Sondaggio Gallup: negli USA il 92% crede in Dio

Pochi giorni fa davamo la notizia di un sondaggio Gallup che rivelava come il 70% degli studenti universitari degli Stati Uniti vedeva il rapporto “scienza e religione” come non conflittuale ma indipendente o collaborativo (cfr. Ultimissima 2/6/11). Il 3 giugno 2011 ha replicato con un altro sondaggio, questa volta rivolto a tutta la popolazione americana, a cui è stato semplicemente chiesto se “credesse in Dio“.

Nel Paese leader per il progresso scientifico-tecnologico, contrariamente all’opinione di ogni buon ateologo, il 92% ha risposto “si” e il 7% ha detto di “no”. Sostanzialmente più di 9 americani su 10. In quasi 70 anni, nonostante la pressante campagna di secolarizzazione, i credenti sono diminuiti del 4% e i non credenti sono aumentati del 6%. Parliamo di credenti, anche se in realtà sappiamo che l’81% è cristiano, di cui il 24% cattolico.

La fede in Dio scende al di sotto del 90% tra i giovani dai 18 ai 29 anni e risale al 94% dopo i 30 anni, nel cuore della maturità della persona. Scende all’87% anche in coloro che sono in possesso di un dottorato, mentre sale al 94% per chi è laureato rispetto a chi è semplicemente diplomato (92%).

Nel 2006, in un sondaggio simile, i ricercatori hanno chiesto agli intervistati se avessero dubbi sulla loro posizione. Il 73% si è dichiarato “certo” dell’esistenza di Dio, mentre il 19% ha detto di avere dei dubbi, pochi (il 14%) o molti (il 5%). Anche tra quel 7% di non credenti sono state espresse delle perplessità: infatti, il 4% ha detto che “probabilmente Dio non esiste, ma di non essere sicuro”, mentre solo il 3% ha detto di “essere certo dell’inesistenza di Dio“.

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L’Atletico Madrid parteciperà alla Giornata Mondiale della Gioventù 2011

La Fondazione della squadra di calcio dell’Atletico Madrid, uno dei più grandi club spagnoli, ha presentato l’iniziativa “Gracias!” che sosterrà l’attesissima Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid il prossimo 21 agosto.

Il gran finale consisterà in una partita di beneficienza tra ex giocatori spagnoli ed una selezione di ex giocatori di tutto il mondo, presso lo stadio Vicente Calderon. Enrique Cerezo, il presidente dell’Atletico Madrid, ha detto che «è sempre speciale contribuire ad eventi di questa portata. La GMG ha un’identità coerente con gli ideali della Fondazione Atletico Madrid e offre ai giovani l’opportunità di vivere esperienze appaganti e trasmettere un messaggio di solidarietà».

Tra i giocatori che parteciperanno: Paolo Futre, Fernando Hierro, Milinko Pantic, Diego Tristán, Thomas N´Kono ecc… Ricordiamo che l’allenatore della Nazionale spagnola, Vicente del Bosque, è uno dei testimonial del grande appuntamento della gioventù cattolica (cfr. Ultimissima 21/1/11)

Nel video qui sotto la presentazione dell’iniziativa con alcune star della squadra di calcio:

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Texas: fallito il tentativo di impedire la preghiera durante la consegna lauree

Gli atei militanti americani sono tornati all’attacco, questa volta in Texas, presso la Medina Valley High School. Hanno infatti tentato di promuovere il lacismo impedendo la recita di una preghiera durante la cerimonia di consegna dei diplomi programmata per sabato 4 giugno 2011.

Il giudice federale Fred Biery ha infatti proibito all’intero distretto scolastico di usare qualsiasi invocazione, comprese le parole “amen” e “benedizione“. La sentenza, giunta in seguito alla causa intentata da Christa e Danny Schultz spiega che nel caso in cui la tradizionale invocazione a Dio venisse utilizzata durante la cerimonia, la famiglia in questione «andrebbe a soffrire un danno irreparabile», stabilendo pertanto ripercussioni legali e persino l’arresto a chi non rispettasse la decisione. Metodi da ateismo di Stato, dunque. Ovviamente dietro la famiglia c’è l’appoggio delle lobby atee.

Ma l’America non è l’URSS o la Cina, o la Corea del Nord, per fortuna, così il 5° Circuito della Corte d’Appello ha completamente ribaltato la sentenza, permettendo dunque lo svolgimento tradizionale della cerimonia, apprezzata dalla totalità dei partecipanti. Lo stesso governtaore del Texas, Rick Perry e il procuratore generale dello stato, Greg Abbott, si sono subito felicitati di questa posizione della Corte d’Appello e in un comunicato ufficiale hanno dichiarato: «Non dovrebbe essere illegale per gli studenti dire una preghiera durante una cerimonia di laurea. Ora, anche la Corte d’appello federale è d’accordo. Il Texas continuerà a sostenere tutti coloro che desiderano pregare nel nostro stato». Il presidente del Liberty Institute, Kelly Shackelford, ha dichiarato che la nuova sentenza «è una vittoria completa per la libertà religiosa».

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Il filosofo Esposito: «il pensiero dei grandi laici ci conferma nella fede in Dio»

Nelle librerie è possibile trovare l’ultimo libro di Costantino Esposito, docente di Storia della filosofia nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bari. Studioso in particolare del pensiero di Heidegger, Kant e Francisco Suárez. Il titolo è “Una ragione inquieta. Interventi e riflessioni nelle pieghe del nostro tempo” (Brossura 2011).

Aiutato dai giudizi di Sant’Agostino e don Luigi Giussani, il filosofo analizza il pensiero dei grandi della storia: Dante, Petrarca, Svevo, Woolf, Eliot, Pavese, Cézanne, Stravinskij, Kierkegaard, Schrödinger, van Gogh e tanti filosofi, tanti nichilisti del mondo laico. E’ dal loro pensiero che il cristiano trova conferma della proporia fede, perché «ci aiutano perché colgono la vibrazione ultima dei nostri problemi», dice Esposito.

L’inquietudine del titolo verte sul nesso tra fede e ragione. Il nichilismo dell’uomo, lo diceva Agostino e lo sottolineava Giussani, emerge quando la ricerca del senso, del fondamento della sua esistenza, la risposta all’insopprimibile esigenza umana viene confinata lontana dal rapporto con la realtà e dalla ragione. E’ dunque impossibile, dice il filosofo Ferruccio De Natale presentando il testo di Esposito, separare sentimento e intelletto, «cuore» e ragione, pena la perdita dell’essenza stessa dell’umano: «Quanto più indago, razionalmente, il senso di ciò che mi circonda e di me stesso, più contemplo la bellezza del mondo e dei prodotti dell’uomo, tanto più avverto l’inadeguatezza e il mio bisogno che trovano risposta solo in un infinitivamente Altro da me (che pure si è fatto Presona per me)». La fede non interrompe la continua ricerca, l’esigenza del significato, ma la potenzia: più conosco e più “credo”, e viceversa. E’ un continuo confronto e paragone con il reale.

 

In questo video del 2009 il prof. Esposito, assieme al filosofo della Sorbona Rémi Brague e al filosofo dell’Università del Molise, Giovanni Maddalena affrontano proprio questo tema: “La realtà come segno”

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Brasile, ritirato il kit anti-omofobia che promuove l’omosessualità nelle scuole

Verso fine maggio la presidente del Brasile, Dilma Rousseff, ha posto il veto contro l’utilizzo del cosiddetto “kit-anti-omofobia” ( costato tre milioni di reais , circa due milioni di dollari) nelle scuole pubbliche, reputandolo “inappropriato” e “fuori luogo”.

In particolare sotto processo è finito un video allegato. Come tutti si aspetterebbero avrebbe dovuto contenere giuste informazioni sulla discriminazione a base sessuale, richiami al rispetto della diversità o testimonianze di omosessuali perseguitati. In realtà -poche agenzie di stampa lo ha riportato- lo scopo del video era semplicemente quello di promuovere l’omosessualità nelle scuole. Il video infatti mostra un ragazzino di 14 anni di nome Ricardo, che “si innamora” di un altro compagno quando lo vede urinare nel bagno della scuola. Lo stesso ragazzo più avanti dirà al suo insegnante di voler essere chiamato “Bianca” al posto di Ricardo. Il filmato mostra anche due fanciulle di 13 anni che annunciano la loro relazione sessuale lesbica a tutta la classe scambiandosi un bacio sulla bocca.

L’amministrazione brasiliana, in un comunicato ufficiale, ha dichiarato di aver «deciso che da ora in poi qualsiasi materiale che si occupa di costumi sociali verrà creato dopo una più ampia consultazione».

Recentemente il Supremo Tribunal Federal ha stabilito che il governo dovrà riconoscere le unioni omosessuali in modo paritetico, perché la loro discriminazione infrange la clausola costituzione dell’uguaglianza. Anche se di uguaglianza fra i due tipi di “unione” ce n’è molto poca. La Rouseff si è dichiarata favorevole alle parntership civili, ma ha comunque rimarcato il suo ferreo “no” al matrimonio omosessuale.

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William Shakespeare era cattolico, lo riconosce anche il primate anglicano

La religiosità di William Shakesperare, il più grande scrittore in lingua inglese, è sempre stata oggetto di discussione. Esiste perfino una pagina di Wikipedia in versione inglese, che sostanzialmente lascia aperte molte possibilità, anche se tendenzialmente lo colloca all’interno dell’anglicanesimo.

Tuttavia in questi giorni, come è ripreso su Italia Oggi, il primate della Comunione anglicane, l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, dotto studioso di letteratura, ha riconosciuto che «aveva un retroterra cattolico». Lo ha detto durante l’Hay Festival in corso in in Galles: «Per quel che vale, penso che Shakespeare avesse un retroterra cattolico e molti amici cattolici, ma l’autore dei Sonetti non è stato un uomo molto giudizioso. Se è stato un cristiano, non è stato un santo. Quanto credesse, o che cosa facesse per quanto concerne la sua fede, non lo so proprio. Non era un uomo molto gradevole sotto vari aspetti, e questo è qualche cosa che colpisce molto. Si occupava di accumulare grano, e di comprare proprietà a Stratford, niente di terribilmente attraente». Comunque, ha continuato l’arcivescovo anglicano, «ci sono cose, nelle sue opere, che non si possono capire senza comprendere i concetti di perdono e di grazia. Ha lottato con le domande dell’umanità e ha concluso dicendo che c’è molto di più in tutto questo di quanto si potrebbe pensare. Quel mistero è una parte di ciò che troviamo nelle sue opere. Il che sembra impossibile, senza un qualche cosa di sacro».

Nel 2008 su Zenit.it, anche lo scrittore Joseph Pearce, il quale ha scritto un libro sull’argomento, spiegava: «esiste una schiera di illustri studiosi di Shakespeare che sono arrivati alla conclusione che il poeta era cattolico. Dopo il lavoro pionieristico di Richard Simpson del XIX secolo, la convinzione che Shakespeare fosse un credente cattolico ha ricevuto conferme dal successivo lavoro investigativo accademico degli studiosi. Tra questi ultimi figurano Mutschmann e Wentersdorf, John Henry de Groot, Ian Wilson, due gesuiti padre Peter Milward e padre Herbert Thurston, Hildegard Hammerschmidt-Hummel e Clare Asquith». La faccenda è rimasta celata perché «il cattolicesimo, ai tempi di Shakespeare, era fuori legge. E poi perché nei due secoli successivi alla sua morte il mondo intellettuale di quel periodo è stato fortemente anticattolico. Infine, gran parte degli elementi inconfutabili non è venuta alla luce o non è stata correttamente intesa se non da poco tempo». Di questo ne parla ottimamente un articolo apparso nel 2004 sulla rivista Il Timone.

Un’altra prova, riportavano Il Sole 24 ore e altri quotidiani internazionali nel 2009, sarebbero anche tre firme “shakespeariane” sulle pagine di un libro di pellegrini cattolici, le quali potrebbero anche dimostrare che Shakespeare trascorse del tempo in Italia frequentando il Venerable English College di Roma, un seminario per la formazione dei sacerdoti cattolici inglesi che divenne un rifugio per i cattolici perseguitati durante la Riforma, durante i suoi cosiddetti “anni perduti” tra il 1585 e il 1592. Tra l’altro cinque delle sue 37 opere sono situate in Italia, altre cinque completamente o parzialmente a Roma e tre in Sicilia.

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Neuroscienze e libertà: «l’uomo non è il suo cervello»

Il 4 maggio 2011 ha preso avvio un ciclo di incontri presso il Centro Culturale di Milano (www.cmc.milano.it) intitolato “Neuroscienze, determinismo o libertà”? Al primo appuntamento hanno partecipato Roberto Cavallaro, psichiatra, responsabile “Centro Disturbi Psicotici” del Dipartimento di Scienze Neuropsichiche dell’Ospedale S.Raffaele, docente presso l’Università S. Raffaele di Milano e ricercatore in psicofarmacologia clinica, neuropsicologia, riabilitazione neuropsicologica e biologia molecolare. Assieme a lui anche Mauro Ceroni, docente e ricercatore universitario in Neurologia presso l’Università di Pavia, responsabile del Laboratorio di Neurobiologia Sperimentale dell’ IRCSS Istituto Neurologico C. Mondino di Pavia e già “VisitingScience” presso il National Institute of Naurological Disorders and Stroke (NINDS) del National Institutes of Health (NIH) di Bethesda USA. L’incontro è stato moderato da Sergio Barbieri, neurologo, direttore di “U.O. Neurofisiopatologia” al Policlinico di Milano e autore di innumerevoli studi scientifici. Sintetizziamo gli interventi sottolineando i passaggi più interessanti della trascrizione integrale pubblicata sul sito web dell’associazione culturale.

IL DOTT. BARBIERI introducendo l’incontro, ha subito voluto chiarire che «il rapporto mente-cervello come rapporto hardware e software non è sicuramente corretto. Il cervello non è una macchina, perché il sistema decisionale del cervello non è computazionale. Quando prendiamo una decisione, non lo facciamo come un computer che valuta tutte le possibili opzioni in atto e ne sceglie una, abbiamo anche un apporto affettivo che ci guida nelle decisioni, a volte ci può far fare delle decisioni giuste a volte ce le può far fare sbagliate ma il cervello umano funziona in questo modo». Si è poi spostato sul cuore del dibattito, cioè il rapporto sul libero arbitrio, dicendo che «chiaramente coloro che ritengono, in maniera riduzionistica, che il cervello produca solamente impulsi elettrochimici e questi automaticamente si traducano poi in decisioni operative, tendono a ritenere che la libertà non esiste, in quanto tutto dovrebbe essere predeterminato. In realtà, ultimamente, anche questo tipo di approccio è stato abbastanza contestato, fortunatamente».

IL DOTT. CERONI si è concentrato sugli aspetti neurologici, scardinando il luogo comune di certo scientismo materialista per cui «l’uomo è il suo cervello», come abbiamo imparato dalla filosofia di Cartesio (“Cogito ergo sum”). Il neurologo invece ritiene «che non si possa assolutamente dare per scontato una tale posizione». La quale, tra l’altro, se affermata veramente porterebbe alla deresponsabilizzazione totale: «una simile interpretazione implica la negazione della libertà, che sarebbe solo apparente, e pertanto della responsabilità. Nessuna persona potrebbe più essere ritenuta responsabile dei suoi atti. Spero sia anche chiaro a tutti che una tale interpretazione non ha nulla di scientifico. Questa affermazione, appunto che l’uomo è il suo cervello, non è un’affermazione scientifica, bensì è un’affermazione che in quanto non assoluta e non dimostrabile non si gioca sul piano scientifico, bensì su quello filosofico e da questo deve essere argomentato se non vuole essere un pregiudizio che nulla ha a che vedere con la realtà». Anche le neuroscienze hanno il loro dogma, e questo è appunto il binomio mente-cervello. Lo scienziato ripercorre così la storia che ha portato a questa rigidità, dalla critica a Cartesio fino al Nobel Francis Crick. Arriva poi a criticare anche certa divulgazione che ogni tanto annuncia la scoperta del gene dell’altruismo, dell’egoismo, della felicità, dell’alcolismo ecc.., ma in realtà è da sempre risaputo che «ogni pensiero sentimento, gesto, percezione, esperienza, qualunque cosa mia ha un correlato neurologico e elettrofisiologico, penso che questo sia del tutto indubitabile, non esiste atto che io faccio, momento che io viva, sentimento che mi attraversi che non abbia un correlato neuro-fisiologico. Nulla può accadere in me che non abbia una base fisiologica, che non implichi un’attivazione dei circuiti nervosi, ma ciò non significa affatto che tutto sia riconducibile al mio cervello. Io non sono il mio cervello, che si accenda l’area non vuol dire immediatamente che quella sia la causa, che quella causa il mio comportamento». Il riduzionismo scientifico ha sempre preteso di ridurre l’uomo a quello che può conoscere, eppure cosa sia veramente “l’io” «non può essere risolto dalla scienza, non è di tipo scientifico, quando la scienza pretende di dare la risposta a questo tipo di quesiti commette un errore previo da cui poi è accecata, la pretesa che il metodo scientifico sia l’unico metodo di conoscenza e tra l’altro questa affermazione non è scientifica. Quando avanza tale pretesa è come se di fatto rendesse inesistenti tutte le realtà non conoscibili col metodo scientifico. Inoltre l’affermazione “la conoscenza scientifica è l’unica conoscenza oggettiva vera” non è un affermazione scientifica vera, bensì un’affermazione filosofica e come tale deve essere argomentata». La risposta del neurologo è che per conoscere cosa sia realmente il proprio “io”, non posso affidarmi allo scienziato, ma «poiché si tratta di me, di quello che mi costituisce, che è più intimo a me, devo cercarlo dentro la mia esperienza, così come essa traspare nel folto della vita. Mi accorgerò che sono costituito da due ordini di fattori, con caratteristiche diverse e irriducibili tra loro. Uno comprende fenomeni materiali (divisibili, misurabili, visibili, che cambiano nel tempo, si corrompono) e fenomeni non misurabili (come i concetti, le verità matematiche, l’Io, i giudizi di valore, le decisioni che assumiamo nella vita). Questi ultimi sono un ordine di fenomeni che possiamo chiamare “spirituale” o “non materiale”, in un modo più ristretto si possono chiamare “mentali”». Queste due parti non sono divisibili e perciò «ogni tentativo di spiegare esaurientemente i fenomeni non materiali a partire dal principio materiale cozza contro l’esperienza, che ci riporge come radicalmente irriducibili». Il neurologo conclude il suo intervento parlando della coscienza presenza negli stati vegetativi e dell’errore nel chiamarli “stati permanenti”, poiché non lo sono affatto.

IL DOTT. CAVALLARO si è invece dilungato sulla schizofrenia e alcune condizioni patologiche sia in neurologia che in psichiatria, che possono portare ad una modificazione dello stato normale di coscienza. Sottolineiamo un passaggio sulla definizione di coscienza, dove spiega che «nella maggior parte delle situazioni i neurologi riducono la coscienza allo stato di vigilanza, però abbiamo degli studi sugli stati vegetativi persistenti, come le ricerche del dottor Massimini fatte con la simulazione magnetica a sonda, con la registrazione delle risposte neuronali fatte negli Stati Uniti: se voi buttate una bomba magnetica con la stimolazione magnetica avete una risposta di diffusione delle reti neuronali che è simile a quelle degli stati di veglia». Chi guarda l’attivazione della corteccia delle persone in coma, «smentirà clamorosamente chi sostiene che sia in coma vegetativo. Il termine “coma vegetativo” è già di per sé una sentenza, come se quello fosse un vegetale, come se sopravvivessero soltanto le funzioni vegetative che mi fanno sopravvivere, mentre invece come fai a dirlo così semplicisticamente davanti a una condizione così complessa?». Lo psichiatra è d’accordo su moltissimi aspetti di cui ha parlato il dott. Ceroni, come sicuramente il fatto che «l’analisi semplice dimostra che io sono fatto di due ordini di fenomeni che sono irriducibili uno all’altro. Non potrò mai pensare che l’idea venga fuori da una estrema complicazione dei circuiti cerebrali. Sono due ordini completamente diversi e allo stesso tempo si danno soltanto insieme: non esiste la coscienza senza il circuito cerebrale perché io sono fatto del mio io, della mia coscienza e del mio corpo, del mio cervello, del mio ambiente, del mondo in cui sono». La coscienza esiste ma non è estrapolabile «dalla mia umanità che è fatta del mio corpo e del mio mondo. La coscienza è un fenomeno che esiste nella mia esperienza umana ed è inseparabile. Secondo me non dobbiamo avere dubbi sul fatto che la coscienza non sia l’accensione di circuiti cerebrali. Ho detto invece che ogni atto, ogni esperienza, ogni aspetto della mia umanità ha certamente sempre un aspetto neurofisiologico, elettrofisiologico».

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Il giornalista A.N. Wilson racconta il suo ritorno alla fede cristiana

Il sito online del quotidiano Herald Sun si è occupato della “conversione religiosa”, soffermandosi molto su quella del noto scrittore e giornalista Andrew Norman Wilson (detto semplicemente “AN Wilson”), firma del Daily Mail, del London Evening Standard, e occasionalmente del Times Literary Supplement, New Statesman, The Spectator e The Observer, il quale ha annunciato il suo ritorno al cristianesimo due anni fa.

In un articolo su New Statesman, titolato “Perché io credo nuovamente”, il giornalista ha raccontato come la sua conversione all’ateismo era stata simile (ed opposta) a quella di San Paolo sulla via di Damasco, ma il suo ritorno alla fede è stato invece lento e difficoltoso. «Ma so», dice, «che non potrò mai più fare lo stesso errore nuovamente». Rispetto alla prima conversione ricordava il «senso inebriante e improvviso di essere un tutt’uno con la grande marea di non credenti. In quell’occasione, ho capito che dopo una vita in chiesa, il castello di carte costruito sulla presenza di Dio nella vita, e l’idea stessa che ci fosse un Dio, figuriamoci uno “misericordioso”, in questo mondo brutale e sporco, era per me crollato». Ebbe così modo di entrare in rapporto con i grandi atei militanti del mondo: «ho incontrato Richard Dawkins (un vecchio collega di Oxford) e ho cenato a Washington con Christopher Hitchens. Hitchens è stato eccitato nel salutare un nuovo convertito al suo non-credo».

Vent’anni dopo, nel 2009, è avvenuta la seconda conversione, il ritorno alla fede. E’ stata anche una conseguenza della frequentazione della cultura atea, in particolare quella darwinista-materialista. Lentamente Wilson ha riconosciuto l’ateismo come qualcosa di tetro, un credo confuso che ignorava la complessità dell’esistenza umana. Confidare nell’ateismo, rivela, era un pò «come cercare di affermare che la musica è un’aberrazione e che, anche se Bach e Beethoven sono stati molto convincenti, è meglio vivere senza un senso musicale. Quando penso gli amici atei, mi sembrano come quelle persone che non hanno orecchio per la musica, o che non sono mai state innamorate».

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Usa: la maggioranza degli studenti non vede conflitti tra scienza e religione

Un paio di mesi fa sono apparsi i risultati di uno studio sociologico realizzato su larga scala tra studenti universitari americani circa il rapporto fra scienza e religione. E’ stato pubblicato dal Journal for the scientific study of Religion e ne è apparso un estratto sul web. Il campione per le indagini, realizzate dall’Higher Education Research Institute (HERI) dell’University of California, si è basato su oltre 10.000 studenti di più di 200 college e università in tutta l’America.

Una delle domande poste è stata questa: «Per me il rapporto tra scienza e religione è: (1) Conflittuale: ritengo di essere dalla parte della scienza. (2) Conflittuale: ritengo di essere dalla parte della religione. (3) Indipendente: scienza e religione si riferiscono a diversi aspetti della realtà. (4) Collaborativo: scienza e religione possono essere usati per sostenersi a vicenda. I risultati (si veda tabella 1) hanno mostrato che circa il 70% degli studenti vede la relazione tra religione e scienza come indipendente o collaborativo. La minoranza adotta una posizione conflittuale, equamente divisa tra coloro che si pongono a favore della religione (17%) e chi si schiera dalla parte della scienza (14%).

A seconda delle facoltà frequentate, i risultati della tabella 2 mostrano che coloro che ritengono il rapporto tra scienza e religione non conflittuale ma “collaborativo” o “indipendente” sono: il 70% degli studenti di scienze naturali (il 30% vede invece un conflitto, di cui il 10% sta dalla parte della religione e il 20% da quella della scienza) e il 70% degli studenti di matematica ed ingegneria (il 30% vede invece un conflitto, di cui l’8% sta dalla parte della religione e il 22% da quella della scienza). Stessa cosa per le facoltà artistiche e sociali, dove però il 30% di coloro che vede un conflitto è maggiormente a favore della religione. Gli studenti di economia e di educazione sono i più propensi a mantenere una prospettiva di conflitto, seppur non in maggioranza. Gli studenti di entrambe le facoltà che vedono un conflitto tra scienza e religione (rispettivamente il 40 e il 42%) sono prevalentemente schierati a favore della religione (rispettivamente il 25 e il 36%). Nel complesso, gli studenti delle facoltà prettamente scientifiche sono per la stragrande maggioranza propensi a non vedere alcun conflitto tra scienza e religione.

Si è anche notato che nel corso degli anni, gli studenti hanno spesso cambiato opinione, e il cambiamento più frequente è stato di coloro che da una posizione di conflitto tra scienza e religione, sono passati ad una di non conflitto (sia “indipendenza” che di “collaborazione”). Per esempio, il 70% delle matricole che si era schierata “dalla parte della religione”, nel corso degli anni ha modificato la sua posizione per abbracciare quella del “non conflitto”. Allo stesso modo, il 46% delle matricole che si erano dette “dalla parte della scienza”, ha adottato una posizione di “non conflitto” nel proseguo degli studi. Per contro, solo il 13% delle matricole che vedeva il rapporto tra scienza e religione come “non conflittuale”, è passato a vedere “conflittuale” questo rapporto, in particolare il 5% si è schierato dalla parte della religione e l’8% dalla parte della scienza. I ricercatori concludono dunque che per la maggior parte degli studenti, avere più formazione significa concepire il rapporto scienza / religione come non conflittuale (vedi tabella 5). Nella tabella 6 sono mostrati i cambiamenti per gli studenti delle singole facoltà. Ad esempio, per quanto riguarda quelle prettamente scientifiche (scienze naturali e matematica), il 18% di coloro che vedeva un conflitto tra scienza e religione ha nel corso degli anni cambiato parere verso un rapporto non conflittuale, ma indipendente o collaborativo. Il 3% è passato invece dalla parte della religione.

Sul blog più visitato al mondo, The Huffington Post, è apparso un lungo commento al sondaggio da parte del docente di psicologia Matt J. Rossano, il quale riflette sul fatto che i risultati indicano che le persone religiose sono meno dogmatiche. Infatti le matricole che adottano un atteggiamento “a favore della scienza”, e sono una minoranza, hanno più difficoltà a spostarsi da questa posizione rispetto a coloro che adottano un atteggiamento “a favore della religione”. Un altro dato che lo psicologo sottolinea è che «gli studenti delle scuole religiose hanno in realtà meno probabilità di adottare un atteggiamento “dalla parte della religione”, rispetto agli studenti delle scuole laiche». Rossano conclude: «come l’autore di questa indagine mette in evidenza, la posizione consolidata di non-conflitto fra gli studenti universitari è solo un riflesso di ciò che è già stato evidenziato per la maggior parte degli scienziati professionisti».

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Florida: la coordinatrice degli atei arrestata per la terza volta

Se in Italia ci si lamenta dell’UAAR, in America il fondamentalismo ateo è molto più clericalmente organizzato. Tuttavia fra le poche occasioni in cui la lobby ha l’occasione di finire sui quotidiani non è mai per buoni motivi e il caso più rappresentativo è certamente quello di Ellenbeth Wachs, la ormai famosa coordinatrice degli atei in Florida.

Ne avevamo già parlato in Ultimissima 8/3/11, quando venne arrestata con l’accusa di aver ingannato la città, sindaco compreso. Incontrava le autorità pubbliche e scriveva lettere aperte alla popolazione contro le presunte scorrettezze della chiesa locale, firmandosi però come se fosse un avvocato per aumentare di credibilità. In realtà non aveva nessuna licenza. Mentre veniva trattenuta per qualche notte in gattabuia, aveva allora parlato di un complotto teocratico: «non vogliono che la barca si scuota, e noi abbiamo scosso la barca». Pochi mesi dopo la trappola complottista si è riverificata… come riporta ABCNews, la Wachs è stata nuovamente arrestata per aver simulato suoni di natura sessuale con lo scopo di far smettere di giocare a basket un bambino di 10 anni.

E in questi giorni è avvenuto il terzo arresto nel giro di 3 mesi. The Ledger rivela che è stata infatti trovata in possesso di marijuana, nascosta nella cassaforte di casa sua. La Wachs tuttavia permane felicemente nel suo ruolo di coordinatrice degli atei.

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