Alce Nero, il mito sessantottino era un pellerossa cattolico

La storia di Alce Nero. Combatté contro l’esercito dei cowboy, si convertì, chiese il battesimo cattolico e trascorse la vita come diacono e missionario. Potrebbe anche essere canonizzato.

 

Curiosa la vita: i sessantottini ecologisti e terzomondisti veneravano un mito che non sapevano essere un convinto convertito cattolico. Parliamo di Alce Nero (Black Elk), della tribù Lakota Sioux, icona dalla resistenza dei nativi americani alla società bianca.

Cugino di Cavallo Pazzo e membro dell’etnia di Nuvola Rossa e Toro Seduto, Black Elk fu considerato dai pellerossa un Uomo della Medicina, mediatore tra il mondo degli Uomini e quello degli Spiriti. Combatté le guerre indiane contro l’esercito dei cowboy degli Stati Uniti, divenne una celebrità tra le file della disperata controcultura giovanile quando venne riscoperto il libro del poeta John Neihardt, Alce Nero parla (1932).

Il poeta Neihartdt descrisse la sua vita omettendo totalmente -andando contro gli accordi- la conversione cattolica di Alce Nero, il quale aveva trascorso gran parte della sua vita come diacono e missionario. Tanto che, poco prima di morire (1950), l’indiano scrisse una lettera: «Chiedo a voi, cari amici, che quel libro venga annullato». Poco tempo fa la notizia che molti lakota sioux, fra cui i familiari di Alce Nero e molti discendenti dei nativi da lui convertiti, hanno scritto una petizione alla Chiesa cattolica, per proporre che venga canonizzato, ricevendo il parere favorevole della Conferenza Episcopale Americana.

«La preghiera della Chiesa cattolica è migliore della Danza degli Spiriti», scrisse Alce Nero, i Lakota cominciarono a convertirsi alla Chiesa di Roma non appena il grande capo Nuvola Rossa, vincitore di battaglie contro l’esercito americano, chiese ai gesuiti di fondare una missione nella riserva di Pine Ridge. Alce Nero si battezzò assieme alla moglie nel giorno di San Nicola, in modo né superficiale né formale; nessun sincretismo religioso, almeno leggendo le drastiche e reiterate dichiarazioni dello stesso Alce Nero.

Inutile fu la lettera aperta dei gesuiti indirizzata a Neihardt datata 26 gennaio 1934, a salvare la memoria del falso mito terzomondista fu l’antropologo e gesuita Michael F. Steltenkamp, intitolato “Alce Nero, missionario dei lakota (1970), il quale incontrò la figlia del pellerossa, Lucy Looks Twice, e scoprì che Black Elk non si limitò a diventare un devoto fedele, ma si fece diacono e catechista, evangelizzando a sua volta, accompagnando i gesuiti nella riserva e servendo a Messa. Ross Enochs, docente di Scienze religiose al Marist College di New York, sostiene invece che Alce Nero aveva fatto una sintesi tra la fede dei suoi padri e quella cattolica, caratteristica delle conversioni operate dai gesuiti che salvaguardarono e valorizzarono sempre le tradizioni locali quando non erano in conflitto con il cattolicesimo.

In ogni caso, grazie all’iter di beatificazione di Alce Nero, nessuno potrà più ignorare o rifiutarsi di accettare la realtà e quindi la totale rottura di un mito, celebrato come tale contro la sua stessa volontà.

 

AGGIORNAMENTO 05/11/18
Ci è stata segnalata una interessante pubblicazione in lingua italiana, curata da Riccardo Fenizia, dedicata ad Alce Nero e alle falsità che hanno caratterizzato la sua fama internazionale. Il titolo è: Alce Nero, Black Elk, parla veramente: La vera storia di un grande uomo, dietro la menzogna.

La redazione

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Il Papa prega al cimitero dei bambini mai nati, per l’Associazione Luca Coscioni è illegale

Giardino degli angeli a Roma. Per la prima volta nella storia un Papa ha scelto di commemorare i defunti in un luogo dedicato ai bambini mai nati, contro cui femministe e radicali stanno combattendo da tanti anni. Un cimitero che disturba molte coscienze.

 

«E’ una inaccettabile violenza nei confronti delle donne. Si tratta di un’iniziativa illegale». Con chi ce l’ha questa volta Maria Antonietta Farina Coscioni, deputata radicale e presidente onoraria dell’Associazione Luca Coscioni? Con il Giardino degli Angeli, l’area dedicata ai bambini non nati a causa di aborti spontanei o provocati, creata all’interno del Cimitero Laurentino di Roma.

E’ dal 2012 che l’Associazione Luca Coscioni si batte contro questo luogo, dove le mamme possono piangere i figli che non hanno mai visto la luce o ai quali hanno deciso di interrompere la vita, magari proprio istigate dai radicali. Quei figli che l’assessore e scrittrice Lidia Ravera ha definito «grumi di materia», denigrando il pentimento delle madri abortiste e il dispiacere di chi ha subito un aborto spontaneo «poiché il corpo ha le sue insondabili leggi, non sono riuscite a portare a termine il loro dovere di animali al servizio della specie». Recarsi al cimiterino dei bambini non nati sarebbe paragonabile ad uno «splatter».

Quanto vale perciò il gesto che ha deciso di fare ieri Papa Francesco! In occasione della commemorazione dei defunti del 2 novembre, infatti, un Pontefice, per la prima volta, ha visitato il Giardino degli angeli. Si è soffermato per qualche secondo in silenzio e in preghiera, da solo, e ha deposto un un mazzo di rose bianche sulla tomba più grande. Poi ha salutato personalmente alcune famiglie lì presenti, genitori di quei bambini mai nati. Ha celebrato la Messa per tutti i defunti prima di recarsi alle Grotte della Basilica di San Pietro per visitare le tombe dei Pontefici suoi predecessori.

Anche l’associazione femminista Se non ora quando? ebbe parole di fuoco all’inaugurazione di questo spazio all’interno del cimitero Laurentino. Alessandra Bocchetti scrisse: «No, il cimitero per feti non lo voglio, non ci sto a dare per morti quelli che non sono nati. La lotta non è finita, è sempre in corso. Per questo ci dobbiamo tenere alla larga dai cimiterini. Capisco che il dolore possa essere grande, ma penso che dovremmo imparare a portarlo nel cuore». Una dichiarazione che suscitò la reazione di numerose donne, anche non cattoliche, molte delle quali madri di bambini mai nati.

Un commento, il più lucido:

«Esigo che nessuno, e sottolineo nessuno, usi le sue parole per calpestare il mio lutto, definendo la sepoltura di mio figlio e quella di tanti altri feti ed embrioni come delle invenzioni per attaccare la 194. La invito a non vedere fantasmi ovunque e a tornare in contatto con la realtà. La rabbia con cui si scaglia contro la sepoltura dei bimbi morti in gravidanza la fa portavoce del più becero oscurantismo. Apprendo dalle sue parole di avere quattro non-figli. Non sono nati, non sono morti, quindi…non sono? Oppure sa dirmi lei dove sono ora i miei non-figli? Parole fredde, come le sue, che pretendono che il mio dolore e quello di tante donne e uomini come me, sia relegato nel silenzio perché disturba. Disturba la politica, disturba una lotta senza pari, disturba il cuore di chi non sa dire dove siano finiti quei miei quattro non-figli che ancora fanno stringere un nodo alla mia gola. Già, perché non piango il callo che si è staccato dal mio piede, né la verruca che mi hanno asportato; non piango quando taglio le unghie, e nemmeno ogni volta che ho le mestruazioni. Ma quell’ammasso di cellule erano nel mio corpo e ci batteva un piccolissimo ammasso di cellule cardiache, e quando quel battito si è fermato, allora sì che ho pianto!».

Ha detto bene questa mamma, un cimitero fastidioso per molti. Forse è per questo che pochissimi hanno dato notizia della decisione di Francesco di recarsi proprio lì a pregare, disturbando profondamente le coscienze di molti.

La redazione

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«Le ossa non sono della Orlandi, conosco i fatti ma nessuno verifica»

Le ossa di Emanuela Orlandi? Ecco la nostra intervista a Marco Fassoni Accetti, reo confesso del caso Orlandi che ha chiesto di effettuare delle precise verifiche ma a cui nessuno vuole prestare attenzione. Eppure la sua biografia lo mette al centro del mistero.

 

Alcune ossa sono state ritrovate sotto il pavimento di un seminterrato a Villa Giorgina, già sede della Nunziatura vaticana presso lo Stato italiano. Immediatamente la stampa italiana ha collegato il ritrovamento con la scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, un accostamento totalmente arbitrario e solo in funzione della logica scandalistica, con la speranza di vendere qualche copia in più.

I giornalisti si sono scatenati su orge vaticane, Enrico De Pedis, servizi segreti e tutto il leit motiv criminale degli ultimi cinquant’anni. Si cita qualunque pista ma evitando accuratamente quella più promettente, legata ad un fotografo e autore cinematografico di nome Marco Fassoni Accetti.

I nostri lettori la conoscono bene, ce ne siamo occupati più volte anche in un corposo dossier sul caso Orlandi che seguiamo da diversi anni. Dal 2013 l’uomo si è autoaccusato di essere stato il regista della sparizione della Orlandi e della Gregori (e di altre ragazze), un gioco pericoloso di ricatti al Vaticano che avrebbe dovuto finire in poco tempo ma che ha preso svolte impreviste e tragiche e le giovani sono realmente scomparse, senza che lui conosca la loro fine in quanto fu incarcerato per aver involontariamente investito ed ucciso un altro giovane, José Garramon. Altro caso misterioso.

Fassoni Accetti ha dichiarato di aver fatto parte di due fazioni che tentavano di influire in modo occulto sulla politica estera ed economica del Vaticano, si è anche autoaccusato di essere stato i due telefonisti principali che chiamarono la famiglia subito dopo la scomparsa della Orlandi. In un’intervista per UCCR ha rifatto (o imitato) le loro voci: quella dell’Americano e quella di Mario. Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, dopo aver bruscamente sottratto il caso al magistrato Capaldo, ha rapidamente liquidato la testimonianza del fotografo romano, accusandolo di calunnia e autocalunnia ma rifiutandosi di istituire un processo a suo carico.

Poche ore fa lo abbiamo intervistato rispetto al ritrovamento delle ossa nell’ex nunziatura vaticana e, prevedibilmente, ha risposto così:

«Le ossa non sono le loro, conosco i fatti miei. Sono finito in una specie di ingranaggio dove tutto va sempre al contrario: dovrei essere felice perché sono a piede libero, mi sono presentato e nonostante tutto sono libero. E’ un caso unico al mondo questo, negli altri processi ti condannano con poco mentre nel mio caso niente, nonostante tanti indizi che non possono essere casuali e diventano una convergenza».

Di quali indizi parla Fassoni Accetti? Lasciando perdere il suo complesso racconto, è la sua biografia a parlare per lui, ecco le “coincidenze” più rilevanti: durante un litigio con la sua ex compagnia, catturato in un’intercettazione nel 1997, la donna gli urla di voler rivelare «tutte le cose che tu hai fatto con questa ragazza…Emanuela». Un’altra donna, la sua ex moglie Eleonora, si trovava proprio nella città di Boston esattamente nel periodo in cui, da lì, partivano comunicati sul caso Orlandi. Fassoni Accetti ha frequentato l’istituto Giuseppe De Merode, conoscendo il direttore spirituale mons. Pierluigi Celata, futuro diplomatico e collaboratore del SISMI. Pierluigi è anche il nome del primo telefonista che chiamerà casa Orlandi e mons. Celata abitava proprio sopra la Maison delle “Sorelle Fontana”, citata nell’ultima telefonata di Emanuela alla famiglia. Il fotografo ha dimostrato di aver vissuto a pochi metri dalla scuola frequentata dalla Gregori e dal bar dei genitori, nel periodo della sua misteriosa sparizione, così come viveva di fronte al luogo in cui scomparve un’altra ragazza, Alessia Rosati: anche per essa Fassoni Accetti si è autoaccusato di averla fatta allontanare con l’inganno, utilizzando le stesse modalità impiegate per Mirella ed Emanuela. Ed anche in questo caso la Rosati sparì realmente.

In queste ore è uscita un’intervista al padre di Alessia, Antonio Rosati, il quale si è lamentato del dimenticatoio in cui è caduta la figlia e di essere «con le antenne accese» verso qualunque spunto che permetta di sapere qualcosa in più. Tuttavia, il sig. Rosati sembra si sia rifiutato di prestare attenzione a Marco Fassoni Accetti, che più volte ha cercato di mettersi in contatto con lui negli ultimi anni. Ecco cosa ci ha detto:

«Ho telefono alla famiglia Rosati nel 2016 e mi ha risposto la segreteria telefonica. Loro non mi hanno mai richiamato e sono corsi alla trasmissione televisiva», ovvero Chi l’ha visto? «Questa ragazza aveva un’amica del cuore [di nome Claudia, NDA], quando effettuammo la finta scomparsa, la Alessia -che era un po’ pasticciona e caotica- mi disse che prima doveva contattarla e fare delle commissioni in giro, anche se io ero contrario a tutto ciò. Andammo con un motorino, lei era camuffata, a cercare questa Claudia: non ricordo il luogo ma so che incontrammo alcune persone alle quali disse “sto cercando Claudia, sono Alessia. Sapete dove trovarla?”. C’è quindi la possibilità che qualcuno le abbia detto: “guarda, ti ha cercato Alessia”. Nessuno ha ancora contattato questa Claudia per verificare se ricorda o meno questa circostanza».

Anche questo ovviamente è stato riferito ai giudici, senza però che svolgessero alcuna verifica sulla misteriosa amica di Alessia Rosati, sulla quale gli stessi genitori hanno maturato in modo indipendente numerosi sospetti. Fassoni Accetti ha proseguito così:

«Io ricordo bene il caso di omicidio che ho affrontato, quello di Garramon. Gli interrogatori per tutta la notte, tutto il giorno, i confronti, i testimoni. Invece non ho mai visto un caso come questo dove non c’è nulla: tu riferisci una notitia criminis e nessuno fa nulla. D’altra parte, lo stesso giudice Capaldo è una figura misteriosa ed inquietante: se voleva chiudere l’istruttoria, perché ha fatto tutte queste omissioni di atti d’ufficio? Lo stesso Capaldo mi ha fatto credere che Pignatone gli ha fatto un attacco pretestuoso dicendogli che lasciava inevasi molti fascicoli, ed effettivamente aveva ragione Pignatone. Forse non ha indagato perché il pubblico ministero poi avrebbe dichiarato il non luogo a procedere, non lo so».

Per molti la sparizione di Alessia Rosati sembra non c’entrare nulla con quella delle sue coetanee, Emanuela e Mirella. Tuttavia, se si interrogasse la misteriosa amica Claudia, possibilmente mettendola a confronto con Fassoni Accetti, si potrebbe fare un passo in avanti: o per smentire il fotografo in una sua testimonianza fondamentale e più volte ripetuta o per confermare il suo racconto. Vi sono cinque verifiche che si potrebbero fare per chi davvero ha “le antenne accese” sul caso Orlandi, e le abbiamo indicate in un nostro precedente articolo. A patto che davvero si vogliano vagliare tutte le possibilità.

Molti si rifiutano di prestare attenzione a Marco Fassoni Accetti sostenendo che si perderebbe tempo, sminuendo i suoi incredibili dati biografici che invece lo mettono al centro della vicenda. Tanto che perfino Pino Nicotri, uno dei giornalisti più esperti del caso ed inizialmente tra i più scettici verso Accetti,  si è lentamente convinto del ruolo avuto del reo confesso. In ogni caso, non si perderebbe certamente più tempo di quello perso per realizzare fantasiosi collegamenti dopo il ritrovamento di vecchie ossa in un palazzo vaticano. Basterebbe riflettere, come ha fatto il vaticanista Stanislao Svidercoschi: «Pensare che per nascondere una persona morta vadano a scegliere un loro palazzo è un controsenso».

La redazione

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Evandro Agazzi: «La religiosità, non la filosofia, ha dato un senso alla mia vita»

Evandro Agazzi, biografia e libri. In occasione della sua ultima pubblicazione, una bella intervista al più importante filosofo della scienza italiano all’estero. Un intellettuale cattolico che parla del rapporto tra scienza, filosofia e fede.

 

E’ curioso come il più famoso filosofo della scienza italiano all’estero sia sconosciuto ai più nella sua patria, l’Italia. Il suo nome è Evandro Agazzi, già docente e ordinario presso la Normale di Pisa, l’Università Cattolica di Milano, l’Università di Genova, di Friburgo, di Berna, di Ginevra, di Düsseldorf, di Pittsburgh, di Standorf, già presidente della Società Filosofica Italiana, della Società Italiana di Logica e Filosofia delle scienze, della Società svizzera di Logica e Filosofia delle scienze.

In occasione dell’uscita del suo ultimo libro, L’oggettività scientifica e i suoi contesti (Bompiani 2018), Agazzi è stato intervistato da Repubblica, che lo ha giustamente introdotto con queste parole: «uno tra i più autorevoli logici italiani di statura internazionale e di formazione cattolica». Si, perché Agazzi è uno dei tanti intellettuali cattolici ai massimi livelli e non si è mai sottratto dall’intervenire nel dibattito pubblico. Qualche anno fa riprendemmo un suo illuminante intervento a proposito della presunta tesi sull’incompatibilità fra scienza e religione: «una fede atea che cerca di convincere la gente che la scienza contraddice la religione e che questa cerca di contrastare il progresso scientifico». Una falsità, nata nell’ottocento positivista, «movimento di scarso spessore filosofico», il quale però «si presentò come paladino della scienza contro le remore oscurantiste delle religioni e delle filosofie “metafisiche”». In realtà, concluse Agazzi, il positivismo è stato “il parassita” della scienza.

Il passaggio più interessante fu quando, dopo aver sconfessato in ambito biologico il creazionismo e il movimento del Disegno Intelligente (Intelligent Design), l’eminente filosofo della scienza ribadì comunque «la legittimità di parlare di un disegno intelligente a livello di interpretazione filosofica del mondo naturale e la legittimità di operare un “conferimento di senso” di natura religiosa a questo disegno». E’ un errore tacciare come “scientificamente errato” o semplicemente “non scientifico” «ogni discorso in cui traspaia la categoria di finalità». Anzi, occorre «l’accettazione del concetto di disegno intelligente utilizzato sul terreno filosofico e teologico, senza lasciarlo debordare sul terreno scientifico. Il che, d’altro canto, non esclude che anche in campo scientifico si possa tentare di darne una precisazione accurata e scevra da riferimenti espliciti ad interpretazioni filosofiche o ad immagini antropomorfiche», ma mai mescolando scienza, filosofia e fede, «le quali possono reciprocamente arricchirsi nella misura in cui siano chiare le loro specifiche differenze non meno che i possibili punti d’incontro».

Nella recente intervista, al contrario, Agazzi non si è soffermato su un tema particolare. Ha raccontato del suo rimorso di non essere stato entomologo, del suo maestro Gustavo Bontadini, delle sue frequentazioni con i massimi filosofi analitici, come Ayer, Strawson, Dummett, Jonathan Cohen, Nicholas Rescher. L’amicizia con Karl Popper: «andai a trovarlo nella sua abitazione poco fuori Londra. Era una persona affabile, cortese, semplice e alla mano sul piano privato ma anche caparbio nelle discussioni pubbliche, in cui difficilmente accettava critiche». E poi la lungimiranza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, «un’università molto aperta. Fu in Cattolica che ci si occupò, in largo anticipo sui tempi, di Wittgenstein. La prima traduzione del Tractatus fu opera del gesuita Gian Carlo Maria Colombo, un brillante allievo di Bontadini che purtroppo morì giovane in un incidente di montagna. Solo alcuni anni dopo Einaudi avrebbe affrontato una nuova traduzione del libro». Ma compare anche una critica, ovvero l’espulsione di Emanuele Severino: «I suoi scritti resero evidente l’incompatibilità con quella università. L’impianto del suo pensiero portava a escludere l’esistenza di Dio nel senso inteso dal cristianesimo. La vicenda precipitò dopo che il Santo Uffizio incaricò Cornelio Fabro di esaminare gli scritti di Severino per valutarne il grado di allontanamento dall’ortodossia. Fabro era un uomo potente e vendicativo. Ambizioso e di una superbia luciferina. Nel decidere l’espulsione di Severino si trovò perfettamente a suo agio».

Da alcuni anni Agazzi ha iniziato ad occuparsi di bioetica, etica medica ma anche il rispetto degli animali e dell’ambiente. Oltre ad essere presidente dell’Académie Internationale de Philosophie des Sciences e dell’Institut International de Philosophie, il filosofo italiano è anche direttore dellIstituto di bioetica all’università di Città del Messico. Tratta anche di neuroscienze, che sono «una sfida alla filosofia per una più completa comprensione della complessa natura della condizione umana. Metterei tuttavia in guardia dalla tentazione riduzionista, che le neuroscienze manifestano, di spiegare esaurientemente le attività mentali come prodotti del solo cervello». L’uomo possiede una coscienza, «che solo in parte dipende dalle reti neurali».

Infine, un affascinante passaggio sul senso religioso umano, ovvero quella «fede prima di tutte le religioni storiche. Dio per il credente è un bisogno preliminare. L’Assoluto è tutto qui: nella radice puramente umana e non confessionale della domanda religiosa». Tuttavia «le scienze naturali sono di per sé agnostiche circa l’esistenza di Dio e lo è pure l’atteggiamento fondamentale della filosofia che deve essere di totale spregiudicatezza rispetto all’indagine religiosa. Lo scienziato e il filosofo possono tuttavia legittimamente aspirare a una fede, sia aderendo a un’idea di Dio, sia respingendola. In fondo, anche l’ateismo è una risposta al problema religioso».

E l’uomo, il filosofo Evandro Agazzi, come si pone di fronte alle fede? «La religiosità ha dato un senso alla mia vita, mentre la filosofia ha fornito quel rigore che solo il lavoro critico fa raggiungere».

La redazione

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Nel 2060 più cristiani e meno irreligiosi, decisive fertilità ed età media

Cristiani nel mondo. Il Pew Research Center prevede che soltanto cristiani e musulmani incrementeranno di numero, mentre vi sarà un declino delle persone non religiose. Al cuore dell’indagine la demografia.

 

Con buona pace per Nietzsche, Dio non è morto e non morirà a breve. Secondo i dati più recenti, infatti, saranno le persone senza affiliazione religiosa a diventare più rare in proporzione alla popolazione.

Lo ha stabilito un rapporto di qualche tempo fa realizzato dal Pew Research Center: mentre la proporzione della popolazione mondiale che professa la fede in una religione aumenterà dall’84 all’87,5% nel 2060, altre religioni e punti di vista sull’esistenza declineranno. Anzi, gli unici gruppi che aumenteranno effettivamente di numero saranno musulmani e cristiani.

Lo studio prevede che nel 2060 la popolazione mondiale crescerà del 32%, arrivando a 9,6 miliardi. Mentre quasi tutte i raggruppamenti religiosi -inclusi i “non affiliati” e gli “atei”- cresceranno in termini assoluti, soltanto cristiani e musulmani aumenteranno oltre al 32%, dunque incrementando la loro “quota” di fedeli. Le persone non affiliate (deisti, non religiosi, irreligiosi) cresceranno solo del 3%, a poco più di 1,2 miliardi di persone nel 2060, diventando il quarto più grande raggruppamento religioso (mentre oggi sono il terzo): sarebbero quindi proiettati a declinare dal 16% del 2015 al 13% nel 2060. Diminuiranno anche gli induisti (dal 15,1 al 14,5%), mentre aumenteranno leggermente gli ebrei e le persone che aderiscono alle religioni popolari (come le tradizionali religioni africane, cinesi, native americane e aborigene australiane).

Gli unici, secondo tale rapporto, che declineranno sostanzialmente tra oggi e il 2060 saranno i giainisti, i sikh, i taoisti e i buddisti. Questi ultimi, crollata la “moda occidentale” della ricerca di se stessi in Oriente, diminuiranno da mezzo miliardo a 461 milioni di persone. Nel 2060 il cristianesimo sarà ancora la più grande religione, ma non per molto poiché il numero di musulmani aumenterà molto più rapidamente.

Il cuore di tale indagine è la demografia. I musulmani e, in misura minore, i cristiani, vivono in paesi più giovani e più fertili. Buddisti e “non affiliati” tendono invece a vivere in paesi più vecchi e meno fertili come la Cina, il Giappone o l’Europa occidentale. L’età media dei musulmani (24 anni) è inferiore all’età media della popolazione mondiale (30), mentre l’età media dei cristiani (30) corrisponde alla media globale. Tutti gli altri gruppi sono più vecchi della media globale, il che è parte del motivo per cui si prevede che essi resteranno indietro rispetto al ritmo di crescita della popolazione.

Citiamo questi dati -meglio dire, proiezioni, con tutto il potenziale di errore che contengono- non tanto per una poco significativa soddisfazione di file ingrossate, ma poiché semplicemente il mondo secolarizzato è tronfiamente convinto di tesi opposte. Per quanto ci riguarda, non vediamo con sfavore l’esperienza di un cristianesimo quantitativamente ridotto, poiché «può suscitare una nuova vitalità di un cristianesimo più consapevole» (J. Ratzinger, Il sale della terra, San Paolo 1997).

La redazione

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Asia Bibi, la sentenza che l’ha assolta: «anche insultare i cristiani è blasfemia»

Asia Bibi libera, la sentenza della Corte Suprema. I giudici pakistani che hanno assolto dopo 8 anni la donna cristiana hanno scritto un passaggio storico nella sentenza, rivoluzionario ed imprevisto: “è blasfemia anche insultare la religione cristiana, pur facendolo in nome di Maometto”.

 

La Corte Suprema del Pakistan ha cancellato ieri la condanna a morte per blasfemia che gravava dal 2010 su una donna cristiana, Asia Bibi. Più che mai è il caso anche di ricordare Salman Taseer, ex governatore musulmano del Punjab, e Shahbaz Bhatti, ex ministro cristiano per le minoranze, entrambi assassinati perché l’avevano difesa.

Il direttore di Asia News, padre Bernardo Cervellera, è stato tra i primi in Italia a riferire la grande notizia di ieri. In diretta al TG1 ha dichiarato che ora la donna e la sua famiglia dovranno scappare dal Paese, anche perché -com’era prevedibile- i radicali islamici hanno violentemente manifestato contro la sentenza, mettendo a ferro e fuoco le strade. Ha anche ricordato, come avevamo reso noto, che l’Italia è tra i primi Paesi che si sono offerti di ospitare Asia Bibi ma ha suggerito la necessità di proteggere anche i tre coraggiosi giudici islamici che hanno emesso il verdetto, i loro nomi: Saqib Nisar, Asif Saeed Khosa e Mazhar Alam Khan Miankhel.

Questo anche perché nelle 56 pagine della sentenza si trova un passaggio rivoluzionario e scioccante per il Pakistan. «Chi porta avanti un’accusa deve anche provarla», hanno scritto. «Un imputato è innocente fino a quando non è stata dimostrata la sua colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio. E nel caso di Asia Bibi le prove fornite dall’accusa sulla presunta blasfemia commessa hanno categoricamente fallito nel provare la sua colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio». La corte ha anche spiegato che «non spetta gli individui o alle folle decidere se un reato è stato commesso o meno, ma alla giustizia». Ma ecco la frase più sorprendente e inattesa: «La blasfemia è un’offesa grave ma anche insultare la religione dell’imputata e mischiare la verità e la falsità come fatto dall’accusa nel nome del profeta Maometto non è meno blasfemo».

Che in un regime totalitario islamico come quello del Pakistan, nato in nome dell’Islam dopo la partizione dall’India, i giudici della Corte Suprema dichiarino che è blasfemia anche insultare il Dio cristiano, pur in nome di Maometto, è qualcosa di totalmente imprevisto. Probabilmente anche per questo che il leader del partito estremista Tehreek-e-Labaik, Muhammad Afzal Qadri, ha subito annunciato: «I giudici che hanno scagionato Asia Bibi meritano la morte. I soldati musulmani si ribellino ai loro generali».

Ci vorranno ancora giorni prima che la donna sia effettivamente liberata ed intanto l’esercito è stato dispiegato per evitare attentati terroristici. Sopratutto a Youhanabad, il più grande quartiere cristiano di Lahore, già colpito da sanguinosi attentati negli anni scorsi. «Abbiamo molta paura di quanto potrà succedere. In questo paese ci sono molti fondamentalisti», ha dichiarato il marito di Asia, Ashiq Masih. Il loro avvocato, Saif ul-Malook, teme a sua volta: «Io e la mia famiglia siamo in grave rischio, specie perché io sono un musulmano che difende una cristiana che ha commesso blasfemia». Il fatto che l’avvocato personale di Asia Bibi sia musulmano dice già di quanto sia errato generalizzare, molti islamici stanno infatti esultando assieme ai cristiani per l’assoluzione della donna.

Purtroppo in contemporanea alla notizia di liberazione è arrivata anche quella della richiesta di riscatto di $275 milioni di dollari per la liberazione della giovane cristiana nigeriana Leah Sharibu, rapita all’inizio dell’anno dal gruppo radicale islamico Boko Haram. La ragazza di 15 anni è l’unica rimasta prigioniera perché si è rifiutata di rinunciare alla sua fede in Gesù Cristo e convertirsi all’Islam.

La redazione

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La “processione dei santi”: nella notte di Halloween e nel cuore di Roma

La festa di Halloween e i cristiani. La diocesi di Roma ha proposto per la prima volta un’alternativa alla festa commerciale di zucche e scheletri, organizzando una processione notturna di memoria dei santi e dei martiri.

 

Per la prima volta, questa notte, si svolgerà una processione nel cuore di Roma che partirà alle ore 20 (ingresso alle 19) da chiesa di Santa Maria Antiqua fino a quella di Sant’Anastasia, con soste a San Sebastiano e San Bonaventura al Palatino.

«L’idea è quella di accendere questa notte speciale per noi cristiani di luce, di preghiera e di bellezza», ha spiegato padre Davide Carbonaro, parroco di Santa Maria in Portico in Campitelli e tra gli organizzatori dell’iniziativa.

Mentre il mondo festeggerà Halloween, con zucche, maschere mostruose e scheletri, per i cristiani sarà una notte di memoria dei santi e dei martiri. Ad aprire il cammino, ha spiegato il vescovo ausiliare mons. Gianrico Ruzza, che guiderà poi la processione, vi saranno le icone dei dei santi legati alla Città Eterna; dietro i fedeli, e ciascuno potrà portare l’immagine di un santo a cui è particolarmente legato.

Una bella iniziativa. Una scelta che rispecchia il metodo cristiano, quello che preferisce indicare e proporre ciò che ritiene di valore rispetto al criticare ciò non lo è. Dall’altra parte non vanno però trascurati gli avvertimenti di padre Francesco Bamonte, presidente dell’Associazione internazionale esorcisti (Aie): «La mia esperienza come quella di altri esorcisti, mostra come la ricorrenza di Halloween incluso il periodo di tempo che la prepara, sia di fatto per alcuni giovani, un momento privilegiato di contatto con realtà settarie o comunque legate al mondo dell’occultismo, con conseguenze anche gravi non solo sul piano spirituale, ma anche sul piano dell’integrità psicofisica». Tutto ciò non significa che coloro che festeggiano Halloween avranno automaticamente esperienze negative, ma «per i seguaci del maligno certamente è motivo di grande soddisfazione che tanti bambini, adolescenti, giovani e adulti, quella notte siano orientati non alla meravigliosa luce e bellezza di Dio, ma in qualche maniera al mondo del male. Loro sono convinti che in tal modo si rafforza il potere del maligno nella società e in essi stessi». Ed effettivamente dal mondo giungono notizie sull’aumento di riti satanici all’avvicinarsi alla notte del 31 ottobre.

Così un’altra festa mondana ha nascosto, anche nel nostro Paese, la tradizionale festa di Ognissanti del 1 novembre. Ben venga dunque la decisione della diocesi di Roma di proporre un’alternativa alla discoteca e alle feste in maschera, probabilmente meno attraente di zucche illuminate e costumi fosforescenti. Ma certamente più adeguata alla maturità esistenziale degli uomini.

La redazione

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L’Argentina rinuncia al gender grazie al risveglio del popolo

Argentina e ideologia gender. Il presidente Mauricio Macri ha repentinamente cambiato idea dopo l’imponente manifestazione di domenica scorsa, quando migliaia di persone sono scese per le strade con lo slogan #ConMisHijosNoTeMetas.

 

Cosa sta accadendo in Argentina? Se lo domandano in tanti, un fenomeno che sembra inversamente proporzionale a quanto sta avvenendo invece in Irlanda dove, in poco tempo, è stato liberalizzato l’aborto e introdotte le nozze arcobaleno.

Nel paese sudamericano, invece, si sta verificando un “risveglio” popolare simile a quello avvenuto in Francia qualche anno fa quando milioni di persone sono incredibilmente scese per le strade a sostegno della famiglia naturale. Con una differenza: in Argentina il governo sta ascoltando il popolo.

Nell’agosto scorso il parlamento argentino, spinto dal volere popolare e dai vescovi cattolici, ha bocciato in modo storico la legalizzazione dell‘interruzione di gravidanza. Pochi giorni fa il presidente Mauricio Macri non solo ha deciso di interrompere la legge sull’educazione sessuale, attraverso la quale si intendeva introdurre l’ideologia gender nelle scuole, ma ha anche indotto il ministro dell’Istruzione, Alejandro Finocchiaro, ad assicurare che la legge attuale non «ha bisogno di essere modificata» e che il governo crede nel ruolo “principale e fondamentale” della famiglia e nella “innegabile” responsabilità dei genitori nell’educazione dei loro figli.

Cos’ha portato questo repentino cambio di progetti? Sempre la volontà popolare. Sono state fortissime, infatti, le proteste da parte di migliaia di genitori che prima hanno portato a spaccature interne nella maggioranza e poi alla rinuncia definitiva della proposta di legge. Decine di migliaia di argentini sono scesi in piazza domenica 28 ottobre, con lo slogan #ConMisHijosNoTeMetas (“Con i miei figli non sei coinvolto”), che è anche il nome di un movimento indipendente di genitori emerso spontaneamente in Perù nel 2016. A Buenos Aires, la capitale, i manifestanti si sono concentrati di fronte al Congresso della nazione, ma vi sono state dozzine di marce nel resto delle città argentine.

Anche in questo caso i vescovi si sono mossi pubblicando una dichiarazione intitolata “Distinguiamo tra sesso, genere ed ideologia”. Nel testo hanno avvertito dell’imposizione di questa ideologia, ovvero la falsa indipendenza del genere dalla sessualità biologica contro cui più volte si è scagliato anche Papa Francesco, la quale vorrebbe diventare un progetto educativo ignorando la volontà dei genitori.

 

 
La redazione

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I “miracoli quotidiani” della Chiesa nonostante la crisi degli abusi, l’elogio degli USA

La carità della Chiesa. La rappresentante degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, Nikki Haley, è intervenuta elogiando l’enorme attività caritatevole della Chiesa cattolica di cui è stata testimone diretta chiedendo che gli scandali non oscurino i “miracoli” quotidiani di vescovi e sacerdoti.

 

Quando Nikki Haley si pronuncia significa che ha parlato il presidente degli Stati Uniti. Lei, infatti, è rappresentante permanente degli USA alle Nazioni Unite per volontà di 96 senatori (contro 4) di tutti gli schieramenti politici, dopo aver rifiutato la carica di segretario di Stato offertale da Donald Trump. Dopo Angela Merkel è ritenuta una delle più importanti donne al mondo e la rivista Time l’ha inserita nelle 100 persone più influenti. Altro che Boldrini!

La Haley è stata l’ospite d’onore della cena per la raccolta di fondi organizzata dall’Arcidiocesi di New York, tenutasi il 18 ottobre scorso ed il suo discorso è stato davvero profondo e per certi versi inaspettato. A nome del presidente degli Stati Uniti, ha riconosciuto gli sforzi della Chiesa cattolica per affrontare lo scandalo degli abusi sessuali mentre, ha spiegato, continua il suo “incredibile lavoro” aiutando “milioni di persone disperate” in tutto il mondo.

Un aiuto che non fa notizia, non raggiunge le prime pagine (giustamente), al contrario degli scandali e degli abusi, delle mele marce. Lo stesso Papa Francesco lo ha detto: «Sui giornali vengono le notizie di quello che fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e e di campagna? La tanta carità che fanno? Il tanto lavoro che fanno per portare avanti il loro popolo? No, questa non è notizia! Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce». Nel corso del suo mandato come rappresentante degli USA alle Nazioni Unite, Haley ha detto di essere stata in alcuni «luoghi veramente bui», dove le sofferenze sopportate da molte persone sarebbero state «difficili da immaginare per la maggior parte degli americani».

Ne è stata testimone diretta:

«Sono stata al confine tra Colombia e Venezuela, dove le persone camminano 3 ore ogni giorno sotto al sole cocente per ottenere l’unico pasto che avranno quel giorno. Chi sta dando loro quel pasto? La Chiesa cattolica. Sono stata nei campi profughi dell’Africa centrale dove i giovani vengono rapiti e costretti a diventare bambini soldato e le ragazze vengono violentate come una fatto di routine. Chi era in prima linea nel cercare di cambiare questa cultura della corruzione e della violenza? La Chiesa cattolica.

L’ambasciatrice americana ha anche riconosciuto che la crisi degli abusi sessuali ha scosso la Chiesa, sia negli Stati Uniti che a livello globale, sarebbe stato “negligente” non menzionare i recenti scandali. Ma, ha voluto aggiungere, l’abuso sessuale non è un problema limitato alla Chiesa ed essa, il suo posto, è «a fianco delle vittime, portando il loro dolore. So che i leader della chiesa riconoscono la responsabilità nel non aver affrontato questo fallimento morale, e stanno prendendo provvedimenti, ma sarebbe tragico se lo scandalo degli abusi rendesse il mondo cieco rispetto al fantastico bene che la Chiesa cattolica fa ogni singolo giorno». Ha infatti definito “miracoli quotidiani” le opere globali di carità, educazione e assistenza sanitaria della Chiesa, «quei miracoli sono la via della Chiesa».

Lo stesso evento organizzato dai vescovi americani è servito per aiutare concretamente i poveri di New York e la Chiesa cerca sempre di coinvolgere il mondo politico in questo oceano di bene. E’ stato anche apprezzato il tentativo di Nikki Haley a riportare serenità e umanità nel confronto politico, ad esempio quando ha detto: «Abbiamo grandi differenze politiche qui, a casa nostra. Ma i nostri avversari non sono malvagi. Sono solo i nostri avversari. Siamo benedetti con un sistema politico che ci consente di risolvere le nostre divergenze pacificamente. Alla fine, dobbiamo riconoscere che siamo tutti americani e che siamo più forti e più sani quando siamo uniti». Chissà che le sue parole non influiscano sul modo piuttosto brutale con cui il presidente Trump utilizza i social network.

Durante la serata la Haley ha anche annunciato che lascerà il suo ruolo di ambasciatrice all’ONU alla fine del 2018, dopo essere stata anche governatore della Carolina del Sud. La cena di beneficenza ha raccolto quasi 4 milioni dollari. Un altro “miracolo”.

La redazione

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Perché Kim Jong-un teme i cristiani? Non può controllarli, obbediscono ad un Altro

Cristiani in Corea del Nord. Sono ritenuti una minaccia politica e culturale per il regime perché mettono in discussione l’assolutismo del potere politico, hanno introdotto la laicità e riservano venerazione solo per Dio. Non sono un popolo assoggettabile.

 

Kim Jong-un, l’attuale presidente della Corea del Nord, ha proseguito molte cose iniziate da suo padre e suo nonno. Ad esempio le quotidiane atrocità e violazioni dei diritti umani, i campi di lavoro per i dissidenti, ha assassinato rivali politici e culturali, si è affermato come leader supremo e ha creato attorno a lui e alla sua famiglia un culto della personalità (in tutto il paese ci sarebbero oltre 40.000 statue della famiglia che devono essere pulite e adorate dal popolo nordcoreano).

Dichiaratamente ateo, il leader del Partito dei lavoratori della Corea (WPK) ha mantenuto vigente l’ateismo di Stato e ha specificamente preso di mira il cristianesimo. Recentemente si è parlato molto del suo invito ufficiale a Papa Francesco a visitare la Corea del Nord, nonostante da vent’anni sia in cima alla lista dei paesi più pericolosi per i cristiani. Si stima che vi siano tra gli 80.000 e i 120.000 prigionieri politici culturali, gran parte per motivi di religione. Molti sono esiliati, tra essi i coniugi cattolici Giuseppe Lim Young-jin e Amata Kim Mi-jin che ora vivono nella Corea del Sud e hanno aperto una fiorente panetteria, diventata un’eccellenza nazionale e un modello di carità ai poveri.

Dalla nascita alla morte, ai cittadini nordcoreani viene insegnata la propaganda di Stato. Un rapporto delle Nazioni Unite del 2014 ha rilevato che «lo stato considera la diffusione del cristianesimo una minaccia particolarmente seria, dal momento che sfida ideologicamente il culto della personalità e fornisce una piattaforma per l’organizzazione sociale e politica e l’interazione al di fuori del regno dello stato». Questo risponde alla domanda del perché Kim Jong-un consideri ancora oggi “pericolosi” i cristiani, perché li tema tanto da ritenerli una minaccia e una figura politica ostile.

La risposta è che i cristiani veri, autentici, rispondono ad un altro Signore. Non sono manipolabili, assoggettabili o controllabili dal potere, non si conformano alle regole del mondo e non temono minacce e persecuzioni. Lo mostra la loro stessa storia e quella del loro Maestro, Gesù di Nazareth. Il cristianesimo mette direttamente in discussione la stessa nozione politica di leader supremo: fin dal principio i cristiani proclamarono la loro obbedienza al potere imperiale ma rifiutarono di venerare l’imperatore come un dio, di bruciare incenso davanti alla sua effige, iniziando così la desacralizzazione del potere politico: nessun sovrano di un Paese cristiano, infatti, chiederà di essere adorato, al contrario degli imperatori romani, ed in generale quelli antichi, e come faranno sino al Novecento quelli comunisti (ad eccezione delle dittature di Cina e Corea del Nord, che continuato ancora oggi).

I cristiani hanno introdotto la laicità, la separazione tra Dio e Cesare e hanno sempre accettato l’autorità politica, il potere terreno ma mai sottomettendosi, riconoscendo soltanto un solo Signore. Il ruolo della Chiesa nei secoli è sempre stato quello di limitare il potere sovente tirannico dei sovrani. «La laicità», ha spiegato il filosofo Salvatore Veca, accademico e vicedirettore dell’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia, «intesa nel suo significato più autentico, appartiene al cristianesimo in modo irrinunciabile e costitutivo».

La redazione

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