Sondaggio Gallup: i pro-life salgono al 50% (41% gli abortisti)

Nel maggio 2010 un sondaggio Gallup ha rilevato  che il 47% degli americani si diceva “a favore della vita” mentre il 45% diceva di essere “favorevole all’aborto”.

Nel maggio 2011 un altro sondaggio Gallup ha riscontrato che il 51% degli americani riteneva l’aborto “moralmente sbagliato”, mentre per il 39% era “moralmente accettabile”. Veniva anche rilevato che il 61% preferiva l’aborto legale solo in alcune circostanze o in nessun caso, al contrario del 37% che lo voleva legale in tutte o quasi tutte le circostanze. I giovani tra i 18 ai 34 anni vedevano maggiormente l’aborto come “moralmente sbagliato” (53%) e da rendere illegale in quasi o tutte le circostanze (59%).

Il 23 maggio 2012 la società d’indagine Gallup ha realizzato un altro sondaggio a livello nazionale, rilevando che coloro che si definiscono “pro-choice” sono calati fino al 41%, mentre oggi i pro-life americani sono saliti al 50%.

L’indagine ha anche evidenziato che i Repubblicani pro-life sono saliti al 72%, gli Indipendenti al 47% (contro il 41% di abortisti) mentre i Democratici rimangono in maggioranza favorevoli all’interruzione di gravidanza, 58% (contro il 34% di pro life), ma il dato è in discesa (mentre sale quello opposto). Dal punto di vista dell’accettazione morale, la situazione non cambia dal 2011: per il 51% l’aborto è “moralmente sbagliato”, mentre per il 38% è “moralmente accettabile”. Il 25% chiede che l’aborto sia legale in tutti i casi, il 20% lo vuole sempre illegale mentre il 52% lo vorrebbe legale solo in determinate circostanze.

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Successi delle staminali adulte, a dispetto delle embrionali

Anche questo mese sulle riviste scientifiche internazionali sono state pubblicate ricerche in cui si dimostra la grandissima utilità e versatilità delle cellule staminali adulte, ormai validissime alternative di quelle embrionali e sopratutto prive di controversie bioetiche.

Uno progetto italiano, finanziato dalla Fondazione Just Italia, sta portando avanti la coltivazione di cellule mesenchimali (midollo osseo) per offrire nuove soluzioni ai bambini affetti da tumore delle ossa. Grazie al progresso scientifico si possono prelevare cellule dal midollo osseo dello stesso paziente per rigenerare il tessuto osseo.

Negli USA, per la prima volta è stato avviato un trial clinico per curare bambini con perdita dell’udito neuro-sensoriale attraverso staminali prelevate dal cordone ombelicale. Un secondo trial è stato avviato per valutare le proprietà terapeutiche delle staminali cordonali per terapia dell’atassia cerebellare ereditaria nell’uomo, malattia praticamente incurabile.  Le staminali cordonali appaiono al centro della ricerca medica e scientifica anche per quanto riguarda il trattamento dell’anemia aplastica. Recentemente sono iniziati ben tre trial clinici per la terapia di questa pericolosa malattia, grazie al trapianto delle staminali del cordone ombelicale, due negli Stati Uniti ed uno in Cina, mentre ha dato buon esito una sperimentazione, effettuata da scienziati giapponesi, sempre sull’uomo.

A Bratislava l’europarlamentare Miroslav Mikolasik ha organizzato una conferenza internazionale per presentare i diversi aspetti del futuro della medicina rigenerativa in relazione all’uso delle staminali adulte e di quelle prelevate dal sangue del cordone ombelicale. «Al giorno d’oggi si possono curare 70 malattie con questo tipo di cellule» – ha spiegato Mikolasik, anche copresidente dell’Intergruppo sulla bioetica al Parlamento europeo -. «È probabile che il trattamento della sclerosi multipla e della paralisi cerebrale infantile si aggiungano presto alla lista». Il professor Colin McGuckin, la cui équipe fu la prima al mondo a creare un fegato artificiale partendo da staminali prelevate dal cordone, ha affermato: «come dimostrano i risultati delle moderne ricerche biomediche, il tessuto e il sangue del cordone ombelicale, il midollo spinale e il tessuto adiposo sono molto promettenti nella cura delle malattie».

I ricercatori dell’Università coreana di Suwon, in uno studio recentemente pubblicato su Cell Trasplantation online hanno dimostrato che le cellule staminali neurali trapiantate nella lesione midollare di un animale da laboratorio sono risultate in grado di riparare tale lesione. Su questo delicato fronte gli esperimenti condotti su modelli animali hanno aperto nuovi spiragli grazie all’impiego  terapeutico delle cellule staminali adulte, a dispetto delle embrionali. «La matrice usata in questo esperimento permette un miglior processo rigenerativo del tessuto nervoso . Anche noi utilizziamo le staminali neurali in sinergia con alcune matrici ma occorre incentivare lo studio di quelle umane. La fonte migliore a disposizione è data da staminali umane di tipo adulto geneticamente definite e testate per sicurezza e validità», ha affermato Alfredo Gorio, farmacologo e ricercatore della facoltà di Medicina dell’Università di Milano.

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La Caritas al fianco dei terremotati dell’Emilia

Le zone dell’Emilia Romagna colpite dal disastroso terremoto nella notte del 20 maggio 2012 sono state visitate nella stessa mattinata, su indicazione del Cardinale Arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, dal Vicario Generale mons. Giovanni Silvagni, dal Vicario Episcopale per la carità mons. Antonio Allori accompagnato dal direttore della Caritas diocesana Paolo Mengoli.

Una visita alle zone terremotate è stata fatta nella stessa giornata anche dal direttore della Caritas Italiana mons. Francesco Soddu. Mons. Cafarra ha disposto che la Caritas diocesana promuova subito una raccolta di fondi il cui ricavato sarà devoluto totalmente in favore delle famiglie colpite da questa grave sciagura.

Per i circa 3 mila sfollati la Protezione civile si è attivata e dal canto suo la rete Caritas nelle parrocchie delle varie diocesi ha dato disponibilità a ospitare e portare i primi soccorsi, in base alla rilevazione dei bisogni in atto.  A Finale Emilia è stato attivato un centro Caritas di coordinamento.

Si può contribuire versando su:

CONTO CORRENTE POSTALE  n. 838409,

oppure con BONIFICO BANCARIO (Banca Popolare dell’Emilia Romagna) intestato a:  Arcidiocesi di Bologna, codice IBAN IT27Y0538702400000000000555, causale: terremoto in Emilia-Romagna.

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Anche nel 2011 costante crescita dei lettori del libro religioso

La lettura è fondamentale per stabilizzare e ampliare il giudizio sull’esperienza della fede, per chiarire i dubbi e approfondire le ragioni. E’ dunque importante, come ha affermato Giorgio Raccis, direttore del Consorzio dell’editoria cattolica:, che «i dati sulla lettura confermano, anche quest’anno – con valutazioni evidentemente relative al 2011 – che c’è una costante crescita dei lettori del libro religioso».

La sensazione degli operatori del settore, ha continuato, «appare in espansione un lettore che chiede al libro di argomento religioso più che altro un senso alla vita e quindi una ricerca che non necessariamente è religiosa nel senso confessionale del termine, ma più legato ad aspetti di antropologia e di spiritualità». Nonostante la difficoltà dell’editoria, «fino a tutto il 2011 l’editoria cattolica ha tenuto bene rispetto alla crisi economica che, invece, nel mercato generale del libro aveva cominciato a colpire già dai primi mesi del 2011 […] l’editoria religiosa e cattolica in generale riesce ad attutire il trend negativo, rispetto a quello più generale del mercato».

L’invito che rivolgiamo a tutti è comunque quello di preferire per l’acquisto di un libro sempre le strutture distributive cattoliche come: Libreria del SantoLibreria Coletti, Libreria Terra Santa, Itaca Libri ecc.

Nel dicembre scorso facevamo notare come dal 2000 al 2007 la crescita del numero dei lettori di libri religiosi (almeno un testo l’anno) in Italia è stata del 2%annuo, ma dal 2007 al 2010 la percentuale è cresciuta fino al 6%. In totale, nel decennio 2000-2010 i lettori del libro religioso sono cresciuti di quasi un milione di persone.

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Le religioni sono la causa delle guerre? No, è propaganda laicista

Nel prontuario del laicista provetto è stata inserita la considerazione che «la religione è stata la causa della maggior parte delle guerre».  Quando si domanda loro di specificare meglio cosa intendano, essi hanno imparato a rispondere: «le Crociate, l’Inquisizione, il  Medio Oriente, l’11 settembre, devo continuare?». Secoli di complesse vicende storiche vengono così concentrati in una frase.

Volendo prendere sul serio questa ennesima leggenda nera, occorre sottolineare –come ha fatto il rabbino Alan Lurie sull’Huffington Post– che in Encyclopedia of Wars”, gli autori Charles Phillips e Alan Axelrod hanno documentato che nella loro lista di 1763 guerre, meno del 7% hanno avuto una causa religiosa e meno del 2% di tutte le persone uccise in guerra. La storia, spiega Lurie, «semplicemente non supporta l’ipotesi che la religione sia la causa principale dei conflitti bellici. Le guerre del mondo antico erano raramente, anzi mai, basate sulla religione, ma di conquista territoriale, di controllo delle frontiere, per rendere sicure le rotte commerciali o rispondere a all’autorità politica. Tant’è che i conquistatori antichi, sia egiziani, babilonesi, persiani, greci o romani, accoglievano apertamente le credenze religiose dei loro conquistatori e spesso aggiungevano i nuovi dèi al proprio pantheon».

Rispetto alle crociate, come ha dimostrato Rodney Stark nel libro Gli eserciti di Dio. Le vere ragioni delle crociate (Lindau 2010), esse  vanno contestualizzate in un periodo in cui non c’erano i livelli diplomatici di oggi, e comunque non erano il tentativo di sottomettere un’altra religione, nè di convertire con la forza altri popoli, ma nacquero dopo cinque secoli di aggressioni del mondo islamico verso quello cristiano, a difesa degli ortodossi di Bisanzio e per la difesa dei cristiani che si recavano in Terra Santa, vittime continue di centinaia di massacri. Lo storico medievalista Paul Crawford, docente alla California University of Pennsylvania, ha affrontato approfonditamente la questione.

Inoltre, ha continuato il rabbino, «la maggior parte delle moderne guerre, compresa la campagna napoleonica, la Rivoluzione Americana, la Rivoluzione francese, la Guerra Civile Americana, Guerra Mondiale, la Rivoluzione Russa, la Seconda Guerra Mondiale, e i conflitti in Corea e in Vietnam, non erano di natura religiosa». Anzi, i gruppi religiosi sono stati specificamente presi di mira, sopratutto dai Paesi guidati dall’ateismo di stato. «Allo stesso modo», ha continuato, «il gran numero di genocidi non si basano sulla religione. Si stima che oltre 160 milioni di civili sono stati uccisi in genocidi nel 20° secolo, con quasi 100 milioni di morti da parte degli stati comunisti dell’URSS e della Cina».

Il rabbino ha anche affrontato le varie guerre descritte nell’Antico Testamento, ma «dobbiamo riconoscere che le evidenze archeologiche hanno dimostrato che queste conquiste non sono mai avvenute, o almeno non in modo drammatico come descritto nella Bibbia», essa non intende essere un resoconto storico della storia ebraica. «I rabbini», ha spiegato, «hanno capito che queste storie non sono vittorie celebri, ma avvertimenti sui pericoli della guerra». Chiaramente sono stati commessi atti orrendi a base dello zelo religioso, come d’altra parte se ne sono compiuti anche in nome dell’assenza di Dio, come ad esempio gli eventi della prigione di Pitesti. Ogni generalizzazione è dunque indebita.

Resta il fatto che, chiunque commetta azioni violente sarà sempre contro il Vangelo, si allontanerà volontariamente dall’insegnamento di Gesù: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati […] Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli»

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Australia: 150 medici e psicologi contro le nozze gay

Un gruppo di 150 medici di tutta l’Australia ha firmato una sottomissione di richiesta al Senato per opporsi al matrimonio omosessuale. Tra questi ci sono diversi psichiatri, come Kuruvilla George, che è anche membro del Victorian Equal Opportunity and Human Rights Commission nonché uno dei più importanti ricercatori australiani: «Abbiamo presentato le prove che chiariscono come i bambini che crescono in una famiglia con padre e madre hanno tutti i parametri migliori rispetto ai bambini in altre condizioni», è scritto nel documento.

Questi medici sono preoccupati per le conseguenze sulla salute dei bambini nei matrimoni gay, come ad esempio il dr. Lachlan Dunjey: «Sono due le conseguenze per i bambini nella nostra società: prima di tutto per i figli nati dal matrimonio gay, siamo convinti che abbiano il diritto a stare con i loro genitori biologici, con una madre e un padre. C’è una straordinaria quantità di prove a favore di questa condizione».  In secondo luogo, ha continuato, «siamo anche preoccupati per le implicazioni per la società e la conseguente maggiore legittimità per la lobby gay di spingere il loro programma nei giovani. In particolare, c’è il rischio di provocare i giovani a dichiarare la propria sessualità in un momento in cui è normale avere una certa confusione di genere».

Il rischio, confermato da studi sociologici, è anche quello che legalizzando il matrimonio omosessuale aumenti anche l’omosessualità: «l‘American College of Paediatricians ha detto che il matrimonio gay aumenta la confusione nei giovani, ed è molto probabile che attraverso la spinta nelle scuole della equalizzazione di educazione eterosessuale e omosessuale, porterà molte persone, magari soltanto confuse, ad uno stile di vita omosessuale, con i rischi che seguono questo stile di vita».

I medici, come si diceva, hanno segnalato diversi studi a supporto della loro posizione, che sono elencati qui. L’Australia ha approvato un emendamento nel 2004 in cui esplicitamente si definisce il matrimonio tra un uomo e una donna, ma ci sono svariati progetti all’esame del Parlamento che chiedono l’estensione del matrimonio alle coppie dello stesso sesso. In questo articolo si può trovare un piccolo elenco di studiosi che a loro volta si oppongono alle nozze gay.

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‘Archivo Gomá’, nuovi documenti storici sfatano le accuse a Pio XII

Archivo Gomá. Documentos de la Guerra Civil“Non ci aspettavamo di trovare tante testimonianze del cardinale Pacelli contro il nazismo”, ha affermato lo storico José Andrés Gallego, commentando l’ennesima documentazione storica che emerge contro la leggenda nera che vede Pio XII quando non “indifferente”, addirittura “connivente” con i regimi nazifascisti. Recentemente, è stata infatti presentata presso l’Archivio Storico Nazionale di Madrid, un’edizione di tredici volumi dei documenti relativi alla Guerra Civile Spagnola ottenuti dall’archivio del cardinale Isidro Gomá, primate di Spagna durante la Guerra Civile. Dalla monumentale opera, intitolata ‘Archivo Gomá. Documentos de la Guerra Civil‘, è emerso il netto e incondizionato rifiuto del nazismo da parte del Cardinale Pacelli, futuro Pio XII.

L’opera, dà un contributo fondamentale alla storiografia, come conferma il professor Gallego, co-autore intervistato da Zenit per l’occasione, che definisce l’archivio del primate spagnolo come «la pietra preziosa, la cui apertura si aspettava e non si otteneva». «Sin dal primo momento – ha aggiunto il professore- abbiamo capito che il miglior servizio che potevamo fare era metterlo a disposizione degli storici e di tutti coloro che vogliono formarsi un giudizio». Frutto dell’accurata selezione di migliaia di documenti, per la pubblicazione, l’“Archivo Gomá. Documentos de la Guerra Civil”  ha necessitato di più di un decennio di lavoro.

Riguardo Pio XII, allora segretario di Stato di Pio XI, il professor Gallego si dice meravigliato delle «testimonianze tanto esplicite della posizione del cardinale Pacelli», il quale, si prodigò personalmente attraverso il cardinale Gomà, perché l’enciclica Mit brennender Sorge, in cui la dottrina nazista veniva condannata come pagana e anticristiana, venisse diffusa in Spagna, dove una virata del nuovo regime verso il nazismo destava «molta preoccupazione a Roma e tra i vescovi spagnoli».

Nicola Z.

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Julian Baggini e la facile tristezza dell’ateo

La cultura miscredente pare avere qualche problema d’immagine, sopratutto con il termine “ateo”. Lo spiega Julian Baggini dalle colonne del “Guardian”: «Il problema con il soprannome di “ateo” è riconosciuto da decenni. E’ troppo negativo, troppo associato al nichilismo amorale».  Dopo le violenze in nome dell’assenza di Dio perpetrate negli ultimi due secoli (Illuminismo e Comunismo), ormai il termine “ateo” è pregiudizialmente abbinato a qualcosa di negativo.

Tanti esponenti hanno fortemente contribuito al solidificare questo abbinamento, pensiamo solamente in Italia al comportamento deviato di Piergiorgio Odifreddi. Anche Richard Dawkins ha sulle spalle gravi responsabilità per la negativa reputazione dell’ateismo, tant’è che vorrebbe risolvere la questione studiando un termine a tavolino -come ha fatto la comunità omosessuale con “gay”- per trasmettere “positività, calore, allegria”. Avrebbe quindi pensato a “bright” (“brillante”), come sostituto di “ateo”.  E’ l’ultima pazza idea di un uomo che –come ha ammesso lui stesso– ha completamente fallito, tanto che i suoi successori -come Alain De Bottonnon esitano a dissociarsi da lui volendo creare un  “nuovo ateismo”, come un antidoto «all’aggressivo e distruttivo approccio di Dawkins alla miscredenza […] A causa di Richard Dawkins e Christopher Hitchens, l’ateismo è diventato noto solo come una forza distruttiva. Ma ci sono un sacco di persone che non credono, ma non sono aggressive verso le religioni».

Lo stesso Baggini non è convinto dell’idea di Dawkins, anche perché l’ateismo di per sé non è né caldo, né allegro, né brillante. «Gli atei sembrano spesso sottolineare negli ultimi anni il loro lato allegro», commenta l’intellettuale ricordando ad esempio gli “autobus atei” del solito Dawkins, che invitavano a smettere di preoccuparsi e godersi la vita “senza Dio”. Ma «essi», spiega, «devono vivere con la consapevolezza che non c’è salvezza, nessuna redenzione, nessuna seconda possibilità […].  Si può davvero dire ai genitori che hanno perso il loro bambino che dovrebbero smettere di preoccuparsi e godersi la vita? A volte la vita è una merda e non c’è nulla da fare. Non c’è molto di brillante in questo fatto». In questo spietato realismo c’è una grande parte di verità: perché infatti vale la pena vivere, faticare, sudare, soffrire in questa “valle di lacrime” se tutto ha una data di scadenza? L’uomo che si priva di un “oltre” non può che concepirsi come un condannato a morte dal momento della nascita, il quale può solo scongiurare il pensiero della scadenza ultima, distraendosi o resistendo stoicamente. Entrambe azioni inadeguate però, perché qualunque cosa farà avrà sempre dentro l’incombente ombra della fine. 

«La ragione dell’essere ateo», spiega Baggini, «è semplicemente che Dio non esiste e noi prefeririamo vivere in pieno riconoscimento di ciò, accettando le conseguenze, anche se ci rendono meno felici». L’affermazione che “Dio non esiste”, tuttavia, è una semplice scelta di queste persone, basata su nessun riconoscimento. Una scelta completamente immotivata che li rende maggiormente infelici, una scelta che appare fortemente masochista, se ci si può permettere. «Penso che sia il momento  per noi atei di confessare e ammettere che la vita senza Dio a volte può essere piuttosto triste», conclude lo scrittore, impegnati come siamo nel «cercare qualche progresso in un universo privo di significato». Una scelta immotivata e contro la loro stessa natura umana, che si rifiuta alla privazione di un significato, tant’è che si intristisce. Non corrisponde alla natura dell’uomo questa scelta di privarsi arbitrariamente di un senso ultimo. Perché allora non prendere sul serio il proprio “io”, la propria umanità, non riconoscere questa inevitabile tristezza come un segno, come un inestirpabile messaggio (un suggerimento) del fatto che l’uomo è fatto per riconoscere e aderire ad un senso più grande di sé, ad un Significato ultimo?

Il convertito Sant’Agostino lo aveva capito benissimo quando scrisse: «Dio ci ha fatti per Lui, e il nostro cuore è inquieto finché non trova quiete in Lui» («fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te», da “Le Confessioni”).

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Studio scientifico: il divieto di aborto non aumenta la mortalità materna

Sulla rivista scientifica PLoS One è stato dimostrato in questi giorni che l’aborto illegale non è associato alla mortalità materna. La leggenda creata a sostegno della legalizzazione dell’aborto recita che gli Stati in cui l’interruzione di gravidanza è illegale o severamente limitata stanno contribuendo ad innalzare le statistiche della mortalità materna.

Difficile trovare qualche prova a sostegno di questo, anche perché basta osservare la situazione in Irlanda dove l’aborto è vietato (tranne in rarissimi casi) e tuttavia vi sono bassi tassi di mortalità materna, tanto che il 70% dei cittadini approva il divieto all’aborto (oltre ad avere un profilo demografico più giovane e con meno dipendenza in materia di immigrazione).

La nuova ricerca pubblicata (basata su dati provenienti dal Istituto Nazionale di Statistica del Cile, 1957-2007), realizzata da ricercatori cileni e americani, si aggiunge alle già numerose prove contro la leggenda, dimostrando che in Cile, da quando l’aborto è stato vietato nel 1989, dopo un lungo periodo in cui era legale, non vi è stato alcun aumento della mortalità materna (si veda foto a sinistra). Anzi, oggi il Cile è uno dei Paesi con il tasso più basso di mortalità materna nel mondo. Il Cile e l’Irlanda (ma anche Polonia e Malta) sono Paesi in cui l’aborto è illegale (o fortemente limitato) e sono un modello per la saluta delle madri. Se il divieto di aborto non ha aumentato il tasso di mortalità, quel che l’ha diminuito -secondo lo studio- è stato l’aumentare del livello di istruzione (che ha causato bassa fertilità) delle donne, cambiamenti nel comportamento riproduttivo e il miglioramento del sistema sanitario.

Elard S. Koch, epidemiologo del Dipartimento di Medicina dell’Università del Cile e uno degli autori dello studio, ha commentato: «spiegare la diminuzione del tasso di mortalità materna in Cile come conseguenza dell’uso di farmaci come il misoprostol, il mifepristone o la RU-486 è una speculazione non supportata dai nostri dati epidemiologici». Anche perché l’utilizzo di contraccettivi è diffuso solo tra il 36% delle donne in età riproduttiva. «Questi dati», ha continuato il ricercatore, «suggeriscono che nel corso del tempo, le leggi restrittive sull’aborto possono avere effetto. In effetti, il Cile presenta oggi uno dei più bassi tassi di morti materne legate all’aborto in tutto il mondo con un calo del 92,3% dal 1989 e una diminuzione del 99,1% accumulata in 50 anni». La conclusione è lapidaria: «è necessario sottolineare che il nostro studio conferma che il divieto di aborto non è legato ai tassi globali di mortalità materna. In altre parole, rendendo illegale l’aborto non si aumenta la mortalità materna: è un dato scientifico dimostrato nel nostro studio».

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La Riforma protestante all’origine del laicismo nichilista?

Nel suo ultimo bel libro, I nuovi Unni. IL ruolo della Gran Bretagna nell’imbarbarimento della civiltà occidentale” (Fede & Cultura 2012), Gianfranco Amato (con prefazione del vescovo mons. Luigi Negri) ha spiegato come la Riforma protestante sia alla base della moderna barbarie bioetica, sociale e culturale che dalla Gran Bretagna ha poi invaso il mondoIl protestantesimo ha insinuato «il germe di quel soffocante individualismo che sarà destinato a caratterizzare in particolare la società inglese». Sono tantissimi anche i cattolici che vivono un credo individuale (molto protestantizzato) distante su certe tematiche da quello della Chiesa, sopratutto in campo sessuale e bioetico. La Riforma –come spiegavamo nel nostro commento al libro- ha relegato la fede all’ambito privato e ha relativizzato la verità (oggi quanti fedeli saprebbero affermare che il cattolicesimo è l’unica “via, verità e vita”, seguendo le parole di Gesù?).

Il protestantesimo dunque è alla base della crisi dell’uomo moderno, questa tesi è sostenuta da numerosi storici, come Brad S. Gregory dell’università americana di Notre Dame (Indiana), che ha dimostrato questa convinzione in “The Unintended Reformation.  How a Religious Revolution Secularized Society” (Harvard University Press, 2012) . La Riforma, secondo lo studio, è all’origine dell’attuale pluralismo esasperato delle fedi religiose e civili, della mancanza di un’idea condivisa di bene comune, della frantumazione delle società, del concetto di verità relativa e opinabile, del trionfo odierno del capitalismo ecc. Ricercatori dell’università di Warwick, invece, hanno recentemente rilevato che i tassi di suicidio sono tre volte più alti nelle aree protestanti rispetto a quelle cattoliche. Non è un dato casuale, secondo loro, ma «suggerisce che il rapporto della religione e del suicidio rimane un argomento di vitale importanza», ritengono infatti che è proprio la struttura delle due religioni a spiegare le differenze nei dati. Il cattolicesimo infatti, al contrario del protestantesimo, si vive in una comunità di fede, nobilita il lavoro dell’uomo, permette il perdono dei peccati ecc. «Il suicidio è influenzato da tutti questi fattori», ha commentato il prof. Sascha Becker.

Questa convinzione sul ruolo negativo della Riforma è condiviso anche da laici (intesi come non credenti, in questo caso), come ha espresso bene qualche giorno fa Angiolo Bandinelli, scrittore e militante storico del Partito Radicale. Nel suo articolo, pubblicato su “Il Foglio” ha inserito una odifreddura mica male, ovvero che «non so se il mondo protestante ha conosciuto fenomeni di intolleranza persecutrice paragonabili a quella di cui si è macchiata l’inquisizione cattolica». La fantomatica inquisizione cattolica, anche se basterebbe mettere da parte la leggenda e dare retta agli storici per capire che fu un fenomeno quasi esclusivamente protestante.  Interessante invece quanto viene scritto nel resto dell’articolo, nato da un commento della cattedrale luterana di Helsinki,  costruita in «un’asciutta severità, contrasta con la magniloquenza barocca ed evoca una moralità tornata ad essere fatto interiore […] c’è tra le sue mura come una costrizione della intelligenza e della volontà […] quel che vuole evocare è un sentimento che da morale si è fatto moralistico, intransigente. Forse spietato». Questo tipo di design, spoglio e disadorno, ricalca perfettamente, secondo Bandinelli, la moralità luterana.

«La cultura laica», spiega lo scrittore, «ha fatto di questa religiosità – al cui centro c’è l’individuo in solitaria, immobile attesa della grazia – l’asse portante della modernità, con il suo nichilismo. Nel corso del tempo, e persino con qualche ragione, questa cultura si è però trasformata in un laicismo disseccato, sostanzialmente inutilizzabile ai fini della elaborazione di una etica creatrice ed espansiva, adatta alle imponenti trasformazioni ed esigenze della globalizzazione di oggi». Bandinelli conclude affermando che «può essere divertente chiederci se dobbiamo augurarci un mondo di forme severamente “protestanti” ed utilitarie, oppure fantasiosamente ”cattoliche” con il loro gusto per l’imprevedibile, loquace, sensuale e a volte felicemente inutile bellezza». Lo scrittore parla di “inutile” bellezza, ma la cultura e l’arte cattoliche aderiscono completamente all’aforisma di Platone, «il bello è lo splendore del Vero», proprio sulla bellezza (altro che inutile!) è fondata l’educazione cattolica.

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