Continua a crescere la Chiesa cattolica in Nepal

In Ultimissima 6/4/10 informavamo dell’aumento delle conversioni in Nepal e della crescita di battesimi durante il periodo pasquale.

Il trend quest’anno è ancora in aumento tanto che, riporta Radio Vaticana, una parte della classe dirigente vorrebbe reintrodurre l’induismo come religione di Stato, come accadeva prima del 1990, per porre un freno al dilagare delle conversioni. Il superiore regionale dei Gesuiti, padre Lawrence Maniyar, rivela che oggi -dopo 60 anni di presenza della Chiesa-, ci sono circa ottomila cattolici.

La Chiesa cattolica, attraverso le missioni gesuite, ha fatto il suo ingresso in Nepal nel 1951 su invito del governo allora in carica, con il compito di educare i giovani e assistere i bisognosi, tanto che oggi le scuole gestite dai Gesuiti sono tra le più richieste. Oltre alle scuole, la Compagnia di Gesù in Nepal gestisce quattro parrocchie, tre centri sociali per orfani, tossicodipendenti e non vedenti, una scuola speciale per disabili e otto cliniche mobili, che riesce a tenere in piedi con il lavoro di soli 25 tra padri e fratelli e l’aiuto di suore e laici.

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Massimo Albertin non ha ancora digerito la pesante sconfitta sul crocifisso…

L’uaarino più conosciuto del mondo è senz’altro Massimo Albertin. Il suo nome (e quello di sua moglie, Soile Lautzi) è rimbalzato su ogni quotidiano internazionale quando i due hanno portato davanti alla Corte di Strasburgo (che non è un’istituzione europea) la richiesta di estirpare ogni crocifisso dalle aule scolastiche italiane, in data 3 novembre 2009.

La vicenda si è rivelata essere una delle più efficaci iniziative per l’affermazione dei simboli cristiani in Europa degli ultimi decenni (altro che insipide iniziative di qualche cattolico!). Infatti, grazie a questa tollerante famigliola, la presenza dei crocifissi in Italia è letteralmente triplicata, venendo appeso anche nelle aule che da sempre ne erano sprovviste. Ne davamo un resoconto dettagliato in Ultimissima 21/6/10. Ma non è finita…la Grande Camera della Corte Europea, in data 18/3/11, come tutti sappiamo ha completamente ribaltato la sentenza iniziale, con 15 voti favorevoli contro 2 (cfr. Ultimissima 18/3/11), creando così, sempre grazie a Massimo Albertin e alla sua consorte italofinlandese, un precedente imprescindibile sulla questione della presenza dei simboli religiosi negli spazi pubblici in tutta Europa e rafforzando finalmente una norma giuridica finora poco chiara. La corte costituzionale del Perù ha infatti già preso spunto da questa sentenza per legittimare la presenza del crocifisso e della Bibbia nei tribunali (cfr. Ultimissima 7/4/11).

Dopo questa batosta l’UAAR ha folkloristicamente messo “a lutto” per alcuni giorni il suo sito web, mentre Albertin, uno dei fondatori dell’aggregazione dei razionalisti, dopo aver vaneggiato su un segreto complotto tra il Vaticano e l’UE, ha dichiarato: «Si tratta di una sentenza che non offre spazio a ulteriori passi da parte nostra; per noi la questione finisce qui». L’amara delusione tuttavia non lo ha ancora abbandonato, tanto che si è dato ai battibecchi parrocchiali, partecipando pochi giorni fa, infatti, ad un incontro interreligioso tra un sacerdote e un rabbino, organizzato dalla Diocesi di Padova. Essendo stato escluso dal gruppo dei relatori (probabilmente per la sua militanza in una frangia estrema e non rappresentativa della religione atea) si è recato all’appuntamento come spettatore, portandosi appresso il figlio, colui che era rimasto talmente terrorizzato dal crocifisso nella sua classe da aver chiesto alla madre di farlo togliere anche da tutte le altre scuole d’Italia (in questa foto è quello con i capelloni, il piccoletto è invece Giorgio Villella, altro fondatore dell’UAAR)

Albertin, appena ha avuto l’opportunità di intervenire, ha accusato i relatori di non aver invitato nessun rappresentante della religione atea e si è scagliato contro il prete (ovviamente), sostenendo che lui considerasse gli atei delle “non-persone” poiché non gli ha mai citati nel suo intervento. Molto imbarazzato dal livello della questione, il moderatore ha preferito passare oltre dando spazio ad interventi più intelligenti. Il nostro militante, dopo una seconda delusione nel giro di pochi mesi (offeso, tra l’altro, per essere stato chiamato “ateo” dal sacerdote), ha voluto sfogarsi con i suoi compagni di guerra e raccontando la sua disavventura in un articolo.

Dato che solo pochi uaarini hanno prestato attenzione al suo sfogo, ha tentato ancora una volta di portare all’attenzione le sue vicende qualche giorno dopo, intromettendosi violentemente in un dialogo su altri argomenti. Oltre a definire i cattolici che commentano sul sito dell’UAAR dei “cattotroll“, ha postato un commento in cui linkava il suo articolo sui fatti di Padova, usandolo come prova scientifica dell’intolleranza religiosa e chiedendo un commento. Nonostante le offese gratuite ai cattolici, ha ricevuto risposte educate ed argomentate, e lui ha pensato bene di replicare pubblicando nuovamente lo stesso identico commento. Questo si che è razionalismo!

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Stati Uniti: il vento pro-life soffia sempre più forte

http://www.guttmacher.org/graphics/2011/07/13/2011-restrictions.gifSecondo un rapporto pubblicato dal Guttmacher Institute (l’ente di ricerca legato a Planned Parenthood) più di 160 regolamentazioni sull’aborto sono state varate da 19 governi degli Stati Uniti, di cui quasi la metà rappresentano norme restrittive. Una tale stretta rappresenta un record che non veniva battuto dal 2005, quando 34 regolamentazioni simili venivano approvate.

In 5 stati (ad esempio Ultimissima 26/4/11 e Ultimissima 23/6/11), l’interruzione volontaria della gravidanza è stata vietata dopo il superamento della 20esima settimana, in Ohio si sta discutendo una norma che renderebbe illegale l’IVG a partire dal primo battito del feto, normalmente tra le 6 e le 10 settimane, mentre in altri cinque stati (Indiana, Kansas, Texas, North e South Dakota) si sono invece introdotti periodi di attesa e/o di sostegno per le donne che vogliono abortire.

I legislatori di alcuni stati hanno altresì previsto l’abolizione della copertura dell’aborto nelle assicurazioni mediche, dei fondi destinati alle cliniche abortiste come la Planned Parenthood, dell’autorizzazione all’aborto farmacologico previo videoconferenza. Altre norme restrittive potrebbero vedere la luce nei prossimi giorni, con il concludersi di tutte le sessioni legislative.

Nicola Z.

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Le prove filosofiche dell’esistenza di Dio, secondo Tommaso d’Aquino

Proseguiamo nella serie delle “video-lezioni” sulle principali prove dell’esistenza di Dio elaborate da alcuni dei massimi filosofi della storia. In precedenza ci siamo occupati di quella fornita da Aristotele e da Anselmo d’Aosta.

Queste lezioni sono tenute dal Prof. Enrico Berti, docente di storia della filosofia all’Università di Padova, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Institut International de Philosophie, della Société Européenne de Culture, della Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie, dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti e della Società filosofica italiana Dal 1983 al 1986 ha presieduto la Società filosofica italiana. Nel 1987 ha vinto il Premio dell’Associazione Internazionale “Federico Nietzsche” per la filosofia. La registrazione di questi video è avvenuta presso l’Istituto di Filosofia Applicata di Lugano nel 2009.

In questa terza lezione il filosofo si concentra sulle prove elaborate da Tommaso d’Aquino

Tommaso d’Aquino, frate domenicano del XII° secolo, si rifà apertamente alla filosofia di Aristotele. Sostiene che l’esistenza di Dio può essere riconosciuta con le sole forze della ragione, non solo da chi ha ricevuto un’educazione cristiana. Innanzitutto due preamboli fondamentali:

1) E’ evidente che Dio esiste? Se fosse evidente alla ragione che Dio esiste non ci sarebbe bisogno di dimostrarlo. L’esistenza di Dio, secondo Tommaso, non è evidente per noi, ma è evidente di per sé, perché l’essenza di Dio è il suo stesso essere.
2) E’ dimostrabile che Dio esiste? E’ vero che l’esistenza di Dio è un atto di fede, ma dalle opere di Dio, evidenti a noi, si risale a Dio. L’esistenza di Dio è dunque materia di fede ma anche di ragione.

 

 

Ed ecco le 5 vie, i cinque argomenti, esposti inizialmente nella Summa contra Gentiles, sono argomenti puramente razionali, perché rivolti a chi non ha la fede. Le riformulò in modo più rigoroso nella Summa Theologiae.

1) Movimento. E’ evidente che certe cose si muovono e tutto ciò che si muove è mosso da altro. Colui che è in movimento e colui che viene mosso sono due entità distinte. Il primo non è ancora in atto, il secondo è già in atto. Ci dev’essere dunque all’origine qualcosa che non può essere mosso da altro, questo lo chiamiamo Dio.

2) Causa efficiente. E’ impossibile che una cosa sia causa efficiente di sé stessa, perché per esserlo dovrebbe produrre sé stessa e dovrebbe esserci prima di essere prodotta. Noi non ci facciamo da noi stessi e quindi bisogna ammettere una prima causa efficiente, questa la chiamiamo Dio.

3) Contingenza. Esistono cose che prima non c’erano e poi non ci sono più, sono contingenti. Se tutto fosse contingente vorrebbe dire che tutto ciò che esiste può non essere. Questo significa dunque che ci può essere un momento in cui non c’è nulla, ma non si spiegherebbe perché adesso c’è qualche cosa. Non c’è quindi mai stato un momento in cui non c’era niente: se c’è qualche cosa allora vuol dire che non tutto è contingente, c’è almeno un ente che è necessario, cioè che non può non essere, questo lo chiamiamo Dio.

4) Gradualità: esistono cose più o meno belle, nobili, perfette ecc.., ma il grado minore o maggiore di una cosa dev’essere sempre in paragone a qualcosa d’altro, cioè se ci sono cose di grado parziale, ci deve essere necessariamente essere qualcosa di grado supremo. Se ci sono diversi gradi di essere, è necessario un essere nel grado massimo, questo lo chiamiamo Dio.

5) Ordine: esistono cose ordinate ad un fine, pur non essendo loro intelligenti. Queste cose non sono in grado di direzionarsi verso un fine, quindi occorre necessariamente qualcuno che le abbia dirette verso un fine (come la freccia e l’arciere), questo lo chiamiamo Dio.

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La prova filosofica dell’esistenza di Dio, secondo Anselmo d’Aosta

Proseguiamo nella serie delle “video-lezioni” sulle principali prove dell’esistenza di Dio elaborate da alcuni dei massimi filosofi della storia. Ieri ci siamo occupati di quella fornita da Aristotele.

Queste lezioni sono tenute dal Prof. Enrico Berti, docente di storia della filosofia all’Università di Padova, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Institut International de Philosophie, della Société Européenne de Culture, della Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie, dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti e della Società filosofica italiana Dal 1983 al 1986 ha presieduto la Società filosofica italiana. Nel 1987 ha vinto il Premio dell’Associazione Internazionale “Federico Nietzsche” per la filosofia. La registrazione di questi video è avvenuta presso l’Istituto di Filosofia Applicata di Lugano nel 2009.

In questa seconda lezione il filosofo si concentra sulla prova elaborata da Anselmo d’Aosta (o di Canterbury).

Anselmo d’Aosta, monaco benedettino e poi arcivescovo di Canterbury, vive nel XII° secolo e basa la sua prova filosofica confutando la negazione di Dio. La espone nel Proslogion. E’ un argomento con un limite preciso (verrà criticato da Tommaso d’Aquino): dimostra efficacemente l’esistenza dell’Assoluto, ma non ne dimostra la trascendenza.

1) Negando Dio se ne ammette l’esistenza nella mente. Secondo Anselmo, l’insipiens (il non sapiente, lo stolto) dice “non c’è Dio”. Ma l’insipiens, per poter negare l’esistenza di Dio, deve avere una qualche idea di Dio nel suo intelletto, cioè deve dare un significato alla parola “Dio”, cioè “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande”. Negandolo, ne ammette l’esistenza nella sua mente.

2) Dio non può esistere solo nella mente, altrimenti non sarebbe “ciò che è più grande”.. Se questa cosa “di cui non c’è n’è una maggiore” esiste solo nella mente, allora è una contraddizione, perché in realtà può esistere qualcosa di più grande e cioè che quella cosa esista anche nella realtà. Infatti, se oltre ad esistere solo nel mio intelletto, esiste anche nella realtà, questa che esiste anche nella realtà ha qualche cosa in più di quella che esiste solo nell’intelletto, è più grande. E allora se Dio è “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande”, non può esistere solo nell’intelletto ma deve esistere anche nella realtà. Se esistesse solo nell’intelletto sarebbe contraddittorio, perché non sarebbe “ciò di cui si può pensare il maggiore”.

3) Obiezione: ci sono molte idee nel nostro intelletto che sono false. Ad Anselmo rispose un altro monaco, Gaulinone, che prese le parti dello “stolto” dicendo: non basta che un’idea sia nella nostra mente per far si che sia un’idea vera. Ad esempio, l’idea di un’isola più bella di tutte in mezzo ai mari, un’isola che supera tutte le altre terre abitate per abbondanza di beni, è comprensibile da tutti, dunque esiste nella nostra mente. Se non esistesse nella realtà non sarebbe più la più bella di tutte. Ma ciò non significa che esista veramente: non si può passare dall’idea all’essere.

4) Risposta: l’argomento vale solo per l’Assoluto. Anselmo risponde a Gaulinone nel Liber apologeticus, sostenendo che il suo esempio dell’Isola non è affatto calzante perché non è affatto paragonabile all’Assoluto, cioè per quanto bella sia non sarà mai “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande”. L’argomento di Anselmo vale solo per una idea, cioè per quell’Ente del quale non si può pensare il maggiore. L’isola più bella o Babbo Natale non saranno mai “ciò di cui non si può pensare nulla di più grande”, altrimenti sarebbero Dio. In ogni caso un Assoluto c’è. Un altro esempio: ciò che è primo non può non esserci perché, o c’è solo lui e allora è primo perché non c’è nulla che venga prima di lui, oppure c’è qualcosa che viene prima di lui e allora lui non è il primo, ma sarà colui che viene prima di lui.

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La RU486 diventa “pillola assassina” anche negli Stati Uniti…

Quattordici donne stroncate dalla RU486 nei soli Stati Uniti, 336 emorragie, 256 infezioni di cui 48 gravi, 612 ricoveri d’urgenza in ospedale, 58 casi di gravidanze ectopiche e più in generale 2.207 donne che hanno riportato effetti nocivi. Questo dice il nuovo rapporto della Food and Drugs Administration (Fda), l’organismo del governo Usa che vigila sul corretto utilizzo dei farmaci

Sono cinque morti in più rispetto a quelli registrati dalla ricerca finora più autorevole, uscita sul New England Journal of Medicine, dunque almeno un caso di morte su tre era stato tenuto segreto ed è ovviamente probabilissimo che ve ne siano molti altri. Fino ad ora sono 1 milione e 520mila le donne americane che hanno fatto uso del mifepristone, il principio attivo della RU486.

Leo Aletti, Primario di Ostetricia e Ginecologia presso l’Azienda Ospedaliera di Melegnano, sostiene che «quando un farmaco provoca la morte non deve essere mai somministrato. Il codice deontologico medico del resto lo afferma in modo esplicito». In passato altri farmaci (come la talidomide) che hanno provocato alterazioni sono stati eliminati dal prontuario farmaceutico. Comunque, al di là là della liceità o meno dell’aborto, «da un punto di vista statistico il confronto da compiere è tra l’aborto farmacologico e quello chirurgico: in Italia dal 1978 a oggi sono stati praticati sei milioni di aborti in ospedale, e la mortalità tra le donne è stata vicina o pari a zero. Fatte le debite proporzioni, questo significa quindi che la RU486 è micidiale».

Commentando direttamente questa ricerca, il primario afferma: «il rapporto dell’Fda smentisce che la RU486 sia una modalità tranquilla per applicare l’aborto, per cui bastano con due o tre compresse anche a casa propria. E rimette in discussione la sicurezza dell’aborto farmacologico. Dove è applicato l’aborto farmacologico c’è l’abbandono clinico dell’utente di questa terapia, e quello che viene a mancare è il punto di riferimento clinico per il paziente. Se si prescrive un farmaco che addirittura ha portato alla morte di 14 donne, dopo che in passato abbiamo abbandonato dei medicinali per molto meno, è chiaro che si tratta di una scelta politica. Come evidenziato anche dal fatto che, nell’Agenzia italiana del farmaco, Romano Colozzi ha votato contro la RU486, per gli stessi motivi sottolineati dalla Fda».

Ricordiamo che Silvio Viale, il ginecologo radicale, nel 2009 ha incredibilmente dichiarato: «La RU486 non è assolutamente pericolosa. E 29 decessi sono nulla. Non sono un problema per nessun farmaco».  Sarebbe bello inviare questa profonda riflessione alle famiglie di tutte le donne morte in seguito all’aborto farmacologico.

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In stato vegetativo da 5 anni: il paziente ascolta e risponde

Recentemente su “Neurorehabilitation and Neural Repair”, organo ufficiale della Federazione mondiale di Neuroriabilitazione, è apparso uno studio italiano che ha avuto un rilievo importante data la non consuetudine di pubblicare un caso quando è ancora singolo.

Si tratta di un fatto incredibile: un paziente da cinque anni in “stato vegetativo“, considerato “perso” ed “irrecuperabile”, che poi all’improvviso dimostra la capacità di eseguire un ordine complesso quale «prendi il bicchiere, portalo alla bocca e poi restituiscilo nelle mani del medico». E’ il frutto di un esperimento condotto in collaborazione tra l’Irccs Fondazione Ospedale San Camillo di Venezia, l’Università di Padova e quella di Verona.

Il professor Leontino Battistin, direttore scientifico dell’Irccs veneziano e della Clinica neurologica padovana, con alle spalle tre lustri nella rianimazione di Padova, esperto di stati vegetativi, racconta: «Era un paziente di 70 anni, in stato vegetativo da 5 a causa di una grave emorragia cerebrale. Poche speranze di successo, insomma. E’ un termine che alla comunità scientifica piace sempre meno, preferiamo definirli tutti “stati di minima coscienza”, perché anche nei cosiddetti ultragravi o persistenti la percezione del dolore c’è sempre, con una partecipazione emozionale al dolore stesso». I medici hanno così  tentato un risveglio attraverso una tecnica non invasiva, cioè «stimolando il cervello da fuori, appoggiando gli elettrodi sulla testa del paziente. Questi creano un campo magnetico, che si trasforma in campo elettrico. Dopo 10 minuti di trattamento gli abbiamo impartito l’ordine e lui, sotto i nostri occhi e quelli dei familiari, ha obbedito». Ha risposto per sei ore ogni volta che gli è stato chiesto e la sua attività elettrica (il cervello “parla” con l’attività elettrica) è notevolmente aumentata, riattivando l’elettroencefalogramma. Il risultato è stato identico anche durante i tentativi svolti la settimana successiva.

Oggi si sta procedendo in questo modo su altri altri trenta casi, continua Battistin. Si è comunque fiduciosi: «se un uomo di 70 anni e con una gravissima emorragia cerebrale ha risposto così, pazienti di 30 anni e colpiti da patologie traumatiche anziché emorragiche dovrebbero dare risposte ancora più positive». Lo specialista conclude dando una sua interessante opinione scientifica: «la mia “mission” di medico mi fa da sempre difendere la vita, e decenni di esperienza mi dicono che il “triangolo” paziente, medico, famiglia è il fondamento necessario e sufficiente per non cadere né nell’abbandono né nell’accanimento terapeutico. Insomma, non sarebbe necessaria una legge, se l’Italia non fosse il Paese delle aberrazioni, dove dei magistrati possono dire che alimentazione e idratazione sono farmaci e sentenziare per la morte di un disabile».

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La prova filosofica dell’esistenza di Dio, secondo Aristotele

Con questo articolo diamo avvio ad una serie di interessanti “video-lezioni” sulle principali prove dell’esistenza di Dio elaborate da alcuni dei massimi filosofi, come Aristotele, Anselmo d’Aosta e Tommaso d’Aquino.

Queste lezioni sono tenute dal Prof. Enrico Berti, docente di storia della filosofia all’Università di Padova, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Institut International de Philosophie, della Société Européenne de Culture, della Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie, dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti e della Società filosofica italiana Dal 1983 al 1986 ha presieduto la Società filosofica italiana. Nel 1987 ha vinto il Premio dell’Associazione Internazionale “Federico Nietzsche” per la filosofia. La registrazione di questi video è avvenuta presso l’Istituto di Filosofia Applicata di Lugano nel 2009.

 

Nella prima lezione il filosofo si concentra sulla prova elaborata da Aristotele.

 

Aristotele non ha mai proposto esplicitamente prove dell’esistenza di Dio, al contrario dei filosofi della Scolastica. Tuttavia, questi ultimi si sono spesso richiamati ai suoi argomenti.

Nel primo trattato, quello della Fisica (libro 8°, capitoli IV e V), Aristotele cerca la prima causa motrice, cioè la causa del movimento e sostiene che “tutto ciò che si muove è mosso da qualche cosa”.

1) Il movimento pone l’esigenza del “perché”. Secondo Aristotele, il movimento (inteso non solo in senso spaziale, ma come qualunque tipo di mutamento o novità), suscita la domanda del “perché” qualcosa si muove. La causa del “movimento”, della “novità”, non può essere, ovviamente, la cosa stessa che si muove. Dev’essere ricercata in altro. E questo altro, se si muove, è mosso da altro ancora…quindi, non potendo procedere a ritroso all’infinito, bisogna risalire per forza ad una causa prima.
2) Questa causa prima dev’essere immobile. Secondo il filosofo, mutare significa passare dalla potenza all’atto e una cosa, per essere mossa dev’essere in potenza, per muovere deve essere già in atto. Quindi: non si può essere contemporaneamente in potenza e in atto e dunque la prima causa motrice è per forza immobile, è un motore immobile.

 

Nel secondo trattato, quello della Metafisica (il più famoso, libro 12°, capitolo VI), si concentra invece sulle uniche due cose che sono eterne: il movimento e il tempo.

1) Il movimento è eterno. Non si può ammettere che il movimento (cioè secondo lui qualunque tipo di cambiamento) abbia avuto un inizio e una fine. Se avesse un inizio, cioè se ci fosse stato un passaggio dal “prima” (in cui non c’è) al “dopo” (in cui c’è), questo sarebbe un mutamento esso stesso. Non ci può nemmeno essere una fine perché, se esiste il passaggio tra il “prima” (in cui c’è) e il “dopo” (in cui non c’è più), allora questo passaggio finale sarebbe un mutamento esso stesso. Dunque il mutamento è eterno.
2) Il tempo è eterno. Anche per il tempo se ci fosse un inizio, significherebbe l’esistenza di un “prima” in cui il tempo non c’era, ma definire un “prima” è una definizione temporale. Lo stesso per la fine: l’esistenza di un “dopo” è anch’esso un tempo.
3) Il movimento eterno ha bisogno di una causa. Occorre un motore che muova continuamente l’Universo e che non possa smettere mai. Questo motore è immobile (non muta) ma è attivo perché svolge un’attività. Questa attività è il pensiero: solo il pensiero infatti (un pensiero fisso su una verità: 2+2=4, ad esempio) non produce movimento.
4) Il motore pensa ed è attivo, allora è dio. Il pensiero è una forma di vita, infatti ciò che non vive non pensa. Dunque questo motore immobile, se pensa, è vivente. Se è vivente ed è eterno allora è un dio. Non è Dio, non usa mai questa parola con la maiuscola e senza articolo. Dice un dio. Il primo motore immobile allora è dio, il dio di Aristotele, il principio supremo che governa l’universo.

 

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L’American Atheist e l’assurda guerra contro l’insegna ai caduti del 11/9

L’American Atheist, l’equivalente newyorkese della nostrana UAAR, si è recentemente resa partecipe di una singolare protesta contro un cartello commemorativo dedicato ai 7 pompieri che persero la vita durante l’11 settembre 2001.

Il gruppo lamenta la connotazione, a loro dire, fortemente religiosa del cartello chiamato “Seven In Heaven”, dichiarandolo totalmente incompatibile con il primo emendamento che prevede la divisione tra stato e chiesa, oltre che “veramente offensivo“.

I parenti delle vittime hanno commentato la protesta come “disgustosa e orribile” mentre il direttore di zona, è rimasto perplesso dalla reazione del gruppo, non avendo ricevuto lamentele durante il processo pubblico d’approvazione dell’insegna. C’è anche chi ha fatto notare l’ironia delle argomentazioni atee, chiedendosi se fosse anche il caso di rinominare città come “Los Angeles”, “Corpus Christi” e “St. Joseph”.

Tuttavia, gli atei newyorkesi non sembrano desistere e hanno annunciato che stanno considerando il ricorso alle vie legali. La notizia è stata ripresa anche dal NYDailyNews.com.

Nicola Z.

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Paolo Flores D’arcais: il filosofo incivile e intollerante

Il “filosofo” Paolo Flores D’Arcais ha un nome complesso a nascondere il vuoto culturale. Massimo studioso italiano del marxismo e direttore dell’anacronistica rivista “Micromega“.

Chi non ricorda quella sua incredibile lettera, apparsa su La Repubblica il 18/1/08, con la quale approvava la censura verso Benedetto XVI da parte di alcuni docenti dell’Università de La Sapienza di Roma? Oltre a voler invitare Richard Dawkins al posto di Ratzinger, accusava quest’ultimo di essere un creazionista, di definire “assassine” le donne che scelgono l’aborto, di impedire l’uso del profilattico al popolo africano (quando invece ha sempre chiesto soltanto maggiore attenzione verso l’educazione sessuale, dato che il condom non è l’unica soluzione) e di aver rifiutato l’invito dell’allora rettore Guarini perché non ammetteva che in un’altra sala alcuni scienziati parlassero di darwinismo e alcuni studenti facessero la solita manifestazione di protesta travestiti da sacerdoti (anche se contemporaneamente lo stesso quotidiano pubblicava la vera motivazione della rinuncia del Papa: ««No, non posso andare, anche se non ci sono problemi per la mia sicurezza, non posso non preoccuparmi per quei ragazzi. Mi dispiace tanto»).

Attorno al filosofo marxista è stata dunque creata un’aura di paladino della tolleranza, della moderazione, del dialogo (un po’ come venne fatto a suo tempo per Voltaire, con le debite proporzioni). Ma la mistificazione è fin troppo artificiosa, per questo non ci siamo stupiti quando un nostro lettore ci ha segnalato un dibattito politico avvenuto durante la trasmissione Exit del 9/3/11, condotta da Ilaria D’Amico sul LA7. In studio tra gli altri ospiti, oltre al filosofo, anche l’on. Reguzzoni, Gad Lerner e Alessandro Sallusti. La trasmissione procedeva normalmente, quando ad un certo punto Flores D’Arcais ha cominciato ad interrompere il deputato leghista Reguzzoni impedendogli di terminare il discorso.

Nonostante i continui richiami della conduttrice, l’insofferenza del pubblico e l’incredulità di Sallusti e Lerner, il direttore di Micromega ha continuato a parlare (e poi ad urlare) ininterrottamente per oltre 10 minuti, nonostante i tecnici gli avessero anche chiuso il microfono. La D’Amico, molto imbarazzata e arrabbiata, ha quindi dovuto chiudere prima del previsto la trasmissione, mettendo fine ad uno dei più imbarazzanti momenti di televisione degli ultimi anni. Qualcuno è pure arrivato a chiedere al direttore di LA7 di non invitare più il tollerante filosofo nei programmi del canale televisivo.

 

Qui sotto il video (ci scusiamo per il fastidioso “fuori sincro” dell’audio), postato anche sul nostro account Youtube:

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