L’Italia dei Valori contro i Radicali: «fanno battaglie ideologiche e improduttive»

Tra qualche ambiguità prende avvio la proposta di legge per l'”adozione” degli embrioni crioconservati abbandonati. La Commissione Affari sociali della Camera ha infatti adottato il testo base proposto da Antonio Palagiano, responsabile sanità dell’Italia dei Valori. Adottando il termine “adozione” si va proprio all‘equiparazione dell’embrione alla persona umana. Si vuole giustamente trovare una soluzione ai diecimila embrioni congelati dalla fecondazione assistita e poi scartati dai potenziali genitori. Si ipotizza così l’adozione a coppie con età inferiore a 45 anni e seguendo un iter simile a quello dell’adozione dei bambini.

Tuttavia ci sono alcuni rischi evidenti da tenere in considerazione, così come sono stati formulati su Avvenire. Gli unici contrari sono ovviamente i militanti del Partito Radicale, i quali per bocca della Coscioni ritengono la proposta: «abominevole», accusando il deputato dell’Idv di «allineamento alle posizioni più retrive e antiscientifiche». E il motivo è proprio perché si equiparano «gli embrioni agli esseri umani». Ovviamente i radicali e la scienza sono due sfere assolutamente in opposizione, dato che l’embriologia ha assolutamente le idee chiare sull’argomento. Palagiano respinge le critiche accusando i fondamentalisti radicali: «il loro è un modo becero e improduttivo per farne una guerra ideologica che lascerebbe le cose come stanno. Non consentirò a nessuno di usare strumentalmente questa seria materia».

Bisogna ricordare il difficilissimo momento per il gruppo politico fondamentalista. I radicali sono stati praticamente sbattuti fuori dal PD e sono andati ad elemosinare un po’ di spazio nel PDL. Per questo continuo cambio di schieramento sono da qualche settimana oggetto di scherno sul web e in particolare attrae attenzione la pagina Facebook di Marco Pannella, dove si ironizza spesso sui suoi innumerevoli e finti scioperi della fame (che lo rendono misteriosamente sempre più grasso). Il motivo di questo attacco è l’appoggio che hanno dato al partito dello schieramento opposto. Maurizio Turco e Mario Staderini sono dovuti intervenire per tentare di salvare il salvabile (il loro partito ha appena lo 0,4% delle preferenze secondo l’ultimo sondaggio di Emg per il Tgla7), ma mentre il segretario dei Radicali smentisce che i deputati e i senatori radicali sostengano l’esecutivo al prossimo voto di fiducia sulle misure per affrontare la crisi, Rita Bernardini, ex segretaria e ora deputata della delegazione Radicale nel Partito Democratico, sostiene che «i radicali sono “pronti a votare la fiducia al governo sul maxi-emendamento sullo sviluppo».

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Il biologo Zimmerman: «grande collaborazione tra scienza e religione»

Un altro interessante articolo è comparso su “The Huffington Post”, il blog più visitato al mondo. E’ firmato dal biologo Michael Zimmerman, Fellow della American Association for the Advancement of Science e vincitore del Friend of Darwin Award da parte del National Center for Science Education Darwin Award. Lo scienziato introduce l’articolo affermando: «Se sei uno di quelli che credono che la religione e la scienza siano state in guerra, dovresti sapere che la pace sembra sempre più essere scoppiata». Precisa comunque che la presunta “guerra” non è mai stata reale, ma fabbricata artificialmente.

Lo scienziato ritiene che finalmente si sia diffuso il messaggio «che le persone non hanno bisogno di scegliere tra le credenze religiose e la conoscenza scientifica». Il merito di questo successo lo attribuisce alla più importante associazione scientifica degli Stati Uniti, ovvero la “American Association for the Advancement of Science” (AAAS), la quale ha lavorato diligentemente in questo campo per un periodo prolungato di tempo. L’obiettivo esplicito della AAAS, sostiene Zimmerman (che ne è membro), è quello di «facilitare la comunicazione tra le comunità scientifiche e religiose». Anche la US National Academy of Sciences nel 2008 ha pubblicato un libro intitolato “Science, Evolution and creazionism”, nel quale si conclude: «I tentativi di mettere scienza e religione l’una contro l’altra creano polemiche laddove non esistono».

Lo stesso Zimmerman è fondatore di “The Clergy Letter Project”, un’organizzazione composta da oltre 13.000 capi religiosi e più di 1.000 scienziati che stanno bene a lavorare con i leader religiosi. Ci sono una miriade di altre organizzazioni, continua, che operano in tutti gli angoli del mondo, progettate sul dialogo tra scienza e religione e tutte respingono ogni ipotetico conflitto. Ne cita alcune: The BioLogos Foundation; International Society for Science and ReligionMetanexus Institute; Society of Ordained ScientistsWesleyNexus: Science and Religion within the Wesleyan Tradition; Zygon Center for Religion and Science, e ovviamente la Pontificia Accademia delle Scienze.  Ed ecco una novità: la Fondazione Templeton ha investito 1 milione di dollari in un progetto che porterà gli scienziati in ogni congregazioni religiosa con l’obiettivo di creare significative conversazioni sulla fede e sulla scienza.

Il biologo si dimostra contento di tutto questo perché si allontana sempre più ogni fondamentalismo. Sia quello creazionista che quello laicista. Su quest’ultimo, afferma: «Ci sono scienziati che ritengono che la scienza debba portare all’ateismo ma, mentre un tale percorso può avere un senso per loro, non è evidentemente il caso di un gran numero di altri scienziati e milioni di cittadini, interessati sia in religione e scienza». Entrambi questi estremismi hanno invece interesse a mantenere viva l’idea di un conflitto. Una leggenda, continua il biologo, assolutamente fabbricata ad arte, così come affermato dallo storico della scienza Ronald Numbers (agnostico), nel suo libro Galileo Goes to Jail and Other Myths About Science and Religion(Harvard University Press 2009): «l’idea che ci sia un conflitto di vecchia data tra la religione e la scienza è propaganda più che storia».

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Canada: il 72% dei cittadini contro l’aborto

In Canada dal 1988 c’è l’abortion-on-demand, cioè l’aborto senza alcuna restrizione legale, possibile in qualsiasi mese della gravidanza (anche se ogni clinica canadese è libera di decidere, a propria discrezione, le limitazioni a tale libertà). E’ notizia del 28 ottobre scorso che però il 72% dei canadesi vorrebbe misure legali per proteggere il bimbo nel grembo nei mesi più avanzati della gravidanza. Tra essi, il 28% chiede misure protettive sin dal concepimento e il 26% si schiera per rendere nuovamente illegale l’aborto senza se e senza ma.

Il gruppo pro-vita LifeCanada ha commissionato l’inchiesta al gruppo di ricerca canadese Environics, specializzato in sondaggi nazionali (www.environics.ca). La stragrande maggioranza dei cittadini appare contraria all’attuale stato di cose, e chiede al governo di agire immediatamente. «C’è evidentemente un abisso tra le politiche governative sull’aborto e la volontà dei Canadesi» ha detto Monica Roddis, presidente di LifeCanada. «I Canadesi chiedono con forza che l’aborto non sia più legale per tutti e nove i mesi della gravidanza, e non vogliono che le loro tasse servano a questo, tranne che per circostanze straordinarie. Ancora i nostri governanti» – ha continuato Roddis – «rifiutano di affrontare la questione. Non vogliono riaprire il dibattito, dicono. E’ perché la maggior parte dei Canadesi non approva la situazione attuale?».

L’inchiesta suggerisce una visione pro-life nel paese più forte di quella evidenziata dall’inchiesta dell’agenzia canadese Abacus del maggio scorso, secondo la quale, il 59% dei Canadesi voleva misure legali per proteggere il feto nei mesi più avanzati della gravidanza mentre il 27% voleva misure sin dal concepimento, e l’8% si schierava apertamente per rendere illegale l’aborto in ogni circostanza.

Nella recente inchiesta, scendendo nei dettagli, è stato anche chiesto da quale momento fosse giusto proteggere il feto: il 28% ha risposto fin dal concepimento, il 17% dopo i primi due mesi e un altro 17% dopo i primi tre mesi. Solo il 20% ha supportato l’attuale politica canadese di nessuna protezione per il feto. E’ significativo che siano più le donne che gli uomini (74 vs 67%) a chiedere di supportare la protezione per il feto prima che nasca. L’81% del gentil sesso ha infatti asserito che l’aborto dovrebbe essere reso illegale nel terzo trimestre di gravidanza. Il 54% ha asserito che gli aborti dovrebbero essere coperti dalla sanità pubblica solo in caso d’emergenza, e il 13% ha asserito che non dovrebbero essere coperti affatto. Solo il 30% è d’accordo che lo stato paghi per tutti gli aborti eseguiti.

La redazione

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Christopher Hitchens: «Sono alcolizzato per sopportare la noia della vita»

Abbiamo spesso parlato dei cosiddetti “quattro cavalieri dell’ateismo”, i due pensionati Dawkins e Dennett, lo sconosciuto Sam Harris (o meglio, conosciuto solo per discorsi anti-religiosi) e il polemista Christopher Hitchens. Nel 2010 i medici davano a Hitchens 4 mesi di vita, poi -grazie all’aiuto del genetista cristiano Francis Collins– ha iniziato una terapia farmacologica molto efficace che aiuta a frenare il devastante cancro all’esofago (ai polmoni e linfonodi) che lo ha purtroppo attaccato.

L’ex-trotskista è noto per esser un violento anticristiano, particolarmente anticattolico. Ha sempre condotto una vita sfrenata basata sull’eccesso, che oggi lo ha ridotto in fin di vita: alcool, fumo e droga (è un convinto sostenitore della cannabis). Un pessimo esempio, dunque. E’ anche famoso per odiare molto, sopratutto quello che esce da “scienza e comunismo”. Del suo profondo rancore ha parlato recentemente anche Camillo Langone su Il Foglio 26/10/11.

Odia Madre Teresa di Calcutta perché, dice, «non era amica dei poveri, ma un’amica della povertà». Odia Benedetto XVI che avrà l’onore, secondo lui, di «vivere abbastanza per leggere il suo necrologio». Ma odia anche suo fratello minore Peter con il quale si sente in competizione. Quando erano piccoli lo ha più volte voluto convincere di essere stato adottato, perché: «quando si tratta di una questione di sopravvivenza sono molto spietato». Oggi il fratello si è convertito al cristianesimo (cfr. Ultimissima 26/8/10) e l’odio verso di lui è aumentato esponenzialmente. E’ stato molto criticato per le sue controverse dichiarazioni sull’Islam e la guerra in Medioriente: «Le bombe a grappolo non sono forse buone in sé, ma quando cadono sulle truppe dei talebani, esse hanno un effetto incoraggiante […] Non credo che la guerra in Afghanistan sia stata sufficientemente combattuta senza pietà […], il bilancio delle vittime non è abbastanza alto, troppi sono scappati».

Tutta questa disumanità è forse in parte giustificabile dal fatto che il nichilista Hitchens è un alcolizzato. Lo ha affermato recentemente su “Psychologytoday” il noto psicologo e psicanalista Stanton Peele, specializzato sulle dipendenze da alcool e droga. Dopo aver analizzato alcune dichiarazioni di Hitchens sull’incredibile quantità di alcool che dice di ingurgitare ogni giorno e la sua farneticante apologia verso i presunti benefici che tutto questo avrebbe, lo psicologo si domanda (lasciando intendere la risposta): «Quindi, caro lettore, mi dica, Christopher Hitchens è un alcolizzato? Oppure la risposta è così ovvia che non è necessario nemmeno che venga pronunciata?».

Interessante osservare i motivi che hanno ridotto Hitchens in questi stato: «Ho deciso di comportarmi così perché mi ha aiutato ad essere meno annoiato, le persone hanno smesso di essere noiose», afferma. La noia per la vita, dunque. La causa è -come sempre- esistenziale. Chissà se oggi proverà l’inconfessabile e terribile sospetto che l’origine dell’insofferenza verso l’esistenza derivi in realtà dall’averla voluta violentemente (e opinabilmente) privare di un Significato ultimo…

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Craig Venter: dubbi sui meccanismi darwiniani


di Enzo Pennetta*
*biologo (www.enzopennetta.it)



Tutti conoscono Craig Venter, lo scienziato che nel 2000 portò a termine il sequenziamento del DNA umano e che nel 2010 attirò nuovamente su di sé l’attenzione con l’annuncio della realizzazione della prima cellula con DNA artificiale (erroneamente definita da molti “cellula artificiale”, cfr. Craig Venter e la bufala della creazione della “vita artificiale”).

Come riportato sul sito del New York Times, nel 2009 Venter era stato contattato dalla EXXON per lavorare alla produzione di biocarburanti da ricavare dalle alghe, per l’impresa la compagnia petrolifera era disposta a stanziare l’ingente cifra di 600 milioni di dollari.

Dopo un anno veniva dato l’annuncio della produzione della prima “cellula artificiale”, Venter legò subito la nuova tecnica alla possibilità di ottenere microrganismi utili per la produzione di biocarburanti, come si può leggere sul New York Times del 20 maggio 2010: “Il dottor Venter chiama il risultato una “cellula sintetica”, e presenta la ricerca come una pietra miliare che aprirà la strada alla creazione da zero di microbi utili per produrre i prodotti come i vaccini e biocarburanti”.

Si giunge così a pochi giorni fa, a metà ottobre 2011, quando in una conferenza Venter ribadisce che la strada migliore per ottenere alghe adatte alla produzione di biocarburanti non è quella di ottenere un organismo geneticamente modificato, ma di ricorrere ad un organismo dal DNA totalmente artificiale: «Io credo che l’approccio per una cellula totalmente sintetica sia il modo migliore per ottenere un’innovazione davvero determinante».

Ma in uno scambio di e-mail rivelato su Foreign Policy dal giornalista Steve LeVine, Craig Venter dice qualcosa di molto più rilevante: «Per chiarire il mio punto di vista, l’alleanza con Exxon è in corso e sta ancora esplorando una gamma di opzioni per trovare il modo migliore per ottenere le alghe per lo sviluppo dei biocarburanti. Come ho detto ieri, e come ripeto e credo da tempo, le fibre di alghe naturali non ci porteranno a quello di cui abbiamo bisogno per quanto riguarda la scala di produzione per un’alternativa utile ai carburanti e ciò è stato già provato. La manipolazione genetica delle fibre naturali è al momento il modo migliore, più veloce e più efficace per lavorare con le alghe per ricavarne lipidi, quindi SGI ed Exxon continuano a lavorare su questo».

Craig Venter dichiara che le alghe disponibili non sono utilizzabili per la produzione di biocarburanti, e che se si vuole sperare di giungere ad un risultato si dovrà ricorrere alla manipolazione genetica. Ma a questo punto il biologo si spinge oltre, fa un’affermazione molto interessante: «Personalmente credo che ultimamente abbiamo bisogno di fare ricerche su una cellula di alga costruita totalmente in modo sintetico (e SGI ci sta provando con finanziamenti interni) per giungere ai livelli di produzione necessari, ma ciò non fa parte al momento dell’accordo tra Exxon Mobil e SGI. Ho detto e spero davvero che possa essere un qualcosa sui cui SGI e Exxon possano lavorare insieme».

Craig Venter con quest’ultima affermazione dichiara che con le mutazioni casuali di un genoma non potrà ottenere il risultato desiderato: per sperare di ottenere la fibra giusta bisognerà progettarla. Il concetto viene poi ribadito ulteriormente: «La collaborazione SGI-Exxon si sta concentrando nel capire se con l’ingegneria metabolica e le mutazioni genetiche si possa incrementare notevolmente la produzione di idrocarburi per portarla ai livelli necessari, partendo dalle fibre naturali che abbiamo studiato. Io credo che l’approccio per una cellula totalmente sintetica sia il modo migliore per ottenere l’innovazione davvero determinante di cui abbiamo parlato ieri».

Con quest’ultima frase la ricerca di Venter diventa, che lui ne sia consapevole o no, forse il primo vero esperimento di verifica della teoria neodarwiniana: capire se “con l’ingegneria metabolica e le mutazioni genetiche” si possa davvero giungere ad una evoluzione delle alghe. Ma lui la sua risposta l’ha già data: per far evolvere le alghe l’unica strada è progettarle.

Secondo Venter il meccanismo per “caso e necessità” non garantisce dunque il risultato cercato, se si vuole ottenere la fibra giusta, bisogna progettarla. È dunque un approccio non darwiniano quello che consente i risultati migliori.

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Brasile: gli ex omosessuali vanno in televisione

Mentre negli Stati Uniti si parla di ex-omosessuali sul quotidiano più importante del Paese, il “New York Times” (cfr. Ultimissima 03/11/11), in Brasile sono presenti anche all’interno dei telefilm.

Sulla rete nazionale Globo, è infatti iniziata la seconda stagione di “Macho Man” e in questi nuovi episodi vedranno la comparsa nuovi personaggi, come Nelson (Jorge Fernando), un ex-gay che imparerà a far fronte alla sua nuova sessualità sposandosi e dimostrando che nulla è rimasto del suo passato omosessuale. Durante gli episodi si innamorerà di ben due donne, ovvero Helo (Ingrid Guimarães) e Valeria (Marisa Orth), questa seconda sarà il migliore aiuto per Nelson. Tutte le puntate ruoteranno attorno proprio al suo cambiamento sessuale.

Nelle puntate ci sarà anche una coppia omosessuale, a dimostrazione che gli autori non hanno alcun secondo fine nel presentare un ex-gay. Semplicemente danno spazio a profili che sono rappresentativi della società civile. Nel marzo scorso una delle autrici, Fernanda Young, spiegava così la scelta di inserire un ex-omosessuale: «Perché nessuno ha mai scritto una storia oggi su un ex-gay? Hanno raccontato di uomini che si trasformano in donna e viceversa, un adolescente che diventa adulto e viceversa, ricchi che diventano poveri e viceversa…». L’altro autore, Alexandre Machado dice invece: «Ognuno è ex di qualche cosa. Io, per esempio, sono un ex dirigente pubblicitario. Ma nessuno aveva ancora raccontato la storia di una svolta da gay a etero».

Fonti da confermare ci informano che Stefano Bolognini, tra i responsabili di “Giornalettismo”, ha invitato a casa sua Chiara Lalli e Eleonora Bianchini de “Il Fatto Quotidiano” -un bel trio di discriminatori degli ex-omosessuali- per gustarsi assieme la prima puntata sul satellitare. Chissà se in Italia l’Arcigay permetterebbe che un programma così andasse in onda. Ricordiamo infatti che nel 2008 l’associazione di omosessuali militanti intendeva addirittura bloccare Sanremo, il Festival della canzone italiana, per impedire che il cantante Giuseppe Povia proponesse un brano (diventato poi celebre e molto premiato) intitolato “Luca era gay” (qui il video del live).

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Grande Chambre: legittimo il divieto austriaco di fecondazione eterologa


di Aldo Vitale*
*ricercatore in filosofia e storia del diritto


Ben un anno or sono, il 12 novembre 2010, l’ANSA riportava la notizia che una donna cinquantenne messicana aveva prestato il proprio utero al figlio Jorge, imprenditore omosessuale di 31 anni. La donna ha ricevuto l’embrione creato dall’ovulo donato da un’amica del figlio e dallo sperma del figlio medesimo. Alla ribalta della stampa mondiale, aveva dichiarato dopo il parto: «In realtà quando mi chiamano mamma mi sento strana, e lo stesso succede quando mi sento dire nonna».

Sebbene singolare possa apparire questa dichiarazione, è tuttavia assolutamente naturale, poiché indica che la donna è stata pro-vocata, cioè chiamata, dalla propria stessa coscienza (sebbene in modo tardivo) ad indagare sulla discrasia tra il proprio essere ed il proprio dover essere. Per il tramite delle procedure di fecondazione eterologa e prestito di utero (cioè di maternità surrogata) è madre e nonna; e all’un tempo, come è semplice arguire, non è madre e non è nonna. Il marmoreo nosce te ipsum che troneggiava sul tempio di Delfi, sunto della geometria razionale del pensiero greco, si frantuma nell’operazione tecnica portata avanti dalla madre e dal figlio, facendo precipitare ciascuno di loro in una crisi di coscienza, in una crisi circa il proprio essere, in una crisi circa il proprio dover essere. Tutti sono vittime del proprio operato e la coscienza di ciascuno, come si vede dalle parole della madre-nonna, richiama presto o tardi tutti all’ordine, all’ordine naturale, all’ordine della giustizia.
E’ qualcosa di profondamente ingiusto, infatti, aver creato un bambino come un qualunque prodotto commerciale; è ingiusto, kantianamente, considerare il bambino il mezzo con cui soddisfare il proprio desiderio o bisogno di essere genitori ad ogni costo; è ingiusto privare ciascuno del proprio ruolo così come la natura lo ha sancito, per confonderlo con quello degli altri (dando vita alla figura della madre-nonna, o del padre-fratello, per esempio); è ingiusto privare il bambino nato in questo contesto del diritto a vivere in una famiglia naturale. Tutto questo fortunatamente non è possibile negli ordinamenti in cui è vietato procedere a fecondazione eterologa, cioè con il donatore esterno alla coppia.

E proprio ciò è stato l’oggetto della sentenza della Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con cui si è dichiarato legittimo il divieto posto dall’Austria per un tipo di fecondazione eterologa. La Grande Chambre ha ritenuto, infatti, che la norma austriaca in questione non comporti una violazione degli articoli 8 (Diritto alla vita privata e familiare) e 14 (Divieto di discriminazione) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, come sostenuto invece dai ricorrenti, poiché come si evince, l’Austria ha posto in essere un proporzionato bilanciamento degli interessi coinvolti, cioè «dignité humaine, bien-être des enfants et droit à la procréation». Ad una prima superficiale ricognizione, dunque, la decisione della Grande Chambre sembrerebbe perfettamente condivisibile, ma scandagliando in profondità, verso le fondamenta concettuali che sorreggono la suddetta sentenza, la realtà muta d’aspetto e si tinge di colori più foschi che rosei. Rectius: sebbene la decisione della Grande Chambre sia corretta, le ragioni che l’hanno determinata destano diverse perplessità.

Il giudice europeo infatti, se da un lato ha ritenuto legittimo l’intervento dell’Austria che ha disciplinato la PMA vietando la donazione di seme maschile nel caso di FIVET (cioè di Fecondation in vitro-embryo-transfer) e lasciandola ammessa in caso di GIFT (cioè di Gamete Intrafallopian Transfer), ritenendo così che in quest’ultimo caso sarebbe tutelato il rapporto madre-figlio, altrimenti a rischio nel primo, per altro verso ha costruito il proprio convincimento su motivazioni davvero pericolanti. La Grande Chambre, infatti, ha ribadito che la scelta legislativa dell’Austria è legittima perché in linea con i suoi propri riferimenti culturali e sociali. La decisione si svela come fondata su una forma di relativismo sociologico. Concludendo, il ragionamento della Grande Chambre si può inferire che al mutare delle condizioni sociali e culturali sarebbe altrettanto legittimo mutare la situazione giuridica, al punto che se oggi è vietata la eterologa, totalmente o parzialmente, un domani, con condizioni differenti, sarebbe altrettanto legittimo ammetterla. Non sarebbe peregrina l’ipotesi che lo stesso giudice europeo potrebbe esprimersi in senso diametralmente opposto a quello in questione, cioè in senso favorevole alla PMA eterologa, se il Paese coinvolto fosse un altro o lo stesso a distanza di tempo e con profonde differenze assiologiche rispetto al passato. Ecco quindi che la sentenza in questione sebbene rappresenti un risultato in sé positivo, che potrebbe contribuire ad evitare i disastri etici come quello messicano più sopra riportato, è pur sempre da considerare con la dovuta cautela per le considerazioni appena effettuate.

Questa volta, si può ritenere, sia andata bene, ma la prossima, considerata la premessa, potrebbe avverarsi un vero e proprio naufragio giuridico per via giurisprudenziale pari, per gravità ed assurdità, al caso messicano. La Grande Chambre, in conclusione, sembra allora più attenta non tanto alla giustizia ed alla ontologia del diritto e della persona, quanto piuttosto ai cambiamenti sociali, ad una concezione formalistica della legge ed alle fluttuazioni del pensiero politico ed ideologico dei singoli Stati in determinati contesti storici, tal che sarebbe più prudente assumere un atteggiamento più guardingo seguendo l’esempio del saggio Laooconte: «Timeo Danaos et dona ferentes».

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University of Missouri: chi è religioso ha migliore salute mentale e fisica

Essere Cristiani e praticanti aiuterebbe nel momento del bisogno. Detto così potrebbe sembrare una banalità ma indubbiamente non lo è se ad evidenziarlo è uno studio dei ricercatori dell’Università del Missouri pubblicato sull’autorevole “Journal of Religion, Disability & Health”.

Il gruppo di ricercatori di psicologia della salute ha infatti constatato con entusiasmo come gli ultimi risultati ottenuti confermino per l’ennesima volta l’idea che «la religione possa aiutare ad attenuare le conseguenze negative derivanti da un male cronico». Lo studio ha evidenziato come la frequenza ad attività religiose e spirituali è associata ad una migliore salute mentale per le donne e mentale e fisica per gli uomini affetti da una malattia cronica o disabilità.

Per le prime, il miglioramento è collegato a esperienze di spiritualità e perdono quotidiano, che suggerisce implicitamente come vivere anche in semplice coerenza con il Vangelo, toccando la pienezza misericordiosa della fede aiuti nel lungo e doloroso percorso contro le patologie croniche. Per gli uomini –evidenzia la ricerca- un ruolo primario è costituito dal supporto pastorale e della comunità.

Dai risultati dello studio, emerge anche, in contrasto con quanto sostenuto da altre pubblicazioni,  che entrambi i sessi approfondiscono l’esperienza di fede e comunitaria in egual misura, nonostante gli uomini siano mediamente considerati meno “religiosi” o “spirituali” delle donne. «Per quanto le donne sono generalmente più religiose o spirituali degli uomini, abbiamo constatato come entrambi possano aumentare il loro affidamento alle proprie risorse religiose o spirituali nell’affrontare il peggioramento di una malattia o di una disabilità» ha commentato Brick Johnstone, uno degli autori della ricerca. La notizia è stata ripresa da ScienceDaily.com.

Nicola Z.

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Lo zoologo Ludovico Galleni contro creazionismo ed evoluzionismo ideologico

Come informavamo in Ultimissima 3/11/11, recentemente si è svolto un convegno promosso dall’Associazione medici cattolici della diocesi ambrosiana. Ad esso ha partecipato il filosofo della scienza Evandro Agazzi e altri esperti di scienza e religione, i cui interventi sono stati raccolti nel libro L’evoluzione biologica. Dialogo tra scienza, filosofia e teologia (San Paolo 2011).

Uno dei relatori è stato anche Ludovico Galleni, docente di Zoologia generale ed Etica Ambientale presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa. Lo scienziato è andato al cuore del presunto scontro tra “Bibbia ed evoluzione”, dicendo: «il primo nodo cruciale va individuato nel confronto tra la parola della scienza e la parola della Bibbia, per capire come sia stato possibile cadere nell’equivoco di ritenere che fosse la lettura fissista quella che meglio rispondesse alle necessità del credente». Descrivendo l’inizio della Genesi, egli afferma: «La Bibbia non va vista come libro di scienza, ma come documento di storia della scienza, un testimone delle conoscenze scientifiche del tempo in cui viene redatta. Questo elimina qualsiasi possibilità nei riguardi del cosiddetto “creazionismo scientifico”».

Anche Galleni, come ha fatto il filosofo Agazzi nello stesso convegno, rivolge delle accuse anche al Disegno Intelligente: «L’altro aspetto, più problematico perché proposto in maniera estremamente abile, concerne il cosiddetto “disegno intelligente”. Questa teoria afferma che la complessità delle strutture naturali è tale da far pensare ad un loro montaggio compiuto seguendo un disegno esterno alla natura definito da un qualche disegnatore intelligente. Si tratta di una visione interventista all’interno dell’indagine scientifica, che disturba la spiegazione razionale della complessità delle strutture che è affidata alla scienza. Si collega con il problema della teologia naturale, che tanta parte ha avuto nello sviluppo della scienza occidentale, ma del quale oggi la scienza non ha più bisogno. Ma in fondo è innanzi tutto la teologia a non averne più bisogno».

Citando il pensiero di John H. Newman, Galleni fa presente che «l’argomento del disegno […] ci dice ben poco delle cause finali, non ci parla di doveri e di coscienza, nulla ci dice delle cose ultime. Insomma non ci dice assolutamente nulla del cristianesimo». Questo movimento -continua lo zoologo- ritorna oggi «per fortuna al di fuori del mondo culturale cattolico che se ne salva, grazie anche alle disposizioni dottrinali del Concilio ecumenico Vaticano II. È una versione più abile del creazionismo scientifico».

Un attacco finale è rivolto ad alcuni promotori di un certo evoluzionismo ideologico, ovvero «un’interpretazione che grossolanamente, attraverso l’evoluzione, cerca di negare la necessità di un Creatore, in particolare accentuando il ruolo del caso. Si tratta di una vera e propria a-teologia naturale che potremmo chiamare la teoria dello “stupid design”: se vi è spazio per eventi drammatici, quali la selezione naturale e la lotta per l’esistenza, allora non c’è più spazio per la presenza di Dio».

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Per Anand Grover, relatore dell’Onu, l’aborto è un «diritto alla salute»

Anand Grover, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite per il diritto alla salute, con l’avvallo del Segretario Generale ha presentato la scorsa settimana presso il palazzo dell’Onu di New York il rapporto annuale sul “Diritto di ciascuno a godere del più alto standard di salute fisica e mentale conseguibile”.

Il relatore Onu nel rapporto che ha suscitato aspre polemiche, ha sostenuto la necessità di eliminare divieti e limitazioni all’aborto: «Le leggi che sanzionano e limitano l’aborto indotto sono esempi paradigmatici di barriere insormontabili alla realizzazione del diritto delle donne alla salute e devono essere eliminate»; «la proibizione penale dell’aborto è una chiara espressione dell’interferenza dello Stato con la salute sessuale e riproduttiva della donna perché limita il controllo di una donna sul suo corpo». Quindi, dopo aver criticato le restrizioni all’accesso alla pratica abortiva, incluse le norme che permettono l’obiezione di coscienza a medici e farmacisti poiché “servono a rafforzare lo stigma dell’aborto come pratica sgradevole”, nelle raccomandazioni conclusive ha chiesto agli Stati di «depenalizzare l’aborto, comprese le leggi correlate come quelle che riguardano il favoreggiamento in materia di aborto” e di prendere le“misure per assicurare che i servizi di aborto legale e sicuro siano disponibili, accessibili e di buona qualità».

Al termine della relazione è seguito un “vigoroso dibattito”. Come ampiamente prevedibile il delegato dell’Unione Europea ha espresso pieno supporto al Relatore Speciale. Sulla stessa linea anche Svezia, Danimarca, Finlandia e il rappresentante dell’UNFPA, l’agenzia Onu già sotto accusa per aver promosso l’aborto selettivo nel Terzo Mondo (cfr. Ultimissima 2/7/2011 e Ultimissima 17/5/2011).

Diversi altri delegati si sono invece opposti energicamente alle conclusioni di Grover. Il rappresentante dell’Argentina non ha approvato la relazione nel suo insieme, ha ricordato che il suo paese vieta l’aborto e che il rapporto “deve riconoscere la natura universale di tutti i diritti umani”. Il delegato dello Swaziland nel suo intervento ha sottolineato che il rapporto del relatore Onu ha ampiamente ignorato il suo mandato: “Piuttosto che concentrarsi sui programmi principali come la fame e la malattia era concentrato su un inesistente diritto di aborto”. Padre Philip Bené, rappresentante della Santa Sede, ha ricordato che “nessun diritto all’aborto esiste nel diritto internazionale e nessun trattato ha stabilito un diritto all’aborto. L’aborto è una violazione al diritto alla salute della madre, così come del bambino”. Il delegato egiziano ha “notato con preoccupazione ancora una volta i tentativi sistematici di reinterpretare convenzioni concordate a livello internazionale (…). Il Relatore Speciale ha cercato di andare oltre quelle convenzioni in modo allarmante”. Ferma opposizione anche da parte dei rappresentanti di Honduras e Cile: “il rapporto non ha dato una visione equilibrata dal momento che ha enfatizzato l’aborto come servizio sanitario. Il Cile non riconosce il diritto all’aborto ed è essenziale riconoscere il diritto alla vita di ogni essere umano”.

Questa non è la prima volta che i rapporti del Relatore Speciale alla salute Anand Grover fanno discutere. Grover, che è anche un sedicente sostenitore dei “diritti gay”, volendo facilitare l’accesso alle cure per il cambiamento di sesso e impedire assistenza psicologica agli omosessuali in difficoltà con la loro sessualità. Nel rapporto Onu dello scorso anno chiedeva agli Stati membri di “decriminalizzare o depenalizzare il possesso e l’uso di droghe”.

Maurizio Ravasio

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