Caso Viganò e Ouellet. Le accuse a Papa Francesco dell’ex nunzio definite “false” e “blasfeme” da uno stretto collaboratore di Benedetto XVI e da un pupillo di Giovanni Paolo II, il card. Marc Ouellet. Risposte ben documentate, al contrario delle accuse di Viganò, dopo lo studio degli archivi vaticani.
E dopo il dossier Viganò, da poche ore è uscito il dossier Ouellet che, basandosi su approfondite conoscenze di documenti d’archivio, smonta le accuse e la ricostruzione dell’ex nunzio apostolico. Ma chi è Marc Ouellet? Un fedelissimo di Giovanni Paolo II e, sopratutto, di Benedetto XVI. A testimoniarlo, in tempi non sospetti, perfino il vaticanista antibergogliano Sandro Magister, che riportò come tra Ouellet e Ratzinger, «il sodalizio è di lunga data, temprato da battaglie comuni». In un secondo articolo, datato 2013, Magister definì Ouellet «un cardinale di salda matrice ratzingeriana e ricco di talenti».
Effettivamente, dopo essere stato creato cardinale nel 2003 da Giovanni Paolo II, da lui nominato prefetto della Congregazione per i vescovi, presidente della Pontificia commissione per l’America Latina, arcivescovo metropolita di Québec e primate del Canada, Ouellet partecipò al conclave che elesse l’amico Benedetto XVI (alcuni dicono che Ratzinger votò per lui, come successore di Wojtyla), di cui divenne stretto collaboratore. Pochi mesi fa Ouellet dimostrò di mantenere un rapporto riservato con il Papa emerito ancora oggi.
Come dicevamo, in una lettera aperta all’ex nunzio Viganò, il card. Ouellet ha definito il dossier «una montatura politica» priva di fondamento. Ha premesso di scrivere la sua testimonianza «in base ai miei contatti personali e ai documenti degli archivi della suddetta Congregazione, che sono attualmente oggetto di uno studio per far luce su questo triste caso», riferendosi all’incredibile carriera del prelato abusatore Theodore McCarrick, nonostante molti sapessero di lui dal lontano 2001. Ecco alcuni stralci della sua testimonianza, da noi commentati e contestualizzati.
Se l’accusa di Viganò a Papa Francesco è quella di essersi fatto influenzare da McCarrick nonostante il suo avvertimento durante un’udienza del 2013 sul controverso passato del prelato in questione, il card. Ouellet replica così:
«Francesco, il 23 giugno 2013, ha concesso a te un’udienza, come a tanti altri rappresentanti pontifici da lui allora incontrati per la prima volta in quel giorno. Immagino l’enorme quantità di informazioni verbali e scritte che egli ha dovuto raccogliere in quell’occasione su molte persone e situazioni. Dubito fortemente che McCarrick l’abbia interessato al punto che tu vorresti far credere, dal momento che era un Arcivescovo emerito di 82 anni e da sette anni senza incarico. Inoltre le istruzioni scritte, preparate per te dalla Congregazione per i Vescovi all’inizio del tuo servizio nel 2011, non dicevano alcunché di McCarrick, salvo ciò che ti dissi a voce della sua situazione di Vescovo emerito che doveva obbedire a certe condizioni e restrizioni a causa delle voci attorno al suo comportamento nel passato. Dal 30 giugno 2010, da quando sono Prefetto di questa Congregazione, io non ho mai portato in udienza presso Papa Benedetto XVI o Papa Francesco il caso McCarrick, salvo in questi ultimi giorni, dopo la sua decadenza dal Collegio dei Cardinali. È falso presentare le misure prese nei suoi confronti come “sanzioni” decretate da Papa Benedetto XVI e annullate da Papa Francesco. Dopo il riesame degli archivi, constato che non vi sono documenti a questo riguardo firmati dall’uno o dall’altro Papa, né nota di udienza del mio predecessore, il Cardinale Giovanni-Battista Re, che desse mandato dell’obbligo dell’Arcivescovo emerito McCarrick al silenzio e alla vita privata, con il rigore di pene canoniche. Il motivo è che non si disponeva allora, a differenza di oggi, di prove sufficienti della sua presunta colpevolezza. Di qui la posizione della Congregazione ispirata alla prudenza e le lettere del mio predecessore e mie che ribadivano, tramite il nunzio apostolico Pietro Sambi e poi anche tramite te, l’esortazione a uno stile di vita discreto di preghiera e penitenza per il suo stesso bene e per quello della Chiesa. Il suo caso sarebbe stato oggetto di nuove misure disciplinari se la Nunziatura a Washington o qualunque altra fonte, ci avesse fornito delle informazioni recenti e decisive sul suo comportamento».
Marc Ouellet, dunque, al contrario di quanto scritto dall’ex nunzio, svela che da parte di Viganò non c’è mai stata alcuna comunicazione scritta sul card. McCarrick. E, anzi, studiando gli archivi vaticani, afferma che non esiste alcun archivio o dossier su questo prelato. Per questo, aggiunge Ouellet, «la tua attuale posizione mi appare incomprensibile ed estremamente riprovevole, non solo a motivo della confusione che semina nel popolo di Dio, ma perché le tue accuse pubbliche ledono gravemente la fama dei Successori degli Apostoli».
Il cardinale canadese sospetta anche che lo stesso mons. Viganò sia stato fatto oggetto di indebite pressioni, pur senza nominare i vaticanisti Aldo Maria Valli e Marco Tosatti, che molti dicono essere i veri ghostwriter di Viganò:
«Ti dico francamente che accusare Papa Francesco di aver coperto con piena cognizione di causa questo presunto predatore sessuale e di essere quindi complice della corruzione che dilaga nella Chiesa, al punto di ritenerlo indegno di continuare la sua riforma come primo pastore della Chiesa, mi risulta incredibile ed inverosimile da tutti i punti di vista. Non arrivo a comprendere come tu abbia potuto lasciarti convincere di questa accusa mostruosa che non sta in piedi. Francesco non ha avuto alcunché a vedere con le promozioni di McCarrick a New York, Metuchen, Newark e Washington. Lo ha destituito dalla sua dignità di Cardinale quando si è resa evidente un’accusa credibile di abuso sui minori».
L’ex nunzio Viganò, nel suo dossier, scrive che Francesco «non ha tenuto conto delle sanzioni a McCarrick che gli aveva imposto papa Benedetto e ne ha fatto il suo fidato consigliere». Per il card. Ouellet è un’accusa aberrante:
«Non ho mai sentito Papa Francesco fare allusione a questo sedicente gran consigliere del suo pontificato per le nomine in America, benché Egli non nasconda la fiducia che accorda ad alcuni prelati. Intuisco che questi non siano nelle tue preferenze, né in quelle degli amici che sostengono la tua interpretazione dei fatti. Trovo tuttavia aberrante che tu approfitti dello scandalo clamoroso degli abusi sessuali negli Stati Uniti per infliggere all’autorità morale del tuo Superiore, il Sommo Pontefice, un colpo inaudito e immeritato. Ciò non può venire dallo Spirito di Dio. Ho il privilegio di incontrare a lungo Papa Francesco ogni settimana, per trattare le nomine dei Vescovi e i problemi che investono il loro governo. So molto bene come egli tratti le persone e i problemi: con molta carità, misericordia, attenzione e serietà, come tu stesso hai sperimentato. Leggere come concludi il tuo ultimo messaggio, apparentemente molto spirituale, prendendoti gioco e gettando un dubbio sulla sua fede, mi è sembrato davvero troppo sarcastico, persino blasfemo!».
Blasfemia. Un pesantissimo giudizio sull’azione di mons. Viganò, che coincide con le ripetute richieste di Francesco di pregare per l’unità della Chiesa, che il Diavolo vorrebbe compromettere. L’ultima risale a oggi, durante l’Angelus.
In un altro importante passaggio, il card. Ouellet chiede la conversione e il pentimento al confratello Viganò per la sua rivolta e per aver insinuato il dubbio malevolo e trascinato lontano dalla Chiesa centinaia di fedeli:
«Caro confratello, vorrei davvero aiutarti a ritrovare la comunione con colui che è il garante visibile della comunione della Chiesa Cattolica; capisco come delle amarezze e delle delusioni abbiano segnato la tua strada nel servizio alla Santa Sede, ma tu non puoi concludere così la tua vita sacerdotale, in una ribellione aperta e scandalosa, che infligge una ferita molto dolorosa alla Sposa di Cristo, che tu pretendi di servire meglio, aggravando la divisione e lo sconcerto nel popolo di Dio! Cosa posso rispondere alla tua domanda se non dirti: esci dalla tua clandestinità, pentiti della tua rivolta e torna a migliori sentimenti nei confronti del Santo Padre, invece di inasprire l’ostilità contro di lui. Come puoi celebrare la Santa Eucaristia e pronunciare il suo nome nel canone della Messa? Come puoi pregare il santo Rosario, San Michele Arcangelo e la Madre di Dio, condannando colui che Lei protegge e accompagna tutti i giorni nel suo pesante e coraggioso ministero?»
Il cardinale ratzingeriano mette a nudo la complicata e confusa situazione spirituale dei tanti piccoli Viganò che in questi anni hanno fatto della guerra al Successore di Pietro la loro battaglia quotidiana. Cattolici che creano scandalo innanzitutto in loro stessi, imbarazzati durante l’Eucarestia. Alcuni, per uscire da tale scisma interiore, hanno aderito a sette alternative, come quella di Alessandro Minutella.
La conclusione del card. Ouellet è che il dossier Viganò è una montatura politica priva di un reale fondamento.
«In risposta al tuo attacco ingiusto e ingiustificato nei fatti, caro Viganò, concludo dunque che l’accusa è una montatura politica priva di un reale fondamento che possa incriminare il Papa, e ribadisco che essa ferisce profondamente la comunione della Chiesa. Piaccia a Dio che questa ingiustizia sia rapidamente riparata e che Papa Francesco continui ad essere riconosciuto per ciò che è: un pastore insigne, un padre compassionevole e fermo, un carisma profetico per la Chiesa e per il mondo. Che Egli continui con gioia e piena fiducia la sua riforma missionaria, confortato dalla preghiera del popolo di Dio e dalla solidarietà rinnovata di tutta la Chiesa assieme a Maria, Regina del Santo Rosario».
Siamo dunque di fronte ad una (prima?) testimonianza di fondamentale importanza che contribuisce a smontare le falsità dell’ex nunzio Viganò, già emerse nei primi giorni dopo la pubblicazione del suo dossier. Per questo le sue parole stanno giustamente facendo il giro del mondo. Non solo Ouellet è stato collaboratore dello stesso Carlo Maria Viganò quando quest’ultimo era nunzio apostolico a Washington, ma parla per conoscenza di causa e a nome di documenti di archivio, quelli che mons. Viganò non ha mai voluto citare. E’ un cardinale ritenuto di “stampo conservatore” (ci scusiamo con lui per questa etichetta politica che riteniamo errata e riduttiva), un amico personale di Benedetto XVI e un fedele servitore della Chiesa.
Così come lo è il segretario personale di Benedetto XVI, Georg Gänswein, immediatamente intervenuto per smentire la falsità di Timothy Busch, avvocato e amico dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, quando diffuse la notizia che Ratzinger aveva confermato il dossier, e come lo è l’ex portavoce del Papa emerito, padre Federico Lombardi, che smentì la falsa ricostruzione di Viganò sull’incontro tra il Papa e Kim Davis, avvenuta durante il viaggio pastorale negli Stati Uniti.
Poche ore fa Michele Brambilla, l’editorialista del quotidiano conservatore italiano, Il Giornale, ancora non era a conoscenza della lettera del card. Ouellet. Eppure ha scritto un giudizio chiaro che condividiamo: «Monsignor Viganò non fa altro che ripetere, ad ogni inizio delle sue invettive, che parla “per il bene della Chiesa”, che segue il “dovere di battezzato”, e tutte queste premesse hanno il marchio evidente di excusatio non petita. Se si ricordasse davvero di essere un battezzato, monsignor Viganò non chiederebbe le dimissioni del Papa, perché saprebbe che il Papa è il Vicario di Cristo. Chiedere le dimissioni di un Papa perché non avrebbe punito abbastanza un cardinale (peraltro da lui rimosso) è un’assurdità che si commenta da sola. La verità palese, evidente, è che queste pubbliche polemiche sono fatte per il male, non per il bene della Chiesa».
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