Cannabis legale? In un mese sfatati tutti i miti antiproibizionisti

droga cannabis legaleNel giro di un mese tutti i principali cavalli di battaglia dei sostenitori della cannabis legale sono stati confutati dalla letteratura scientifica.

Nel marzo 2017, infatti, sono stati pubblicati diversi studi scientifici che, coincidenza vuole, hanno minato gli argomenti di Roberto Saviano e di coloro che si oppongono al sano principio sociale del vietare ciò che fa male, ovviamente nella proporzione in cui il suo utilizzo danneggia la salute. Andiamo per ordine.

 

1) MARIJUANA CONDUCE A DROGHE ANCORA PIU’ PESANTI. Sull’importante JAMA Psychiatry, rivista scientifica dell’American Medical Association, è stato pubblicato uno studio che dimostra che lo spinello porta al passaggio a droghe anche peggiori. Il dott. Carlo Bellieni, docente di Terapia neonatale alla Scuola di Specializzazione in pediatria dell’Università di Siena, ha spiegato che l’indagine si è svolta su oltre 34mila adulti, evidenziando un rischio 6 volte maggiore di passare ad altre droghe tra le persone che usano cannabis rispetto a quelli che non la utilizzano.

 

2) CONSUMO MODERATO DI ALCOOL E’ SALUTARE. Un secondo studio scientifico ha replicato alla più frequente obiezione degli antiproibizionisti: l’alcool farebbe più male della cannabis, perché allora non è vietato? E’ proprio vero il contrario: una settimana fa sul British Medical Journal, rivista medica della British Medical Association (BMA), è apparsa una ricerca su consumatori moderati di alcool e non consumatori. I risultati ottenuti sono stati che il consumo moderato di alcool era associato ad un minor rischio di malattie cardiovascolari (seppur non tutte) rispetto a chi non ne fa uso. D’altra parte, si sa da tempo che un bicchiere di vino rosso al giorno apporta benefici all’organismo (in particolare grazie ai polifenoli e alla dimostrata azione antiossidante del resveratrolo). Il prof. Carlo Agostoni, nutrizionista del Policlinico di Milano, ha spiegato in questi giorni: «Vino e birra hanno attraversato al storia. Non leviamoli dalle nostre tavole. Usarli nel modo giusto fa parte di una cultura nutrizionista corretta», ed è sempre la letteratura scientifica a dimostrare che proprio il consumo moderato di birra aiuta a ridurre per oltre il 40% il rischio di attacchi di cuore combattendo il colesterolo cattivo e aiutando a prevenire l’ostruzione delle arterie. Il problema per la salute è l’abuso di alcool, ma lo è anche quello di cioccolata, di caramelle e di carne: non per questo andrebbero vietate.

Al contrario, all’inizio del mese scorso, un’indagine ha mostrato che il solo utilizzo regolare di cannabis, seppur moderato, non porta soltanto a complicanze polmonari e psichiatriche, ma anche cardiovascolari (in particolare ictus e scompensi cardiaci). Quattro giorni fa, invece, i ricercatori della Concordia University hanno indicato l’aumento dell’impatto sulla salute per i consumatori under 21 (deterioramento cognitivo, perdita di memoria, IQ diminuito, limitato successo formativo e probabilità di sviluppare malattie mentali), mentre ad inizio gennaio 2017 la Research Society on Alcoholism ha mostrato che -a proposito di alcool- è proprio il consumo di marijuana ad aumentare il rischio di sviluppare disturbi da abuso di alcol (Alcohol use disorders, AUDs).

 

3) POCHE PROVE A SOSTEGNO DELL’UTILIZZO TERAPEUTICO. Secondo i sostenitori della marijuana, la legalizzazione andrebbe realizzata in quanto l’utilizzo di cannabis è benefico, tanto che verrebbe impiegata in ambito clinico. Innanzitutto sono due cose diverse: alcuni medici utilizzano farmaci sintetizzati in laboratorio a base di cannabis, con protocolli prestabiliti e dosaggi controllati, cosa ben differente dal fumo fai-da-te. Inoltre, la letteratura scientifica ha anche messo in dubbio l’efficacia della cannabis terapeutica. Sulla rivista specializzata Pediatric Neurology, infatti, si legge: «Contrariamente alla percezione popolare, ci sono pochi dati oggettivi a sostegno dell’uso preferenziale di cannabis rispetto alla terapia convenzionale per il ripristino della struttura del sistema nervoso centrale e della funzione negli stati di malattia come la sclerosi multipla, l’epilessia o la schizofrenia». Un altro studio, inoltre, ha confermato che ci sono poche prove per sostenere l’uso terapeutico della marijuana per i pazienti in chemioterapia, con dolore cronico e con sclerosi multipla. A proposito di “effetti benefici”, pochi mesi fa la Boston University ha anche sfatato il mito che la cannabis rilassi e aiuti a dormire meglio.

 

4) LIBERALIZZAZIONE NON SCONFIGGE LA CRIMINALITA’. Ultimo mito, quello della lotta alla criminalità: non è la scienza a contribuire in questo caso, ma la semplice realtà. L’Uruguay è stato il primo ad aver legalizzato la droga, che ora può essere venduta nelle farmacie ma, ad inizio marzo 2017, il direttore della polizia nazionale uruguaiana, Mario Layera, ha dichiarato che «nel 2016 abbiamo raggiunto livelli record in termini di sequestri, il traffico verso l’Uruguay non è stato per nulla limitato». Infatti, solo nel mese di dicembre, la polizia ha sequestrato 4,3 tonnellate di cannabis illegale, contro le 2,5 tonnellate del 2015. In passato abbiamo già segnalato la situazione che si sta invece verificando in Colorado: i consumatori di droga sono aumentati di oltre il 20% come media mensile in seguito alla liberalizzazione della marijuana, con conseguente aumento di problematiche mediche.

La redazione

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Don Minutella, il santone eretico si separa da Roma?

vescovo lorefice palermoUn prete sedevacantista di Palermo, don Alessandro Minutella, ha ricevuto ordine dall’arcivescovo Corrado Lorefice di allontanarsi ed interrompere i suoi tentativi di separare i suoi seguaci dalla comunione ecclesiale con i vescovi e il Papa.

Il sacerdote ha risposto ieri con queste parole (più sotto il video), pronunciate durante l’omelia: «Corrado, vescovo di Palermo, consegnandomi questo decreto hai compiuto una vera profanazione di migliaia di anime! Hai fatto un passo falso, hai profanato tante coscienze, sei causa di tanto dolore e di tanta sofferenza! Ne risponderai a Dio».

Don Minutella ha quindi scomunicato la Chiesa cattolica: «Addio falsa Chiesa, i tuoi sforzi per riempire le chiese di gente resteranno inutili perché non hai la benedizione di Dio. Sei solo una multinazionale della menzogna e della falsità, prostituta indegna venduta ai poteri del mondo e hai scommesso sulla scomparsa del cattolicesimo». Sembrano citazioni di Lutero, ma non lo sono, anche se assomigliano molto alle parole usate dal padre della Riforma protestante, che giustificò così la sua denuncia verso la Chiesa romana: «Il papato è diventato infedele al Vangelo, il Papa è l’anticristo e la sua Chiesa la meretrice babilonese».

Il prete palermitano ha proseguito: «La polizia di regime ha individuato in me il vero nemico da eliminare, reo di essere costretto a denunciare la manomissione ereticale in alto per rendere la solenne sposa di Cristo ridicola concubina del mondo. Ho un risalto nazionale e se continuano a perseguitarmi sarà internazionale! Ciò che stanno facendo, sollevandomi da parroco, è una sfida non a me, a voi, ma direttamente alla Madonna». Dopo aver accusato la Chiesa di «piacere al mondo» e aver sottolineato più volte quanto la sua parrocchia sia sempre «stracolma» di gente, (quindi, anche lui piace al mondo?), don Minutella ha annunciato convinta resistenza al «vescovo che accoglie gli immigrati», ovvero mons. Lorefice. «Vi dico, se altri hanno chinato il capo per le loro ragioni spirituali, io andrò avanti per la difesa della fede cattolica, rischiando così la vita. Io di qua non mi muovo!».

Poco dopo, però, ha cambiato idea: «Fuggiremo in luoghi clandestini, dove però ci precederà il soffio della Pentecoste. Questa Chiesa menzognera, che crea lei disaffezione, non noi che che difendiamo la verità cattolica, riuscirà a rendermi vagabondo e ramingo. Il cuore immacolato di Maria ha ingaggiato la battaglia finale mentre il Drago infernale trema, la falsa Chiesa è molto forte e ce ne andremo negli scantinati e nelle catacombe. Io sarò sospeso a divinis e ridotto allo stato laicale ma le loro manovre sanzionatorie non solo non le temo ma non le ritengo neanche efficaci, sono un onore per me».

“Noi” e “loro”, Don Minutella si è da solo separato dalla Chiesa dando così ragione al decreto del vescovo Lorefice: era reale e fondata la minaccia di violare la comunione ecclesiale. Il sacerdote ha anche tradito pubblicamente la promessa fatta davanti a Dio di portare al vescovo che lo ha ordinato, e ai suoi successori, «filiale rispetto ed obbedienza» (Pontificale Romanum). Estrapolando varie profezie, ha inoltre fatto riferimento a Papa Francesco come «il falso profeta» a capo «del corpo mistico dell’Anticristo: il corpo mistico sulla terra avrà il suo Giuda Iscariota e sarà il falso profeta, Satana lo assumerà dai vescovi». Ha poi concluso annunciando, a partire dal prossimo mese, l’inizio dei raduni della sua “nuova chiesa”, quella autentica, protestante verso i cattolici romani: «Svolgo il mio ruolo di profeta e il raduno si farà».

Il sacerdote pare un evidente e affezionato lettore dei noti giornalisti dissidenti, uno che ha preso per vere e reali le falsità da loro scritte, eccone alcune: il Papa celebra Lutero, vuole le donne prete, detesta i cristiani perseguitati a cui preferisce l’ecologia del pianeta, si vergogna di Cristo, insulta i cattolici e rinnega il Catechismo, vuole l’immigrazione incontrollata perché la religione islamica sovverta quella cattolica, intende distruggere Medjugorje, ha istituito il divorzio cattolico ecc. Ecco a dove portano gli articoli di Antonio Socci, Riccardo Cascioli, Marco Tosatti e Roberto De Mattei (e colleghi), verso i quali abbiamo ritenuto da diverso tempo doverci esprimere, annusando nell’aria di questa disinformazione totale un insano desiderio di seconda ribellione sessantottina.

E’ un ottimo oratore don Minutella e sa conquistare la folla citando parole evangeliche, di Santi e del Catechismo per convincere i seguaci a frequentare solo la sua (ex) parrocchia e non le altre di Palermo, immerse nell’eresia poiché fedeli a Roma. La rottura con la Chiesa cattolica è però iniziata quando il cardinale Paolo Romeo (scelto nel 2006 da Benedetto XVI a guida dell’arcidiocesi di Palermo) e l’arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi (nominato nel 2013 da Benedetto XVI), lo hanno intimato alla conversione e al divieto a parlare pubblicamente dei suoi sedicenti poteri sovrannaturali. Sì, il prete aveva infatti già provato a far parlare di sé qualche anno fa sostenendo di ricevere locuzioni divine, indicazioni dagli angeli e messaggi dalla Madonna, che rivelava attraverso il suo sito web. Ha anche fondato il centro “Piccola Nazareth”, sostenendo che la Madonna gli avrebbe indicato -come fece con Bernadette- un luogo dove scavare e trovare acqua miracolosa dalle proprietà terapeutiche ed esorcistiche, che poi ha iniziato a distribuire ai seguaci. La Curia gli aveva chiesto di interrompere questa messinscena, imitazione di Medjugorje e Lourdes, «per non turbare le coscienze e per non dare scandalo ai fedeli». I suoi discepoli hanno aggredito il vescovo.

Don Minutella si è così reinventato profeta del web, cadendo nella vanità e scoprendo la facile celebrità su Facebook. Oggi tiene infatti lunghissime denunce alla Chiesa in auto, in casa, sull’altare: la videocamera è sempre accesa e puntata su di sé, l’inizio del quotidiano show virtuale del predicatore viene annunciato dai post sui social network, l’omelia trasformata in comizio dove i fedeli urlano e applaudono ad ogni suo affondo, sognando la rivoluzione. Ci sono però da fare due importanti precisazioni.

 

1) Prima precisazione. Il prete siciliano odia Martin Lutero ma è colui che più gli assomiglia e non soltanto per le identiche parole utilizzate. Infatti, se Lutero, di fronte alla decadenza della Chiesa rinascimentale aveva legittime intenzioni di riforma (come hanno spiegato Francesco, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II) -poi finite, in scisma e relativa scomunica-, anche don Minutella ha qualche legittima ragione dalla sua parte. Nella diocesi di Palermo, infatti, vi sono effettivamente altri preti a dir poco scandalosi verso i quali non sembra vi sia stato alcun provvedimento. Il principale è don Fabrizio Fiorentino, noto alle cronache per aver augurato la morte al card. Angelo Bagnasco. Recandosi sul suo profilo Facebook lo si vede spesso esibirsi in costume da bagno o in vestiti attillati, con sigaretta in bocca su spiagge dorate e in comportamenti ambigui. E’ un esplicito militante Lgbt e deride le omelie dei suoi colleghi, ha definito «criminale» don Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria. Abbiamo scritto in passato all’arcivescovo Lorefice chiedendo se fosse a conoscenza di tutto questo, non ricevendo però alcuna risposta.

Purtroppo i don Farinella, i don Gallo, i don Antonelli, i don De Capitani, i Vito Mancuso e gli Hans Küng sono sempre esistiti nella Chiesa e ben prima di mons. Lorefice, senza che verso di loro fossero presi particolari provvedimenti. Nessuno di essi, però, ha mai esplicitamente non riconosciuto il Pontefice in carica, minacciato la divisione o lo scisma della comunità ecclesiale, come ha fatto don Minutella. Quest’ultimo mostra di avere alcune intenzioni corrette e pienamente condivisibili, ma appena nega l’autorità dei vescovi e del Pontefice, giustificandosi con loro presunte mancanze, allora diventa più pericoloso per i fedeli di qualunque prete ambiguo (compreso il suo nemico, don Fiorentino).

«Nella figura, nella missione e nel ministero di Pietro», ha scritto Joseph Ratzinger, «la Chiesa contempla una profonda realtà, che è in rapporto essenziale con il suo stesso mistero di comunione e di salvezza: “Ubi Petrus, ibi ergo Ecclesia”. Il ministero dell’unità, affidato a Pietro, appartiene alla perenne struttura della Chiesa di Cristo» e la comunione con il Santo Padre e con i vescovi «è necessaria per il compimento della missione salvifica della Chiesa». Le schegge impazzite, pur animate da buone intenzioni, non salvano la Chiesa e provocano soltanto danni irreparabili. Gli errori umani dei pastori e del Papa, aggiunse il futuro pontefice, «non sono mai mancati. Pietro, uomo debole, fu eletto come roccia, proprio perché fosse palese che la vittoria è soltanto di Cristo e non risultato delle forze umane. Il Signore volle portare in vasi fragili il proprio tesoro attraverso i tempi: così la fragilità umana è diventata segno della verità delle promesse divine e della misericordia di Dio».

 

2) Seconda precisazione. La misericordia proclamata da Francesco viene oggi usata dai seguaci di don Minutella e dai tradizionalisti in generale come “ricatto morale” verso l’allontanamento del sacerdote. Non c’è in realtà alcuna contraddizione e a scriverlo è il giornalista antipapista Aldo Maria Valli: «La scomunica», o la sottrazione della parrocchia come è stato fatto nei riguardi di don Minutella, «non è una rinuncia alla misericordia, ma una sua forma di esercizio. A volte il massimo della misericordia consiste proprio nel far capire al figlio la gravità di ciò che ha commesso. Altrimenti si cade nel relativismo e nell’indifferentismo morale. La Chiesa, che è madre, quando prevede una pena non lo fa per il gusto di punire, ma perché il figlio ritrovi la strada della conversione e della comunione. Non rinuncia ad accogliere, ci ricorda la distinzione dei ruoli: chi ha autorità morale la deve esercitare, sulla base della propria sapienza, per il bene di tutti. E se il colpevole prova vergogna? Tanto meglio, risponde san Paolo (e qualche volta l’ha detto anche papa Francesco), perché provare vergogna fa bene sulla strada del pentimento».

 

Se nel 2014 Francesco è arrivato a scomunicare i fondatori di Noi siamo Chiesa, associazione di cattolici progressisti vicina a Vito Mancuso, per don Minutella si tratta per ora solo di allontanamento, ennesimo atto misericordioso nei suoi confronti in speranza di un suo ravvedimento. E’ quello che ci auguriamo tutti, pregando per questo fratello così esaltato e così smarrito.

 

Qui sotto alcune parti dell’omelia-shock di don Minutella

 

AGGIORNAMENTO 12/04/17
Alla fine ha scelto sapientemente l’obbedienza rispetto alla resistenza. Don Minutella ha incontrato il vescovo, mons. Lorefice, accettando di lasciare la parrocchia seppur non intenzionato a rimangiarsi gli insulti verso la Chiesa. E’ stato anche rimandato l’incontro della resistenza cattolica a Verona, organizzato dalla casa editrice Fede&Cultura, in quanto era alto il sospetto di un atto scismatico.

 

La redazione

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Goebbels, il braccio destro di Hitler voleva annientare il Vaticano

hitler cristianesimoLa figura di Joseph Goebbels è tornata recentemente sulla scena dell’opinione pubblica, fu tra i più importanti gerarchi nazisti e Ministro della Propaganda del Terzo Reich dal 1933 al 1945.

Innanzitutto se n’è parlato per la pubblicazione dell’opera a lui dedicata dallo storico inglese Peter Longerich, per il quale la decisione di seguire Hitler fino alla fine, nel bunker di Berlino arrivando a suicidarsi, dopo aver ucciso moglie e sei figli fu «l’opportunità per dimostrare al mondo di essersi votato a Hitler completamente, fino alle estreme conseguenze». Inoltre, poche settimane fa è morta anche la sua segretaria, Brunhilde Pomsel.

Sull’interessante sito web Storia e Chiesa sono apparse alcune sue citazioni tratte dai diari di Goebbels (Diario 1938, Mondadori 1993; Diari, Thule, 2012), in cui parla della Chiesa e della fede, confermando quanto odio provassero i gerarchi nazisti nei confronti del cattolicesimo.

Il 23/09/1936 il bracco destro di Hitler annotava la bellezza dell’acropoli ateniese, «felice antichità che poteva vivere e creare senza cristianesimo in eterna serenità». Il 07/04/1938 se la prendeva con il Vaticano: «Il vescovo di Berlino si oppone violentemente al voto. Non facciamo finta di niente. I neri non cambieranno mai. Prima o poi bisognerà togliere di mezzo anche quella internazionale pretesca… Questa è Roma: una internazionale che deve essere annientata».

Il 31/07/1938 Goeblles scrive: «Il Papa ha pronunciato un discorso durissimo contro il razzismo, pieno di ingiurie contro il fascismo e di affronti al popolo tedesco e italiano. Assimila il cattolicesimo all’Azione cattolica, e dice che chi tocca il papa muore: povero illuso. Seguono dissertazioni scientifiche totalmente idiote e retrive. Con questo tipo di mentalità non si può neppure discutere. Ma d’altra parte le sue chiacchiere sono del tutto innocue. Lasciamo che blateri». Si riferisce al discorso che Pio XI fece due giorni prima a Castelgandolfo, polemizzando con il Manifesto della razza (documento fascista che diede avvio alle leggi razziste, apparso la prima volta il 15 luglio 1938): «Il genere umano -disse il Papa- non è che una sola e universale razza di uomini. Non c’è posto per delle razze speciali. La dignità umana consiste nel costituire una sola e grande famiglia, il genere umano, la razza umana. Questo è il pensiero della Chiesa». Il 21 luglio, ricevendo in udienza gli assistenti ecclesiastici di Azione Cattolica, aveva dichiarato: «Cattolico vuol dire universale, non razzistico, nazionalistico, separatistico». Queste ideologie «non sono neppure umane».

Il 29/12/1939 Gobebbels scrive questa nota: «Il Führer è profondamente religioso ma totalmente anticristiano. Considera il cristianesimo un sintomo di decadenza. E’ un prodotto della razza ebraica. Lo si vede anche dall’analogia dei riti religiosi. Entrambi non hanno rapporti di sorta con gli animali e finiranno per andare a picco. Il Führer è un vegetariano convinto, per principio. Le sue argomentazioni sono inconfutabili. Sono estremamente convincenti. Non ha molta considerazione per l’homo sapiens. Non dovrebbe sentirsi tanto superiore agli animali. Non ne ha motivo. L’uomo crede di essere lui solo dotato di intelligenza, di anima».

Il saggista francese Matthieu Baumier ha anche ricordato che nel maggio 1937 il cardinale di Chicago, George William Mundelein -famoso per aver definito Hitler “un pazzo imbianchino”-, attaccò duramente la politica nazista. «La risposta di Goebbels», scrive Baumier, «arrivò due settimane dopo, a Berlino, davanti a più di trentamila persone e venne trasmessa alla radio e poi riportata dalla stampa tedesca. Per Goebbels i preti erano “noti criminali sessuali”, e così li minacciò: la Chiesa si “rigeneri”, prima “che sia troppo tardi”. Per Goebbels -continua il saggista francese- in Germania “non è la legge del Vaticano che comanda”» (M. Baumier, Antitrattato di ateologia, Lindau 2006, pp. 205,206).

Citazioni significative, tanto che uno dei principali studiosi dell’antisemitismo, Robert S. Wistrich, docente di Storia ebraica presso l’Università Ebraica di Gerusalemme e presidente direttore del Centro internazionale di ricerca sull’antisemitismo, ha scritto: «I leader nazisti, Hitler, Himmler, Rosenberg, Goebbels e Bormann sono tutti fanaticamente anticristiani, anche se tale realtà è stata nascosta al popolo tedesco. Se i tedeschi comuni avessero avuto accesso alle “conversazioni a tavola” di Hitler, alcuni fra loro probabilmente sarebbero rimasti scioccati. Riteneva infatti che il cristianesimo fosse “la peggiore disgrazia che sia capitata all’umanità” (luglio 1941)» (R.S. Wistrich, Hitler e l’Olocausto, Rizzoli 2003).

La redazione

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L’Onu blatera, Bergoglio risponde: «Dio dice sì all’unione tra uomo e donna»

onu richiama italia, papa rispondeI burocrati dell’ONU hanno redarguito l’Italia per i troppi medici obiettori e per il divieto di adozione alle coppie dello stesso sesso. Da parte nostra una sonora pernacchia alla Alberto Sordi, da parte del Papa una più democratica replica indiretta, in cui ha ribadito la corretta posizione morale su vita e famiglia.

A poche ore dal pronunciamento del Comitato dei diritti umani dell’Onu, scrivendo al card. Kevin Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, Francesco ha infatti annunciato il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie che si svolgerà a Dublino dal 21 al 26 agosto 2018. La sede dell’evento, la capitale dell’Irlanda, era stata decisa nel settembre 2015, pochi mesi dopo l’approvazione in quel Paese del matrimonio omosessuale. Pochi hanno notato la “coincidenza”.

«La famiglia continua ad essere buona notizia per il mondo di oggi?», si è domandato il Pontefice. «Io sono certo di sì! E questo “sì” è saldamente fondato sul disegno di Dio. L’amore di Dio è il suo “sì” a tutta la creazione e al cuore di essa, che è l’uomo». La frase poteva terminare qui ed invece Francesco ha voluto precisare: «È il “sì” di Dio all’unione tra l’uomo e la donna, in apertura e servizio alla vita in tutte le sue fasi; è il “sì” e l’impegno di Dio per un’umanità tanto spesso ferita, maltrattata e dominata dalla mancanza d’amore. La famiglia, pertanto, è il “sì” del Dio Amore. Solo a partire dall’amore la famiglia può manifestare, diffondere e ri-generare l’amore di Dio nel mondo».

Bella l’importanza con cui il Papa guarda alla famiglia, ed ancora una volta non si è trattenuto nel pronunciare giudizi divisivi, che sfidano apertamente i falsi diritti del progresso. Così come ha denunciato la «falsa compassione» di chi sostiene l’eutanasia e smentito che l’opposizione all’aborto sia dal punto di vista religioso: «No, è un problema scientifico, perché lì c’è una vita umana e non è lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana. Il pensiero moderno? Nel pensiero antico e nel pensiero moderno la parola uccidere significa lo stesso!». Proprio nel suo discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite, nel settembre 2015, il Papa ha invitato al «riconoscimento di una legge morale inscritta nella stessa natura umana, che comprende la distinzione naturale tra uomo e donna e il rispetto assoluto della vita in tutte le sue fasi e dimensioni».

La risposta diretta all’ONU è invece arrivata da Radio Vaticana, dove è stato fatto presente che «Papa Francesco ha denunciato più volte i tentativi di chi vuole impedire l’obiezione di coscienza su temi “morali”: l’ha chiamata persecuzione “educata”, “travestita di cultura” e” progresso”». Inoltre, ha ricordato che l’unico diritto in gioco è quello proprio dei bambini, che «hanno il diritto di crescere in una famiglia, con un papà e una mamma, capaci di creare un ambiente idoneo al loro sviluppo e alla loro maturazione affettiva». Altro che ONU!

Il modo vuole comprare il Papa donandogli copertine sulle riviste pop, lauree honoris causa (che lui rifiuta) e vari premi mondani? Lo celebrano in quanto riconosciuta autorità morale? Bene, non eludano però questi suoi giudizi morali e si confrontino con essi. Perché, ha spiegato il card. Gerhard Ludwig Müller, anche se a qualcuno può sembrare il contrario, «il magistero di Papa Bergoglio non è affatto rivoluzionario, ma si muove sulla linea dei suoi predecessori. L’originalità è il suo carisma, grazie al quale riesce a rompere i blocchi delle persone e le posizioni indurite. Questo è semplicemente geniale». 

La redazione

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In Giappone picco di suicidi: l’Oriente risponde al senso della vita?

suicidi giapponeSi parla molto del Giappone in questo periodo, in particolare per quanto riguarda il caso delle sempre più numerosi morti solitarie e dell’aumento dei suicidi.

Solitudine e disperazione sono fenomeni collegati tra loro, segno di una civiltà e di una cultura che non è riuscita ad offrire risposte al bisogno dell’uomo. «La solitudine e la rottura dei legami familiari», si legge, «sono ormai la cifra di una società, quella giapponese, sempre più frammentata». Sono numerose le persone anziane i cui corpi senza vita vengono scoperti spesso dopo settimane o addirittura mesi: 30mila all’anno.

Sono invece tra i 20.000 e 30.000 i suicidi. Secondo una recente ricerca governativa, solo il 20% è stato causato da motivi economici, il 60% è legato alla depressione. Quasi il 25% dei giapponesi adulti ha pensato seriamente a suicidarsi.  Non c’è un collante sociale, da un sondaggio del 2008 è risultato che il 39% riferisce di avere una fede religiosa, di cui il 34% segue il buddhismo, il 3% lo shintoismo, l’1% il cristianesimo (0,7% protestantesimo, 0,3 % cattolicesimo) e un altro 1% ha dichiarato di seguire altre religioni. Evidentemente, per esclusione, gran parte della società non aderisce ad alcuna religione.

Tra «lezioni di Nirvana e il Buddha in fila indiana», sono tanti gli occidentali che guardano all’Oriente in cerca di se stessi, per una rinascita personale. Ma il vescovo giapponese mons. Isao Kikuchi ha spiegato che all’origine di tale tragica situazione vi è proprio la mancanza, nella cultura giapponese, di una ragione plausibile per vivere. «Una delle ragioni di questo fenomeno», ha detto, «è la mancanza di religione nella vita quotidiana delle persone in Giappone. È ovvio che un’abbondanza di ricchezze terrene e materiali o lo sviluppo tecnologico non possono provvedere a un arricchimento spirituale, al contrario alimentano la vuotezza nei cuori di molti. Mentre la società ha continuato a cercare lo sviluppo materiale, la spiritualità religiosa ha perso il proprio posto nella società e nella comunità locali ed è stata distrutta, lasciando le persone isolate. L’isolamento è una delle principali cause che spinge le persone a mettere fine alla propria vita».

Con solo l’1% di cristiani, la popolazione giapponese è divisa tra un’assenza di spiritualità e un monismo olistico come quello che caratterizza buddhismo e shintoismo. Come ha spiegato il teologo Joseph Ratzinger nella sua monumentale opera, «nelle religioni come il buddhismo, Dio è concepito in maniera del tutto impersonale, ossia come nulla assoluto rispetto a quel tutto che l’uomo è in grado di cogliere come reale, non può esservi una relazione positiva “di Dio” con il mondo. E il mondo diventa una valle di lacrime non più a cui dar forma, bensì da superare». Così, «la religione anziché fornire dei criteri per poter vivere nel mondo, dei modelli di responsabilità sociale a cui ispirarsi, suggerisce la via per travalicare il mondo terreno, la via della liberazione dal fardello delle apparenze» (J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Queriniana 2003, p.19).

Tutto il contrario del cristianesimo, dove è forte il concetto di identità personale e unicità della persona la quale acquista un valore infinito laddove si riconosce voluta e amata dal Dio che non ha disdegnato farsi Uomo per divenire incontrabile, compagno di vita. La valle di lacrime ha così possibilità di trasformarsi in una realtà buona, positiva, occasione di liberazione e di riscoperta di se stessi.

La redazione

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Femministe vogliono incendiare la cattedrale, solo un giovane eroe a difenderla

video argentina buenos airesL’8 marzo scorso le femministe argentine hanno ben pensato di festeggiare la donna vandalizzando le strade e i musei di Buenos Aires e cercando di incendiare la Cattedrale Metropolitana della città.

In un video (qui sotto), diventato virale, si osserva che a difendere la cattedrale c’è soltanto un giovane ragazzo cattolico con in mano la bandiera della Città del Vaticano. Ha incredibilmente resistito agli insulti, venendo aggredito, malmenato, ha mantenuto salda la bandiera nonostante i tentativi di strappargliela. Le femministe si sono accanite su di lui, sferrano calci, pugni e tirandolo per i capelli. Il ragazzo non reagisce, soltanto difende e mantiene la sua posizione.

Contro cosa protestavano femministe, gruppi Lgbt e militanti dell’estrema sinistra? Non si è capito, blateravano di soliti fanta-diritti negati, la polizia è poi intervenuta per disperdere i sedicenti illuminati esponenti del progresso. Venti le persone arrestate, i portavoce dei vandali hanno parlato di “caccia alle streghe”.

La coraggiosa, non violenta e solitaria difesa da parte del giovane simboleggia, nel suo piccolo, la resistenza civile, convinta e ragionata, che la Chiesa cattolica sta operando da anni rispetto all’imbarbarimento sociale a causa dei presunti diritti civili. Come scriveva Chesterton, «il compito della Chiesa è prendersi la responsabilità di mettere in guardia il suo popolo dalle mode, che altro non sono che vecchi errori, in cui è facile ricadere, ripetutamente, se le persone vengono abbandonate, sole, al proprio destino. Dogmaticamente essa difende l’umanità dai suoi peggiori nemici, quei mostri antichi, divoratori orribili che sono i vecchi errori presentati come nuove idee. La Chiesa Cattolica è la sola capace di salvare l’uomo dallo stato di schiavitù in cui si troverebbe se fosse soltanto il figlio del suo tempo» (G.K.Chesterton, Perché sono cattolico, Gribaudi, 1994, p.135).

 

Qui sotto il video del giovane che difende la cattedrale di Buenos Aires

 

La redazione

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Il valore aggiunto del matrimonio, dati alla mano

convivenza vs matrimonioNell’attuale società, spesso le giovani coppie non trovano differenza tra la semplice coabitazione e il formare una famiglia basata sul matrimonio. Gli studi a riguardo mostrano però come il matrimonio sia associato a diversi fattori positivi, sia per i figli che per i genitori.

Il recente report del febbraio 2017 dell’Institute for Family Studies, esaminando i dati relativi a 68 nazioni, rileva (tra le altre cose) come le coppie sposate siano più stabili rispetto alle coppie semplicemente conviventi: confrontando la situazione dei figli a 12 anni, i figli con genitori sposati hanno circa il doppio di possibilità di avere la famiglia ancora intatta dopo 12 anni. E buon senso, esperienze personali, studi scientifici mettono chiaramente in luce quanto questo sia un fattore estremamente positivo per il benessere e la felicità di bambini e ragazzi.

Il prof. Richard Reeves, co-direttore del Center on Children and Families presso la Brookings Institution, ha spiegato: «Il problema è la fragilità dei conviventi rispetto ai coniugi sposati. I bambini nati da coppie conviventi hanno risultati peggiori perché i loro genitori sono molto più propensi a separarsi. Questa instabilità è ciò che danneggia il benessere dei bambini». Sempre per quanto riguarda i figli, il prof. Pascal-Emmanuel Gobry dell’Ethics and Public Policy Center, ha concluso: «”I valori e le norme connesse con l’istituzione del matrimonio restano chiaramente e fortemente legate alla stabilità della famiglia. Ecco perché, quando il matrimonio diventa meno probabile per ancorare il corso della vita adulta in tutto il mondo, un numero crescente di bambini saranno gettati in acque familiari sempre più turbolenti». Alla stessa conclusione è giunta recentemente anche Laurie DeRose, demografa e sociologa del Maryland Population Research Center.

Lo stesso ente, l’Institute for Family Studies, ha pubblicato nello stesso mese un efficace articolo dal titolo “Smontato il mito del matrimonio come palla al piede per l’uomo”. Evidenzia come sia comune convinzione tra gli uomini che il matrimonio per sia dannoso: significherebbe perdere la libertà, avere meno tempo a disposizione per amici e hobbies, limitare e reprimere la propria vita sessuale. A vedere però come stanno le cose, dati scientifici alla mano e a parità di altri fattori, gli uomini sposati rispetto a conviventi e non sposati mostrano un maggiore reddito economico, una minore propensione al divorzio, una migliore vita sessuale, una migliore salute fisica e mentale.

Certo gli studi di questo tipo non dimostrano un legame causale diretto tra matrimonio e gli effetti positivi, ma si limitano a riscontrare l’associazione. Potrebbe anche darsi che una coppia non particolarmente affiatata, proprio per questo, scelga di convivere non da sposati per poi separarsi dopo qualche tempo. Ad ogni modo la conclusione del secondo articolo citato è più che condivisibile: “Crediamo che questa percezione negativa (del matrimonio) debba cambiare. Il primo passo è assicurarsi che la prossima generazione conosca la verità sul matrimonio. Giornalisti, scienziati sociali, politici hanno una speciale responsabilità sul fare buona informazione circa il matrimonio”.

Roberto Reggi

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L’intellettuale islamico che vede in Gesù Cristo il faro dell’umanità

importanza cristo religioniDa alcuni mesi seguiamo le interessanti pubblicazioni di Mustafa Akyol, intellettuale turco di fede islamica ed editorialista del New York Times. In particolare da quando, nel dicembre scorso, ha invitato i musulmani a festeggiare la nascita di Cristo: «Anche se questa non è una festa musulmana, non abbiamo bisogno di opporci al Natale. La nascita miracolosa di Gesù – il profeta, il Messia, la “Parola” di Dio – non ci deve offendere. Il 25 dicembre i musulmani dovrebbero dire ai loro vicini cristiani “la pace sia con voi”, senza esitare ad aggiungere: “Buon Natale!”».

In un recente articolo, Akyol ha sorprendentemente indicato nella figura del Cristo un valido maestro anche per il mondo islamico, la cui sequela potrebbe fare soltanto bene all’Islam in forte crisi d’identità a causa del germe fondamentalista che lo sta dilaniando. «Gesù ha affermato di essere il Salvatore -il Messia- che il suo popolo attendeva», ha scritto l’intellettuale islamico. «Ma a differenza di altri pretendenti messia del suo tempo, non ha scatenato una ribellione armata contro Roma. Ha posto la sua attenzione sul ravvivare la fede e riformare la religione del suo popolo. In particolare, ha invitato i suoi correligionari a concentrarsi sui principi morali della loro religione, piuttosto che ossessionarsi con i più piccoli dettagli della legge religiosa. Ha mostrato che sacrificare lo spirito della religione per il letteralismo porta ad orrori, ha anche insegnato che dedicarsi eccessivamente alle espressioni esteriori di pietà può coltivare una cultura dell’ipocrisia, come accade in alcune comunità musulmane oggi».

I cristiani lo sanno bene, ha proseguito Akyol, mentre «i musulmani hanno bisogno di prenderne atto. Perché loro stanno attraversando una crisi molto simile a quella a cui si rivolgeva Gesù: pur essendo pressati da una civiltà straniera, sono anche turbati dai propri fanatici che vogliono imporre una la Sharia e lottano per un governo teocratico. I musulmani hanno bisogno di una terza strada, che li renda fedeli alla loro fede ma anche liberi dai pesi della tradizione passata e dall’attuale contesto politico. Sarebbe una novità assoluta per i musulmani imparare da Gesù? In una certa misura, sì. Mentre i musulmani provano rispetto e amore per Gesù – e per sua madre immacolata, Maria – perché il Corano li loda profondamente, la maggior parte non ha mai pensato alla missione storica di Gesù, all’essenza del suo insegnamento e come esso possa riguardare la propria realtà».

A proposito della Sharia, l’intellettuale turco ha indicato la rivoluzione “liberale” di Gesù Cristo, quando ha detto: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!”. «Allo stesso modo noi musulmani dovremmo ragionare così: “La Shariah è fatta per l’uomo, non l’uomo per la Shariah”. Oppure, come Gesù, possiamo suggerire anche che il Regno di Dio – detto anche “Califfato” – sarà stabilito non all’interno di un sistema politico terreno, ma nei nostri cuori e nelle menti. Se Gesù è “un profeta dell’Islam”, come noi musulmani diciamo spesso con orgoglio, allora dovremmo pensare a queste domande. Perché Gesù ha affrontato i problemi stessi che ci perseguitano oggi e ha stabilito una saggezza profetica perfettamente adatta per i nostri tempi».

Nel paragrafo finale del suo libro intitolato The Islamic Jesus: How the King of the Jews Became a Prophet of the Muslims (St. Martin’s Press 2017), Mustafa Akyol ha scritto: «Viviamo un disaccordo con ebrei e cristiani, ma abbiamo anche tanto in comune. Con gli ebrei concordiamo molto su Dio. Con i cristiani proclamiamo invece che Gesù è nato da una vergine, che egli era il Messia, e che Egli è la Parola di Dio. Certamente noi non adoriamo Gesù come i cristiani fanno. Eppure, lo possiamo seguire. Infatti, dato il nostro cupo malessere e la sua splendente saggezza splendente, dobbiamo seguirlo».

Non può non stupire questa enorme capacità di apertura da parte di un intellettuale islamico, augurandoci che per il bene dell’Occidente sia capace di influenzare il mondo musulmano a cui si rivolge. In secondo luogo, è stupefacente quanto avesse ragione il celebre filosofo francese Jean Guitton ad indicare Gesù Cristo come «il fulcro della storia, attorno al quale gira tutto il resto» (J. Guitton, Jesucristo. Meditaciones, Barcellona 2005, p.256). In soli 3 anni di vita pubblica è diventato pietra angolare di ogni esistenza umana, capace di illuminare la vita di ogni cristiano e venire indicato come modello anche da appartenenti di altre religioni, dai musulmani al Mahatma Gandhi che più volte ammise la sua riconoscenza verso il Nazareno. Un riferimento anche per i non credenti, come lo studioso B.D. Ehrman, che lo considera a sua volta «il personaggio più importante della storia, se lo consideriamo da una prospettiva storica, sociale e culturale senza tenere conto del peso religioso» (B.D. Ehrman, Did Jesus Exist?, HarperCollins 2012, p.96).

La redazione

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Consiglio di Stato approva benedizioni a scuola, vince la vera laicità

benedizione e laicitàRibaltata la sentenza del Tar dell’Emilia Romagna. Le scuole, sostiene il Consiglio di Stato, non discriminano nessuno se richiedono ai parroci di benedire le classi al di fuori dell’orario scolastico e alla presenza di chi vi acconsente. Una vittoria laica.

 
 
 

Il Consiglio di Stato ha ribaltato una sentenza del Tar Emilia-Romagna, accogliendo così il ricorso del ministero dell’Istruzione.

Il tutto verte su un caso scoppiato due anni fa quando un istituto di Bologna aveva autorizzato i parroci locali ad incontrare gli alunni e benedire la comunità scolastica.

La scelta dell’istituto bolognese -presieduto da Giovanni Prodi, nipote dell’ex premier-, aveva scatenato molte polemiche, con tanto di ricorso al Tar da parte di alcuni genitori ed insegnanti.

Il caso era arrivato perfino sulle colonne del New York Times, ne avevamo parlato anche noi.

 

La sentenza sulle benedizioni: «Non c’è lesione di diritti»

Il tar aveva accolto le ragioni dei ricorrenti, ieri però il Consiglio di Stato ha deciso in modo diverso, spiegando che è legittimo chiedere che il rito «si svolga nelle scuole, alla presenza di chi vi acconsente e fuori dall’orario scolastico, senza che ciò possa minimamente ledere, neppure indirettamente, il pensiero o il sentimento, religioso o no, di chiunque altro che, pur appartenente alla medesima comunità, non condivida quel medesimo pensiero e che dunque, non partecipando all’evento, non possa in alcun senso sentirsi leso da esso».

Quindi, «per un elementare principio di non discriminazione, non può attribuirsi alla natura religiosa di un’attività, una valenza negativa tale da renderla vietata o intollerabile unicamente perché espressione di una fede religiosa, mentre, se non avesse tale carattere, sarebbe ritenuta ammissibile e legittima».

Per la curia bolognese, guidata dall’arcivescovo Matteo Zuppi -che aveva protestato a suo tempo- è una decisione «che appare saggia, equilibrata e rispettosa della vera laicità della scuola, che non può mai essere contro qualcuno».

Soddisfazione anche da parte di mons. Mariano Crociata, presidente della Commissione espiscopale per la scuola della Cei, e dal direttore di Avvenire. La Chiesa parla chiaro.

 

Perché le obiezioni laiciste sul pluralismo non reggono

La protesta più strutturata è arrivata dalla politologa Nadia Urbinati, docente della Columbia University.

Il suo argomento è basato sul pluralismo: «Se lo Stato si avvicina ad una religione in questo modo, deve avvicinarsi a tutte le altre per salvaguardare il pluralismo. Quando le altre religioni busseranno alla porta della scuola pubblica statale per avere spazi, andrà in crisi questa visione della libertà religiosa fondata sull’idea che ci sia una sola religione pratica in Italia».

La prof.ssa Urbinati avanza un’obiezione effettivamente molto diffusa ed efficace, che si può sintetizzare sul: “O tutti o nessuno”.

Ma è un grande equivoco: la laicità non è mera neutralità ma rispetto del sentimento religioso nel contesto in cui essa si applica: in Italia nessuno può negare il ruolo decisivo del cattolicesimo mentre tutti possono negare che shintoismo, islamismo ed induismo, ad esempio, abbiano avuto un peso sociale-culturale-religioso nella nostra Penisola.

Nelle scuole italiane, ad esempio, non si studiano tutti i pensatori di tutte le civiltà, ma si opera una selezione, una scelta, una discriminazione tra quelli che più hanno determinato la storia italiana ed occidentale: Aristotele, Platone, Agostino, Tommaso, Manzoni, Dante, Virgilio ecc.

Questo non offende nessuno, così è legittimo se nelle scuole in India vi siano appesi simboli religiosi indù, mentre in Italia si favorisca la religione che ha contribuito socialmente e storicamente alla creazione della nostra cultura.

E chi proponesse l’assenza di simboli religiosi nella società italiana starebbe promuovendo una visione atea (o laicista) e, ancora una volta, non laica. A parte Francia e Unione Sovietica (assieme agli ex Stati satellite) non vi sono altri Paesi in cui l’ateismo ha avuto un importante ruolo sociale.

 

La benedizione scolastica è superstizione?

Un ultimo chiarimento: la benedizione non è affatto un gesto superstizioso o di scaramanzia.

Se la superstizione è un comportamento tramite il quale ci si vuole impadronire della divinità per cambiare, modificare o determinare la realtà, al contrario, la benedizione -che ha origini nell’Antico e nel Nuovo Testamento- è un cosiddetto sacramentale, cioè «segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi gli uomini vengono disposti a ricevere l’effetto principale dei sacramenti e vengono santificate le varie circostanze della vita» (CCC 1667).

Essi dispongono l’uomo ad accogliere il Bene nella propria vita, orientandosi ad esso. La benedizione riguarda propriamente le persone, con due eccezioni che non contraddicono quanto detto, riguardanti gli animali e le abitazioni (cliccare sui rispettivi link per un maggior approfondimento).

“Bene-dire”, dire bene, invocare il bene di Dio. E farlo pubblicamente.

Perché, come scrive l’eminente filosofo laico Jürgen Habermas, «la risposta che dà il laicismo, è insoddisfacente. Le comunità religiose, nella misura in cui nella società civile svolgono un ruolo vitale, non possono essere bandite dall’ambito politico pubblico e costrette nella sfera privata».

La redazione

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«Sono guarita dall’anoressia perché ho iniziato a credere nell’Eucarestia»

eucarestia e anoressiaLa giornalista Emily Stimpson è una apprezzata scrittrice americana, autrice di un un blog intitolato The Catholic Table, dove si trovano ricette culinarie e racconti di vita.

Il rapporto con il cibo è però stato molto conflittuale per lei, che per un lungo periodo è stata vittima dell’anoressia, incapace di superarla. Recentemente Emily ha raccontato di soffrire di questa malattia da quando aveva 16 anni, nessun medico è mai riuscita ad aiutarla. «Odiavo il mio corpo, mi sentivo grassa e vedevo il cibo come un mezzo per controllare il mondo», ha ricordato. «La mia battaglia con il cibo era un’aggrovigliamento di insicurezze e ansietà, situazione aggravata da una visione materialistica dell’universo».

Era cresciuta come cattolica, ma come gran parte delle persone se ne era disinteressata, abbagliata da richiami più mondani. I pensieri distruttivi che continuamente le venivano, «il mio corpo è un problema, il cibo è il nemico», l’hanno spinta però ad andare oltre la superficie, cercando risposte anche esistenziali sul suo essere al mondo. Ed il tutto nasce, come sempre, da un incontro umano, mai da un ragionamento o una idea personale. «Dopo sei lunghi anni che non entravo in chiesa», ha infatti ricordato, «un collega mi ha aiutato a trovare la mia strada verso casa. Era la Messa, dove ho ricevuto Cristo come cibo. Il pane è diventato il corpo. Il vino è diventato il sangue. Questo è stato il rapporto più intimo che ho avuto con Lui. Fu così che ha realmente dato la sua vita per me».

La giornalista si è infatti accorta che accostandosi giorno dopo giorno all’Eucarestia, durante la celebrazione della Messa, essa diventava anche una terapia efficace verso l’anoressia. «Ho trascorso mesi ad andare a Messa ogni giorno, sapendo che la risposta doveva essere lì, anche se non riuscivo a capire il perché. Ho iniziato spontaneamente ad informarmi, sul catechismo e sulla fede cattolica».

Nessuna magia, semplicemente la conversione ha cambiato il modo di guardare il mondo e se stessa: «prendere l’Eucarestia ha contribuito a modificare il modo di vedere il mio corpo e la mia vita», ha spiegato. «Mi sono vista come immagine di Dio, il mio corpo come tempio dell’anima, luogo di cui dovevo prendermi cura. Ho iniziato ad apprezzare le mie curve femminili come segno fisico della mia anima femminile. L’Eucaristia ci nutre con la vita di Dio, ci rafforza nei momenti di prova, ci conforta nei momenti di dolore, guarisce le ferite e ci riempie della gioia di Cristo. Tutto quello che potevo fare era cadere in ginocchio in segno di gratitudine e ammirazione per Lui».

Una bella e fresca testimonianza del fatto che la partecipazione alla Messa e l’accostamento al sacramento dell’eucarestia non sono semplici riti sociali, come ritengono gli antropologi. Per noi cattolici è il più potente gesto con cui Gesù letteralmente assimila a sé, anche fisicamente, i suoi, anche in questa terra. L’Eucarestia, ha scritto il domenicano Antonio Royo Marin, «è l’inizio di una comunione con Lui sia fisica che spirituale, cioè totale. Il lavoro della vita è far vivere quella Carne e quel Sangue nel proprio sangue e nella propria carne» (A.R. Marin, Teologia della perfezione cristiana, Paoline 1987, p. 541). Quello che è riuscita a fare Emily Stimpson, divenendo, grazie alla sua malattia, testimonianza per tutti.

La redazione

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