Martin Heidegger, un cattolico nascosto?

Già da molto tempo è ormai emersa con chiarezza l’origine cattolica di quello che è da molti considerato il più grande filosofo del XX secolo, Martin Heidegger. Il padre era sacrestano della parrocchia di Messkirch, la madre desiderava che prendesse gli ordini religiosi e di fatti il giovane Martin iniziò il noviziato dai Gesuiti (poi abbandonato per motivi di salute). Studiò teologia a Friburgo laureandosi su Duns Scoto nel 1915.

Sicuramente dunque proviene da un retroterra cattolico. La discussione verte oggi sul mantenimento di questo ideale nel corso della vita e sopratutto su quali tracce abbia lasciato nella sua opera filosofica. Ne parla su “Avvenire Francesco Tomatis, professore ordinario in Filosofia teoretica all’Università di Salerno, sottolineando come questo lato di Heidegger sia stato un messo in ombra dalla controversa adesione per 9 mesi al nazionalsocialismo in quanto rettore dell’Università di Friburgo.

Fortunatamente sono usciti nell’ultimo periodo alcuni volumi con sue opere inedite che permettono di ricostruire questo legame con il cattolicesimo. Ad esempio Contributi alla filosofia (Dall’evento) (Adelphi 2007), ma anche Filosofia e teologia nel pensiero di Martin Heidegger” (Queriniana 2011) curato da Philippe Capelle-Dumont, docente all’Università di Strasburgo e all’Institut Catholique di Parigi. Egli individua il grande interesse di Heidegger verso il Nuovo Testamento e il rapporto vivo con il cristianesimo e la metafisica occidentale. Interessante anche l’intervista al nipote di Martin, Heinrich Heiddeger, sacerdote cattolico scelto dallo zio come confessore e consigliere spirituale nell’ultima parte della sua vita: Martin Heidegger. Mio zio (Morcelliana 2011).

Roberto Righetto invece, responsabile delle pagine culturali di “Avvenire”, sottolinea che il suo pensiero non è mai stato in linea con il cattolicesimo ed estraneo al cristianesimo. Il matrimonio (rito cattolico) con Elfride Prite, di fede luterana, lo allontanò dalla Chiesa. Arrivò a scrivere ad un amico: «Convinzioni gnoseologiche, che si estendono alla teoria della conoscenza storica, mi hanno reso problematico ed inaccettabile il Sistema cattolico, non però il cristianesimo e la metafisica» (Lettera a Krebs, 1919). Il nipote Heinrich assicura comunque: «pur essendosi allontanato dal “Sistema del cattolicesimo” non è mai fuoriuscito dalla Chiesa, come a torto è stato scritto». E ancora: «Ciò che lo ha mosso per tutta la vita è la domanda su Dio, anche se filosoficamente non l’ha mai esplicitata». Heinrich ricorda inoltre il profondo legame con Romano Guardini e rivela che il celebre filosofo fu costretto a portare il simbolo nazista anche se si dimostrò in privato sempre molto critico verso il partito Hitler.

Tomatis afferma che da questi nuovi volumi emerge chiaramente che «non solo la teologia, ma la fede cristiana e il cattolicesimo stesso risultano l’orizzonte esistenziale a partire dal quale soltanto è possibile comprendere l’intero l’intero cammino di pensiero di Heidegger, dai giorni passati presso il noviziato dei Gesuiti ai due anni di studi teologici universitari, ai pellegrinaggi annuali al monastero di Beuron, sino al contegno solitario e monastico». D’altra parte è lo stesso filosofo tedesco a riconoscerlo nel 1938: «Solo chi era così radicato in un mondo cattolico effettivamente vissuto può intuire qualcosa delle esigenze che, come sotterranee scosse telluriche, influenzarono il cammino del mio domandare percorso fin qui» (M. Heidegger, “Besinnung”, V. Klostermann 1997). E ancora negli anni ’50: «Senza questa provenienza teologica, non sarei mai giunto sul cammino del pensiero. Provenienza tuttavia che rimane sempre avvenire». Heidegger stesso, continua il filosofo Tomatis, predispose personalmente il proprio funerale cattolico a Messkirch, con la recita del De Profundis e del Padre Nostro, officiato da Bernhard Welte e dallo zio Heinrich.

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Bimba sopravvissuta all’aborto muore dopo cinque anni

Mariangela, la bimba che non doveva nascere, era comunque riuscita a sopravvivere all’aborto. Ha portato le conseguenze di quel violento e disumano rifiuto da parte dei genitori per cinque anni essendo nata con gravi problemi respiratori. Rifiutata per la seconda volta, è stata affidata ad una casa famiglia. Alla fine, una broncopolmonite recidiva l’altro giorno se l’è portata via.

«Vivace, affettuosa, regalava grandi sorrisi, ci ha dato molta felicità », così la ricordano i genitori affidatari della comunità Papa Giovanni XXIII, nel padovano, l’associazione fondata da don Oreste Benzi. Era sopravvissuta all’ospedale di Padova a un parto prematuro indotto a 22 settimane, utilizzato come tecnica abortiva. I genitori naturali l’avevano rifiutata perché l’ecografia mostrava che era senza bulbi oculari. Ma la piccola ha continuato a vivere e arrivata a un mese di vita fu presa in carico dal reparto padovano di neonatologia che si è battuto per dare alla bimba la possibilità di vivere e di avere una famiglia. In seguito venne fu affidata alla Comunità Papa Giovanni XXIII e accolta da una casa famiglia dove è stata cresciuta amata, accolta e accudita, giorno e notte, per cinque anni.

I responsabili della Comunità cattolica fanno sapere che «è profondo il dolore per la perdita di Mariangela. Resta il ricordo dolce di questi anni vissuti insieme e delle molte gioie che la piccola, con i suoi sorrisi, sapeva regalarci. La piccina ha potuto comunque assaporare la gioia di amare ed essere amata per ciò che era».

Un’altra bambina morta perché si sono voluti rispettare i (presunti) diritti della donna. Un’assurdità, così come spiega davanti al Parlamento australiano Gianna Jessen, la sopravvissuta all’aborto più famosa del mondo. Qui sotto il video con traduzione.

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Spagna, il bilancio della GMG: 200 milioni di dollari in più per Madrid

Ricordate per cosa protestavano i laicisti durante la GMG spagnola? Si, ovviamente essendo una cultura intollerante erano profondamente infastiditi per l’arrivo di centinaia e centinaia di giovani cattolici contenti ed entusiasti della vita. Ma sostenevano anche che in un momento di crisi economica la visita del Papa avrebbe aggravato ancor di più le risorse finanziarire del Paese.

Ovviamente già da mesi prima il capo del Madrid’s Housing and Economy Office, Percival Manglano e il direttore finanziario della manifestazione, Fernando Gimenez Barriocanal, avevano assicurato che il grande evento cattolico sarebbe stato completamente pagato da sponsor e dai fedeli. Ma si sa, i sedicenti “liberi pensatori” non sono celebri per la loro spiccata razionalità e hanno dunque preferito ascoltare le lobby anticlericali e omosessualiste. Abbiamo documentato con video e immagini tutta la gratuita violenza della “gioventù laica” scatenatasi contro i pellegrini, sollevando una grossa indignazione popolare e politica.

Oltre alla brutta figura per gli anticlericali, arriva in questi giorni la conferma che la loro rabbia era per giunta completamente inutile e infondata. La Comunità di Madrid ha infatti calcolato che la GMG ha prodotto un aumento di 199 milioni di dollari nel prodotto interno lordo della regione. Il contributo economico è stato anche riconosciuto dal Concistorio di Madrid che ha assegnato all’evento cattolico il “Premio Turismo” del Comune di Madrid, ritirato dal cardinale Antonio Maria Rouco Varela, per aver promosso la città a livello internazionale. La GMG è stata anche classificata come “Patrimonio Nazionale”.

Secondo le statistiche del Governo, dopo la Giornata Mondiale della Gioventù la capitale spagnola ha infatti registrato un aumento (storico) del 42 per cento del numero di visitatori stranieri rispetto all’agosto 2010. Inoltre, più di 12 milioni di telespettatori hanno seguito l’evento dalle reti televisive spagnole.

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Piemonte: i manifesti pro-life restano, sconfitta della lobby abortista

Ancora un episodio di tentata repressione della libertà d’espressione da parte della cultura della morte. Siamo in Piemonte, a Lanzo Torinese, per la precisione. Il Cav (Centro di Aiuto alla Vita) locale vuole far conoscere il numero verde 8008-13000, attraverso il quale l’Associazione svolge il suo servizio alle donne, aiutandole a superare le cause che le indurrebbero ad abortire.

Il numero verde è stampato su un manifesto con la fotografia di un feto umano di 8 settimane con la scritta: “Mamma ti voglio bene”. Sacrilegio! Alcune ginecologhe abortiste spalleggiate dalla consigliera regionale di Rifondazione Comunista, Eleonora Artesio, nonché ex assessore alla sanità della lista Bresso, da Lucia Centillo, presidente della commissione sanità del Comune di Torino e da altri simpatizzanti per l’aborto, hanno scatenato il putiferio creando un caso politico con tanto di interpellanza in consiglio regionale.

Ad esse hanno risposto Paolo Monferino, assessore regionale alla Sanità e il direttore amministrativo dell’Asl To 2: «l’affissione è stata permessa allo scopo di diffondere il numero verde, su richiesta del Cav di Lanzo. Richiesta legittima dato che il Cav e simili associazioni sono già presenti in altre strutture sanitarie in quanto iscritte nel registro del volontariato». Dunque i manifesti rimangono e grazie all’ideologia abortista di alcune persone e ai quotidiani che hanno riportato la notizia, il numero verde e l’immagine hanno fatto il giro dell’Italia.

Giovanni Ravalli, presidente del Cav di Lanzo, è soddisfatto ma riflette anche su come «sia triste che si cerchi di censurare chi porta avanti un’idea diversa da quella che si crede essere il sentire comune».  L’ultimo episodio di intolleranza abortista in Piemonte risale all’irruzione violenta di alcune femministe radicali al Salone del Libro di Torino per impedire che il presidente del Movimento per la vita, Carlo Casini, potesse presentare il suo libro (cfr. Ultimissima 20/5/11)

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Se il plagiatore Umberto Galimberti copia perfino da se stesso

«Se i cattolici sono già in possesso della verità che senso ha per loro studiare e insegnare filosofia se la verità che la filosofia si propone di cercare già la possiedono?» (L’anima. Se la Chiesa impone la sua verità, Micromega 26/9/07). Di chi è questa profondissima e magistrale riflessione? Ovviamente del filosofo Umberto Galimberti.

Lo stesso che sostiene che «i cattolici sono in contraddizione con se stessi. I cattolici hanno una concezione della vita improntata, vorrei dire, a un bieco materialismo». E citando Rousseau sostiene: «un buon cristiano non può essere buon cittadino».

Probabilmente noi non saremo buoni cittadini, ma di certo lui non è assolutamente un buon pensatore. Anche perché è ormai ampiamente dimostrato, come riportavamo in Ultimissima 12/5/11, che la maggior parte dei suoi libri sono pieni di intere frasi e riflessioni che ha letteralmente copiato-incollato da altri pensatori, attribuendole a se stesso. E’ perfino uscito un libro, Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale (Coniglio Editore 2011) in cui viene rivelato come questo brutto vizietto del filosofo anti-cattolico sia presente fin dagli inizi. Due mesi fa anche l‘Università Ca’ Foscari di Venezia, di cui è dipendente, ha inoltrato un richiamo formale all’esimio professore a causa della mancata e persistente citazione delle fonti nella redazione dei suoi testi scientifici.

Ma il quotidiano Il Giornale ha recentemente scoperto anche che Galimberti non si è limitato a copiare selvaggiamente da altri testi, ma addirittura è arrivato a copiare se stesso. Tant’è che pare, come ipotizzato da Aldo Grasso, che proprio questo sia il motivo per cui la rivista della Polizia di Sta­to, “Polizia Moderna”, lo ha in poche semplici sbattuto fuori (anche se poi ufficialmente non lo ammette). Ai lettori della rivista infatti, il filosofo laicista riproponeva tali e quali delle riflessioni che aveva già pubblicato in articoli di giornale di diversi anni prima. E che, tra l’altro, probabilmente non erano nemmeno suoi.

Ma Galimberti è troppo vanitoso per poter mai riconoscere tutto questo e chiedere scusa ai propri devoti lettori. Preferisce continuare la sua militanza anti-cristiana. E allora, dato che è appassionato di Jean-Jacques Rousseau, ecco un’altra bella citazione del pensatore francese: «Se mai la vanità fece felice qualcuno sulla terra, quel qualcuno non poteva essere altri che uno sciocco».

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Il filosofo Lobkowicz smentisce Eco: «il Papa? Tra i più colti del nostro tempo»

Umberto Eco e Benedetto XVI. Dopo il sorprendente giudizio di Umberto Eco, diversi intellettuali hanno replicato al semiologo italiano valorizzando l’alto profilo intellettuale di Papa Ratzinger. Tra essi l’eminente filosofo Nikolaus Lobkowicz.

 

Il filosofo Nikolaus Lobkowicz, già rettore della prestigiosa Università Ludwig-Maximilian di Monaco e dell’Università Cattolica di Eichstätt, premiato con lauree ad honorem dalle più prestigiose università del mondo e attualmente direttore del Zentral Institut für Mittel- und Osteuropastudien, centro di studi dedicato all’Europa centrorientale, ha commentato il celebre discorso di Benedetto XVI al Parlamento tedesco durante il recente viaggio pastorale in Germania. L’intervista sarebbe da leggere integralmente, qui ci limitiamo a sottolineare alcuni passaggi fondamentali.

Innanzitutto Lobkowicz ritiene quello del Papa un discorso fondamentale: «è la prima volta che un Papa, su invito del presidente del Parlamento tedesco, teneva un discorso di fronte ad esso. Certamente Benedetto XVI in primo luogo ha accettato l’invito del Parlamento della sua Patria, ma secondo me il significato vero del suo discorso davanti al Parlamento federale è che si inserisce negli sforzi del Pontefice per promuovere la “riunificazione” dei cristiani». Di fronte a protestanti, cattolici e agnostici, il Papa «ha scelto un discorso che non sottolineasse ciò che è specificamente cattolico e neanche ciò che è cristiano, bensì la dottrina del diritto naturale, che si base sull’ordine della creazione e non specificamente sull’opera di Redenzione di Gesù Cristo». In particolare ha sostenuto che «non è necessario essere un cristiano credente per riconoscere cosa è corretto e giusto, cosa spetta all’uomo e cosa no. Proprio per questo il suo discorso ha colpito anche deputati che non volevano sapere nulla della fede cristiana. Avrebbe colpito anche coloro che non volevano ascoltare il suo discorso e che perciò se ne sono tenuti alla larga».

Il filosofo ha riflettuto sulle principali differenze tra la comprensione dell’uomo cattolica e quella protestante. Ad esempio, al contrario di questi ultimi, la Chiesa cattolica «ha sempre sostenuto che l’uomo, nonostante il danno causato dal peccato originale, è buono secondo la sua essenza. Deve semplicemente agire e vivere conformemente alla sua essenza, e non contro di essa. Certo che manca qualcosa se non c’è la grazia, ad esempio se un uomo non ha incontrato Cristo e non è stato battezzato. Ma questo non significa che qualcosa o qualcuno cui manca qualcosa è inevitabilmente cattivo o persino malvagio, che è alla fine da condannare ed è dannato». Afferma ancora: «la Chiesa cattolica da molti punti di vista è diventata quasi l’unica istituzione a tenere desto ciò che di grande ha compreso la cultura occidentale. Io ritengo perciò che sia possibile riguadagnare le giuste convinzioni su ciò che è vero, significativo, corretto e giusto solo se il mondo e soprattutto se i paesi di lingua tedesca ridiventano “più cattolici”».

Ragionando sull’evoluzione biologica e sul significato della vita dell’uomo, ha affermato: «Solo se si ammette che Dio ha creato il mondo per amore dell’uomo, la nostra esistenza ha un senso in questo mondo. Per coloro che vedono in noi solo una scimmia che per caso è più altamente sviluppata, per cui tutto è dovuto al caso di una cieca evoluzione che avrebbe potuto finire in tutt’altro modo, non può esistere nessun senso “oggettivo” dell’esistenza dell’uomo. Allora non siamo niente di più che un prodotto del caso, che un giorno si spegnerà nuovamente e scomparirà. Allora nulla ha senso; e l’uomo non è nient’altro che un Prometeo che un giorno scomparirà di nuovo. A volte mi stupisco di come gli uomini possano anche solo sopportare una tale idea; probabilmente possono sopportarla solo perché non l’hanno mai portata fino alle sue estreme conclusioni. Ci sono stati uomini, proprio nel secolo scorso, che si sono suicidati a causa di questa visione, con l’idea per così dire che l’unica cosa nella quale possiamo ancora dare prova di noi e che ci dimostra la nostra unicità consista nel fatto che noi siamo l’unico essere vivente sulla terra che si può “eliminare” da sé intenzionalmente e consapevolmente»

Al contrario di quanto sostenuto recentemente dallo scrittore e tuttologo Umberto Eco, il filosofo tedesco ritiene infine che «Ratzinger, come Hans Urs von Balthasar o Henri de Lubac mezzo secolo fa, è uno degli uomini più colti del nostro tempo e anche uno dei più colti della lunga storia dei vescovi di Roma».

La redazione

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Linda: una piccola storia irrazionale

Con questo articolo diamo avvio alla collaborazione con Stefano Bruni, pediatra, già dirigente medico presso il Dipartimento di Emergenza e Urgenza Pediatrica dell’Ospedale Materno Infantile di Ancona e ricercatore e docente della Clinica Pediatrica dell’Università Politecnica delle Marche. Si è occupato tra le altre cose di neonatologia, medicina d’urgenza e malattie genetiche rare. Da qualche anno si dedica esclusivamente alla libera professione pediatrica, scelta dettata dal desiderio di creare un legame più personale e continuativo con i propri “pazientini” e le loro famiglie. Inoltre è responsabile scientifico per l’Italia di un gruppo internazionale che fa ricerca nel campo della terapia per malattie genetiche rare.

di Stefano Bruni*
*pediatra e ricercatore scientifico

 

Difficile condensare in poche righe una storia piena di emozioni e di sentimenti. È vero, siamo sul sito dei Cristiani Cattolici RAZIONALI ma per una volta permettetemi di essere irrazionale e non scientifico: non troverete note bibliografiche alla fine di queste righe. Ormai abbiamo avuto occasione di conoscerci. Da qualche tempo ho scoperto questo sito e di tanto in tanto intervengo in qualche discussione, quando ho qualcosa da condividere con voi, su specifici argomenti. Sono un pediatra e pur non essendo vecchio (ho quarantasei anni; un matusa per qualcuno, ma io mi sento ancora giovane) faccio questo mestiere da parecchio tempo. Il mio è un mestiere bellissimo, fatto di tanti episodi incredibili ma anche di una routine sempre entusiasmante.

Oggi mi è successa una cosa che desidero condividere con voi come si fa con degli amici. La storia è vera (liberi di crederci o non crederci); i nomi dei protagonisti no, per una questione di rispetto. Ho conosciuto Barbara tre anni fa quando mi portò in ambulatorio il piccolo Guglielmo. Era diventata mamma da 3 mesi ed era raggiante, come tutte le mamme. Il bimbo era bellissimo (e lo è anche ora che ha circa tre anni) e perfettamente sano. Una visita di routine che noi pediatri chiamiamo “bilancio di salute”: un controllo generale. Ho rivisto Barbara e Guglielmo diverse volte nel corso degli anni e si è creato un rapporto molto bello, di confidenza e di amicizia, come non è raro che capiti tra un pediatra e le famiglie dei suoi piccoli pazienti. In occasione di una delle ultime visite di Guglielmo, Barbara mi aveva confidato che con suo marito stavano cercando di avere un altro bimbo. Mi aveva detto che sperava che fosse una femmina, questa volta. Ma, abbassando gli occhi ed arrossendo come se si fosse vergognata per aver espresso questo desiderio, aveva immediatamente sottolineato ciò che tutte le donne dicono: “Comunque, maschio o femmina, l’importante è che sia un figlio sano”.

Circa dodici mesi fa una telefonata: Barbara, la voce emozionata e felice, mi annunciava di essere nuovamente incinta; era in arrivo un fratellino o una sorellina per Guglielmo. Di qua dal telefono una gioia grata per la condivisione: una nuova vita era in arrivo ed era stato deciso di condividere questo miracolo con me. Otto mesi e mezzo fa un’altra telefonata. Barbara, con una voce strana, mi chiedeva un appuntamento. Pensai ad un problema di Guglielmo. Invece Barbara si presentò in ambulatorio senza di lui, un sorriso tiratissimo. Trattenendo a stento le lacrime mi disse che nel corso di un’ecografia effettuata alla ventiduesima settimana di gestazione in un centro ad elevata specializzazione i medici avevano messo in evidenza una malformazione certa di un braccino e una sospetta malformazione di una vertebra che, insieme ad un ritardo di crescita intrauterina del feto, avevano suggerito il sospetto di una sindrome malformativa nota con l’acronimo di Sindrome di VATER o VACTERL. Si tratta di una patologia che può essere molto grave anche se ne esistono forme più lievi. Con la diagnosi i medici avevano anche comunicato a Barbara il consiglio di interrompere la gravidanza. E Barbara aveva deciso di interrompere la gravidanza. Benchè ciò le comportasse una evidente grave sofferenza continuava a ripetere che non se la sentiva di “mettere al mondo un’infelice”.

Parlammo a lungo. Con affetto e dolcezza ma anche con la più totale onestà le spiegai in cosa consiste questa malattia. Le feci presente che accanto a forme molto severe (che con semplicità le descrissi nel modo più obiettivo possibile: sapeva già tutto da internet peraltro) ci sono anche forme della malattia compatibili con una buona qualità di vita. Certo, anche i bimbi meno sfortunati hanno qualche problema che tuttavia chirurgia in taluni casi, e fisioterapia in altri possono migliorare o risolvere; una vita certamente più complicata sia per il bimbo che per i suoi genitori; ma pur sempre una vita da vivere e qualcuno da amare. Feci capire a Barbara che, benché convinto sostenitore della vita sempre e comunque, non avevo nessuna intenzione di giudicarla per ciò che avrebbe deciso di fare alla fine. Mi faceva tenerezza quella giovane donna disperata. Senza nasconderle le difficoltà del caso le spiegai però anche tutto ciò che per questi bimbi si può fare dal punto di vista medico. Non volli darle certezze perché nemmeno io ne avevo né ne avevano i medici che avevano posto il sospetto diagnostico con l’ecografia. Ma le diedi tutta la mia disponibilità a supportarla nel successivo percorso diagnostico e terapeutico, qualora avesse deciso di tenere il bimbo ma anche nel caso avesse deciso di interrompere la gravidanza.

Ci salutammo con la promessa che Barbara si sarebbe recata presso un consultorio privato per avere un colloquio prima di prendere la decisione finale che, comunque, avevo la sensazione avesse già preso. Quando se ne fu andata provai una grande tristezza per questa donna, per suo marito (che l’aveva accompagnata nel mio studio ma era rimasto in silenzio, distrutto, per tutto il tempo) e per il loro bimbo che non sarebbe nato. E provai un grande senso di impotenza; a noi medici capita spesso di sentirci impotenti di fronte alla malattia e alla morte ma io non riesco a farci l’abitudine. Non ho saputo più nulla di Barbara nei mesi successivi. Un paio di volte avrei voluto chiamarla ma, vigliaccamente, non l’ho fatto: cosa potevo dirle? E poi forse non avrebbe avuto piacere di parlare con me conoscendo il mio pensiero e magari sentendosi giudicata da me.

Ieri sera Barbara mi ha telefonato e mi ha chiesto se poteva venire in ambulatorio con Guglielmo. Questa mattina, mentre la aspettavo in ambulatorio cercavo di immaginare con un po’ di emozione come si sarebbe svolto l’incontro; cosa ci saremmo detti, se avrebbe affrontato lei l’argomento o se avrebbe fatto finta di nulla. Alle dieci, puntuale, Barbara si è presentata nel mio studio insieme al marito e a Guglielmo. Ma non erano soli. Sorridevano tutti e Barbara aveva in braccio Linda, quattro mesi, una massa di capelli neri, due occhi neri aperti come fari, un sondino naso-gastrico tenuto attaccato alla guancia da un cerotto. Ho provato un’emozione incredibile che vorrei trasferirvi ma che non riesco a descrivervi perché è indescrivibile. Ci siamo seduti nello studio tutti insieme. Guglielmo sulle gambe del papà, Linda in braccio a Barbara. Barbara mi ha raccontato di avere incontrato lo psicologo ed il ginecologo del consultorio che le avevo indicato e di aver deciso alla fine di tenere la bimba che avevano tanto desiderato lei e suo marito. Linda è nata quattro mesi fa con un braccino seriamente malformato. Dovrà effettuare diversi interventi chirurgici ricostruttivi quando sarà più grande. Ma oggi la chirurgia fa cose meravigliose. La vertebra che si sospettava fosse malformata per fortuna è normale ma in compenso la bimba è nata con una fistola tracheo-esofagea che ha necessitato la correzione chirurgica precoce. Ora è minutina e si nutre ancora col sondino naso gastrico ma per il resto è sana. Non è ancora possibile essere certi che il suo sviluppo psicomotorio sarà normale ma ci sono buone probabilità che Linda si sviluppi normalmente.

Alla fine della mia visita Barbara mi ha guardato negli occhi, ha voluto che prendessi Linda in braccio e mi ha detto: “Se Linda oggi è qui con noi è anche perché lei ha promesso che ci sarebbe stato vicino: non tradisca questa promessa!”. È una storia come tante altre. Forse nemmeno troppo interessante per qualcuno. Per altri forse patetica. Per me è una bellissima storia di amore, di coraggio e di fede ed è per questo che volevo condividerla con voi. Non voglio usarla strumentalmente né vorrei che fosse strumentalizzata. Il mio è un mestiere bellissimo, fatto di tanti episodi incredibili ma anche di una routine sempre entusiasmante. Ma l’emozione che ho provato questa mattina, vi assicuro, non l’avevo mai provata prima.

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Spagna, il Pp fa sul serio: via l’aborto libero e le nozze gay

A meno di due mesi dalle elezioni spagnole (20 novembre), il Partito Popolare guidato da Mariano Rajoy, -secondo i sondaggi candidato quasi certo alla vittoria dopo la completa sconfitta del partito socialista di Zapatero- sembra che stia rispettando le promesse: abrogare la legge sull’aborto, almeno inizialmente nei primi quattro mesi, e quella sulle coppie omosessuali.

Rajoy lo aveva annunciato già a febbraio: «se sarò eletto abrogherò la legge sull’aborto e quella sul matrimonio omosessuale» (cfr. Ultimissima 14/2/11).

Quella dell’aborto, riporta La Stampa, sarà una delle prime questioni di cui si occuperà. Nel frattempo il Pp ha presentato al Tribunale costituzionale un ricorso contro le nozze gay, varate nel 2005.

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Messico: la Corte Suprema respinge la legalizzazione dell’aborto

La Corte Suprema del Messico ha respinto la legalizzazione dell’aborto in Baja California, confermando dunque la costituzionalità delle leggi contro l’aborto approvate in 32 stati messicani (oltre la metà).

La maggioranza è stata risicata (8 su 11) ma necessaria per far vincere la protezione dell’essere umano “fin dal concepimento“. Il 25 aprile 2008 la capitale messicana aveva approvato la depenalizzazione dell’aborto fino a 12 settimane di gestazione, decisione seguita da un’ondata di modifiche anti-aborto in ben 32 Stati, temendo che l’esempio potesse diffondersi.

Dal 2011 sono 18 gli stati messicani che hanno approvato modifiche costituzionali esplicitamente a tutela del nascituro dal momento del concepimento.

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Il filosofo Benedetto Ippolito e l’inconsistenza della morale laica

Sottolineiamo un commento molto interessante di Benedetto Ippolito, ricercatore universitario presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi “Roma Tre”, professore incaricato e responsabile del settore scientifico disciplinare di Storia della Filosofia Medievale e membro di Ruolo del Dipartimento e del Collegio Didattico di Filosofia, sull’ormai celebre discorso di Benedetto XVI al Bundestag, il Parlamento federale tedesco, nell’ambito del suo recente viaggio in Germania.

Nel cuore dell’Europa, ha detto il filosofo, «il Papa ha voluto sollecitare la coscienza tedesca sulle radici giuridiche dell’Occidente, che sono state assicurate stabilmente nel tempo dall’incontro felice tra la religione cristiana, la filosofica greca e la giurisprudenza romana». Il Papa ha osservato come «la visione positivista – cioè puramente formale – del mondo sia una parte grandiosa della conoscenza umana, alla quale non dobbiamo rinunciare. Ma essa non è una lettura che corrisponda e sia sufficiente per essere uomini in tutta l’ampiezza». L’unico modo per poter essere tali, è avere consapevolezza che «l’uomo non crea se stesso», perché la sua «natura personale non è esaurita dalla libertà». Ippolito rileva l’apertura di un confronto esplicito con il padre del pensiero giuridico tedesco, Hans Kelsen, ricordando come questi, dopo aver cercato invano di costruire un sistema esclusivamente basato sulla legge scritta, sia dovuto incorrere alla fine in insormontabili e sfibranti contraddizioni a causa della rinuncia totale alla sola idea risolutiva che dà fondamento logico al diritto, ossia il riferimento trascendente a Dio.

Il filosofo non usa mezzi termini: «Come sanno i teologi, infatti, l’unico pilastro con cui è possibile salvaguardare l’intelligenza, la libertà dell’uomo e il rispetto della natura circostante è solo Dio creatore, perché Egli è il principio che permette di concepire il valore supremo della natura creata rispetto ai tanti interessi esistenti». E ancora: «La responsabilità dell’uomo davanti a Dio genera, infatti, una base sicura alla politica e al diritto, che accosta pienamente la democrazia delle istituzioni ad alcuni valori universali insindacabili, cioè indipendenti dal dispotismo del potere».

Il grande “papa” laico, Norberto Bobbio, lo aveva capito sapeva perfettamente quando diceva: «La morale razionale che noi laici proponiamo è l’unica che abbiamo, ma in raltà è irragionevole». Perfino Hans Küng, molto amato dall’area laicista per essere il più famoso teologo dissidente, lo riconosce: «L’umano è salvaguardato solo se viene fondato sul divino. Solo l’Assoluto può vincolare in maniera assoluta». L’irrazionalità della “morale senza Dio” è ben spiegata da Vittorio Messori: «la cosiddetta “morale razionale” non ha nulla di ragionevole. Non è (e non sarà mai) in grado di rispondere in modo logico alla semplice domanda di buon senso: “perché, messo alla scelta, dovrei fare il bene piuttosto che il male, anche quando dallo scegliere il bene non me ne viene alcun vantaggio ma, anzi, ne ricavo uno svantaggio?”» (V. Messori e M. Brambilla, “Qualche ragione per credere”, Edizioni Ares 2008, pag. 68)

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