Darwin Day 2012, il premio Nobel Phillips: «nessuna antitesi con il Creatore»

Anche oggi continuiamo la nostra celebrazione dell’anniversario di nascita del grande naturalista Charles Darwin (1809-1882), padre della teoria evolutiva delle specie animali e vegetali per selezione naturale. Circoli di scettici e razionalisti ogni anno organizzano in questo periodo incontri e convegni attraverso i quali, strumentalizzando, la teoria darwiniana, intendono trarre conclusioni filosofico-teologiche, in particolare tentando di negare l’esistenza di un Creatore. Questo ha portato ad un intenso proliferare di movimenti creazionisti, in particolare in ambienti protestanti degli Stati Unit, i quali rifiutano ogni spiegazione evolutiva per aderire ad un’interpretazione letterale dell’Antico Testamento. Non intendendo partecipare a questa guerra tra fondamentalisti, abbiamo chiesto un commento a numerosi ricercatori e docenti universitari, attivi in diverse aree del campo scientifico. L’iniziativa è iniziata lunedì con le parole del matematico Luigi Borzacchini, ed è proseguita ieri con l’antropologo Fiorenzo Facchini.

 
 

Il prof. William Daniel Phillips è un fisico statunitense, vincitore nel 1997 (insieme a Steven Chu e Claude Cohen-Tannoudji) del premio Nobel per la fisica per «lo sviluppo di metodi per raffreddare e catturare gli atomi tramite laser». Oggi lavora presso i laboratori americani del National Institute of Standards and Technology. Egli ha cortesemente risposto così a due nostre domande, dopo averci avvertito di non essere «affatto un esperto nel campo del rapporto tra scienza e fede religiosa. E’ una domanda che mi interessa, anche se non sono un esperto»:

 

“Prof. Phillips, la teoria di Darwin può contraddire l’esistenza di un Creatore? C’è la possibilità, eventualmente, che possa contribuire alla riflessione teologico-filosofica?”
«Suppongo che qui il termine importante sia “possibilità”. Se si definisce un Creatore come un potere che ha prodotto la vita in tutte le sue forme con mezzi che sono al di fuori dei processi della Natura, allora, per definizione, la teoria dell’evoluzione contraddice quel tipo di Creatore, perché essa descrive le nostre forme di vita come derivanti da processi naturali. Dall’altra parte, se si pensa al Creatore come il potere che ha portato all’esistenza l’universo, con tutte le materie prime e le leggi naturali necessarie per creare, sostenere e sviluppare una grande varietà di forme di vita, allora non c’è contraddizione tra teoria evoluzionistica e l’esistenza di QUESTO tipo di Creatore».

“Professore, cosa ne pensa di queste giornate celebrative di Darwin? Perché, secondo lei, non accade lo stesso per altri celebri uomini di scienza?”
«Non sono d’accordo sul fatto che gli altri scienziati non abbiano ottenuto un’attenzione simile in occasione di anniversari appropriati. Nel 2005, ad esempio, abbiamo celebrato “l’Anno di Einstein” come “Anno Mondiale della Fisica”. Questo non è stato un anniversario della nascita di Einstein, ma piuttosto una ricorrenza dell’anno in cui egli ha pubblicato tre importanti opere che hanno cambiato per sempre la fisica. Einstein e Darwin hanno avuto effetti simili nei loro rispettivi campi -fisica e biologia-, e credo che entrambi hanno avuto un sacco di riconoscimento nei centenari».

 

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«Il matrimonio è tra uomo e donna», l’azienda gli dimezza lo stipendio

Se la libertà di parola è ancora un valore fondante della democrazia, è necessario ormai ammettere che alcuni siano più liberi di altri e che in molti farebbero meglio a tener nascoste le loro idee: il rischio minore è il suicidio sociale. Non parliamo di pericolosi assassini, ma di persone comuni, stimate per il loro lavoro e con moglie e figli. La loro colpa? Non essere d’accordo con la lobby degli attivisti omosessualisti e con il Moloch politicamente corretto che queste frange sono riuscite a crearsi intorno. Il caso più recente è quello di Adrian Smith e viene documentato dal quotidiano inglese “Daily Mail”: all’uomo, padre di due bambini, è stato decurtato il 40% dello stipendio per aver scritto sul suo profilo Facebook privato che il matrimonio è “fra uomo e donna”. Stranamente la vicenda è stata ripresa anche da altri organi di informazione, come The Telegraph e BBC.

Abbiamo già dato rilevanza a molti altri episodi del genere durante l’anno appena trascorso: le minacce di morte all’intellettuale laica Melanie Phillips, la quale ha osato criticare sempre, sul “Daily Mail”, i programmi educativi del governo che obbligano i bambini ad essere «bombardati dai riferimenti sugli omosessuali in ogni materia scolastica», le minacce di stupro verso la figlia del Senatore democratico Ruben Diaz Sr. che difendeva il matrimonio tradizionale, il violento agguato notturno al Sindaco di Madrid Alberto Gallardon, a sua moglie e ai suoi figli, perché aveva chiesto di diminuire il volume della musica durante il “Gay Pride”, le bottigliate contro la manifestazione pacifica di “American Society for the Defense of Tradition, Family and Property” a New York, l’aggressione ai fedeli durante la funzione domenicale a Milano ecc..

Tutti questi accadimenti sono opera di attivisti per i diritti degli omosessuali, cosa che nel senso comune di politically correct li proteggere dall’essere catalogati per quello che sono: criminali che gettano discredito sulle moltissime persone omosessuali discrete, rispettose delle opinioni degli altri e della legge, con il vile scopo del guadagno e della sopraffazione del diverso per un proprio Faustiano senso di soddisfazione personale. Il pestaggio, la minaccia fisica a persone o ai loro familiari e la decurtazione punitiva dello stipendio a causa di una semplice opinione espressa sono atteggiamenti che ricordano più il comportamento delle milizie fasciste o sovietiche che la semplice difesa dei propri diritti o l’espressione lecita delle proprie opinioni. Uno stato laico e democratico dovrebbe rispettare tutte le culture presenti, eppure chi osa criticare attira il marchio dell’omofobia, capace di togliere qualsiasi credito alle opinioni e alla dignità umana di chi le pronuncia, tanto che ogni violenza contro di lui appare giustificata.

Chi scrive è un cattolico etero amico sincero, anche in opposizione di vedute sul mondo, di ragazzi e ragazze omosessuali e bisessuali e può dire con sicurezza che le vere malattie sono l’intolleranza, la sopraffazione e la violenza. Nemmeno sostenere i diritti di una minoranza, che ha pur molto sofferto in passato, giustifica chi se ne lascia contagiare.

Marzio Morganti

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Virginia: ecografia obbligatoria per abortire, “si” alla decisione informata

Ancora restrizioni sull’aborto negli Stati Uniti: questa volta è il turno della Virginia, il cui Senato ha approvato un disegno di legge che richiede alle donne di effettuare un’ecografia prima di ogni aborto. Sebbene infatti i precedenti governi avessero respinto una simile legislazione, in quanto ciò avrebbe scoraggiato le donne ad abortire, oggi con un governo repubblicano aborto e altre disposizioni in materia sociale sono finalmente tornati alla ribalta.

Più precisamente tale disegno di legge esige che le donne si sottopongano all’ecografia affinché sia determinata l’età di gestazione del feto e sia data la possibilità di visualizzare le immagini del feto: la donna può rifiutarsi di guardare l’ecografia, ma per farlo deve però firmare una dichiarazione in cui dice che le è stata data questa opzione. Ad ogni modo è previsto l’obbligo da parte del medico di inserire l’immagine ecografica all’interno della sua cartella clinica. Contro questa legge si sono schierati i pro-choice, sostenendo che essa sottoporrebbe le donne a test inutili che invadono la loro privacy. Ad essi ha risposto la senatrice Jill Holtzman Vogel, una delle promotrici di questo disegno di legge, ricordando che la misura «non viola la decisione della donna, né la sua autonomia». Il governatore McDonnell ha dichiarato che tale disposizione «fornisce alle donne che intendono abortire un aiuto per poter prendere una decisione veramente informata».

Questo disegno di legge è solo il primo di numerose misure che saranno varate nell’anno in corso per modificare drasticamente la legge sull’aborto in Virginia: i prossimi provvedimenti prevedono infatti il divieto di aborto dopo la ventesima settimana di gravidanza e l’eliminazione dei sussidi statali per le donne che abortiscono a causa di gravi malformazioni fetali congenite. Lentamente l’attenzione si sta spostando finalmente sul diritto alla vita dell’essere umano, evidenziando che la libertà della donna termina quando inizia quella del non-ancora-nato.

Raffaele Marmo

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Darwin Day 2012, l’antropologo Facchini: «l’evoluzione è stimolo per la fede»

Proseguiamo nella celebrazione dell’anniversario di nascita del grande naturalista Charles Darwin (1809-1882), padre della teoria evolutiva delle specie animali e vegetali per selezione naturale. Ogni anno circoli di scettici, laicisti, neopositivisti e razionalisti sfruttano questa occasione per organizzare incontri e convegni in cui, oltre a ricordare il fondamentale contributo di Darwin al progresso scientifico, strumentalizzano la sua scoperta per trarre conclusioni filosofico-teologiche, in particolare tentando di negare l’esistenza di un Creatore. Questo ha generato per reazione un intenso proliferare di movimenti creazionisti, i quali si distaccano dalle evidenze scientifiche per affermare un’interpretazione letterale dell’Antico Testamento. Volendo distaccarci completamente da questi due tipi di approcci fondamentalisti, abbiamo chiesto un commento a numerosi ricercatori e docenti universitari, attivi in diverse aree del campo scientifico. L’iniziativa è iniziata ieri con le parole del matematico Luigi Borzacchini.

 
 

Il prof. Fiorenzo Facchini è antropologo, paleontologo e sacerdote cattolico, già docente presso l’Università di Bologna, che nel 2007 l’ha nominato professore emerito di Antropologia. È socio di numerose Società Scientifiche nazionali e internazionali e nel 2002 ha ottenuto il Premio internazionale “Fabio Frassetto” per l’Antropologia fisica, assegnato dall’Accademia dei Lincei. Ha all’attivo circa 400 pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali, ed è autore di libri divulgativi come “Le sfide dell’evoluzione: in armonia tra scienza e fede” (Jaca Book 2008). Egli ha cortesemente risposto così a due nostre domande:

 

“Prof. Facchini, la teoria di Darwin ha secondo lei la capacità di negare l’esistenza di un Creatore, così come insegnato dalla teologia cristiana? Può, eventualmente, contribuire in qualche modo alla riflessione teologica-filosofica?”
«La teoria scientifica di Darwin non solleva obiezioni e neppure può offrire delle prove sulla creazione. Che le specie viventi non siano da attribuire ad atti creativi di Dio, ma si siano formate per evoluzione a partire da forme di vita elementare volute dal Creatore, non fa problema. Lo ammette Darwin stesso nelle ultime pagine dela sua opera sulla origine delle specie. E’ però vero che alcuni, non pochi, seguaci di Darwin (scienziati e filosofi), utilizzano la teoria darwiniana per negare o mettere in ombra la creazione, ma in questo modo fanno una estensione indebita, un uso ideologico della scienza. Gould, grande scienziato darwinista e non credente, lo riconosce: si tratta di due magisteri indipendenti, quello della scienza e quello della religione. La teoria della evoluzione, (più che il darwinismo in senso stretto) costituisce uno stimolo ad approfondire il rapporto della realtà creata con il Creatore. Storicamente questo è avvenuto».

“Cosa ne pensa di queste giornate celebrative di Darwin? Perché, secondo lei, anche laddove non c’è particolare contrasto alla sua teoria, non accade lo stesso per altri celebri uomini di scienza?”
«Non ho l’impressione di una grande eco sulla stampa per la data ricordata (ma siamo ancora a tempo), a differenza delle celebrazioni del 2009. Mi chiedo se il particolare interesse per Darwin non possa essere favorito dalla ideologia con cui alcuni vogliono presentare l’evoluzione in contrapposzione alla creazione o, quanto meno, come spiegazione che rende superfluo qualunque riferimento alla creazione. E’ questa la posizione del naturalismo filosofico».

 

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Stati Uniti, documentata la cospirazione della Snap contro la chiesa

David Clohessy, presidente SNAP«Ecco come la SNAP, gli avvocati e i media cospirano contro la Chiesa Cattolica». Non lascia spazio a molte interpretazioni il titolo dell’articolo pubblicato su TheMediaReport.com. La SNAP è un’associazione che sostiene di voler difendere le vittime di abusi sessuali da parte di religiosi, anche se i suoi stessi responsabili sono stati incriminati per possesso di materiale pedo-pornografico. Nel 2011 ha presentato all’Aia un dossier con cui si chiede che Papa Benedetto XVI venga processato per crimini contro l’umanità. In questa pagina tutti i particolari della vicenda.

Nella recente notizia, firmata da Dave Pierre, scrittore e giornalista, vengono riportati i documenti dove emerge l’allarmante pratica per cui «il gruppo di pressione SNAP, avvocati querelanti ed i media cospirano contro la Chiesa Cattolica». La difesa dell’imputato, Padre Tierney, ha infatti richiesto alla corte di chiamare a deporre David Clohessy, leader del gruppo sopramenzionato, per aver attivamente concorso, assieme agli avvocati dell’accusa, alla «emissione di dichiarazioni stampa inerenti a processi che dovevano ancora essere pubblicamente presentati in tribunale», definendo l’imputato come “un predatore a piede libero” e violando l’obbligo di silenzio imposto dalla Corte.

Nella documentazione presentata alla Corte viene dichiarato che «l’imputato Padre Michael Tierney e la diocesi di Kansas City-St. Joseph sono stati diffamati nel comunicato pubblicato dalla SNAP» nel quale «ci si è riferiti a Padre Tierney come un “predatore” e “pedofilo” […]», un linguaggio del genere, non ha altre ragioni che quelle di «calunniare l’imputato nella pubblica opinione e in potenziali giurati – ergo compromettendo lo svolgimento di un giusto processo». Inoltre, non meno importante è il coinvolgimento dell’accusa, la quale «in violazione dell’ordine imposto dalla Corte circa la preclusione delle dichiarazioni extra-processuali, ha assistito la SNAP nell’emissione della nota che lede sia Padre Tierney che la diocesi».

Come fanno notare gli avvocati del sacerdote, «la SNAP non poteva essere al corrente dei dettagli sulle accuse di un processo che, al momento della pubblicazione del comunicato, non era stato ancora presentato in tribunale senza l’aiuto dell’accusa. Da ciò si conclude come questa e la SNAP abbiano lavorato in concerto per diffamare [il clero imputato] e la Diocesi sui media». A seguito della vicenda, il leader della lobby anticlericale è stato chiamato a deporre dalla Corte del Missouri – decisione peraltro confermata dalla Corte Suprema dello stato. La notizia è stata riportata anche da CatholicCulture.org. L’associazione è già finita al centro della cronaca recente per essersi rifiutata di presentare dei documenti con cui accusava un sacerdote.

Nicola Z.

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Messico: la rivolta dei cristeros all’oppressione massonico-laicista

Il Messico della prima metà del XX secolo ha visto susseguirsi tutta una serie di governi di ispirazione massonico-laicista costantemente preoccupati di ridurre al minimo la libertà religiosa dei cattolici. Ciò è avvenuto con una legislazione fortemente repressiva contro la Chiesa cattolica, che raggiunse il suo vertice con il governo del generale Plutarco Elías Calles (1877-1945). A questo “despota”, infatti, si deve l’avvio di tutta una serie di insopportabili angherie che causarono l’insorgere di una vera e propria “Vandea messicana”, disposta anche all’uso delle armi. Lo si descrive bene in un articolo su “La Bussola Quotidiana”.

Ben presto l’insurrezione messicana prese un nome: si chiamò “Cristiada”, praticamente una crociata, e i suoi sostenitori furono i “cristeros”. Venivano infatti così chiamati dai loro nemici, storpiando la dizione “Cristos Reyes”. L’insurrezione dei cristeros, esasperati da una legislazione oppressiva e dalla coercizione governativa a senso unico, iniziò nel 1926 e per tre anni, fino al 1929, si ritrovarono a fronteggiare un nemico ben armato di mezzi di distruzione sia fisici che morali. Il 21 giugno 1929 furono firmati gli Arreglos (accordi), che dichiararono l’immediato cessate il fuoco, il disarmo degli insorti e la garanzia per loro dell’immunità, anche se l’odio verso i cristiani non si fermò affatto.  Proprio recentemente sono usciti in merito due volumi: Dio, Patria e libertà! L’epopea dei Cristeros (Edizioni Art, Milano 2010), firmato dallo storico Alberto Leoni e Cristiada. Messico martire. Storia della persecuzione (Amicizia Cristiana 2012), di Luigi Ziliani, il quale nasce come conseguenza di un viaggio-pellegrinaggio effettuato dall’autore, un sacerdote cattolico italiano, in Messico nel 1928 e che fu testimone diretto dei tragici e sanguinosi eventi. Nel 2011 è anche uscito il film “Cristiada”, il quale dimostra che certi eventi nella storia umana non possono passare sotto silenzio, specialmente quando un popolo intero decide di dire basta a dei governanti che si arrogano il diritto di dare loro una presunta verità che rende liberi a patto di recidere la Verità che da secoli nutre e vivifica il popolo messicano: Cristo e la sua Chiesa.

Questa insurrezione – caso più unico che raro – venne citata dal magistero papale di Pio XI, il quale dedicò alla persecuzione anticattolica messicana quattro documenti magisteriali, di cui tre encicliche. Con esse condannò il nazionalsocialismo pagano, nonché il socialcomunismo materialistico e ateo, e ogni forma di repressione della libertà dell’uomo compiuta da apparati statali apertamente lontani da ogni giustizia degna di tale nome.  Avendo ben presente tutto questo, si capisce l’importanza della recente decisione della Camera dei deputati messicana, la quale ha approvato una riforma dell’articolo 24 della costituzione stabilendo così che ogni cittadino messicano avrà ora il «diritto di partecipare individualmente o in modo collettivo, sia in pubblico sia in privato, alle cerimonie, agli atti di devozione e agli atti di ciascun culto, purché non rappresentino un delitto o siano castigati dalla legge».

Salvatore Di Majo

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Darwin Day 2012, il matematico Borzacchini: «no all’uso antireligioso di Darwin»

Oggi si festeggia l’anniversario di nascita del grande naturalista Charles Darwin (1809-1882), padre della teoria evolutiva delle specie animali e vegetali per selezione naturale. Ogni anno circoli di scettici, laicisti, neopositivisti e razionalisti sfruttano questa occasione per organizzare incontri e convegni in cui, oltre a ricordare il fondamentale contributo di Darwin al progresso scientifico, strumentalizzano la sua scoperta per trarre conclusioni filosofico-teologiche, in particolare tentando di negare l’esistenza di un Creatore. Nel corso degli anni, questa indebita invasione di campo ha generato per reazione un intenso proliferare di movimenti creazionisti, sopratutto in ambienti evangelici, protestanti e islamici, i quali respingono completamente la teoria evolutiva aderendo -indebitamente, a loro volta- ad una interpretazione letterale dell’Antico Testamento.  Volendo distaccarci completamente da questi due tipi di approcci fondamentalisti, abbiamo contattato numerosi ricercatori e docenti universitari, attivi in diverse aree del campo scientifico, domandando a loro un breve commento su tutto questo. Per una settimana, a partire da oggi, pubblicheremo le risposte che abbiamo ricevuto.

 
 

Il prof. Luigi Borzacchini è docente di Logica matematica e di Storia della Matematica presso l’Università di Bari, autore di numerosi saggi di combinatoria e di storia e filosofia della matematica, recensore di Zentralblatt MATH e già Associate Editor del “Journal of Interdisciplinary Mathematics”. Egli ha cortesemente risposto così a due nostre domande:

 

“Prof. Borzacchini, la teoria di Darwin ha secondo lei la capacità di negare l’esistenza di un Creatore, così come insegnato dalla teologia cristiana? Può, eventualmente, contribuire in qualche modo alla riflessione teologico-filosofica?”
«La scienza non può mai negare il fatto che l’uomo è naturalmente religioso, anche quando si crede ateo. In particolare questo è ancor più impossibile quando la religione in questione è il Cristianesimo che della scienza moderna è stato la culla. La scienza può però attenuare certi aspetti della tradizione religiosa, anche talora contenuti negli stessi testi sacri, legati agli aspetti etnologici, antropologici, culturali in senso lato delle istituzioni religiose. Tanto per fare un esempio banale, pensiamo all’idea che il sole gira intorno alla terra basata sul testo di Giosuè. In realtà l’esatta esposizione scientifica dei fenomeni è letteralmente ‘indicibile’ nel linguaggio comune (terra e sole girano intorno al comune centro di massa collocato sulla congiungente i centri di massa dei due corpi…, etc.), e quindi era letteralmente ‘indicibile’ nella Bibbia. E anche riguardo la Creazione, come esprimere il bosone di Higgs senza la meccanica quantistica e in linguaggio biblico? E d’altra parte è possibile raccontare in mille modi l’amore di Dio per le Sue creature anche pensando a “Lucy” come nostra antica antenata.

Sono tuttavia poco incline a mischiare dottrine religiose e dottrine scientifiche in un calderone teologico-filosofico. Lo ritengo un difetto di origine tomista (san Tommaso mi perdoni, ma sono passati quasi otto secoli dalla sua filosofia!), legato ad una concezione puramente empirista della scienza, in cui quest’ultima è solo osservazione del Creato. Preferisco invece pensare a religione e scienza come due punti di vista diversi, anche se collegati nel profondo della formazione della civiltà europea. Una sorta di visione binoculare in cui la distinzione dei punti di vista è una grande ricchezza, mentre cercare di trovarne una coincidenza porta solo allo strabismo».

 

“Professore, cosa ne pensa di queste giornate celebrative di Darwin? Perché, secondo lei, anche laddove non c’è particolare contrasto alla sua teoria, non accade lo stesso per altri celebri uomini di scienza?”
«Qui la questione vera è l’uso antireligioso che un certo laicismo estremo fa della scienza. Lo ritengo sbagliato, soprattutto poichè le radici della scienza moderna sono tutte dentro la cultura cristiana; ma magari un po’ giustificato dalla resistenza antiscientifica frequentemente diffusa nel mondo religioso: se gli Evangelici attaccano in USA l’insegnamento dell’evoluzionismo, noi evoluzionisti attacchiamo la religione cristiana…. E’ qualcosa che finisce col distorcere anche la diffusione della cultura scientifica, in quanto certe teorie ‘laiche’ come il darwinismo vengono molto pubblicizzate a livello di massa, mentre altre più ‘neutre’ (ad esempio matematiche o logiche) vengono lasciate ai soli specialisti.

Preferirei toni più pacati, ma queste iniziative non mi indignano o preoccupano più di tanto. E’ un po’ come il “Gay Pride”: c’è solo un clima litigioso ed un mancato sforzo di reciproca comprensione a confondere questioni che invece andrebbero discusse con calma, intelligenza, cultura e, aggiungerei, spirito evangelico».

 

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Beda Romano (e padre) in un banale libro «contro» la Chiesa

“La Chiesa contro”. Il nuovo libro di Beda Romano, con la collaborazione del padre Sergio, è un flop editoriale. Stroncato dalla critica e divulgatore di luoghi comuni sul paradisiaco progressismo bioetico.

 
 
 

Il giornalista Beda Romano non era ancora sufficientemente “lanciato” sulla stampa, così il papà Sergio ha voluto dargli una spinta.

Quale modo migliore per diventare famosi se non quello di parlare (possibilmente male) della Chiesa cattolica?

Nasce così “La Chiesa contro” (Longanesi 2012) della premiata ditta Romano & Romano, il cui intento dichiarato, e poco originale, è quello di dimostrare come in Italia «la Chiesa non rinuncia a fare battaglie più intransigenti e inflessibili di quelle che è in grado di fare altrove; e può soprattutto contare su una classe politica più debole e opportunista di quella con cui deve trattare in altri paesi dell’Europa cristiana».

 

“La Chiesa contro”: le banalità di Beda Romano.

Il volume si divide in due parti, la prima è di papà Sergio, diplomatico e storico, il quale descrive la storia politica sul ruolo e sull’incidenza della Chiesa negli ultimi tre secoli e mezzo. La seconda parte è di Beda, nella quale si confronta la rivoluzione bioetica e sessuale presente in altre città europee rispetto a quelle italiane.

Beda non si sofferma certo a considerare le conseguenze negative di queste aperture progressiste, ma si limita a dare per scontato che gli altri (quelli scelti da lui, ovviamente) hanno ragione a priori. Certamente non rivela che a Copenaghen è nata una fortissima spinta eugenetica per eliminare i “difettosi”, ovvero gli affetti da sindrome di Down.

Non dice che a Lisbona, anche a causa di politiche fortemente progressiste, José Sócrates è stato costretto a dimettersi e oggi è considerato uno dei più disastrosi primi ministri della storia recente del Paese.

Lo stesso è accaduto in Spagna con Zapatero, tant’è che il nuovo premier ha subito annunciato (come promesso in campagna elettorale) forme restrittive all’aborto e l’eliminazione dell’ora di educazione sessuale nelle scuole.

Beda Romano tace anche sulla profonda crisi morale che ha colpito il Paese europeo più progressista, il Regno Unito, la cui evidenza è apparsa al mondo nei recenti scontri di Londra. Forme di razzismo aumentano continuamente, la Commissione britannica per l’eguaglianza e per i diritti umani riconosce che i cristiani sono il gruppo più continuamente discriminato, c’è maggiore tolleranza per il sesso con minorenni e atteggiamenti illeciti, il primo ministro, David Cameron, vede quindi il «bisogno più che mai di costruire una cultura di responsabilità sociale e sviluppare comunità forti ed efficaci mentre affrontiamo la difficile crisi economica», sostenendo che «il messaggio del Pontefice è rilevante oggi quanto un anno fa».

La laicissima Francia detiene uno dei tassi di suicidio più alti: 11 mila ogni anno, contro i 4.000 italiani (il numero di abitanti è simile), il modello svedese oggi è tra i peggiori che si possano pensare, con il 60% dei divorzi con conseguente crescita del tasso di solitudine e delle varie psicopatologie (figli che crescono con finti genitori…), e così via.

Tutto viene taciuto in nome dell’erba del vicino è sempre più verde.

 

Il libro di Beda Romano stroncato dagli studiosi.

Un saggio poco significativo per il direttore de “Il Foglio”, Giuliano Ferrara, il quale si chiede perché papà e figlio Romano abbiano illustrato dettagliatamente la situazione europea senza esprimere un’opinione di giudizio in merito.

Questo «non aiuta a cercare risposte di alcun tipo ad alcuna domanda». Il saggio «ci spiega che la chiesa cattolica è contro certe cose, che le cose vanno avanti lo stesso, con un’eccezione che riguarda l’Italia. Immortali prototipi del conformismo scientista».

Molto interessante la recensione di Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea presso “La Sapienza” di Roma, per la quale si notano «superficialità delle fonti (sia storiche sia bioetiche) e imprecisione delle notizie».

Rispetto alla mancata modernizzazione italiana a causa della Controriforma, Scaraffia dice: «Un altro luogo comune che la ricerca storica, negli ultimi decenni, ha ampiamente confutato». Davvero condivisibile la sua opinione circa la continua aggressione alla Chiesa cattolica: essa infatti è «l’unica istituzione mondiale che osa esprimere un giudizio critico su una tendenza “progressista” volutamente superficiale, l’unica che osa denunciare le possibili conseguenze negative di queste innovazioni. Che osa, in sostanza, stimolare una discussione, far riflettere e chiedere risposte vere. Ed è curioso che proprio per questo suo essere libera e pensante — su alcuni temi l’unica voce critica che può farsi sentire in tutto il mondo — sia tacciata di oscurantismo e di incapacità nell’affrontare la modernità».

Lavoro deludente anche per Assuntina Morresi, professore associato di Chimica fisica all’Università di Perugia e membro del Comitato di Bioetica, la quale evidenzia alcuni errori e «incresciose sviste», per le quali sarebbe bastata una ricerca su Google.

Si dice perplessa per «l’approssimazione di tanti passaggi» e «errori grossolani, insieme a incredibili omissioni» i quali «fanno pensare più che altro a pregiudizi consolidati nei due autori, che non si sono neppure dati la pena di verificare davvero quello che già pensavano, prima di mettere nero su bianco». «Da firme prestigiose», conclude la Morresi, «ci saremmo aspettati più correttezza».

La redazione

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Il filosofo Hadjadj: «ci si affida al Mercato per distrarsi dal non senso della vita»

Il filosofo Fabrice Hadjadj riesce sempre a dire cose estremamente interessanti. Neo convertito, è considerato l’astro nascente del cattolicesimo francese ed è valorizzato a livello internazionale, anche al fuori del suo campo. Lo si capisce dall’apprezzamento del celebre matematico Lafforgue, medaglia Fields 2002: «Non ho mai letto o sentito una frase da lui che mi abbia dato la sensazione di essere stato scritta o parlata nel vuoto. Le sue pagine spesso mi stupiscono, mi prendono in contropiede e nonostante questo, nel leggerli, ne riconosco l’esattezza e la verità. Nessuno scrittore contemporaneo di lingua francese mi interessa più di lui»

Il quotidiano “Avvenire” lo ha intervistato in merito alla attuale crisi economica, tematica interessante per un ex marxista ed ex nicciano come lui. Inizia sfatando l’accusa di Marx secondo cui il cristianesimo guardi all’Aldilà trascurando l’Aldiqua, alienando così l’uomo: «L’accusa di Marx (e la cosa è decisamente divertente) in realtà si rivolta contro la Rivoluzione comunista e contro ogni pratica elettoralistica della politica. La Rivoluzione, è noto, diceva all’uomo: “Tu devi soffrire per la costruzione della società futura”. Essa parlava del “sol dell’avvenire” e dunque, visto che pretendeva di far scendere la giustizia sulla terra, alimentava anche una certa speranza dell’Aldilà, dal momento che questa giustizia non era per oggi, ma per il domani». Tuttavia, l’Aldilà per il cristiano, spiega, «non è né per il domani né altrove, ma per il qui e ora: “Il Regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc 17,21). Questo significa che il vero Aldilà non è in un’altra epoca o in un altro luogo. Esso è al di là dello spazio e del tempo: riguarda l’eterno, l’immenso, la sorgente zampillante che tocca ogni luogo e ogni istante. Ecco perché il cristiano è presente nel mondo in modo così potente. Egli vuole scegliere il mondo alla sua sorgente. Desidera intensificare la sua presenza respingendo il male che ci rende assenti gli uni agli altri. Il cristiano si sforza, a partire da Colui che dona l’esistenza, di preservare, custodire ed elevare tutto ciò che esiste».

Entrando nel merito della crisi economica, essa non si può separare dalla crisi morale «dal momento che l’economia, ovvero la produzione e la ripartizione della ricchezza, è un’attività dell’uomo e tocca direttamente il suo giudizio etico: essa interroga la persona sull’importanza delle ricchezze materiali nella sua vita sociale». L’uomo secolarizzato, «dal momento che non ha più una speranza nel Cielo, mette la propria speranza nel Mercato: tocca a quest’ultimo offrire tutto quello che potrà di-vertirlo dalla sua angoscia attraverso quei prodotti che si presentano come benefici. Il Mercato è a garanzia di un nuovo al di là: esso non cessa di promettere per domani i prodotti che vi renderanno felici. Voilà: l’i-phone 4, poi 5, poi 6; alè, nuove stagioni di fiction televisive; ancora: l’ultima crema anti-rughe. Gli uomini, pagando, vogliono dimenticare che la vita non ha un senso. E si comportano come se giocassero a un casinò con la speranza di far saltare il banco». Eliminato Dio, l’uomo è in continua ricerca di tanti piccoli diversivi che lo aiutino a sopportare la realtà.

«La verità», conclude il filosofo francese, «è che se la nostra vita non ha un senso, noi finiamo per lavorare come bruti e consumiamo all’inverosimile per dimenticare di tirarci una pallottola in testa. La speranza di diventare un docile schiavo del sistema non è una speranza: questo ottimismo di bassa lega corrisponde alla disperazione più profonda. In verità, ormai da mezzo secolo ci troviamo in una disperazione alla quale non osiamo dare un nome. Ora che questo castello di carte è caduto, ce ne dobbiamo lamentare? L’illusione è finita. Ma per noi ora si apre la possibilità di costruire qualcosa sulla vera roccia».

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Il giurista ebreo Joseph Weiler: «fondamentali le radici cristiane dell’Europa»

Alla Biblioteca Nazionale di Parigi, specchio della cultura occidentale, la voce “Gesù Cristo” è seconda per numero di schede. La prima, significativamente, è “Dieu” (“Dio”). Questo dovrebbe già essere significativo sul valore del cristianesimo nella nostra cultura. D’altra parte è tranquillamente riconosciuto anche da noti non credenti, come il filosofo francese, André Comte-Sponville, già docente della Sorbona, editorialista dei principali quotidiani francese ed auto-dichiaratosi materialista, razionalista e umanista.

Recentemente il Senato italiano ha approvato una mozione di maggioranza sulla politica europea dell’Italia, introducendo anche un emendamento della Lega con il riferimento alle radici giudaico-cristiane. A favore hanno votato Pdl, Lega e Terzo Polo, contrari Pd e Italia dei Valori. Radio Vaticana ha intervistato in proposito l’ebreo Joseph Weiler, prestigioso docente di diritto europeo alla New York University, il quale commenta: «Questa dovrebbe essere la normale amministrazione. Riflette una realtà storico-culturale che tutti conoscono: le radici della civilizzazione europea sono Atene e Gerusalemme. Quello che è strano è che ci sia qualcuno che resiste, che vuole negare, che trova scandaloso il menzionare questo. Se per esempio qualcuno avesse detto che le radici dell’Europa sono greco-romane, nessuno avrebbe fatto obbiezione perché è chiaro che è così. Nessuno avrebbe obiettato: “questo è esclusivo perché non menziona – non lo so – i persiani o gli indiani”. Quando invece si parla della tradizione giudaico-cristiana, c’è qualcuno che protesta ma, in realtà, è altrettanto normale. Si tratta di un assetto storico-culturale: questa è l’Europa. Quindi per me siamo nella normalità: ora, almeno in Italia, siamo in una posizione sana. Nessuno, né i laici, né le persone che non sono della tradizione giudaico-cristiana, deve protestare, perché questa è l’Europa».

Gli stessi fondatori dell’Europa, «De Gasperi, Adenauer – tutti credenti e cattolici – non avevano soltanto una visione economica, ma avevano anche una visione spirituale sull’ampiezza della condizione umana. Lo stesso Monnet ha detto che l’Europa non è soltanto una coalizione fra Stati ma un’unione fra uomini. L’assetto spirituale e morale dell’Europa, specialmente in un momento di crisi, è sempre più importante […]. E’ giusto menzionare le radici spirituali giudaico-cristiane ma anche ricordare che non ci sono solo quelle giudaico-cristiane, abbiamo anche preso molto da Atene e dall’illuminismo. Ma in questo momento è importante ricordare che servono la carità, la grazia: anche questo fa parte dell’assetto della civilizzazione europea».

In particolare, a livello dei diritti, ebraismo e cristianesimo le cose importanti che hanno portato sono «che il mondo in cui viviamo non è soltanto materiale, il “telos” dell’uomo non è soltanto il guadagno, il profitto personale; quindi, che dare è importante quanto prendere. Non ci sono soltanto i diritti che sono comunque molto importanti – la storia dei diritti fondamentali, i diritti dell’uomo – ma l’assetto giudaico-cristiano fa pensare anche ai doveri fondamentali dell’individuo verso la società [..]. Questo è un contributo importante del pensiero giudaico-cristiano nella nostra civilizzazione: la responsabilità degli uni verso gli altri, non soltanto il diritto, ma anche la solidarietà. In questo momento di crisi bisognerebbe pensare a quali sono i miei doveri verso gli altri, non i miei diritti verso gli altri»

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