Il presunto arretramento del Cristianesimo…


di Marie-Christine Ceruti*
*filosofa, scrittrice e docente presso la facoltà di teologia ortodossa di Minsk (Bielorussia).



Mi è parso che la maggioranza dei partecipanti ai dibattiti su rete dell’UCCR non fossero al corrente dei fatti e per questo vorrei far presente quanto segue.

Ma veramente il Cristianesimo e il Cattolicesimo stanno scomparendo? Fare tali affermazioni dimostra una perfetta non conoscenza dei fatti. Il 28 aprile del 2010 il quotidiano “Avvenire” faceva il resoconto dell’Annuario statistico della Chiesa appena uscito. Ed ecco cosa riferiva: dal 2000 al 2008 il numero dei Cattolici battezzati nel mondo è passato da 1045 milioni a 1166 milioni. L’incremento dei Cattolici in Africa è stato del 33,02%, del 15,61% in Asia, dell’11,39% in Oceania, del 10,93% in America e in Europa dell’1,17%.

In effetti l’Europa è in fondo alla classifica e non c’è dubbio che il Cattolicesimo sia in regressione nell’Europa occidentale se si prende in considerazione il suo evidente aumento nella parte orientale. Posso testimoniare di questo considerabile incremento in Bielorussia. Le chiese sono a tal punto piene che mi è capitato di non riuscire a fare il segno della croce durante una messa, tanto la folla era strabocchevole. L’ortodossia vi cresce di pari passo.

In quanto all’Africa, la mia esperienza personale in Zambia dove ho vissuto per tre anni è identica. Di fatto il De Agostini del 1977 al capitolo “religione” per questo Paese, registrava “pagani nella quasi totalità”, nell’88 “animisti in maggioranza”, oggi invece il paese ha nella sua costituzione di essere une paese Cristiano.

Per la Cina, David Aikman nel suo libro “Jesus in Beijing” espone che il Cristianesimo (Cattolici e Protestanti insieme) anche se proibito, perseguitato, martirizzato, cresce in modo esponenziale – si parla anche di più di 100 milioni di Cristiani – e questo in tutte le classi della società, in città come in campagna, e persino in seno alla classe dirigente “comunista” – di nascosto ovviamente. Per quel che so da diversi amici sparsi a Taiwan, in India e in Giappone, i battesimi e le conversioni aumentano da tutte le parti.

Ma torniamo al nostro “Annuario”, il quale rivela anche altri dati interessanti. Il numero dei sacerdoti nel mondo è passato da 405.178 a 408.024 soltanto, perché in Europa, dove una volta erano più numerosi, sono calati del 7% (-4% in Oceania). Invece i sacerdoti diocesani sono aumentati del 33,1% in Africa e del 23,8% in Asia. Per quel che riguarda i seminaristi c’è complessivamente un aumento del 28,6% nel mondo, sempre dal 2000 al 2008. La percentuale essendo diminuita soprattutto in America ma anche in Europa, è “evidentemente” aumentata in Asia e in Africa. Se si vogliono tutte le cifre basta guardare su Internet digitando “Annuario statistico della Chiesa” si trovano subito molti siti a cui riferirsi. Su questo sito si veda Ultimissima 27/4/10 e Ultimissima 26/10/10.

Per la mia esperienza personale in Bielorussia, ma lo sarà verosimilmente anche per molti Paesi una volta dietro la cortina di ferro, gli studenti in teologia aumentano, spesso con grandi sacrifici finanziari per le loro famiglie. Quindi la situazione dell’Europa diciamo “agiata” non è certo uguale a quella di Paesi che arrivano dopo 70 anni di persecuzioni, povertà e ateismo forzato. Purtroppo bisogna dire che a formare quei giovani ci si ritrova molto spesso con insegnanti modernisti che rovinano tutto. Li ho trovati in Bielorussia, in Zambia, a Taiwan… e naturalmente e soprattutto in Europa occidentale.

Ognuno si potrà fare la propria opinione ma sembra ovvio che proclamare la “morte del Cristianesimo“, equivale a considerarsi come il centro del mondo o più esattamente come il mondo “tout court”. Già vediamo arrivare per rievangelizzarci preti dall’Africa e dall’Asia…

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Allarme demografico in Russia: bisogna far nascere i bambini

In Ultimissima 25/8/11 informavamo della decisione del governo canadese di contrastare il rapido invecchiamento della popolazione con incentivi per aumentare i tassi di fertilità e maggiore immigrazione. La stessa questione preoccupa oggi anche il Population Research Institute (PRI) nei confronti della Russia.

La società americana ha infatti realizzato un breve documentario nel quale affronta il problema demografico russo. Il presidente del PRI, Steven Mosher, ha dichiarato che la Russia è oggi “demograficamente fatiscente”. Ha poi proseguito: «Se la Russia non innalza velocemente il suo tasso di natalità, il suo paesaggio umano presto assomiglierà ai monumenti del crollo sovietico che si possono visitare lì. E’ imperativo per la sopravvivenza del popolo russo che, ancora una volta, ci si pensi alla fertilità, iniziando a rinnovare se stessi. Solo allora saranno in grado di trasformare la loro economia e la loro cultura».

Già nel maggio 2011 il presidente Putin ha dichiarato di aver preso delle decisioni per aumentare il tasso di natalità, investendo 1.500 miliardi di rubli in progetti di demografia per migliorare l’aspettativa media di vita e per aumentare il tasso di natalità dal 25 al 30% in tre anni. Ha poi inaugurato la prima legge “pro-life” dopo la caduta del regime sovietico ateo-comunista, con l’obiettivo di squalificare l’aborto nel piano sanitario nazionale, grande responsabile della decrescita demografica (cfr. Ultimissima 4/5/11). E’ di pochi giorni fa invece la notizia che la Duma, cioè la camera bassa dell’Assemblea Federale russa, ha iniziato a discutere una serie di revisioni al cosiddetto diritto all’aborto (cfr. Ultimissima 10/9/11).

 

Questo è il breve documentario diffuso dal Population Research Institute (PRI).

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Le cellule staminali adulte sono più efficaci per le trasfusioni di sangue

Alcuni scienziati francesi hanno dimostrato per la prima volta che la coltura di globuli rossi può essere realizzata in laboratorio partendo da cellule staminali adulte (ematopoietiche, per la precisione) ed essere iniettati con successo in un essere umano.

Le cellule staminali embrionali, oltre ovviamente a sollevare gravi problematiche etiche, producono cellule immature e inadatte, con alti rischi di rigetto e crescita incontrollata di tumori. Al contrario, questa ricerca mostra che le staminali adulte possono invece produrre cellule sicure, sane ed efficienti cellule per le trasfusioni.

Il Dr. Luc Douay, autore senior dello studio, ha dichiarato: «Questo è il primo studio che ha dimostrato la capacità di queste cellule di sopravvivere nel corpo umano, un importante passo avanti per la comunità dei trapianti. I risultati del nostro studio stabiliscono la fattibilità di questo tipo di trasfusione utilizzando una riserva illimitata di sangue. Anche se la produzione su larga scala di queste cellule necessita di ulteriori progressi tecnologici in ingegneria cellulare, crediamo che questo tipo di trasfusione potrebbe rivelarsi una valida alternativa alla trasfusione classica che non solo fornisce un adeguato apporto di sangue, ma riduce il rischio di complicazioni e infezioni che possono accompagnare le trasfusione tradizionali»

I risultati della ricerca sono apparsi sul “Journal of American Society of Hematology”. La notizia è apparsa anche su Lifenews.com.

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L’Australopithecus sediba contro Darwin, il neo-darwinismo e il gradualismo

La scoperta delle ossa di uno scheletro di “Australopithecus sediba” ritrovato in Sudafrica ha fatto letteralmente esultare i neo-darwinisti di mezzo mondo, proprio a conferma del grande bisogno di prove per veder confermate le loro radicali teorie (con ovvi interessi filosofici).

La questione degli “anelli mancanti” tra la scimmia e l’uomo è in realtà un grande problema per chi sostiene che anche la macro-evoluzione abbia seguito gli stessi meccanismi della micro-evoluzione, processi che non possono essere messi minimamente in dubbio (questo per non illudere troppo il movimento creazionista). Non a caso nel novembre 2010 l’Università di New York, attraverso il geologo Michael Rampino, ha dichiarato che «l’evoluzione non è più sostenuta dalla geologia» (cfr. Ultimissima 19/11/10), proprio perché il gradualismo formulato da Charles Darwin non è oggi più compatibile con la storia geologica. E questo è un altro dato di fatto.

La scoperta dello scheletro di cui stanno parlando oggi i quotidiani, utilizzando pure titoloni imbarazzanti come “L’anello mancante nell’evoluzione umana” (cfr. Il Corriere della Sera 9/11/11), è paradossalmente un’ennesima prova contro la tesi gradualista, e quindi contro il perno dell’evoluzionismo darwiniano.

Come riporta correttamente Enzo Pennetta dal suo sito web, la notizia innanzitutto è vecchia, se n’era già parlato nel 2010. Ad esempio su “Pikaia”, il portale dell’evoluzione di Telmo Pievani, si informava della presenza di pareri discordanti. Tim White, paleoantropologo dell’University della California e tra i più esperti in materia, ha considerato questo scheletro solo un esponente tardivo di Australopithecus africanuse ne spiega la motivazione. La stessa posizione pare averla presa anche John Hawks, antropologo dell’Università del Wisconsin-Madison. Dunque l’A. sediba non sarebbe affatto un anello di congiunzione con l’uomo.

Ma se questi scienziati si sbagliassero, andrebbe ancora peggio per i neodarwinisti. Come riporta un equilibrato articolo apparso su “LeScienze” i risultati di questa ricerca «pongono così in dubbio la teoria di un graduale ampliamento del cervello durante la transizione da Australopithecus a Homo». Dove sembrava di vedere la definitiva consacrazione del meccanismo neo-darwiniano, emerge invece un grande ostacolo: si allontana l’ipotesi di uno sviluppo gradualistico del cervello. E i biologi, ricorda Pennetta, sanno che il gradualismo è un punto centrale del neo-darwinismo.

Sintetizzando: 1) l’Australopithecus sediba è una specie di A. Africanus, e allora niente “anello” di congiunzione con Homo. 2) l’Australopithecus sediba è un anello di congiunzione con Homo, e allora la sua scoperta comporta molte difficoltà per l’evoluzionismo neo-darwiniano a causa del suo cervello che non mostra un’evoluzione graduale.

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Costanzo Preve, il filosofo ateo contro l’arroganza laica: «io sto con Ratzinger!»

C’è un altro intellettuale non credente che ha sentito recentemente la necessità di prendere le distanze dall’agguerrito fronte laicista che ogni giorno alza sempre più la voce sui media, non solo italiani. Si tratta di Costanzo Preve filosofo e studioso di Marx e del marxismo (in particolare di Lukàcs, Bloch e Althusser, di cui fu anche allievo all’Università di Parigi), «pensatore razionalista dialettico» e «allievo indipendente di Marx» come si definisce nel volume “Gesù uomo nella storia, Dio nel pensiero” (CRT 2000).

LA SETTA LAICISTA. Il filosofo torinese, che dunque non è certo assimilabile al mondo culturale cattolico, ha scelto di denunciare in diversi interventi quella che chiama «l’arroganza laica». Preve inizia le sue riflessioni distinguendo tra laicità, che considera positiva poiché «è un terreno istituzionale che legittima il necessario pluralismo delle forme di vita del mondo attuale» e laicismo, deriva metodologica della laicità innalzata ad ideologia, negativo dal momento che «considera lo spazio pubblico una sorta di grande “buco” simbolico, produce continuamente anomia, individualismo e spaesamento relativistico. Il “relativismo” piace solo agli intellettuali sradicati, ma essi sono meno del 3% della popolazione globale. Il rimanente 97% è angosciato dalla morte di Dio, e dal fatto che essa viene sostituita dal circo mediatico, dalla simulazione televisiva, dall’incontinenza pubblicitaria, dalle mode pilotate e dallo spettacolo porno. Ridotta l’intera filosofia a smascheramento delle illusioni metafisiche (…) effettivamente la religione torna ad essere il deposito del senso complessivo delle cose». Citando poi il collega Norberto Bobbio, con cui Preve nonostante le divergenze filosofiche ha avuto uno stretto rapporto, mette in guardia dai pericoli del laicismo organizzato: «Il “laicismo” è invece a tutti gli effetti un profilo ideologico, anche se spesso si traveste da innocua metodologia istituzionale sotto il velo (anzi, sotto il burka) della laicità». Del resto, questo fu detto in modo cristallino dal “papa” laico per eccellenza, Norberto Bobbio: «Il laicismo che ha bisogno di armarsi e di organizzarsi rischia di diventare una chiesa contrapposta ad altre chiese». Con un’aggiunta necessaria: non “rischia” per nulla, è a tutti gli effetti una chiesa, anzi una setta.

I TARANTOLATI DI DARWIN. In un altro intervento pubblicato sulla rivista di studi umanistici “Atrium”, il filosofo non credente analizza con occhio critico l’approdo all’ideologia laicista dei «tarantolati di Darwin» come fase finale di un processo sociale di riconversione ideologica degli ex-sessantottini «che s’interessavano freneticamente di Marx alcuni decenni fa e oggi lo hanno sostituito con Darwin», passati quindi da un «grottesco “marxismo”» all’«uso del darwinismo e della teoria dell’evoluzione come profilo identitario di appartenenza del nuovo illuminismo in lotta con il vecchio oscurantismo». È giusto e normale – osserva il filosofo– «essere atei o credenti, materialisti e idealisti, sopportarsi a vicenda e dialogare nel modo più sereno e serio possibile. Come professore di filosofia, non ho fatto altro per tutta la mia vita. Ma qui abbiamo a che fare con dei tarantolati i quali, disillusi dalla propria arrogante ideologia precedente, e completamente “riconciliati” con la società capitalistica ed i suoi apparati di consenso, hanno deciso di alzare la bandiera dell’ateismo “laico” legittimato dal darwinismo come rivendicazione della loro “superiorità” scientifica e morale». Nasce così il “New Atheism”.

LA FURIA DI CORRADO AUGIAS. Sotto la lente di Preve finiscono anche alcuni esponenti significativi del laicismo italiano, tra cui il giornalista Corrado Augias, «colonna della furia anticattolica del gruppo finanziario Repubblica-Espresso, ha recentemente scritto con l’aiuto di due “esperti” due libri sul Gesù storico e sul primo cristianesimo, riciclando fatti ben conosciuti dal tempo almeno di Reimarus, Renan e Schweitzer. Dal momento che mi sono occupato personalmente di questi temi sono in grado di capire dove sta la specifica cialtroneria dell’approccio di Augias». Il libro di Augias in questione è quello scritto con Mauro Pesce intitolato: “Inchiesta su Gesù” (Mondadori 2006). Ha quindi continuato: «Il Codice da Vinci di Dan Brown ha venduto in tutto il mondo 70 milioni di copie, e tutto gira intorno all’amplesso sacro di Gesù con Maria Maddalena (…). Ma dal momento che oggi, oltre alle femministe, regnano simbolicamente anche i gay, bisognava a tutti i costi fornire l’immagine di un Gesù omosessuale. A questo ha ovviato il libello del giornalista dilettante romano Corrado Augias, incentrato su un cosiddetto “prediletto” (immagino san Giovanni), che adombrerebbe una vera e propria amitié amoreuse fra i due uomini (vulgo, un rapporto gay). E questa sentina è diventato un best seller. Perché?». Il libro di del giornalista di Repubblica, rileva ancora Costanzo Preve, «gira tutto intorno alla sessuomania presente. Un tempo Gesù era un annunciatore di pace, poi è divenuto un rivoluzionario latino-americano, oggi è iscritto di forza all’Arci-Gay. Su queste cose il tempo sarà galantuomo».

IL DILETTANTE FLORES D’ARCAIS. Ce n’è anche per il «dilettante filosofico» Paolo Flores D’Arcais, direttore della rivista di filosofia Micromega del gruppo Repubblica-L’Espresso, rivista che Preve definisce «organo del neodarwinismo italiano di tipo istericosapienziale». Asserisce: «L’esempio di Paolo Flores D’Arcais, il guru laico-sapienziale di Micromega, è in proposito esilarante. Questo signore, che ha iniziato la sua carriera filosofico politica come estremista trotzkisteggiante ed allievo di Lucio Colletti, è diventato oggi un vero tarantolato del darwinismo come concezione del mondo e metafisica per eccellenza del laicismo».

L’ARMATA BRANCALEONE. Il filosofo torinese traccia poi un profilo idealtipico del laicismo contemporaneo «che si nasconde dietro la laicità, ma che in realtà vuole ben altro». E ancora: «Davanti c’è il nobile ritratto di Norberto Bobbio, dietro sfilano sguaiate le truppe di Emma Bonino for President, lo spinellatore invasato Pannella, i cartelli di “No Taliban, No Vatican”, i gruppetti di tromboni universitari che si considerano proprietari esclusivi della razionalità e della scienza, i centri sociali, il personale politico professionale della cosiddetta “sinistra radicale”, e via via tutta la ben nota Armata Brancaleone mediatica. Costoro non vogliono soltanto espellere le religioni dallo spazio pubblico, e per questo sono sempre maniacalmente preoccupati dall’espulsione di crocefissi (…). Costoro – con la scusa di espellere Dio dalla filosofia e dalla scienza – vogliono imporre il loro Dio idolatrico» basato – continua il filosofo – sulla scienza «come unica legittima forma di conoscenza e su di una concezione limitativa ed astorica di “ragione”».

DALLA PARTE DI RATZINGER. Costanzo Preve interviene anche su Benedetto XVI, ma questa volta i toni da parte dell’ “allievo di Marx” sono nettamente diversi, riconoscendo la «superiorità della sua diagnosi filosofica sul presente storico rispetto a quella della tribù laico-postmoderna-ateo-sbeffeggiatrice». Analizza poi quello che considera «lo scontro simbolico Ratzinger-laici» in riferimento soprattutto ai fatti dell’Università La Sapienza, quando fu impedito a Benedetto XVI di tenere una lezione (in un’università fondata, tra l’altro, da un altro pontefice: Bonifacio VIII) sottolineando come da un lato, quello del papa, c’è «il recupero del grande umanesimo classico, a partire ovviamente da Aristotele. Dall’altro, una ricostruzione fumettistica della storia dell’umanità, della filosofia e della religione». «Se Ratzinger – argomenta infine Preve – è per la legittimazione della categoria filosofica di verità, mentre i cosiddetti “laici” sono di fatto per il fisicalismo e per il relativismo, non ho dubbi. Pur essendo un allievo critico di Spinoza, Hegel e Marx, e non un pensatore cristiano, e neppure cattolico, sto dalla parte di Ratzinger».

Maurizio Ravasio

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Russia: anche la Duma si prepara ad approvare restrizioni sull’aborto

Clinica abortista in RussiaCerto che di acqua ne è passata sotto i ponti da quando nell’allora atea Russia Sovietica veniva legalizzato l’aborto per la prima volta in Europa. Da allora il tempo è cambiato e complice sia la “reconquista” culturale del cristianesimo-ortodosso represso ma non estirpato durante gli anni dell’ateismo di stato, sia la dilagante crisi economica la Duma sta discutendo una serie di revisioni al cosiddetto diritto all’aborto.

Sulla scia della petizione elvetica (Ultimissima 2/9/11), la proposta principale consiste nel depennamento dell’interruzione volontaria di gravidanza dalle voci dei servizi pubblici generali, facendola dunque diventare a pagamento.

Nella bozza discussa dalla Duma è inoltre prevista l’introduzione di un autorizzazione da parte del coniuge o dei genitori nel caso di minori; troppo spesso ignorati in quello che poi diventa un dramma familiare. I deputati hanno altresì discusso la proposta d’introduzione di un periodo di riflessione obbligatorio, tra la richiesta d’aborto e l’operazione, durante il quale la donna sarà informata delle conseguenze e delle alternative possibili oltre a poter contare su un supporto psicologico.

L’iniziativa, come facilmente prevedibile, non è stata presa bene dagli abortisti che definiscono deprecabile l’intera bozza. La notizia è stata pubblicata dal The Moscow News e successiamente tradotta da RussiaOggi.

Nicola Z.

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Valentino Salvatore paragona il sito dell’UAAR a quello dell’UCCR

Sul sito web dell’UAAR una delle regole non scritte è: “vietato parlare dell’UCCR“. Tutti avranno notato l’enorme sproporzione tra la quantità di volte che il nostro sito viene citato nei commenti degli aderenti della setta e l’assoluto silenzio da parte dei redattori delle “Ultimissime”.

Un silenzio molto rumoroso e significativo comunque, dato che Carcano & Co. parlano soventemente del sito “Pontifex”, del forum “Cattolici Romani” e di tanti altri blog religiosi. Ma guai a parlare dell’UCCR, chissà perché? Eppure guardando i numerosi rosicatori, non passiamo di certo inosservati da quelle parti. Inoltre, non sono poche le segnalazioni che ci arrivano da parte di commentatori del sito razionalista con le quali veniamo informati della censura dei loro commenti se contengono link diretti al nostro sito. Abbiamo provato anche noi, ed effettivamente constatiamo questa divertente fobia verso UCCR. Ognuno può fare la prova per verificare di persona. Allora non avevamo strumenti per giudicare le parole di Valentina Bilancioni, una delle tante ex responsabili dell’UAAR epurata per non essersi voluta sottomettere all’ideologia che l’associazione atea le imponeva (cfr. Ultimissima 31/3/11), quando dal suo blog definiva Raffaele Carcano, il responsabile dell’UAAR, , «l’anello mancante tra l’homo sapiens e le anguille […] vuoto riempito da qualche senso d’inferiorità». Lei lo ha conosciuto bene per anni, ma anche noi oggi abbiamo le prove.

Un esempio di questo senso d’inferiorità lo abbiamo notato recentemente sul sito “Sono un itagliano”, dove è stato dedicato un articolo legittimamente critico all’UCCR. Le argomentazioni appaiono un po’ superficiali dato che si pretende criticare dei contenuti di alcuni articoli come fossero stati scritti direttamente da noi, mentre è solo semplice divulgazione di informazioni già presenti in testate giornalistiche locali, nazionali e internazionali. Si vuole poi screditare certi sondaggi da noi divulgati solo perché la fonte arriverebbe dal “Rasmussen Reports”, il quale -secondo l’autore dell’articolo- avrebbe ricevuto delle critiche su Wikipedia. Ma ognuno può verificare l’autorevolezza di questa società americana proprio dalla pagina di Wikipedia, dove l’associazione americana viene addirittura paragonata al Gallup (anzi, sembra anche avere ancora più credibilità da parte dell’opinione pubblica) e riceve delle critiche e degli elogi, come è normale e giusto che sia. Ma lasciando perdere queste assolutamente legittime, lo ripetiamo, seppur banali osservazioni, vogliamo concentrarci su uno dei commenti che è presto comparso a seguito dell’articolo.

L’autore è Valentino Salvatore, nientepopodimeno che lo “sbarbatello dell’UAAR”, come lo chiamano gli amici. Classe 1983, tra i responsabili delle “Ultimissime UAAR”, si definisce “laureando in Scienze Politiche” e quindi sostanzialmente uno studente fuori corso. La militanza con l’UAAR (è diventato adepto della setta nel 2006), lo ha probabilmente eccitato troppo, facendogli durare l’università 9 anni al posto che 5 (e non si è ancora laureato). Tra l’altro, leggendo le “ultimissime” che pubblica, pare che la mascotte dell’associazione di atei militanti, perda parecchio tempo divagando su islamici e gay: il 90% delle notizie pubblicate su queste due categorie, infatti, risulta esser a sua firma. Salvatore ha lasciato un commento all’articolo citato e disobbedendo alle direttive di zio Carcano, ha parlato del sito web dell’UCCR. Lo ha paragonato a quello dell’UAAR e, prima di tentare un’opera di proselitismo nei confronti dell’autore del sito, ha sostenuto che il portale della setta razionalista sia migliore di quello dell’UCCR perché in esso vengono citate anche fonti cattoliche (ah si? Tipo?), si è più sintetici e la scelta delle notizie non né tematica, né “orientata”, né ideologica, né faziosa. Oltre alla evidente e prevedibile alienazione dalla realtà di questo soggetto, ci è parso divertente leggere che lui non vuole occuparsi mai di «diatribe filosofiche ormai secolari o calcolare il grado di “ateità” o “agnosticità”». Eppure articoli come questo (diatriba secolare), questo e questo (esempi del grado di “irreligiosità”) paiono proprio essere firmati da lui.

Complessivamente, l’intervento dello “sbarbatello dell’UAAR” risulta essere notevolmente significativo dato che il semplice sito parodistico dell’UCCR, nato liberamente il 2 febbraio 2011 da qualche giovane universitario e aggiornato per puro divertimento durante l’ora di merenda in qualche remota aula-studio di qualche università italiana, viene paragonato a quello dell’UAAR, una setta religiosa nata nel 1984, beneficiaria del 5×1000, sparsa in tante micro-sette in tutta Italia e gestita da decine di pensionati (o quasi-pensionati), il cui pontefice è un lavoratore part-time. Vogliamo anche ricordare allo sbarbatello che l’UAAR investe nel proprio sito web 1.503,16 € all’anno (cfr. Bilancio 2010), offre collaborazioni retribuite ai redattori, i quali oltretutto hanno il banale compito di occuparsi di criticare la religione tradizionale, un argomento trattato ovunque da migliaia di fonti al giorno, al contrario dell’ateismo che, essendo un credo religioso di nicchia, non se lo fila nessuno.

Sentono proprio l’esigenza di doversi paragonare a noi? Il nostro ironico obiettivo allora è già stato raggiunto (in 8 mesi) ed ecco anche la prova dell’assurda volontà di competizione da parte dell’UAAR.

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I figli dei single e dei divorziati hanno una peggiore salute psicologica

Il benessere psicologico dei bambini e dei giovani in Australia si è deteriorato in modo significativo negli ultimi 10 anni a causa dell’aumento di tassi di divorzi, la rottura dei rapporti tra conviventi e l’aumento dei bambini nati da madri single. Lo ha stabilito un rapporto pubblicato dal professor Patrick Parkinson, della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Sydney.

La ricerca ha evidenziato un aumento del 250 per cento di segnalazioni di abusi e abbandono, un raddoppio del numero di bambini accolti da altre famiglie, un aumento del 66 per cento di ricoveri in ospedale per autolesioni in ragazzi dai 12 ai 14 anni e il 90 per cento per la fascia d’età tra i 15 e i 17 anni ed infine un aumento del 52 per cento di ricoveri per le ragazze dai 15-24 anni per intossicazione acuta da alcool.

Il rapporto conclude con un elenco di 14 raccomandazioni focalizzate sulla preparazione al matrimonio e di sostegno alla famiglia. «Il governo australiano non può continuare a ignorare la realtà che due genitori tendono a fornire risultati migliori per i bambini di uno solo, e che l’ambiente più stabile e sicuro per i bambini è quando i genitori sono, e rimangono, sposati l’uno con l’altro», ha detto il prof Parkinson.

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L’abbondanza di graffiti scoperti in Israele rafforza l’attendibilità dei Vangeli

Il dibattito sull’autenticità dei Vangeli si sofferma spesso sulla questione se Gesù predicò ad una popolazione quasi del tutto analfabeta o se i suoi ascoltatori avessero la possibilità di prendere appunti scritti. Chi vuole indebolire l’affidabilità dei Vangeli opta ovviamente per la prima opzione: se la popolazione era analfabeta solo tradizione orale ha conservato le sue parole e quindi c’è ampia possibilità di aggiunte e modificazioni, in buona o cattiva fede. Al contrario, coloro che credono nell’affidabilità dei Vangeli, tendono a sottolineare che la società ebraica, legata alla profonda conoscenza della Bibbia, aveva senza dubbio numerose persone capaci di scrivere e prendere appunti, anche tra gli apostoli stessi (Matteo era un esattore delle tasse, ad esempio).

Ancora una volta però è il progresso dell’archeologia ad offrire sostegno ai difensori dell’attendibilità dei Vangeli. Infatti, esistono sempre più prove che la popolazione ebraica era abbastanza alfabetizzata. In questa linea si trova l’archeologo israeliano Boaz Zissu, professore della Bar Ilan University, ex comandante delle unità di protezione delle antichità in Israele, specializzato in graffiti. Proprio l’alto numero di graffiti trovati in Israele è una testimonianza del modesto tasso di alfabetizzazione della società. Dice al “The Jerusalem Post”: «”Quando parliamo di alfabetizzazione, i graffiti ci mostrano che la capacità di leggere e scrivere era condivisa da una percentuale molto elevata della popolazione». Certo, sono semplici frasi, a volte brevi citazioni delle parole di Gesù, oppure preghiere o semplici disegni, tanto che l’archeologo paragona questo modo di esprimersi a Twitter o a Facebook: «In un periodo in cui Internet e i blog non esistevano, qualcuno ha voluto esprimersi e dire quello che stava facendo con un chiodo su una parete di una caverna».

Ricorda ad esempio di aver trovato in una grotta il nome di Daniele seguito da quello di Giovanni, circondati dalle immagini di due leoni, evocativo del racconto biblico “Daniele nella tana dei leoni”. «Abbiamo un sacco di raffigurazioni di Daniele con i leoni», dice Zissu, «perché è la storia della salvezza».

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Documentario mostra i rischi della fecondazione assistita sulla donna

L’industria della fecondazione assistita fattura attualmente 6 miliardi e mezzo di dollari l’anno, opera senza sorveglianze né regole. Il 70% per cento dei cicli di stimolazione ovarica fallisce e i rischi per la donna, assenti dalla letteratura scientifica fino a poco tempo fa, sono cancri al seno, all’ovaio e all’endometrio, infertilità futura, emorragie, ictus, infarti, paralisi e morte.

Questo è spiegato in un documentario prodotto dal “Center for Bioethics and Culture”, il quale ha appena vinto il premio del Festival californiano di cinema indipendente. In esso vengono riportate interviste scioccanti a donne che hanno donato i loro ovuli laddove la fecondazione eterologa è permessa. Le interviste ritraggono ragazze la cui vita è stata stravolta, spezzata, dalle conseguenze. Rischi di cui nessuno vuol parlare, come a fatica si parla delle conseguenze sulla donna dell’aborto, perché l’industria della fertilità, che in America fattura miliardi di dollari l’anno, dovrebbe abbassare le saracinesche.

Nel video, racconta “Tempi”, sono intervistate anche ricercatrici, e anche Suzanne Parisian, già presidente dell’ufficio medico della Food and Drug Administration, corrispondente all’Aifa italiana, la quale accusa: «non ci sono numeri complessivi perché i casi di queste donne non sono stati monitorati». Drew V. Moffiti, endocrinologo per la fertilità riproduttiva, confessa che «di questo mercato si sa poco o nulla». Probabilmente non se ne vuole sapere nulla apposta.

Il filmato si conclude con una domanda a chi vuole avere un figlio a tutti i costi: «Lo faresti a rischio della salute e della vita di un’altra donna?». E a chi vuole donare i suoi ovuli: «Sei davvero pronta a sacrificare la tua salute o la tua vita per soldi? Siamo sicuri che si tratti di filantropia?». Una ragazza chiude laconica: «Cosa dire, se non che non potrò mai più avere un figlio?».

 

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