L’UAAR è ossessionata dalla religione e dai Pontefici

Il Nobel per la letteratura Heinrich Böll diceva: «Gli atei annoiano perché parlano sempre di Dio» (Opinioni di un clown, 1963). Questa famosa citazione è confermata da una recente ricerca di Reputation Manager sulla visibilità dei papi su internet, la quale ha dimostrato che, analizzando il numero di conversazioni, argomenti salienti, canali più attivi e presenza sui social network, tra i domini che parlano più ossessivamente dei pontefici e di religione compare anche il sito web dell’UAAR (gli atei italiani, sedicenti razionalisti).

Hanno dunque ragione gli ex-seguaci quando sostengono che l’UAAR è solo «un’associazione attenta all’altissimo signore. L’uaar fa piuttosto male che bene alle “rivendicazioni” laiche della società» (cfr. Ultimissima 31/3/11). Il loro sito è infatti tutto un proliferare di pettegolezzi e gossip sui preti e sulle religioni, che servirebbe -a detta dei responsabili- ad arginare il dilagare della stampa cattolica. Sicuramente la cosa più divertente sono però i commenti degli adepti della setta (sempre definita tale dagli “ex”), i quali sembrano usciti da un programma di lavaggio mentale, uno di quelli usati sulla popolazione da parte del totalitarismo ateo-comunista cambogiano del secolo scorso. Non è un caso che questi fondamentalisti vengano soprannominati negli USA i “dogmatheist“…

La cosa interessante è che poche ore prima l’associazione si era espressa ufficialmente sull’argomento attraverso un suo collaboratore/responsabile.  No, non si tratta del cultore di musica tribale Raffaele Carcano, ma di un pensionato ed addirittura ex prof. di filosofia in un liceo romagnolo. No, non stiamo nemmeno parlando di Dante Svarca, pensionato anche lui, ma ex vigile urbano e non filosofo. Il suo nome è Bruno Gualerzi, 74 anni (abbassa quindi l’età media dell’anticlericalismo italiano), e ha tentato di convincere i fedeli dell’UAAR del fatto che l’ateismo non è una religione e che “gli atei devono interessarsi di dio e del clero”, “come i malati della loro malattia” (paragone completamente sbagliato, forse voleva dire “i sani della malattia dei malati” e quindi il disinteressamento è assolutamente legittimo). Gualerzi tuttavia non riesce nel suo intento, anche perché –per sua stessa ammissione-, si è sempre trovato «un po’ a disagio, non tanto con gli allievi quanto proprio con la Storia e la Filosofia». Grazie alla segnalazione di un nostro lettore (vedere i commenti qui sotto) veniamo anche a sapere che nel 2008 il filosofo dell’UAAR ammetteva: «Volete sapere la verità? Sono diventato insegnante di storia e filosofia senza una adeguata preparazione universitaria (erano gli anni degli ‘esami collettivi’), quindi tirandomi dietro tutti i complessi di colpa immaginabili in merito alla mia ‘professionalità’… e solo in seguito, quando mi sono trovato a dover trasmettere il ’sapere filosofico’ agli studenti, me ne sono in gran parte liberato constatando quanto fossi stato fortunato trovandomi a dover parlare di certi autori con la mente sgombra, partendo da zero, scoprendoli assieme agli studenti – che lo sapevano perchè avvertiti da me – per la prima volta consentendomi tutta la libertà di giudizio possibile». Inoltre, sul suo sito web, Gualerzi ammette candidamente che all’attivo non ha nemmeno l’ombra di «precedenti di studi e di pubblicazioni memorabili». Non dimentichiamo infine che è anche autore del libro “Ateismo o barbarie?” (da qualcuno subito più giustamente modificato inAteismo è barbarie!“). Sapete come lo ha voluto sottotitolare? Ovviamente: “Autoanalisi di un’ossessione”, come volevasi dimostrare.

La religione è dunque una vera e propria ossessione e malattia per questi militanti devoti. Ma perché, ci chiediamo? Il motivo lo ha spiegato un filosofo (uno vero, però…) illuminista come Montesquieu, quando in “Lo spirito delle leggi” (1748) ha detto: «L’uomo devoto e l’ateo parlano sempre di Dio: l’uno parla di ciò che ama, l’altro di ciò che teme».

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Fausto Bertinotti e la stima per Giovanni Paolo II

Sorprese molto quando nel settembre dell’anno scorso Fausto Bertinotti ricevette un premio alla memoria di Giovanni Paolo II (cfr. Ultimissima 21/9/11).

Ex leader di Rifondazione Comunista, sindacalista, uomo delle istituzioni e non credente critico, come si auto-definisce, ma aperto alle domande fondamentali. Bertinotti ha sempre provato per il Papa polacco ammirazione e stima per la sua visione dell’uomo.

Si è rifiutato di intervenire nei giorni scorsi ai talk show televisivi. Ha concesso invece un’intervista a Il Sussidiario, dove dichiara: «E’ stato un Pontefice unico e necessario per il movimento operaio. Ricordo un suo discorso in occasione del Natale ai lavoratori, in cui disse: la Chiesa non ha le parole adatte per parlare con voi. Una prova di grande umiltà che poteva dare solo chi ha avuto un’esperienza diretta nel mondo del lavoro. E lui coi lavoratori ci era stato, come manovale nelle fabbriche della Solvay, e a fianco degli operai nella pagina più esaltante del sindacato della seconda metà del 900. Il suo atteggiamento di ascolto era rivoluzionario, quando invece domina la cattedra, nella Chiesa come nella politica, la presunzione di interpretare tutto, di dominare il pensiero».

Bertinotti parla anche di sé: «Wojtyla puntò politicamente sulla presenza e sull’amicizia, come comunità aperta al mondo. E, per usare la formula paolina, sul non essere “né servi né signori”. Su questa idea di uomo non posso che sentire una sintonia totale. Sono costretto a fare a meno del finale di questa formula, cioè né servi nè signori, ma “in Cristo”. Continuo a pensare che la politica può esercitarsi in maniera alta solo in quanto accetta il carattere finito dell’uomo…ma mi piace insistere sul tema del rapporto tra verità e ricerca della verità, che interessa oggi ogni persona inquieta come me».

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Regno Unito: l’azienda rinuncia a perseguitare un cristiano

La Wakefield and District Housing (WDH), housing association inglese che ha sottoposto ad un procedimento disciplinare un suo dipendente, Colin Atkinson, per aver osato esporre sul cruscotto del furgone aziendale una piccola croce fatta con foglie di palma e non più grande di 20 cm (cfr. Ultimissima 29/4/11), ha finalmente desistito dal perpetrare la sua crociata anti-cristiana.

Tantissimi britannici hanno gioito a questa notizia e l’operaio ha dichiarato al Daily Mail: «Questo paese è stato costruito su valori cristiani ma sta perdendo la sua identità perché tutti hanno paura di offendere le minoranze. Sono sempre stato molto orgoglioso di essere britannico. Ma lo sono ancora?». Ricordiamo che esponenti di altre religioni avevano difeso l’operaio, non sentendosi per nulla offesi dall’esposizione della piccola croce.

L’azienda è attiva nella promozione della diversità (finanzia progetti omosessuali) e permette a vari dipendenti di indossare il burka. Il capo ufficio di Atkinson esprime il suo credo nel marxismo e ha appeso al muro una gigantografia di Che Guevara. Solo il cristianesimo viene discriminato. Un report pubblicato di recente dimostra come l’odio e l’intolleranza laicista, dal maggio 2008 al maggio 2009, abbia provocato attacchi incendiari a più di venti chiese sparse in tutto il Regno Unito.

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Il chimico Marchetti: «gli organismi viventi sono frutto di un disegno ordinatore»

L’ONU ha dichiarato il 2011 l’Anno internazionale della chimica”. Il professor Leonardo Marchetti, docente e ricercatore di chimica organica dal 1976 all’Università di Bologna (facoltà di cui è stato preside per 6 anni), presidente del consorzio interuniversitario “La chimica dell’ambiente”, già Presidente del Collegio Nazionale dei Presidi delle Facoltà di Ingegneria italiane ed autore di 150 pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali ed internazionali, è intervenuto sull’argomento in una recente intervista

Rispondendo alle domande sull’utilità della chimica, sulla previsione delle emissioni tossiche e inquinanti, e i possibili investimenti nella chimica “pulita”, ha dichiarato: «La chimica ha leggi precise e inviolabili, che permettono di conoscere come è costituita la materia: le possibilità che ne scaturiscono sono straordinarie».

Ha poi continuato: «Affascinante, per me, è poi la chimica degli organismi viventi: studiandola si ha la dimostrazione che non può essere frutto di una casualità cieca. È evidente che vi è dietro un preciso e sapiente disegno ordinatore. Ai giovani va illustrata questa profonda razionalità della chimica e delle sue leggi, la cui conoscenza permette di indirizzare le reazioni chimiche verso i nostri obiettivi».

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Il mercato nasce in ambito cattolico, non protestante

Max Weber ha creato la leggenda secondo cui sarebbe da ritrovarsi nell’etica protestante la matrice dello «spirito» del capitalismo. Questa tesi è assai fragile, sottolinea il filosofo Carlo Lottieri -direttore del dipartimento Teoria Politica all’Istituto Bruno Leoni, membro del comitato di redazione del Journal of Libertarian Studies e del Journal of Private Enterprise, fellow dell’International Centre of Economic Research di Torino e membro del comitato scientifico dell’Institut Turgot di Parigi e dell’Institut Constant de Rebecque di Losanna, nonché Adjunct Faculty member del Ludwig von Mises Institute di Auburn-, specie se si considera il ruolo che negli ultimi secoli del Medioevo giocarono i banchieri e i mercanti delle maggiori città dell’Italia centro-settentrionale e delle Fiandre.

Ben prima di Lutero -continua Lottieri su Il Giornale– il mercato capitalistico si era imposto in varie parti d’Europa, e certamente sono medievali e tardo-medievali anche alcune tra le riflessioni teoriche più interessanti sul tema. A detta di vari studiosi – da Raymond de Roover a Murray Rothbard – uno degli autori che più ha favorito la comprensione dell’economia libera è stato proprio un santo, Bernardino da Siena, di cui è stata ora pubblicata una raccolta di scritti:“Antologia delle prediche volgari. Economia civile e cura pastorale nei sermoni di San Bernardino da Siena” (Cantagalli 2011). Soprattutto in Italia e negli Stati Uniti è emersa una nuova storiografia, che rovescia i cliché weberiani.

Bernardino mette in guardia dalla tentazione di amare i beni della terra più di quelli del Cielo, ma questo non comporta una perdita di interesse per l’esistenza: è solo un invito a viverla con una diversa intensità. Da qui discende pure una specifica etica degli affari (legata al rifiuto di mentire all’acquirente o contraffare le merci), insieme a un modo davvero peculiare d’intendere la società. È allora in errore chi considera il capitalismo cattolico come un capitalismo «indebolito», solo perché in questo quadro tutto quanto l’uomo possiede, in ultima analisi, è di Dio stesso e da ciò discende una decisa responsabilità morale a carico dei possidenti.

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Il filosofo Hadjadj: «se si toglie Cristo, tutto il resto è noia»

Proponiamo un altro brillante intervento del filosofo francese Fabrice Hadjadj, scrittore e docente all’Università di Tolone ex ateo e convertitosi al cattolicesimo nel 1998 (cfr Ultimissima 3/3/11). Nel 2009 il matematico Laurent Lafforgue (medaglia Fields 2002) ha detto di lui: «Fabrice Hadjadj scrive e insegna molto, ma non ho mai letto o sentito una frase da lui che mi abbia dato la sensazione di essere stato scritta o parlata nel vuoto. Le sue pagine spesso mi stupiscono, mi prendono in contropiede e nonostante questo, nel leggerli, ne riconosco l’esattezza e la verità. Nessuno scrittore contemporaneo di lingua francese mi interessa più di lui» (cfr. Que peut une politique de la langue?).

PERDERE LA FEDE E’ PERDERE LA CULTURA. Il filosofo ha commentato in un’intervista per Avvenire le parole che Benedetto XVI ha pronunciato durante l’ultimo Cortile dei gentili svoltosi in Francia e a cui ha partecipato lui stesso (cfr. Ultimissima 2/4/11). Nell’intervista si è soffermato particolarmente sulla situazione dell’uomo europeo rispetto alla fede cristiana: «Abbiamo l’abitudi­ne di smembrare. Se noi europei non vogliamo più conoscere la fe­de in Gesù Cristo, questo è per­ché siamo annoiati dalla nostra propria storia e cultura. La perdi­ta della fede cristiana non è la sem­plice perdita di un culto, ma anche di una cultura. Non solo lo smarri­mento dell’Eterno, ma pure la di­menticanza della storia. Questo si­gnifica che abbiamo svuotato del­la loro profondità le nostre ricchezze artistiche: Giotto, Rubens, il gregoriano, Mozart. E abbiamo svi­lito le nostre idee etiche: la dignità della persona, il rispetto della li­bertà o la bontà della carne».

IL TENTATIVO LAICISTA. La cultura laica ha tentato (e sta ancora tentando) di costruire un mondo emancipato da Cristo, attingendo però inevitabilmente dalla radice cristiana della sua morale: «La moder­nità ha trasformato alcuni aspetti della fede cristiana in «valori» e ha messo questi «valori», separati da Cristo, come in un vaso, proprio come dei fiori recisi. Grazie a que­sto isolamento, tali fiori possono sembrare, per un attimo, più belli, poi iniziano a morire. Così, il ma­terialismo storico e il progressismo hanno suscitato, all’inizio, un cer­to entusiasmo. Ma ben presto so­no collassati nell’esperienza tota­litaria e in un senso ristretto, tipi­camente postmoderno, della fini­tezza dell’uomo. Nel suo umani­smo più rivoluzionario l’Europa ha diffuso una speranza mondana, sostituto della speranza cristiana. Ora che tale speranza è morta, il nostro Continente non conosce al­tro che la disperazione, che cerca di fuggire gettandosi a peso morto nel divertimento dello spettacolo e nei sogni della tecnologia».

LA FEDE NON E’ UN’AFFARE PRIVATO. L’uomo precipita così nell’incredulità, nel dubbio e nello scetticismo quando vive la fede come «un campo separato dell’esistenza, qualcosa che avrebbe a che fare con la «spiritualità», la «tra­scendenza », la «mistica». Ora, la fe­de non è un qualcosa «a fian­co » della vita quotidiana, un’atti­vità della domenica, un’interiorità vaga di cui ci si prende cura ogni tanto in cappella. Essa è ciò che ci mette in contatto con la sorgente di tutto ciò che esiste. In fondo, è in gioco l’unità dell’uomo. La fati­ca e la noia d’oggi provengono dal­la separazione di queste realtà in­separabili».

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Francia: aumentano le conversioni di adulti, il 60% ha trent’anni

Nella crisi della Chiesa francese persiste un dato sorprendente. Si tratta dei battesimi di adulti. Secondo uno studio pubblicato l’11 aprile 2011 dalla Conferenza episcopale e dal Servizio nazionale della Catechesi e del Catecumenato, la Chiesa cattolica ha ricevuto 2952 adulti per il battesimo nel corso delle feste pasquali di quest’anno.

Nel 2002 i battesimi di adulti erano 2335 e, gli adulti appena convertiti che iniziano il percorso che li porterà al battesimo sono passati dai 1700 del 2008 ai 2000 del 2010. Cifre in contrasto per quanto riguarda i battesimi dei bambini che sono calati dai 38.0000 di dieci anni fa ai circa 30.0000 quest’anno. Il 60% di questi adulti, secondo lo studio interno, ha meno di 35 anni. Tra di essi, la fascia d’età tra i 25 e i 29 anni comprende un quarto di coloro che hanno ricevuto il battesimo quest’anno. I 2/3 sono donne, il 56% proviene da un “contesto familiare storicamente cristiano ed essenzialmente cattolico” e il 24% di questi adulti viene da un ambiente “senza religione”. Questi nuovi cattolici, si commenta su Témoignage chrétien, assomigliano sociologicamente e culturalmente a tutti quei born-again (nati-di-nuovo) che diventano continuamente nuovi membri delle Chiese evangeliche.

Il quotidiano Le Monde ha intervistato due di questi neobattezzati. Si tratta di Coralie Alix e Francis Chauvet: la prima proviene da una famiglia piuttosto atea e anticlericale e per molto tempo si è disinteressata del problema religioso. Trentenne, insegnante e madre di tre figli, racconta di essere rimasta atea per ventotto anni: «Avevo un potenziale di credente, ma non lo lasciavo esprimere. Quando ho avuto la prima figlia, a 23 anni, mi è sembrato ovvio farla battezzare, così come sposarmi in chiesa. Ma sentivo che c’era una barriera che non voleva aprirsi. Poi, due anni fa, ho avuto uno scontro con i miei genitori, sono stata in rotta con loro per due settimane. Questo è bastato per staccarmi dal loro giudizio, e ho capito che era quello che mi pesava». Alcuni giorni dopo, telefona e prende appuntamento con un diacono per entrare nella Chiesa. La sua famiglia era presente al battesimo.

Francis Chauvet, pilota per la Air France, ha sentito “la chiamata” due anni fa mentre accompagnava la moglie, colpita da leucemia, nei suoi ultimi istanti. «Ho capito, forse molto tardivamente, che fino a quel momento avevo sempre trascurato i segni che mi portavano verso il cammino di fede. Dovevo impegnarmi, rispondere al richiamo». Figlio di un maestro e di una maestra “assolutamente atei”, a 17 anni si è iscritto alla “Gioventù comunista”. Fino a quel momento si era completamente disinteressato di spiritualità, a differenza di sua moglie, credente, ma non praticante. «Per lei era importante sposarsi in chiesa. Io avevo 21 anni all’epoca, ero veramente tiepido verso tutto ciò, ma già ho sentito che il nostro impegno andava oltre noi stessi, oltre lei ed io». La lunga malattia della moglie lo avvicina alla Chiesa, a cui finisce per decidersi ad aderire poco tempo dopo esser diventato vedovo: «Ho sentito che la scommessa meno assurda era quella della fede».

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Il governo russo progetta di squalificare l’aborto

In un discorso tenuto la settimana scorsa, il primo ministro russo Vladimir Putin, ha dichiarato che le misure che saranno prese nella Federazione Russa, saranno per aumentare il tasso di natalità. La volontà è quella di investire 1.500 miliardi di rubli in progetti di demografia per migliorare l’aspettativa media di vita e per aumentare il tasso di natalità dal 25 al 30% in tre anni.

Dopo il discorso di Putin, il parlamento russo, la Duma, ha introdotto una legge per squalificare l’aborto come un servizio medico nel piano sanitario nazionale. Essa permetterebbe inoltre ai medici di rifiutare di commettere aborti. «Il disegno di legge mira a creare le condizioni per una donna incinta di optare per il parto», ha dichiarato Yelena Mizulina, capo commissione per la famiglia, donne e bambini dello stato Duma. La speranza è quella di scendere sotto il milione di aborti all’anno che avvengono in Russia. Mercoledì scorso la Duma ha anche introdotto una legge per limitare la pubblicità per l’aborto.

Anton Belyakov, autore del disegno di legge e deputato del governo ha dichiarato: «Il disegno di legge impegna inoltre i medici a mettere in guardia le donne che hanno deciso di avere un aborto che questo può causare sterilità, morte o incidere negativamente sulla salute fisica e mentale». La Russia -si legge su LifeNews– ha il più alto tasso di aborti nel mondo: 1.022 aborti per 1000 nascite. Le donne interrompono la gravidanza nel 90% dei casi non per problemi medici ma “sociali”: immaturità, paura di cambiare vita, mancanza di partner e problemi economici.

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Il microbiologo Pessina: «no all’utilizzo delle staminali embrionali»

Il microbiologo Augusto Pessina, responsabile del Laboratorio di Colture Cellulari dell’Istituto di Microbiologia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano, Presidente della Associazione Italiana Culture Cellulari (AICC), branch nazionale della European Tissue Culture Society (ETCS), e membro dello Scientific Advisory Board of NICB (National Institute for Cellular Biotechnology) presso l’Università di Dublino, si è schierato contro l’utilizzo delle cellule staminali embrionali.

Ha spiegato che l’avvocato generale della Corti di giustizia della Comunità europea, Yves Bot, ha «saggiamente sostenuto che tutte le procedure riguardanti cellule staminali embrionali umane (anche quando non coinvolgano direttamente la distruzione di un embrione umano) non possono essere brevettate. Ciò, sostanzialmente, in quanto equivale a fare un uso industriale di embrioni umani: cosa da ritenersi “contraria all’etica e alla politica pubblica”». La decisione in merito della Corte è prevista per maggio, e Austin Smith del Wellcome trust center di Cambridge ha proposto un appello contro Bot, chiedendo che la Corte bocci il suo parere, autorizzando così i brevetti riguardanti cellule embrionali umane.

Pessina spiega che Austin Smith porta a sostegno ragioni ambigue e fuorvianti, «egli sostiene che le cellule staminali embrionali sono solo linee cellulari e non embrioni. Peccato che ometta di dire che esse sono derivate dalla distruzione di embrioni umani (esseri umani in via di sviluppo) che lui definisce come “surplus” di ovociti fertilizzati in vitro (sic!)». Il microbiologo spiega tuttavia che molti sostenitori delle embrionali si sono convertiti di recente alle tecniche di riprogrammazione di staminali adulte (che non pongono implicazioni etiche). Conclude poi augurandosi che «la Corte Europea consideri seriamente la prudente posizione di Bot a salvaguardia della dignità della persona umana e la trasformi in legislazione. Sarà una ragione in più per sperare che all’Europa sia rimasto almeno qualche spezzone di quelle radici che per secoli le hanno permesso di crescere. E per ricordare che, in realtà, la vita umana è già stata brevettata», accennando ovviamente alla Creazione.

In un altro articolo dell’ottobre del 2009 si augurava che lo studio sulle cellule embrionali progredisca usufruendo delle «moltissime specie animali senza ricorrere all’uomo», mentre qualche mese prima spiegava tutto ciò che si cela dietro la ricerca sulle embrionali e il motivo per cui dissentire.

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L’intellettuale ateo Giorgio Bocca: «il Vangelo mi convince, ha qualcosa di divino»

Recentemente il giornalista e scrittore Giorgio Bocca ha rilasciato una lunga intervista “a ruota libera”, spaziando dalla politica alla storia, dalla religione al giornalismo. Bocca è un intellettuale di sinistra (molti lo chiamano “maestro”), ateo, laico rigidissimo, tra i fondatori di Repubblica nel 1976, con cui collabora frequentemente (nonostante avanzi diverse critiche). Un passato pieno di cambi di fronte, dal fascismo alla lotta partigiana, dall’apprezzamento per esponenti di centro-destra all’odio verso di loro.

Durante l’intervista, parlando dell’eventuale modifica della Costituzione, Bocca ha dichiarato: «Le costituzioni sono tutte nobili anche nella loro ipocrisia. Si, perchè non vengono osservate. Della Costituzione italiana me ne frego. A me importa la costituzione morale. Credo di più al Vangelo che non alla Carta». Allo stupore del giornalista, ha approfondito: «Mi sembra più convincente perchè nel Vangelo c’è qualcosa di divino che nelle costituzioni liberali non c’è. Non credo in Dio perché non l’ho mai incontrato. Possibile che questo Dio così potente non abbia mai trovato il tempo di manifestarsi?». Il divino di cui parlo è «quello che vorrei che ci fosse. Ma sono ancora alla ricerca. Il Vangelo mi sembra più commovente, più umano, più vero. Le costituzioni sono delle fabbriche ben congegnate, ma sono politiche, mentre il Vangelo è quello di cui gli uomini hanno più bisogno».

Lo scrittore Antonio Socci ha risposto a Bocca dalle colonne di Libero, ricordandogli che Dio si è manifestato duemila anni fa: «da allora tutti desiderano vedere il suo volto e lui raggiunge la vita di chiunque, infatti ha raggiunto perfino Bocca: quel “divino capitano” continua a commuovere i cuori e a compiere segni eccezionali attraverso il “divino drappello” dei suoi amici, attraverso la Chiesa». Si sofferma poi sul fatto che gli intellettuali sono quelli che fanno più fatica ad essere uomini semplici, unica condizione per incontrarLo e seguirLo. Gli intellettuali magari, continua Socci, sono i più lucidi a intuire la bellezza di Cristo e del cristianesimo, si commuovono, ma non permettono al loro cuore di gustare questa bellezza: «Sono prigionieri del loro personaggio, delle proprie opinioni, della propria immagine di sé. Come il “giovane ricco” il quale stimava il suo patrimonio più prezioso di se stesso”. L’ego dell’intellettuale soffoca l’io». E cita Massimo cacciari, che spesso discute di cristianesimo, restando però ateo. «Crede infatti che il cristianesimo sia un “sapere” (roba che lui possiede e domina). Infatti è sempre a dar lezioni su ciò che non ha mai assaporato. Tuttavia il cristianesimo non è una teoria, ma una persona: di cui il nostro cuore si innamora». Parla di Giuliano Ferrara: si dice ateo, ma cattolico di cultura. E’ affascinato dal cristianesimo come realtà storica e dottrinale, ma sembra sfuggire ogni volta che il volto di Gesù appare troppo evidente nei suoi studi. Cita anche Massimo D’Alema, che quando incontrò Wojtyla, questi gli prese le mani e gli parlò. Da quel gesto affettuoso rimase sconvolto. E conclude: «Gli intellettuali italiani sono rimasti quasi tutti affascinati da Giovanni Paolo II. La sua eccezionalità umana ha fatto scoprire a tanti il fascino del cristianesimo. Diversi sono arrivati fin sulla soglia della Chiesa, ma poi, quasi tutti, si sono ritratti».

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