/05/16
Il giornalista Antonio Socci ha voluto replicare a questo articolo (sorvolando sulle sue false affermazioni rispetto al mancato inginocchimento di Francesco davanti al Santissimo), ma la toppa è peggiore del buco. Oltre a mettere velatamente in dubbio l’autenticità del comunicato ufficiale della Santa Sede, ha sostenuto che il Vaticano avrebbe sì pubblicato tutto il terzo Segreto, ma ritenendo “non sovrannaturale” un presunto scritto di suor Lucia, «tuttora sconosciuto e resta il mistero sul suo contenuto». Socci, nonostante ammetta di non conoscerne il contenuto, conclude inevitabilmente che tale presunto scritto sia chiaramente apocalittico e profetizzi un’apostasia della Chiesa nei suoi massimi livelli, per questo il Vaticano e tutti i pontefici da Papa Roncalli a Francesco, passando per Wojtyla e Ratzinger, lo stiano tenendo nascosto al mondo perché «alquanto imbarazzante per un Pontefice». Non solo, ma sostiene addirittura che Benedetto XVI si sia tradito e abbia menzionato il contenuto di tale scritto, -che nel frattempo teneva nascosto in Vaticano-, in alcune sue citazioni pubbliche (dove in realtà parla della “missione profetica di Fatima” e non di un presunto scritto che nel frattempo era da lui nascosto in Vaticano). Per finire, il giornalista toscano ha concluso che nel 2017 terminerebbero «le sofferenze e le prove della Chiesa», cioè il terribile martirio di una Chiesa annichilita che sarebbe stato profetizzato nel solito presunto scritto di suor Lucia.

Se ne deduce che per Socci, entro il 2017 inizierà e si concluderà la catastrofica profezia contenuta nel presunto scritto di suor Lucia, che Benedetto XVI e i suoi predecessori avrebbero nascosto per motivi di imbarazzo e “neutralizzato” ritenendolo “non sovrannaturale”. Probabilmente alla fine del 2017, quando nulla accadrà, qualcuno dirà che la profezia apocalittica in realtà dovrà verificarsi tra altri due, cinque o nove anni, estrapolando altre citazioni, scelte per l’occorrenza. Un po’ come la profezia contenuta nelle apparizioni di Anguera sulla distruzione di Roma che, sempre Antonio Socci, ha allarmato si sarebbe dovuta verificare il 23 marzo scorso, senza ovviamente premurarsi di controllare della smentita da parte del sito ufficiale. Tornado a Fatima e lasciando perdere l’apocalitticismo, suor Lucia ha confermato che la visione avuta si è realizzata e conclusa con l’attentato a Giovanni Paolo II e ha interpretato la terza parte del “segreto” non in uno scritto nascosto e neutralizzato come non sovrannaturale da Benedetto XVI e “colleghi”, ma in una lettera a Giovanni Paolo II del 12 maggio 1982, riferendosi agli errori dell’Unione Sovietica. Il card. Tarcisio Bertone, vice di Ratzinger alla Congregazione del Sant’Uffizio, dopo aver a lungo conversato con la veggente, ha replicato proprio ai sostenitori dello scritto di suor Lucia nel libro L’ultimo segreto di Fatima (edizione 2007 e 2010): «Quella parte del discorso in prima persona non è stato censurato perché non esiste. Non esiste quel testo. E non lo affermo per partito preso, ma perché la conferma che la terza parte del “Segreto” è quella pubblicata, è venuta direttamente da suor Lucia. La profezia non è aperta sul futuro, si è realizzata nel passato, nell’evento indicato (da suor Lucia e da tutti i pontefici, ndr). Non ci si vuole arrendere all’evidenza». E, come ha rilevato il vaticanista Andrea Tornielli: la prefazione delle due versioni del libro del card. Bertone è formata da una lettera di Benedetto XVI.

La redazione

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Il Vangelo di Marco tace sulle apparizioni di Gesù?

dubbio tommasoSpesso il finale del Vangelo di Marco suscita qualche perplessità, in particolare quando si racconta delle donne che videro la tomba vuota di Gesù e ricevettero l’invito di un angelo ad avvertire gli apostoli della resurrezione del Signore. Il brano si conclude così: «Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite» (Mc 16,1-8).

Molti obiettano: se non dissero niente a nessuno, come si è trasmesso il messaggio della risurrezione agli apostoli? E perché negli altri Vangeli si racconta, invece, che esse corsero a riferire l’annuncio? Alla domanda ha risposto recentemente il teologo domenicano padre Angelo Bellon, riportando un’osservazione intelligente: «Questo non esclude che, cessata la paura, abbiamo raccontato tutto, come si evince dagli altri vangeli. E infatti l’hanno raccontato. Diversamente come avrebbe potuto Marco dire che esse tennero per sé la notizia e non dissero nulla? Se la notizia non si fosse risaputa, Marco non avrebbe dovuto scrivere più nulla e avrebbe dovuto fermarsi al racconto della morte e sepoltura».

La riflessione è logicamente valida: se le donne non avessero mai raccontato quanto riferito dall’angelo al sepolcro, Marco non avrebbe potuto scrivere che “non dissero niente a nessuno”. Lo stesso è stato sostenuto dal celebre studioso di Nuovo Testamento, l’olandese William Hendriksen (in Exposition of the Gospel According to Mark, Grand Rapids 1975).

Risolta questa questione, rimane aperto il dibattito sul finale del Vangelo di Marco, la maggior parte degli studiosi sostiene infatti -con valide ragioni- che la parte riguardante Marco 16,9-20 sia stata aggiunta in un secondo momento. Sulla prestigiosa Bibbia di Gerusalemme, si legge: «tra il versetto 8 e il versetto 9 c’è nel racconto una soluzione di continuità. D’altronde si fatica ad accettare che il secondo Vangelo nella prima redazione si arrestasse bruscamente al versetto 8. Da qui la supposizione che la finale originaria sia scomparsa per una causa a noi sconosciuta e che la finale attuale sia stata redatta per colmare la lacuna. Essa si presenta come un riassunto sommario delle apparizioni del Cristo risorto, la cui redazione è sensibilmente diversa dallo stile abituale di Marco, concreto e pittoresco. Tuttavia l’attuale finale è stata conosciuta fin dal II secolo da Taziano e da Ireneo e ha trovato posto nella stragrande maggioranza dei manoscritti greci e traduzioni dei primi secoli. Se non si può provare che ha avuto Marco per autore, resta sempre, secondo l’espressione di Swete, un’autentica reliquia della prima comunità cristiana».

Il prof. Michael R. Licona, docente di Teologia a Houston Baptist University e noto studioso del Vangelo, ha affermato«Concordo con quasi tutti gli studiosi sul fatto che il Vangelo di Marco probabilmente si è concluso con 16,8 e che i versi 16,9-20 sono stati aggiunti in seguito. E’ possibile che Marco non avesse intenzione di concludere così il suo Vangelo, credo che non fosse stato in grado di concluderlo a causa di una malattia, della prigionia o la morte. E’ anche possibile che il finale di Marco sia andato perduto». La perdita del finale del Vangelo di Marco è ipotizzata anche da altri studiosi importanti, come Craig A. Evans e RT France .

In ogni caso, certamente Marco era a conoscenza delle apparizioni del Risorto dopo la morte, anche perché lo predisse lo stesso Gesù durante l’Ultima Cena: «Ma dopo che sarò risuscitato, vi precederò in Galilea» (Mc 18,28). E lo stesso disse l’angelo alle donne che trovarono il sepolcro vuoto: «Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”» (Mc 16,7). Inoltre, ha proseguito il prof. Licona, «le apparizioni di Gesù sono descritte anche nelle lettere di Paolo, il quale probabilmente le ha scritte prima che Marco scrivesse il suo Vangelo. E se gli Atti degli Apostoli sono corretti (vedi capitoli 12 e 15), Marco conosceva Paolo e aveva anche viaggiato con lui durante uno dei suoi viaggi missionari. Quindi, è molto probabile che aveva familiarità con i racconti che Paolo menziona. Sostenere, perciò, che Marco non sapeva delle apparizioni è del tutto speculativo e, a mio parere, sbagliato».

La redazione

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Grazie al Centro di Aiuto alla Vita, un altro bambino strappato all’aborto

centro aiuto vita 
 
di Paola Bonzi*
*fondatrice e direttrice del Centro di aiuto alla vita (CAV) della Clinica Mangiagalli di Milano.

dal suo diario Facebook, 25/05/16
 
 
Oggi è il turno di Claudia. «Permesso, buongiorno! Devo parlare con qualcuno perché ho un assoluto bisogno di aiuto». «Si accomodi e provi a farmi capire cosa sta succedendo».

Con decisione Claudia continua: «Ho 21 anni, sono in Italia da quando ne avevo 8 e sono incinta alla nona settimana. Nessuno vuole questa gravidanza, e tanto meno questo bambino. La mamma è l’unica che tenta di darmi una mano, chiamandomi e regalandomi del cibo quando il mio patrigno non c’è. E’ stato lui infatti a cacciarmi di casa appena ha saputo della gravidanza, sostenendo che fosse motivo di vergogna il non avere di fianco il padre del mio bimbo. Quando ho comunicato la notizia della gestazione al mio ragazzo, lui mi ha risposto che non voleva saperne più né di me né del bimbo e ha chiuso ogni contatto».

La guardo con un grande dispiacere. Il suo viso è quasi senza colore e i lineamenti sono molto tesi. «Mi dispiace per tutto questo e capisco che debba sentirsi molto male. Dove si trova ora?». «Abito presso una mia amica, che potrà accogliermi solo fino a lunedì. Ma dopo?». Claudia non è una vagabonda. Ha lavorato come traduttrice, commessa e babysitter, ma attualmente è disoccupata da due mesi. «Suo padre sa della sua condizione?». «Non lo vedo da anni, dato che mia madre si è separata da quando ne avevo solo 3, chiudendo i rapporti con lui».

Claudia è veramente sola. Nessuno si occupa di lei. Nessuno ascolta le sue parole e le sue necessità. Il Centro di Aiuto alla Vita però si basa proprio sull’ascolto, ascolto attivo che ci fa trovare risorse impensate. Faccio il conto delle camere occupate nella nostra casa per le madri sole e mi rendo conto che un ultimo posto c’è.

«Se a lei fa piacere noi potremmo ospitarla da lunedì in avanti nell’appartamento dove già vivono altre 3 madri nella sua stessa condizione. Certo, bisognerà cercare di andare d’accordo, di dividersi i turni per le pulizie e di fare un po’ di vita comune. Che cosa ne dice?». «Sicuramente sarebbe una bellissima soluzione. Mi piacerebbe molto». E così, di corsa come al solito, interpelliamo Laura che si occupa delle nostre accoglienze. «Fissale un appuntamento per le 14.00, così la vedrò e le parlerò», dice Laura.

Claudia ora sorride. Sa che oltre all’alloggio potrà avere tutto il necessario per lei e il bambino che aspetta. «Finalmente avrò una persona a cui dedicare tutto il mio amore. Mi sembra una cosa bellissima».

 
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Incredibile, anche le canzonette di Fedez e J-Ax parlano al cuore dell’uomo

Fedez e J-Ax«Vagliate tutto e trattenete il valore» (1Ts 5,21). Se San Paolo aveva ragione, in tutto può esserci un bene, un qualcosa da trattenere. Perfino nelle canzonette estive di due rapper italiani come Alessandro Aleotti (detto J-Ax) e Federico Leonardo Lucia (detto Fedez).

J-Ax e Fedez sono due perfetti testimoni del disorientamento sociale, due normali soubrette che a breve verranno inghiottite dall’implacabile dimenticatoio, ma che oggi raccolgono facili ascolti puntando sullo stile volontariamente orientato alla ricerca dello scandalo (copiato dai rapper americani), il quale collima perfettamente con l’esigenza di ribellione, di rabbia e di frustrazione in cui sono immersi gli uomini occidentali. Facendo presa sopratutto tra i più vulnerabili, gli adolescenti.

Si, ma liberi da cosa? Si domandava Vasco Rossi. Ribelli da cosa? Esibizionisti, perché? Cosa manca al cuore umano? Il teologo Cornelio Fabro rifletteva: «nonostante la scienza e la tecnologia abbia portato la specie umana al massimo delle sue potenzialità rispetto al dominio del mondo esterno, l’individuo umano non si sente realizzato, anzi si scopre perduto e impotente» (citato in C. Ferraro, Cornelio Fabro, Lateran University Press 2012, p.192). Ed è proprio così: piuttosto che placare la radicale insoddisfazione umana, la modernità l’ha semplicemente esasperata. Non è certo un caso che la battaglia sociale che accomuna i due rapper italiani è la liberalizzazione della droga, cioè l’inno all’evasione, alla fuga dalla realtà apparentemente incapace di soddisfare l’animo umano e che, anzi, amplifica la domanda esistenziale che ci portiamo tutti dentro.

Significativo, da questo punto di vista, leggere il testo dell’ultimo brano di J-Ax e Fedez, intitolato Vorrei ma non posto. Una (stranamente) intelligente riflessione sulla società e degli adolescenti (ma non solo!), schiavi dell’iPhone (che «ha preso il posto di una parte del corpo»), del papillon di Vuitton e dei vestiti di Armani, dello «sbattimento per far foto al tramonto, che poi sullo schermo piatto non vedi quanto è profondo». Senza riferimenti autentici poiché impossibilitati a prendere sul serio i genitori, con il papà ubriaco ad ogni weekend e la mamma che si spoglia ai concerti. E’ quindi lecito che dicano: «Lo sai, non c’è un senso a questo tempo, che non dà il giusto peso a quello che viviamo. Ogni ricordo è più importante condividerlo che viverlo. Vorrei ma non posto».

Indipendentemente dalle intenzioni degli autori del brano, noi la leggiamo come una lucida e disperata fotografia della società secolarizzata. I vizi sono completamente soddisfatti, abbiamo tutto, facciamo ciò vogliamo, eppure non c’è ancora quel senso della realtà che darebbe il giusto peso, che riempirebbe di sapore quel che confusamente viviamo e ansiosamente condividiamo sui nostri social network. «Colui che non abbiamo mai visto, che però aspettiamo con vera bramosia», ha scritto il non credente Franz Kafka (Il castello, Guaraldi 1995, pp. 297-298). Il passaggio è però fondamentale: dal “cosa” riempie di senso la vita, al “chi”, al “colui”. Anzi, al “Colui”.

«Tutto questo navigare senza trovare un porto», urlano J-Ax e Fedez nel ritornello del loro brano. Invece noi rispondiamo: il porto c’è e vi si può approdare, Lo si può incontrare, qui e ora. Dire questo è il vero scandalo, non i tatuaggi o le sparate mediatiche di Fedez. Questo è lo scandalo che i cristiani portano nel mondo come risposta alla disperazione, seppur ben nascosta, dei fratelli uomini. Lo disse Giovanni Paolo II ai giovani del 2000, ma vale ancora oggi: «In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna».

La redazione

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Perché pregare se talvolta sembra che Dio non risponda come vorremmo?

bambina preghiera«La preghiera non è una bacchetta magica!». Nell’udienza generale di ieri, Papa Francesco ha fatto una riflessione sulla preghiera che riteniamo molto interessante.

Tra le tante domande che ci arrivano per e-mail, molte riguardano questa tematica: qual è il senso della preghiera? Perché spesso sembra che Dio non risponda alle nostre domande? Perché pregare se Lui conosce già ciò di cui abbiamo bisogno? Ad esse abbiamo già risposto, in particolare al significato del pregare e al conciliare la preghiera con l’onniscienza di Dio.

Ieri il Pontefice ha dato il suo contributo, che merita di essere ripreso. Dopo aver letto il brano evangelico Luca 18,1-8, Francesco ha commentato: «Gesù esorta a pregare “senza stancarsi”. Tutti proviamo momenti di stanchezza e di scoraggiamento, soprattutto quando la nostra preghiera sembra inefficace. Ma Gesù ci assicura: Dio esaudisce prontamente i suoi figli, anche se ciò non significa che lo faccia nei tempi e nei modi che noi vorremmo. La preghiera non è una bacchetta magica!».

Allora, perché la preghiera? Perché «essa aiuta a conservare la fede in Dio ad affidarci a Lui anche quando non ne comprendiamo la volontà. L’oggetto della preghiera passa in secondo piano, ciò che importa prima di tutto è la relazione con il Padre. Ecco cosa fa la preghiera: trasforma il desiderio e lo modella secondo la volontà di Dio, qualunque essa sia, perché chi prega aspira prima di tutto all’unione con Dio, che è Amore misericordioso».

Lo scrivevamo anche noi un anno fa: la preghiera non serve per far comprendere a Dio le nostre necessità o per mutare la sua volontà, ma per disporre noi stessi ad accogliere il Suo aiuto e la Sua risposta: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22, 42), quest è l’apice della preghiera. Sant’Agostino ricorda che «la creatura ragionevole offre preghiere a Dio per costruire se stessa, non per istruire Dio» (De gratia Novi Testamenti ad Honoratum liber unus, 29).

«Gli effetti della preghiera non sono un’illusione», ha scritto il premio Nobel per la Medicina, Alexis Carrel (convertitosi a Lourdes dopo aver constatato un miracolo di guarigione davanti ai suoi occhi). «Essa fortifica nello stesso tempo il senso sacro e il senso morale. L’uomo si vede così com’è. Scopre il suo egoismo, la sua cupidigia, i suoi errori di giudizio, il suo orgoglio; si piega all’adempimento del dovere morale; tenta di acquistare l’umiltà intellettuale. Così gli si apre dinanzi il regno della Grazia. Tuttavia gli effetti della preghiera non sono un’illusione, la preghiera non dev’essere paragonata alla morfina e non bisogna ridurre il senso sacro all’angoscia dell’uomo davanti ai pericoli che lo circondano e davanti al mistero dell’universo. Questo perché la preghiera determina, insieme con la calma, una integrazione delle attività mentali, una specie di fioritura della personalità, solleva gli uomini al di sopra della statura mentale loro, propria per eredità o per educazione. Questo contrasto con Dio li ricolma di pace. E pace si irradia da loro. E pace essi portano dovunque vadano. Tutto accade come se Dio ascoltasse l’uomo e gli rispondesse. Disgraziatamente non c’è ora nel mondo che un minimo numero d’individui che sappiano realmente pregare» (A. Carrel, La Preghiera, Morcelliana 1986, pp. 28-44).

La redazione
(articolo inserito nell’archivio dedicato alle risposte teologiche)

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