Un’altra bugia di Odifreddi su Lourdes: i suoi seguaci sono “creduloni e tonti”

Nei giorni scorsi è apparsa la notizia che una biologa e 38 suoi collaboratori sono stati arrestati perché promettevano cure mediche “miracolose” a base dell’acqua del santuario di Lourdes a pazienti affetti da patologie anche gravi. L’acqua non proveniva certamente dal Santuario mariano ma era spacciata per tale, tuttavia Pierpippo Odifreddi, noto vincitore di ben due Asini d’Oro per i peggiori articoli scientifici dell’anno, assegnati da alcuni docenti universitari, ha colto l’occasione per sfogare la sua dose quotidiana di frustrazione.  Ha infatti dichiarato che «a sostenere che quelle acque sono dotate di proprietà fuori del comune, sono i gestori del business della fortunata (ed essa sì, miracolata) cittadina francese, che ne fanno commercio da un secolo e mezzo! […]  e vi ci fanno immergere milioni di pellegrini: molti dei quali creduloni e tonti, e dunque con l’aggravante della circonvenzione di incapace». Conclude quindi accusando la Chiesa di frode.

Il matematico incontinente non ha certo avuto il coraggio di chiamare “creduloni e tonti” due premi Nobel per la medicina come Alexis CarrelLuc Montagnier, i quali hanno avuto entrambi a che fare con i miracoli di Lourdes. Il primo, si sa, è partito per la cittadina francese da ateo militante intendendo mettere fine a “tutta quella superstizione” e -dopo aver assistito ad un miracolo di guarigione istantanea di una malata terminale sotto i suoi occhi- , è tornato a casa convertito e cattolico. Ha lasciato scritto tutto in un libro diventato un best seller e intitolato semplicemente “Viaggio a Lourdes”Montagnier invece, premio Nobel 2008, in una recente intervista ha dichiarato: «Quando un fenomeno è inspiegabile, se esso esiste veramente, non serve nulla negarlo. Molti scienziati fanno l’errore di rifiutare ciò che non comprendono. Non mi piace questo atteggiamento. Riguardo ai miracoli di Lourdes che ho studiato, credo effettivamente che si tratti di qualcosa non spiegabileIo non mi spiego questi miracoli, ma riconosco che vi sono guarigioni non comprese allo stato attuale della scienza»

A smentire Odifreddi ci ha comunque pensato pochi giorni dopo, forse indirettamente, il vaticanista de “Il Corriere della Sera” Luigi Accattoli, il quale parlando di Lourdes ha detto giustamente: «Già Bernardette affermava che l’acqua della fonte non aveva alcuna efficacia senza la preghiera e quella sua cautela è fatta propria dai responsabili del santuario, che nella zona delle «cannelle» hanno posto avvisi che affermano: “Quest’acqua non ha né potere magico né componenti minerali speciali. Ma ricorda le acque primordiali, l’acqua battesimale, le lacrime del pentimento, l’acqua che sgorga dal costato trafitto del Cristo, simbolo dello Spirito Santo”».

Ricordiamo che già ad inizio gennaio Odifreddi aveva mistificato i fatti su Loudes sostenendo che la veggente Bernardette fosse stata «imbeccata dal parroco». Sempre da “Il Corriere della Sera”, tuttavia, lo scrittore Vittorio Messori lo ha sonoramente smentito facendo notare che è da anni appurato che Bernadette conobbe il parroco Peyramale solo il 2 marzo, dopo la tredicesima apparizione, ed egli fu fortemente contrario alle apparizioni minacciando addirittura alle zie della pastorella di negare loro la comunioneIl nostro sedicente matematico è costretto a falsificare la realtà pur di trattenere i poveri “creduloni e tonti”, loro per davvero, seguaci raccolti in anni di inutile furia anticlericale.

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Neutralità educativa: esperimenti sessuali sulla pelle dei figli

Lorraine Candy, redattore capo della rivista inglese “Elle Magazine” e mamma di tre figli, ha raccontato in un articolo sul Dailymail la sua scelta educativa: «Ho lasciato mio figlio Henry dormire con una camicia da notte, dopo che ho rinunciato a cercare di fargli mettere un pigiama. Più tardi, ha preso ad autochiamarsi Stephanie, Jean o, più frequentemente, Miss Argentina. Il suo gioco preferito era indossare vestiti di paillettes, giocare alla boutique o al parrucchiere nel suo salone “Slapchicks”, con le sue due sorelle più grandi».

Dapprima Lorraine davanti alla passione del figlio per gli abiti femminili ha deciso di assecondarlo, finchè la situazione cominciò a diventare più pesante: «Chi veniva a casa nostra pensava avessimo tre femmine perché raramente indossava vestiti da maschio. Diceva di preferire indossare qualcosa di ‘più comodo’: abiti, gonne, collant e costumi da principessa. 
In un primo momento ho lasciato andare avanti tutto così perchè mi pareva di renderlo felice. Mio marito si scandalizzava nel vedere il suo unico maschio in tutù. “E’ solo in contatto con il suo lato femminile, gli dicevo io». Si può ipotizzare, da tutto questo, che lei sia a favore di ciò che è stato definito “gender neutral parenting”, ovvero il mito (perché è un’illusione!) del genitore neutrale e distaccato che non educa i propri figli perché crescano a modo loro. E’ una versione del  mito dell’androgino con il quale si  intende distruggere la disuguaglianza fra uomo e donna: non devono più esistere né uomo né donna, ma un solo unico sesso, senza più distinzioni di alcun genere, a partire dal nome. E’ oggi una delle mode più trasgressive: fare esperimenti sessuali sulla pelle dei propri figli. E’ lo stesso approccio adottato anche da Beck Laxton e Kieran Cooper, la coppia che ha fatto notizia tempo fa per non aver voluto rivelare il sesso del loro figlio (maschio) a nessuno.

Tuttavia Lorraine ha anche raccontato come ad un certo punto si sia resa conto della brutta strada nella crescita di suo figlio: «Allora, da dove proviene l’amore per i vestiti femminili? All’inizio, per mio marito ed io è stato molto difficile comprendere. Mi sono buttata sui libri per genitori, i quali mi hanno indicato che si trattava probabilmente del fatto che Henry adorava le sue due sorelle maggiori e voleva essere “nel loro club”.
 A quanto pare, tutti i bambini hanno bisogno di “appartenere” e di avere fiducia. Prima che iniziasse ad andare a scuola, Henry vedeva nelle sorelle i suoi simili quindi voleva indossare ciò che loro indossavano e giocare come loro giocavano, ma quando ha compiuto quattro anni i ragazzi più grandi cominciarono a ridere del suo abbigliamento femminile.
 Non potevo sopportare di vederlo scappare a cambiarsi vergognandosi. Mio marito ed io abbiamo deciso di aspettare il quinto compleanno di Henry nel mese di novembre per dargli la notizia che non ci sarebbero state più paillettes, nomi femminili etc. 
Era leggermente turbato, ma non eccessivamente preoccupato. Egli non comprendeva appieno il motivo ma dall’inizio della scuola a settembre sarebbe diventato più consapevole della differenza tra maschi e femmine comunque.
 Ha chiesto se avesse potuto farlo solo in occasioni speciali e noi abbiamo risposto di sì. Ma poi non lo ha più chiesto».

Concludendo, in tutta la vicenda la più turbata sembra esserne uscita la stessa Lorraine, che ha visto volatilizzarsi l’alter-ego di suo figlio che lei stessa aveva creato. Non si è ancora convinta di avere sbagliato, anche se riconosce che «i genitori come quelli di Sasha dovrebbe ricordarsi che quei primi anni preziosi appartengono ai loro figli, e non a loro». Purtroppo il “caso Sasha” non sembra essere isolato: lo scorso anno negli Stati Uniti i genitori di un bambino di 5 anni chiamato Dyson hanno scritto un libro intitolato “My Princess Boy” e sono apparsi in televisione con lui vestito in tutù. A sentir loro, doveva essere un “ragazzo manifesto” per un cambiamento radicale del pensiero generale. In Canada nel frattempo un altro ragazzino, di nome Storm, veniva usato per pubblicizzare il “gender neutral” mentre in Svezia una coppia lesbica sta crescendo un figlio senza “genere”. Il suo nome è Pop e con lui le “genitrici” non usano i pronomi “lui” o “lei”. Tutt’ora il sesso biologico del bambino/a rimane un segreto. Nel Regno Unito l’ultima frontiera per l’ideologia dell’uguaglianza assoluta tra maschi e femmine risiede nella proposta di un’importante bioeticista di finanziare l’utero artificiale per le donne, così da emanciparle da quei “relitti ancestrali e barbari” chiamati gravidanza e parto.

Antonio Tedesco

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Entomologi sfatano l’altruismo negli animali: «solo l’uomo ne è davvero capace»

Uno degli sforzi maggiori del riduzionismo neodarwiniano è quello di sottolineare come le grandi qualità che contraddistinguono l’essere umano siano rilevate anche negli animali. Egli quindi non sarebbe diverso da essi, nessuna unicità, nessuna superiorità, nell’uomo. E’ soltanto un “nient’altro che”, come impone la formula d’obbligo del riduzionista perfetto.

Ad esempio per molto tempo si è insistito dicendo che l’altruismo, grande virtù umana, sia tranquillamente osservabile anche nel regno animale. Ma le cose non stanno affatto così e gli evoluzionisti (quelli seri, ovviamente) sempre più sottolineano come invece l’uomo sia l’unico essere sulla terra a saper essere davvero altruista, ovvero a saper agire per pura gratuità senza alcun vantaggio per sé. Solo l’uomo può seguire la grande novità portata da Gesù, che non è solo quella di amare il prossimo (questo lo avevano già detto altri grandi uomini prima di lui), ma addirittura l’amore verso il proprio nemico: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,43-48).

Nel 2006, seppur ancora tenendo stretto il determinismo riduzionista, lo si è ammesso dopo una ricerca dell’Istituto Max Planck: «Anche gli scimpanzé si aiutano, ma solo se gli serve, per esempio per procurarsi il cibo. Se però li si mette in condizioni di arrivare al cibo senza l’ aiuto di un partner, non facilitano l’ altro nell’ ottenere anche lui un po’ di cibo, nemmeno se loro sono già sazi». Nessun vero altruismo, dunque. Recentemente ne ha parlato anche il genetista Edoardo Boncinelli, a commento di un saggio (“Superorganismo”, Adelphi 2012) pubblicato da due entomologi, Hölldobler e Wilson, i quali hanno sfatato i luoghi comuni sull’insetto eusociale più citato, la formica. Il formicaio è infatti un superorganismo composto da esseri strettamente imparentati tra loro dal punto di vista genetico. «Comportarsi correttamente», spiega Boncinelli, «è utile alla colonia ma anche, seppur indirettamente, ai singoli componenti della stessa». Insomma, il fine ultimo della cooperazione è la sopravvivenza individuale, una forma mascherata di “egoismo”. I due autori sono più netti nel loro volume: «Gli insetti sociali sono rigidamente governati dall’istinto, e lo saranno sempre. Gli esseri umani sono dotati di ragione e hanno culture in rapida evoluzione. Noi umani siamo capaci di introspezione e possiamo trovare  il modo per tenere a freno i nostri conflitti autodistruttivi».

L’uomo svetta su tutta la creazione, non si interessa solo di se stesso, non rischia la vita solo per il suo parente biologico, ma anche per l’estraneo o addirittura per il nemico. In esso, spiega il celebre darwinista spagnolo Francisco J. Ayala, «il comportamento morale non è del tipo di quelle reazioni automatiche di altruismo biologico come si hanno in certe api, formiche e presso altri imenotteri […], il comportamento morale in quanto tale non esiste nemmeno in forma iniziale in esseri non umani». E conclude: «Siamo molto diversi biologicamente dalle scimmie qui sta la base valida per uno sguardo religioso sull’uomo come creatura speciale di Dio, e per una coscienza di che cosa ci renda squisitamente umani» (F.J. Ayala, “L’evoluzione, lo sguardo della biologia”, Jaca Book 2009, pag. 157-233)

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«Ho lasciato il protestantesimo, felice di essere cattolica!»

Il 25 Gennaio il sito “Why I’m catholic” ha compiuto il suo primo anno di vita, e da allora ha diffuso, come si proponeva, uno svariato numero di conversioni: nel sito possiamo trovare testimonianze di ex-atei, ex-agnostici, ex-buddisti, ex-protestanti e via dicendo. Le ultime due testimonianze pubblicate sono quelle di Katie Plato e Kathy Frein, accomunate dall’aver raggiunto la fede cattolica appartenendo precedentemente alla confessione battista.

Katie Plato è oggi madre di tre bambini e blogger cattolica (qui il suo spazio web) ed è rimasta colpita dalle parole di un suo caro amico, anche lui neo-convertito, quando «gli raccontavo della convinzione di mia madre che la Chiesa Cattolica fosse il più grande trionfo di Satana in tutta la storia. Lui rispose: “Dev’essere o il più grande trionfo di Satana, o il più grande trionfo di Cristo. Non esiste un terreno neutrale quando si parla di Chiesa Cattolica.”». E’ la verità, commenta lei: «Lo stesso succede con le persone con le quali parlo della mia conversione; non c’è un terreno neutrale. O sono eccitati, o sono costernati». La sua storia inizia quando, frequentando con suo marito la Chiesa Battista locale, «sembrava che la chiesa fosse “buona” quando il sermone era pieno di saggezza e noi imparavamo molto, ed “inutile” quando il sermone non fosse così buono. Guardando indietro, capisco che quando si frequenta una chiesa senza liturgia, tutto si concentra sul sermone, sul pastore, e su come ci si sente durante il culto. Eravamo frustrati con noi stessi, volevamo goderci la chiesa ed adorare Dio; non volevamo essere critici. Dopo molte preghiere, decidemmo di andarcene e cercare una chiesa che ci si addicesse di più».

Da allora iniziò una lunga ricerca e numerose riflessioni, che culminò poi alla conversione cattolica. In particolare sul valore della liturgia, dell’Eucarestia e sul problema del Sola Scriptura, uno dei principali punti di divergenza tra la teologia cattolica e la maggior parte di quelle riformate. La questione si pose nel momento in cui i due dovettero scegliere se battezzare o meno uno dei loro figli: «Cercammo nella Bibbia le risposte, ma la questione del battesimo non è chiara. La Bibbia, da sola, non era sufficiente. Il pilastro del Sola Scriptura era caduto e fummo costretti ad affidarci alla Tradizione, o alla nostra interpretazione individuale di ciò che pensavamo la Scrittura cercasse di dire». Si è quindi posto il problema del riconoscimento dell’autorità della Chiesa cattolica: «Entrambi iniziavamo a capire che stavamo ancora vivendo nel mondo protestante in cui si prende e sceglie ciò che si vuole credere e fare con la propria vita. L’individuo era ancora l’autorità». L’evento decisivo fu un episodio originale, ovvero la vaccinazione prima del parto del suo terzo figlio: «Quando digitai su google “Prospettiva cristiana sulle vaccinazioni” non ne venne fuori niente di buono. Frustrata, lo cambiai in “Prosprettiva cattolica sulle vaccinazioni.” Fui indirizzata ad un articolo della Pontificia Accademia per la Vita che mi fu estremamente utile nel considerare la moralità del vaccinare il proprio bambino. Questo fu dieci volte più utile di qualsiasi altra cosa che avessi trovato. C’era una lista di vaccini prodotti da feti abortiti, e si parlava delle decisioni etiche che un genitore deve intraprendere per proteggere il bene più grande della società e per proteggere i mai-nati. Non c’era una risposta esatta, ma un insieme di dati che sarebbero serviti a riflettere sulla questione. Era pratico, sfumato, ponderato e giusto. Stavo guidando (…) e riflettei: “Quei cattolici, avevano ragione anche questa volta. Hanno sempre ragione”», Katie ricorda che «mi vennero le lacrime agli occhi, e in quel momento capii aver di ricevuto la grazia per tornare a casa, nella Chiesa Cattolica»

Anche Kathy Frein si è convertita al cattolicesimo dalla fede Battista, è accaduto ben 25 anni fa, ma solo di recente ha davvero preso la decisione di essere davvero cattolica: «Sono entrata nella Chiesa cattolica un anno dopo aver sposato mio marito, cattolico. L’ho fatto per una buona ragione, anche se potrebbe non essere stata quella giusta: volevo che nella nostra famiglia si pregasse insieme e sentivo che avrei dovuto seguire la guida spirituale di mio marito». La vera conversione però è avvenuta più avanti, a causa delle difficoltà della figlia minore nel rapporto con amici di fede protestante: «si trovava sempre più a disagio con il loro giudizio circa la fede Cattolica. Mettevano in dubbio la nostra cristianità, ed alcuni non volevano avere rapporti con noi se non per cercare di convertirci e “salvare le nostre anime”. Nostra figlia aveva molte domande e per risponderle intrapresi un “viaggio” per scoprire la verità circa la mia fede che professavo da 25 anni».  Si accorse così che «non c’è un singolo verso nella Bibbia che non supporta gli insegnamenti cattolici. Questa coesione non dovrebbe sorprendere, dato che la Bibbia fu compilata da cattolici […]. Io voglio appartenere alla Chiesa che Cristo ha istituito, e che insegna la verità come Gesù Cristo vuole che sia insegnata».

E Katie non ha più dubbi su questo: «Dopo aver letto gli scritti dei primi padri della Chiesa, considerando le prove nelle scritture ed esaminando la tradizione della Chiesa Cattolica, sono convinta di adorare Dio nel modo in cui Egli vuole essere adorato. La Chiesa Cattolica continua a celebrare la Messa come veniva celebrata dagli apostoli e dai primi martiri della fede. Questi uomini morirono per proclamare pubblicamente Cristo come il Signore. Lo stesso sacrificio, offerto dagli apostoli nel modo in cui Cristo lo sottolineò in Gv 6, è offerto nelle chiese Cattoliche in tutto il mondo ogni giorno di ogni anno, ed è stato offerto così per oltre 2000 anni». Ha quindi concluso la sua testimonianza spiegando «Voglio semplicemente condividere la meravigliosa “Buona Notizia” che può essere trovata nella Chiesa Cattolica. Non nego che ci siano state persone che abbiano causato problemi, ma l’insegnamento della Chiesa non è mai cambiato. È il Vangelo di Gesù Cristo che è stato proclamato per più di 2000 anni. È una fede che insegna ad arrendersi di fronte a Dio, a vivere nella Beatitudine, a perdonare ed a cercare il perdono, ad amare i nostri vicini ed a crescere in santità. Cosa può esserci di più meraviglioso? Sono pronta a dirlo al mondo e condividere la mia storia è tra i primi metodi che ho scelto».

Michele Silvi

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L’ospedale di Padre Pio valutato tra i migliori 360 al mondo

La Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (provincia di Foggia), struttura sanitaria creata ed inaugurata da Padre Pio il 5 maggio 1956, è un’opera che rispecchia fedelmente il pensiero del fondatore, il quale –come avevamo già avuto modo di sottolineare-aveva infatti intuito, già 50 anni fa, che la ricerca deve costituire parte integrante dell’impegno professionale dei medici in genere, in particolare di quelli della “Casa”, e parte attiva del progresso scientifico.

E’ stato in questi giorni valutato dal Sir world report tra i primi 365 centri al mondo per qualità della ricerca scientifica e per la copiosità delle sue pubblicazioni ritenute di qualità.  A dirigere questa struttura (150 ricercatori all’opera), il professor Angelo Luigi Vescovi, che dal gennaio del 2010 è direttore scientifico dell’ospedale e molto conosciuto a livello internazionale per il suo lavoro sulle cellule staminali adulte. Le attività dei laboratori dell’Irccs “Casa Sollievo della Sofferenza” si concretizzano nella pubblicazione dei risultati delle ricerche sulle più prestigiose riviste internazionali e a livello mondiale si colloca

al 145.mo posto per la qualità della ricerca in campo biomedico. Nono posto a livello nazionale, primo a livello regionale e così come in tutto il Mezzogiorno.

Padre Pio disse il giorno dell’inaugurazione (così tanto voluta da lui!): «Una città ospedaliera tecnicamente adeguata alle più ardite esigenze cliniche e un centro di studi intercontinentale che possa stimolare i sanitari a perfezionare la loro cultura professionale e la loro formazione cristiana. Dobbiamo completare la formazione di quest’opera perché essa diventi tempio di preghiera e di scienza». Una vera profezia, a quanto pare. Il commento del dott. Vescovi: «Stiamo cercando di allargare la nostra ricerca, ma stiamo ancora a metà del guado. Noi non ci sentiamo né migliori né peggiori di altri. Tutto è sulla falsariga della missione di Padre Pio».

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Il filosofo Savater: «nessun diritto umano agli animali»

La Chiesa cattolica esige «il rispetto dell’integrità della creazione». Gli animali «sono creature di Dio», e «anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro». È contrario alla dignità umana «far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita».

Tuttavia la natura «è destinata al bene comune dell’umanità passata, presente e futura», «è dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti», è «indegno dell’uomo spendere per gli animali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini», e sopratutto «si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell’affetto che è dovuto soltanto alle persone».

Questa visione, sensata e razionale, non è tuttavia scontata in chi è lontano dalla Chiesa. Anzi, esiste un legame molto stretto tra neodarwinismo, ecologismo, ambientalismo radicale, ed eugenetica. Colui che tiene il filo rosso di tutto si chiama Ernst Haeckel, biologo, zoologo e filosofo tedesco di inizio ‘900, considerato tra i più famosi darwinisti dell’Europa continentale. Egli fu il diretto ispiratore della teoria sulla superiorità della razza ariana propagandata dal nazismo, lui stesso era dichiaratamente razzista in quanto riteneva che i neri fossero «incapaci di una vera cultura interiore e di uno sviluppo mentale superiore». Proprio lui, guarda caso, fu l’inventore del termine “ecologia”, e sempre casualmente fu un forte promotore dell’eutanasia e dell’eugentica  umana sul modello spartano (uccisione di deboli e storpi). Feroce nemico del cristianesimo, non poté che considerare l’uomo alla stregua di un animale sociale. Scrisse ad esempio: «L’uomo non si distingue dagli animali per uno speciale tipo di anima, o da qualche particolare ed esclusiva funzione psichica, ma solo da un elevato grado di attività psichica, uno stadio superiore di sviluppo» E ancora: «Come la nostra madre terra è un granello nell’universo sconfinato, così l’uomo stesso non è che un piccolo granello di protoplasma nel quadro deperibile di natura organica. Questo indica chiaramente il vero posto dell’uomo nella natura, e dissipa l’illusione diffusa di una suprema importanza dell’uomo e l’arroganza con cui lui si contraddistingue nell’universo sconfinato ed esalta la sua posizione come elemento più prezioso» (E. Haeckel, “The Riddle of the Universe”, Harper 1900).

Da Haeckel nacquero così tutti quei movimenti “eco-isterici” (come sottolineato continuamente da questo interessante e aggiornato sito web), ancora oggi molto presenti e attivi in ogni Paese. Essi non raramente considerano l’uomo un “cancro per il pianeta” e non solo lo equiparano all’animale, ma lo considerano addirittura inferiore ad esso. L’ecologismo in questi termini è una vera e propria religione “verde”, di cui il fondatore del WWF, Filippo duca di Edimburgo, fu noto adepto. E’ famoso per questa frase: «Se rinascessi, vorrei essere un virus letale per contribuire a risolvere il problema dell’eccesso di popolazione. Il maggiore dramma del mondo è che ci sono più culle che casse da morto». Invece, il fondatore e presidente onorario del WWW Italia, Fulco Pratesi, si definisce «un verde credente e praticante, nonché leggermente fanatico» (in questo articolo un approfondimento sulla sua persona e la scarsa considerazione dell’uomo).

L’equiparazione uomo-animale è anche uno dei cavalli di battaglia del neodarwinismo ateo (ridurre l’uomo per negarne lo status di creatura), e infatti il Progetto Grandi Scimmie Antropomorfe –ovvero il tentativo di estendere a tutti i primati antropomorfi i diritti dell’uomo-, è sostenuto fortemente dai “New Atheist”: Peter Singer (già promotore dell’infanticidio) e Richard Dawkins all’estero, Umberto Veronesi e Margherita Hack in ItaliaL’ex premier spagnolo, Luis Zapatero, ha esteso nel 2008 i diritti umani anche agli scimpanzé. Ecco quindi l’intreccio esplosivo tra tutte queste varie ideologie anti-cristiane.

Accogliamo per questo con interesse una intervista, apparsa su “Repubblica”, al filosofo Fernando Savater, docente presso l’Università di Madrid e uno dei più noti intellettuali spagnoli. E’ l’autore del recente libro, Tauroetica (Laterza 2012), «un saggio sul rapporto fra uomini e animali», spiega. Il problema oggi è che «si stenta a vedere in cosa essi siano diversi dagli uomini. Ciò ha portato a una sorta di antropomorfizzazione degli animali. Una tendenza che spinge ad accreditare le forme più estreme di animalismo, come l’antispecismo di Peter Singer, ossia l’idea che tra le specie animali non ci siano distinzioni di sorta. Non distinguere gli uomini dagli altri esseri viventi è nefasto. Perché la morale riguarda solo gli esseri umani». Continua quindi con una riflessione molto politicamente scorretta: «Purtroppo però ormai si tende a scambiare la morale con la compassione. Ora, la compassione è un sentimento buono, per carità, e tuttavia non è la morale. Mettiamo che passeggiando trovo un passerotto caduto dal nido. So che è in pericolo e poiché sono persona compassionevole, lo raccolgo e lo metto in salvo. Questo è molto bello. Ma è ben diverso dal caso in cui io mi imbattessi in un neonato abbandonato per strada. Lì non si tratta di compassione. Io ho il dovere morale di occuparmene. Questa differenza non la intendono gli antispecisti. Singer è arrivato a dire che se mi trovo di fronte un bambino con tare mentali o fisiche irreversibili e un vitello in perfetto stato devo scegliere il vitello e sopprimere in culla il bambino senza farlo soffrire».

Gli animalisti isterici  ritengono che sia l’interesse ad unire gli esseri viventi, ma «l‘interesse è la possibilità di optare per diverse condotte anziché una sola. Gli animali sono mossi dall’istinto, laddove io, essere umano, nonostante abbia un istinto, posso anteporre un interesse diverso. Quando non si può che seguire una sola condotta, chiamarlo interesse mi pare completamente assurdo. Non è che la solita proiezione antropomorfizzante. La dimensione in cui ha senso parlare di interessi è una dimensione di libertà dalle necessità della natura, il libero arbitrio insomma». Gli antispecisti lo negano, poi però vanno a «chiedere agli uomini di optare per soluzioni diverse rispetto a quelle che magari preferiscono, come mangiare carni, usare pelle animale per le scarpe e così via. Con il risultato paradossale che gli uomini dovrebbero rifiutarsi di uccidere la tigre ma certo la tigre non potrebbe che continuare a fare quello che fa secondo l’istinto, ossia anche divorare l’ uomo. L’uomo sarebbe dunque l’unico tra gli animali a rispettare la nuova legge. Dimostrando quindi che qualche differenza tra lui e le altre specie in fondo c’è». Nei promotori dei “diritti agli animali” predomina «il sentimentalismo e in cui l’umanitarismo sta sostituendo l’umanismo. Chi è umanitario si preoccupa del benessere degli altri ma non della loro umanità, che risiede in aspirazioni, desideri e così via. Io con un cane posso essere umanitario ma non umanista», e infatti oggi purtroppo «è assai più semplice avere una relazione con un animale domestico piuttosto che con un essere umano». Se questo animalismo diventasse dominante, paradossalmente, «si realizzerebbe la forma perfetta di protezione degli animali: l’estinzione». Conclude infine così Savater: «I veri barbari sono coloro che non distinguono uomini e animali. Caligola che fece senatore un cavallo e uccise centinaia di persone che non apprezzava. Quello era un barbaro. Perché trattava gli uomini come gli animali e gli animali come gli uomini».

La redazione

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Troppi antidepressivi, all’uomo secolarizzato manca il senso del vivere

Il 18 dicembre scorso facevamo notare come sempre più frequentemente il termine “secolarizzazione” faccia rima con “depressione”, nel senso che nei Paesi più secolarizzati si verifica puntualmente un aumento di cure antidepressive, psicofarmaci, abuso di stupefacenti ecc… Secondo il filosofo laico Pietro Barcellona il motivo è proprio quello esistenziale, ovvero l’incapacità di trovare un significato unitario e adeguato nello stare al mondo. Senza un orizzonte di Senso ultimo l’uomo perde la bussola, innanzitutto di sé stesso.

Recentemente ne ha parlato anche il dott. Maurizio Soldini, medico, filosofo, esperto di bioetica, il quale svolge l’attività di clinico medico presso la “Sapienza” Università di Roma. Prendendo spunto dal rapporto sullo stato sanitario italiano presentato pochi giorni fa dal ministero della Salute, si è domandato se il vertiginoso aumento dell’uso di antidepressivi nell’ultimo decennio corrisponda più a un disadattamento spirituale, piuttosto che psico-fisico.

Ne ha così approfittato per introdurre una figura troppo poco considerata, ovvero Viktor Emil Frankl, neurologo e psichiatra austriaco, fondatore della logoterapia. La logoterapia è «un approccio psicoterapeutico che si basa sull’analisi esistenziale e che cerca di ricoprire il senso (logos) di ogni esistenza umana». Il punto fondamentale è l’unicità e irripetibilità dell’uomo, questione molto a cuore di Frankl. La vita di un uomo non è infatti riducibile alla vita fisica e biologica, ovvero a quello che viene determinato dal suo Dna. Il suo essere è un esser-ci che non può fermarsi alle contingenze spesso negative e alle prospettive naturalistiche. Frankl, continua Soldini, «era convinto che la sofferenza, il male, la morte non siano annichilimenti, ma all’opposto possano dare l’input per mettere in moto l’uomo alla ricerca di senso. Egli stesso aveva sperimentato nei campi di concentramento nazisti come la sopravvivenza fosse direttamente proporzionale alla capacità di dare un senso attraverso la fede anche a una delle esperienze più atroci a cui potesse andare incontro un essere umano, avendo così avuto lo spunto delle sue teorie».

Oggi, conclude, «per sconfiggere la depressione, che forse in alcune circostanze è piuttosto angoscia esistenziale, abbiamo sì bisogno di un trattamento farmacologico, ma in casi più che controllati. In genere, sia da parte dei terapeuti sia da parte dei “pazienti”, il problema è da considerare anche con un atteggiamento basato su dinamiche antropologiche ed esistenziali. Il fine è quello di ri-trovare e dare un senso all’esistenza per quanto delimitata nella natura, proprio per cercare di trascendere, per quanto possibile, questa stessa natura». Dare un vero senso al vivere, questa è la grande sfida dell’uomo emancipatosi da Dio.

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Il clochard, i carmelitani di Treviso e le false notizie pubblicate sul sito dell’UAAR

Può l’UAAR, la setta razionalista di atei neopagani, avvinghiata a neofascisti e centri sociali di estrema sinistra, essere una fonte di informazioni affidabile? Assolutamente no, come potrebbe?

Da sempre hanno il brutto vizio di ingannare i propri seguaci -meno di 4000 soggetti riuniti come una congregazione religiosa- modificando, nelle notizie che pubblicano, piccole paroline rispetto alla fonte originale. Inutile fare un elenco interminabile, dato che si tratta di modifiche sottili e subdole. Ne citiamo una, giusto per fare un esempio, dove il cambiamento è stato realizzato direttamente dal capo religioso dell’UAAR, Raffaele Carcano. Egli riporta, in data 10 maggio 2011, un articolo scritto dell’on. Melania De Nichilo (PDL) dedicato al caso di Lamberto Sposini, il quale era stato da poco colpito da un’emorragia cerebrale. Carcano cita le parole che De Nichilo avrebbe scritto sul quotidiano “Libero”, in particolare che «Sposini le ha più volte dichiarato di “non voler sopravvivere senza coscienza”, perché “ognuno è libero di scegliere quando e come morire, rifiutando ingerenze religiose, scientifiche e politiche”». Si tratta di una citazione letterale e il termine “ingerenze” è certamente forte, ricorda molto il noto cavallo di battaglia del laicismo militante. Peccato che De Nichilo non abbia scritto “ingerenze”, ma “interferenze”. Il significato è certamente simile, ma perché Carcano ha interesse a riportarlo modificato? Sono forse delle parole-chiave usate per far appesantire il messaggio? Con quale permesso si modificano a proprio piacimento citazioni letterali? Questi piccoli plagi rispetto alla fonte originale sono praticamente all’ordine del giorno e in una sintesi di poche righe contribuiscono certamente a dare una percezione differente della notizia.

Ogni tanto capita però che ad essere mistificata sia l’intera notizia. E’ accaduto senza pudore pochi giorni fa: impegnati nel soddisfare i propri seguaci con il gossip religioso, riportano questa notizia del “Corriere del Veneto”, secondo cui nella notte del 3 febbraio i Carmelitani Scalzi di Treviso, vedendo un Clochard nel loro cortile, «preoccupati per il gelo chiedono l’intervento della polizia. Grazie agli agenti, una clochard di 60 anni, ha così potuto passare la notte nella sala d’aspetto della stazione dei treni, messa a disposizione dei senzatetto in questi giorni di grande freddo da Trenitalia. La donna era arrivata nel cortile del convento intorno alle 19.30, armata di cartoni e coperte e decisa a costruirsi un giaciglio per passare lì la notte. Già a quell’ora però, il termometro segnava meno 7 gradi e i padri del convento, impossibilitati ad ospitarla, hanno chiesto l’intervento della polizia. Agli agenti intervenuti, la senzatetto ha raccontato di essere stata respinta, per mancanza di posto, da tutti i centri di accoglienza della città e di aver deciso di ripararsi nel cortile del convento». Questa è la notizia riportata sul noto quotidiano, seppur utilizzando un titolo ambiguo: “Clochard fuori dal convento. I frati chiamano la polizia“. I religiosi quindi, non potendo ospitare la donna e preoccupati del freddo, hanno chiesto l’aiuto della polizia per aiutarla a trascorrere una notte al caldo.

L’UAAR ha colto la palla al balzo e ha pensato di ingannare i lettori modificando il senso della notiziapartendo  con un’introduzione assurda: «Gli oltre sei miliardi di euro che ogni anno escono dalle casse pubbliche per entrare in quelle della Chiesa hanno ben poche giustificazioni, tanto che anche gli apologeti del mondo cattolico finiscono per trovarne una sola: il bene che la Chiesa farebbe alle fasce più sfortunate della società. Ripeterlo è quasi un dogma, per i mezzi di informazione italiani, ma poi arrivano anche le plateali smentite. Per esempio da Treviso, dove una senzatetto sessantenne, alle prese con una temperatura di sette gradi sotto lo zero, dopo essere stata rifiutata da tutti i centri di accoglienza, si era rifugiata con cartoni e coperte nel cortile del convento dei Carmelitani Scalzi. I quali hanno subito chiamato la polizia». Senza conoscere i motivi per cui i religiosi non hanno potuto accogliere la poveretta, si è quindi evitato di dire che essi hanno chiamato la polizia perché preoccupati dalle sorti della donna, facendo passare la richiesta di aiuto alle forze dell’ordine come una sorta di fastidio per la presenza dell’estranea sul loro territorio.

Questa è l’UAAR, questa è l’associazione che prende in giro i propri adepti annunciando a pieni polmoni di aver destinato 500 euro (!!!) in un anno in beneficenza, quando ne ha investiti oltre 2000 per creare una Sindone farlocca e 700 per delle vignette anticlericali. A questo punto è lecito chiedersi perché Raffaele Carcano, segretario dell’UAAR e ricco bancario romano, non ospiti mai in casa sua dei Clochard. I soldi certamente non gli mancano, eppure…

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Pio XII eroe durante l’Olocausto, lo dimostrano storici ed ebrei

Capita spesso di sentire detrattori e “intellettuali” giustificare l’ormai palese merito della Chiesa e delle sue istituzioni religiose nel salvare dall’Olocausto migliaia di ebrei, parlando di sole iniziative personali dei religiosi che sarebbero stati addirittura abbandonati a loro stessi dalle alte gerarchie ecclesiastiche. Studi recenti provano invece il contrario: uno sforzo coordinato e segreto ad ogni livello gerarchico, come sostengono  i numerosi esperti in occasione delle attribuzioni del titolo di Giusto Fra le Nazioni da parte proprio degli ebrei salvati o dei loro discendenti. Da questi documenti emerge innanzitutto la struttura gestita capillarmente dell’opera di salvataggio, non ottenibile senza un riferimento “in alto”. A sostegno di questa tesi si riportano i seguenti dati:

L’Associazione Culturale Coordinamento Storici Religiosi (www.storicireligiosi.it) dal 2002 ha appurato che più di 220 case religiose sulle 750 totali presenti nella sola capitale italiana avrebbero ospitato e custodito buona parte dei 10.000-12.000 ebrei  in cerca di rifugio e sicurezza. Dalla ricerca sono state inoltre escluse per scelta metodologica le parrocchie, le famiglie private e gli arcivescovadi. La Congregazione di Don Orione, a cui è andato il titolo di Giusto fra le Nazioni attribuito a Don Gaetano Piccinini il 23 Giugno 2011 a Roma, avrebbe agito nascondendo personalità ebraiche note e ricercate dal regime tramite l’accompagnamento sui mezzi pubblici, la disponibilità di nascondigli e rifugi e ogni genere di assistenza durante il trasferimento segreto. Il Corriere della Sera nella sua edizione del 26 Gennaio 2012 pubblica inoltre un articolo su Padre Giovanni da San Giovanni in Persiceto, il quale avrebbe compilato un accurato rapporto per i suoi superiori dove tratterebbe di 201 persone nascoste nei conventi femminili di Roma, variamente distribuite e classificate con precisione se militari dissidenti, civili o ebrei. Questo documento è tracciabile in ogni passo del suo viaggio attraverso l’ambasciata italiana presso la Santa Sede (di cui Padre Giovanni era Cappellano e Consigliere Ecclesiastico Onorario) fino al Ministero degli Esteri. In esso si possono trovare numerose ammissioni e prove della collaborazione delle alte sfere ecclesiastiche nell’opera di salvataggio.

Grazia Loparco, giornalista dell’Osservatore Romano nel suo articolo del 25 Gennaio 2012, ha spiegato che fuori Roma, specie per i monasteri, occorse almeno la conferma esplicita dei vescovi, muniti di speciali facoltà, a quanto stava avvenendo. I processi decisionali dei religiosi, a volte il loro cambiamento in seguito a direttive che apparivano chiare, possono illustrare meglio la relazione tra congregazioni, Chiesa locale e Santa Sede. L’arrivo, la permanenza, le strategie di occultamento degli ebrei, le relazioni interpersonali e religiose sono abbastanza note, tuttavia dietro ogni nome c’è una storia, personale e familiare. Gli elenchi di singoli o di nuclei familiari, uniti o separati per sesso ed età e parentela, sono ben più che una catena di nomi. Più di 300 sono identificati fuori Roma e più di 600 nella capitale, alcuni solo per cognome per indicare l’intera famiglia, e dunque con un numero impreciso, ma sicuramente più elevato. Certamente si tratta di una percentuale, rispetto agli almeno 4.500 ebrei di cui resta memoria spesso non identificata, che furono nascosti in vario modo nelle comunità religiose di Roma. Uno di questi è il frate di cui parla il quotidiano “La Stampa” del 27 gennaio 2012, che salvò gli ebrei con le foto degli ex-voto.

Il ricercatore statunitense William Doino jr, esperto di rapporti tra Chiesa cattolica, fascismo e nazismo, elenca su “Vatican Insider” del 27 gennaio 2012 alcuni testi storici di approfondimento, da cui emerge la figura di Pio XII in relazione alle ideologie totalitarie come «profondamente preoccupato per la sorte di ebrei e cristiani». Ha quindi citato due documenti: il primo è un messaggio del presidente americano Franklin D. Roosevelt inviato il 3/8/44 a Pio XII:  «Vorrei cogliere l’occasione per esprimere a Sua Santità il mio apprezzamento profondamente sentito per la continua azione che la Santa Sede ha compiuto, impegno generoso e misericordioso nel prestare assistenza alle vittime delle persecuzioni razziali e religiose». Il secondo è il rapporto della Conferenza sulle relazioni ebraiche del 1946, intitolato “Saggi sulla l’antisemitismo”. Il professor Koppel Pinson, che ha curato l’opera, ha commentato: «Possiamo essere d’accordo o in disaccordo con le linee generali delle politiche del Vaticano. Ma un fatto è indiscusso: il papato non ha mai parlato in questi termini inequivocabili contro il razzismo e l’antisemitismo, come nelle parole e nelle azioni del presente papa, Pio XII, e il suo predecessore Pio XI». Ha poi descritto alcuni interventi “salva-vita” diretti di Pio XII, emersi dalle testimonianze dirette degli ebrei salvati.

Il 17 gennaio 2012 Gary Krupp, l’ebreo fondatore della “Pave the Way Foundation” (PTWF), in occasione della Giornata del dialogo ebreo-cattolico, ha rilasciato a “Zenit un’intervista in esclusiva in cui parla della «leggenda nera contro papa Pio XII», ormai «confutata dalla verità dei fatti. È una responsabilità degli Ebrei dal momento in cui abbiamo accumulato un grande mucchio di prove sul fatto che Eugenio Pacelli fu davvero uno dei grandi eroi per gli Ebrei durante l’Olocausto. L’ingratitudine è uno dei peggiori difetti nell’Ebraismo. L’accettazione della verità sull’eroismo personale di Pacelli, credo sia essenziale per portare i miei fratelli e sorelle ebrei alla redenzione. La reputazione di Eugenio Pacelli deve essere riscattata, laddove intenzionalmente il KGB iniziò la più grande campagna diffamatoria del XX secolo. Questa operazione fu portata a termine con successo per isolare gli Ebrei dai Cattolici, al momento della riconciliazione avvenuta con il documento conciliare Nostra Aetate». Sempre in quella data, “Zenit” ha pubblicato un secondo articolo informando di un nuovo dossier, intitolato “I vescovi contro i rastrellamenti” e pubblicato sulla rivista francese “Histoire du Christianisme Magazine” (HCM). Si tratta di uno studio della storica  Sylvie Bernay sul ruolo di salvataggio degli ebrei da parte dei Vescovi francesi, i quali erano «sostenuti da Pio XII». Viene citato anche un rapporto del colonnello Knochen, capo delle SS in Francia, preoccupato del continuo interesse di Pio XII per la condizione degli ebrei francesi.

Questo il ruolo “segreto” di Pio XII. Riguardo alla sua posizione pubblica e al Concordato con partito nazista, ne ha parlato Sergio Romano sul “Il Corriere della Sera” del 2 febbraio 2012, dicendo che «Pacelli sperò sempre che il Concordato, benché spesso violato, avrebbe fornito alla Santa Sede il diritto e gli argomenti per contrastare le continue aggressioni di Hitler. La prudenza del diplomatico prevalse in lui sull’indignazione del pastore».

Marzio Morganti, Luca Pavani

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Pillola della moralità, il “New York Times” ci crede davvero?


 

di Alessandro Giuliani*
*biostatistico e primo ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità

 

 

Il New York Times riporta con grande rilievo i risultati di un esperimento eseguito in Dicembre da ricercatori dell’Università di Chicago sul fatto che  alcuni ratti, invece di seguire i ‘bassi’ istinti della fame e sbafare della golosissima cioccolata preferivano darsi da fare per liberare un loro simile visibilmente imprigionato in un tubo (molto equilibrato ed azzeccato il commento sul Corriere della Sera, una volta tanto assegnato ad un vero scienziato).

Il commento che invece  mi viene in mente a tutta prima è embè ? .. il comportamento animale (non solo quello umano) ha una notevole variabilità, gli esseri viventi non sono macchine deterministiche e, nel campionario di risposte possibili a quello che a noi appare lo stesso stimolo, danno risposte anche molto diverse fra loro.  In regime di ragionevolezza, questo è l’unico commento rilevante, fossimo in un’aula universitaria potremmo immaginare di usare questo (non particolarmente eccitante) esperimento per discutere quanta parte di questa variabilità sia legata alle contingenze (lo stesso animale si potrebbe comportare in maniera diversa a seconda della sua fame, del grado di parentela con il prigioniero, delle sue condizioni fisiche, della durata dell’esperimento, dei segnali lanciati dal prigioniero, del puro caso..) o a fattori più stabili (età, corredo genetico, posizione di dominanza nel branco …).

Invece il New York Times, con la firma di Peter Singer, ne fa un caso di rilevanza filosofico-morale e addirittura chiama dentro scenari futuribili come la ‘pillola dell’empatia’ che, fornita ad esseri umani particolarmente egoisti, potrebbe migliorare il mondo.  Ci sarebbe da fare una risatina sardonica sullo spaventoso abisso di ignoranza e faciloneria che pervade una buona parte della cosiddetta ‘intellettualità liberal’ soprattutto negli Stati Uniti, ma forse vale la pena analizzare come una mente pensante possa arrivare a prendere spunto da un tale esperimento per allargarsi ai massimi sistemi, se non altro perché queste persone gestiscono un potere pericolosamente ampio.

Direi che potremmo immaginare le fallacie del ragionamento in una serie di diversi livelli di ’errore’:

1)      Estrapolazione indebita ed antropomorfismo: l’equazione ‘ratto che aiuta’ = ‘uomo empatico’ ; ‘ratto che sbafa il cioccolato’ = ‘uomo egoista’ è palesemente assurda, i ratti hanno un comportamento molto diverso da quello degli uomini e l’interpretazione è tutta nella mente del ricercatore, il ratto non sappiamo proprio come vede il dilemma e certo non lo vede attraverso il filtro che si è stratificato in millenni di storia umana (con il suo portato di religione, morale ecc.).

2)      Il fatto stesso che ci sia variabilità di comportamento ci porta ad immaginare che siamo di fronte a risposte legate a fattori multipli, impossibile pensare ad un’azione deterministica di un farmaco che non saprebbe dove agire per rendere ‘blindata e certa’ la risposta.

3)      Sostanze che ci fanno cambiare l’umore e quindi il comportamento esistono e sono note fin dai tempi della Bibbia, Noè si ubriaca e scatena l’ilarità dei figli, gli eroi Omerici bevevano per affogare il dolore o  per farsi coraggio e gli amici di Ulisse si sconvolgevano di  estratti di piante psichedeliche (il famoso episodio dei Lotofagi), potremmo continuare a lungo. Così come nel caso dei ratti, queste sostanze cambiano l’empatia DIMOSTRATA dagli uomini di solito in meglio (immaginate gli ubriachi che si baciano e si abbracciano fra loro o, ad un dosaggio molto più lieve, la diffusa usanza di bersi un bicchierino per suggellare un accordo o festeggiare una ricorrenza..)  ma a volte in peggio (il marito ubriaco torna a casa e picchia la moglie).

Potremmo continuare a lungo ma questo può essere un divertente esercizio di senso comune da lasciare ai lettori, la cosa veramente importante è a questo punto meditare su come delle persone che si reputano intelligenti e colte possano straparlare in questo modo. L’idea che mi sono fatto è che, come diciamo a Roma, in realtà ‘ce fanno’ , cioè non ci credono veramente ma semplicemente perseguano una martellante strategia di lungo periodo per far dimenticare agli esseri umani la coscienza del loro libero arbitrio. In questa strategia tutte le assurdità vanno bene, soprattutto (anzi specialmente) se iniziano ‘Ricercatori della prestigiosa Università..’. In Italia la nostra santa ignoranza (ma unita ad un salutare senso comune) ci salva (tranne un certo  ahimè crescente ceto di mezzi intellettuali lettori di giornali) dal veleno, ma altri popoli sono molto più esposti.

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