Un altro ex gay fa “coming out”: «l’omosessualità non è genetica, ne sono uscito»

Un altro ex gay ha trovato il coraggio di fare “coming out”, si chiama Guillermo Márquez ed è messicano.

Ha raccontato la sua conversione e la sua uscita dal mondo omosessuale: «Dio mi ha guidato, anche attraverso i consigli dei sacerdoti che ho consultato consultato. Una vita sessuale attiva con una persona del mio stesso sesso non mi ha potuto portare la felicità. A poco a poco mi sono reso conto che più tempo passavo senza fare sesso, e più mi sentivo meglio, ero felice, ero una persona stabile. Così ho cominciato ad essere attento e sono stato attratto dalla vita di castità. È stato un percorso lungo, a volte difficile, ma di certo emotivo e spirituale».

Questo percorso -racconta Márquez su FxF– gli ha permesso di trovare finalmente quello che stava cercando rifugiandosi nelle braccia di altri uomini. Ricordando il suo passato, ha affermato: «la Chiesa cattolica non mi ha mai respinto, né abbandonato. L’omosessualità non è genetica e non si nasce omosessuali. Non ci sono i gay o gli omosessuali, ci sono uomini e donne che hanno attrazione verso lo stesso sesso. Conosco entrambi i mondi, quello omosessuale e quello eterosessuale, e so che nel cosiddetto “stile di vita gay” nessuno può essere felice».

Definisce il mondo omosessuale come pieno di «insicurezza, paura, insoddisfazione, rabbia, vuoto profondo e in molti casi, riempito con la promiscuità, la dipendenza dal sesso, la pornografia, la droga, l’alcol e l’infinita ricerca di amore attraverso relazioni distruttive e co-dipendenti».

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Intervista a John Glenn, primo americano in orbita nello spazio

Oggi la comunità scientifica ricorda il cinquantesimo anniversario del primo uomo in volo nello spazio e cioè il russo Jurij Gagarin, il quale compì un’intera orbita ellittica attorno alla Terra il 12 aprile 1961.

Il primo americano ad essere inviato in orbita fu invece John Herschel Glenn, che nel 1962 a bordo della navetta Friendship 7 compì tre orbite intorno alla Terra. Riportiamo alcune parti di un’intervista che gli fece Oriana Fallaci nel 1965, pubblicata in O. Fallaci, “Se il sole muore, Rizzoli“, Milano 1981, pp. 136-145 e ripresa integralmente dal sito web DISF-Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede.

Fallaci: «Perfino quando si fa la barba lei agisce come se dovesse dare il buon esempio a un boyscout».
Glenn: «Non esageriamo. Sono cosciente, questo sì, della responsabilità che viene dall’esser famosi. Non è una responsabilità? Pensi ai giovani che mi credono davvero un eroe, ai bambini, ai boyscouts. Che penserebbero se mi comportassi male, se facessi cose sbagliate? Io mi interesso molto dei giovani, dei boyscouts per esempio. […] E poi mi dedico molto ai gruppi religiosi..»

Fallaci: «Lei è molto religioso, lo so».
Glenn: «Si, molto».

Fallaci: «Mi son sempre chiesta se gli astronauti lo fossero».
Glenn: «Perché non dovrebbero esserlo?»

Fallaci: «Già. E lei, colonnello, lo era anche prima di andar nello spazio?»
Glenn: «Sì, certo. Davvero non credo d’esser diventato più religioso dopo aver volato fuori dell’atmosfera. Però… sì… forse… decisamente ora sono, più religioso. Devo spiegarmi. Certo non mi aspettavo di trovar Dio nello spazio o di aver qualche particolare esperienza religiosa perché ero nel vuoto; la fede in Dio è quella che è ovunque si vada: sulla Terra, sott’acqua, nello spazio. Tuttavia più cose vedo nei voli spaziali, più studio ed imparo, più mi convinco che la nostra religione è probabilmente valida. In altre parole non credo che imparando di più diventiamo capaci di sostituirci a Dio. Al contrario. Le cose che studiamo sono così incomprensibili e vaste, così misteriose, aggiungono tali problemi all’ignoranza e al mistero, che mi portano a concludere questo: deve pur esserci una forma di creazione del cosmo, un ordine».

Fallaci: «Per molti altri, colonnello, è diverso. Per molti altri i voli spaziali pongono domande terribili alla religione in cui siamo nati. Per molti altri essi sono un invito al dubbio, alla perdita della fede».
Glenn: «Cos’è che invita al dubbio? Sentiamo».

Fallaci: «Via, colonnello: pensi a quel che afferma la Genesi. Parlo da un punto di vista teologico, s’intende».
Glenn: «Cosa dice la Genesi? Avanti, voglio interrogarla io per un poco. In cosa porta al dubbio, la Genesi?»

Fallaci: «Nella Genesi è detto: E Dio creò la Terra in sette giorni… E al settimo giorno creò l’uomo, e lo creò a Sua immagine e somiglianza…»
Glenn: «Ah! Ah, bene. Credevo che alludesse ad altre cose. Sul fatto di aver visto Dio nello spazio o cose del genere».

Fallaci: «Non ho mai immaginato Dio con la barba e il vestito bianco, colonnello. Fuorché quand’ero bambina».
Glenn: «Bene. Che la Bibbia sia attendibile o no, parola per parola, non ha niente a che fare con la scoperta di altri pianeti. Costituisce semmai un antico conflitto tra scienza e religione, non tra i voli spaziali e la religione. O mi sbaglio?»

Fallaci: «Scusi, sa, colonnello: ma secondo me sbaglia, eccome. La scienza in generale non ci ha mai dimostrato che su altri pianeti esista la vita: ma i voli spaziali lo possono, eccome. E il giorno in cui lei incontra su un altro pianeta creature che non so immaginare, chiamiamoli “esseri-non-sappiamo-come”, in qual modo si spiega la Genesi, signor colonnello?»
Glenn: «La Bibbia non nega la vita su altri mondi. Le direi anzi che sarei molto sorpreso di non trovare su altri pianeti ciò che lei chiama “esseri-non-sappiamo-come”. Li troveremo. Se in forma di esseri o vermi non so immaginarlo sebbene sia certo che un giorno, tra milioni e milioni di corpi celesti, ritroveremo anche l’uomo. Ma so immaginare creature diverse, che non si sviluppano col nostro ciclo di acqua e carbone, creature che si nutrono di rocce, ad esempio, che non hanno né sangue, né tessuti, né organi: e la Bibbia non nega questo. Non nega che Dio abbia creato anche loro a Sua Immagine e Somiglianza. Non nega la possibilità di amarli da veri cristiani».

Fallaci: «Dica colonnello: lei ha conosciuto Titov in America. Ha parlato a lungo con lui, l’ha invitato a mangiare a casa sua. Cosa ne pensa di Titov?»
Glenn: «Da uomo a uomo, mi ci son trovato molto a mio agio. Ho smesso di trovarmi a mio agio quando lui s’è messo a fare la propaganda comunista. Le nostre idee in politica non hanno molto in comune. E poi di Titov mi dette fastidio la frase: “Non ho visto Dio tra le stelle, né gli angeli” [frase erroneamente attribuita successivamente a Gagarin, nda] . La ripeté anche a me ed io gli dissi che il Dio nel quale credo non va a spasso per le stelle come un mostro volante».

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Ricercatori spagnoli: la scienza è nata nel medioevo cristiano

Perché la scienza moderna si è sviluppata solo nell’Occidente cristiano e non in Cina, India, Grecia o l’Islam? Guiomar Ruiz, docente di física e matematica applicata presso la Escuela de Ingeniería Aeronáutica al Politecnico di Madrid è una delle curatrice della mostra esposta nella Sala Convegni della Casa de Campo di Madid, la quale prendendo spunto dal libro del fisico inglese Peter Hodgson sull’origine cristiana della scienza (cfr. Euresis 2005), documenta la tesi secondo cui il metodo scientifico moderno non è nato nel XVI secolo con Galileo (devoto cattolico, prima e dopo la scomunica), ma nel medioevo cristiano, con un boom di creatività e tecnica teorica a partire dai secoli XII e XIII.

La scienziata spiega a La Razon che è non è affatto casuale questo feeling tra scienza e cristianesimo, anche perché «la Genesi dice che il mondo è buono e quindi vale la pena conoscerlo. Non è un mondo assurdo e caotico: è comprensibile, è fatto per essere studiato. Nella Genesi Dio ordinò all’uomo di dominare il mondo, rendendolo conoscibile alla mente. Come disse Aristotele, il nostro non era l’unico mondo possibile, ma è stato qualcosa che Dio ha creato liberamente. La sua stessa struttura incoraggia la scienza sperimentale. La concezione del tempo giudaico-cristiana è lineare e non ciclica come in Oriente: è quindi possibile fare dei progressi, migliorare. I medioevali volevano cambiare il mondo». Le Università e le scuole del XII° secolo, nate in ambito religioso, erano veri e propri laboratori di idee, dove tutto veniva discusso.

La Ruiz cita i grandi scienziati di allora, il vescovo Nicola d’Oresme e Roberto Grossatesta, Giordano Nemorario e Giovanni Buridano. Loro sono i veri invetori del metodo scientifico. Non regge lo slogan della religione contro la sicenza: «è contrastato dai fatti», afferma la ricercatrice spagnola. Invitiamo ad approfondire l’origine della scienza alla pagina: “L’origine della scienza è nel cristianesimo”.

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Gli atei di Madrid annunciano: «bruceremo le chiese e castigheremo i cattolici!»

In un programma radiofonico andato in onda il 24 marzo, il portavoce degli atei di Madrid, “Ateos en Lucha”, che è anche uno degli organizzatori della processione atea organizzata proprio nel giorno del Giovedì Santo (cfr. Il Sussidiario 1/4/11), ha riconosciuto che ciò che vogliono è «esclusivamente castigare la coscienza cattolica. Il nostro scopo è quello di fare del male e danneggiare l’ideologia di queste persone».

La processione, organizzata dalla Asociación Madrileña de Ateos y Librepensadores (cioè l’UAAR spagnola), si svolgerà per le strade di Madrid. Su YBarcelona si legge che durante un programma su Radio Ela, radio di ultra-sinistra, il rappresentante ha poi ricordato l’incendio appiccato alla Escuelas Pías, un istituto religioso spagnolo: «Questa chiesa è stata bruciata nella città di Madrid durante la rivolta contro la Repubblica. Per noi è un riferimento imprescindibile».  Nel seguito della trasmissione il portavoce della processione ha riconosciuto che ad animarla ci sara «inevitabilmente e logicamente una componente di reato e di offesa verso la religione cattolica, perché è inseparabile dalla stessa organizzazione» e parte integrante dei loro obiettivi. Infine hanno minacciato di accogliere “come si merita” Benedetto XVI durante la sua visita prevista per l’estate prossima. Su Outono.net è stato pubblicato l’audio della trasmissione radiofonica.

Il quotidiano La Razon si informa anche che «i movimenti cristianofobici hanno intensificato il loro appello verso il rogo delle chiese spagnole e alcune femministe hanno aderito con entusiasmo». Compare tutto un excursus di violenze e gesti di odio organizzati e perpetrati dalle femministe e dalle associazioni di atei spagnoli, come ad esempio quello avvenuto il 22 e 23 marzo, quando un gruppo di donne ha dato fuoco alla porta della chiesa Sant Vicenç de Sarrià a Madrid. Il quotidiano ricorda quanto queste femministe non sapevano: la chiesa è proprio dedicata al beato Pere Tarrés, un sacerdote che ha speso la sua vita per aiutare le donne, sia con l’Azione Cattolica femminile che come cappellano dell’Hospital de la Magdalena, dove ha soccorso prostitute e donne povere in generale.

Il presidente della piattaforma civica HazteOir, Ignacio Arsuaga, ha comunque annunciato che le dichiarazioni di questi invasatei spagnoli sono già diventate oggetto di studio da parte dei servizi giuridici poiché è ravvisabile la costituzione di un reato.

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Ora anche la pedofilia diventa “variante naturale della sessualità”

In Canada alcuni parlamentari hanno proposto di modificare le leggi contro la pedofilia ed esperti di psicologia hanno sostenuto che essa è una “variante naturale della sessualità” paragonabile all’omosessualità.

E’ accaduto il 14 febbraio scorso e gli esperti in questione sono il dottor Vernon Quinsey, professore emerito di psicologia presso la Queen’s University e il dottor Hubert Van Gijseghem, ex professore di psicologia presso l’Università di Montreal. Da qualche anno esistono orientamenti sessuali che sono definiti “perversioni” (come il feticismo, la zoofilia, la coprofilia, la necrofilia…) e orientamenti sessuali che sono “varianti naturali della sessualità umana”. Quando un orientamento sessuale passa dalla prima alla seconda categoria, spiega Roberto Marchesini su Libertà e Persona deve essere immediatamente accettato con tutte le sue conseguenze. Infatti il dottor Van Gijseghem ha aggiunto che non è possibile modificare questo orientamento e il solo tentativo è una pazzia, come il tentativo di cambiare qualunque altro orientamento sessuale. Il parallelismo con l’omosessualità è evidente per tutta l’udienza e infatti uno dei parlamentari, l’onorevole Lemay, commenta: «Ricordo un periodo, non troppo tempo fa, quando l’omosessualità era considerata una malattia. È ormai accettato, la società ha accettato, e anche se alcuni si rifiutano di riconoscerlo, è accettato». Lo psicologo conferma: «Certamente la pedofilia va paragonata all’omosessualità o all’eterosessualità. Come questi due orientamenti, anche i pedofili non cambiano il loro orientamento sessuale» (cfr. LifeNews 28/2/11).

In altre parole, è solo questione di tempo: prima o poi la società sarà pronta (abbastanza matura? Libera da moralismi di tipo religioso?) ad accettare anche la pedofilia come “variante naturale della sessualità umana”. In realtà, si legge su Greeley Gazete, nel luglio del 2010 la Harvard Health Publications ha dichiarato ufficialmente che «la pedofilia è un orientamento sessuale e difficilmente cambierà». E’ riportato anche il pensiero di Milton Diamond, docente dell’Università delle Hawaii, direttore del Centro del Pacifico di “Sesso e Società” e sostenitore dell’accesso degli omosessuali al servizio militare, il quale ha dichiarato che «la pedopornografia potrebbe essere vantaggiosa per la società, perché i pedofili potrebbero usarla come sostituto al sesso con i bambini». Linda Harvey ha invece dichiarato che «gruppi di sostenitori dei diritti dei gay stanno tentando di aprire la sessualità ai bambini in giovane età. Ci sono anche centri di comunità gay in Ohio che accettano bambini di 10 o 11 senza il consenso dei genitori».

Del resto, -continua Marchesini- gli argomenti usati per convincere l’opinione pubblica che l’omosessualità sia una “variante naturale della sessualità umana” valgono anche per la pedofilia: la pedofilia era diffusa in società molto diverse e lontane dall’attuale (antica Grecia), “quindi” è naturale. Il dottor Kinsey, nei suoi rapporti (“Il comportamento sessuale della donna”, Bompiani, Milano 1956, pp. 159-160), spiega che non c’è nulla di strano in rapporti sessuali tra bambini ed adulti, a parte l’allarmismo ingiustificato da parte di genitori, assistenti sociali e poliziotti che traumatizzano, loro si, non i pedofili, i bambini. Ha continuato lo psicologo durante l’audizione: «La verità è che i pedofili hanno una preferenza esclusiva per i bambini, ed è come avere un orientamento sessuale».

Nel 1994 anche la pedofilia egosintonica (come l’omosessualità egosintonica nel 1980) è stata tolta dal DSM, il manuale diagnostico dell’American Psychiatric Association. Salvo, poi, essere nuovamente inserita nella successiva edizione a causa delle proteste da parte delle associazioni di genitori. Come ha detto l’onorevole Lemay, la società non è ancora pronta.

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L’ateo Hitchens apprezza la Bibbia e il suo ruolo nella storia

Uno dei guru della religione atea internazionale, lo scrittore Christopher Hitchens, ha recentemente reso omaggio alla Bibbia di Re Giacomo (versione anglicana), riconoscendone e apprezzandone il contributo che ha dato alla letteratura inglese.

«Anche se sono a volte restio ad ammetterlo, c’è davvero qualcosa “senza tempo” nella Bibbia», ha dichiarato Hitchens nel suo commento su Vanity Fair. «Per generazioni ha fornito un patrimonio comune di riferimenti e allusioni, paragonabile solo a Shakespeare. E’ risuonata nella mente e nei ricordi delle persone alfabetizzate, così come di coloro che l’hanno impararta solo ascoltando».

L’autore di “Dio non è grande” è da tempo malato di cancro e recentemente ha dichiarato di avere pochi mesi di vita, nonostante il prezioso aiuto che sta ricevendo dal suo amico Francis Collins, genetista a capo del National Hearing Care e devoto cristiano (cfr. The Christian Post 28/3/11).

Hitchens ha anche citato un passo del libro del Nuovo Testamento, la Lettera ai Filippesi, che ha letto durante il funerale di suo padre. Ha discusso circa l’aggiornamento appena realizzato e si è anche lamentato dell’eclissi progressiva della Bibbia di Re Giacomo, in mezzo alla moltitudine di diverse traduzioni e versioni differenti in circolazione: «Una cultura che non possiede un substrato comune di immagini e allegorie sarà pericolosamente sottile», ha dichiarato.

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Il cosmologo Martin Rees vince il Premio Templeton 2011

Il vincitore del Premio Templeton 2011, riconoscimento assegnato a quanti si sono distinti nella ricerca di Dio, nella spiritualità e nell’ambito della conoscenza scientifica, è stato vinto dal cosmologo ed ex presidente della Royal Society, Martin Rees.

Rees è considerato tra i più grandi scienziati viventi. Non si dichiara religioso, anche se ammette di andare in chiesa e di sentirsi bene (cfr. The Guardian 7/4/11), frequentare infatti la cappella universitaria dell’Università di Cambridge ogni settimana (cfr. Csmonitor.com, 6/4/11).  Ritiene di essere «un prodotto della cultura e dell’etica cristiana della Chiesa anglicana in cui sono stato allevato. Sono andato in una scuola, dove tutti andavamo in chiesa. Sono stato molto influenzato da questa cultura e apprezzo grandemente la tradizione estetica e musicale della Chiesa di Inghilterra nella quale sono cresciuto. Sono un sostenitore della Chiesa d’Inghilterra come istituzione: ritengo che siamo particolarmente fortunati perché due suoi arcivescovi, John Sentamu e Rowan Williams, persone con modi di pensare completamente diversi, sono entrambi individui rimarchevoli, che hanno notevolmente risollevato gli standard del dibattito pubblico nel Regno Unito. Quindi, non credo ci sia incompatibilità tra scienza e fede. Ci sono molti cosmologi che sono credenti: solo che io non sono tra loro» (cfr. Radio Vaticana 7/4/11).

Dichiara anche di essere sempre stato attratto dalle grandi domande anche se non pretende di dedurre dalla scienza delle verità generali e assolute sul cosmo e sulla vita. Ha iniziato la sua carriera assieme a Stephen Hawking ed ha spesso criticato la posizione conflittuale di Richard Dawkins e degli altri “atei professionisti” nei dibattiti su scienza e religione. Ha preso le distanze anche da Hawking e dalle sue dichiarazioni sulla non necessità di ipotizzare un Dio creatore: Rees conosce bene Hawking per sapere che «ha letto poco filosofia e meno ancora teologia», e perciò ritiene che le sue opinioni in proposito non debbano essere considerate più di tanto. Personalmente non è disposto a pronunciarsi su questi temi e ritiene avventati gli scienziati che lo fanno (cfr. Il Sussidiario, 8/4/11).

Robert Williams, presidente della International Astronomical Union, ha commentato dicendo che Rees «è una persona insolita in quanto egli tocca costantemente temi spirituali senza affrontare esplicitamente la religione. Non so se sia un teista, per esempio» (cfr. The Huffington Post, 6/4/11).

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Mary Eberstadt, filosofa a Stanford, parla delle gravi lacune degli atei moderni

Consigliamo un libro decisamente interessante. S’intitola Le lettere del perdente (Nova Millennium Romae 2011) e l’autrice è Mary Eberstadt, filosofa americana, research fellow alla Hoover Institution della Stanford University, consulting editor di Policy Review ed editorialista, fra gli altri, per il Wall Street Journal, Los Angeles Times, e The Weekly Standard.

Il quotidiano Liberal, sottolinea che la filosofa «riesce ad evidenziare con imbarazzante semplicità tutte le contraddizioni in cui il pensiero puramente ateo cade a contatto con il cristianesimo». Nel suo libro la filosofa fa scrivere ad una giovane ragazza americana apparentemente convertita all’ateismo, dieci lettere rivolte ai nuovi atei, come Christopher Hitchens. In ognuna affronta temi decisivi, come lei racconta:

IL SESSO. I cristiani sono “fermi” su temi come la monogamia, l’autodisciplina, il restare assieme per i figli. Pensieri che spesso la cultura laicista si rifiuta anche solo di prendere in considerazione, sostenendo che il messaggio che la separazione fra sesso e valori religiosi renda più felici. La Eberstadt riconosce che dopo cinquant’anni di pillola, anticoncezionali e liberazione sessuale, tutti sono in grado di comprendere che non è così: siamo circondati da padri e madri single, spesso alle prese con gravi problemi economici e certamente in evidente affanno ad occuparsi della loro prole. Ma per i bambini che crescono senza una vera famiglia, questo non è un bene. Così come non lo è per tutte quelle donne che sono state abbandonate dai mariti e che con l’andare degli anni soffriranno ancora di più. Le vittime della liberazione sessuale sono moltissime e quando i nuovi atei descrivono la loro libertà come una conquista, non considerano proprio le migliaia di persone che la soffrono e che spesso sono le più vulnerabili. Parlano per una sola parte e sembrano invece parlare a nome di tutti. Parlano da uno scranno di potenza e si dimenticano di quella parte di società che invece i cristiani mettono al centro della propria vita: i deboli.

LA RAZIONALITA’. Gli atei, secondo la protagonista del libro, hanno dalla loro parte la Ragione… Tutti gli atei parlano ovunque e sempre di come la Ragione e la Logica sarebbero totalmente dalla loro parte. Ma questa sicurezza si sgretola davanti a più contraddizioni. La più importante: perché mai, con l’eccezione di alcuni Greci, di Spinoza e una manciata di altri impavidi, praticamente l’intera storia umana è inestricabilmente connessa con la credenza in una qualche divinità? Perché, si chiede la filosofa di Stanford, «gli uomini si sono sempre allungati verso Dio?». Ogni risposta fornita non spiega perché il 99 % dell’umanità si sia sbagliata su questa rilevante questione. Dinesh D’Souza ha ragione quando dice: «il motivo per il quale molti atei sono portati a negare Dio, e specialmente il Dio cristiano, è che vogliono sfuggire al dovere di rispondere nella prossima vita della loro incapacità di contegno morale in quella attuale».

LA CARITA’. Anche su questo punto gli atei sono in grave difficoltà. Perché sono costretti a riconoscere l’incessante lavorio dei credenti a favore dei più deboli, sia singolarmente che a livello istituzionale: ospedali, mense, assistenza sociale, reti caritatevoli, missioni, cappellani carcerari, orfanotrofi, cliniche… non si contano le opere messe in piedi dai credenti e dai cristiani. Non si può dire il contrario e questo non perché non si voglia dire, ma perché qualsiasi statistica conferma che sono le opere a carattere religioso a lavorare al fianco dei deboli. È più facile che una donna povera che frequenta la chiesa faccia la carità almeno una volta l’anno che una ricca. Gli atei, secondo la Eberstadt, sembrano propendere per una logica darwiniana, dove vige la legge del più forte: il mondo è di chi se lo guadagna, gli altri sono destinati a soccombere. Qual è il posto che gli atei assegano ai malati, ai vecchi e ai fragili?

EREDITA’ ESTETICA. Mi sono sempre chiesta perché i nuovi atei non diano credito alle opere d’arte e all’estetica dei credenti. O che, come fa Christopher Hitchens nel campo letterario, cerchino di ridicolizzarla alla stregua di favole morali. Personalmente ritengo che l’eredità estetica della religione sia veramente difficile da negare. Qualche esempio a caso: la basilica di San Marco a Venezia, Notre Dame a Parigi, S. Pietro a Roma, la cattedrale di San Paolo a Londra e ancora: La Divina Commedia, La Città di Dio, L’elogio della Follia e potrei citare intere biblioteche. Per non parlare della musica.Non puoi spiegare Bernini soltanto dicendo che per i suoi lavori è stato coperto di denari dal Papa. No, è chiaro che c’è un aspetto che trascende, e questo aspetto è la fede. La cultura che ha eretto un cubo assordante, razionale, angoloso, geometricamente preciso ma essenzialmente privo di sembiante o la cultura che ha prodotto le volteggiature e le bugne, le garguglie e la sacra assenza di monotonia di Notre Dame?

DONNE, BAMBINI E FAMIGLIA. Gli atei ne sanno poco. Christopher Hitchens ha scritto tempo fa che quando lui guarda sua figlia non vede qualcosa di creato davanti a sè, ma uno straordinario insieme di molecole. Lui è solo uno dei tanti darwinisti che considera l’uomo un puro frutto della ragione scientifica. Io sono certa che Hitchens amerà profondamente sua figlia, ma sono anche sicura che non c’è madre che guardando il proprio figlio pensi soltanto: wow, che bell’insieme di molecole che ho partorito. La nascita di un bambino stabilisce un legame non solo con il neonato ma anche con l’universo. Ciò di cui mi sono resa conto è che la maggior parte degli scritti atei (vedi Rousseau, per esempio) dimostrano una scarsa conoscenza, e ancor minor interesse, riguardo a certi “sottoinsiemi”della specie umana. Sto parlando nello specifico dei bambini, delle donne e delle famiglie. Non avete fatto caso di quanto poco gli atei abbiano da dire sulla vita familiare o sul matrimonio o su qualsiasi altra istituzone legata storicamente alla riproduzione della nostra specie? Una mancanza madornale se si considera che la maggior parte della gente vive in famiglia, e che la maggioranza fa esperienza religiosa attraverso e a motivo dei loro familiari. L’antropologia atea non affronta le grandi questioni, non capisce che molte persone cominciano a credere in Dio perché, ad esempio, amano troppo i loro mariti o le loro mogli per credere che la morte veramente li separerà per sempre e che il loro amore per i figli trascenda questa ipotetica catena finita di cellule e sarà superiore alla vita terrena.

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Si allarga la chiesa in Ucraina: l’età media dei sacerdoti è di 35 anni

Da una settimana Monsignor Sviatoslav Schevchuk guida i cinque milioni di cattolici ucraini di rito bizantino e recentemente è stato ricevuto dal Papa, che lo scorso 25 marzo ha approvato la sua elezione da parte del sinodo della sua Chiesa, nonostante i suoi 45 anni: «Approvando la mia elezione il Santo Padre mi ha tributato una grande fiducia e gliene sono grato», ha detto Shevchuk nel corso di una conferenza stampa.

Schevchuk ha inoltre spiegato che «l’età media dei nostri sacerdoti è di 35 anni». Qualcuno suggerisce che il motivo sia perché i sacerdoti cattolici di rito orientale si possono sposare, ma per il nuovo leader della chiesa non è questo il motivo dell’alto numero di conversioni. La ragione, invece, è «l’esplosione della Chiesa dopo il crollo dell’Unione sovietica e la fecondità dei “semi del cristianesimo” nei paesi che fino all’89 stavano oltre la Cortina di ferro».

Ha anche rivelato -si legge su Virgilio Notizie– di avere ottimi rapporti con il Patriarcato di Mosca, e che il metropolita Hilarion Alfeyev, responsabile del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha sottolineato il bisogno di un'”alleanza strategica” tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica per difendere insieme i valori cristiani tradizionali.

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Le 13 case della Littizzetto e le critiche alla chiesa sui profughi di Lampedusa

Nell’ultima puntata di “Che tempo che fa” su Rai3, condotto da Fabio Fazio, Luciana Littizzetto ha invitato la Chiesa ad offrire maggiore accoglienza agli immigrati di Lampedusa. Ha usato anche alcuni richiami evangelici trasformati in battute sempliciotte: «ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi avete visitato, avevo sete e mi avete dato da bere… Il discorso della montagna lì non vale perché sono al mare?». Ha urlato ai vescovi «dicano qualcosa su questa questione…adesso stanno zitti? Fate qualcosa! Cosa fanno?».

Oltre al fatto che la Chiesa non è certo obbligata a risolvere le questioni legate allo Stato e quindi a farsi carico di tutti i clandestini che vengono dall’Africa, la Littizzetto pare completamente disinformata (e anche Fazio), poiché il 1/4/11, due giorni prima della puntata del programma di Fazio, il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), mons. Mariano Crociata, aveva annunciato che 2500 posti distribuiti in 93 Diocesi italiane erano stati messi a disposizione per l’accoglienza dei profughi. Lo abbiamo riportato anche noi in Ultimissima 4/4/11.

Il quotidiano “Avvenire”, ha così sommessamente obiettato alla Littizzetto che la Chiesa non ha taciuto affatto. La risposta è però uscita in ultima pagina, sussurrata e con un tono benevolo, sotto il titolo: “Chissà se Lucianina chiede scusa”. Diversi quotidiani hanno così pensato di rispondere per le rime alla comica, come ad esempio  Libero, che  ha pubblicato un interessante commento di Antonio Socci.

Sorprende però che una persona come la Littizzetto, così sensibile alle disavventure degli immigrati senzatetto, non decida di mettere a disposizione uno dei suoi 13 immobili, distribuiti tra Torino e Milano. La comica infatti, oltre che a pontificare e diffamare dai salotti televisivi chi veramente e discretamente si dedica a soccorrere gli ultimi,  ha prodotto negli anni un interessante patrimonio immobiliare: con un reddito da 1.824.084 euro si è collocata tra i primi 500 contribuenti in italia e ha dimostrato una vera passione per il mattone, comprando anno dopo anno una casa dietro l’altra (cfr. Libero 27/1/10). Chissà se metterà a disposizione di qualche famiglia nordafricana un paio di edifici nel centro di Torino? Sicuramente così, almeno lei, potrebbe veramente seguire il famoso “discorso della montagna”…

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