Lizzie, la malattia e i 60 pasti al giorno. Quanti medici l’avrebbero abortita?

In questi giorni sui quotidiani nazionali si sta raccontando una storia drammatica. E’ quella della 21enne texana di nome Lizzie Valasquez, che a causa della sua malattia deve mangiare in continuazione, fino a raggiungere i 60 pasti al giorno. Non ha mai pesato più di 28 chili (qui potete vedere una sua foto) poiché ha una rarissima sindome genetica chiamata «Sindrome Neonatale Progeroide» (NPS), che non le permette di trattenere la minima quantità di grasso e per lei, mangiare in continuazione, è un obbligo, l’unica strada per poter sopravvivere. Il Corriere della Sera racconta che nella prima infanzia vestiva gli abitini delle sue bambole. Ora ha un account su Twitter come la maggior parte dei giovanissimi, un fratello e una sorella amatissimi, due genitori affettuosi, tanti interessi ed è felice, nonostante le difficoltà. Probabilmente Carlo Flamigni o qualche altro sciocco laicista la avrebbero abortita alla nascita, ma lei sul suo sito Internet (guarda qui), scrive: «Dio mi ha fatto come sono per una ragione e non vorrei essere diversa. Affronto gli ostacoli sulla mia strada a testa alta e con il sorriso sulle labbra». Come sarebbe possibile altrimenti vivere con gioia e spensieratezza questa vita apparentemente impossibile, senza questo uso corretto della ragione? Come si può vivere con letizia e senza rabbia se non riconoscendo su di sè la bontà e la misteriosità di Dio?

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Gli atei comunisti di Indymedia esultano per la morte di Pietro Taricone

In questi giorni è morto Pietro Taricone, ex-concorrente del Grande Fratello. Taricone aveva contribuito a fondare il gruppo di paracadutismo sportivo di Casapound, il gruppo di giovani fascisti. Vi era diventano amico nel corso degli anni. Questo ha scatenato la rabbia di Indymedia, gruppi antifascisti e noglobal. Già da tempo abbiamo notato un legame strettissimo da Indymedia e l’associazione degli atei militanti, ideologici e fanatici UAAR. Moltissimi articoli pubblicati da questa associazione, in cui si parla di fanatismo ed integralismo ateo, fobie anticlericali, frustrazioni da minoranza reattiva ecc.. appaiono sul sito di Indymedia, in aggiunta agli insulti che i noglobal lanciano quotidianamente a Benedetto XVI e ad altri. Nel sito dell’associazione degli atei militanti furiosi vengono invece spesso citate le iniziative e gli articoli di Indymedia. Basta fare una piccola ricerca su Google ed ognuno se ne può accorgere (un piccolo esempio: guarda sito Indymedia e guarda UAAR). Non ci stupiremmo se molti militanti o amministratori uaarini partecipassero alle attività di Indymedia e viceversa. Nel giorno del funerale di Taricone, sul sito di IndymediaRoma, la notizia degli striscioni dedicati a Taricone era titolata così: «Casapound ricorda Pietro Taricone… sperando facciano tutti la stessa fine». Il Corriere della Sera riporta che nel forum «vengono registrati commenti di una violenza verbale inaudita, tali da far inorridire perfino la stragrande maggioranza dei partecipanti» Ecco qui la pagina incriminata. Qualcuno cerca di intervenire per interrompere le offese, ma guardate come lo trattano: vedi qui. Fa sorridere invece quando gli stessi fanatici e violenti noglobal hanno definito Piergiorgio Odifreddi (assieme ad Alba Parietti), un “laicista da supermercato”! (vedi Indymedia Italia)

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Ecco le 10 assurdità della sentenza contro il crocifisso

Oggi è il giorno in cui ci sarà la vera sentenza al Crocifisso. Mentre la Grande Camera sta ascoltanto le parti coinvolte nel ricorso presentato dall’Italia, appoggiata a 10 Stati membri dell’Unione Europea e da molte associazioni europee, torniamo alla assurda sentenza della Corte Europea e senza entrare in argomenti giuridici, rileviamo comunque ben 10 contraddizioni.

1) La Corte Europea, non c’entra nulla con l’Europa. La sentenza quindi è nata in una istituzione che non appartiene all’Unione Europea, ma pretende di regolamentare il comportamento di uno Stato Europeo. Lo ha detto il Commissario europeo alla Giustizia, Jacques Barrot, che, in merito alla presenza di simboli religiosi in edifici pubblici, ha dichiarato: «vige il principio di sussidiarietà, e dunque ricade interamente nelle competenze degli Stati membri. La Corte Europea per i diritti dell’uomo non è un’istituzione europea. Inoltre non vi è alcuna normativa Ue che regoli la materia e anche le norme comunitarie contro la discriminazione escludono il riferimento ai simboli religiosi attribuendone la competenza agli Stati membri» (da Informati Subito.it).

2) La signora Lautzi,, cioè colei che ha portato la questione alla Corte Europea è di origine finlandese. Ha detto che il crocifisso in Italia discrimina chi non crede, ma non si è accorta che la “sua” bandiera finlandese è formata da una discriminantissima croce cristiana su sfondo bianco (così come altre migliaia di stemmi e bandiere nazionali). Questo non traumatizza il suo bimbo-cucciolotto (qui una foto sua che sembra proprio dimostrare l’evidente traumatizzazione e una di suo padre, con alle spalle Emma Bonino)? E lei non si sente discriminata dalla bandiera del suo Paese d’origine?

3) La Lautzi è socia fondatrice ed è sponsorizzata dall’UAAR, Unione degli atei, agnostici e presunti razionalisti (in realtà sono un manipolo di miliziani infervorati capitanati da un videomaker appassionato di musica alternativa), che come abbiamo già avuto modo di dimostrare è un unità che non può di fatto esistere se non creando enormi ambiguità e contraddizioni, appunto. Ciò è rilevato anche dagli atei fanatici di MicroMega (vedi Ultimissima 5/6/10 e Ultimissima 13/6/10).

4) Arriviamo a parlare dei 7 giudici anticrocifisso della Corte Europea. Da chi è composto il moderno Sinedrio? Premettiamo a titolo informativo che i giudici guadagnano 18.426 euro netti al mese incassati in anticipo, non pagano le tasse, non hanno la pensione, ma godono di statuto diplomatico e immunità. Innanzitutto abbiamo la presidentissima, Francoise Tulkens, 67 anni, rappresentante del Belgio. La signora però non appare proprio in linea con il suo Paese, nel quale il crocifisso è tranquillamente presente in tutte le scuole, pubbliche e private che siano. Panorama rivela inoltre la particolare confusione della Tulkens: nel suo studio l’unica cosa appesa è una cartolina di una divinità thailandese, lei si dichiara cattolica ma non praticante ed è imbevuta di laicismo positivo e presunta neutralità religiosa.

5) Poi abbiamo il mitico Vladimiro Zagrebelsky, 69 anni. Un russo ateo-comunista, scelto dal governo dell’Ulivo, a rappresentare l’Italia? Si, purtroppo non è una barzelletta. Vladimiro è fratello dell’ateo-comunista Gustavo Zagrebelsky, il quale è arrivato a scrivere: “Ha senso dire che chi nega Dio vorrebbe mettersi al suo posto? Se Dio non esiste, non può essere questione di rimpiazzarlo. L’argomento della superbia sta e cade con Dio e, se Dio esiste, non vale più niente” (da Contro l’etica della verità, pag. 83). Il 26 gennaio 2010 è stato sostituito a Strasburgo con Guido Raimondi, venne eletto su proposta del “cattolico adulto” Romano Prodi e si è fatto notare subito per azioni anticristiane verso la Norvegia. Ha respinto anche il ricorso contro la sentenza della Corte d’appello di Milano, permettendo così di interrompere l’alimentazione ad Eluana Englaro.

6) Poco da dire sul giudice portoghese Ireneu Cabral Barreto, 68 anni, che è quello che almeno si è posto dei dubbi su ciò che stava facendo. D’altra parte, anche lui, rappresenta un Paese in cui il crocefisso è presente ovunque. Ma, alla fine, ha rinunciato alle sue idee e ha votato per l’unanimità. Utile e lineare un rappresentate che rinuncia ad esprimersi e a rappresentare, vero?

7) Arriviamo a Andras Sajò, ungherese. Forse nessuno gli ha mai fatto notare lo stemma ufficiale dell’Ungheria. Oltre infatti ad esporre la croce di Santo Stefano, esso è sormontato dalla corona di Santo Stefano e da una seconda croce cristiana in cima (vedere per credere). I documenti ufficiali sulla sua scrivania, firmati e controfirmati da lui, sarano quindi pieni di croci cristiane…

8 ) Siamo a Danute Jociene , 40 anni rappresentante della Lituania. Anche la Danute non si è accorta che lo stemma ufficiale della “sua” Lituania rappresenta un cavaliere che brandisce uno scudo su cui è palese la croce di Lorena che, come spiega Wikipedia, deriva dalla croce cristiana. Inoltre pare paradossale che, prima, la rappresentante scelta dal governo della Lituania approvi la sentenza contro il crocifisso e, qualche mese dopo, lo Stato della Lituania, si allei all’Italia (assieme ad altri 10 Stati) per voler ribaltare la sentenza emessa dalla sua stessa rappresentante (vedi La Stampa 2/6/10).

9) C’è anche Dragoljub Popovic, rappresentante della Serbia. Si, proprio della Serbia. Ma il signor Popovic si è accorto che nè lui, nè lo Stato che rappresenta fanno parte dell’Unione Europea? Come può un cittadino non europeo setenziare contro uno Stato Europeo appellandosi a presunte leggi di una costituzione che per primo non rispetta, non essendone geograficamente vincolato? Anche qui c’è da rimanere perplessi.

10) Finiamo con Isil Karakas. Arriva dalla Turchia, cioè è rappresentante di uno Stato che, non solo non fa parte dell’Unione Europea (vedi le stesse contraddizioni di sopra), ma quotidianamente al centro della cronaca per continue violazioni della libertà e del rispetto religioso. La Turchia non riconosce alle comunità religiose nemmeno i loro diritti ad esistere in qualità di comunità indipendenti con pieno status legale, tra cui per esempio il diritto ad avere propri luoghi di culto e una tutela giuridica. Però il suo rappresentante parla di rispetto delle credenze altrui, proibendone la discriminazione.

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Attivista ateo per i diritti umani: «il crocifisso deve restare»

«Il crocifisso nelle aule scolastiche italiane non è una tradizione che va contro i valori della laicità» A dirlo non è qualche prelato cattolico, ma il noto marxista ateo, Lenin Raghuvanshi, attivo per la difesa dei diritti umani e Presidente del Peoples’ Vigilance Committee on Human Rights (PVCHR). Raghuvanshi è stato recentemente insignito del Wiemar city council human rights award for 2010 e ad AsiaNews ha dichiarato: «L’educazione laica significa imparare anche la storia, e Gesù Cristo ha portato la pace, la riconciliazione, la non violenza e la giustizia in questo mondo. È importante che i bambini studino questa personalità storica». L’attivista ateo ha mostrato la sua preoccupazione circa il futuro della democrazia e dei diritti umani. Essi, ha dichiarato, «non esistono in un vuoto, in uno spazio valoriale neutro. Negare l’identità, la cultura e la storia di una società è una violazione della laicità e dei diritti umani». Questo è il vero ateismo, questo è il vero pensiero laico: ancora una volta dimostrate le differenza tra laicità e laicismo.

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Lega Nord compatta a favore del crocifisso: «è una battaglia laica»

La Lega Nord è il partito politico che anno dopo anno sta imponendosi sempre di più, sopratutto tra i giovani, nel panorama italiano. Nelle elezioni regionali 2010, nelle due Regioni (Piemonte e Veneto) in cui ha presentato i suoi esponenti, entrambi sono stati eletti presidenti. Rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2005, ha addirittura raddoppiato i propri consensi, ottenendo un avanzamento generalizzato in tutte le regioni del Nord e anche in quelle cosiddette “rosse”. Non è un caso che proprio le Lega sia stata il Partito politco più attivo a favore del crocifisso e più vicino alla linea Vaticana, più ancora del PDL e del PD. In un editoriale de La Padania, quotidiano ufficiale del Carroccio, vengono ribaditi questi concetti: «la difesa leghista al Crocifisso non è una barricata religiosa, ma un’azione laica e civile a tutela del patrimonio collettivo. In quel simbolo infatti si sintetizzano tutta una serie di valori che sono il minimo comun denominatore della nostra società. Un fattore unificante e aggregante condiviso da tutti credenti o meno che siano». Proprio nelle centinaia di comuni leghisti, le croci nelle scuole sono triplicate in questi mesi (cfr. Ultimissima 21/6/10). Il quotidiano infine, avanza un azzeccato paragone: «i nemici della croce non arrivano solo dal mondo arabo, ma spesso ce li ritroviamo in casa [associazione atei e agnostici]. Alleati più o meno inconsapevoli di quelli che sognano di rimepire le nostre città di minareti».

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Il comunista Cesare Salvi: «contro il crocifisso sentenza sbagliata e ideologica»

Oggi c’è l’udienza della Grande Chambre della Corte europea dei diritti sul ricorso presentato dall’Italia, e da molti stati europei, contro la sentenza di novembre scorso che ha vietato l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche. Cesare Salvi, giurista, uomo di sinistra, ex vicepresidente del Senato, ex Partito Comunista e Sinistra Arcobaleno e Docente di Diritto civile nell’Università di Perugia, intervistato da Il Sussidiario, ha però molte riserve: «Assistiamo a una tendenza della Corti europee ad esorbitare dai propri compiti. La Corte non si attiene alla garanzia delle libertà fondamentali per la quale è stata istituita, ma tende ad espandere i suoi compiti e a invadere materie che sollevano scelte di discrezionalità. Le due Corti europee tendono ad assumere una logica di tutela dei diritti individuali senza tener conto dei corrispondenti doveri. La nostra Costituzione pone la questione in termini più comprensivi e più ampi». Ma cosa succede se i diritti del manipolo di anti-teisti e anti-cristiani italiani ribelli vengono esaltati a discapito di tutti? Il giurista dice: «Se la logica è quella dell’esaltazione del diritto del singolo senza tener conto di altri diritti o valori che possono bilanciare, si rischia di oltrepassare, snaturandola, la funzione giurisdizionale. La questione che viene esaminata oggi, come può essere affrontata in ossequio ai diritti del singolo senza tener conto del principio democratico? Non si possono ignorare gli orientamenti e i valori prevalenti in un singolo paese. Queste Corti sovranazionali non tengono conto del fatto che ci sono una storia, una tradizione, dei valori e delle costituzioni nazionali che li esprimono». E’ la stessa cosa detta anche da Napolitano. Ma il crocifisso lede la libertà dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni? «Personalmente, in un paese come l’Italia ritengo di no. Dire in maniera così netta e drastica come ha fatto la Corte che l’esposizione del crocifisso, che peraltro in Italia ha un’antica tradizione storica, lede la libertà religiosa, mi pare appunto una tesi eccessiva, astratta, ideologica» Guarda caso sono le stesse definizioni utilizzate dalla CEI il 3 novembre 2009 (vedi Il Corriere della Sera 3/11/09).

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Vittorio Gassman e la sua conversione: «mi affido e mi metto nelle mani di Dio»

Oggi è l’anniversario di morte del celebre attore Vittorio Gasmann, considerato uno dei migliori attori italiani di sempre. Il grande attorei ha avuto una ventennale amicizia con i monaci di San Gregorio al Celio, grazie ai quali ha scoperto la fede negli ultimi anni di vita. Nel loro monastero sono stati effettuati i funerali. Già il Corriere della Sera del 10/11/95 riportava: «Vittorio Gassman approda a San Pietro: oggi a mezzogiorno sarà “voce recitante” di un “Te Deum” per il Giubileo e leggerà una preghiera in omaggio a Giovanni Paolo II. I giornalisti gli hanno chiesto – ancora una volta- se si e’ convertito e lui -ancora una volta-, ha spiegato: “no, non ancora”. Ma ha ammesso di essere in una fase di “ricerca”, che lo appassiona e gli da “serenita”. L’attore ha detto che “questa ricerca di Dio accompagna la vita di ogni uomo che abbia un poco di serietà”. Sono ormai due anni che si parla di una conversione dell’ attore. All’ origine di queste voci c’è la sua frequentazione del monastero di Camaldoli, dove ha lunghe conversazioni con i monaci». Oggi, dopo 15 anni da quest’articolo e a 5 anni dalla sua morte, Avvenire ha intervistato uno dei suoi amici monaci, don Innocenzo Garganolio. «Fu proprio la passione per la Bibbia a farci incontrare -racconta il religioso-. Quasi ogni sabato veniva per questi incontri e un anno lo convinsi a partecipare a una veglia pasquale, dove lesse la prima lettura sulla Creazione e impressionò tutti l’interpretazione profonda che diede». Era un uomo tormentato, con una terribile depressione e rimase affascinato ed edificato dallo stile di vita e dalla fede dei monaci. Il tema della Risurrezione era al centro della sua ricerca. Molti i periodi di ritiro all’eremo di Camaldoli. Negli ultimi anni si avvicinò alla fede. Il monaco racconta: «con la sua ultima moglie Diletta D’Andrea aveva incominciato un percorso di catechesi sul cristianesimo e sui sacramenti. Accarezzava l’idea di sposarsi in chiesa. Ci vedevamo nella sua bella casa di piazza del Popolo. Una volta mi disse: «Io ho avuto tutto dalla vita, fama, ricchezza, amori, figli, salute, e ho scoperto la grandezza di Dio solo ora. La cosa che chiedo a Dio è perché mi ha dato una vita soltanto adesso che comincio a capire». Una delle ultime telefonate che fece fu ai moanci di Camalodli. Si congedò con don Graziano dicendo: «Sai cosa ti dico? Mi affido e mi metto nelle mani di Dio». Quella notte stessa morì.

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Kakà: «vorrei che i giornalisti atei rispettassero la mia fede»

Questa sera ci sarà la partita dei Mondiali Brasile VS Cile. Uno dei giocatori più attesi è sicuramente Kaká, attualmente nel novero dei più forti al mondo e della sua Nazionale. Nei giorni scorsi ha risposto alle critiche dell’insopportabile Maradona per le sue ironie verso la Nazionale brasiliana. Il Corriere della Sera riporta che, ad una domanda del giornalista sportivo André Kfouri, figlio di un altro giornalista, Juca Kfouri, Kakà ha isposto: «Volevo approfittare della sua domanda in merito al mio recupero dall’infortunio per parlare dell’articolo scritto da suo padre sull’argomento. Da molto tempo, questo signore ha preso a criticarmi. Il suo problema nei miei confronti è la mia fede in Gesù Cristo. Ma dal momento che io lo rispetto in quanto ateo, vorrei che lui rispettasse la mia fede». Sarà possibile che un ateo moderno (o anti-teista militante), che già soffre di frustrazioni da sindrome di minoranza, possa rispettare la fede di una persona così in vista, così amata e imitata dai giovani, come il campione brasiliano? Sul sito Atletidicristo.org si può trovare cosa Kakà ha detto della sua fede cristiana. Riportiamo solo un aneddoto curioso: «Prime delle partite degli ulltimi Mondiali ci riunivamo io, Lucio ed Edmilson. Pregavamo sempre prima e dopo le partite e invitavamo anche gli altri. Denilson qualche volta è venuto alle riunioni, ma anche Junior e Roberto Carlos. L’ambiente era molto bello, pregavamo sempre e poi parlavamo e leggevamo la Bibbia. Gesù nella mia vita ha un’ importanza totale, Lui sta al primo posto!»

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Sindone, risposte a MicroMega e a Mauro Pesce

Come abbiamo già avuto modo di segnalarvi, la rivista MicroMega ha dedicato il Supplemento 4/2010 al tema «L’inganno della Sindone». Nello stesso numero, il solito e onnipresente Odifreddi (guest-star di questi tre gruppi Facebook: Piergiorgio Odifreddi: il matematico deficiente; Anch’io voglio essere querelato e/o denunciato da Odifreddi e Dio esiste, ha senso dell’Umorismo, prova ne è la nascita di Odifreddi!), dichiarava di non essere rimasto impressionato dalla sindone prodotto artificialmente dal CICAP e dall’UAAR (di cui è membro onorario), creata con l’intento di smascherare la vera Sindone (cfr. Ultimissima 31/5/10). In questi giorni, il docente di Storia della Chiesa antica e Patrologia alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna, Francesco Pieri, ha risposto su Avvenire, all’articolo di Mauro Pesce, intitolato «I Vangeli e la Sindone». Sintetizziamo ciò che ha detto sotto forma di dialogo e ringraziamo Pesce per il suo ennesimo tentativo.


Domanda. Pesce si chiede: «Mi domando perché la Chiesa cattolica italiana metta oggi così grande impegno a sostenere l’autenticità di questo pezzo di stoffa» (pag. 15).
Risposta: la Chiesa non insegna affatto l’autenticità della Sindone conservata a Torino: afferma anzi di non avere competenza al riguardo, non trattandosi di oggetto di fede, ma di studio per le scienze naturali e storiche. Si parla di «venerazione» (e non di «adorazione» come impropriamente afferma Pesce) della «nobile icona» della Sindone (la differenza è spiegata nell’articolo). Lo stesso Pesce ha scritto che nella sua esperienza cattolica, non si è «mai imbattuto in qualcuno che proponesse la Sindone come un punto di riferimento importante» (pp. 15-16). Ciò conferma che la Chiesa non fa dipendere da essa quello in cui crede e la sua stessa credibilità. Essa non ha nulla di essenziale da perdere se la Sindone si dimostrasse non autentica.

Domanda. Pesce vede nella venerazione della Sindone una radicale discontinuità col cristianesimo delle origini, religione della Parola e del culto «in Spirito e verità», che si contrapponeva al paganesimo anche per l’assenza di realtà materiali e di luoghi «sacri».
Risposta. Se per i primi due secoli non abbiamo resti e documenti sulle immagini di devozione, è storicamente innegabile il precoce localizzarsi, almeno a partire dalla fine II secolo, di un «sacro» cristiano nelle sepolture dei corpi ritenuti eminentemente «santi»: gli apostoli e i martiri. Le loro vesti, i loro oggetti furono venerati perché considerati portatori dello spirito divino, che ha nel corpo il proprio tempio (cf. 1Cor 6, 19). Immagini cristiane esistono almeno dagli inizi del III secolo. Tale sviluppo dottrinale è coerente con le origini cristiane, affondando i suoi presupposti nei testi giovannei e paolini: l’incarnazione di Dio e la divinizzazione dell’uomo in Cristo. Non siamo affatto lontani dallo spirito dei primi secoli.

Domanda. Pesce ricorre insistentemente al fatto che nessun evangelista o commentatore antico parla di recupero del lenzuolo sepolcrale di Gesù o di immagine impressa.
Risposta. Ma non di rado i reperti antichi compaiono senza altra notizia di sé che la propria stessa realtà. Il silenzio sulla Sindone delle fonti del primo millennio è una carenza che non ne rende impossibile l’esistenza, nè una datazione all’epoca proto-cristiana.

Domanda. Pesce insinua che la promozione di «forme di culto più o meno feticistiche» (sic!) rappresenti un’alternativa «alla meditazione, alla lettura della Bibbia, alla preghiera personale» (p. 17).
Risposta. Invece mai come oggi vi è stato impegno per una predicazione autenticamente biblica, testimoniato da una ricca e costante produzione di studi e strumenti, evidentemente incomparabile a quella riguardante la Sindone, oltre che dall’ampia offerta di proposte formative. Ciò grazie alle scelte del Vaticano II di promuovere il più ampio accesso alla Scrittura e persino alla teologia da parte dei fedeli, di farne il centro della catechesi, della liturgia e della institutio dei candidati ai ministeri.

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Spagna, il film più visto è quello su don Pablo Dominguez

Lo scorso 4 giugno nelle sale cinematografiche spagnolo è uscito La ultima cima, il film di Juan Manuel Cotelo. E’ un film/documentario sulla vita di un sacerdote «normale» e ha attirato così tanto gli spettatori che nella seconda settimana la casa di distribuzione ha dovuto aumentare le copie in circolazione, conquistando così il terzo posto nel box office come numero di spettatori per copia. Ancora una volta si dimostra l’apprezzamento da parte della gente per i film che parlano di sacerdoti veri e normali, e non ribelli o controcorrente. Nel film ci sono anche molte interviste spontanee realizzate nelle vie di Madrid. La gente ha risposto a: “Che cos’è un sacerdote? Quanti minuti della tua vita hai dedicato a parlare con un prete? Ti piacerebbe conoscere un buon sacerdote?”. Risultato? 7 persone su 10 apprezzano la figura dei sacerdoti. “A volte pensiamo che i contenuti dei giornali riflettano la società. Le nostre interviste spontanee nella Spagna di Zapatero dimostrano che non è vero“, ha concluso il regista spagnolo. Il film/documentario racconta, attraverso testimonianze e parole, la vita di don Pablo Domínguez, un sacerdote di Madrid morto nel 2009. Il regista, intervistato da Avvenire, ha detto che il progetto è nato dopo che 3000 persone avevano partecipato al suo funerale. Ha così intervistato diverse persone e in poco tempo ha raccolto tante storie di donne e uomini che attraverso di lui si erano avvicinati a Dio. “E’ un uomo che è arrivato al cuore della gente e che ha spinto a vivere una vita piena di senso”, dice Cotelo.

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