ll sociologo Abruzzese: «ecco alcune novità sulla religione in Italia»

L’Italia è parte integrante dell’Europa secolarizzata (anzi, post-secolarizzata, come dicono i sociologi), unica eccezione al mondo. Salvatore Abruzzese, docente di Sociologia della religione all’Università di Trento, membro del Centre d’Etudes Interdisciplinaires des Faits Religieux di Parigi, della Société Internationale des Sociologues de la Religion e del comitato di redazione degli Archives en Sciences Sociales des Religions, ci fornisce un quadro della situazione religiosa nella nostra penisola.

Su Il Sussidiario scrive: «La nostra società è costantemente attraversata e perturbata da manifestazioni di sensibilità religiosa che, pur non ribaltando il quadro complessivo, non consentono affatto di ridurre l’universo della credenze e delle pratiche religiose ad una semplice persistenza del passato, né a confinarlo ad espressione superficiale e passeggera della cultura diffusa».

Il sociologo rivela che:

1) I luoghi religiosi (santuari, abbazie ecc): sono meta di un flusso continuo di pellegrini e di turisti. Luoghi come Padova, Assisi, Pietralcina non cessano di mobilitare quotidianamente masse consistenti di pellegrini. I “luoghi dello spirito” hanno anche il loro posto tra le guide del Touring.

2) Solennità religiose: le celebrazioni del Natale e della Pasqua raccolgono i due terzi degli italiani, mentre le ricorrenze dei Santi patroni dei singoli comuni continuano ancora, in modo spesso più solenne di quanto non avvenisse venti o trent’anni fa, a mobilitare energie e risorse, suscitando una partecipazione che è ben lontana dal diminuire. La percentuale di quanti dichiarano di frequentare regolarmente i riti religiosi supera il 30% e all’esterno di questa esiste almeno un altro 50% che dichiara di frequentare i riti con frequenze alterne.

3) Educazione religiosa: la larga maggioranza dei genitori (oltre l’80%) continua – oggi come quarant’anni fa – ad inviare i propri figli in parrocchia per la formazione religiosa di base e per la catechesi connessa alla prima comunione. E’ in aumento la percentuale di quanti dichiarano necessario celebrare con un rito religioso i principali riti di passaggio, incluso il matrimonio: tra il 1990 ed il 2000 questa sale dal 79 all’82% degli italiani.

4) Scomparsa dei non praticanti: la vera novità è costituita non dalla scomparsa dei praticanti (come ogni buona teoria della secolarizzazione sostiene), ma da quella dei non praticanti: la percentuale di quanti dichiarano di non mettere mai piede in chiesa per assistere ai riti religiosi (indipendentemente da eventi privati) è in costante diminuzione dal 1981 ad oggi: nel 2005 supera di poco il 10% del totale degli italiani, quando all’inizio degli anni ’80 si presentava ancora al 21%. Tali frequentazioni del sacro non sono senza conseguenze. Fiducia istituzionale, lavoro, vita di coppia ed educazione dei figli si rivelano profondamente influenzati dalla dimensione della pratica religiosa.

Il sociologo Abruzzese, concordando con l’intervento del Patriarca di Venezia al Meeting di Rimini, conclude: «E’ la ricerca di Dio e non la secolarizzazione a costituire la cifra della modernità contemporanea. Tutta questa serie di elementi – molti dei quali già noti, ma sempre pervicacemente ignorati – sposta completamente l’asse del problema. Non si tratta di interrogarsi sulla scomparsa della dimensione religiosa, bensì sulla sua invisibilità e la sua trasparenza rispetto alla cornice nella quale si situa. Il nodo dell’analisi è costituito non dall’assenza di Dio, bensì da un desiderio che non si trasforma automaticamente in appartenenza, non sfocia in un legame costante e significativo con la comunità dei credenti comunque intesa, ma resta situato sul piano affettivo, personale e privato. La dimensione religiosa resta un fiume carsico, pronto a sfociare solo quando qualcosa o qualcuno la sollecita, prospettando proposte concrete di esistenza, rivelando una vera e propria compagnia, capace di costituire legame sociale».

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Un agnostico anti UAAR: l’UAAR non mi rappresenta

Con questo articolo avviamo la collaborazione con un amico esistenzialmente “agnostico”, che non sentendosi assolutamente rappresentato dall’associazione UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti), ha voluto rendere pubbliche le sue condivisibilissime riflessioni. Il desiderio nostro è che inizi veramente con tutti un sano dialogo di approfondimento sulle rispettive posizioni, incentrato sul rispetto e la cooperazione per il bene comune, emarginando le sette fanatiche e tutti coloro che, indipendentemente dalla scelta di vita, hanno un’impostazione ideologica, rabbiosa ed intollerante.



di Marcello di Mammi.

“Stanco dei discorsi insulsi di certi laicisti, mi sono chiesto se fosse possibile una convivenza “pacifica” in una stessa associazione cattolica tra agnostici, atei e credenti con lo scopo di fare una disamina delle rispettive posizioni. Ho scoperto il vostro sito e mi sono iscritto. Indubbiamente la riuscita di questo dialogo, in buona misura, dipende dall’educazione, sia culturale che in senso stretto, delle persone.

In un vostro recente articolo il filosofo inglese Nathan Coombs scrive: «gli atei non possono eludere le grandi domande della vita». Io sarei ancora più generalista: “nessuno Uomo può eludere le grandi domande della vita”.
Le tesi certamente sono disparate e contraddittorie, ma discussioni pacate, non preconcette, portano sicuramente ad un arricchimento culturale. Nel passato sono stati eretti steccati da ambo le parti che tutt’oggi sopravvivono e, questa volta, più da parte dei non credenti che della Chiesa.

Un’associazione laicista ed ottusa come l’UAAR, invece di propugnare le proprie tesi, in modo onesto ed intelligente, si scaglia contro la religione e contro Dio con un linguaggio degno dei dannati del terzo girone dell’inferno dantesco (bestemmiatori e sodomiti), rivendicando, poi, diritti che sono topici delle confessioni religiose, come i contributi pubblici. Una religione atea che, a mio avviso, è il massimo dell’incoerenza intellettuale e filosofica. Ai non credenti, quelli in buona fede, non serve alcuna mediazione di strutture o di associazioni perché il loro problema esistenziale è una dialettica che si esaurisce tra il proprio Io e la propria coscienza, con una propria morale, laica quanto volete, ma, nei principi fondamentali, non troppo dissimile da quella religiosa.

Gli atei e gli agnostici, normalmente vengono genericamente accomunati come non credenti, ma la differenza è sostanziale: i primi hanno scelto di non credere i secondi, ritenendo di non avere acquisito sufficienti conoscenze, rimandano la scelta definitiva. Per i credenti e mi riferisco in particolare ai cattolici, penso che valga, al di sopra di ogni considerazione teologica e filosofica, quanto mi rispose una amica di web alla mia domanda: “Come puoi essere certa dell’esistenza di Dio?”

Mi aspettavo che mi parlasse del VT e del NT di S. Paolo, di S. Agostino, di Sant’Anselmo o di altri importanti personaggi della Chiesa che avrei potuto controbattere con altrettante tesi filosofiche o teologiche ed invece mi dette una risposta semplicissima alla quale io, vecchio agnostico di lungo corso, non ho saputo cosa replicare.
“Ho la percezione in me, Lo sento sempre nella mia anima”. La percezione in sé come faccio a negargliela? Ritenendola persona degna di fiducia ed in buonissima fede, l’unica cosa che potei dire: “beata tu che hai delle certezze”.

La mia risposta al quesito iniziale è dunque, per quel che mi riguarda, positiva e mi confortano anche le parole del Prof. Ratzinger, come preferisco chiamarlo per mettere in risalto che è, quando parla di filosofia e teologia sono “lectio magistralis”, indubbiamente un grande filosofo nella tradizione della scuola tedesca. Leggendo il discorso di Verona del 19 ottobre 2006 devo riconoscere che mi sono sentito “bacchettato” anch’io, che cattolico non sono, ed esaminando in profondità le Sue idee ed i concetti espressi, si nota un’interessante apertura verso i laici di buoni intenti. Penso di essere nel giusto, interpretando le Sue parole come un:“accogliamo tutti gli uomini di buona volontà, perché i tempi che ci aspettano, sono gravidi di pericoli.” Al di là della parte essenzialmente teologica ed ecclesiastica, la mia attenzione si è soffermata su un passaggio che riguarda le scienze e, date le mie convinzioni e formazione, non poteva essere diversamente.

Personalmente giudico interessantissimo coniugare scienze, filosofia e teologia, cioè, entrando nei dettagli, la fisica teorica, la metafisica e il teismo, nella più ampia accezione di questi termini. Ho sempre ritenuto che queste discipline che sembrano essere su rette parallele poi, come nella geometria proiettiva, s’incontrino in un punto all’infinito.

Ed ecco quanto disse il Prof. Ratzinger  in quel discorso. «La matematica come tale è una creazione della nostra intelligenza: la corrispondenza tra le sue strutture e le strutture reali dell’universo – che è il presupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, già espressamente formulato da Galileo Galilei con la celebre affermazione che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico – suscita la nostra ammirazione e pone una grande domanda. Implica infatti che l’universo stesso sia strutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura. Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi un’unica intelligenza originaria, che sia la comune fonte dell’una e dell’altra. Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore. Viene capovolta la tendenza a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libertà. Su queste basi diventa anche di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme. È questo un compito che sta davanti a noi, un’avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza. Il “progetto culturale” della Chiesa in Italia è senza dubbio, a tal fine, un’intuizione felice e un contributo assai importante».

Questa “intrinseca unità” è la “Conoscenza” a cui  spero, in un giorno più o meno lontano, di poter approdare”.

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Il direttore Scamardella: «solo la Chiesa difende il Sud e i problemi della gente»

Il Nuovo quotidiano di Puglia è un importante giornale del meridione. E’ diffuso attualmente nelle province di Lecce, Brindisi, Taranto. Il direttore, Claudio Scamardella, alla fine di un suo recente editoriale, nel quale ha denunciato l’immobilità della politica italiana rispetto alla situazione nel Sud Italia, ha dichiarato: «C’è una voce, non politica, ma autorevole e forte che può far ritrovare tutti: quella della Chiesa. Anche i non credenti, anche il più irriducibile degli atei non può non riconoscere che la voce della Chiesa è ormai tra le poche, se non l’unica, che si alza nella società italiana a denunciare le ingiustizie e a riportare l’astruso dibattito della politica italiana ai problemi veri della gente».

Il direttore continua: «Quella voce è ancora più forte e chiara quando parla di Mezzogiorno e al Mezzogiorno. E lo ha dimostrato qualche giorno fa in due occasioni. La prima: quando di fronte a quanti esultavano per le politiche dei respingimenti dei migranti, a quanti portavano la conta delle barche a vela con a bordo bambini e donne incinte fermate sulle coste del Salento, molti vescovi pugliesi hanno ricordato che si tratta di un’odissea di esseri umani e non di viaggi di piacere. E che un paese civile non può non accogliere chi chiede aiuto e chi cerca solidarietà. La seconda: quando la Conferenza episcopale italiana è tornata a ricordare che il federalismo diventa un valore se unisce, mentre si rivela un disvalore se separa; diventa, cioè, una grande opportunità se è un progetto condiviso per costruzione (dell’intera nazione) e non un processo imposto per reazione (da un territorio su un altro). Possibile che debba essere solo la Chiesa a ricordarcelo?».

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Psicologi americani: «la preghiera aiuta effettivamente a perdonare»

Anche chi crede che Dio non risponda, ora non potrà più dire che pregare non serve a nulla. Altrimenti avrà un atteggiamento cosiddetto “antiscientifico”. L’Association for Psychological Science, ha infatti pubblicato i risultati di una particolare (molto particolare) ricerca, la quale dimostra che la preghiera aiuta effettivamente a perdonare il proprio partner quando ha tradito la nostra fiducia o ci ha offeso.

Sul sito della Associazione si legge che le constatazioni iniziali sono state queste: tutti siamo colpevoli di offendere il proprio partner e 9 americani su 10 hanno dichiarato di pregare, almeno occasionalmente. Il dipartimento di Psicologia della Florida State University, guidato da Nathaniel Lambert ha voluto unire questi due fattori e si è domandato: è possibile che la preghiera aiuti a conservare il rapporto e a facilitare il perdono? Lambert ed i suoi colleghi hanno deciso di testare scientificamente questa ipotesi.

Uno degli esperimenti si è svolto così: un gruppo formato da uomini e donne ha rivolto una preghiera a Dio chiedendo un aiuto a migliorare il rapporto con il proprio partner. Contemporaneamente un altro gruppo ha semplicemente descritto i propri rispettivi partners parlando in un registratore. Gli psicologi hanno poi testato l’effetto “perdono”, identificandolo con la diminuzione dei sentimenti negativi iniziali che si verificano quando c’è una discussione o una lite. I loro risultati hanno mostrato che in coloro che hanno pregato sono effettivamente diminuiti i pensieri di vendetta verso il proprio partner e sono risultati più disposti a perdonare e andare avanti. Gli esperimenti sono proseguiti su tempi e test più prolungati che si possono leggere nell’articolo indicato.

Gli psicologici hanno cercato di spiegare questi sorprendenti risultati senza potersi esprimere evidentemente sull’intervento diretto di Dio. Essi si sono pronuciati solo sulle conseguenze:«Dopo un tradimento o un’offesa, la vittima fissa irremovibilmente l’attenzione al sé cognitivo. La preghiera invece sembra avere la capacità e la forza di spostare l’attenzione dal sé agli altri, consentendo la diminuzione dei risentimenti». Occorre allora domandarsi da Chi arrivi questa capacità, dato che alcuni la possiedono e altri invece no.

Il legame tra psicologia e fede è molto interessante. Alcuni avanzano la solita ipotesi dell’auto-convincimento (e quindi dovrebbero dichiarare che più del 70% di persone al mondo soffre di disturbi psicologici). Ma, oltre al fatto che nulla ha ancora dimostrato come un’auto-convinzione possa determinare una capacità e forza d’animo del genere, occorre capire cosa accade a chi comincia a credere o non credere improvvisamente o in breve tempo…una guarigione o un disturbo istantaneo? Inoltre occorre ricordare che tantissimi celebri psicologi e neuroscienziati (da Carl Jung in giù) sono e sono stati devoti religiosi. E’ credibile che non abbiano mai rilevato alcuna traccia di auto-convinzione nel loro comportamento? Comunque, indipendentemente da chi ha ragione o meno, resta il fatto che la ricerca scientifica e psicologica sta ormai dimostrando sempre più che, guarda caso, chi crede in Dio vive meglio ed è più felice (vedi ad esempio: Ultimissima 27/8/10). I risultati della ricerca sono apparsi anche su Science Daily.

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Università del Nebraska: nuove generazioni più religiose, ateismo si stabilizzerà

Il 25 agosto il Patriarca di Venezia, card. Angelo Scola, ha dichiarato in un incontro al Meeting di Rimini: «Dio è tornato. Pertanto oggi la domanda cruciale non è più: “Esiste Dio?”, ma piuttosto, “Come aver notizia di Dio?» (guarda video su Youtube). Ovviamente ciò ha scatenato molte isteriche reazioni delle cricche ateologhe (compresa quella che si fa chiamare “razionalista”). Proprio il giorno successivo però, il 26 agosto, tantissime riviste scientifiche online, come Science Daily, Physorg.com e Scientific American, hanno ripreso i risultati di una ricerca sociologica dell’ Università del Nebraska, la quale dimostra come la Generazione X, identificativa dei soggetti nati alla fine degli anni ’80 ed inizi anni ’90, sono significativamente molto più fedeli alla religione e che la crescita dell’ateismo è destinata a stabilizzarsi. I risultati sono stati pubblicati originalmente nell’ultimo numero di The Journal for the Scientific Study of Religion da parte del sociologo Philip Schwadel. La Gen-Xers, in confronto alla generazione precedente (chiamata Baby Boomer), ha il 40-50% di probabilità in più di aderire alla religione o rimanere religiosa. Nel tempo tutto ciò si tradurrà in una nazione più stabile in termini di religiosità.

Il sociologo ha esaminato risposte di più di 37.000 americani nati tra il 1973 e il 2006. Ha dichiarato rispetto alla non credenza: «La percentuale degli americani senza appartenenza religiosa [che non vuol dire atea…] è raddoppiata nel 1990 ed è continuata ad aumentare nel 21° secolo (16%). Ma i dati suggeriscono che questa crescita di non-appartenenti si stabilizzerà molto presto». Schwadel attribuisce l’aumento del numero di non religiosi al cosiddetto “effetto 1960”, cioè quel fenomeno di ribellione dalla religione avvenuto in quegli anni di follia. «Gli adulti di quel tempo -continua Schwadel- hanno quindi allevato i loro figli (cioè la Generazione X) in un ambiente non religioso. Tuttavia la ricerca mostra che questa generazione si sta comportando in modo diverso rispetto ai loro genitori, anche se resiste sopratutto nei soggetti più adulti della fascia esaminata, una certa inimicizia verso la religione organizzata».

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Creazione senza Dio? Gli scienziati rispondono a Stephen Hawking

Creazione senza Dio? L’astrofisico di fama mondiale (e membro della Pontificia Accademia delle Scienze), Stephen Hawking, ha cambiato idea: l’universo ora non lo ha creato Dio ma è nato grazie al nulla.

Vuoi per fare pubblicità al suo nuovo libro, vuoi per rimanere nel giro dopo il pensionamento, vuoi per creare scandalo a pochi giorni dalla visita del Santo Padre, ha aggiornato l’antica teoria della generazione spontanea, avventurandosi in una serie di contraddizioni, saltellando dalla scienza alla filosofia fino ad improvvisarsi teologo: «C’è una legge che si chiama gravità che porterebbe alla formazione continua dell’universo e che può e continuerà a crearsi da sé, dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui qualcosa esiste piuttosto che il nulla, per cui l’universo esiste, e noi stessi esistiamo». Sostiene che: 1) Dio non è necessario perché le nuove scoperte della Fisica hanno dimostrato che la creazione dell’Universo è una conseguenza inevitabile di queste leggi e che può essere stato creato dal nulla. 2) E’ molto probabile che esistano non solo altri pianeti simili alla terra ma addirittura altri Universi. Se Dio avesse voluto creare l’Universo al fine di creare il genere umano non avrebbe alcun senso aggiungere tutto il resto.


Ecco come molti suoi colleghi e non, hanno risposto all’azzardatissimo pronunciamento (la pagina sarà in continuo aggiornamento).

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Nuovo singolo di Fiorella Mannoia: è una preghiera

“Se veramente Dio esisti” è il titolo del nuovo singolo di Fiorella Mannoia, dal 27 agosto su tutte le radio. E’ stato scritto per la cantante dagli Avion Travel. La Mannoia spiega a Il Sussidiaro: «E’ una struggente preghiera che con dolcezza descrive il nostro smarrimento nell’attuale momento storico». La canzone è l’anticipazione del cd e dvd dal vivo “Il tempo e l’armonia” nei negozi a partire dal 14 settembre e qui potete trovare il testo. Rispetto alla sua fede, la famosa cantante, aveva dichiarato in un’intervista: «L’aborto è un dramma orribile, una scelta tragica. La vita è sacra e va rispettata. Dio ce l’ha data e l’uomo non ha il diritto di distruggerla. Mi reputo una persona molto religiosa, credo fermamente in Dio. Gli sono riconoscente e Lo ringrazio molto e molto spesso. Mi ha dato davvero troppe cose che a tante altre persone non ha concesso, quindi ho profonda gratitudine verso di Lui. Posso cantare solo ciò che sento» (da Mattei, Anima Mia, Piemme 1998, pag. 198).

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Science Daily: chi crede in Dio è protetto dalla depressione

Il sito web di divulgazione scientifica Science Daily, ha reso noti, qualche mese fa i risultati di una ricerca, la quale suggerisce che la fede religiosa aiuta a proteggere contro i sintomi della depressione.

Lo studio è stato pubblicato anche sul Journal of Clinical Psychology. Il test si è rivolto a 136 pazienti con diagnosi di depressione clinica, è durato 8 settimane e lo strumento utilizzato è stato il Beck Hopelessness Inventory. Si è trovato che i soggetti con forti convinzioni in un Dio personale hanno il 75% di probabilità in più di sperimentare un miglioramento dopo il trattamento medico per la depressione clinica. La dottoressa Patricia Murphy ha però precisato: «Nel nostro studio, la risposta positiva ai farmaci aveva poco a che fare con il sentimento di speranza che accompagna di solito le convinzioni spirituali. E’ invece legata specificamente alla fede in un Dio amorevole. I medici devono essere consapevoli del ruolo della religione nella vita dei loro pazienti. E’ una risorsa importante nella pianificazione delle loro cure».

Lo psicologo e direttore del Religious Experience Research Centre dell’Università di Oxford, Laurence Brown, ha avuto modo di dichiarare: «Se una persone è consapevole di Dio e questo cambia la sua vita, allora, per questa persona Dio è un’influenza reale e non immaginaria». Anche la psichiatra e direttrice medico dello Heath House Priory Hospital di Brisol, Montague Barker, ha allontanato la spiegazione “placebo”: «Non credo che la psichiatria possa dare una prova di Dio, tranne del fatto che si ha avuto una certa esperienza. E’ solo se ne scaturisce qualcosa [come ad esempio il 75% di possibilità di guarire dalla depressione] che si può dire che allora non è affatto una proiezione psicologica» (da La scienza e i miracoli, Tea 2006, pag. 119-123).

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Crolla il numero di aborti e cresce quello dei medici obiettori (80%)

Nonostante l’attivismo di Carlo Flamigni il numero delle interruzioni di gravidanza in Italia continua a calare. Ma il dato interessante è che in alcune regioni (tra cui Lazio, Veneto e Campania) la percentuale di ginecologi “contrari” supera l’80%. 7 su 10 sono infatti obiettori di coscienza. La crescita costante è certificata nella Relazione annuale sulla interruzioni volontarie di gravidanza, presentata nei giorni scorsi al Parlamento dal ministero della Salute. La Repubblica informa che nel 2005 i ginecologi obiettori erano il 58.7%, nel 2006 sono saliti al 69.2%, nel 2007 al 70.5% e nel 2008 al 71.5%. Gli anestesisti sono invece passati dal 45.7% del 2005 al 52.6% del 2008, e il personale non medico è passato dal 38.6% nel 2005 e il 43.3% nel 2008. Queste le percentuali nelle Regioni: Lazio 85.6%, Basilicata 85.2%, Campania 83.9%, Molise 82.8%, Sicilia 81.7% e Veneto 80.8%. Le regioni con il minor numero di ginecologi obiettori sono Val d’Aosta (18,2%), l’Emilia Romagna (51,6%), la Sardegna (55%) e la Toscana (59,6%). Uguale il discorso per gli anestesisti.

Se gli obiettori crescono, gli aborti continuano a diminuire. Nel 2009 sono state effettuate 116.933 interruzioni volontarie di gravidanza, con un decremento del 3.6% rispetto al dato definitivo del 2008 (121.301 casi) e un crollo del 50.2% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto (234.801 casi).

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Femminista contro ateismo moderno: troppa aggressività quindi poche donne

Sul National Times è apparso un articolo di Sarah McKenzie, scrittrice freelance e femminista. La donna se la prende con le religioni: credenti e atei. Ricorda come nella preghiera ebraica ortodossa gli uomini ringraziano Dio per non averli fatti nascere donne e come moltissime musulmane vengano quotidianamente maltrattate e umiliate. Infine cita il presunto posto di minor rilievo che le donne hanno nella Chiesa Cattolica. La scrittrice femminista passa poi alla religione atea e rivela il motivo per cui non ci siano donne atee di rilievo: il laicismo moderno è intimidatorio e aggressivo. Una donna, dice la McKenzie, «che osa essere aggressiva è spesso etichettata come arpia isterica. Non è degna di essere ascoltata e impossibile da prendere sul serio. Non mi stupisco che alle donne appaia riluttante dichiararsi atee militanti». Ma ormai il buon vecchio ateismo teorico e drammatico si è estinto e dobbiamo fare i conti con i suoi infervorati rimasugli. Per la femminista, sarebbe il caso di «promuovere un lato diverso di ateismo, che non sia rabbioso ma guardi avanti con speranza. Forse c’è spazio per un tipo di ateismo che non sia anti-religioso, ma guardi al problema di come vivere, di come trovare significato e come porre fine alla sofferenza». Infine la scrittrice ricorda anche che «molti atti di violenza contro le donne nella storia sono stati perpetrati anche da non credenti».

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