Alcune piccole e “fastidiose” conversioni cattoliche

Fortunatamente sono tante le persone che ogni anno trovano o ritrovano la strada della fede, e -come disse Gesù- «ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,1-10).

Ma parlare di conversioni cattoliche è sempre fastidioso per alcuni, il motivo lo ha spiegato molto bene lo scrittore Manlio Cancogni, anche lui convertito, in un’intervista del 2005«per lungo tempo la religione per me è stata un insieme confuso di ricordi, pensieri e emozioni contrastanti dai quali tutto sommato preferivo stare lontano. Una tranquilla indifferenza mi sembrava la soluzione migliore, la stessa indifferenza che condividevo con i miei amici da giovane, tutti laici o addirittura apertamente anticlericali. Poi quando la fede è diventata per me un argomento centrale, molti dei miei amici non c’erano più, e con quelli rimasti ho finito per non parlare di questo argomento. Oggi mi ritengo un cattolico osservante: la fede si vive con la pratica, ogni giorno, non è un sentimento individuale, ha bisogno di un corpo cioè della Chiesa. E in questo senso ho capito solo dopo la mia conversione quanto la cultura italiana sia profondamente anticattolica. Anche se non in maniera clamorosa, esiste una ghettizzazione del credente, soprattutto dell’intellettuale cattolico che è escluso, guardato con sospetto, magari deriso. Oggi ci si può convertire al buddismo o frequentare sette di occultisti, ma dirsi cattolici è quasi scandaloso. Non c’è odio antireligioso, questo no; ma c’è molto fastidio, e lo sento».

Sui mass-media internazionali c’è più spazio per storie di conversioni, sopratutto quelle più curiose, come la vita dell’ex fidanzata del primo ministro inglese David Cameron, che da poco è diventata una delle 36 suore di clausura di un monastero benedettino negli Stati Uniti. Il suo nome è Laura Adshead e potrebbe essere stata la First Lady britannica, era una manager a Manhattan della Ogilvy & Mather, poi -dopo la rottura del fidanzamento con Cameron- è caduta nella tossicodipendenza e nell’alcool prima di convertirsi e decidere a 44 anni di dedicare la vita a Dio e al mondo.

Il rettore dell’Università cattolica ucraina, Myroslav Marynovych, ha avuto una conversione ancora più drammatica. Lo ha raccontato nella sua  recente partecipazione ad EncuentroMadrid.  evento spagnolo organizzato dal movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione. Myroslav htrascorso 7 anni in un campo di lavoro comunista in Kazakistan. Era ateo e scettico, anche se stranamente rispetto per le persone religiose, forse perché nipote di un sacerdote e cresciuto in una famiglia religiosa.  Questo tipo di educazione lo ha portato anche a dissentire dei metodi comunisti, tanto da divenire un nemico del partito fondando il “Gruppo di Helsinki”, ovvero i dissidenti in Ucraina. In carcere ha trovato la fede cristiana, anche grazie ad un’esperienza mistica, dopo la quale ha cominciato a combattere per il diritto a portare una piccola croce sul suo vestito da carcerario (ottenuto dopo 15 giorni di isolamento). 

Le storie sono tante, come quella di Fabio McNamara, icona della movida di Madrid, ma anche quella di Lilian Kirsten, docente universitario di matematica che dice: «a 47 ho capito che Dio esisteva. Dovendo affrontare quel cambiamento non è stato facile». Da estimatore di Che Guevara è passato alla devozione di da San Josemaría, fondatore dell’Opus Dei, dallo scetticismo ateo (come suo marito e tutti i suoi amici) all’apertura al cattolicesimo. Fr. Dwight Longnecker è invece un ex ministro anglicano, tornato di recente nella Chiesa Cattolica assieme a centinaia di altri sacerdoti e migliaia di fedeli. Ha avuto i primi ripensamenti visitando alcuni monasteri benedettini, ha raccontato, i quali «mi misero in contatto con radici di fede che erano più profonde e più concrete di quanto avessi immaginato che potesse esistere». La scoperta di questa profondità lo ha portato ad una lettura differente della Bibbia, le sue idee sono state cambiate e ha continuato a vivere la separazione formale tra cattolicesimo e anglicanesimo concependo quest’ultimo «come un ramo della Chiesa cattolica, ho pregato molto per una nostra eventuale ri-unificazione», fino a ritornare definitivamente “a casa”.  Proprio recentemente undici comunità anglicane canadesi sono rientrate nella Chiesa Cattolica.

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I metodi naturali per una sessualità davvero responsabile

In tema di sessualità, la proposta della Chiesa non è soltanto un sano autocontrollo del proprio corpo, ma anche l’utilizzo dei metodi naturali, proprio finalizzati a salvaguardare la vita e perseguire una vera sessualità responsabile e rispettosa.

L’approfondimento della conoscenza di tutto questo è l’obiettivo del Corso di aggiornamento “Regolazione naturale della fertilità e salute della donna: valore scientifico, umano e sociale dei metodi naturali”, riservato a medici, ostetriche, infermieri, psicologi, biologi, farmacisti, fisioterapisti, educatori professionali, promosso dal Centro Studi per la Regolazione Naturale della Fertilità (RNF) dell’Università Cattolica di Roma e dall’Istituto Scientifico Internazionale Paolo VI (ISI).

«I moderni metodi naturali», – ha spiegato la coordinatrice del Corso, Aurora Saporosi, del Centro Studi per la RNF della Cattolica di Roma, «ancora oggi poco conosciuti e valorizzati, sono in grado di svolgere un importante ruolo nella prevenzione e nella tutela della salute della donna e della vita nascente. Ciò è possibile, sia dal punto di vista biologico, attraverso la loro à diagnostica, sia attraverso la educativa che i metodi naturali possiedono e trasmettono, proponendosi come stile di vita positivo e responsabilizzante nell’esercizio della sessualità». Oggi, grazie al progresso tecnologico, con un uso corretto essi hanno un’efficacia tra il 95% e il 99,7% per monitorare i momenti di fertilità e infertilità. Qui per avere maggiori informazioni, le iscrizioni dovranno pervenire entro giovedì 24 maggio 2012.

Purtroppo anche su questo argomento il pensiero della Chiesa è (volutamente) completamente equivocato, come ha detto Giovanni Paolo II: «il pensiero cattolico è sovente equivocato, come se la Chiesa sostenesse un’ideologia della fecondità ad oltranza, spingendo i coniugi a procreare senza alcun discernimento e alcuna progettualità. Ma basta un’attenta lettura dei pronunciamenti del Magistero per constatare che non è così». Nessuno ha mai parlato di sessualità, dono di Dio, solo per la procreazione.

«In realtà», ha continuato papa Wojtyla, «nella generazione della vita, gli sposi realizzano una delle dimensioni più alte della loro vocazione: sono collaboratori di Dio. Proprio per questo sono tenuti ad un atteggiamento estremamente responsabile. Nel prendere la decisione di generare o di non generare gli sposi devono lasciarsi ispirare non dall’egoismo né dalla leggerezza ma da una generosità prudente e consapevole, che valuta le possibilità e le circostanze, e soprattutto che sa porre al centro il bene stesso del nascituro. Quando dunque si ha motivo per non procreare [motivi medici, eugenetici, economici e sociali, nda] questa scelta è lecita, e potrebbe persino essere doverosa. Resta però anche il dovere di realizzarla con criteri e metodi che rispettino la verità totale dell’incontro coniugale nella sua dimensione unitiva e procreativa, quale è sapientamente regolata dalla natura stessa nei suoi ritmi biologici. Essi possono essere assecondati e valorizzati, ma non violentati con artificiali interventi».

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La fede presente anche nei vips

Il noto attore e conduttore televisivo Flavio Insinna, che dall’inizio di questo mese conduce un nuovo programma su Canale 5 dopo la morte del padre, che lo ha tenuto lontano dalle telecamere per un anno, ha commentato ad “Avvenire” la sua rinascita dalla depressione: «Quando mio padre è morto so­no rimasto settimane sdraiato per terra a guardare il soffitto, ero scarmigliato e ingrassato. Il dolore resta, ma la fede mi ha aiutato», ha spiegato. «Davanti a una prova come la morte, la fede può vacillare. Ho un rosario sempre in tasca, regalatomi da un amico sacerdote. E sono riuscito a resi­stere. Ho cercato disperatamente di non sen­tirmi tradito, se no avrei avuto la sensazione di avere perso una partita due volte. Se pen­sassi di essere tradito dalla mia luce più for­te che è la mia fede cattolica, sarei nel deser­to. Nel Padre Nostro diciamo “sia fatta la tua volontà”: e io mi piego, sbando, però mi sfor­zo di restare appigliato con testardaggine».

Anche la poco simpatica (questione di gusti) Luciana Littizzetto ha avuto modo recentemente di parlare di sé e del suo privato: «Penso che l’unico senso della vita sia scritto nel Vangelo, che contiene il messaggio più forte e moderno che ci sia. Ma dipende da chi te lo racconta. Modernizzarsi non vuol dire avere un profilo Twitter o mettere le omelie su Internet: la modernità sta nell’essere accoglienti rispetto ai dolori del mondo». Non solo, modernizzarsi significa paradossalmente affondare ancora di più le radici nella Tradizione cristiana, senza piegarsi allo svarione progressista, come invece lei fa (e invita a fare). Peccato comunque che il fazioso quotidiano Libero abbia subito strumentalizzato questa riflessione della conduttrice.

Il celebre soprano spagnolo Montserrat Caballe ha cantato presso la Sagrada Familia di Barcellona a conclusione del Cortile dei Gentili. Per l’occasione ha rilasciato un’intervista in cui ha spiegato: «Sono stata fortunato ad avere una grande fede, perché i miei genitori erano devoti e così l’hanno passata a me. Ma questa convinzione è radicata nella mia esperienza personale, e in particolare in un momento che ricordo con grande emozione: in uno dei miei viaggi sono andata a pregare in una chiesa ortodossa, ho ritenuto di dovermi scusare alla Madre di Dio perché non ero in una chiesa cattolica. Ma ho sentito una voce che diceva: “Tutto è la mia casa”. Ero pietrificata, ero pallida». La soprano spiega la forte emozione nel cantare opere religiose, specialmente se «in una cattedrale o nella Sala Nervi in Vaticano. E’ quasi come sperimentare la profondità del dolore della Madre di Dio. La fede ti dà così tanto! L’arte e la bellezza sono una via privilegiata per andare vicino a Dio».

Pochi giorni fa l’Atletico Madrid ha vinto la Europa League (ex Coppa Uefa) battendo l’Altetic Bilbao per 3-0, con due gol dell’attaccante Radamel Falcao. Alla fine dell’incontro Falcao ha tolto la maglietta mostrando una frase del Vangelo «Credi, tu Vedrai la gloria di Dio». Alla fine del match ha detto in un’intervista«Grazie a Dio per questo dono. Sono grato ai miei compagni di squadra e allo staff tecnico. Dedico la vittoria a Dio, a mia moglie, alla mia famiglia e a tutti gli appassionati dell’Atletico».

Restando nel mondo calcistico, il celebre calciatore tedesco Franz Beckenbauer  ha scritto (oltre a decine di altri sportivi e uomini noti tedeschi) un contributo per il libro-omaggio a Papa Benedetto XVI per il suo 85esimo compleanno. In un suo articolo recente sull’Osservatore Romano ha raccontato dell’incontro avuto con lui, in udienza priva nel 2005: «È difficile descrivere un momento simile. Il carisma che emana quest’uomo, la sua serenità interiore e la sua dignità, la sua cordialità: tutto ciò mi ha profondamente impressionato. Ho conosciuto tanti personaggi importanti, ma questo incontro è stato qualcosa di speciale, certamente uno dei momenti più commoventi della mia vita che non dimenticherò mai […]. Nel corso del breve colloquio consegnai a Papa Benedetto XVI il gagliardetto ufficiale dei mondiali Fifa 2006. Ringraziò e fece gli auguri a noi e alla nazionale per i mondiali giocati in patria, che è anche la sua patria. E poi disse: “Guarderò molte partite in televisione”. Del momento della consegna del gagliardetto esiste una foto che ci mostra tutti e due, Papa Benedetto XVI e me. Oggi, quando viaggio, porto sempre con me questa foto. È in cima a tutto nella valigia. L’incontro con Benedetto XVI ha cambiato qualcosa nella mia vita. Da allora vado di nuovo più spesso in chiesa. Quando, poco dopo i mondiali, il Papa è venuto in Germania, ho letto tutti i discorsi che ha tenuto durante la sua visita. In questi continuava a ripetere: “Andate in Chiesa e testimoniate”. Sono parole che ho preso a cuore».

Queste persone sono al centro della vita pubblica, mediatica, persone stimate ed emulate. E’ importante che questo sia il loro approccio -chi più chi meno- alla vita, anche loro sono chiamati -come dice Beckenbauer citando il Papa- ad essere testimoni di quel che davvero conta, al di là dell’effimero successo mediatico. Questo è lo spunto che ha portato alla pubblicazione del libro “Anche loro, inquieti cercatori” (Messaggero editore 2012) di Vito Magno, ovvero una raccolta di oltre cento interviste a uomini e donne del mondo della cultura, dello spettacolo e della religione.

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Mario Melazzini e quei soldi sprecati per il film su Eluana

La Film Commission del Friuli Venezia Giulia ha accordato il finanziamento di 150 mila euro (il massimo possibile) ad un film ispirato alla triste vicenda di Eluana Englaro, la donna soppressa in base a ricostruzioni poco attendibili di presunte affermazioni fatte di sfuggita decenni prima, di cui diceva di aver memoria il padre Beppino, che allora affermavaQuando Eluana sarà morta, tacerò” mentre oggi è militante del partito radicale e insegna nelle scuole il “diritto di morire”. La migliore amica di Eluana (e la sua docente di lettere) ha però smentito il padre, affermando che per 5 anni di liceo non le ha mai sentito dire nulla del genere.

Pietro Crisafulli (fratello di Salvatore che nel 2005 si risvegliò dopo due anni di stato vegetativo) ha invece rivelato la sua amicizia con il padre di Eluana dal 2005 e dato che entrambi erano favorevoli all’eutanasia (Pietro cambiò idea nel tempo) Beppino si confidò con lui una sera a cena in un ristorante, in una piazza di Lecco, dicendogli che si era inventato tutto circa le volontà della figlia, perché non ce la faceva più a vederla ridotta in quelle condizioni (cioè amata e curata da alcune suore). Voleva combattere fino in fondo in modo che fosse fatta la legge del testamento biologico e  i radicali lo avrebbero aiutato in questo.

Tornando al film, il regista è Marco Bellocchio, ex militante di Unione Comunisti Italiani, un gruppo d’ispirazione maoista, firmatario del manifesto contro il commissario Luigi Calabresi (definito “torturatore”), dal 2006 militante nel partito radicale cioè lo stesso partito politico che ha strumentalizzato la vita di Eluana facendola diventare il grimaldello per l’introduzione dell’eutanasia in Italia.

Amarezza per questo uso di denaro è stata espressa da molti, come da Mario Melazzini presidente nazionale dell’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica): «ancora una volta una persona, un essere umano, diventa strumento di una ideologia». Il finanziamento di questo film «mi ha molto colpito e amareggiato […] cosa sarebbe possibile fare con 150mila euro per dare assistenza a queste persone e alle loro famiglie?». Occorre partire, continua il dott. Melazzini, «dal presupposto che non esiste una condizione particolare per cui una vita non sia degna di essere vissuta», lo dice lui, in veste di medico a contatto quotidiano con famiglie e in veste di malato, essendo sulla sedia a rotelle affetto da sclerosi multipla. «Ogni scelta», continua, «deve essere una scelta di vita; e questo a maggior ragione nella congiuntura economica attuale in cui le risorse sono sempre più scarse e i tagli del welfare all’ordine del giorno. Per questo la concessione del finanziamento di 150mila euro richiesti dalla società cinematografica è un fatto grave e sottende una decisione che mina alla radice la possibilità di affermare, sempre e comunque, il valore della vita in tutte le sue espressioni; tra l’altro, la natura ideologica della scelta traspare anche nella decisione di concedere il massimo finanziamento possibile. Utilizzare queste risorse per migliorare l’assistenza socio sanitaria dei pazienti in stato vegetativo e delle loro famiglie sarebbe stata certamente una scelta controcorrente in una società che continua a smarrire il senso del proprio essere».

Con 150mila euro ben 25 famiglie potrebbero ricevere per un anno un contributo mensile di 500 euro. Ma alle istituzioni non interessa nulla.  «Non disperdiamo le risorse», chiede Melazzini, «promuoviamo la cultura della vita e della speranza».

 
AGGIORNAMENTO ORE 18:30
Alcune agenzie di stampa informano che una variazione di bilancio della Regione Friuli Venezia Giulia avrebbe cancellato i finanziamenti di alcune produzioni cinematografiche, tra cui il film di Bellocchio. «Ci sono cose più importanti che finanziare film in questo momento e qui mi fermo», ha commentato Renzo Tondo, presidente della regione, a cui va il nostro plauso.

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L’economista Cowen: «poche nascite, questo è il problema dell’Italia»

Tra le varie attività estreme del Partito Radicale, oltre alla liberalizzazione della droga, dalla cocaina alla cannabis (nel 1984 Marco Pannella auspicava che la droga «si potesse trovare al self-service» perché così «la cocaina sarebbe doc, l’eroina anche», mentre un anno fa i Radicali  si autoelogiavano dicendo che dicendo di essere «l’unica forza politica che da trentacinque anni, dalla prima canna fumata da Marco Pannella davanti alle forze di polizia, tenta di porre nell’agenda politica la questione della legalizzazione di tutte le droghe»), essi propongono anche il cosiddetto “rientro dolce”, ovvero la riduzione volontaria della natalità.

In una lettera a Beppe Grillo del febbraio 2006, Marco Pannella esaltava la politica cinese del “figlio unico”, dove alle donne in gravidanza del secondo figlio viene praticato l’aborto forzato, con tanto di multa e carcere: «Se il nazicomunismo cinese non avesse stabilito da generazioni di nazisticamente impedire la natalità, sterminando con la forza dello Stato feti e neonati, e genitori “colpevoli”, a che punto di già non saremmo?», si è domandato il leader dei radicali. «Se non imbocchiamo subito la strada di un “rientro dolce” della popolazione del pianeta da 6 miliardi di persone più o meno alla metà nell’arco di 4 o 5 generazioni, di un secolo, continueremo ad esser travolti dallo tsumani natalista». Si è poi lamentato che nei programmi elettorali in Italia si parli solo di “famiglia”, invitando alla «riproduzione continua», sostenendo che «la “bomba demografica” deflagra da più di un secolo e sul suo cammino distrugge tutto: natura, umanità, pianeta, appesta il mondo e i suoi dintorni». Ha quindi concluso: «Io sono pronto, da tempo a dare una mano, e di più. Dai tempi del Club di Roma, quando proponemmo Aurelio Peccei (e chi sarà mai?) a Presidente del Consiglio…».

Un vero concentrato di pura follia, dove si inneggia alla bufala della “bomba demografica”, la stessa che uno dei maggiori esperti mondiali in campo demografico, Nicholas Eberstadt, definisce  «un abbaglio», invitando a contrastare il declino demografico, «se vogliamo che tra 25 anni il mondo sia più umano di quello in cui viviamo oggi» (N. Eberstadt, “Liberiamo le cicogne”, Global FP numero 8 , aprile 2001, pp. 6-12). Proprio l’anno scorso Alessandro Rosina, membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Statistica e del Consiglio scientifico della Società Italiana di Demografia Storica, ha affermato che «la bomba demografica risulta oramai ampiamente disinnescata». Sempre nel 2011 l’economista Dermot Grenham, della London School of Economics ha esultato per la nascita del quarto figlio del calciatore Beckham: «una buona notizia per l’economia e per il futuro del pianeta!». Nella lettera Pannella ha ricordato di aver proposto la candidatura di Peccei a Presidente del Consiglio (oltre ad aver fatto eleggere condannati vari, pornostar e gente che ha visto il parlamento una sola volta, sufficiente però a garantirgli una pensione mensile da 3000 euro), lo stesso che parlava di «proliferazione cancerosa» di uomini che continuano a «vivere sul pianeta come vermi sulla carogna» (A. Peccei, Cento pagine per l’avvenire, Mondadori, 1981). Qui un dossier sulla bufala della bomba demografica.

In questi giorni è intervenuto anche Tyler Cowen, professore di economia alla George Mason University, uno degli economisti più influenti degli ultimi 10 anni secondo “l’Economist”, il quale -parlando del nostro Paese-, ha spiegato che «l’euro non è certo il problema principale dell’ Italia». E qual è allora? «Il tasso di natalità, che in Italia è dell’ 1,3%. Se l’ Italia facesse più figli, le sue prospettive economiche sarebbero migliori. Invece un Paese con una popolazione in declino alla fine non potrà ripagare i suoi debiti». D’altra parte, è quanto ha auspicato nel 2007 anche la Social Security Administration (SSA) per gli Stati Uniti, constatando che a causa della diminuzione di popolazione, il tasso di crescita dell’economia ricavata dal totale dei beni e servizi prodotti, sarà più lento. Nel 2008, la Banca Mondiale ha affermato che «l’urbanizzazione contribuisce alla crescita economica che è fondamentale per la riduzione della povertà». Essa, «ha svolto un ruolo importante nella riduzione della povertà, fornendo nuove opportunità per i migranti. L’economia urbana fornisce opportunità per molti ed è la base per la crescita e la creazione dell’occupazione».

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Il genetista Colombo: «dalla scienza nasce la ricerca dell’Assoluto»

Recentemente Benedetto XVI ha visitato il Policlinico Gemelli in occasione del 50° anniversario della Facoltà di Medicina e Chirurgia, dove ha sottolineato in modo sempre molto acuto il fecondo incontro tra scienza e fede, nella ricerca e nella medicina, anche se «spesso condizionato da riduzionismo e relativismo» che portano a oscurare il valore della vita e il significato della malattia. Questo tentativo di purificare la scienza da invadenze ideologiche ha fatto imbestialire chi solitamente plaude a questo tipo di strumentalizzazione della ricerca. Al contrario, il genetista Roberto Colombo, ordinario di Biologia Molecolare presso l’Università Cattolica, direttore del laboratorio di Biologia molecolare e Genetica umana e membro del Comitato nazionale per la Bioetica (nonché sacerdote), ha commentato in modo molto positivo queste parole del Pontefice.

Ha invitato i suoi colleghi biologi (giudicati la categoria di scienziati meno credenti in Dio) ad “uscire dal laboratorio”, ad aprire l’uso della ragione: «molti colleghi si fermano» alla «ricerca diagnostica: la ragione scientifica sembra avere esaurito il suo compito. Ciò che mi lascia insoddisfatto, inquieto, quando arrivo alla diagnosi, è una domanda: che senso ha per la vita di quel bambino, o di quella donna, il difetto genetico che ho scoperto? Perché è presente in loro, e non in me? Come può essere che dalla meravigliosa architettura della vita scaturisca una creatura che soffre per un difetto nel suo corpo? Ovvero, dove sta la radice profonda, la consistenza della nostra vita, nella quale posso cercare, domandare il significato di quello che scopro nel malato e in me stesso? È questo il punto, specifico di un biologo e medico, in cui si accende il quaerere Deum di cui parla il Papa: è l’inizio della ricerca dell’Assoluto, di ciò che è e non può non essere, a partire dal contingente, da quello esiste e non esiste nella realtà del corpo e della mente umana».papa

Lo studio della malattia, dunque, può divenire l’opportunità per il ricercatore di affrontare il senso della vita e della morte, «nella biomedicina e nella pratica clinica il limite, la finitezza della vita umana rimanda inesorabilmente ad altro da sé come fondamento di sé. Così, Benedetto XVI può affermare che “la nostalgia di Dio che abita il cuore umano” è il più potente “impulso alla ricerca scientifica”». Non a caso il metodo scientifico è nato nell’ambito del cristianesimo, come ha abilmente spiegato il docente di Storia e Filosofia della Scienza presso l’Università di Cambridge, James Hannam. Si cominciò a studiare la natura, la creazione (lasciando da parte l’empirismo a-teorico tipico della cultura antica) per conoscere meglio il Creatore.

Il genetista ha anche ricordato le parole del Papa, secondo cui «censurare la ragione quando si appella alla trascendenza è anti-scientifico, perché cancella la categoria suprema della ragione stessa, quella della possibilità», cioè la «”strana penombra” – così la chiama il Papa – che grava sull’orizzonte della realtà non può essere ultimamente chiarita dalla sola ragione, ma questa, se è libera di spalancarsi su tutto il reale, lascia aperta la possibilità che l’autore della vita, Dio stesso, si faccia incontro a noi e ci sveli il volto profondo della realtà della vita umana che lo scienziato e il medico indagano. Una possibilità che storicamente si è realizzata in Gesù di Nazareth». Questa apertura della ragione è proprio quel che differenzia la razionalità dal razionalismo.

«La via della scienza e quella della fede si incontrano attraverso la ragione sul sentiero tracciato da Dio stesso nella storia. Per un uomo di scienza e di medicina non sarebbe ragionevole sbarrare la strada a questo percorso alla ricerca del senso ultimo della vita, della salute e della malattia». Occorre fare attenzione, non si invita lo scienziato a divenire filosofo e teologo (ogni sapere ha un percorso autonomo), ma «è la domanda sul senso ultimo delle cose che si studiano –qualunque esse siano – che deve essere vivace in ciascun ricercatore, medico e docente».

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L’Ufficio scolastico lombardo: «scuole paritarie? Un patrimonio e un risparmio economico»

Parlare di scuola paritaria significa riesumare ideologie stataliste più profonde e taciute che dai militanti sessantottini della sinistra (anche destra?) extraparlamentare sono passate per osmosi all’area più moderata, e galleggiano ancora in diverse redazioni di quotidiani. Un’intolleranza verso la libertà di educazione tutta italiana, in quanto –come abbiamo già avuto modo di mostrare– nel resto d’Europa le scuole paritarie vengono finanziate completamente (o per una buona percentuale) dallo Stato, risultando poi essere le migliori dal punto di vista qualitativo dei rispettivi Paesi.

In Italia no, nonostante il dipartimento di Scienze antropologiche della facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Genova abbia dimostrato che le paritarie fanno risparmiare allo Stato quasi sei milioni di euro, nonostante la rivista specializzata di settore Tuttoscuola abbia calcolato che lo Stato risparmierebbe oltre 500 milioni di euro l’anno se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria, consentendo dunque a più famiglie di sceglierla (ogni euro investito nella paritaria renderebbe allo Stato 5 euro di risparmio), nonostante il MIUR abbia dimostrato che nel bilancio totale dell’istruzione la scuola paritaria rappresenta meno dell’1%, servendo tuttavia ben più alunni di quanto i contributi a essa concessi coprano (ovvero il 10% degli studenti), persiste l’intolleranza verso un finanziamento statale alle paritarie, fomentato dalla leggenda che essa toglierebbe denaro a quella statale.

E’ certamente da stimare l’operato della scuola statale, ma come ha ricordato il card. Angelo Bagnasco arcivescovo di Genova e presidente della Cei – invitato ad un convegno su «La scuola pubblica», organizzato dall’Ufficio regionale per la scuola, l’educazione e l’università e dalla Conferenza episcopale ligure, «almeno per quanto riguarda le scuole paritarie cattoliche la situazione è estremamente critica», esse «hanno costi sempre meno sostenibili per le famiglie, e la Chiesa non è in grado di assicurare a tutti, come vorrebbe, il proprio servizio educativo. Ma la scuola non è un lusso: è un diritto elementare della persona, che deve poter esercitare quella libertà, cioè capacità di scelta, che ne è fattore costitutivo». Da qui la richiesta esplicita affinché lo Stato si faccia carico anche delle scuole paritarie, «che non sono solo cattoliche», perché «è stato anche dimostrato che, se ci fosse un sostegno economico, molte altre famiglie si orienterebbero sulla scuola paritaria». Un vero appello dunque alla libertà di scelta educativa delle famiglie, sostenuto dal direttore dell’Ufficio scolastico regionale per la Liguria, Giuliana Pupazzoni, secondo cui «la Chiesa ligure ha una grande attenzione e altrettanta tradizione in campo formativo-educativo, soprattutto per quanto riguarda la scuola dell’Infanzia e la formazione professionale». Parlare di  scuola pubblica occorre riferirsi «sia relativamente all’erogatore che al tipo di servizio reso, e dunque identificarlo con la sola scuola statale non è coerente».

L’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, attraverso il direttore Giuseppe Colosio, ha anch’egli affermato«La scuola paritaria? Un patrimonio culturale e pedagogico da difendere. La sua presenza rappresenta per lo Stato un enorme risparmio economico». E in tempi di “spending review” (controllo della spesa) non intervenire a sostegno della loro attività rischia di apparire antieconomico». Egli afferma di sapere che «queste mie parole potranno risultare sgradite a qualcuno», ma «oggi in Lombardia sul milione e mezzo di studenti oltre 305mila sono iscritti a istituti paritari». Senza essi, «costerebbe allo Stato un miliardo e 400 milioni di euro» mentre oggi per l’intero sistema paritario lombardo, «lo Stato sborsa 120 milioni di euro». Occorre aggiungere la formazione professionale, che con 45mila iscritti, rappresenta per lo Stato un risparmio di 450 milioni di euro. Le parole del «rappresentante» del ministero dell’Istruzione in questo territorio, sono lapidarie: «da un punto di vista economico per lo Stato è decisamente più conveniente che la scuola paritaria continui la propria attività», ma non solo, «l’esistenza della scuola paritaria per il sistema scolastico lombardo è preziosa dal punto di vista culturale e pedagogico», è loro il merito di aver praticamente azzerato la dispersione scolastica, gli istituti statali con la loro rigidità strutturale e organizzativa non ce l’avrebbero fatta.

Anche Elena Ugolini, attuale sottosegretario all’istruzione (“Il Fatto Quotidiano” ha cercato più volte di screditare il suo pensiero ricordando che, ha sì un curriculum di tutto rispetto, ma è stata anche preside del liceo privato Malpighi di Rimini), si è espressa in questi giorni: «siamo consapevoli del valore pubblico che le paritarie svolgono all’interno del sistema, per il bene di tutta la collettività […], intendiamo dare certezza e stabilità a chi gestisce le scuole paritarie e soprattutto vorremmo aiutare le famiglie a poter esercitare il loro diritto di scelta in campo educativo». Fa anche cenno al voler «far maturare un concetto di pubblico nel campo scolastico, in linea con i Paesi più avanzati, superarando l’idea che pubblico equivalga a statale»

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Il popolo inglese si aggrappa al cristianesimo?

Un sorprendente sondaggio inglese ha rilevato che una maggioranza schiacciante di cittadini, l‘80%, riconosce che la Regina ha ancora un ruolo importante per la fede cristiana. L’analisi è stata realizzata da “Comres” e  stabilisce anche che il 73% degli intervistati ritiene che debba continuare come governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra, capo di Stato del Regno Unito, capo della Forze armate e capo del Commonwealth.

Nonostante sia patria di famosi promotori di una visione estrema e negativa della laicità, detta anche laicismo (ovvero nessuna presenza pubblica della religione), nel Regno Unito sono in pochi (il 25%) a volere la semplice laicità di stato, ovvero la separazione dalla chiesa.  Andrea Minichiello Williams, amministratore delegato di Christian Concern, ha dichiarato: «Questo sondaggio dimostra un enorme sostegno pubblico verso una monarchia cristiana. Indipendentemente dai molti tentativi di emarginare il cristianesimo da parte del laicismo, la Gran Bretagna rimane un paese cristiano e la maggior parte della gente vuole che la fede cristiana continui a plasmare questa nazione per il bene di tutti».

Perché questa esigenza del popolo inglese? Il Regno Unito rimane con un background cristiano, ma indubbiamente è un’area tra le più secolarizzate d’Europa. Utile diventa a proposito uno studio realizzato in questi giorni dalla Essex University, secondo cui si sta assistendo parallelamente anche ad un forte declino dell’integrità morale. Avere una relazione extramatrimoniale, guidare ubriachi, non pagare il biglietto dei mezzi pubblici, superare i limiti di velocità, acquistare beni rubati, buttare i rifiuti nell’immondizia, fare sesso con minorenni, mentire ecc.  sono azioni più accettabili di quanto non fossero nel 2000. E’ stato trovato che i livelli di integrità erano maggiormente superiori tra le donne rispetto agli uomini, ma la variazione più significativa è stato il livello notevolmente elevato di accettazione della disonestà tra i giovani. Ad esempio, nel 2000 il 70% aveva detto che una relazione extraconiugale non può mai essere giustificata, una cifra che oggi è scesa al 50% della popolazione inglese. Il prof Paul Whitely,  uno degli autori dello studio, ha detto: «A poco a poco le persone stanno tendendo a diventare più disoneste, sono più disposte a dire bugie, più disposte a tollerare l’adulterio».

Occorre dire che il ruolo di guida morale della Chiesa anglicana sembra a sua volta declinare, piegandosi allo stesso clima culturale, aprendo alle nozze gay o al sacerdozio femminile, ad esempio. Polemizzano su un nuovo primate dalla pelle nera, che dovrebbe sostituire Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury che ha voluto lasciare a causa delle fortissime divisioni, lo stesso però che sostiene che Gesù aveva fratelli e sorelle, che sarebbe nato a Nazareth e che la natività sarebbe frutto della leggenda. Il risultato di questa confusione? Metà degli anglicani vorrebbe ricongiungersi ai cattolici romani e ogni mese decine di pastori e centinaia di fedeli tornano cattolici grazie all’accordo raggiunto con la Congregazione per la Dottrina della Fede, i pastori vengono riordinati sacerdoti cattolici. Un ordinariato sta intanto per essere aperto anche in Australia, sotto la pressione di diverse centinaia di anglicani che vorrebbero convertirsi al cattolicesimo. Il «contagio», infine, pare si stia estendendo anche nei luterani.

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Alcuni privilegi degli omosessuali

Immaginiamo l’imbarazzo di quei cybernauti specializzati nella consultazione di offerte di lavoro sul web quando si sono ritrovati a leggere l’annuncio apparso su music-jobs.com lo scorso 25 aprile, con il quale Play Gay Italia «ricerca personale ambosessi assolutamente gay». Proprio così: aspiranti impiegati/e, web-designer, programmatori, tecnici, addetti all’ufficio stampa ed altri profili tecnico-amministrativi ai quali si offrono «assunzione a norma di legge con contratto a tempo indeterminato, 14 mensilità annue, retribuzione netta annua di euro 17.000» purché rigorosamente…omosessuali! 

Lasciando da parte le facili e becere battute da bar – l’omosessualità deve essere dichiarata nel Curriculum o comprovata durante il colloquio? (…), l’offerta in oggetto si presta ad alcune considerazioni serie che non possono essere taciute. Il soggetto che la propone, a cui fa capo una web-tv nonché il più importante portale del mondo gay europeo, fa sul serio e arriva a puntualizzare che «non verranno presi in considerazione i curricula di chi non appartiene al mondo gay» dimenticando soltanto che è vietato, per espressa disposizione di legge, porre in essere discriminazioni basate sull’età, sulla religione e sull’orientamento sessuale. Per intenderci: emarginare gli omosessuali impedendo loro l’accesso al mondo del lavoro è profondamente sbagliato e ingiusto, ma consentire la discriminazione a danno degli eterosessuali nell’accesso ad una posizione lavorativa è ancora più deleterio.

Tutto questo riporta alla memoria le politiche “redistributive” di Google, azienda estremamente attenta e sensibile verso il mondo omosessuale, che dal 2010 corrisponde ai suoi dipendenti omosessuali un aumento di stipendio unitamente ad un compenso maggiore rispetto ai colleghi eterosessuali sposati. Ciò al fine di controbilanciare le maggiori imposte sul reddito che gli omosessuali sono costretti a pagare per coprire le spese dell’assicurazione sanitaria dei loro partner. Una scelta pagata da Google che è libera di utilizzare i propri utili come meglio crede, ma l’effetto ottenuto è identico: per favorire i dipendenti omosessuali, si penalizzano quelli eterosessuali.  Ma nel caso di Play Gay Italia c’è un altro aspetto ancora più paradossale: i promotori di questa singolare offerta vantano, sin dalla prima riga, una copertura politico-istituzionale, addirittura un’approvazione ufficiale di questa insolita iniziativa imprenditoriale che sarebbe «supportata dall’ausilio della Regione Lombardia e Progetto Italia». Atteso che ciò sia vero e che questo progetto imprenditoriale si avvalga di risorse pubbliche, saremmo curiosi di leggere gli atti amministrativi che giustificano questo finanziamento. Potremmo ipotizzare magari un progetto finalizzato a contrastare l’omofobia – finalità meritoria, non si discute, ma per fare ciò è proprio necessario generare altre iniquità che si rivelano ancora più odiose, specie di questi tempi caratterizzati dalla drastica riduzione delle opportunità di lavoro?

Giusto per restare in tema di uso di denaro pubblico in rapporto alle iniziative proprie di una presunta cultura omosessuale, apprendiamo di un corposo finanziamento di 500mila euro per una rassegna cinematografica conclusasi da poco a Torino, dal titolo «Da Sodoma a Hollywood». Si resta perplessi nell’apprendere che il programma della rassegna in questione ha contemplato, in mezzo a pellicole che trattano del tema dell’omofobia, tra le altre cose, la proiezione del documentario “La Coccinelle-sceneggiata transessuale” in cui «quattro transessuali e artisti della canzone neomelodica in drag si dividono tra i vicoli di Napoli, dove si prostituiscono». Ancora più inquietante appare la trama del cortometraggio messicano “A Rapel” dove si parla di un uomo che «prova una forte attrazione per il nipote» e cerca in ogni modo di «sedurlo». Giunti a questo punto, ci chiediamo se sia consentito questo utilizzo di denaro pubblico per iniziative che, magari, dal lato dell’amministrazione pubblica sono destinate ad una finalità di rilevante interesse pubblico – e la lotta all’omofobia, lo ribadiamo, lo è sempre – ma che poi si risolvono in proposte controverse che, al contrario, finiscono con il dare ragione a quelle accuse che vengono levate contro il mondo omosessuale, raffigurato come una umanità “ a perdere” in preda ai bassi istinti, dedita unicamente al disordine morale e sessuale.

Tutto ciò nuoce certamente all’immagine e alla dignità delle persone omosessuali, quelle stesse persone verso le quali la Chiesa si impegna quotidianamente perché sia loro evitato ogni marchio di ingiusta discriminazione (in Italia e all’estero). Iniziative come quelle che abbiamo preso in esame, lungi dal promuovere l’integrazione e la lotta dalla discriminazione, finiscono con il sortire l’effetto opposto, cioè esasperare una presunta diversità del mondo omosessuale rispetto a quello eterosessuale. Viviamo fin troppe divisioni in questo travagliato anno 2012: non è il caso di aggiungerne altre o di esasperare ulteriormente quelle già esistenti.

Salvatore Di Majo

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La Commissione Europea autorizza l’avvio della campagna “per la vita”

Quasi in contemporanea alla bellissima festa in difesa dei diritti del nascituro avvenuta per la prima volta nelle strade di Roma domenica scorsa, giunge la notizia che la Commissione europea ha autorizzato la proposta di iniziativa “Uno di noi”, promossa dai movimenti per la vita di 20 Paesi, che chiede al diritto comunitario di proteggere il riconoscimento della dignità umana fin dal concepimento.

L’Iniziativa europea è una forma di democrazia diretta introdotta dal Trattato di Lisbona che implica la raccolta di almeno un milione di firme in almeno 7 diversi Paesi. «Siamo intanto molto soddisfatti che la Commissione abbia registrato la proposta, – ha commentato Carlo Casini presidente del Movimento per la Vita – cosa niente affatto scontata. Da oggi abbiamo un anno per raccogliere le adesioni ma soprattutto per far crescere in Italia e negli altri 26 Paesi dell’Unione quella cultura della vita la cui base è il riconoscimento del principio di eguaglianza per il quale l’uomo è sempre uomo». Aspettiamoci dunque un anno di diffamazione e insulti mediatici per screditare tale iniziativa, di cui un assaggio lo abbiamo già ricevuto nella reazione intollerante alla Marcia pro life di domenica.

L’avvio formale, sulla scia dei cosiddetti “articoli di San Jose”, sarà il 20 maggio 2012, intitolato “LifeDay” (www.mpv/lifeday.it) presso l’aula Paolo VI a Roma. Il filo rosso, sostenuto da giuristi, scienziati, docenti, religiosi, politici, filosofi, è la dignità umana sempre uguale e sempre ugualmente grande, dal concepimento alla morte naturale. «In un momento in cui il progetto di unità europea barcolla sotto i colpi della crisi economica – ha concluso Casini- , l’iniziativa del Movimento per la vita richiama il valore della vita umana come energia capace di superare la crisi e di costruire un vero e proprio popolo europeo».

Si riuscirà a raccogliere un milione di firme in un anno? Le giovani generazioni sono maggiormente contrarie all’aborto, ma è saggio rimanere prudenti. La vera questione è che le acque cominciano a muoversi, magari non ci riusciremo quest’anno ma riproveremo fra tre anni, e così via.  L’importante è che il vento pro life cominci a soffiare anche in Europa.

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