In “stato vegetativo” per 23 anni, si sveglia: «ero consapevole di tutto»

In un articolo pubblicato esattamente due anni fa, 23 novembre 2009, sul quotidiano britannico “The Telegraph”,  viene raccontata l’incredibile storia di Rom Houbens, creduto in stato vegetativo per ventitre anni.

Nel 1983, quando aveva vent’anni, Rom è rimasto coinvolto in un grave incidente stradale. All’ospedale di Zolder, Belgio, il personale medico ritenne il giovane in stato di coma profondo. Va precisato che, per inquadrare la situazione del paziente, si ricorse alla GCS, o Glasgow Coma Scale, un utile parametro diagnostico che si basa su tre tipi di risposta agli stimoli: oculare, verbale e motoria. Purtroppo, nel corso degli anni, questo esame ha dato sempre un esito di falso positivo. Così Rom ha sofferto in silenzio, incapace di esprimere il suo dolore: totalmente paralizzato, ma consapevole di tutto quello che accadeva intorno a lui.

Nel 2006, l’Università di Liegi ha riesaminato il caso e, tramite l’utilizzo di tecnologie avanzate per lo scanning encefalico, ha messo in luce l’effettiva condizione del paziente. Grazie ad un sofisticato dispositivo informatico, oggi Rom può comunicare con gli altri. Fin dal 1983 poteva capire perfettamente quello che dicevano i medici sulle sue condizioni. Steven Laureys, il neurologo dell’Università di Liegi che ha avuto in cura Houbens, ha pubblicato uno studio in cui sostiene che spesso le diagnosi di stato vegetativo sono mal formulate«Nella sola Germania» – afferma Laureys – «circa 100.000 persone ogni anno subiscono gravi lesioni cerebrali di natura traumatica. In circa 20.000 casi segue un coma di almeno tre settimane, con tre esiti diversi: la morte, il recupero dello stato di salute ed una condizione intermedia che interessa fino a cinquemila pazienti l’anno». Questa terza situazione, secondo il clinico belga, dovrebbe essere accuratamente esaminata: il rischio di commettere gravi errori di valutazione è, infatti, alto.

A Laureys ha risposto Giancarlo Comi, direttore del dipartimento di neurologia dell’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano e presidente eletto della Società Italiana di Neurologia. Dalle colonne del “Corriere della Sera”, ha spiegato che «oggi ci si sarebbe potuti accorgere con certezza che l’uomo era cosciente». L’intervento del Dott. Comi, comunque, non cancella l’allarme lanciato da Laureys. Egli, infatti, mettendo in discussione l’affidabilità della GSC, apre nuovi scenari sull’iter diagnostico del paziente in stato vegetativo. Se le moderne tecnologie di imaging assicurano la differenziazione tra la sindrome “Locked in” – quella di cui è affetto Houbens – e lo stato vegetativo, non è ancora possibile valutare la gravità del quadro clinico. La caratteristica più evidente del danno cerebrale è, infatti, l’alterazione di coscienza, ma non per forza un’alterazione di coscienza corrisponde fedelmente all’entità del danno anatomico cerebrale. Laureys, mettendo in discussione l’affidabilità della GSC, altro non fa che sconsigliarne l’esclusivo utilizzo ai fini della diagnosi. Inoltre, dal caso Houben si è originata una ricerca pubblicata su “The New England Journal of Medicine nella quale si evidenzia la presenza di attività cerebrale minima anche negli stati vegetativi cosiddetti “persistenti”.

Alla luce di queste riflessioni, è evidente che non siamo in grado di inquadrare con precisione un paziente in stato vegetativo persistente. Questo è un aspetto fondamentale quando si valutano tutti quei casi difficilmente diagnosticabili, quel numero sempre maggiore di Terri Schiavo ed Eluana Englaro per le quali “staccare la spina” sembra per alcuni essere la soluzione più semplice, anche se in realtà è molto probabilmente la più spietata.

Filippo Chelli

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Embrionali, la bio-azienda Geron dice “stop alla ricerca”

Quasi contemporaneamente al “no” di Benedetto XVI alla ricerca sulle staminali embrionali a conclusione del Convegno internazionale sulle cellule staminali adulte promosso dal Pontificio Consiglio della cultura, in quanto tecnica che distrugge  sempre un essere umano, è arrivato il “no” anche da parte della prestigiosa azienda americana di biotecnologie Geron Corporation .

Saremmo illusi se pensassimo che i due eventi possano essere legati. Il vero motivo è economico, come spiega Paolo De Coppi, prestigioso ricercatore italiano primario del Great Ormond Street Hospital di Londra, tra i più importanti centri al mondo per la chirurgia e l’oncologia pediatrica e coordinatore di un gruppo di scienziati dell’università di Harvard e dell’Istituto di medicina dell’Università di Wake Forest, nel North Carolina (Stati Uniti), con i quali, lo scorso anno, a soli 35 anni, ha scoperto la presenza di cellule staminali nel liquido amniotico. Cattolico, è decisamente contrario all’utilizzo delle embrionali per gravose questioni etiche e si è adoperato in prima persona per tentare di risolvere il problema. Assolutamente da prendere come modello per tanti!

L’azienda Geron, in questo momento di insicurezza economica, ha deciso che non era il caso di continuare con le embrionali e solitamente si taglia quel che non è necessario o poco utile. Si tenga conto anche che solo poche settimane fa la Corte di giustizia europea ha stabilito la non brevettabilità delle cellule embrionali (cfr. Ultimissima 23/10/11). Fare ricerca sulle embrionali pare essere omrai cosa obsoleta, e sembra affermarlo anche De Coppi: «Posso dire che fino ad ora le cellule staminali adulte hanno dimostrato di essere le più utili e anche le più sicure sull’uomo e considero molto importante informare sui progressi reali della scienza. Sul trial clinico della Geron si concentravano molte aspettative nel campo delle embrionali, è possibile che gli stessi investitori si siano resi conto che non c’era più convenienza nell’andare avanti. Voglio ricordare un altro studio appena pubblicato in questi giorni su Lancet: in pazienti colpiti da infarto sono state prelevate cellule cardiache poi reiniettate dopo espansione in laboratorio. Queste cellule autologhe sono risultate capaci di riparare i tessuti danneggiati del cuore. Davvero un grande risultato».

L’investimento sulle staminali adulte, conclude, «può essere, almeno a breve termine, il più efficace in termini clinici». Tanti altri scienziati e specialisti hanno ribadito le stesse identiche cose (cfr. Ultimissima 24/10/11).

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Recensione del libro “Inchiesta sul darwinismo”

Comunque la si pensi, esistono pochi dubbi sul fatto che la teoria darwiniana dell’evoluzione abbia prodotto enormi effetti in tutti i campi della conoscenza umana: in ciò superata solo – forse – da quella della Relatività di Einstein. È noto che la teoria di Darwin doveva rappresentare (nelle intenzioni di alcuni suoi divulgatori, come Thomas Henry Huxley e H. G. Wells) la rivoluzione scientifica definitiva – quella destinata non solo a spodestare l’Uomo dal suo piedistallo di vertice della Creazione, ma anche ad allontanare sempre più Dio da essa.

Non tutti sanno, però, che la creatura di Charles Darwin – il cui atto di nascita è la pubblicazione, nel 1859, de “L’origine delle specie” – ha in realtà antenati molto antichi e insospettati. Il libro di Enzo Pennetta , Inchiesta sul darwinismo. Come si costruisce una teoria: scienza e potere dall’imperialismo britannico alle politiche ONU” (Cantagalli, 2011) rintraccia quegli antenati e li espone in piena luce. Non solo: attraverso un’analisi dettagliata dei documenti, l’autore descrive il percorso, per certi versi sorprendente, che ha portato allo sviluppo dell’attuale concezione darwinista – dalla definizione di una “casta sacerdotale” di scienziati nella “Nuova Atlantide” di Francis Bacon, alla sua incarnazione nella “Royal Society” britannica; dalla formulazione delle dottrine classiste dell’economista Thomas Malthus, alla loro traduzione nella teoria della selezione naturale di Darwin; dall’assunzione de “L’origine delle specie” come nuova “Bibbia” degli scienziati vittoriani, alla definitiva trasformazione del suo concetto fondamentale in paradigma culturale dominante.

È proprio quest’ultima metamorfosi che rende tanto difficile sottoporre a critica scientifica la versione moderna della teoria di Darwin, la cosiddetta Teoria sintetica dell’evoluzione o neo-darwinismo. La creatura del naturalista inglese si è infatti accresciuta enormemente nel corso dell’ultimo secolo, arricchendosi non tanto di nuove prove sperimentali a suo sostegno – semmai il contrario – quanto piuttosto di un sempre più imponente apparato propagandistico, funzionante su più livelli (didattico, accademico, politico, divulgativo, perfino letterario): diventando un vero e proprio Leviatano, verrebbe da dire, che reagisce in maniera feroce e totalmente spropositata al minimo attacco. In effetti la critica, nel mondo della scienza, sarebbe una prassi del tutto legittima, dal momento che ogni teoria deve poter essere sottoposta – per sua natura – a un processo di continua verifica sperimentale. La condizione del neo-darwinismo, però, è da molto tempo tale che chiunque osi evidenziarne un punto debole rischia come minimo la censura accademica. Pennetta cita come caso esemplare quello di Richard Goldschmidt, la cui immagine di scienziato venne sistematicamente distrutta, solo perché si era permesso di formulare una teoria non gradualistica dell’evoluzione – in contrasto, dunque, con un singolo (sebbene fondamentale) aspetto del neo-darwinismo. Bisogna del resto osservare che le ipotesi di Goldschmidt non erano nemmeno tanto assurde, come nota Stephen Jay Gould.

Insomma, il Leviatano di Darwin – questo erede abnorme di una normale, falsificabile teoria scientifica – risponde con violenza a qualunque voce di dissenso, sebbene sostenuta dalla ragione e dalla scienza. Come osserva Pennetta nell’Introduzione di “Inchiesta sul darwinismo”, tale reazione consiste oggi soprattutto nella denigrazione di colui che critica, cui viene attribuita automaticamente (e quasi sempre falsamente) l’etichetta di creazionista – vale a dire di persona che crede ciecamente a un’interpretazione letterale della Bibbia, e che si rifiuta di riconoscere la validità della scienza. È evidente che una qualifica del genere è potenzialmente in grado di stroncare la carriera di ogni scienziato credente – sebbene sia chiaro che non esiste alcun reale conflitto tra scienza e fede, come tentiamo di evidenziare continuamente in questo sito. Perciò, per non cadere nella trappola di questa inesistente contrapposizione, l’autore dichiara fin dal principio, in modo scientificamente ineccepibile, di assumere una posizione critica sia verso il neo-darwinismo, sia verso il creazionismo fondamentalista.

È a partire da questo non irrilevante assunto, che Pennetta dà il via a una disamina – approfondita e scevra da pregiudizi – in cui mette in mostra le potenti spinte ideologiche e politiche che hanno sostenuto nel tempo la teoria di Darwin, e che hanno reso via via sempre più difficile l’apertura di un serio dibattito scientifico su di essa. All’autore, però, non preme tanto sottolineare le debolezze scientifiche che la Teoria sintetica dell’evoluzione va mostrando ormai sempre più chiaramente (debolezze cui pure fa cenno più volte nel testo), quanto evidenziare le motivazioni e gli effetti socio-politici dell’ideologia, dogmatica e onnipervasiva, che ad essa si è andata associando – il darwinismo, appunto. Effetti non piccoli, se si considera che – come dimostra Pennetta nel suo appassionante libro – le idee darwiniste sono in grado di orientare la politica internazionale degli stati occidentali, e perfino dell’ONU…

Michele Forastiere
michele.forastiere@gmail.com

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La Chiesa di Napoli contro la fuga di cervelli: consegnate 10 borse di studio

Interessante l’iniziativa promossa dalla curia napoletana nell’ambito del Giubileo per Napoli, la quale ha previsto 10 borse di studio per altrettanti studenti meritevoli e bisognosi. A consegnarle è stato direttamente il cardinale Crescenzio Sepe, che ha ricevuto l’appoggio di una serie di sponsor, tra cui il calcio Napoli, Aet azienda metalmeccanica, l’arciconfraternita dei pellegrini, la tangenziale di Napoli, l’ordine degli ingegneri e dei commercialisti e il comitato Naplest.

Il card. Sepe, a proposito dell’iniziativa ha commentato dicendo: «E’ uno dei momenti più significativi del cammino giubilare. In questa iniziativa si incarna la speranza e un cammino che si realizza perché lo spirito della Chiesa investe sui giovani, non in forma assistenzialistica, ma pensando al futuro. Vogliamo evitare anche la fuga dei cervelli. Non possiamo aspettare che arrivi il futuro perché i giovani devono costruirlo già oggi». Singolare la presenza del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, che è voluto essere presente anche in ottica di iniziative che si svolgeranno in futuro.

Il concorso era aperto a tutti i giovani che avessero conseguito nel corrente anno scolastico il diploma di scuola secondaria di secondo grado e intendessero proseguire gli studi in una delle Università di Napoli o presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. La prima ad essere stata premiata è R.C., che si iscriverà alla facoltà di Agraria, ma c’è anche chi ha già deciso di iscriversi alla Federico II, al Suor Orsola Benincasa e così via. Per i prossimi anni accademici il vicario episcopale per la cultura, don Alfonso Russo, ha promosso il progetto di nuove borse di studio rivolte sempre a chi risiede all’interno del comune o della diocesi di Napoli e che intende iscriversi presso un’università della città oppure a quella cattolica del Sacro Cuore. Il costo di ogni borsa di studio, che comprende le tasse universitarie e i libri di testo, è di € 12.500.

Don Russo sottolinea comunque, che lo scopo principale dell’iniziativa rimane l’evitare la fuga dei cervelli dalla città perché saranno loro “la futura classe dirigente che dobbiamo iniziare a formare partendo dai giovani”. È come se si volesse formare una classe politica effettivamente interessata al bene comune e non alla ricerca del proprio tornaconto personale.

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Roma: presentazione del libro sulla conversione del filosofo ateo Antony Flew

E’ stato l’ateo più importante e incisivo della seconda metà del ‘900, il paladino intellettuale di punta dell’ateismo “colto”, il padre dell’ateismo filosofico-scientifico. Il britannico Antony Flew è colui che ha coniato la nota “parabola del giardiniere” per sottolineare che le proposizioni teologiche sono infalsificabili e, di conseguenza, non informative. E’ il padrino dei cosiddetti “New atheist”, Richard Dawkins su tutti.

Eppure, dopo una grande carriera accademica alle spalle fra Oxford e gli Stati Uniti, nel dicembre 2004, ad un convegno a New York, ha annunciato di essersi completamente sbagliato. Alla luce delle ultime scoperte della biologia (specialmente il Dna) e della fisica, ha dichiarato di essersi arreso all’evidenza razionale dell’esistenza di Dio. Dopo essere stato violentemente accusato dai “liberi pensatori” come Dawkins di soffrire di demenza senile, ha voluto scrivere un libro (che ha fatto letteralmente il giro del mondo) con il quale ha risposto accuratamente alle critiche e ha spiegato in dettaglio i motivi della sua conversione: “Dio esiste. Come il più famoso ateo del mondo ha cambiato idea” (Alfa & Omega 2010)

Racconta nel libro: «Sfidavo i religiosi a spiegare come dovessero essere comprese le loro assunzioni», comprendendo che «le tesi cosmologiche e morali a favore dell’esistenza di Dio non fossero valide. […] Sostenevo che una discussione sull’esistenza di Dio dovesse iniziare col supporre l’ateismo e che l’onore della prova dovesse spettare ai teisti». Eppure se si è convertito «pur avendo esposto e difeso l’ateismo per più di mezzo secolo, è per il quadro del mondo che è emerso dalla scienza moderna, in particolare credo che il materiale del Dna abbia dimostrato, con la complessità quasi incredibile delle disposizioni di cui si necessita per generare la vita, che l’Intelligenza debba essere stata così coinvolta nel far sì che questi elementi diversi operassero insieme».

Una conversione al deismo puramente basata sulla ragione, così come tanti altri prima di lui: «La ragione mi parla dell’impossibilità quasi di concepire l’universo e l’uomo come il risultato di un mero caso o di una cieca necessità. Questo pensiero mi costringe a ricorrere a una Causa Prima dotata di un’intelligenza», scrive ancora. Ad aiutarlo in questo passo incredibile furono anche gli studi di John Polkinghorne, prestigioso fisico teorico e sacerdote anglicano inglese. In molti parlarono di un avvicinamento di Flew al cristianesimo, ma lui negò: «Alcuni sostengono di aver stabilito un contatto con questa Mente. Io no. Ma chi lo sa cosa potrebbe accadere in seguito? Certamente la figura carismatica di Gesù è così speciale che è sensato prendere in seria considerazione l’annuncio che lo riguarda. Se Dio si è davvero rivelato è plausibile che lo abbia fatto con quel volto».

Come riporta il sito Evangelici.it, il libro verrà presentato mercoledì 23 novembre 2011 alle ore 18:00 a Roma presso l’Accademia di scienze umane e sociali (Asus) in viale Manzoni 24/C nell’ambito della “Settimana di filosofia”. Interverranno Leonardo De Chirico, docente di teologia; Enrico Garlaschelli, docente di filosofia; Gaspare Mura, docente di filosofia. Moderatrice è Angela Ales Bello del Centro italiano di ricerche fenomenologiche. Seguirà la Tavola rotonda interreligiosa dal titolo “Le religioni di fronte all’ateismo. Scontro dottrinario o dialogo responsabile?”.

Qui sotto una breve presentazione del libro a cura di Nazzareno Ulfo

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La scienza contro i valori dei Radicali: la Cannabis crea gravi problemi al cervello

Ultimamente la ricerca scientifica si sta particolarmente dedicando agli effetti negativi della Cannabis, per il grandissimo disappunto del Partito Radicale (e dell’Unione degli atei pseudorazionalisti che sostiene ufficialmente i Festival Antiproibizionisti). In Ultimissima 17/10/11 informavamo che la rivista scientifica “Addiction Biology” ha pubblicato uno studio realizzato da Roy Otten del Behavioural Science Institute of Radboud University Nijmegen, con il quale si dimostra come il fumo di cannabis porta ad un aumento del rischio di sviluppare sintomi depressivi.

Ad esso sono seguiti altri due studi molto importanti (e molto scomodi per l’area culturale laicista). Una meta-analisi svolta dai ricercatori della Columbia University ha infatti esaminato il legame tra uso di marijuana da parte dei conducenti e il rischio di un incidente d’auto, scoprendo che essi hanno più di due volte di probabilità di essere coinvolti in incidenti automobilistici. I ricercatori hanno anche trovato prove che il rischio di incidenti aumenta con la concentrazione di composti della marijuana nelle urine e la frequenza dell’uso di marijuana auto-riferito. Secondo i ricercatori, 8 di 9 studi hanno trovato che i guidatori che fanno uso di marijuana hanno significativamente più probabilità di essere coinvolti in incidenti rispetto ai guidatori che non lo fanno. I risultati dello studio, finanziato dal National Institutes of Health, sono pubblicati su Epidemiologic Reviews.

Il secondo studio in merito, uscito dopo pochi giorni, è quello realizzato da un team di neuroscienziati dell’Università di Bristol, pubblicato sul “Journal of Neuroscienc”, secondo cui il consumo di cannabis causa un disaccoppiamento, una disarmonia tra le funzioni di due importanti zone del cervello: l’ippocampo e la corteccia prefrontale. Di conseguenza l’uso di marijuana danneggia la memoria, la capacità decisionale e provoca disturbi neurologici simili a quelli della schizofrenia, come lo stato confusionale.

Nonostante tutto questo, nella pagina ufficiale di Facebook di Marco Pannella e quella del Partito Radicale si può notare come, alla faccia della ricerca scientifica e della salute dei loro adepti, essi aderiscano apertamente alle pagine sulla legalizzazione della Marijuana.

Linda Gridelli

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Il divorzio “intelligente” non esiste, lo sostiene una psicologa Gumbiner

http://www.dgmag.it/files/imagecache/articlev7/files/divorziomilano.jpgNon esiste niente come un “divorzio intelligente”. È una risposta decisa quella della dottoressa Jann Gumbiner, psicologa e professoressa all’Università della California e all’Irvine College of Medicine, all’articolo The Intelligent Divorce dello psichiatra e autore di un omonima serie di pubblicazioni, Mark Banschick. E sempre su PsychologyToday.com (dove è stato pubblicato anche l’articolo di Banshick) la Gumbiner risponde. «Il divorzio è negativo, chiaro e semplice. […] A scuola, ho letto tutto quello su cui ho potuto mettere le mani, sia di accademico che di aneddotico. […] Dagli articoli scientifici a Hemingway, sul divorzio, nessuna fonte è stata trascurata. Credetemi, non esiste niente come un divorzio intelligente».

La dottoressa non parla a vanvera, e nel botta e risposta, rincara la dose citando la sua personale esperienza di figlia di genitori separati. «Persi la motivazione nello studio. I miei voti calarono. Non studiare era una forma di ribellione, di rabbia e apatia. Poi, c’è la mancanza di contatto con un parente caro. Senza mio padre, divenni promiscua. Cercavo l’affetto nei miei coetanei adolescenti. Non ero controllata e finii nei guai. […] Per quanto mi riguarda, persi tutta la mia famiglia estesa: i miei cari nonni, zie, zii e cugini. Il divorzio colpisce i bambini e li colpisce subito, nel breve periodo».

Nondimeno, gli ‘effetti’ coprono un ampio raggio e non si limitano soltanto ai bambini, come spiega in seguito: «Il divorzio ha anche conseguenze nel lungo periodo sui figli ormai cresciuti. In primis, si ripercuote sulle loro relazioni. Andai incontro al matrimonio con la consapevolezza che avrei potuto mollare tutto. Statisticamente, i figli del divorzio hanno più probabilità di divorziare a loro volta». E concludendo la dottoressa ribadisce recisamente: «Non c’è niente come un divorzio intelligente. Non ci sono regole precise per una buona o una cattiva separazione. Il divorzio colpisce i figli, anche quelli adulti. Quello dei miei genitori ha avuto effetti indelebili su di me e che continuo ancora a sentire».

Nicola Z.

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Il 90% degli studenti ha scelto l’ora di religione a scuola nel 2011

Il nuovo anno scolastico è ripartito e arrivano i dati relativi a quello concluso: nel 2010/11 quasi nove studenti su dieci hanno frequentato l’ora di religione a scuola, per l’esattezza l’89,9%.

I dati sono ufficiali e arrivano dall’Osservatorio socio-religioso del Triveneto per contro del Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica. Bisogna sottolineare un minimo calo complessivo dello 0,2% rispetto all’anno scorso, ma un incremento dello 0,2% nelle scuole superiori dove si arriva all’83,7%. Ben oltre il 91% alle materne, 93,4% alle elementari e 91,3% alle medie. I dati sono assolutamente in linea con quelli dell’anno scolastico 2009/10 (cfr. Ultimissima 6/12/10)

Quest’anno sono elencati anche i dati delle sole scuole cattoliche, dove ovviamente le percentuali si attestano tutte oltre il 99%, seppur in diverse regioni italiane si assiste ad un vero e proprio boom di stranieri nelle scuole private.

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Dopo 50 anni di repressione atea, il “Cortile dei Gentili” accolto in Albania

Il Cortile dei Gentili, nato dal richiamo di Benedetto XVI nel 2009 ad un dialogo dei cattolici «con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto», dopo essere partito dall’Università di Bologna è arrivato in questi giorni (14 e 15 novembre 2011) a Tirana, la capitale albanese.

In Albania ha dominato per decenni l’ateismo di Stato, addirittura citato dal 1967 (dunque pochissimi anni fa) nella Costituzione per volere di uno dei più sanguinari dittatori, Enver Hoxha. Egli introdusse una legge che vietava la creazione di associazioni religiose, la presenza di luoghi di culto (ordinando la distruzione o la riconversione di quelli esistenti), la vendita o la pubblicazione di materiale religioso e l’insegnamento religioso. Tutte le pratiche religiose furono vietate. Queste disposizioni furono confermate nella Costituzione del 1976: l’articolo 37 recitava: «Lo Stato non riconosce alcuna religione e sostiene la propaganda atea per inculcare alle persone la visione scientifico-materialista del mondo». L’articolo 55 del codice penale stabiliva la reclusione da 3 a 10 anni per propaganda religiosa e produzione, distribuzione o immagazzinamento di scritti religiosi. Accanto alla repressione religiosa in nome dell’ateismo e dello scientismo, la repressione politica interna provocò migliaia di vittime. R. J. Rummel ha ipotizzato 100.000 uccisioni (1945-87), il “Washington Times” il 15 febbraio 1994 ha stimato da 5.000 a 25.000 esecuzioni politiche. Il “WHPS” ha parlato di 5.235 oppositori del regime giustiziati dal 1948 al 1952, l’8 agosto 1997 il New York Times ha parlato di 5.000 esecuzioni politiche. Per non parlare delle migliaia e migliaia di persone imprigionate in campi di lavori forzati e torturate. I nomi religiosi delle persone vennero cambiati e resi illegali, venne addirittura creato un “Dizionario dei nomi delle persone”, pubblicato nel 1982, il quale conteneva 3000 nomi secolari che erano obbligatoriamente da utilizzare. Dei 300 sacerdoti cattolici presenti in Albania prima dell’ateismo di Stato, solo trenta riuscirono a sopravvivere. Gli altri vennero massacrati, rinchiusi o costretti a nascondersi. Ricordiamo che non si sta parlando di Medioevo ma di pochi anni fa, ovvero del periodo tra il 1967 e il 1990.

Eppure, dopo 47 anni di violenta propaganda atea, «c’è una grande sete di spiritualità», come ha riconosciuto Richard Rouse, uno degli organizzatori dell’evento. Nella piazza di fronte alla Cattedrale di Tirana centinaia di giovani hanno partecipato a discussioni sui temi del lavoro, spiritualità e informazione e comunicazione. Il 15 novembre, il dialogo si è spostato nell’Università di Tirana, vedendo la presenza di accademici e intellettuali. Sul sito web www.cortiledeigentili.com è possibile visionare alcune fotografie dell’evento.

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Il neodarwinista Telmo Pievani censura verità scomode su Charles Darwin

Il neo-darwinista Telmo Pievani è uno di quei controversi personaggi che amano strumentalizzare la ricerca scientifica, in particolare biologica, per sostenere posizioni filosofiche/esistenziali. Lo si faceva apertamente durante le ore di “ateismo scientifico” nelle accademie sovietiche, ma avviene ancora oggi molto più subdolamente, come ha spiegato Michele Forastiere recensendo l’ultima fatica di Pievani, “La vita inaspettata” (cfr. Ultimissima 3/9/11).

Una conferma di questo vizietto di Pievani arriva dal sito web “Critica Scientifica” del biologo Enzo Pennetta. Nell’articolo intitolato “Pikaia: il portale dell’epurazione?”, il biologo fa notare che Pievani ha inizialmente pubblicato sul suo portale, ww.pikaia.eu, un filmato della presentazione del libro “La «patria» e la «scimmia»” di Antonio De Lauri, dottore di ricerca in Storia presso l’Università degli Studi di Milano ma, improvvisamente, ha deciso inspiegabilmente di epurarlo.

Conoscendo l’ideologia che sostiene il movimento neodarwinista, il prof. Pennetta si è giustamente insospettito e ha voluto approfondire la questione. Da questo screenshot preso dal suo sito, si può certificare che effettivamente il video era stato pubblicato da Pievani. Il filosofo della scienza aveva anche inserito il lavoro di De Lauri tra i “libri consigliati per l’estate”. Forse allarmato per essere stato colto in flagrante, Pievani ha fatto ricomparire l’articolo. Come si può vedere però, il video è sparito (forse appena Pievani si è accorto del contenuto) ed è apparso un semplice link a Youtube. Anche l’url e la brevissima e superficiale presentazione appaiono diverse da quelle presenti inizialmente, lo si può verificare da questo screenshot. Seguendo il link (quasi nascosto) che porta a Youtube si può visionare la parte iniziale della conferenza di De Lauri, che però non giustifica i traffici operati da Pievani sul suo sito.

E’ soltanto andando a ricercare, sempre su Youtube, l’ultima parte dell’intervento dello storico che la questione diventa molto più chiara. Il ricercatore infatti chiude il suo intervento dicendo: «Benché bistrattate per la loro scarsa critica scientifica dagli scienziati evoluzionisti di ieri e di oggi è tuttavia in alcune di queste pagine degli antidarwinisti cattolici ottocenteschi che si trovano alcune lucide riflessioni capaci di portare nuovi lumi e rischiarare il problema sempre aperto delle origini dell’uomo […]. Le leggi che muovono la natura non sono le stesse che governano le società, la civiltà dell’uomo, le manifestazioni dell’intelligenza umana, i costumi, la cultura […] allorché si pensi alla fortuna che hanno avuto anche nel Novecento il riduzionismo biologico, il fondamentalismo sociobiologico, le pseudo-teorie razzistiche, ed in generale l’uso improprio delle teorie della natura, ed in particolare del darwinismo, per giustificare ora il capitalismo liberistico, ora il socialismo egualitario […]. La scienza indaga la natura o la materia, le leggi che essa inferisce non sono applicabili a tutto l’uomo, alla storia, alla cultura, alla società, e non per forza esse confliggono con le religioni, la metafisica, l’apertura alla trascendenza, riguardando queste altri lati dell’uomo e della sua libertà». De Lauri dunque dice apertamente (come ha fatto anche in un articolo su “L’Occidentale”) che la teoria di Darwin, oltre ad aver ispirato atroci crudeltà, non è in contrasto con la metafisica e la religione. E’ tutto l’opposto di quello che Pievani si è sforzato di far credere nella sua modesta carriera!

Ma l’affanno censorio dei neodarwinisti non potrà mettere a tacere gli storici, come Giorgio Mosse, il quale spiegò nel dettaglio (cfr. “Il razzismo in Europa: dalle origini all’olocausto”, Laterza 1994) come tutte le forme di razzismo nate nell’800 e nel ‘900 (compreso il nazismo) si basarono proprio sulle teorie di Darwin (Hitler e Stalin erano suoi lettori accaniti). Michael Burleigh e Wolfang Wipperman non esitarono invece a dire che «Darwin fu l’involontario progenitore dell’ideologia razzista», la sua teoria della selezione naturale sarà «al centro di tutte le successive elaborazioni razziste» (“Lo stato razziale. Germania (1933/1045)”, Rizzoli 1992). Ma davvero Darwin fu soltanto un ispiratore “involontario”? Si tenga conto che proprio lui riteneva in “Autobiografia” che il cranio più piccolo della donna era segno della sua inferiorità, oppure che lui stesso scrisse: «Noi uomini civili cerchiamo con ogni mezzo di ostacolare il processo di eliminazione, costruiamo ricoveri per gli incapaci, per gli storpi e per i malati, facciamo leggi per i poveri. Vi è ragione di credere che la vaccinazione abbia salvato migliaia di persone che in passato sarebbero morte di vaiolo a causa della loro debole costituzione. Così i membri deboli della nostra società civile si riproducono. Chiunque sia interessato dell’allevamento di animali domestici non dubiterà che questo fatto sia molto dannoso alla razza umana […]. Eccettuato il caso dell’uomo stesso, difficilmente qualcuno è tanto ignorante da far riprodurre i suoi animali peggiori» (C. Darwin, “L’Origine dell’uomo”, Editori Riuniti 1983, pag. 176). E ci sarebbe tanto altro!

Ecco che il cerchio si chiude: se Pievani contribuisse a promuovere tali verità, potrebbe poi partecipare ancora con disinvoltura agli imbarazzanti “Darwin Day”, veri e propri festival del culto mistico del naturalista??

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