Vita e famiglia, ecco le più recenti vittorie politiche nel mondo

Durante la nostra pausa invernale abbiamo inevitabilmente interrotto l’iniziativa di informare periodicamente i nostri lettori sulle vittorie politiche che i difensori della vita e della famiglia stanno ottenendo contro la cosiddetta “cultura dello scarto”. Cerchiamo di recuperare, mostrando le principali notizie arrivateci negli ultimi mesi.

 

In Colombia, è stata approvata dal Senato, nel dicembre scorso, la richiesta per un referendum sulle adozioni gay, così da opporsi alla dichiarazione favorevole da parte della Corte Costituzionale. Gli attivisti avrebbero dovuto raccogliere un minimo di 1,8 milioni di firme per presentare tale richiesta, obbiettivo che è stato abbondantemente superato. Ora il disegno di legge è passato alla Camera e dovrà essere approvato dal presidente e la Corte costituzionale.

In Svizzera, il cantone di Berna ha deciso di bandire la teoria gender dalle scuole, vietando tutti i temi legati alla “prospettiva gender” (secondo la quale il genere può essere contrapposto al sesso biologico) dalle strategie formative dei programmi scolastici che da quelli di formazione per i docenti.

Il Mississipi, in America, è diventato nell’aprile 2016 il quarto stato americano a vietare l’aborto tramite smembramento del feto umano (pratica tra le più utilizzate), grazie all’approvazione del disegno di legge al Senato (vinto per 40 a 6) e alla Camera (vinto per 83 a 33). Il governatore Phil Bryant ha posto la sua firma, imitando così i governatori del West Virginia, del Kansas e dell’Oklahoma.

In Romania in appena un mese e mezzo sono state raccolte circa 3 milioni di firme (il Paese conta 30 milioni di persone) per chiedere un emendamento costituzionale in cui venga protetta la famiglia naturale, intesa come l’unione tra un uomo e una donna. Nello scorso luglio, la Corte costituzionale rumena ha approvato la richiesta. Attualmente l’articolo 48.1 afferma che «La famiglia è fondata sul matrimonio liberamente scelto dai coniugi, la loro piena parità, così come il diritto e il dovere dei genitori di assicurare l’educazione, la cura e l’istruzione dei loro figli». La riformulazione ha lo scopo di eliminare il riferimento ai “coniugi”, sostituendolo con un riferimento specifico all’uomo e alla donna. La modifica costituzionale verrà discussa dal Parlamento e dovrà ottenere una maggioranza di tre quarti di esso in entrambe le camere.

In Sudafrica la Corte Suprema ha capovolto una sentenza “pro-eutanasia” dell’Alta Corte, negando la legalizzazione del suicidio assistito.

Nel Kentucky, in America, Kim Davies ha finalmente ottenuto giustizia: l’impiegata comunale era stata incarcerata per essersi rifiutata di inserire il suo nome sulle licenze di matrimonio alle coppie dello stesso sesso, dopo che la Corte Suprema ha ridefinito la famiglia a livello nazionale. Il governatore Matt Bevin ha finalmente firmato una legge che garantisce l’obiezione di coscienza degli impiegati assunti dalle contee statali e Kim può ora cantare vittoria.

In Kirghizistan, stato indipendente dell’Asia centrale, tramite un referendum popolare è stata introdotta nella Costituzione una specificazione per cui il matrimonio è solo ed esclusivamente l’«unione tra un uomo e una donna».

In Spagna, nella città di Valencia, il Tribunale Superiore di Giustizia ha rapidamente dichiarato inammissibile la denuncia nei confronti del card. Antonio Cañizares, arcivescovo della città, accusato da gruppi femministi e dalla comunità lgbt di “incitamento all’odio contro omossesuali e femministe” per aver criticato l’ideologia gender e una legge locale che consente ai minori di cambiar sesso anche senza l’autorizzazione dei genitori. I giudici non hanno ritenuto di procedere per «evitare di sottoporre una persona a un procedimento penale a seguito di denunce imprudenti e/o a seguito di fatti che non costituiscono evidentemente un reato penale».

Nell’Arkansas, la Corte Suprema ha emesso una sentenza con la quale ha deciso che i certificati di nascita dei bambini devono essere collegati alla parentela biologica, respingendo il caso sollevato da coppie omosessuali. Occorrerà dunque individuare la madre e il padre biologici del bambino.

In Brasile lo schieramento femminista, in alleanza con il Partito Comunista e quello dei Lavoratori (capeggiato da Dilma Rousseff), ha subito una forte battuta d’arresto vedendosi bloccato il tentativo di creare una Commissione parlamentare delle Donne, con la quale introdurre la teoria gender i cosiddetti “diritti sessuali e riproduttivi”, vale a dire l’aborto (il tutto mascherato dalla lotta alla discriminazione e alla violenza sulle donne). L’enorme associazionismo pro-life è riuscito non solo ad evitare che la Commissione delle Donne si occupi di aborto, ma anche che le misure relative allo stato dei nascituri siano affidate alla Commissione di Sicurezza sociale e famiglia, sottraendole così all’ideologia femminista.

In South Australia nel novembre scorso il parlamento ha respinto il Bill 2016 che avrebbe introdotto il suicidio assistito.

Il South Carolina, in America, a larga maggioranza ha approvato la proibizione dell’aborto oltre la 20° settimana (normalmente si praticava fino alla 28°), a meno che sia a rischio la vita della donna. Infatti, è stata dimostrata la presenza del dolore fetale, tanto che altri 13 Stati (Alabama, Arkansas, Indiana, Kansas, Louisiana, Mississippi, Nebraska, North Carolina, North Dakota, Oklahoma, Texas, West Virginia e Wisconsin) hanno aderito al restringimento della legge abortista.

In Lettonia, il ministro della Giustizia Dzintars Rasnacsha ha dichiarato che la la Convenzione di Istambul, sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, è inaccettabile poiché non è coerente con la sua legge fondamentale in quanto contiene la definizione di ‘genere’ e la sostituisce al concetto di ‘sesso’. La convenzione, infatti, obbliga i Paesi a condannare le discriminazioni non solo sulla base del sesso, ma anche sulla base del ‘genere’.

In Italia, il tribunale di Gorizia ha assolto una farmacista che si era rifiutata di consegnare ad una cliente il farmaco NORLEVO (la “pillola del giorno dopo”) nonostante l’esibizione di ricetta medica, riconoscendo il diritto di obiezione di coscienza.

La redazione

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Le inesistenti ombre su Madre Teresa, nuovo dossier UCCR

Riprendiamo le pubblicazioni e inauguriamo il 2017 con un nuovo dossier UCCR, avente per oggetto Madre Teresa di Calcutta, diventata santa nel settembre 2016 ed icona mondiale di carità e di dedizione agli ultimi.

Troppa luce, tuttavia, ha infastidito qualcuno. Può infatti sembrare incredibile ma non sono mancate le critiche al suo operato a Calcutta, nemmeno lei è stata risparmiata. Gran parte delle persone non sa di queste polemiche -e non si perde granché, effettivamente-, ma chi ha avuto modo di leggere qualcosa fatica a trovare materiale, testi e testimoni -che pur ci sono a volontà-, per documentarsi e poter riaffermare la verità. Da qui è nata l’esigenza di offrire un dossier in cui trovare risposte documentate a tutte le principali accuse rivolte alla suora albanese. Attualmente è l’unico nel suo genere in tutto il web.

Il più convinto detrattore di Madre Teresa è stato certamente lo scrittore ateo Christopher Hitchens, autore del libro “La posizione della Missionaria”, oggi quasi tutti i critici si rifanno pedissequamente al suo lavoro. Diverse sono le sue accuse: le Missionarie della Carità, congregazione fondata da Madre Teresa, non sarebbero state vere amiche dei poveri ma avrebbero fondato un culto della sofferenza, privando i poveri e i malati delle cure necessarie e sprecando le donazioni ricevute. Madre Teresa, inoltre, avrebbe fatto professione di ateismo, si sarebbe curata nei migliori ospedali americani e avrebbe battezzato in segreto e convertito forzatamente i moribondi nei suoi hospice. «Molte più persone sono povere e malate a causa della vita di Madre Teresa», ha concluso Hitchens. «Ma ci saranno ancora più poveri e malati se il suo esempio sarà seguito. Era una fanatica, una fondamentalista, e un’imbrogliona». C’è perfino chi, utilizzando lo stesso Hitchens come fonte, l’ha incredibilmente  e pubblicamente paragonata al criminale nazista Adolf Eichmann, braccio destro di Hitler, condannato di genocidio (per ogni verifica e approfondimento rimandiamo al dossier). Anche altri hanno confermato, almeno parzialmente, le accuse dello scrittore inglese, in particolare qualche ex-volontaria delle missionarie, alcuni esponenti di un partito politico nazionalista indiano, uno studio di ricercatori canadesi e un articolo apparso sulla rivista medica The Lancet.

A smentire queste accuse, alcune superficiali e altre francamente ridicole, sono intervenuti in questi anni moltissimi collaboratori, studiosi, giornalisti e testimoni oculari dei fatti. Ciò che sorprende di più è la loro varietà: dai direttori spirituali di Madre Teresa a giornalisti dichiaratamente atei, dai suoi collaboratori di fede indù a studiosi agnostici, dai sociologi cattolici a membri di partiti politici indiani, fino a decine di semplici abitanti di Calcutta entrati in contatto con lei. Siamo contenti che il sociologo William A. Donohue abbia deciso di pubblicare il libro Unmasking Mother Teresa’s Critics (“Smascherando i critici di Madre Teresa”, Sophia Institute Press 2016) nell’agosto 2016, anche se forse qualcuno avrebbe dovuto farlo molto prima.

La Congregazione delle cause dei Santi ha studiato oltre 35mila pagine di testimonianze, lettere, scritti e documenti, favorevoli e contrari, prima della decisione. Noi ne abbiamo analizzate molte meno, tuttavia, dalla approfondita indagine che abbiamo comunque realizzato sulle accuse e sulle contro-accuse, siamo giunti alla stessa conclusione. Anche se esiste una parte di verità in alcune delle rivendicazioni degli accusatori, Madre Teresa ha vissuto una vita santa -in senso laico e religioso- e ad oggi non c’è nessun’ombra che ha la forza di oscurare il bagliore che ha emanato.

Lo ha ribadito più volte anche l’ex commissario elettorale principale dell’India, Navin Chawla, stimato da tutte le democrazie occidentali, che è stato amico di Madre Teresa e da lei profondamente influenzato, tanto da iniziare a costruire a sua volta lebbrosari e centri per la cura per bambini sordi. E’ rimasto convintamente di fede indù e colui che forse si è più speso per controbattere le pretestuose critiche dei laici borghesi occidentali, che non si sono oltretutto mai distinti per alcuna opera sociale o caritatevole. «Se ci fosse modo d’incontrare papa Francesco mi piacerebbe tanto stringergli la mano e dirgli: grazie d’avere dichiarato santa Madre Teresa!», ha detto Chawla. «Ma gli direi anche che per tutti noi lo era già. L’eredità di Madre Teresa va oltre l’India. Appartiene al mondo. È un esempio universale». E questo è tutto.

 

Clicca qui per consultare il dossier:
Madre Teresa di Calcutta, risposte a tutte le critiche

 

La redazione

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Buon Natale da UCCR, torneremo il 2 gennaio 2017

Un saluto a tutti gli amici e i lettori di UCCR,
vorremmo scusarci innanzitutto per non aver potuto riprendere l’aggiornamento del sito web al termine dell’estate scorsa, così come avevamo annunciato.

Abbiamo vissuto mesi di preoccupazione per alcune difficoltà personali che hanno toccato uno dei responsabili della nostra redazione, anche per questo abbiamo esitato -probabilmente un po’ troppo- a pubblicare un comunicato in merito, apparso soltanto all’inizio di questo mese.

La buona notizia è che la situazione si è ristabilita e il 2 gennaio 2017 torneremo in attività, con la stessa modalità di prima, con la stessa passione per la verità e con la stessa volontà di rendere ragione della fede cristiana che abbiamo incontrato.

Anche con qualche difficoltà in più, purtroppo. Alcuni importanti collaboratori, infatti, non avranno lo stesso tempo a disposizione a motivo di comprensibili impegni familiari e lavorativi. È per questo che la redazione ha proposto di invitare chi tra voi -cari lettori, che avete a cuore la ricerca della verità attraverso l’uso di fede e ragione-, avrebbe piacere di aiutarci a continuare quest’opera. Come? Con la preparazione e la pubblicazione di articoli insieme a noi. E’ possibile farsi avanti contattando privatamente il nostro amministratore che cura la nostra presenza su Facebook.

Il secondo aiuto che vi chiediamo è quello di una donazione economica, per quanto ognuno può, per far fronte alle spese di gestione e permettere a chi, fra di noi, è impegnato quotidianamente nell’informare migliaia di lettori attraverso questo sito web, di dedicarvi il tempo necessario, sottraendolo inevitabilmente alla sua vita lavorativa e familiare. E’ possibile farlo cliccando sull’immagine qui sotto e seguendo le facili istruzioni.



 

Le nostre pubblicazioni riprenderanno, come già detto, il 2 gennaio 2017, gettando il cuore oltre l’ostacolo e fiduciosi di poter ripartire con lo stesso slancio nel presentare la credibilità della nostra fede. Ricordiamo infine che siamo anche presenti su Facebook, tramite una pagina e un gruppo ufficiali, su Twitter e su Youtube.

Cogliamo l’occasione per farvi i nostri migliori auguri, a voi e alle vostre famiglie, perché possiate vivere al meglio questi ultimi giorni di attesa alla venuta del Signore Gesù.

La redazione

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«Vi racconto come sono cresciuto con due mamme»

Robert Oscar Lopez“Basta l’amore”, è questa lo slogan studiato a tavolino dai sostenitori delle adozioni Lgbt. La donna non ha nulla di importante e unico da offrire, per questo -dicono- può benissimo essere sostituita nel suo ruolo di madre da un uomo.

Anzi, «vanno bene anche diciotto genitori», ci ha spiegato Giuseppina La Delfa, presidente delle “Famiglie arcobaleno”. Per i bambini basta che ci sia «supporto e attenzione», ha continuato. Servono dei genitori per offrire supporto e attenzione? Se bastasse questo qualunque tutore di orfanotrofio sarebbe una alternativa perfetta, facendo cadere la famosa e abusata giustificazione: “meglio una coppia gay che l’orfanotrofio”.

«”Basta l’amore”, dicono. Ma non è vero», ha detto l’americano Robert Oscar Lopez in una intervista, docente di letteratura inglese alla California State University, che è stato cresciuto da due donne lesbiche. «Ricordo che in classe io ero il più problematico, anche rispetto ai compagni che avevano i genitori separati oppure morti. Sono tutte sofferenze, ma nel caso di un genitore defunto esiste la rievocazione, la memoria: non c’è un adulto che decide deliberatamente di privarti di una figura di riferimento. E mentre i figli di separati conoscevano la differenza fra femminile e maschile, io non sapevo come esprimere la mia natura sessuale. Ero chiuso in me stesso». Senza riferimenti verso l’altro sesso, aveva «dentro avevo una ferita enorme che cercavo di alleviare con il sesso. A 13 anni cominciai ad avere rapporti sessuali con maschi adulti, compensando così la mancanza di mio padre».

Dopo la morte della madre, Robert Oscar si rifugiò nel mondo Lgbt, però «fui vittima del loro bullismo: mi prendevano in giro, premevano affinché dichiarassi la mia omosessualità. Provai a resistere perché le mie tendenze erano bisessuali, ma siccome tutto ciò che esce dagli stereotipi dell’attivismo gay deve essere eliminato, alla fine feci “coming out”. Fu la prima avvisaglia di quella che scoprii essere un’ideologia totalitaria che vuole entrare dappertutto: nelle case, nelle scuole, nei tribunali, nei parlamenti, nei mass media. E per farlo giustifica ogni mezzo, anche l’uso degli stessi omosessuali, esattamente al pari del marxismo che utilizzò gli operai sfruttati per fare la rivoluzione. Gli attivisti gay nascondono gli omosessuali che hanno l’Hiv o che si drogano ed evitano chi assume comportamenti troppo effeminati, isterici o aggressivi. E lo fanno perché vogliono nascondere le prove del fatto che nel loro mondo c’è qualcosa che non va».

Ha voluto uscire allo scoperto dopo aver contratto il cancro e aver preso rapporto con suo padre. Aveva ancora amici omosessuali che avevano bambini in affido, all’inizio provò ad accettarlo, «ma durò poco: davanti ai miei occhi vedevo ripetere il male che era stato fatto a me. Sebbene sapessi che era sbagliato, mi dicevo che non dovevo giudicare. Ma l’egoismo di queste persone che portavano via i figli dai loro padri o dalle loro madri, divenne insostenibile. Guardavo questi bambini disorientati e col passare del tempo sempre più aggrappati alle ragioni dei loro genitori. Ogni figlio del mondo può ribellarsi, litigare con la mamma e il papà, dire loro che sta male. Ma nelle case omogenitoriali questo non è possibile, perché i bambini devono dimostrare ai genitori e a tutti di essere perfetti e il desiderio che hanno di essere amati li porta a sottomettersi a questo diktat implicito. È per questo che a certe domande ribattono spesso con risposte preconfezionate. Davanti a tutto questo mi decisi a rompere il silenzio».

L’incontro con Mimma, sua moglie, ha rivoluzionato un’altra volta la sua vita. «Spesso i giornalisti mi chiedono perché da gay sono diventato etero, ma non è così, la verità è che non sono cambiato io, è arrivata lei! Non sopporto le etichette, sia quelle di odio date dagli omofobi ai gay, sia quelle della lobby Lgbt contro le persone come me. Se un giorno mia figlia fosse lesbica, la amerei allo stesso modo ma una sola cosa le direi: non far soffrire i figli, non ne hai diritto».

In un’altra intervista ha spiegato: «I figli delle coppie omosessuali non sanno che cosa hanno perduto, per questo i sondaggi in cui gli si chiede se sono soddisfatti non hanno valore… E poi c’è un grande timore di ammettere un dolore, la lobby Lgbt è ferocissima».

La redazione

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Il matematico parla agli studenti del “Dio che si è fatto uomo”

carlo ravagliaUn docente universitario di Bologna parla agli studenti della positività della vita, della grandezza dell’uomo e della sua visione cristiana. Il prof. Carlo Ravaglia invita a guardare oltre al nichilismo, un modello educativo che lascia il segno, gli studenti si alzano in piedi applaudendo.

 
 
 

Ultimo giorno di lezione all’Università di Bologna. Nel Dipartimento di Matematica, si festeggia il completamento del corso di Analisi 1 dopo un anno di funzioni, numeri reali, limiti, derivate ed integrali. Ma è anche tempo di saluti ed auguri natalizi.

Grazie ai numerosi video caricati su YouTube dagli studenti bolognesi, possiamo dare uno sguardo al saluto particolare che il professor Carlo Ravaglia, docente di Analisi Matematica, ha voluto rivolgere ai suoi allievi.

In questo gesto si scopre un uomo straordinario, un maestro nel vero senso della parola, il quale sente la responsabilità di condividere con i suoi studenti ciò che di buono e prezioso ha imparato nella vita. «Nella vita», dice, «bisogna prendere una posizione e nel mio insegnamento, ho un’idea chiara: non può restare solo una trasmissione di nozioni».

 

Il prof. Ravaglia cita Leopardi: “No al nichilismo”

Nel 2009, il professor Ravaglia scelse di leggere alcune parole di una poesia di Leopardi: “Natura umana, or come, se frale in tutto e vile, se polve ed ombra sei, tant’alto senti?”. E’ la descrizione della contraddizione dell’essere umano: nato dalla polvere ma capace di desiderare l’infinito.

«Questo significa che nei confronti dell’uomo sono possibili due posizioni», aggiunge il matematico. «La prima è dire che l’uomo è niente, la posizione di Leopardi, oppure l’uomo è qualcosa di grande. Il mio discorso non è neutrale, io non la penso come Leopardi. Io sono contro il nichilismo, sono per dire che la vita è un valore e vorrei aver comunicato anche nel modo di fare matematica questa posizione. Che è la posizione cristiana!».

 

Il matematico annuncia il “Mistero che si è fatto uomo”

Nel 2013 ha deciso di salutare i suoi studenti della laicissima Bologna con un altro discorso, ancora più appassionato, che vale la pena citare per intero. Il video dell’intervento del prof. Ravaglia è visionabile più sotto.

«Nell’uomo c’è qualcosa di grande che lo trascende, è la vita stessa che è grande, è positiva! Da dove mi viene questa idea di uomo? Nasce da una concezione che la persona non è un ammasso di atomi o di reazioni chimiche o un animale più evoluto, la persona è legata ad un mistero più grande da cui proviene. Vi dico queste cose perché credo sia la strada per capire la grandezza dell’uomo, strada che va percorsa però non in maniera sentimentale ma attraverso la ragione. Voglio farvi due auguri: il primo è che siate persone con una concezione grande di se stesse e verso la vita, non nichilista. Il secondo augurio è per chi è dentro la concezione cristiana della vita, quella che ho io, perché viviate l’esperienza del Natale, cioè che questo Mistero si è fatto uomo per esserci vicino, un Dio vicino, che è con noi e ci accompagna nelle fatiche della vita».

 

E’ un messaggio che ci ha colpito molto, non tanto come ennesimo testimone della convivenza tra fede e scienza, piuttosto perché testimonia la contagiosa passione del prof. Ravaglia verso la positività della vita, che si traduce automaticamente in un interesse verso l’altro, verso gli studenti con cui ha a che fare ogni giorno, anno dopo anno. E per il coraggio di annunciare il cristianesimo come proposta di un uso aperto della ragione verso l’esistenza.

Un esempio di educatore che andrebbe preso come modello, amato dai suoi studenti che, dopo gli auguri di riconoscere il Dio vicino che si è fatto uomo, applaudono alzandosi in piedi, istintivamente, come è avvenuto nel 2014.

Un “grande uomo”. Così ha titolato su Youtube lo studente universitario che per primo ha pubblicato il suo saluto natalizio del dicembre 2009.

 

Qui sotto uno dei saluti natalizi del prof. Ravaglia

 
 

La redazione

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Il batterista Tullio De Piscopo: «sono stato a Medjugorje, oggi non bestemmio più»

Tullio de piscopoUn gigante della musica, forse tra i più importanti batteristi della storia italiana. Si chiama Tullio De Piscopo, napoletano, collaboratore di grandi artisti italiani e internazionali, da Lucio Battisti a Chet Baker, da Pino Daniele a Max Roach.

Nel libro edito da Ares La mia vita è cambiata a Medjugorje, l’autore Gerolamo Fazzini riporta l’intervista fatta a De Piscopo: «nel corso degli anni Novanta», ha spiegato, «un mio collaboratore mi aveva parlato di Medjugorje. Sono sempre stato credente, sebbene ‘a modo mio’». Una fede per tradizione, dunque, non vissuta coscientemente.

Fino al 2012: «stavo girando la Campania, cosi andai a Salerno da un amico medico. Mi visita: lo vedo che cambia espressione e si fa serio: mi prescrive una serie di analisi, mentre tenta di sdrammatizzare. Ma in me cominciano a sorgere dubbi. Ritornato da Napoli a Milano per un concerto, mi sottopongo a nuovi esami e dalla Tac emerge che ho un tumore maligno, uno dei più brutti». A Tullio danno sei mesi di vita ma il male, al posto che allontanare da Dio come vorrebbe qualcuno, fa mettere da parte il superfluo e porta a pensare alla vita vera. «Fu in quei momenti che pensai fortemente alla Madonna che aveva architettato questo disegno per farmi prendere coscienza del valore del tempo, dell’esistenza. Quando siamo in tournée i mesi volano, gli anni passano velocemente e non te ne rendi nemmeno conto». Dal male, Dio, trae sempre un bene maggiore, se trova collaborazione nella libertà umana.

Nel 2013 De Piscopo si reca a Medjugorje, ritornandoci per altri due anni di seguito. «A Medjugorje sei sempre in preghiera: anche se non fai il segno di croce e non dici ‘Ave Maria’, sei come ‘avvolto’ dalla preghiera di tanti. Quando mi trovo davanti all’Ostia consacrata oggi mi sento pulito. Ma la verità e che non siamo mai puliti fino in fondo», ha spiegato il celebre musicista. «Sono più sereno nel cuore e nella testa. Ero un gran bestemmiatore. Bestemmiare il nome di Dio invano è la cosa più brutta, ma purtroppo chi va con lo zoppo impara a zoppicare e io mi trovavo immerso in un ambiente in cui la bestemmia era ‘facile’. Da tempo, pero, non bestemmio più». Racconta di aver invitato a Medjugorje anche Pino Daniele, «sono certo che sarebbe venuto anche lui, se la morte non l’avesse portato via prima».

Il famoso batterista è un esempio dei tanti frutti spirituali di Medjugorje di cui parlavamo qualche tempo fa, l’unica certezza rispetto a questo enigmatico fenomeno, sul quale la Chiesa deve ancora pronunciarsi. Un altro esempio è il giovane ingegnere Nicolò Manduci, passato dallo sballo notturno londinese e dall’indifferenza verso Dio alla testimonianza verso altri giovani sulla necessità di combattere le droghe. A Medjugorje ha imparato il valore dei sacramenti.

La redazione

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Benedetto XVI contro Francesco? Falso, guarda questo video

benedetto xvi contro francesco, videoIl video delle parole di Ratzinger a sostegno di Papa Francesco. Avrebbe potuto leggere un discorso formale, ha invece scelto di parlare a braccio davanti al mondo per mettere fine alle voci che sostengono la sua presunta opposizione al Papa.

 
 
 

«Grazie soprattutto a lei, Santo Padre!». Così ieri Benedetto XVI si è rivolto a Papa Francesco, nel suo primo discorso pubblico, a braccio, dopo la rinuncia al ministero petrino.

Il video si trova qui sotto. «La sua bontà», ha proseguito Ratzinger, «dal primo momento dell’elezione, in ogni momento della mia vita qui, mi colpisce, mi porta realmente, interiormente».

«Più che nei Giardini Vaticani», ha detto ancora il Papa emerito, «con la loro bellezza, la sua bontà è il luogo dove abito: mi sento protetto. Grazie anche della parola di ringraziamento, di tutto. E speriamo che lei potrà andare avanti con noi tutti su questa via della Misericordia Divina, mostrando la strada di Gesù, verso Gesù, verso Dio».

 

Ratzinger contro Francesco? Lui sceglie di sostenerlo apertamente.

Molti tradizionalisti scontenti dell’attuale Papa sostengono che Benedetto XVI sarebbe contrario al pontificato di Francesco, addirittura gli verrebbe impedito di parlare. Viene ripetuto anche sui media conservatori.

Se fosse vero, Ratzinger avrebbe potuto semplicemente limitarsi a partecipare, senza intervenire, alla commemorazione del 65° anniversario di ordinazione sacerdotale di Bergoglio, oppure leggere un discorso formale, con semplici saluti e ringraziamenti. Nessuno avrebbe avuto da ridire.

Invece, ha scelto di sostenere platealmente il suo successore, ringraziandolo e dedicandogli parole di affetto sincero, di sequela, di continuità, di unità. E’ una sua scelta spontanea, sarebbe umiliante per l’intelligenza di Ratzinger affermare che è stato costretto (ma non mancherà chi lo sosterrà).

Un intervento, quello del Papa emerito, che ha fatto il giro del mondo, pubblicato in lingua inglese, spagnola, francese, portoghese ecc.

Una bella testimonianza di unità, accolta da tutti con entusiasmo, vedendo nella Chiesa un’unica guida autorevole, Francesco, sostenuto apertamente (endorsment di Benedetto XVI, titolano i siti web cattolici inglesi) dal suo predecessore Benedetto XVI. Mai, nella storia della Chiesa, era stato possibile esserne testimoni.

 

Socci: “Ratzinger vittima di pressing, siamo in dittatura”

Soltanto per una piccola (e arrabbiata, costantemente) parte del mondo cattolico l’intervento di Benedetto XVI è stato drammatico.

Si tratta dei seguaci di Antonio Socci, il quale, poco prima dell’incontro pubblico annusando la possibilità di un’altra testimonianza di unità tra Francesco e Benedetto XV, ha anticipato gli eventi con la  diffusione di un bizzarro commento: Benedetto XVI sarebbe vittima di un «pesantissimo pressing per ottenere da lui un atto di acritica sottomissione a Bergoglio».

Dopo lo spontaneo discorso di Ratzinger, avendo capito che si era realizzato ciò che temeva, Socci si è invece scagliato contro i media rei di aver riportato «il saluto», come lo chiama lui, di Ratzinger a Francesco, perché sarebbero una «macchina propagandistica», una «cappa d’incenso impenetrabile che cementifica un potere bergogliano esercitato in un modo che ricorda quasi il clima delle dittature sudamericane. Anche vescovi e cardinali sono terrorizzati e hanno paura di parlare».

Si è quindi sentito (divinamente?) chiamato a svelare dalla sua pagina Facebook «ciò che nessuno ha raccontato e racconta», annunciando rivelazioni e retroscena per permettere «al popolo cristiano di capire ciò che veramente sta accadendo nella Chiesa» (quali?).

Il giornalista cattolico Artur Rosman lo aveva già previsto: «Non ho alcun dubbio che ci saranno reazionari che tireranno fuori le teorie del complotto attorno a questo, ma sarà soltanto per ignoranza pura e semplice, hanno perso».

Effettivamente la reazione di Antonio Socci è perdente in partenza, offensiva innanzitutto per la dignità e l’identità di Benedetto XVI, paragonato ad un facile burattino che interviene a comando contro la sua volontà e le sue vere intenzioni e idee.

Nonostante le promesse di fantomatiche rivelazioni, Socci non ha nulla da svelare: sono tre anni che il giornalista, con il suo «febbricitante “sedevacantismo”» (così definito da Alberto Melloni), profetizza imminenti catastrofi, apparizioni apocalittiche e misterismo.

francesco benedetto2

Tutto mandato in fumo in tre minuti dall’ennesimo intervento di Benedetto XVI a sostengo del successore  (gli altri si possono leggere qui).

 

Benedetto XVI non è contro Francesco, altre reazioni.

«Bastava guardarli», scrive il vaticanista Andrea Tornielli riferendosi all’abbraccio tra Ratzinger a Bergoglio. «Le parole pronunciate da entrambi hanno detto molto di più di tante teorie complottiste su Benedetto “costretto” a rinunciare e dunque in realtà ancora Papa, che ancora appassionano gruppuscoli pseudo-ratzingeriani sempre più sedevacantisti e i loro corifei. Non si poteva non percepire anche la distanza talvolta siderale che esiste tra lo sguardo e l’approccio umile di Ratzinger e quello di tanti sedicenti “ratzingeriani” e di tanti sedicenti “bergogliani”».

«E’ da parecchio tempo che il borbottìo delle correnti più tradizionaliste che si riconoscono nel Papa emerito offrono spazio a lamentele e resistenze», ha scritto invece Franca Giansoldati. Per questo Francesco e Benedetto «hanno scelto di comune accordo di far festa assieme per rimettere a posto tante cose. Per lanciare messaggi urbi et orbi. Per fare capire all’esterno che in Vaticano non c’è nessuna poltrona per due. Per farla breve non c’è un Papa della dottrina opposto al Papa dei poveri, un Papa delle istituzioni ad un Papa del popolo. Insomma, non c’è nessuna dicotomia tra Bergoglio e Ratzinger. Il Papa regnante e quello in pensione». Ciò che si sono detti «mostra il legame robusto e indistruttibile dei due pontefici, basato sulla lealtà e la stima reciproca».

 

Mons. Gaenswein smentisce il ministero petrino allargato.

Al contrario di Socci, il giornalista Roberto De Mattei -anche lui anti-bergogliano-, non ha teorizzato alcuna cospirazione vaticana, evitando più semplicemente di citare le parole di Benedetto XVI.

De Mattei è invece tornato a commentare le parole del segretario del Papa emerito, mons. Georg Gaenswein, che aveva accennato ad un ministero petrino allargato con “un Papa attivo e un Papa contemplativo”.

Tuttavia, lo stesso mons. Gaenswein ha chiarito meglio quanto intendeva dire: «Benedetto XVI è stato -e lo è ancora oggi, molto di più- assolutamente in pace con la sua decisione di dimettersi, convinto che era il passo giusto da fare. Che mi ha anche aiutato personalmente a superare la mia resistenza iniziale e ho accettato ciò che Papa Benedetto ha veramente realizzato dopo molta lotta e preghiera, è stata effettivamente la mossa giusta».

Rispetto alla diatriba che hanno scatenato le sue parole, mons. Gaenswein ha precisato: «Ho visto tra le reazioni che mi è stato imputato di avere detto una serie di cose che in realtà non ho detto. Naturalmente, Papa Francesco è il Papa legittimo e legittimamente eletto. Parlare di due papi, legittima uno e illegittimo l’altro, è, quindi, non corretto. Benedetto continua ad essere presente nella preghiera e nel sacrificio, che porta frutti spirituali».

Il “ministero allargato” era dunque una semplice metafora giornalistica usata, forse un po’ ingenuamente da mons. Georg, per far intendere il sostegno attivo del predecessore al magistero di Francesco. Inutile dire che i chiarimenti di Gaenswein non compaiono sui siti tradizionalisti, gli stessi che vorrebbero soccianamente “raccontare la verità”.

 

Sandro Magister tace sulle parole di Benedetto XVI

L’intervento di Benedetto XVI ha lasciato invece in imbarazzato silenzio il terzo giornalista “anti-bergoglio”, Sandro Magister, che recentemente aveva attaccato anche Ratzinger, accusandolo di «ambiguità», assieme a Francesco, e di aver messo «sottosopra la Chiesa».

Poteva prendere atto della stima che Papa Ratzinger ha mostrato a Francesco, sostenere il complotto di Socci su un Pontefice emerito soggiogato dal tiranno Bergoglio, oppure restare in silenzio. Ha scelto la terza via, almeno per ora.

 

Complotti, silenzi o censure la realtà, comunque, emerge sempre. Guardando il video qui sotto, ricordiamo le parole di Vittorio Messori, dopo aver segnalato alcuni aspetti che pur credeva contraddittori in alcune interviste di Papa Francesco: «A chi volesse giudicare, non dice nulla l’approvazione piena, più volte ripetuta – a voce e per iscritto – dell’attività di Francesco da parte di quel “Papa emerito” pur così diverso per stile, per formazione, per programma stesso?».

 

Qui sotto l’intervento di stima di Benedetto XVI a Francesco (pubblicato anche sul nostro canale Youtube)

 
 

Aggiornamento 04/03/22

Dopo sei anni da questo discorso, il giornalista Antonio Socci si è scusato per la sua pluriennale militanza contro Papa Francesco e ha rinnegato le espressioni utilizzate nell’occasione di questo discorso.

In un articolo nel marzo 2022 ha infatti correttamente citato queste parole di Benedetto XVI, scrivendo: «Benedetto XVI fa diverse considerazioni su Francesco. C’è anzitutto un giudizio positivo sul pontificato in generale […]. Il connotato decisivo del papato bergogliano è stato sottolineato dal papa emerito alla cerimonia di commemorazione del suo 65° anniversario di sacerdozio».

La redazione

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La coscienza è un’illusione? Chi lo afferma coscientemente, è un illuso!

tagliareLa riflessione che segue è stata tratta dal libro “Resurrezione. Un viaggio tra fede e scienza” (Paoline 2016), scritto da Armando Savini. Ringraziamo l’autore per aver concesso la pubblicazione e suggeriamo ai lettori l’acquisto dell’interessante volume.

 

di Armando Savini
da “Resurrezione. Un viaggio tra fede e scienza” (Paoline 2016)

 

Ultimamente la scienza ha cominciato a studiare alcuni fenomeni che vanno sotto il nome di NDE, acronimo di Near-Death Experience, tradotto generalmente con esperienze di premorte. Sono eventi vissuti da persone in stato di incoscienza o clinicamente morte, con assenza di battito cardiaco e respirazione, i quali tuttavia, ripresa conoscenza, ricordavano tutto quello che era successo in sala operatoria, descrivendo la disposizione di essa e del tavolo operatorio.

Tali ricerche sembrano convergere verso un punto fondamentale: la coscienza del proprio sé è qualcosa che supera lo spazio e il tempo, ma anche lo stesso corpo. Se una persona continua ad avere coscienza di sé e del mondo intorno a sé nonostante siano cessate le sue funzioni vitali, è evidente che non siamo chimica, cioè che la coscienza non si può identificare con il cervello. D’altronde, se la coscienza fosse il frutto della chimica, bisognerebbe poi domandarsi come ha fatto a emergere qualcosa di immateriale dal materiale.

Qualcuno preferisce affermare che la coscienza è un’illusione, ma anche l’illusione, che è una falsa percezione della realtà, è pur sempre un pensiero, cioè un processo immateriale, dunque non misurabile. Inoltre, anche chi sostiene tali posizioni è soggetto agli stessi processi, per cui se la coscienza è illusione, come è possibile prenderne coscienza? Lo stesso assunto (la coscienza è un’illusione) sarebbe anch’esso un’illusione, una falsa percezione. Asserire con coscienza che la coscienza è un’illusione vuol dire riproporre il paradosso del mentitore, proposto da Epimenide di Creta, secondo il quale “tutti i cretesi sono bugiardi”.risurrezione

Credergli vuol dire non credergli e viceversa. Nel nostro caso, Daniel Dennett asserisce: “La coscienza umana è illusione”. Anche qui, credergli vuol dire non credergli. Essendo egli un uomo, la cui coscienza è un’illusione, è un illuso tra tanti, per cui la sua affermazione è illusoria. Tale affermazione potrebbe essere enunciata in maniera credibile solo da un essere superiore dotato di coscienza. Non potrebbe, però, essere compresa da chi non ha coscienza, cioè in tale caso noi uomini, per cui non potremmo mai sapere se la coscienza è davvero illusione.

La posizione di Dennett ricorda, per qualche verso, il dubbio sistematico cartesiano, secondo il quale bisogna dubitare di tutto fino a prova contraria, perfino del fatto di avere un proprio corpo perché i sensi potrebbero ingannarci. Il dubitare, però, proprio perché pensiero, confermerebbe la mia esistenza. Così, mentre nel caso di Descartes il dubbio si ferma alle soglie del mondo della mente e delle intuizioni, che non possono mai essere sbagliate, nel materialismo monista il dubbio sistematico investe anche la sfera mentale, ridotta a pura materia e, dunque, soggetta alle stesse leggi deterministiche della natura.

E’ più probabile che siamo chimica o che siamo soggetti interiori con espressione corporea? Che siamo animali razionali senza coscienza e senza libertà oppure uomini fatti a immagine e somiglianza di Dio, coscienti di noi stessi e del mondo e liberi di scegliere il bene o il male?

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Le quattro suore del Vaticano che diedero avvio all’astronomia moderna

suore astronome 

di Andrea Indiano
da Il Corriere della Sera, 02/06/16

 

Fra il 1910 e il 1922 quattro anonime suore originarie della Lombardia e impiegate all’Osservatorio Vaticano (Specola Vaticana) scoprirono e catalogarono più di 400 mila stelle. Dopo quasi un secolo i nomi di queste preziose aiutanti sono stati finalmente rivelati.

Si tratta di Emilia Ponzoni, Regina Colombo, Concetta Finardi e Luigia Panceri. I loro nomi sono stati ritrovati per merito di una scoperta casuale fatta poche settimane da padre Sabino Maffeo, che lavora per l’Osservatorio Vaticano. Grazie a lui e alla giornalista Carol Glatz del sito Vatican News, che per prima ha riportato la notizia, le quattro suore potranno ora godere della giusta riconoscenza.

Tutto inizia fra il 1897 e il 1899 quando gli astronomi più famosi del mondo si riunirono in vari incontri a Parigi per provare a catalogare le stelle attraverso l’opera denominata Catalogo Astrografico. Obiettivo delle conferenze era quello di creare una mappa del cielo e indicare il più precisamente possibile la posizione degli astri. Grazie a quella serie di eventi si ebbe la prima mappatura dell’universo che diede poi il via all’astronomia moderna e alle successive scoperte nello spazio. Agli incontri parteciparono esperti da ogni parte del mondo e anche il Vaticano, grazie alla lungimiranza di papa Leone XIII, decise di inviare un proprio studioso.

L’esperto scelto dal Vaticano fu il sacerdote Francesco Denza, che passò poi la mano al gesuita John Hagen fatto arrivare appositamente da Washington. Per compiere al meglio i suoi studi, l’astronomo americano fece richiesta per avere qualche aiutante pronto a scrivere e riportare diligentemente le coordinate delle stelle. Furono scelte così le quattro suore, che con il tempo diventarono sempre più capaci finché non furono in grado non solo di scrivere i dati, ma anche di usare l’enorme telescopio per scrutare il cielo.

«Questa storia era conosciuta nel mondo ecclesiastico, ma nessuno aveva mai trovato il nome di quelle assistenti», spiega Glatz, «Le quattro sorelle provenivano dall’Istituto Suore di Maria Bambina, la cui casa generalizia si trova tuttora nel centro di Milano». Il loro apporto per l’astronomia moderna fu enorme, tanto che il Vaticano fu uno degli Stati che contribuì maggiormente a compilare una delle prime mappe del cielo. «Una volta che alle suore fu spiegato come fare, diventarono da subito molto brave», ha detto padre Maffeo, autore della scoperta, «tanto che vennero soprannominate “le donne calcolatrici” per la loro capacità di calcolare le coordinate e le formule da riportare sui fogli».

Il loro coinvolgimento fu casuale, dato che Hagen scelse le suore di quel convento solo perché era il più vicino al telescopio e quindi le donne avrebbero potuto recarsi all’osservatorio più velocemente. Il progetto internazionale per la mappatura dello spazio cominciato a fine Ottocento andò avanti fino al 1966 permettendo di catalogare quasi 5 milioni di stelle. Se alcune di queste furono scoperte e studiate da scienziati esperti, si può dire che una parte della nostra conoscenza del cielo è da attribuire anche a quattro suore italiane, che ora potranno godere della giusta gratitudine attesa per più di un secolo.

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La città di Nazareth esisteva certamente anche al tempo di Gesù

nazarethPiù passa il tempo, più l’analisi critica dei Vangeli viene approfondita e più ci viene restituita un’immagine del Gesù storico che è tranquillamente sovrapponibile a quella che tutti i cristiani hanno ricevuto nella loro educazione.

Ma, come è giusto accettare le numerose conferme che arrivano dalla comunità scientifica sulla storicità di Gesù, è altrettanto doveroso tenere in considerazione le perplessità o le smentite di alcuni particolari sulla vita del Nazareno. Una questione assai discussa in campo accademico, ad esempio, è la sua città di nascita. Betlemme, come da sempre viene insegnato, oppure Nazareth? Gli studiosi sono divisi, anche se quest’ultima sembra essere sostenuta dall’opinione dominante. John P. Meier, docente di Nuovo Testamento alla Notre Dame University, tra i principali biblisti viventi e colui che è riuscito volutamente ad offrire, nel suo monumentale lavoro, l’opinione sulla vita del Gesù storico maggiormente condivisa dai suoi colleghi, seppur tendente anche lui ad accreditare Nazareth come effettivo luogo di nascita, ammette che «non è possibile avere certezza su questo punto» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol.1, Queriniana 2008, p.210). Diversi studiosi, infatti, sostengono la storicità della nascita a Betlemme, il prof. Jerome Murphy-O’Connor, docente di Nuovo Testamento presso l’École Biblique di Gerusalemme, è stata forse la voce più autorevole tra essi.

In entrambi i casi, tuttavia, la vera città di origine di Gesù è stata Nazareth, in essa è avvenuta l’Annunciazione a Maria e in essa il Messia ha abitato ed è cresciuto. Non a caso, viene chiamato il Nazareno. Ci è stato tuttavia segnalato un articolo di un miticista scettico, René Salm, il più recente critico dell’esistenza storica della città di Nazareth ai tempi di Gesù. «Se Nazareth non esistesse», ha scritto Salm, «significa che gli evangelisti hanno mentito in modo piuttosto significativo. Dopo tutto, tale luogo è citato almeno dieci volte nei Vangeli canonici e gli Atti degli Apostoli. In altre parole, questo non sarebbe un singolo errore, ma un’invenzione calcolata e ricorrente nei vangeli». Questo comprometterebbe totalmente l’attendibilità degli scritti evangelici ed infatti, continua Salm, «la paletta dell’archeologo fa paura perché potrebbe dimostrare che le cose non sono accadute come dicono le Scritture, quindi la Bibbia non è la parola di Dio». Lo scettico si avventura quindi in una lunga (quanto scarna di note bibliografiche) ricostruzione storica della cittadina, affermando: «possiamo quindi trarre una conclusione scioccante per i fedeli cristiani: l’archeologia mostra abbastanza chiaramente che i racconti evangelici di Nazareth sono fittizi, non veri. Stando così le cose, si può chiedere: “Anche Gesù di Nazareth è stato una finzione?”».

Per lui, la cittadina è stata abitata durante l’età del Bronzo, ma non annoverò alcun abitante ai tempi dei romani, nel I secolo. Basandosi sulle tombe rinvenute nell’area, afferma che venne ripopolata nel II° secolo dagli ebrei in cerca di nuova sistemazione dopo la distruzione di Gerusalemme. Per confutare tale tesi, bisognerebbe innanzitutto prendere sul serio tale René Salm, e questa è la parte più difficile. Non soltanto questo signore è privo di qualunque titolo accademico in ambito storico o archeologico, ma nemmeno presenta le sue credenziali generali. Senza considerare che si autodefinisce “miticista”, negando quindi l’esistenza storica di Gesù di Nazareth, una posizione antiscientifica che non è più possibile sostenere nel 2016.

Potrebbe comunque dire cose vere, anche senza competenze specifiche, per cui vale la pena -data anche l’ampia visibilità che ha guadagnato sul web- replicare alle sue affermazioni. Bisognerebbe però premettere una notazione fondamentale, ben espressa dallo studioso agnostico Bart D. Ehrman, docente di Nuovo Testamento presso l’Università del North Carolina: «Una delle asserzioni più frequenti negli scritti dei miticisti è che Nazareth non sarebbe mai esistita, la logica inerente a questa tesi sembra quella secondo cui se i cristiani inventarono la città di Gesù, probabilmente inventarono anche il personaggio. Potrei sbarazzarmene con relativa facilità, facendo presente che è un’argomentazione poco pertinente: se Gesù è esistito, come suggeriscono le prove a nostra disposizione, ma Nazareth è un’invenzione, come asseriscono i miticisti, ebbene Gesù arriverà da altrove. Che Barack Obama sia nato o no negli Stati Uniti non conferma e non smentisce il dato della sua nascita» (B.D. Ehrman, Did Jesus Exist?, HarperCollins Publishers 2012, p.194). E’ una tesi non pertinente sulla storicità di Gesù, dunque.

Entrando nel merito, stupisce che Salm dia ampio risalto a qualcosa che gli studiosi sanno da tempo: Nazareth non è mai menzionata nella Bibbia ebraica, negli scritti di Giuseppe Flavio o nel Talmud, ma compare per la prima volta solo nei vangeli. Capiremo, alla fine di questo articolo, il perché. Lo stesso Ehrman dedica un’ampia risposta proprio alle tesi di questo scettico, dopo aver a sua volta sottolineato che non si tratta né di uno studioso, né di un archeologo. Salm sottolinea che le tombe ritrovate nell’area di Nazareth non erano in uso nella Galilea della metà del I secolo, pertanto non risalgono ai tempi di Gesù e quindi la cittadina non esisteva. «E’ difficile comprendere perché le tombe di Nazareth che si possono far risalire all’epoca immediatamente successiva dovrebbero indicare che ai tempi di Gesù non c’era una città. In che modo il fatto che si possa stabilire l’esistenza di un centro abitato in un periodo più tardo dimostra che in precedenza la città non era popolata? Il fatto che nessuna delle tombe ritrovate risalga all’epoca di Gesù che cosa dimostra? Assolutamente nulla» (p. 197), ha risposto il prof. Ehrman. Inoltre, occorre considerare che le tombe delle persone non facoltose (nessuna testimonianza di famiglie facoltose a Nazareth) erano poco profonde e non sepolcri scavati nella roccia come quelle trovate in epoca successiva. «Non succede quasi mai che le fosse dei poveri resistano tanto a lunga da essere scoperte dagli archeologi» (p. 197), scrive lo studioso. Tuttavia, a proposito di tombe, il biblista americano Jack Finegan, professore emerito di Storia del Nuovo Testamento e Archeologia al Pacific School of Religion di Berkeley (California), ha precisato: «Delle ventitré tombe ritrovate, due di esse contenevano ancora oggetti come lampade di ceramica, vasi e recipienti di vetro risalenti al I, III o IV secolo dell’era cristiana. Quattro delle tombe erano invece chiuse con pietre rotolate, un tipo di chiusura tipico del tardo periodo ebraico, fino al 70 d.C. Dalle tombe, pertanto, si può concludere che Nazareth era un insediamento fortemente ebraico nel periodo romano» (J. Finegan, The Archaeology of the New Testament, Princeton University Press 1992, pp. 44-46). Ovvero, al tempo di Gesù.

Al di là dei «macroscopici errori logici» (p. 198) della tesi di Salm relativi al fianco della collina dove tradizionalmente viene collocata Nazareth, Ehrman riferisce che «molti reperti archeologici degni di fede indicano che Nazareth esisteva ai tempi di Gesù e che, analogamente ad altri villaggi e cittadine di quella parte della Galilea, era stata edificata sul fianco della collina, nei pressi delle future tombe scavate nella roccia. Inoltre, gli archeologi hanno portato alla luce una fattoria collegata al villaggio che risale all’epoca di Gesù» (p. 198). Ehrman si riferisce al ritrovamento del 1996-1997 di una sorta di azienda agricola di epoca romana, con terreno agricolo, torchio, torri di guardia, pietre per la frantumazione delle olive, sistemi di irrigazione e un’antica cava, sono state anche rinvenute 165 monete risalenti al periodo ellenistico, al XIV o XV secolo, ma anche a quello romano, in cui visse Gesù. Questo ha portato gli studiosi a sostenere che «la prova archeologica a disposizione, suggerisce che l’insediamento di Nazareth è esistito nel periodo del Secondo Tempio, compresa la zona intorno alla attuale Basilica dell’Annunciazione».

Il prof. Gregory Jenks, della facoltà di Teologia presso la Charles Sturt University, ha anche segnalato che gli antichi materiali ritrovati sotto l’attuale convento delle Sisters of Nazareth, scoperti nel 1884, sono stati datati al I° secolo, basandosi su analisi stratigrafiche (K.R. Dark, “Early Roman-Period Nazareth and the Sisters of Nazareth Convent” Antiquaries Journal 2012). Nel 2009, inoltre, è stata anche scoperta a Nazareth una casa risalente al tempo di Gesù, come l’archeologa Yardenna Alexandre, direttrice degli scavi dell’Israel Antiquity Autority ha confermato a Ehrman. I frammenti ceramici collegati all’abitazione, spaziano dal 100 a.C. al 100 d.C., i vasi sono di gesso e argilla, a conferma della povertà di chi l’ha abitata. Lo ha spiegato la stessa Yardenna all’Associated Press, scrivendo: «La prima abitazione trovata a Nazareth può essere fatta risalire al tempo di Gesù. Le scoperte suggeriscono che Nazareth era un piccolo villaggio fuori mano composto da circa 50 case, costruite su un appezzamento di crica quattro acri (1,6 ettari), popolato da ebrei di modesta condizione economica». Non sorprende, dunque, che tale insignificante cittadina non sia mai stata nominata dalla Bibbia ebraica, da Giuseppe Flavio o dal Talmud.

Grazie a tutte queste prove, nessuno studioso serio mette più in dubbio l’esistenza di Nazareth nel I° secolo. Diversi archeologi hanno anche direttamente replicato a Salm, tra essi Ken Dark, direttore del Nazareth Archaeological Project: «Non ci risulta che Salm possieda titoli in ambito archeologico o che vanti esperienze di lavoro sul campo», ha precisato prima di replicare dettagliatamente a tutte le sue asserzioni. «Nel complesso, la sua tesi di fondo è insostenibile sul piano archeologico» (K. Dark, Review of Salm, Myth of Nazareth, in “Bullettin of the Anglo-Israel Archaelogical Society”, 2007). Gli archeologi Stephen J. Pfann e Yehudah Rapuano, a loro volta hanno scritto: «le valutazioni personali di Salm rivelano una mancanza di competenza nel settore e l’assenza di una seria ricerca delle fonti. La sua analisi e critica vanno relegati nell’ambito del “mito”» (S.J. Pfann & Y. Rapuano, On the Nazaret Village Farm Report: A Reply to Salm, in “Bullettin of the Anglo-Israel Archaelogical Society”, 2008). Ecco che fine fanno le tesi dei miticisti: ridotte, loro sì, a dei “miti”.

La redazione

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