8 scomode domande a cui mons. Viganò è meglio che non risponda

L’ex nunzio Carlo Maria Viganò, sostenuto dai vaticanisti Marco Tosatti e Aldo Maria Valli, accusa Francesco di aver coperto gli abusi del card. McCarrick. E’ un’operazione boomerang, dalle nostre indagini emerge che è stato proprio Viganò ad aver coperto, elogiato e sostenuto l’alto prelato nonostante sapesse dei suoi abusi.

 
 
 

“Fare chiarezza”. Con questo slogan è stato pensato e presentato il “dossier Viganò”, mascherandone il vero obiettivo: indurre l’odiato Papa Francesco alle dimissioni.

C’è un problema: il memoriale, preparato male e di corsa, contiene falsità soprattutto nei passaggi-chiave, che ne compromettono la credibilità. Oltre a danneggiare Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, si è dimostrato un boomerang verso lo stesso Carlo Maria Viganò.

Proprio a mons. Viganò abbiamo rivolto otto domande (retoriche) alle quali sarebbe meglio che non risponda perché, oltre a gettare pesanti ombre di complicità su di lui, fanno definitivamente crollare il suo impianto accusatorio nei confronti di Papa Francesco (e di Benedetto XVI).

“La luce finalmente vince sulle tenebre”, ha detto l’altro ieri Viganò a quel che si è scoperto essere uno dei suoi correttori di bozza, Aldo Maria Valli. Eppure, le “tenebre” del passato dell’ex nunzio hanno, di fatto, compromesso il suo dossier.

Non parliamo delle sue ambigue vicende giudiziarie, anche da noi citate in altri articoli per sottolineare l’oggettiva difficoltà che tali questioni pongono quando Viganò chiede di fidarsi della sua etica e del suo racconto privo di prove.

 

Viganò e il caso McCarrick: le ombre dell’ex nunzio.

Prendendo sul serio il suo dossier e svolgendo alcune indagini, semplicemente Viganò passa dall’accusatore all’accusato.

Fu mons. Viganò, in prima persona, a disattendere il presunto ordine di ritiro a vita privata emanato da Benedetto XVI nei confronti del card. Theodore McCarrick -argomento-chiave del “dossier Viganò” (qui la ricostruzione del caso).

Fu mons. Viganò, per primo, un silente complice della vita pubblica del cardinale americano, nonostante conoscesse le accuse contro di lui e sapesse delle (presunte) direttive che su di lui gravavano. Viganò infatti elogiò pubblicamente McCarrick, affermò di provare “affetto” per lui, celebrò addirittura l’Eucarestia a fianco del cardinale che sapeva essere un abusatore.

E Viganò ha mentito, lo ha fatto tante volte, ripetutamente. Questa “luce ha vinto le tenebre” grazie al suo stesso dossier, per questo le 8 domande che gli sottoponiamo sono una richiesta di chiarimento della sua controversa posizione. Preso atto che, in ogni caso, sono prive di fondamenta (o, alla peggio, fortemente ridimensionate) le sue accuse a Francesco, come da noi già provato in un precedente articolo.

 

Otto domande che sconfessano l’ex nunzio Viganò.

1) MONS. VIGANO’, PERCHE’ COME NUNZIO APOSTOLICO E RAPPRESENTANTE DI BENEDETTO XVI NON FECE RISPETTARE L’ORDINE DI RISERVATEZZA CHE IL PAPA EMISE SU McCARRICK?
Nella sua intervista ad Aldo Maria Valli, mons. Viganò ha respinto di essere stato il “corvo” di Vatileaks: «Io all’epoca da tempo ero a Washington e certo avevo altro a cui pensare». Ha perfettamente ragione, Viganò all’epoca era niente meno che il nunzio apostolico negli Stati Uniti, ovvero il rappresentante di Benedetto XVI a Washington.

Se si assume per vero quanto scrive Viganò, cioè che Benedetto XVI avrebbe vietato a McCarrick celebrazioni eucaristiche, presenze pubbliche e viaggi dopo essere venuto a conoscenza dei suoi abusi, perché l’allora nunzio non fece rispettare quest’ordine al cardinale? Perché Viganò, rappresentante del Papa, non protestò pubblicamente quando McCarrick presenziava pubblicamente agli eventi?

Nel video qui sotto sono stati raccolti alcuni filmati risalenti al 2011, 2012 e 2013 che ritraggo la presenza di McCarrick in Vaticano durante il pontificato di Benedetto XVI, dimostrando che il cardinale svolgeva tranquilla vita pubblica (a New York e a Roma) ben prima dell’elezione di Francesco (un esaustivo reportage lo ha realizzato ieri Michael J. O’Loughlin).

Il sociologo Massimo Introvigne ha scritto infatti: «Di “misure segrete” di Benedetto XVI contro McCarrick nessuno ha mai saputo nulla tranne Viganò, e contro altri illustri ecclesiastici accusati di molestie Papa Ratzinger prese provvedimenti pubblici e clamorosi. Se poi gli ordini del Papa tedesco furono ignorati, sarebbe stato Viganò, come nunzio apostolico e dunque rappresentante del Pontefice a Washington, a doversi dimettere».

Infatti, lo abbiamo già mostrato, anche nel periodo in cui l’arcivescovo Viganò era nunzio negli Stati Uniti (dal 2011 al 2016), McCarrick celebrava messa, viaggiava, rilasciava interviste e addirittura frequentava il Vaticano assieme ad una rappresentanza di cardinali statunitensi. Proprio in quegli anni il cardinale era un volto noto della televisione statunitense senza che Viganò protestasse in alcun modo, veniva ricevuto in udienza da Benedetto XVI, concelebrava messa presso la tomba di San Pietro e festeggiava il compleanno di Ratzinger in Vaticano.

Se Viganò oggi accusa Francesco di aver disatteso l’ordine di Ratzinger “riabilitando” McCarrick in Vaticano, perché mons. Viganò -ben prima di Francesco- non solo non fece rispettare la direttiva di Ratzinger, essendo rappresentante del Papa negli Usa, ma fu complice della trasgressione del cardinale che presenziava anche in Vaticano al cospetto di Benedetto XVI? Perché Viganò, accortosi di non poter adempiere ai suoi doveri, non si dimise in nome della sua correttezza etica?

Con qual coraggio, mons. Viganò, lei viene ad accusare Francesco quando per primo non fece nulla per rendere effettivo (il presunto) ordine di riservatezza verso McCarrick, che lei dice essere stato emesso da Benedetto XVI?

Se lei dice il vero allora è il primo colpevole e il primo complice, prima di accusare Francesco dovrebbe accusare se stesso e Benedetto XVI.Se lei dice il falso, allora non è mai esistito tale ordine e quindi lei ha mentito e crolla la sua accusa a Francesco (e quella, conseguente, a Benedetto XVI).

 

2) MONS. VIGANO’, PERCHE’ NEL 2013 CELEBRO’ MESSA ASSIEME ALL’ABUSATORE McCARRICK?
Secondo la rivelazione di mons. Viganò, nel 2009 o 2010 Benedetto XVI, messo a conoscenza degli abusi del card. McCarrick nel suo passato, intervenne per intimargli una vita riservata, impedendogli di celebrare messa.

Eppure, nel maggio 2013, prima di una cena di beneficenza all’Hilton di Washington, l’ex nunzio Viganò ha concelebrato una solenne messa pubblica proprio a fianco del card. McCarrick.

Nella foto qui sotto, Viganò viene immortalato davanti all’altare seduto sorridente a lato del card. McCarrick.

A distanza di cinque anni da quel giorno, mons. Viganò ha accusato Papa Francesco di «grave, sconcertante e peccaminosa condotta» per aver “coperto” McCarrick e disatteso il (presunto) divieto di Benedetto XVI nei suoi confronti.

Quale commento ha da fare mons. Viganò sulla sua “grave, sconcertante e peccaminosa” condotta per essere stato complice della disattesa dell’ordine del Papa emerito e di aver addirittura celebrato l’Eucarestia assieme ad un cardinale dalla vita immorale, cosa che Viganò stesso ha ammesso di sapere ben prima di quella data?

 

3) MONS. VIGANO’, PERCHE’ NEL 2012 DISSE PUBBLICAMENTE CHE “IL CARD. MCCCARICK E’ MOLTO AMATO DA TUTTI NOI”, PARLANDO A NOME DI BENEDETTO XVI?
Durante una cena di gala, sponsorizzata dalle Pontifical Missions Societies a New York nel maggio 2012, l’allora nunzio Viganò si congratulò pubblicamente, con amicizia e cordialità, con il card. McCarrick per la nomina di quest’ultimo a “Pontificio Ambasciatore per la Missione”.

Al cardinale americano venne consegnata una medaglia con le chiavi di San Pietro, che costituisce il simbolo del Papa.

Viganò salì sul palco e –come riportano le cronache di allora- parlò a nome di Benedetto XVI e senza alcuna remora disse: «Distinti ospiti, vescovi qui presenti, e ospiti onorati questa sera come “Ambasciatori Pontifici delle Missioniˮ, che è un bel titolo. Prima di tutto, sua eminenza il cardinale McCarrick – “ambasciatore” già da diverso tempo, come prete, vescovo, arcivescovo, cardinale e che è molto amato da tutti noi».

 

Viganò oggi accusa Francesco di aver “coperto” McCarrick e di aver disatteso il presunto ordine di Benedetto XVI ad una vita privata e di preghiera, eppure nel 2012 lo stesso Viganò partecipò ad un evento pubblico in cui manifestò orgoglioso il suo affetto verso McCarrick. Proprio quel cardinale che Viganò in quel momento sapeva aver avuto una vita sessuale immorale.

Foto e video dimostrano innanzitutto che McCarrick disattese questo presunto ordine ratzingeriano già durante il pontificato di Ratzinger (facendo così cadere le accuse di Viganò a Francesco, come abbiamo spiegato), ma anche che Viganò fu complice di tutto ciò.

Perché Viganò non protestò, non se ne andò, non ricordò pubblicamente ai presenti o agli organizzatori che non era opportuno premiare McCarrick, sia per la sua condotta immorale sia per l’ordine del Papa in carica? Perché partecipò e si congratulò pubblicamente con McCarrick, arrivando a parlare di affetto nei suoi confronti? Perché salì sul palco, giustificando la premiazione a nome del Papa stesso al cardinale che sapeva abusatore?

Qualcuno potrebbe parlare di semplice diplomazia. Eppure Viganò ha mostrato di non badare alla diplomazia, arrivando a mentire perfino a Benedetto XVI pur di opporsi al suo trasferimento negli USA.

E poi, l’amore alla Chiesa, alla giustizia e alla rettitudine morale di cui tanto parla nel dossier sarebbe stata messa da parte da meri rapporti di cortesia diplomatica? Poteva allora limitarsi a partecipare in modo più sobrio, senza lanciarsi in sperticati elogi di “affetto” nei confronti del cardinale.

«Da attento diplomatico di lungo corso», giustamente è stato osservato, Viganò «avrebbe forse potuto inventarsi la scusa di un impegno improvviso o un altrettanto imprevisto raffreddore evitando di viaggiare da Washington a New York per omaggiare il porporato abusatore».

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

4) MONS. VIGANO’, PERCHE’ LEI O I SUOI SODALI AVETE MENTITO DICENDO CHE BENEDETTO XVI AVREBBE CONFERMATO IL SUO DOSSIER?
Il dossier Viganò è stato preparato e reso pubblicabile da tre noti haters di Francesco: Marco Tosatti (il principale correttore di bozza), Timothy Busch Aldo Maria Valli.

Busch, proprietario della rete televisiva EWTN (tra cui il National Catholic Register), ha dichiarato al New York Times che i “responsabili della pubblicazione del dossier” lo avevano personalmente assicurato che Benedetto XVI aveva confermato il resoconto di mons. Viganò.

Non si capisce a chi alluda, dato che lui stesso era tra i responsabili della pubblicazione. Forse sta incolpando Tosatti? O è uno scarico di responsabilità verso lo stesso Viganò? Di certo l’ex nunzio è in stretto contatto con loro e non ha preso le distanze dalle affermazioni di Busch (lo avrebbe potuto fare durante l’intervista concessa a Valli).

Sta di fatto che Ratzinger ha subito smentito (qui in originale) tramite il suo segretario personale, mons. Georg Gänswein (già usato in passato per manifestare pieno sostegno al pontificato di Francesco): «Papa Benedetto non ha commentato il ‘memorandum’ dell’arcivescovo Viganò e non lo farà», bollando le parole del sodale di Viganò come “falsità”.

Il segretario di Benedetto XVI ha respinto con sdegno tali parole anche a La Stampa: «Lo affermo con forza: è una fake-news, una menzogna!», facendoci arrivare tutta l’indignazione del Papa emerito per l’“operazione Viganò”.

Così, l’ex nunzio e i suoi correttori di bozze hanno mentito un’altra volta, coinvolgendo nel loro gioco sporco il Papa emerito.

Mons. Viganò, perché i suoi collaboratori hanno dovuto inventare, certamente con la sua approvazione (non sono arrivate sue smentite) la conferma di Ratzinger ai suoi racconti?

 

5) MONS. VIGANO’, PERCHE’ HA MENTITO DICENDO CHE NEL 2001 GIOVANNI PAOLO II “ERA GIA’ MOLTO MALATO?”
Nel suo memoriale, mons. Viganò ricorda quando McCarrick venne nominato cardinale da Giovanni Paolo II nel 2001.

L’ex nunzio sceglie così di coinvolgere nella vicenda anche il Papa polacco, citandolo: «I fedeli si chiedono insistentemente come sia stata possibile la sua nomina a Washington e a cardinale», scrive Viganò. «Nel novembre 2000 il Nunzio Montalvo inviò al segretario di Stato Angelo Sodano il suo rapporto trasmettendogli la già citata lettera di P. Boniface Ramsey in cui denunciava i gravi abusi commessi da McCarrick. Fu la nomina a Washington e a cardinale di McCarrick opera di Sodano, quando Giovanni Paolo II era già molto malato? Non ci è dato saperlo. È però lecito pensarlo, ma non credo che sia stato il solo responsabile».

Mons. Viganò afferma che nel 2001 Giovanni Paolo II sarebbe stato “molto malato”, ma questa è una (ennesima) bugia.

Come chiunque può verificare, Giovanni Paolo II nel 2001 era perfettamente lucido di mente, morirà nel 2005.

L’ex nunzio Viganò, prima coinvolge il Papa polacco e poi cerca di togliergli ogni responsabilità definendolo (falsamente) “malato” e quindi incapace di svolgere il suo ruolo, invalidando così tutti gli atti di Wojtyla dopo il 2001. E’ un’accusa grave da parte di un arcivescovo ed ex nunzio apostolico e si tratta di un’altra bugia che rende la sua credibilità sempre più precaria.

 

6) MONS. VIGANO’, PERCHE’ HA MENTITO DICENDO CHE FRANCESCO L’AVREBBE AGGREDITA NELL’INCONTRO DEL 2013?
Sempre prendendo sul serio il memoriale di mons. Viganò, si legge che l’ex nunzio ricorda di un incontro avuto il 21 giugno 2013 con Papa Francesco alla fine di un’udienza.

Ecco le parole di Viganò: «Quando fu il mio turno, ebbi appena il tempo di dirgli “sono il Nunzio negli Stati Uniti”, che senza alcun preambolo mi investì con tono di rimprovero con queste parole: “I Vescovi negli Stati Uniti non devono essere ideologizzati! Devono essere dei pastori!” Naturalmente non ero in condizione di chiedere spiegazioni sul significato delle sue parole e per il modo aggressivo con cui mi aveva apostrofato».

La realtà è ben diversa, ancora una volta.

come ha scoperto Cindy Wooden, il video dell’incontro del Centro Televisivo Vaticano mostra che il Papa accoglie Viganò in modo benevolo, con gentilezza. Anche Andrea Tornielli sottolinea che appena Viganò si presenta, il Papa non lo investe «senza alcun preambolo con tono di rimprovero», bensì lo ringrazia amabilmente per il suo lavoro. Poi, con più serietà il Pontefice comunica qualcosa al nunzio ma il video si interrompe poiché la Tv vaticana non divulga mai le parole private.

Un dettaglio? Sì, in questo caso lo è. Ma la piccola bugia di mons. Viganò (o l’aver ricordato male) si aggiunge all’evidenza che il porporato è animato da un astio personale verso Francesco che lo porta a mentire (o a ricordare male) pur di mettere il Pontefice in cattiva luce con pettegolezzi malevoli, come avvenuto in questo caso (e ciò può ed è accaduto in molte altre parti del dossier).

«È come se i Borgia e i Medici avessero un account Twitter», ha commentato lo storico della Chiesa, Christopher Bellitto. Francesco fa bene a non rispondere al dossier, «Vigano sta facendo un gioco, e Francesco sta dicendo: “Non sto giocando, ho altre cose da fare”».

 

7) MONS. VIGANO’, PERCHE’ NON DIMOSTRA IL PRESUNTO AMMONIMENTO DI BENEDETTO XVI A McCARRICK?
Il cuore del dossier Viganò è la direttiva che Benedetto XVI avrebbe imposto al card. McCarrick di condurre una vita riservata, a causa della conoscenza di notizie/dossier sui suoi passati comportamenti omosessuali con adulti.

L’accusa rivolta a Francesco è aver disatteso questo ordine e aver riabilitato McCarrick, permettendogli di frequentare il Vaticano e la vita cattolica di New York.

Viganò non cita documenti, ma chiede di fidarci del suo racconto: «Finalmente seppi con certezza, tramite il Card. Giovanni Battista Re, che Papa Benedetto aveva comminato al Card. McCarrick sanzioni simili a quelle ora inflettigli da Papa Francesco: il cardinale doveva lasciare il seminario in cui abitava, gli veniva proibito di celebrare in pubblico, di partecipare a pubbliche riunioni, di dare conferenze, di viaggiare, con obbligo di dedicarsi ad una vita di preghiera e di penitenza. Non mi è noto quando papa Benedetto abbia preso nei confronti di McCarrick questi provvedimenti, se nel 2009 o nel 2010, perché nel frattempo ero stato trasferito al Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, così come non mi è dato sapere chi sia stato responsabile di questo incredibile ritardo».

Nessuno ha mai sentito parlare di tale sanzione da parte di Ratzinger, non c’è traccia.

Se Viganò dice il vero, dev’essere stato un ordine segreto. Ma è anomalo non pubblicare una sanzione che ha conseguenze pubbliche.

Suor Sharon Euart, avvocata canonista e direttrice del Resource Center for Religious Institutes, ha spiegato che in tali casi c’è sempre una notifica scritta e che chiunque abbia la giurisdizione sulla persona oggetto di sanzione viene informato in modo che l’autore del reato possa essere monitorato, per questo è quasi impossibile e non spiegabile che tale ordine sia rimasto segreto.

Al posto di fuggire in un rifugio segreto (manco fosse Julian Assange) e cambiare numero di telefono per rendersi irreperibile, perché Viganò non dimostra in modo oggettivo quanto afferma? Ha lui l’onere della prova.

Non cambierebbe poi molto, dato che abbiamo mostrato McCarrick frequentava tranquillamente il Vaticano ben prima di Francesco. Per lo meno si smetterebbe di dubitare che Viganò abbia mentito anche su questo passaggio-chiave.

 

8) MONS. VIGANO’, PERCHE’ LE VITTIME DI PEDOFILIA DICONO CHE LEI LE STA SFRUTTANDO PER UNA SUA LOTTA IDEOLOGICA?
L’ex nunzio Viganò giustifica la sua entrata in scena con lo scopo di voler eliminare la corruzione nella Chiesa e farsi paladino delle vittime di abusi commessi da sacerdoti. Per questo denuncia la «grave, sconcertante e peccaminosa condotta di papa Francesco e dall’omertà di tanti pastori».

Eppure, se si ascoltano le agguerrite associazioni di vittime, nemmeno loro credono all’intento morale di mons. Viganò. I responsabili di BishopAccountability, il più grande database di documenti relativi agli abusi sessuali del clero, hanno ad esempio respinto la richiesta di dimissioni a Francesco.

Il gruppo di vittime chiamato Ending Clergy Abuse ha invece definito la lettera di Vigano parte delle «lotte intestine tra le fazioni curiali che stanno sfruttando la crisi degli abusi e le vittime degli abusi sessuali del clero come leva nella lotta per il potere della chiesa».

L’impressione di un mero attacco ideologico-politico mascherato con la scusa della lotta alla pedofilia, è ciò che tanti hanno avuto. D’altra parte il taglio dato al raffazzonato dossier ricalca esattamente la retorica tradizionalista dei blog degli haters di Francesco, due dei quali sono proprio i redattori del dossier Viganò (già ribattezzato “papiro Tosatti-Viganò”).

Il decano dei vaticanisti americani, John L. Allen, ha infatti commentato: «Le persone che hanno consigliato Viganò, e i media che hanno pubblicato per la prima volta il suo documento, hanno tutti forti credenziali conservatrici e nessuno è riconosciuto come esperto o leader degli sforzi di riforma sugli scandali degli abusi sessuali».

Quel che emerge è ben riassunto nelle parole di Damiano Serpi:

«Accogliendo la sfida del Papa si potranno infatti leggere quelle interminabili parole dell’ex nunzio Viganò per quelle che sono realmente, ovvero l’ultimo maldestro tentativo in ordine di tempo di delegittimare l’operato del Papa. Ora lo si fa giocando pesantemente e pericolosamente su un tema, quello della pedofilia all’interno della Chiesa, che sta angosciando tutti noi fedeli. I tempi, i modi e i contenuti di ciò che ha scritto l’arcivescovo Viganò non possono essere tutte solo coincidenze. Sarebbe troppo da sciocchi pensarlo, figuriamoci crederlo. Perché diffondere proprio durante la visita apostolica in Irlanda certe notizie datate, se veritiere, di ben 5 anni? Perché farlo con i toni di chi si reputa una vittima senza però pentirsi, se le accuse sono veritiere, di essere stato lui il primo a non aver fatto nulla e ad aver taciuto? Perché usare dei media notoriamente contrari al papato di Francesco per veicolare al grande pubblico questa lettera invece che accettare il confronto? Ciò che si legge di quel lungo testo è il disagio di un uomo per essere stato messo da parte e il bisogno, terribile e opprimente, di ottenerne in qualche modo riparazione. Quel testo è stato scritto, composto, elaborato e diffuso con l’unico scopo di seminare il dubbio, di suscitare scalpore, di fomentare quel sospetto che corrode ogni certezza, persino la più salda. Insomma, più che giustizia quel testo voleva cercare e provocare clamore, scandalo, incertezza, dubbi e chiacchiere. Far passare Papa Francesco come uno dei tanti sacerdoti, vescovi e cardinali che hanno coperto i propri sottoposti o fratelli è il tentativo più meschino di rimettere in campo le strategie già usate in passato con i manifesti affissi nottetempo per Roma, con la diffusione pubblica di un memoriale falso sul caso Orlandi e con le false accuse di eresia. Tutti episodi dove si mescolano verità assodate e ipotesi fantasiose con il solo scopo di atterrire il lettore e far germogliare dentro la sua mente il seme del dubbio e del più atroce sospetto»1D. Serpi, Vaticano, perché ha ragione il papa, Il Sismografo 08/2018.

 

Domande terminate.

Ne emerge che mons. Viganò è il primo a dover fare chiarezza perché risulta essere un testimone non solo totalmente inaffidabile ma complice, lui per primo, dell’insabbiamento di cui denuncia.

L’insostenibilità della sua accusa a Papa Francesco qui dimostrata (in aggiunta al nostro precedente articolo), non deve però liquidare molte circostanze che l’ex nunzio rivela e che possono rispondere alla realtà (la lobby gay, le coperture ecc.). Per questo un’indagine seria è quello che tutti si aspettano.

Il “dossier Viganò” è un’occasione mancata, poteva essere d’aiuto alla Chiesa ma ha ceduto alle pressioni tradizionaliste (guidate dai correttori di bozze, ad esempio) di sfruttare il tutto per un obiettivo meschino: colpire Francesco. Viganò si è prestato o ne è stato realmente l’artefice offrendo al mondo uno misero spettacolo.

Le guerre intestine dei porporati e dei loro scribacchini a foraggio di interessi ideologici e politici, cos’hanno a che fare con la Chiesa?

La redazione

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Stephen Hawking, ateo o deista? I suoi pensieri su Dio

Nel marzo scorso è morto Stephen Hawking, probabilmente il più famoso fisico della storia a non aver ricevuto il Premio Nobel. In molti hanno riflettuto sui suoi enormi contributi alla scienza, in questo contesto invece vorremmo focalizzare il suo pensiero religioso. Viene solitamente descritto come ateo, lui stesso si è così definito alcune volte, mentre altre ha espresso una visione deista.

La madre, Isabel, era un membro del Partito Comunista inglese e il figlio Stephen ha mantenuto nella sua vita questo background culturale. Nel gennaio 1963 gli è stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica, un mese dopo aver conosciuto la sua prima moglie, Jane Wilde Hawking, da sempre cristiana. Più volte Jane ha raccontato come la forza della fede l’abbia sorretta nell’accompagnare Stephen, nell’accettare il deterioramento della sua malattia e della sua relativa depressione. Assieme hanno trascorso 25 anni, «avevo due bambini piccoli, gestivo la casa e mi occupavo di Stephen a tempo pieno: vestendolo, facendogli il bagno, e si rifiutava di avere qualche aiuto al di fuori di me», ha raccontato. Dopo la pubblicazione del suo capolavoro, A Brief History of Time (Dal big bang ai buchi neri), Jane rivelò a un giornalista che il suo ruolo con il marito non consisteva più nel promuovere il suo successo, ma nel “dirgli che non era Dio”: «Si potrebbe dire che si sentisse davvero onnipotente».

La vita come moglie di un genio non è stata facile, Jane Hawking prese un dottorato in poesia spagnola medievale, tuttavia, disse, «Stephen non ha mai avuto troppo interesse per ciò. Immagino che quando stai pensando alle origini dell’universo queste cose non contano molto». «Per lui, l’unica cosa importante era la fisica, il resto non esisteva. Quando arrivava il fine settimana, Stephen si sedeva come il Pensatore di Rodin senza muoversi, i bambini non dovevano giocare per non disturbarlo. Dopo giorni di silenzio, improvvisamente diceva: “Ho appena fatto una grande scoperta per la fisica”. Ecco come è stata la mia vita per anni. La malattia, poi, lo ha reso ancora più introspettivo: non ha mai raccontato nulla alla sua famiglia, solo ordinava ciò di cui aveva bisogno, punto». Fino al 1990: «Stephen mi lasciò per andare con una delle infermiere che lo curava», ha raccontato la donna nel 2015. «Ero completamente esausta, ferita e amareggiata, perché ero stata trattata male, Stephen era stato molto crudele con me. Ho sentito un rancore molto profondo e ci sono voluti diversi anni per superarlo. Oggi l’ho superato».

A proposito del già citato bestseller di Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri. Una breve storia del tempo (1988), il celebre chimico statunitense Henry F. Schaefer, III, dell’Università della Georgia, ha scritto: «Chi non ha letto questo libro sarà sorpreso di scoprire che ha un protagonista. Quel personaggio principale è Dio. Questa era la caratteristica del libro che il noto ateo Carl Sagan trovava angosciante». Ci sono alcune affermazioni nel libro di Hawking che H.F. Schaefer sottolinea, ad esempio: «È difficile discutere l’inizio dell’universo senza menzionare il concetto di Dio. Il mio lavoro sull’origine dell’universo si trova al confine tra scienza e religione, ma cerco di rimanere sul lato scientifico del confine. È del tutto possibile che Dio agisca in modi che non possono essere descritti dalle leggi scientifiche». Un’altra perla di Hawking, è la citazione del pensiero di Sant’Agostino: «L’idea che Dio possa voler cambiare idea è un esempio dell’errore -ha sottolineato Sant’Agostino- di immaginare Dio come un essere esistente nel tempo. Ma il tempo è solo una proprietà dell’universo creato da Dio».

Anche l’astrofisico italiano Marco Bersanelli, ordinario all’Università Statale di Milano, ha notato che «il percorso umano e scientifico di Hawking è stato scandito da una quasi implacabile necessità di misurarsi con l’incombente possibilità di un creatore, il più delle volte per negarla. La sua posizione a questo riguardo ha attraversato diverse fasi, oscillando da una religiosità panteista fino a giungere, negli ultimi anni, a un esplicito e radicale ateismo. Così lo straordinario successo delle sue opere divulgative e la sua visibilità mediatica, che ne hanno fatto una nuova icona della figura di scienziato, si sono portati dietro un alone di inconciliabilità tra approccio scientifico e fede in Dio». Bersanelli si riferisce senza dubbio all’uscita nel 2010 del libro The Grand Design, scritto assieme a Leonard Mlodinow, promotore di una “teoria del tutto” (la M-Theory) la quale, relazionata con l’idea di un Multiverso, avvalorerebbe una creazione spontanea dell’Universo, rendendo inutile la presenza di un Creatore.

La pubblicazione del libro, sponsorizzato mediaticamente come manifesto ateista, ha portato ad un interessante dibattito internazionale del quale hanno preso parte molti eminenti scienziati, smentendo l’ipotesi dell’inutilità del Creatore (abbiamo raccolto i loro interventi in un apposito dossier). Forse il più importante è stato Rose Penrose, celebre fisico dell’Università di Oxford e collaboratore per anni di Hawking nello sviluppo della teoria del Big Bang, che ha dichiarato: «Il libro di Hawking è fuorviante, ti dà l’impressione che esista una teoria che riesca a spiegare tutto, ma questa non è nemmeno una teoria. Non è per nulla dimostrato che l’Universo si sia creato dal nulla. Il multiverso non ha superato Dio». Tempo dopo, il co-autore del libro, Leonard Mlodinow, ha chiarito: «La scienza contro la spiritualità è una falsa dicotomia», sostenendo la plausibilità delle domande su Dio.

Il giorno della morte di Hawking, il noto opinionista inglese Andrew Graystone ha scritto: «Gli ho chiesto a lungo se credeva che ci fosse un Dio. Si è sempre rifiutato di rispondere alla domanda. Quando gli ho chiesto il perché, mi ha detto “Se dico di credere in Dio, tutti dichiareranno immediatamente che io credo nello stesso Dio in cui tutti credono. Quindi non dirò nulla». Tuttavia, in un’intervista del 2014, Hawking fu abbastanza lapidario: «Nel passato, prima della scienza, era logico credere che Dio creò l’universo. Però ora la scienza offre una spiegazione più convincente. Quello che intesi dire quando dissi che “conosceremo la mente di Dio”, era che comprenderemo tutto quello che Dio sarebbe stato capace di comprendere se fosse esistito. Però non c’è nessun Dio, sono ateo. La religione crede nei miracoli però questo non è compatibile con la scienza».

Una concezione di “dio”, tuttavia, molto ingenua, come ha spiegato l’astrofisico Marco Bersanelli (che già ha replicato in passato agli errori filosofici commessi da Hawking in The Grand Design): «La sua appassionata obiezione alla “creazione”, rivela un’idea alquanto ridotta di “creatore”. Nella sua immagine il ruolo di Dio è quello di mettere in moto, all’inizio dei tempi, il grande ingranaggio dell’universo per poi dissolversi nel nulla. Quasi un mago che dà un colpo di bacchetta magica e poi svanisce per sempre. Certo non si tratta del Dio cristiano, che crea il mondo come un padre genera la sua creatura, e si coinvolge con essa fino a dare se stesso. Una creazione che non è solo un avvio cronologico, ma il principio dell’essere di ogni cosa, sorgente di ogni istante. Ora come all’inizio».

In ogni caso, nel 2007, il celebre fisico inglese affermò tutt’altro sulla sua visione esistenziale in un’intervista per Reuters, dicendo di non essere religioso nel senso normale per cui lo si intende: «Credo che l’universo sia governato dalle leggi della scienza. Tali leggi potrebbero essere volute da Dio, ma Dio non interviene per infrangere tali leggi». Qualcosa di simile, Hawking, lo ha riferito ai suoi biografi, Michael White e John Gribbin: «È del tutto possibile che Dio agisca in modi che non possono essere descritti da leggi scientifiche, in tal caso si dovrebbe passare ad una fede personale» (M. White & J. Gribbin, Stephen Hawking; A Life in Science, Joseph Henry Press 2002, p. 167).

Queste sue dichiarazioni sembrano collimare con quanto dichiarato da mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze (di cui Hawking era membro) e testimone privilegiato degli incontri tra Hawking e gli ultimi due pontefici, Bergoglio e Ratzinger: «Il suo rapporto con l’idea di Dio era in stretta connessione con il suo essere scienziato ma non era ateo. Da Benedetto XVI volle farsi benedire, esistono anche delle bellissime fotografie. A Ratzinger disse che era venuto in Vaticano apposta per approfondire il tema del rapporto tra scienza e fede,che all’epoca era al centro di una enciclica. Egli diceva che Dio non si può mettere in relazione alle cose che non si possono spiegare e in ogni caso non lo metteva in relazione all’origine dell’universo. Il suo approccio a questo argomento era positivista. Era contrario all’idea di un Dio che viene coinvolto ogni volta che non si può spiegare qualcosa. Di sicuro non voleva dare una spiegazione alla cosmologia religiosa perché diceva che l’origine di tutto è un problema filosofico, non scientifico. Affermava: “Io devo dare una spiegazione alle cose che vedo”. Questo approccio purtroppo è stato inteso dai giornalisti come una professione di ateismo. Un po’ riduttivo. Ma io non credo fosse ateo, sia per la fedeltà verso l’Accademia sia per l’interesse per il dialogo con i Pontefici».

Anche diversi opinionisti britannici, come Jeff Jacoby del Boston Globe, citando le sue “frasi religiose”, sostengono che «non sono certo espressioni di ateismo, ma di deismo -la fede in un Dio della creazione ma non della storia-, un Dio che ha avviato l’universo ma non interferisce con esso. Qualunque cosa si possa dire del suo pensiero su Dio, era troppo onesto e leale per affermare che un profondo impegno per la scienza è incompatibile con una profonda fede in un Creatore che ha portato l’universo, la vita e l’umanità all’esistenza. Dopo tutto, lo sostengono anche molti dei suoi colleghi scienziati».

I funerali di Hawking si sono svolti nella chiesa dell’università di Cambridge ed è stato sepolto nella basilica di Westminster, a Londra. Difficile che ciò fosse contrario alle sue volontà. I figli, Lucy, Robert e Tim, hanno dichiarato: «Abbiamo deciso di svolgere i funerali nella città che lui ha amato molto e da lei è stato amato. La vita di nostro padre ha significato molto per molte persone, religiose e non religiose. Così, il funerale sarà inclusivo e tradizionale, riflettendo l’ampiezza e la diversità della sua vita».

La redazione</p”>

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Accuse al Papa: l’ex nunzio Viganò ha mentito, ecco le prove

Papa Francesco non ha voluto commentare l’atto di accusa che l’ex nunzio Carlo Maria Viganò ha pubblicato nei suoi confronti, chiedendo ai giornalisti di maturare da soli un’opinione. Così, in poche ore, la  redazione UCCR ha preso sul serio il memorandum di Viganò e l’invito del Papa e ha trovato prove schiaccianti che smentiscono il passaggio chiave della testimonianza del già controverso ex nunzio, facendo crollare (o, alla peggio, ridimensionando fortemente) la sua accusa al Papa.

Prima però quattro chiarimenti (chi è impaziente si rechi più sotto).
1) Qual è l’accusa di Viganò: l’ex nunzio non ha accusato Francesco di aver coperto un atto di pedofilia realizzato dal card. McCarrick, lo ha accusato di non avergli dato ascolto quando lo avrebbe avvertito nel 2013 delle varie notizie/voci a carico del cardinale riguardanti rapporti sessuali con adulti (seminaristi) risalenti a cinquant’anni prima, mettendolo anche a conoscenza che Benedetto XVI gli avrebbe per questo «imposto di ritirarsi ad una vita di preghiera e di penitenza». Scrive Viganò: nonostante Francesco abbia «saputo da me il 23 giugno 2013» dei «crimini commessi da McCarrick abusando della sua autorità con seminaristi e sacerdoti», il Papa lo avrebbe «coperto ad oltranza, anzi ha fatto suoi i suoi consigli» e ha permesso che il cardinale trasgredisse l’ordine di Ratzinger. Non si parla di pedofilia, né lo accusa di aver coperto un pedofilo anche perché l’accusa dell’abuso di un minore è emersa soltanto nel 2018. Appena l’arcidiocesi di New York ha ricevuto e valutato come “credibile” tale accusa di pedofilia nei confronti di McCarrick (risalente al 1977), Francesco è intervenuto tempestivamente rimuovendolo dal ministero pubblico.

2) Operazione mediaticaAl di là dei contenuti dell’accusa, “l’operazione Viganò” non è la testimonianza di coscienza di un “coraggioso vescovo”, come viene fatta passare dai portavoce della resistenza tradizionalista. E’ semplicemente un salto di qualità nella loro guerra d’odio al Papa, avendo fallito con i manifesti anonimi e la ridicola accusa d’eresia contenuta nella “Corretio filiali”. Da giorni, nei blog degli haters di Francesco circolavano voci di una “sorpresina” per l’Incontro mondiale delle famiglie, non essendo stati in grado né di farlo annullare né di sovrastarlo mediaticamente con un incontro parallelo (invitato d’onore il card. Burke), che si è rivelato un flop (in Italia ampiamente sponsorizzato da La Nuova Bussola Quotidiana, Marco Tosatti, Aldo Maria Valli e Corrispondenza Romana). Le 11 pagine di accusa dell’arcivescovo Viganò sono state pubblicate in contemporanea sui blog della resistenza, a partire da LifeSite News (il cui fondatore John-Henry Westen aveva organizzato l’evento-flop parallelo a Dublino) e pochi minuti dopo la pubblicazione il vescovo conservatore Joseph Strickland di Tyler (Texas) ha distribuito copie del dossier a tutte le messe. Tutto ciò lascia trasparire l’idea di una regia. In Italia l’operazione “dimissioni del Papa” è stata affidata a Marco Tosatti e a Maurizio Belpietro (direttore de La Verità), e questo la dice lunga sulla poco professionalità della messinscena.

3) Viganò e l’oscura biografia. Qualcuno ci ha criticato per aver ricordato il passato torbido di mons. Viganò (da noi chiamato “oscuro”), dicendo che è un argumentum ad personam. In realtà, avevamo sottolineato la validità delle accuse dell’ex nunzio in quanto circostanziate da date, nomi ed incontri, ma rilevando l’assenza di prove e documenti a sostegno. Viganò dunque ci chiede di fidarci di lui, della ricostruzione che ha prodotto, delle sue supposizioni, dei suoi ricordi e della sua versione. Per questo diventa rilevante mostrare che non è affatto una persona affidabile e gli scandali che lo hanno travolto lo testimoniano (lo vedremo nel successivo punto), come tra i tanti ha anche osservato il principale vaticanista statunitense, John L. Allen: «La lettera di Viganò è basata solo sulla supposizione e sulla sua connessione dei punti. Quando qualcuno si lancia in delle accuse con tanta leggerezza, è difficile sapere quanto seriamente dovrebbe essere preso. E Viganò ha una storia» che lo tradisce.

4) Viganò fece distruggere le prove di un insabbiamento di abusiLa storia di mons. Viganò è torbida come l’operazione meschina che ha messo in atto. In queste ore il vaticanista di Rai1, Aldo Maria Valli, membro della resistenza e scelto da Viganò come depositario del suo memoriale, sta dipingendo l’ex nunzio come un “nonno buono e santo”, appassionato della verità e bruciante d’amore per la sua Chiesa, tanto da dover rendere pubblica la sua testimonianza in onore a Dio. Valli però tace sul coinvolgimento del sant’uomo Viganò in appalti gonfiati e false fatturazioni, sul fatto che l’ex nunzio ha dovuto versare 180mila franchi svizzeri alla sorella Rosanna, che lo ha denunciato per appropriazione indebita di denaro, sul fatto che suo fratello, mons. Lorenzo Viganò, ha affermato pubblicamente: «mio fratello mi ha derubato, ha approfittato della mia malattia per tagliarmi fuori dalla gestione del nostro, e sottolineo nostro, patrimonio». Viene taciuto il fatto che Benedetto XVI lo cacciò negli USA e che lui si oppose mentendogli spudoratamente. Luigi Bisignani ha svelato in queste ore altre sozzure nella vita di mons. Viganò, tra cui l’essere abitudinario della creazione di falsi dossier per infangare i suoi nemici. Quel che non avevamo scritto lo abbiamo appreso solo da poco: Viganò, grazie al suo ruolo di nunzio apostolico negli USA, intervenne per far annullare un’indagine e per distruggere le prove di insabbiamento di abusi sessuali riguardanti il suo amico conservatore John Nienstedt, ex arcivescovo di St. Paul e Minneapolis (il quale ha confermato la copertura nel 2014).

 

LA BUGIA DI MONS. VIGANO’ : CROLLA L’ACCUSA A FRANCESCO
Prendendo sul serio il memoriale di Carlo Maria Viganò si ricava che l’accusa a Papa Francesco -come già detto- è quella di aver disatteso il presunto ordine di Benedetto XVI nei confronti del card. McCarrick ad una vita di silenzio e preghiera a causa della sua condotta immorale quando era prete. Viganò non porta prove dell’intervento del Papa emerito, dice solo: «Non mi è noto quando papa Benedetto abbia preso nei confronti di McCarrick questi provvedimenti, se nel 2009 o nel 2010, perché nel frattempo ero stato trasferito». Tuttavia accusa il Papa di aver lasciato che il prelato facesse vita pubblica, celebrasse messe, si recasse in Vaticano e consigliasse nomine. Ecco le parole di Viganò: «Era evidente che a partire dalla elezione di papa Francesco, McCarrick, ormai sciolto da ogni costrizione, si era sentito libero di viaggiare continuamente, di dare conferenze e interviste, ed era il consigliere più ascoltato in Vaticano per i rapporti con l’amministrazione Obama». Il Papa, ecco l’accusa di mons. Viganò (sottolineata in grassetto nel suo memoriale), «dica da quando ha saputo dei crimini commessi da McCarrick abusando della sua autorità con seminaristi e sacerdoti. In ogni caso, il papa lo ha saputo da me il 23 giugno 2013 ed ha continuato a coprirlo, non ha tenuto conto delle sanzioni che gli aveva imposto papa Benedetto».

Eppure Viganò sta mentendo. Ampliando l’ottimo lavoro di Michael J. O’Loughlin, abbiamo infatti scoperto che McCarrick faceva beata e tranquilla vita pubblica ben prima dell’inizio del pontificato di Francesco (marzo 2013). Il 29 marzo 2011, infatti, McCarrick ha testimoniato davanti al Senato degli Stati Uniti addirittura «a nome della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti», con l’obiettivo di «proteggere i diritti civili dei musulmani americani». Nel giugno 2011, McCarrick celebrava Messa per l’importante ordinazione di alcuni sacerdoti e nellottobre dello stesso anno ha concelebrato con l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, addirittura in Saint Patrick’s Cathedral, cioè il principale luogo di culto cattolico a New York. Nel dicembre 2011 il cardinale partecipava a Meet the press, seguitissimo programma televisivo della NBC, accettando due premi.

Il 16 gennaio 2012 McCarrick si trovava in Vaticano, ricevuto in udienza da Benedetto XVI come membro di una selezione di vescovi degli Stati Uniti e nella stessa occasione ha concelebrato la messa con il card. Wuerl e altri vescovi USA presso la tomba di San Pietro. Nell’aprile 2012, il card. McCarrick era di nuovo in Vaticano, come membro della Papal Foundation per festeggiare l’83° compleanno di Papa Benedetto. Il 28 febbraio 2013 McCarrick era addirittura presente all’incontro con Benedetto XVI nello storico giorno delle sue dimissioni: in questa foto il Papa emerito lo saluta, stringendogli le mani, come fece con tutti gli altri cardinali. Ironia della sorte, nel maggio 2013 (due mesi dopo l’elezione di Francesco) lo stesso arcivescovo Viganò ha felicemente concelebrato -senza alcun problema o protesta da parte sua- una messa proprio assieme al cardinale McCarrick, prima della annuale cena dei cardinali della Catholic University of America.

Dunque è chiaro che mons. Viganò ha platealmente mentito proprio nella sua accusa “regina” a Francesco. Il card. McCarnick, al contrario di quanto afferma l’ex nunzio nel suo memoriale, ha fatto vita pubblica fino alla fine del pontificato di Benedetto XVI, presenziando perfino in Vaticano e davanti agli occhi dello stesso Papa emerito e non iniziò solo al momento dell’elezione di Francesco.

Le soluzioni sono due:
1) Benedetto XVI non intervenne per intimare al cardinale americano una vita riservata e di preghiera e quindi Viganò è un bugiardo. Crolla l’accusa a Francesco di aver disatteso tale inesistente imposizione. Viganò mente anche quando scrive di aver ricordato a Francesco il falso intervento del Papa emerito, oppure ha mentito anche a Bergoglio (dato che non ci fu nessun intervento ratzingeriano contro McCarrick).
2) Benedetto XVI intervenne nei confronti di McCarrick ma -come da noi dimostrato- lasciò che il cardinale, accusato di vita sessuale immorale, non obbedisse all’autorità del Papa e quindi celebrasse messa, partecipasse alla vita della Chiesa statunitense e alla vita del Vaticano, addirittura nel giorno del suo compleanno. Si ridimensiona così l’accusa a Francesco, in quanto fu per primo il suo predecessore a disattendere il suo stesso ordine. Viganò resta un bugiardo perché ha sostenuto che il cardinale ha disobbedito l’imposizione a vita privata di Ratzinger solo nel momento in cui è stato eletto Francesco.

L’“operazione dimissioni” imbastita dalla resistenza tradizionalista contro Francesco rischia di diventare un boomerang. Viganò dice il falso a prescindere, in quanto il card. McCarrick fece vita pubblica per tutto il pontificato di Benedetto XVI e non iniziò solo con Francesco. Viganò potrebbe dire il vero, invece, sull’intervento di Ratzinger nei confronti del cardinale -come sostengono senza remore i sedicenti ratzingeriani-, ma allora si complica purtroppo la posizione dello stesso Benedetto XVI, il quale viene di conseguenza accusato di aver permesso al cardinale McCarrick di disobbedire al suo stesso ordine e -come già detto- frequentare liberamente l’arcidiocesi di New York e il Vaticano, con lui stesso presente. Per questo vale il commento di Massimo Faggioli: «che la frangia tradizionalista accetti il rischio di danneggiare Benedetto XVI e Giovanni Paolo II dice molto della loro disperazione».

 

AGGIORNAMENTO ORE 18:00
L’Associated Press ha svelato il nome del regista dell'”operazione Viganò”, si chiama (come già avevamo sospettato) Marco Tosatti ed è il principale haters di Papa Francesco in Italia, lo stesso che pochi mesi fa ha inventato di sana pianta che Francesco aveva creato una commissione segreta vaticana per modificare l’enciclica Humanae Vitae. Secondo la ricostruzione e le sue stesse dichiarazioni, è il giornalista Tosatti ad aver scelto i tempi e aver fatto pressioni verso l’ex nunzio poiché diffondesse il suo memoriale.

 

AGGIORNAMENTO ORE 19:00
Il sociologo cattolico Massimo Introvigne ha posto una riflessione decisiva che ci era sfuggita. La citiamo integralmente: «Di “misure segrete” di Benedetto XVI contro McCarrick nessuno ha mai saputo nulla tranne Viganò, e contro altri illustri ecclesiastici accusati di molestie Papa Ratzinger prese provvedimenti pubblici e clamorosi. Se poi gli ordini del Papa tedesco furono ignorati, sarebbe stato Viganò, come nunzio apostolico e dunque rappresentante del Pontefice a Washington, a doversi dimettere». Detto in altre parole: se mons. Viganò dice il vero riguardo a questo presunto ordine di ritiro a vita privata del Papa emerito nei confronti di McCarrick, allora è lo stesso Viganò il responsabile del fatto che McCarrick abbia disatteso quell’ordine (come abbiamo dimostrato in questo articolo) durante il pontificato di Benedetto XVI, frequentando liberamente il Vaticano. Infatti, mons. Viganò era ai tempi il nunzio apostolico negli USA, cioè colui che aveva il compito di rappresentare e far rispettare l’ordine (presunto) impartito dal Papa tedesco.

La redazione

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La maternità trasforma il cervello della donna: più empatica e comprensiva

La ricerca scientifica continua a ricordarci che gli uomini e le donne sono profondamente diversi, altro che unisex e nati in corpi sbagliati. La moderna tecnologia di imaging sta mostrando quanto grande sia questa differenza a livello neurologico. Se si sbircia nel cervello delle future mamme e in quello delle neo-mamme, infatti, si assiste a cambiamenti incredibili.

La maternità trasforma, come ha spiegato Chelsea Conaboy sul BostonGlobe, plasma le donne in «operatori sanitari feroci e protettivi», incentrati sulla «sopravvivenza del bambino e sul benessere a lungo termine». Alla radice di questa trasformazione c’è una ristrutturazione radicale del cervello, per questo l’esperto di salute mentale materna, Jodi Pawluski dell’Università di Rennes, definisce la maternità un “evento totalizzante” anche per il cervello. «È uno degli eventi biologici più significativi nella vita biologica».

Vi sono enormi cambiamenti nel volume di materia grigia nel cervello delle nuove madri, concentrati nelle regioni coinvolte nell’interazione sociale e nella “teoria della mente”, che è l’abilità di “mettersi nei panni di qualcun altro”. In altre parole, il cervello delle neo-mamme si riconfigura letteralmente a favore di empatia e comprensione. Questa incredibile trasformazione modella anche il cervello del neonato.

Gli uomini, al contrario, profondamente diversi dalle donne, non sperimentano questo rinnovamento cerebrale automatico, indotto dalla nascita. Piuttosto, la ricerca suggerisce che il cervello dei padri è modificato dal loro coinvolgimento. Più tempo passa un padre nel prendersi cura di suo figlio, «più si attiva la rete genitoriale nel suo cervello». Quindi, mentre il cervello delle madri si riconfigura automaticamente, i padri devono in qualche modo scegliere di trasformarsi in genitori attenti e protettivi.

Le neuroscienze non supportano l’idea di due sessi intercambiabili e indistinguibili, piuttosto, offrono un’immagine più chiara di due sessi complementari ma fondamentalmente diversi, progettati per svolgere ruoli unici.

La redazione

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Papa Bergoglio e i migranti: «se non si può integrare, meglio non accogliere»

Durante l’intervista sul volo di ritorno da Dublino, al Papa è stato chiesto un giudizio sulla vicenda italiana della nave Diciotti e sul tema dell’immigrazione. «Accogliere lo straniero è un principio morale», ha ribadito il Pontefice. «Ma non si tratta di accogliere “alla belle étoile”, no, ma un accogliere ragionevole». Perciò occorre parlare «della prudenza dei popoli sul numero o sulle possibilità: un popolo che può accogliere ma non ha possibilità di integrare, meglio non accolga. Lì c’è il problema della prudenza. E credo che proprio questa sia la nota dolente del dialogo oggi nell’Unione Europea».

Salta così, una volta di più, l’immagine costruita da certi media di un Pontefice immigrazionista, schierato irrazionalmente per un’accoglienza selvaggia dei migranti. Non è la posizione della Chiesa. Il Papa ha anche citato la Svezia: «La Svezia è stata un modello. Ma, in quel momento, la Svezia incominciava ad avere difficoltà: non perché non avesse buona volontà, ma perché non aveva le possibilità di integrazione», di migranti. Giudizi in continuità con quanto aveva già detto tante altre volte. Ma avvertendo anche prudenza nel volerli rimandare indietro: «Ho visto in un filmato registrato di nascosto dove si vede ciò che succede a coloro che vengono rimandati indietro e che sono ripresi dai trafficanti. È doloroso: le donne e i bambini sono venduti, ma gli uomini ricevono le torture, le più sofisticate. Prima di rimandarli indietro, si deve pensare bene, bene, bene».

La situazione della Diciotti e della poco umana condizione dei 134 migranti eritrei a bordo da giorni si è sbloccata solo grazie alla disponibilità mostrata dalla Conferenza Episcopale Italiana che garantirà l’accoglienza a un centinaio di migranti. Una ventina, invece, saranno accolti dall’Albania, con la quale la Farnesina ha stretto un accordo. E altri 20-25 dall’Irlanda. Il ministro Salvini ha ringraziato i vescovi italiani ma è finito sotto inchiesta per sequestro di persona a scopo di coazione. Il portavoce della CEI, don Maffeis, ha dichiarato: «è stata una soluzione concordata con il ministero dell’Interno per sbloccare una situazione dolorosa ed insostenibile». In una recente indagine si è dimostrato che il 60% delle diocesi italiane ha aperto le porte all’accoglienza degli immigrati, facendo seguire atti concreti agli appelli.

Il Papa, nella medesima intervista, si è mostrato abbastanza informato della situazione italiana, rispondendo: «Il cardinale Gualtiero Bassetti ha seguito la vicenda dall’Irlanda, e il sotto-segretario don Ivan Maffeis, negoziava col ministro. Non so come sia stato il negoziato, credo che i migranti saranno accolti a Rocca di Papa, nella comunità del Mondo Migliore e che saranno più di cento».

 

A proposito di interventi papali, durante l’Incontro mondiale delle Famiglie si è parlato di centralità della famiglia nella vita cristiana, di perdono, di educazione, di evangelizzazione e di preghiera quotidiana all’interno del nucleo familiare. I media cattolici hanno ben ripreso tutti gli interventi e ad essi rimandiamo. In questo contesto segnaliamo solamente quelli relativi a tematiche sensibili, come quello della vita nascente, anche in considerazione del recente referendum irlandese vinto dalla cultura abortista. «La crescita di una “cultura dello scarto” materialistica», ha affermato il Pontefice incontrando il corpo diplomatico, «ci ha di fatto resi sempre più indifferenti ai poveri e ai membri più indifesi della famiglia umana, compresi i non nati, privati dello stesso diritto alla vita». Poche ore dopo, ha ribadito: «Il mondo ci dice di essere forti e indipendenti, curandosi poco di quanti sono soli o tristi, rifiutati o ammalati, non ancora nati o moribondi». E, in una terza occasione: «Quanto è sempre difficile perdonare quelli che ci feriscono! Che sfida è sempre quella di accogliere il migrante e lo straniero! Com’è doloroso sopportare la delusione, il rifiuto, il tradimento! Quanto è scomodo proteggere i diritti dei più fragili, dei non ancora nati o dei più anziani, che sembrano disturbare il nostro senso di libertà».

Francesco ha anche sottolineato che «anche nelle ore più buie dell’Irlanda», i cittadini «hanno trovato nella fede la sorgente di quel coraggio e di quell’impegno che sono indispensabili per forgiare un avvenire di libertà e dignità, giustizia e solidarietà. Il messaggio cristiano è stato parte integrante di tale esperienza e ha dato forma al linguaggio, al pensiero e alla cultura della gente di quest’isola». Inoltre, ha chiesto che il battesimo dei bambini avvenga il prima possibile, perché «nella famiglia si ha cura di ciascuno, perché Dio nostro Padre ci ha resi tutti suoi figli nel Battesimo. Ecco perché continuo a incoraggiare i genitori a far battezzare i figli appena possibile, perché diventino parte della grande famiglia di Dio. C’è bisogno di invitare ciascuno alla festa, anche il bambino piccolo! E per questo va battezzato presto. E c’è un’altra cosa: se il bambino da piccolo è battezzato, entra nel suo cuore lo Spirito Santo. Facciamo una comparazione: un bambino senza Battesimo, perché i genitori dicono: “No, quando sarà grande”, e un bambino con il Battesimo, con lo Spirito Santo dentro: questo è più forte, perché ha la forza di Dio dentro!». Ed, infine, ha ribadito l’importanza dell’insegnare il segno di croce ai più piccoli e il suo significato: «Voi insegnate ai bambini a fare il segno della croce? Sì o no? O insegnate a fare qualcosa così, che non si capisce cosa sia? E’ molto importante che i bambini da piccolini imparino a fare bene il segno della croce: è il primo Credo che imparano, il Credo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Questa sera, prima di andare a letto, voi genitori domandatevi: insegno ai miei figli a fare bene il segno della croce? Pensateci, è cosa vostra!».

Come si è già accennato, basta seguire serenamente la vita della Chiesa attraverso gli organi ufficiali per accorgersi di quanto sia falsa l’immagine che i media dipingono addosso a Francesco. Con la nascita di VaticanNews la comunicazione vaticana è decisamente migliorata e si è modernizzata ma forse andrebbe fatto di più per inibire questo fenomeno di idealizzazione sbagliata.

 

AGGIORNAMENTO ORE 17
Essendo stata pubblicata l’intervista ufficiale e integrale al Papa sull’aereo, citiamo anche quanto il Pontefice ha detto riguardo alle accuse nei suoi confronti avanzate dall’ex nunzio Carlo Maria Viganò: «leggete voi, attentamente, il comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo. Credo che il comunicato parla da sé stesso, e voi avete la capacità giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni. E’ un atto di fiducia: quando sarà passato un po’ di tempo e voi avrete tratto le conclusioni, forse io parlerò. Ma vorrei che la vostra maturità professionale faccia questo lavoro: vi farà bene, davvero».

 

AGGIORNAMENTO ORE 21
Ci è stato segnalato che il Vaticano era pronto anche ad allestire un campo profughi nel suo territorio a Santa Maria di Galeria, pur di accogliere i migranti della Diciotti. Poi, in una riunione convocata d’urgenza venerdì nella Santa Sede si è deciso che sarebbe intervenuta la Conferenza episcopale italiana. Papa Francesco ha dato il via libera poco prima di partire per Dublino.

La redazione

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Caso McCarrick: l’oscuro mons. Viganò accusa il Papa

Scrivendo prima dei media tradizionali possiamo solo prevedere che sarà alta l’attenzione alle accuse che Carlo Maria Viganò, ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, ha scritto ieri contro Papa Francesco e decine di cardinali, legati strettamente anche a Benedetto XVI. Date, incontri e nomi di chi avrebbe coperto gli abusi del card. McCarrick e questo dà valore alle sue accuse. Ma molti indizi impongono estrema prudenza: si tratta di una persona in cerca di vendetta e riabilitazione mediatica dopo i pesanti scandali che lo hanno coinvolto alcuni anni fa, tanto che il Papa emerito decise di allontanarlo da Roma nel 2011.

Al di là della verità o meno delle accuse, è un’operazione mediatica ben studiata dalla cosiddetta resistenza cattolica al Papa. Mons. Viganò ha infatti consegnato il suo memoriale al portale canadese Lifenews, scatenato contro Francesco, e al leader della cordata italiana antipapista, Marco Tosatti, che lo hanno pubblicato avvalorando ogni parola delle sue 11 pagine di accuse. Leggendole in modo non prevenuto sono rivelazioni apparentemente attendibili in quanto -come già detto- circostanziate con date e nomi di fedelissimi di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Tuttavia, emerge lo scenario standardizzato del complottismo tradizionalista (ideologia a cui Viganò appartiene), e appare un infantile regolamento di conti verso i suoi nemici ecclesiastici, «non sopportando d’essere stato cacciato da Roma» da Benedetto XVI (come scrisse il gossipparo vaticano Sandro Magister). Il tutto condito da accuse diffamatorie e gratuite verso decine di cardinali: d’altra parte l’ex nunzio non ha più niente da perdere e la carriera ecclesiastica è ormai sfumata.

Attenzione: tutto questo non inficia le sue accuse, che andranno valutate e verificate con serietà. Tuttavia le indebolisce, così come non si può negare chi è davvero mons. Viganò, cosa che verrà tenuta nascosta nei prossimi giorni.

 

L’OSCURA BIOGRAFIA DI CARLO MARIA VIGANO’.
Di lui si iniziò a parlare nel 2011 quando alcune lettere inviate a Benedetto XVI vennero trafugate dai corvi vaticani e rese pubbliche, dando avvia a Vatileaks, poco prima del suo trasferimento dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e la nomina a nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America. Quel che passò sui quotidiani è che il trasferimento venne deciso in quanto Viganò fece emergere una dilagante corruzione dentro la Curia romana ratzingeriana. In realtà, le accuse del prelato si dimostrarono (anche qui) prive di fondamento e, come ha svelato Emiliano Fittipaldi nel libro Avarizia (già in parte reso pubblico da Panorama), la Santa Sede decise di allontanarlo in quanto era entrata in possesso di documenti su Viganò che lo coinvolgevano in appalti gonfiati e false fatturazioni. Inoltre, nel 2012 la sorella Rosanna lo denunciò accusandolo dell’appropriazione di 900 milioni di lire, derivanti dall’eredità paterna. Con questo denaro il prelato avrebbe acquistato un appartamento da 430mila franchi svizzeri, poi rivenduto. La vicenda giudiziaria si concluse con l’ammissione di Viganò, che versò 180mila franchi svizzeri al difensore della sorella. Nel 2013, oltre alla notizia del mega appartamento di 250 metri quadri a sua disposizione, entrò in scena anche il fratello di Carlo Maria, Lorenzo Viganò, il quale rivelò che suo fratello «mentì a Ratzinger quando chiese di restare a Roma perché doveva occuparsi di me malato». Così infatti mons. Viganò disse opponendosi al trasferimento (o “cacciata”) negli USA, dipingendo il fratello come un disabile, anche in considerazione dell’eredità condivisa. Papa Francesco scelse proprio il gesuita Lorenzo Viganò, fratello maggiore di Carlo Maria, come aiutante per dissipare la matassa di Vatileaks, dettaglio che certamente contribuì a inferocire Viganò.

 

TENTATIVO DI RIABILITAZIONE MEDIATICA
La vendetta va servita fredda e oggi, dopo cinque anni, ecco servito il conto. Mons. Viganò cerca chiaramente una riabilitazione mediatica confidando nel sostegno della galassia antipapista (Aldo Maria Valli ha già sostenuto l’operazione, scrivendo che Viganò «ha deciso di aprire il suo cuore», ma tacendo su chi sia davvero l’ex nunzio), colpendo tutti gli storici nemici e, sopratutto, Papa Francesco. Si dimostra informatissimo e di certo ha preparato con cura la sua entrata in scena. Ed ecco le accuse scritte ieri da Viganò, in concomitanza non casuale con la partecipazione del Pontefice all’Incontro mondiale per le famiglie, che il mondo tradizionalista aveva cercato inutilmente di far annullare.

 

LE ACCUSE DI VIGANO’ A FRANCESCO E AI FEDELISSIMI DI BENEDETTO XVI
Dal 2000, scrive Viganò, il Vaticano sarebbe stato a conoscenza delle accuse di un abuso sessuale operato dall’allora arcivescovo Theodore McCarrick, risalente a numerosi anni prima, ma creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 2001: Viganò incolpa Angelo Sodano, dicendo che Woytyla «era già molto malato». In realtà solo nel 2002 il Papa polacco iniziò a manifestare qualche problema fisico (non certo mentale). L’ex nunzio coinvolge anche tre uomini vicinissimi a Benedetto XVI (Bertone, Sandri e Filoni), dicendo di averli personalmente informati degli atti sessuali di McCarrick con diversi seminaristi (senza ricever risposta). Ed ecco il punto chiave: Viganò dichiara che il card. Giovanni Battista Re gli avrebbe confidato che Benedetto XVI, nel 2009 o nel 2010, avrebbe segretamente imposto al cardinal McCarrick di lasciare il seminario dove risiedeva, celebrare la messa in pubblico, viaggiare, partecipare a riunioni pubbliche, intimandogli una vita di preghiera e penitenza. Viganò precisa: «Non so quando Papa Benedetto ha preso queste misure contro McCarrick». Dice che comunque avvenne «con incredibile ritardo» anche se non per colpa di Benedetto XVI ma del card. Bertone.

Dal 2010 si passa al 2014, un anno dopo l’elezione di Francesco. Viganò intende dimostrare che con il nuovo pontefice, McCarrick ha liberamente trasgredito l’imposizione (presunta) di Benedetto XVI, nonostante un innumerevole numero di vescovi e cardinali sarebbe stato a conoscenza dell’intervento di Ratzinger contro McCarrick, il quale ha viaggiato, tenuto seminari e divenuto consigliere per alcune nomine dello stesso Papa Bergoglio. Sotto accusa diversi uomini legati a Benedetto XVI e Francesco: i cardinali Pietro Parolin, William Levada, Marc Ouellet, Leonardo Sandri, Giovanni Lajolo, Kevin Farrell, Dominique Mamberti, Francesco Coccopalmerio, Sean O’Malley, Fernando Filoni, Angelo Becciu, Donald Wuerl (scelto personalmente dal Papa emerito come successore di McCarrick) e i vescovi Lorenzo Baldisseri, Ilson de Gesù Montanari e Vincenzo Paglia. Quest’ultimo, scrive Viganò, «appartiene alla corrente omosessuale a favore della sovversione della dottrina cattolica sull’omosessualità. I cardinali Edwin Frederick O ‘Brien e Renato Raffaele Martino appartengono anche alla stessa corrente, anche se con una diversa ideologia». Mentre il card. Blase Cupich sarebbe «accecato dalla sua ideologia pro-gay». L’accusa dell’ex nunzio è: «Erano tutti consapevoli, in ragione del loro ufficio, delle sanzioni imposte da Papa Benedetto a McCarrick».

Si passa poi all’atto di accusa verso Francesco. Viganò rivela due incontri personali avuti con il Papa nel 2013, nei quali dice di averlo informato di un dossier dedicato a McCarrick e dell’intervento di Benedetto XVI. Senza ricevere alcuna risposta o reazione. Una ricostruzione che però si scontra con quando disse ai giornalisti lo stesso Viganò: venne visto uscire da Santa Marta «con le lacrime confessando di essere stato “ascoltato come un figlio”». Bergoglio rinunciò ad assistere al concerto di chiusura dell’Anno della Fede per restare a parlare con lui. Tuttavia oggi Viganò accusa Francesco di non averlo ascoltato e aver permesso a McCarrick di sentirsi «libero da ogni costrizione, libero di viaggiare continuamente, di tenere conferenze e interviste, di diventare regista per le nomine in Curia e negli Stati Uniti, e il più ascoltato consigliere in Vaticano per i rapporti con l’amministrazione Obama». Perciò, conclude Viganò: «Papa Francesco ha più volte chiesto trasparenza totale nella Chiesa, deve dichiarare onestamente quando ha appreso per la prima volta dei crimini commessi da McCarrick, che ha abusato della sua autorità con seminaristi e sacerdoti. In ogni caso, il Papa l’ha saputo da me il 23 giugno 2013 e ha continuato a coprirlo». Di fatto, ne ha chiesto le dimissioni.

 

Al netto di queste accuse, Viganò si è dimenticato di riferire che dall’anno 2000 non c’è mai stata un’indagine seria nei confronti di McCarrick, cosa che è avvenuta solamente durante questo pontificato. E’ stata svolta dall’arcidiocesi di New York, che ha ritenuto “credibile e motivata” l’accusa a McCarrick risalente a cinquanta anni fa, in seguito alla quale Papa Francesco lo ha sospeso dall’esercizio di qualsiasi ministero pubblico, obbligandolo ad una vita di preghiera e penitenza, «fino a quando le accuse che gli vengono rivolte siano chiarite dal regolare processo canonico».

Ribadiamo in conclusione che le accuse di Viganò -seppur siano un’operazione mediatica ben studiata e provengano da una persona poco credibile, nonché mischiate ad insulti, complottismo tradizionalista, rancore e vendetta-, sono ben circostanziate. Manca tuttavia la prova (o conferma) dell’intervento di Benedetto XVI nei confronti di McCarrik, che Viganò non è stato capace di provare né di contestualizzare temporalmente e andrebbe dimostrata. Una verifica seria è d’obbligo, così come la risposta dei diretti interessati, ma anche estrema prudenza nel considerare pregiudizialmente vero il racconto del controverso ex nunzio apostolico.

 

AGGIORNAMENTO ORE 20:30
Segnaliamo il commento del vaticanista Mediaset, Fabio Marchese Ragona, il quale ben ricostruisce la sete di vendetta dell’ex nunzio Viganò. La conclusione: «Di certo c’è, però, che se come dice Viganò, Papa Francesco è colpevole d’insabbiamento (attendiamo notizie e sviluppi), lui è colpevole allo stesso modo: monsignor Carlo Maria ha taciuto sulla faccenda per cinque lunghi anni, non ha aperto bocca fino ad oggi, ma ha atteso pazientemente che esplodesse lo scandalo negli Stati Uniti per infierire sul Pontefice, chiedendone anche le dimissioni. Non sembra essere, la sua, una testimonianza del tutto disinteressata».

La redazione

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Incontro famiglie e padre Martin, una riflessione pacata e oggettiva al suo discorso

Lasciando perdere gli affannati e disperati commenti di autoproclamatesi bussole cattoliche, proponiamo una riflessione pacata, costruttiva e oggettiva all’atteso discorso del gesuita James Martin al World Meeting of Families 2018.

 
di Carlo Martinucci
da Facebook25/08/18

 

Ho letto con attenzione l’intervento che padre James Martin, SJ ha proferito ieri a Dublino in occasione dell’Incontro mondiale delle famiglie, dal titolo “Come le parrocchie possono accogliere i cattolici LGBT”.

Prima di dire la mia, voglio fare tre premesse:
a) L’ho letto cercando di avere un profondo pregiudizio positivo, perché ritengo che avere un pregiudizio positivo sia una condizione necessaria (e non sufficiente) per capire quello che il nostro interlocutore ci dice.
b) L’ho letto perché sono anche io un “amante del cattivo gusto”, come mi ha insegnato Giovanni Lindo Ferretti durante un’intervista con Chiambretti tornata di moda di recente, per cui più nel “mio ambiente” si parla male di qualcuno, più mi viene voglia di andare a sentire da lui stesso che cos’ha da dire, saltando la voce intermedia di chi ne dice peste e corna.
c) Ho purtroppo letto solo questo intervento, dei tantissimi (mi sembra 250) previsti per l’Incontro mondiale delle famiglie, e questo mi rattrista, perché probabilmente mi sarebbe molto più utile leggere gli interventi sull’amore filiale, o sponsale, o paterno. Invece anche questa volta sono stato trascinato più dalle notizie che dalla sostanza; ma tant’è, e cerchiamo almeno di trarne qualcosa di buono.

 

Posto che leggere l’intervento per intero sarebbe meglio, mi cimento in un riassunto schematico. Qual è la struttura del discorso di padre James? Nell’introduzione mette in luce il fatto che al centro del suo discorso ci sono le “persone LGBT” e in particolare i “cattolici LGBT”. Poi elenca sei intuizioni a riguardo di queste persone: i cattolici LGBT sono cattolici, non scelgono il loro orientamento sessuale, spesso sono stati maltrattati dalla chiesa, hanno dei doni che portano alla chiesa, vogliono conoscere Dio, sono amati da Dio.

Quindi elenca dieci suggerimenti per le parrocchie: esaminare le proprie attitudini nei confronti delle persone LGBT e delle loro famiglie, ascoltarli, riconoscerli, chiedergli scusa, non ridurre gay e lesbiche alla chiamata alla castità a cui tutti i cristiani sono chiamati, includerli nei ministeri, riconoscere i loro talenti personali, invitare tutti i parrocchiani ad accoglierli, organizzare eventi per raggiungerli, sostenerli. Infine, fa un paragone tra la vicenda evangelica di Zaccheo e le persone LGBT.

Trovo che questo intervento sia molto stimolante e impegnativo, ma anche contemporaneamente ambiguo ed estremo, e con passaggi critici.
Vado per punti:
1) Il linguaggio è perfettamente appiattito al gergo contemporaneo.
Ad esempio si parla disinvoltamente di “persone LGBT”. Da un lato sicuramente è una dizione più comoda rispetto a “persone con tendenze e/o pratiche omosessuali o bisessuali, o transessuali”, e anche rispetto a “persone con attrazione per lo stesso sesso o in difficoltà rispetto al proprio sesso“. Dall’altro è problematico, perché introduce una sigla che non rende giustizia a queste persone, raggruppandole e identificandole con l’associazionismo in stile arcigay, che è ideologicamente anticristiano.

2) Padre James non parla MAI di morale, neanche alla lontana.
Non emette alcun giudizio negativo né a livello individuale (ad es. sugli atti omosessuali) né a livello sociale (ad es. sul cosiddetto “matrimonio omosessuale”). Da un lato, è positivo il fatto che non voglia neanche per sbaglio far pensare che ci sia un giudizio da parte sua nei confronti delle persone. Questa disponibilità nei confronti delle persone è encomiabile, è esplicitamente una parte importante del suo discorso (in particolare emerge nel finale) e secondo me è uno dei punti di forza da cui imparare. Inoltre è anche positivo perché la morale non è il punto di partenza e non è la fonte della felicità cristiana: il centro è il rapporto personale con Gesù, attraverso la Chiesa. Personalmente, io sono cresciuto dando alla morale forse troppa importanza. Solo recentemente sto imparando a metterla al suo posto. Per cui questo discorso (che tra l’altro è il cuore del primo intervento delle catechesi ai giovani fatte da Caffarra a Ferrara, appena ordinato Vescovo) mi è particolarmente a cuore. D’altra parte però evitare completamente la morale è problematico, perché la morale è insieme alla vita, non è a parte; perché le “regole” della morale non sono catene, ma segnali stradali, ed è vero che la strada è più importante del segnale, ma senza questi segnali ci si perde.

3) La seconda intuizione sulle persone LGBT è che «non scelgono il loro orientamento o identità di genere più di quanto non si scelga di essere mancini. Non è una scelta. E non è una dipendenza (addiction). Dunque, non è un peccato semplicemente essere LGBT».  Qui l’ambiguità sul termine LGBT emerge con evidenza. Se con “persona LGBT” ci si riferisce a quello che una persona prova, ai sentimenti che ha, alle emozioni che lo coinvolgono, certamente il discorso è corretto, ed è anche molto importante dirlo: non hai alcuna colpa per quello che senti, ad esempio non sei un peccatore se hai moti d’ira. Ma la riflessione continua: commetti un peccato se, in preda ad esempio ad un moto d’ira, compi una violenza, come ad esempio colpire al volto un’altra persona. Qual è l’entità del peccato? Dipende moltissimo dal contesto oltre che dall’atto, e dalla tua inclinazione all’ira, che può essere così forte ad esempio da renderti difficilissimo resistere dal colpire il tuo interlocutore al volto. In un certo senso sarebbe assurdo andare a guardare con il lanternino per distinguere esattamente la responsabilità personale, questo è un lavoro della tua coscienza guidata dallo Spirito Santo, o forse ancora meglio sarebbe passarci sopra, non pensarci nemmeno troppo, se puoi chiedere scusa alla persona che hai colpito e guardare alla Misericordia di Dio, di cui tutti abbiamo bisogno.

4) E qui c’è un altro passaggio ambiguo: nel primo suggerimento alle parrocchie padre James chiede di esaminare «il tuo atteggiamento nei confronti delle persone LGBT e le loro famiglie. Credi che qualcuno sia peccaminoso perché è lesbica o più incline al peccato rispetto ad una donna etero? Ritieni i genitori di un teenager gay responsabili per il suo orientamento?». La domanda è retorica, la sua tesi è che la risposta sia no. Come prima: se consideriamo “essere lesbica” come una condizione immutabile o innata, ed escludiamo dunque i comportamenti, è assolutamente vero che non c’è nessun peccato nell'”essere lesbica”. Però la dottrina, oltre che la ragione, ci insegna che l’attrazione per lo stesso sesso è una ferita, non una caratteristica neutra come essere destri o mancini (il parallelismo è suo, in un altro passaggio). Allora, a parità di tutto il resto, una persona con attrazione per lo stesso sesso purtroppo è più incline al peccato, nel senso che certi tipi di comportamenti viziosi farà più fatica a combatterli. Allo stesso modo, a parità di tutto il resto, se una persona è incline all’ira o all’avarizia farà più fatica di un’altra che è naturalmente mite o generosa. Colpa loro? Neanche per sogno! “Ha peccato lui o i suoi genitori?” è una frase che i cristiani si sono lasciati alle spalle duemila anni fa. Non si parla di distribuire colpe, si tratta di riconoscere ferite, perché la prima condizione per essere sanati da Cristo è riconoscere che abbiamo bisogno di Lui.

5) Infine, nella conclusione padre James si lascia andare ad un dualismo sul quale non mi dilungo perché è l’ultima frase, e si sa che uno cerca sempre un finale ad effetto: «Puoi stare con la folla, che mormora e con chi si oppone alla misericordia per le persone ai margini. O puoi stare con Zaccheo, e, più importante, con Gesù». Come se l’unico modo per trattare le persone che hanno queste difficoltà sia il suo. Ma appunto, è la frase che chiama l’applauso e quindi va pesata per quel che è.

 

UNA BREVE AGGIUNTA da parte della redazione UCCR.
Oltre ai punti critici e ai passaggi da valorizzare ben segnalati in questa riflessione, facciamo notare che padre Martin non si è occupato di unioni, matrimoni, adozioni e atti sessuali tra persone con tendenza omosessuale. Il suo discorso (così come il suo famoso libro) si è limitato alle persone (LGBT, come le chiama in malo modo). Rispetto all’insegnamento della Chiesa non lo ha sfidato e non ha mostrato di essere in disaccordo anzi, ne ha ben esposto la visione in un suo articolo, senza nascondere o tagliare le parti più scomode: «gli atti omosessuali non sono ordinati verso quei fini specifici e quindi sono considerati “disordinati”», ha spiegato il gesuita. «Pertanto, “in nessun caso possono essere approvati”, afferma il catechismo. Conseguentemente a ciò, l’orientamento omosessuale stesso è visto come un “disturbo oggettivo” poiché può portare a atti “disordinati”. Non ci si riferisce alla persona stessa ma all’orientamento. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma anche che i gay e le lesbiche possono e devono avvicinarsi alla “perfezione cristiana” attraverso la castità. Inutile dire che tutte queste considerazioni escludono il matrimonio omosessuale».

Proprio riguardo alla castità, padre Martin ha accennato qualcosa nel suo discorso a Dublino: «Non ridurre gay e lesbiche alla chiamata alla castità, che tutti condividiamo come cristiani. Le persone LGBT sono più delle loro vite sessuali. Ma a volte è tutto ciò di cui sentono parlare». Una frase sicuramente condivisibile, peccato che il gesuita faccia più del necessario e finisca per diventare equivoco: «Guardali nella loro totalità. E se parli di castità con le persone LGBT, fallo altrettanto con le persone etero». Ma le coppie sposate, composte da uomo e donna, sono chiamate solo ad una castità morale, intesa come l’uso appropriato della sessualità. Differenti invece le coppie formate da persone dello stesso sesso, la cui proposta da parte della Chiesa è una castità anche fisica, proprio in quanto l’atto omosessuale ferisce e avvilisce l’io violando l’ordine inscritto nella nostra natura, riflesso nella oggettiva corporeità biologica e anatomica.

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Camillo Langone, il cattolico pro-cannabis e anti-papa

Legalizzare la droga sarebbe «quel male minore teorizzato da Agostino d’Ippona e Tommaso d’Aquino». Ne è convinto Camillo Langone, giornalista de Il Foglio, che così si definisce: «sono un conservatore, un cattolico praticante, sono un uomo di destra (della destra divina, chiaro)».

E, come molti giornalisti della “destra divina”, è entrato in crisi esistenziale con il pontificato di Francesco. Langone non è ossessionato come altri, ma mensilmente pubblica la sua stoccata correttiva al Pontefice. Se ha usato Agostino e Tommaso per avvalorare la droga libera, lo stesso ha fatto per sostenere la pena di morte: «I Papi che divorziano dai Santi non finiscano con lo sposare i demoni», ha commentato.

E, oltre ai Santi, Langone fa litigare Francesco e Giovanni Paolo II: «Oggi il Santo Padre dice che “alla luce del Vangelo la pena di morte è inammissibile”. E lo fa in modo molto ufficiale, modificando il Catechismo. Possibile che nemmeno San Giovanni Paolo II, approvante proprio quel testo che la pena di morte ancora contemplava, riuscisse a vedere l’evangelico chiarore?». Innanzitutto la formula esatta è: «la consapevolezza sulla inammissibilità della pena di morte è cresciuta alla luce del Vangelo», e citandola correttamente si comprende che si riconosce un’evoluzione del giudizio della Chiesa su tale questione sviluppatasi ben prima di Francesco, a conferma dell’inutilità di citare i padri della Chiesa su quella parte di dottrina che non è dogma irriformabile.

Si pensi, in particolare, alla drastica opposizione di Papa Woityla che non solo vide “l’evangelico chiarore” dell’inammissibilità della pena capitale, ma si batté per abolirla in tutto il mondo definendola crudele e non necessaria”. Se si riprendono i suoi discorsi in merito, mai vi si legge la precisazione di un’eccezione o di una legittimità teorica. Come, d’altra parte, ha confermato il giurista Luciano Eusebi, tra i massimi esperti in ambito cattolico e collaboratore proprio del Papa polacco.

L’analisi del giornalista de Il Foglio è perciò più che lacunosa ma, d’altra parte, non ci si aspetta poi molto da uno che arriva a scrivere che «liberalizzare la cannabis non metterebbe in discussione una virgola della Sacra Scrittura». E, a proposito di crimini e pene, le “perle” di Langone non sono finite. Nel 2012 chiese di pregare per un uomo accusato di aver ucciso una prostituta nera, a tutti gli effetti giustificando il suo gesto: «Per Daniele Ughetto, che forse ha ucciso per amore una donna nigeriana, di mestiere puttana. Spero non sia stato lui, e se invece è stato lui spero gli venga comminata una pena mite perché chiaramente aveva perso la testa. Le negre sono bellissime, e dopo il tramonto anche i trans sono favolosi, e così molte altre battone, baldracche e lapdancer. Ma hai davvero voglia di svegliarti con loro, al mattino? E le porteresti a pranzo nel tuo ristorante abituale? O da tua mamma? La vergogna e il controllo sociale non hanno niente di bello però qualcosa di utile sì». Nel suo delirio non c’è una parola nei riguardi della donna uccisa. Ma guai a chi tocca la pena di morte!

La redazione

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Padre a 76 anni: «un atto d’amore». Ma non verso quel bimbo.

“Non è mai troppo tardi”. No, a 80 anni è tardi. Siamo certi che l’emozione della genitorialità sarà indimenticabile, ma con che diritto negare ai figli l’assistenza necessaria, fisica e mentale, che delle persone anziane non possono naturalmente garantire? «Ho dovuto costruirmi un futuro con genitori ormai anziani», ha raccontato ad esempio un figlio dei cosiddetti “genitori-nonni”. «Non è stato piacevole barcamenandosi tra pannoloni, medicine e colloqui di lavoro».

Il caso è quello dell’annuncio della nascita, il 16 agosto scorso, del figlio dell’antropologo Massimo Canevacci, padre all’età di 76 anni. «Mi sono commosso. Vedi questo esserino delicato, che dorme… Mi ha dato un senso del sacro, della vita che va difesa in ogni momento: un’esperienza di quello che dovrebbe essere l’umanesimo». Non lo mettiamo in dubbio, sono esperienze uniche. Ma nell’intervista non appare mai una riflessione sul futuro di questo bambino. Se non una frase raggelante: «Un bambino ha bisogno di due figure genitoriali che lo accompagnino e io vorrei essergli accanto a lungo, vivere con lui tutte le avventure. So che non sarà possibile, ma la riflessione che mi ha spinto ad accettare è che Sheila (45 anni) potrà mantenere un rapporto con lui non solo attraverso il mio ricordo, ma attraverso l’ esperienza fondamentale di un rapporto d’ amore costruito giorno per giorno».

C’è dunque la consapevolezza di aver messo al mondo, tramite tecniche d’induzione della gravidanza, un bambino quasi orfano. Tanto poi, si dice, ci penserà la madre. «E’ stato un grande atto d’amore verso la donna che amo», ha affermato Canevacci. Beh, non proprio. E tanto meno è amore quello verso questo bambino, che quando nel pieno della sua infanzia vorrà correre, essere rincorso, giocare e saltare si troverà un padre di 90 anni. La medicina deve rispettare la biologia. Sono molti gli esperti contrari alle mamme-nonne, sia per gli alti rischi che per la difficoltà nel gestire un neonato ad una certa età (notti insonni ecc.), ma lo stesso discorso vale anche per il padre, figura non meno indispensabile.

«Avete presente cosa significhi essere adolescenti con genitori ultrasessantenni, incapaci di capire i loro figli?», ha domandato ancora Paolo B., figlio di genitori non più giovanissimi, di 51 e 42 anni. «A 45 anni sono ancora vincolato all’assistenza di genitori-nonni ormai di 96 e 87 anni, con la prospettiva di dover rinunciare a farmi una famiglia per non diventare a mia volta un genitore-nonno. Sarebbe ora che la si smettesse di considerare i figli come un diritto assoluto dei genitori, ignorando il loro diritto ad avere una famiglia “normale”, e che si imparasse a rispettare i limiti dettati da Madre Natura, che evidentemente non esistono per caso».

La redazione

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“Basta arcobaleno!”. Se il compagno Rizzo ha le idee più chiare dei cattodem

I comunisti duri e puri non si spezzano e non si comprano. O meglio, non si svendono. Questo viene in mente riflettendo sulla continua critica che l’attuale segretario del Partito Comunista italiano, Marco Rizzo, sta facendo a quella che chiama la sinistra fucsia, che ha tradito il popolo, le battaglie per i lavoratori e per gli ultimi per farsi portavoce quasi esclusivamente della borghesia arcobaleno, del bullismo Lgbt e delle teorie queer, gender e fluid-sex.

«Perché cresce il fascismo?», si è domandato Rizzo. «Perché la sinistra ha strizzato l’occhio ai potenti dimenticando lavoro e diritti sociali. I leader sono Saviano, Asia Argento, Boldrini, Botteri ed il popolo ha odiato la “sinistra”. Per battere i fascisti serve la bandiera rossa, non quella arcobaleno». Lui ci crede ancora, non ha imparato nulla dagli orrori comunisti del Novecento e crede che la sinistra possa riacquistare credibilità facendola finita con gli Scalfarotto, i Saviano, le Boldrini e i Sergio Lo Giudice, da poco nominato a capo del Dipartimento Diritti civili del PD. Una medicina corretta ma la cura non saranno certo la bandiera rossa e il pugno alzato, tanto meno il leninismo verso il quale Rizzo si sente nostalgico.

E’ comunque un passo deciso che non sono ancora riusciti a fare i cattolici del Partito Democratico, sia quelli platealmente a favore della rivoluzione gay sia quelli -più coerenti con i valori che professano- contrari, ma che non trovano voce, coraggio né ascolto per farsi sentire. Si limitano a proporre piccoli, anche se utili, compromessi (si veda la bagarre sulle unioni civili). Non che i cattolici di destra a favore di muri, ruspe e porti chiusi siano meno incoerenti, ma è un altro discorso. Per lo meno sui temi etici e bioetici mostrano di aver maggior coraggio, anche se Rizzo ne prende le distanze: «A destra hanno una visione prettamente morale su questo tema. Noi abbiamo una visione basata sopratutto su un approfondimento di tipo sociale ed economico, la nostra è una visione complessiva non solo etica che critica questo modello di società. Una destra che non è molto diversa dalla sinistra nella logica del profitto. Noi del Partito Comunista siamo tutt’altra cosa».

Alle parole del segretario del Comunisti italiani è seguita la noiosa e prevedibile indignazione dei social e dei blogger lgbt. Giustamente è stato fatto notare che c’è una coerenza in quanto Rizzo avversò la legge Cirinnà, l’utero in affitto e l’acquisto di bambini da parte di Vendola e Lo Giudice. «Sei ridicolo perché con questi tweet fuori luogo non ti segue nessuno», si legge in un commento sotto al tweet di Rizzo, apprezzato (finora) da 331 follower. Il triplo, quasi, di quanti approvano mediamente gli altri suoi interventi.

Come ha scritto Renato Farina: «Saremo romantici ma a noi Rizzo non dispiace. Chiama le cose con il loro nome: comunista, rosso, preferisce i poveri ai fighetti alla Saviano. Il rosso è sempre meno ipocrita dell’arcobaleno». Un’analisi simile a quella di Rizzo venne fatta anche da uno dei fondatori del Partito Democratico, Mario Adinolfi, poi passato interamente alla battaglia per la famiglia e per la vita: «Sono stato a sinistra tutta la vita per difendere il grido dei deboli. Credo che la sinistra si debba fermare e chiedersi chi è il povero che vuole difendere. Io penso che oggi il più debole e indifeso sia il bambino. La sinistra a cui appartengo si è ridotta ad accettare a scatola chiusa quello che dicono Grillini o Luxuria all’Isola dei famosi, è deprimente. Ha preferito loro a Pasolini, Bobbio e ai grandi pensatori di sinistra».

La redazione

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