1000 intellettuali spagnoli scrivono a Benedetto XVI

Il 6-7 novembre prossimi Benedetto XVI si recherà in Spagna in visita apostolica. Più di mille personalità della cultura spagnola: filosofi, scienziati, accademici, scrittori, poeti, artisti, musicisti, sportivi ecc…hanno sottoscritto una lettera di benvenuto che potete trovare qui. Con la lettera si vuole «esprimere pubblicamente la nostra gratitudine per il suo esempio, per il suo Magistero straordinario e per la sua instancabile difesa della dignità umana. Il motto del suo pontificato è un forte impegno a promuovere un proficuo dialogo tra la ragione e la fede, con l’obiettivo di un’ulteriore umanizzazione della società. Un dialogo che richiede la piena tutela dell’esercizio della libertà religiosa, coerente con un concetto positivo di laicità dello Stato. Vogliamo anche ringraziare il Papa per il suo giudizio verso il relativismo. L’umanità del papa si riflette anche nel suo costante impegno sociale per incoraggiare la Chiesa, oggi come sempre, ad essere la prima ad aiutare i più bisognosi, gli emarginati della società. Verso il comportamento indegno di alcuni membri della Chiesa, Benedetto XVI ha dato esempio di umiltà, di trasparenza e il via ad un’opera di pulizia profonda nella Chiesa».

Alcuni firmatari. L’elenco dei firmatari (che potete trovare qui) è composto da personaltà legate al mondo universitario e figure ai massimi livelli della cultura spangola. Ad esempio: il Preside della Facoltà di Medicina dell’Universidad Complutense de Madrid, il Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Universidad complutense de Madrid, il Direttore generale di Autostrade, il Capo del Dipartimento di Microbiologia e il Presidente della Reale Accademia di Medicina e Chirurgia della Galizia, il Rettore dell’Università di Santiago de Compostela, il Preside della Facoltà di Medicina dell’Universidad CEU San Pablo, il Presidente della Società Spagnola di Neuroscienze (SENC), il Direttore del Dipartimento di Ginecologia e Oncologia, il Presidente della Fondazione DENAES, il Presidente dell’Associazione per l’Avanzamento della Gestione, l’ex Rettore dell’Università Abat Oliva, il Direttore della Università Abat Oliva, il Vice-Rettore dell’Università di Santiago, l’ex Sindaco di Madrid, il Presidente del Gruppo Eulen, il Direttore dell’Istituto di fermentazioni industriali, il Presidente dell’Accademia Spagnola di Gastronomia, il Direttore del dipartimento di letteratura spagnola, il Presidente del Gruppo Intereconomía, il Presidente di HazteOir, il Direttore della Scuola di Ingegneria, il Direttore dell’Istituto per le iniziative sociali, il Vicesindaco di Madrid, il Capo della clinica pediatrica dell’Ospedale di Valencia, il calciatore Emilio Butragueño, il Preside della Facoltà di Economia e Business Administration dell’Università di Navarra, il Presidente del Tribunale Superiore di Giustizia di Castilla y León, il Direttore Generale Intereconomía TV, il Direttore generale dei Centri di Educazione allo Sviluppo e altri 960 esponenti.

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Satellite Planck: un astrofisico cattolico fra i responsabili della missione

Sui quotidiani nazionali si sta parlando del Planck Surveyor, cioè la missione del programma dell’Agenzia Spaziale Europea che vuole rilevare con assoluta precisione la radiazione cosmica di fondo (i residui del Big Bang). La missione è dedicata al celebre scienziato credente, che disse: «Religione e scienza non si escludono, ma si completano e si condizionano a vicenda. E la prova è rappresentata dal fatto che proprio i più grandi scienziati di tutti i tempi erano penetrati da profonda religiosità» (Max Plank, La conoscenza del mondo fisico, Boringhieri, Torino 1993, pag. 64-65). ll satellite Planck ha infatti da poco completato il primo anno di osservazioni sulla luce cosmica a un milione e mezzo di km dalla Terra, regalandoci una prima spettacolare immagine dell’Universo profondo. La missione Planck diventerà la fonte primaria di informazioni astronomiche per testare le teorie sulla formazione dell’Universo e sulla formazione della sua attuale struttura. Lo strumento per questa rilevazione è il Low Frequency Instrument e a capo del progetto vi è Marco Bersanelli, docente di astrofisica all’Università degli studi di Milano e collaboratore fisso dell’Agenzia Spaziale Europea. L’astrofisico ha evidentemente rilasciato molte interviste sull’argomento. Quando La Sicilia del 18/6/10 gli ha chiesto se il satellite Planck stia andando a caccia del “tocco” di Dio, lui ha risposto: «Io credo che il tocco di Dio sia in ogni istante. Non è soltanto quello che è accaduto 14 miliardi di anni fa. La particella di Dio? Sono tutte le particelle. C’è molta confusione quando si attribuisce al divino soltanto certi aspetti del mondo naturale. Diversamente, ritengo che la creazione sia soprattutto questa dipendenza radicale della creatura – sia essa un fiore o l’Universo intero – dal mistero che la fa».

Posizione dell’astrofisico su Scienza e Fede. L’astrofisico ha incontrato Benedetto XVI nel 2007 (vedi questa foto) e in questi anni, quando gli è stato chiesto di esprimersi in termini esistenziali ha risposto: «La scienza e la religione non sono in contraddizione l’una con l’altra. Non c’è niente di più evidente del fatto che la vita ci è data, che tutto l’Universo non si fa da sé. È qualcosa d’altro, misterioso e nascosto che secondo la tradizione si chiama Dio» (da Tracce 12/2003). E’ spesso invitato al Meeting per l’amicizia fra i popoli, uno degli eventi culturali più importanti d’Italia. Due anni fa è intervenuto al convegno centrale dell’evento, nel quale ha affermato: «Siamo dipendenti dall’universo in tutto, più scopriamo la fattezza della natura e più ci rendiamo conto di quanto intimamente dipendiamo dal contesto cosmico e non soltanto dal contesto locale in cui noi viviamo. Ma siamo assolutamente liberi dall’universo come soggetti, non siamo determinati dagli antecedenti fisici e biologici, come un certo evoluzionismo ideologico (che è diverso dall’ipotesi scientifica dell’evoluzione biologica) vorrebbe farci credere. La visione attuale che noi abbiamo dell’Universo sembra esaltare ancora di più questo rapporto affascinante tra l’io irriducibile e il cosmo nella sua evoluzione, nella sua vastità. Questo non è un sentimento vago o un’idea fra le altre, è un’evidenza radicale. [..] La consistenza della personalità sta nella coscienza di quella Presenza da cui il mio io e tutto l’universo sorge [..] Il cristianesimo è questo invito inaspettato che ti cambia la vita, è un incontro con Uno che ti guarda e ti dice “anche i capelli del tuo capo sono contati”, oppure che dice a quella vedova a cui era morto il figlio, “donna, non piangere”. Ecco, questo è più grande dell’universo, è più grande della vita, perché è la sorgente della vita. Se il Mistero infinito è entrato nella storia, se il senso dell’universo è entrato nell’universo, allora è Lui il protagonista e noi lo diventiamo nel rapporto con Lui, seguendo Lui» (il consigliatissimo testo dell’incontro e il video, li trovate qui).

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Al via le iscrizioni alla GMG di Spagna: subito 600mila iscritti

Lo scorso giovedì mattina, con l’iscrizione di Benedetto XVI come primo partecipante, si sono aperte le iscrizioni alla Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) che si celebrerà a Madrid (Spagna) dal 16 al 21 agosto 2011. Lo ha annunciato Zenit.it L’iscrizione è uno dei pilastri dell’organizzazione e del finanziamento di questo evento e la solidarietà è un altro degli elementi fondamentali: ogni partecipante può aggiungere 10 euro o più da aggiungere al Fondo di Solidarietà, usato per chi ha meno possibilità economiche. La GMG è l’unico evento di carattere mondiale che si celebrerà in Spagna nei prossimi anni e la programmazione dell’evento è stata sviluppata da un’impresa tecnologica del Gruppo Santander: il programma presuppone la raccolta del meglio dei migliori sistemi di registrazione delle grandi multinazionali. Attualmente hanno annunciato la propria intenzione di iscriversi circa 600.000 giovani non spagnoli (praticamente pari al numero degli atei nel mondo): 120.000 italiani, 70.000 francesi, 50.000 polacchi e 25.000 nordamericani, secondo i dati presentati da sito ufficiale della GMG. Se questi numeri verranno confermati, si prevede una partecipazione record, che conferma la grande attrattiva artistica, culturale e turistica che apporta Madrid alla GMG. In Ultimissima 15/6/10 avevamo parlato della pagina di Facebook della GMG che in pochi mesi ha raggiunto 100mila amici. Quella italiana contava allora circa 17mila amici, oggi, dopo quindici giorni, ne conta 17.524 (vedi qui). Quella spagnola ne contava 48.700 e oggi arriva a 52.688 (vedi qui). Quella inglese invece è passata in pochi giorni da 17.200 a 19.470 (vedi qui)

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Università di Edimburgo: nel 2050 l’ateismo calerà al 6%

Sul sito dell’autorevolissima casa editrice accademica dell’Edinburgh University si può trovare uno degli ultimi studi pubblicati e da lei finanziati (vedi qui). Si tratta del monumentale Atlas of Global Cristhianity (atlante della cristianità globale). Il volume è composto da 340 pagine di mappe, grafici, diagrammi e commenti ed è frutto di un gruppo di ricercatori (che potete trovare qui) coordinato dal sociologo americano Todd Johnson e Kenneth Ross. L’atlante osserva che attualmente il cristianesimo è abbracciato da 2,3 miliardi di persone (33% della popolazione mondiale). Ma i sociologi, studiando i dati raccolti e le trasformazioni culturali e religiose del mondo, ha prospettato che nel 2050 i cristiani arriveranno a 3,2 miliardi, ossia il 35% e assieme ai musulmani copriranno i 2/3 della popolazione. L’altra interessante proiezione è la caduta dell’agnosticismo/ateismo, che passerà dal 9,3% attuale al 6,1%. Da queste immagini si nota che l’ateismo dal 2000 al 2010 è aumentato soltanto del 1,94% contro i 2,55% del cristianesimo e i 2,25 dell’islam. Lo studio comunque non fa altro che confermare i dati già pubblicati in precedenza che definiscono questo secolo come quello del protagonismo delle religioni, dopo la sbornia di ateismo del XX° (con tanto di inauditi crimini e dittature al suo seguito). L’imponente opera è anche pubblicata sul sito della prestigiosa Columbia University Press. Ne dà notizia anche il quotidiano Religion En Libertad e anche noi ne avevamo già parlato in Ultimissima 16/6/10.

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Scoperta lettera di Pio XII in cui chiede 200mila visti per gli ebrei

La Pave the Way Foundation (PTWF) ha intrapreso un progetto di recupero di documenti del periodo di guerra per diffondere quanti più documenti e testimonianze oculari possibili per portare alla luce la verità.

Gary Krupp, presidente della Fondazione, ha affermato a Zenit.it che «finora abbiamo oltre 40.000 pagine di documenti, video di testimoni oculari e articoli sul nostro sito www.ptwf.org per aiutare gli storici a studiare questo periodo». Molti di essi riguardano documenti vaticani di grande importanza e sopratutto l’operato di Pio XII. Lo storico e rappresentante della PTWF della Germania, Michael Hesemann, ha visitato regolarmente l’Archivio Segreto vaticano aperto di recente.

Il suo ultimo studio dei documenti originali pubblicati in precedenza rivela azioni segrete per salvare migliaia di ebrei fin dal 1938, tre settimane dopo la Notte dei Cristalli. Il Cardinale Eugenio Pacelli (Papa Pio XII) inviò infatti un telex alle Nunziature e alle Delegazioni Apostoliche e una lettera a 61 Arcivescovi nel mondo cattolico richiedendo 200.000 visti per “cattolici non ariani” tre settimane dopo la Notte dei Cristalli.

Inviò anche un’altra lettera datata 9 gennaio 1939. Evidentemente il termine “cattolici non ariani” è una copertura poiché occorreva essere sicuri che non ne venisse fato un uso sbagliato. Il Concordato del 1933 firmato con la Germania infatti, garantiva che gli ebrei convertiti sarebbero stati trattati come cristiani, e usare questa posizione legale permise a Pacelli di aiutare i “cattolici non ariani”. Una prova di questo è che Pacelli chiede che gli Arcivescovi si preoccupino di “salvaguardare il loro benessere spirituale e di difendere il loro culto religioso, i loro costumi e le loro tradizioni”. Per il professor Matteo Luigi Napolitano, docente di Storia delle Relazioni Internazionali, le istruzioni di Eugenio Pacelli nella lettera del 9 gennaio 1939 non lasciano spazio a dubbi sulle intenzioni della Santa Sede e del futuro Pontefice.

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Nuove ricerche: l’AIDS non si vince con il preservativo

Recentemente è arrivato nelle librerie un eccellente studio chiamato: “Affirming Love, Avoiding AIDS: What Africa Can Teach the West” (Affermare l’amore, evitare l’Aids: ciò che l’Africa può insegnare all’Occidente).

Gli autori sono il prof. Jokin de Irala, vicedirettore del Dipartimento di medicina della prevenzione e di salute pubblica dell’Università di Navarra, in Spagna e Matthew Hanley, ricercatore esperto di malattie infettive e dichiarano fallito il tentativo di fermare la diffusione dell’Hiv in Africa attraverso l’uso del preservativo. Ciò che è efficace è l’educazione ad una sana sessualità. Solo gli Stati Uniti hanno adottato questa strategia, chiamata “ABC”: “A” = astinenza, “B” per “essere fedele” e “C” per “uso del preservativo” . Ma la parte essenziale di questa strategia è data sopratutto dai primi due elementi: ovunque infatti vi sia stata una riduzione dei tassi di contagio di Hiv in Africa, è dovuto a cambiamenti nel comportamento sessuale e non nell’invasione del preservativo. Per quale motivo, si chiedono gli studiosi, quando si parla di tabacco, colesterolo, vita sedentaria, eccessivo consumo di alcol, le autorità considerano necessario e opportuno cambiare i relativi comportamenti, mentre ciò non avviene per le malattie associate al comportamento sessuale (a parte Benedetto XVI, chiaramente)?

Preservativo aumenta la diffusione dell’AIDS.
Alcuni intellettuali si sono scagliati contro Benedetto XVI quando ha osato portare l’attenzione verso la fedeltà di coppia e l’astinenza e meno al preservativo. Non solo aveva ragione, ma si è scoperto che addirittura l’uso del preservativo è controproducente: incoraggia infatti un numero significativo di persone ad intraprendere i rapporti sessuali multipli e questo aumenta le probabilità di infezione. Uno studio svolto dalla United States Agency for International Development, ha preso in esame le variabili associate all’incidenza dell’Hiv in Benin, Camerun, Kenya e Zambia: gli unici fattori associati a una minore incidenza dell’Hiv sono il minor numero di partner (fedeltà), un debutto sessuale meno precoce (astinenza) e la circoncisione maschile. Non rientrano, invece, tra i fattori lo status socio-economico e l’uso del preservativo. In Sudafrica ad esempio, ci si è concentrati soprattutto sulla promozione massiccia del preservativo,il quale ha portato ad un aumento della dffusione dei rapporti multipli, mantenendo i tassi di infezione a un livello di “incidenza allarmante”. Lo stesso nello Zambia, in Kenya e Malawi. Il condom può ben essere la “tecnica” più efficace nella riduzione dei rischi di infezione, ammettono gli autori, ma non è certo la misura di prevenzione più efficace. In appoggio a Benedetto XVI e ai due medici ci sono anche le donne ugandesi malate di AIDS, che dichiarano a Il Foglio: «chi pensa di salvare l’Africa con i preservativi è fuori dal mondo».

L’AIDS diminuisce dove c’è educazione sessuale: fedeltà e astinenza..
In Uganda i tassi di infezione da Hiv sono diminuiti dal 15% del 1991 al 5% del 2001. Questo grazie al grande cambiamento nei comportamenti sessuali. Anche questo Stato è invaso dai preservativi, ma al contrario degli altri qui qualcosa è cambiato: è diminuito il numero dei partner “irregolari” e ci si è dedicati alla fedeltà di coppia e all’astinenza: lo stesso in Thailandia e Haiti. Gli autori affermano che in Uganda è stato fondamentale il lavoro delle suore e dei medici cattolici. I primi presidenti della Commissione per l’Aids del Paese, peraltro, sono stati un Vescovo cattolico e uno anglicano.

La morale cristiana ha ancora una volta ragione.
Ciò che è determinante quindi è l’approccio filosofico e morale alla sessualità umana. La tradizione giudaico-cristiana ha sempre considerato la sessualità come interna al matrimonio. Secondo questa tradizione, l’adozione di confini morali e la pratica dell’autolimitazione sono necessarie per raggiungere la piena realizzazione umana. Dall’altro lato vi è la cultura laicista occidentale, che esalta la libertà assoluta nella ricerca del piacere. Ciò spiega perché questo approccio ideologico cerchi soluzioni esclusivamente tecniche alle conseguenze indesiderate dell’attività sessuale, aumentando -come si è visto- la diffusione dell’AIDS. La notizia è apparsa su Zenit.it.

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Critiche per Josè Saramago dall’Università di Lisbona

Dopo le giuste critiche arrivate da Claudio Toscani sulll’Osservatore Romano allo scrittore Josè Saramago, scomparso il 18 giugno scorso, oggi ne arrivano altrettante da casa sua, cioè dal mondo della cultura portoghese, e precisamente da Maria Do Rosario Sampaio De Sousa Leitao Lupi Bello, docente di Letteratura Moderna all’Università di Lisbona. Lo scrittore era anche stato accusato di antisemitismo (vedi qui) e aveva ricevuto altre critiche anche dal Corriere della Sera nel marzo 2007. La letterata portoghese, rispetto alle affermazioni storiche di Saramago (crociate ecc..) afferma su Il Sussidiario: «Gli avvenimenti storici vengono artificiosamente mutati per mezzo del ribaltamento totale del loro significato, in un esercizio che vuole essere creatore di quella novità che la storia “ufficiale” non è presumibilmente in grado di dare. Saramago fu un letterato e cittadino comunista sempre politicamente impegnato: la credenza, costantemente dichiarata, nel valore della “resistenza” individuale e collettiva ai fatti della Storia, in quanto modo supremo di compiere la libertà». Saramago divenne noto -anche lui- per la sua guerra personale alla Chiesa (chissà chi ha vinto…), che l’accademica definisce: «ossessione disperata e pretenziosa di sovvertire il contenuto della Bibbia e nella sua ricorrente dichiarazione di ateismo. I suoi libri evidenziano con particolare chiarezza il rifiuto a priori di accettare l’ipotesi che la realtà possa essere costituita da una dimensione non pienamente esplicabile dall’uomo. Per questo considera il suo ruolo di un narratore fondamentale per costruire l’unico luogo della possibile “redenzione” e dell’orientamento di una umanità cieca, meschina, ripugnante e disperatamente perduta». Per lo meno era realista e coerente…E rispetto al suo successo dice: «È impossibile non vedere, nel gigantesco “popolare” successo che ha incontrato la sua opera, la perizia della propaganda comunista in tutta la sua portata – alla quale, si dica per inciso, la donna con cui ha vissuto dal 1988, la giornalista spagnola Pilar del Rio, ha contribuito in modo decisivo».

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Gli Stati pro-crocifisso alla Grande Camera hanno subito l’ateismo di Stato

Quando l’ateismo alza la voce è sempre controproducente: la battaglia dell’UAAR contro il crocifisso, ne ha moltiplicato la presenza nelle scuole (cfr. Ultimissima 21/6/10) e nelle Nazioni in cui ha dominato l’ateismo di Stato si è sviluppato un abbraccio stretto al cristianesimo. Infatti, durante la recente presentazione del ricorso italiano alla Grande Camera Europea contro la sentenza della Corte che vietava l’esposizione del crocifisso, hanno partecipato, a favore del simbolo religioso, anche 10 Stati membri dell’Unione Europea. Una cosa inaudita e mai accaduta nella storia. L’avvocato Nicola Lettieri, difensore della posizione italiana, ha dichiarato ad Avvenire: «Non è un caso se la “contestazione politica” delle tesi della ricorrente [l’atea militante Soile Lautsi], e alla sentenza di novembre contro l’esposizione del crocifisso nelle scuole italiane, vengono in gran parte da Paesi che hanno duramente sofferto dell’ateismo di Stato». Ancora adesso, paesi come la Cina e la Corea del Nord stanno soffrendo terribilmente a causa dell’imposizione dell’ateismo governativo. La contraddizione della sentenza è che si voglia evocare surrettiziamente la “libertà religiosa” per negare la “libertà religiosa”, «Un gioco di prestigio che non può riuscire contro Paesi che portano ancora le ferite della persecuzione contro il culto. Ci si deve ricordare che i principi richiamati nel dibattimento sono stati introdotti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo proprio a difesa di quelle nazioni». E anche che la stessa Consulta, nella citata sentenza, specifica che la laicità tanto proclamata non è indifferenza dello Stato alle religioni.

Alcuni degli stati presenti al ricorso a favore del crocifisso sono: Armenia (inglobata dall’Unione Sovietica dal 1936 al 1991, la quale ha imposto l’ateismo di Stato), Bulgaria (ateismo governativo dal 1944 al 1989, vedi le persecuzioni e i crimini avvenuti solo in quel periodo), Lituania (inglobata nell’Unione Sovietica, che impose l’ateismo di Stato, dal 1940 al 1991), Romania (imposto l’ateismo di Stato dal 1945 al 1989, guarda i terribili crimini avvenuti proprio in quel periodo), e infine la Russia (governata e distrutta prima dall’ateo Lenin e poi da Stalin, due delle persone più schifose della storia, i quali hanno perseguitato le religioni e scristianizzato totalmente la Nazione -senza riuscirci, come si è dimostrato-, abolendo il Natale e le Chiese, e imponendo l’ateismo di Stato dal 1938 al 1990. Proprio in questo periodo sono avvenuti i più crudeli fatti che l’umanità abbia mai visto: vedi Wikipedia).

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Il 50% degli scienziati americani è religioso

Nuovo studio, attendibilissimo, sull’argomento scienza e fede. Sembra incredibile ma esiste ancora qualche sostenitore dell’inconciliabilità fra scienza e fede. Un promotore di questi argomenti è l’agguerrito Christopher Hitchens (oggi il Corriere della Sera ha annunciato che è malato di cancro).

Ma a dissuadere però i pochi superstiti rimasti è la poderosa analisi e il documentatissimo lavoro arrivato oggi nelle librerie americane di Elaine Howard Ecklund, giovane ricercatrice della texana Rice University, già insignita di premi dalla National Science Foundation e dalla Templeton Foundation. Lo studio è chiamato provocatoriamente Science vs Religion. In cosa credono realmente gli scienziati? (edito dalla prestigiosa Oxford University Press). Dimostra indubbiamente che, anche oggi, il credere e la scienza non sono agli antipodi. Anzi, è completamente e finalmente smontato il pregiudizio per cui gli scienziati moderni considerino la religione come qualcosa di inconciliabile con il proprio lavoro. La sociologa spiega ad Avvenire: «Sono molto poche le ricerche che esaminano quello che davvero gli scienziati pensano del ruolo della religione nella propria vita così come nella società in generale». Anche la Oxford University Press presenta il libro dicendo: «lo studio dimostra che quello che si crede sulla vita di fede degli scienziati d’elite è sbagliato. Il 50% è religioso e la maggioranza dei restanti sono “imprenditori spirituale”, cioè lavorano per diminuire le tensioni tra scienza e fede».

La ricerca. La sociologa ha preso come punto di riferimento gli Stati Uniti e ha contattato, con un questionario apposito, oltre 1200 scienziati a vario livello – ricercatori ai massimi livelli, docenti universitari e professori– per domandare loro qualcosa in più di come si rapportino con Dio.

Risultati. 1) Coloro che affermano di avere una religione rappresentano il 50% del campione di ricerca. 2) Gli atei o gli agnostici dichiarati arrivano solo al 30% (e pensare che la maggior parte degli intervistati si dice evoluzionista) 3) Il restante 20% si qualifica come avente un «rapporto individualizzato e non convenzionale» con Dio. 4) Solo la metà di quanti si dichiarano atei (quindi meno del 15%) pensa che religione e scienza siano «inevitabilmente in conflitto» e una minima parte è antireligioso. 5) Gli scienziati più giovani sono più religiosi di quelli con i capelli più bianchi e considerano meno antagoniste ricerca scientifica e indagine spirituale. «Non so precisamente il motivo per il quale i più giovani si dichiarano maggiormente religiosi – annota Ecklund –. Forse questo può derivare dal fatto che oggi vi è più possibilità di conversare sulla religione nelle migliori università di quanto avveniva nel passato» (confermato anche dalla Oxford University Press).

Precedenti. Il lavoro della Ecklund era stato preceduto anche da altri segnali che andavano nella stessa direzione. Nel 2008 la Columbia University Press aveva pubblicato, a firma di Philip Clayton e Jim Schaal, un testo che raccoglieva 12 interviste ad altrettanti importanti scienziati che raccontavano il loro rapporto pacifico con la fede. Practing Science, living Faith mostrava invece il duplice registro che richiama la distinzione galileiana tra fede e scienza: praticare come tecnica la seconda, vivere come una questione esistenziale la prima. E nel 2009 un ampio sondaggio americano, realizzato dall’autorevole Pew Research Center, dimostrava che al 61% degli americani la scienza non poneva conflitto con la propria fede.

Conclusioni. Insomma, l’assioma dei neo-atei, per cui fede e scienza sono irriducibili, nel Nuovo mondo proprio non ha attecchito. Ora questi simpatici infervorati che si fanno chiamare razionalisti, concentrati maggiormente nell’UAAR e devoti allo zoologo pensionato Richard Dawkins, avranno tre soluzioni: 1) Cominciare ad insultare dalla rabbia la sociologa come fanno con chiunque, relegandola ad una idiota incapace. 2) Sostenere che gli Stati Uniti non rappresentano un campione attendibile per la ricerca scientifica ma che si dovrebbe andare ad intervistare gli scienziati della Repubblica Ceca. 3) Ignorare beatamente tutto questo e continuare a pascolare sul sito dell’UAAR che, sempre attenta alla scienza, si è però ben guardata da pubblicare lo studio della Oxford University Press. Non si sa mai che perda uno dei suoi già risicati 4000 membri, faticosamente conquistati in ben 24 anni di militanza quotidiana…

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Il filosofo Esposito: «i razionalisti? Sbagliano ad usare la ragione»

Segnaliamo un bellissimo articolo su Il Sussidiario in cui il noto filosofo Costantino Esposito, professore ordinario di Storia della filosofia e Filosofia all’Università di Bari, direttore della rivista internazionale Quaestio, spiega quali siano gli errori di chi, con buon rimasuglio illuminista, pretenda definirsi “razionalista”: atei razionalisti, agnostici razionalisti, scienziati razionalisti ecc…
Un nostro amministratore, studente di filosofia, ha tentato di rendere i concetti più alla portata di tutti:

Ecco l’errore dei razionalisti:: «il soggetto che detiene e usa la ragione come una sua facoltà o un suo “potere”, le darà anche l’orientamento che egli ha già in anticipo deciso di adottare. È la volontà di chi la usa, a decidere della natura della ragione, ribaltando così tutta una lunga e gloriosa storia, secondo cui è invece la natura “oggettiva” della ragione a decidere della volontà del soggetto, aprendo di fronte ad esso tutto l’orizzonte della sua domanda di significato e tracciando la traiettoria tendenzialmente infinita della sua attesa di una risposta adeguata». Quindi anche il filosofo sembra confermare che i cosiddetti atei razionalisti non credono in Dio solo perché si rifiutano pregiudizialmente di credervi. E non certo perché l’utilizzo della loro ragione (o razionalità) li porta a questa posizione. E’ un uso scorretto dal principio.

Due conseguenze: l’uso improprio e misuratore di tutto da parte della ragione porta a:
1) «se la ragione (come facoltà umana) o la razionalità (come caratteristica dei discorsi e delle azioni degli uomini) costituiscono il dominio della misurabilità e della produttività delle decisioni pregiudiziali, esse sono condannate a lasciare fuori di sé tutto ciò che chiamiamo il “sentimentale” o l’“emozionale”, il “vitale” o il semplicemente “naturale”, ritenuti “ovviamente” irrazionali o nel migliore dei casi a-razionali, nel duplice senso che eccedono le nostre capacità di controllo culturale e non hanno un’origine e un fine diversi dal mero accadimento naturalistico».
2) E l’altra conseguenza è questa: «Questa procedura strategica decisa dal soggetto si gioca tutta nella “delimitazione” del suo campo: convinzione che esiste veramente solo ciò che riesce ad entrare negli schemi a priori della nostra mente, mentre ciò che li supera, se anche c’è, non potrà mai essere oggetto di una conoscenza o di una scelta razionale».
Insomma si ritorna sempre al solito, morto e sepolto positivismo ottocentesco, che alcune frange della società vorrebbero riabilitare: esiste solo ciò che si tocca, ciò che si misura. L’amore è pura reazione fisiologica per la continuazione della specie, l’affetto verso i genitori è puro istinto di sopravvivenza dai predatori ecc..E via con l’odio verso la grandezza dell’uomo e la sua irriducibilità.

Ecco l’uso corretto della ragione. Si domanda il filosofo: «La ragione funziona solo quando misura e pre-determina il mondo, oppure essa è all’opera anche quando scopre l’esistenza del “Mistero”?». E risponde: la ragione è l’esperienza di un rapporto, uno spazio di apertura del soggetto umano (un’apertura che ha il nome di “io”) in cui la realtà emerge come un “dato”. Prima di ogni soggettivismo e prima di ogni oggettivismo, i “due” – l’io e la realtà – non solo entrano in rapporto tra loro, ma sono essi stessi un rapporto. Da questo punto di vista ogni nostro limite, l’inevitabile delimitazione nell’uso della nostra ragione [cioè il dire, ad esempio: la fede è oltre il limite della ragione], deve essere inteso come un confine, una soglia o un luogo di apertura ad una “ragione” più grande della nostra stessa facoltà [e non un limite]. La ragione è dunque una facoltà conoscitiva e valutativa, ma insieme – e indistricabilmente – è un principio di intelligibilità ossia un senso del mondo, quasi una dimensione costitutiva del reale. Cioè, la ragione è razionale se va oltre al limite, se si apre anche a ciò che non sa misurare [l’amore, Dio, l’amicizia ecc..], non se si ferma prima. La scienza (la fisiologia, la biologia, la chimica ecc..) non può ridurre l’uomo, anzi! Come dimostra il fisico Premio Nobel Erwin Schrödinger, essa mentre progressivamente “oggettivizza” il mondo, si rivela sempre più incapace di conoscere il “soggetto” di tale oggettivazione. «E così l’io resta come un punto di fuga, senza del quale tutta la scienza non sarebbe possibile, ma che la scienza stessa non potrà mai ridurre totalmente alle sue spiegazioni».

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