Consulta di Bioetica: dall’infanticidio alla crociata contro la libertà dei medici

Nel marzo scorso uno studio pubblicato su “Journal of Medical Ethics” ha fatto il giro del mondo suscitando l’indignazione di chiunque. Ogni quotidiano internazionale ha condannato l’infanticidio, ovvero la pratica che attraverso questa pubblicazione veniva promossa. Il pensiero centrale dello studio è sintetizzato in questa frase: «uccidere un neonato dovrebbe essere permesso in tutti i casi in cui lo è l’aborto, inclusi quei casi in cui il neonato non è disabile». E ancora: «Se una persona potenziale, come un feto e un neonato, non diventa una persona reale, come voi e noi, allora non c’è qualcuno che può essere danneggiato, il che significa che non vi è nulla di male […] non hanno diritto alla vita, non vi sono ragioni per vietare l’aborto dopo il parto».

Qualcuno leggendo queste proposte starà pensando che tali riflessioni arrivino da un gruppo esaltato di neonazisti o da seguaci dell’eugenetica illuminista. No, niente di tutto questo, gli autori sono due italiani – di nome Alberto Giubilini Francesca Minerva- responsabili in Italia della Consulta di Bioetica Laica” (dove “laica” sta ovviamente per laicista), promotori delle prelibatezze  di questa cultura in ambito bioetico: aborto, eutanasia, testamento biologico, fecondazione assistita, suicidio assistito, ecc. I presidenti onorari di tale ente si chiamano Beppino Englaro e Carlo Flamigni (presidente onorario anche degli atei fondamentalisti dell’UAAR), mentre il responsabile ultimo è Maurizio Mori.  Segnaliamo anche che i due ricercatori hanno ringraziato, alla fine del loro lavoro, Sergio Bartolommei, «per i preziosi suggerimenti in fase di redazione». Ovviamente quest’ultimo -dai consigli tanto etici- coordina la sezione pisana della Consulta di Bioetica.

Insomma, un vero autogol per i nemici della cultura cristiana, come è stato ben spiegato qui (addirittura su “New Statesman” si parla di “beffa pro-life”). Ancora di più quando il presidente dell’ente laicista, Maurizio Mori -nonostante la pioggia di insulti, minacce e accuse da tutto il mondo-, non solo è intervenuto in difesa dei suoi collaboratori (avanzando la divertente tesi della “libertà di ricerca”), ma ha a sua volta simpatizzato per la teorizzazione dell’infanticidio:  «non si può, tuttavia, dire che la tesi sia di per sé tanto assurda e balzana da essere scartata a priori solo perché scuote sentimenti profondi o tocca corde molto sensibili».

In questi giorni la Consulta di Bioetica Laica è tornata sui quotidiani con una nuova campagna, chiamata “Il buon medico non obietta”, con lo scopo chiaro: debellare l’obiezione di coscienza dei medici. In molti hanno aderito entusiasti, spinti dalla tesi del giurista Stefano Rodotà, guru laicista, secondo cui «la possibilità dell’obiezione di coscienza dei medici andrebbe semplicemente abolita». Anche Emma Bonino, altra guru laicista, ha recentemente affermato che «in Italia c’è una malattia contagiosa, un’epidemia rapida che si chiama obiezione di coscienza». Un vero e proprio attacco alla libertà dei medici (in Italia l’85% e negli USA l’86%), promosso da tanti quotidiani e in particolare su “Repubblica” (anche qui).

Per ora dunque si assiste a questo, la difesa della libertà arriva sempre dopo. Un plauso però al “Secolo d’Italia” che non ha voluto attendere, pubblicando un bell’articolo: «Il nuovo “nemico”: il medico obiettore», dove si scrive: «Dopo la giornata della famiglia e l’invito del Papa a non abortire, arriva la replica dei laici che non solo rilanciano sull’aborto, ma addirittura denunciano che in Italia il numero dei medici obiettori è in crescita […]. Numeri che di per sé sono un buon segnale e indicano che nel nostro Paese c’è una grande sensibilità da parte dei medici a riconoscere il diritto alla vita. Senonché il dato viene letto in maniera negativa dalla Consulta di bioetica onlus».

Ci sarà tempo per confutare le banali tesi di questa intollerante crociata laicista contro la libertà e l’autodeterminazione dei medici, per ora era importante segnalare da quale pulpito è nata, ovvero da coloro che fino a pochi mesi fa erano per il mondo i nuovi promotori dell’infaticidio.

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La neuroteologia: un verdetto sulla fede?


 

di Maria Beatrice Toro
*psicologa e psicoterapeuta

 

Nell’ultimo decennio si sono moltiplicate le ricerche in merito alla “neuroteologia”, ovvero lo studio della correlazione tra la percezione soggettiva di spiritualità e la chimica del cervello umano. Si tratta di un  campo di studi in espansione, che si presta bene a riflessioni di stampo sia psicologico che religioso. La questione centrale della neuroteologia è rappresentata da una domanda: in che modo il funzionamento del cervello influisce sulla capacità di fare esperienze di tipo spirituale/ religioso? La domanda in sé mostra un deciso spostamento di focus rispetto alla precedente posizione psicologica (che possiamo definire “scientista”), che affermava con decisione la totale irrazionalità della fede. In tempi postmoderni, in cui vecchie contrapposizioni sembrano meno significative, anche la contrapposizione fede/ragione sembra poter esser superata o, almeno, letta sotto una nuova luce.

La capacità di connettersi con il trascendente, qualcosa che vada oltre il proprio sé, rappresenta l’aspetto centrale della spiritualità, riscontrabile in diverse culture e religioni. Tale abilità trova delle corrispondenze nell’attitudine – riscontrabile a livello cerebrale – che alcune persone presentano in modo spiccato, di minimizzare il funzionamento del lobo parietale destro ed enfatizzare l’uso di altre zone. Attraverso la preghiera e la meditazione (che funzionano come un training che sviluppa le sopracitate abilità) si ottiene un progressivo affinamento della capacità di entrare in contatto con la dimensione spirituale.

I nuovi studi – pubblicati su International Journal of the Psychology of Religion – mostrano che la situazione neurologica corrispondente all’esperienza spirituale è più complessa di quanto avessero ipotizzato i primi studi di Newberg e D’Aquili: più che un’area distinta, secondo gli scienziati della University of Missouri, si tratterebbe di molteplici aree che si attivano secondo uno schema peculiare. Il dato della inattivazione del lobo parietale destro rimane confermato (basti pensare che chi subisce una lesione in quest’area tende a disinteressarsi di sé, aprendosi maggiormente agli altri e al trascendente),  mentre le altre aree coinvolte risultano essere il lobo frontale, ma anche zone sottocorticali. La spiritualità, in base a questi studi, ci appare come un qualcosa di dinamico che utilizza diverse parti del cervello per poter essere sperimentata.

Ma perché è così importante la capacità di inattivare il lobo parietale destro? Esso comprende aree destinate alla capacità di orientarsi nello spazio e nel tempo, che vanno perdute nell’esperienza spirituale. Diverse tecniche meditative sono orientate ad astrarsi dalla dimensione spaziotemporale concentrandosi su un punto o su una sequenza di parole: ciò apre la mente verso un’esperienza qualitativamente diversa, di attenzione a “qualcosa di più grande”. Brick Johnstone, professore di psicologia della salute, ha studiato venti individui con un trauma cerebrale che coinvolgeva il lobo parietale destro, trovando che si sentivano meno concentrati su se stessi e maggiormente disposti verso la spiritualità. In più, le persone religiose riescono ad attivare il lobo frontale, contemporaneamente alla disattivazione del lobo parietale destro.

Possono tali dati darci un verdetto sulla fede? La neuroteologia ci offre una serie di interessanti informazioni, come abbiamo visto, su alcuni nessi tra spiritualità e cervello: i “sensi” spirituali di cui parla la teologia trovano un loro corrispondente neurologico; e, aggiungerei, nulla di meno, nulla di più. La scienza, lo sappiamo, è una questione di metodo: un modo di conoscere la realtà attraverso prove, verifiche, falsificazioni, che non si muove, di per sé, nè in direzione religiosa, nè antireligiosa. Volerne fare un giudice di cosa sia vero e cosa non lo sia è, a mio parere, contrario allo spirito scientifico medesimo, che non pretende di trovare una verità ultima, ma, al contrario, cerca incessantemente di trovare ipotesi soddisfacenti per spiegare i fenomeni naturali; si tratta di ipotesi che vengono, nel tempo, soppiantate da idee nuove, in un movimento progressivo. Non credo, allora, che la neuroteologia “smascheri” la spiritualità rivelando la sua natura di effetto (o malfunzionamento) elettrico del cervello, ma, nemmeno, che mostri il “perché” dell’esperienza spirituale. La scienza mostra come i fenomeni avvengano, il “perché” è qualcosa di non scientifico.

Esiste, in base alla neuroteologia, una funzione del cervello che produce un senso di connessione con il trascendente: se si tratti di un “effetto collaterale” dell’evoluzione di altre abilità fondamentali per la sopravvivenza, quali la solidarietà e una disposizione speranzosa verso la vita, o della prova che l’uomo è capace di Dio, non sta alla ricerca neurologica spiegarlo; resta una questione di fede. Tentare di ridurre la spiritualità a movimenti neuro elettrici o, d’altro lato, voler usare i neuroni come prova dell’esistenza di Dio, possono esser visti come vestigia di antichi dibattiti, che opponevano scienza e fede. Eppure tante volte si è affermato che la scienza non può  provare, né confutare la veridicità di proposizioni metafisiche: si tratta di un upgrade di tale metodo oltre i suoi confini. La fede è un modo di fare esperienza diverso, che fa entrare il credente in una dimensione conoscitiva peculiare; oggi sappiamo che si entra in questa dimensione attraverso un funzionamento “tipico” del cervello. Il corpo umano funziona in modi diversi a seconda dei compiti che svolge: quando percepiamo qualcosa con la vista, si attiva il lobo occipitale, ed è bene saperlo, ma, per evitare commistioni improbabili, non è lì che dobbiamo cercare se la cosa vista ci sia davvero o se sia solo un’illusione dei sensi.

 

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Gesù è morto venerdì 3 aprile 33 d.C.?

Quanto è morto Gesù? Non sappiamo la data esatta, ma i Vangeli riportano alcuni elementi che, se letti non in chiave simbolica dovrebbero aiutarci. Uno di questi elementi è riportato solo da Matteo nel suo Vangelo al capitolo 27 e al verso 51 dove parla di un tremore della terra, di un terremoto.

Il geologo Jefferson Williams di Supersonic Geophysical con i suoi colleghi, Markus Schwab e Achim Brauer del Centro tedesco di ricerca per le Geoscienze, hanno recentemente scoperto una cosa interessante: analizzando tre segmenti di materiale prelevato ad Ein Gedi, sul Mar Morto, hanno scoperto come almeno due notevoli terremoti hanno colpito quella zona. Il primo, molto ampio, nel 31 prima di Cristo, e il secondo che ha avuto luogo fra il 26 e il 36 dopo Cristo. “Questo ultimo” ha dichiarato Williams , “è avvenuto negli anni in cui Ponzio Pilato era procuratore della Giudea e nel periodo in cui è circoscritto il terremoto del Vangelo di Matteo”.

Secondo i tre ricercatori questo prova che probabilmente c’è stato un terremoto locale, abbastanza potente da deformare i sedimenti rocciosi di Ein Gedi, ma non sufficiente a produrre una memoria storica più ampia. A questo punto proviamo a ricapitolare i dati che abbiamo che ci possono permettere di identificare la data di morte di Gesù:

–  tutti i Vangeli e gli Annali di Tacito (XV, 44) concordano nel collocare la crocifissione quando Ponzio Pilato era procuratore della Giudea, quindi tra il 26 e il 36 dopo Cristo;
– tutti i Vangeli collocano la crocifissione di venerdì;
– tutti i Vangeli concordano sul fatto che Gesù morì alcune ore prima dell’inizio del sabato ebraico (che iniziava al tramonto del venerdì);
– i sinottici (Matteo, Marco e Luca) indicano che Gesù sarebbe morto il 15 di Nisan
– Giovanni invece colloca la morte di Gesù, apparentemente il 14 di Nisan

C’è poi un altro dato riportato dai vangeli sinottici e cioè l’oscurità che ricoprì la terra al momento della morte di Gesù. Non ci furono eclissi di sole compatibili con gli altri dati, quindi si ipotizza che questo sia un evento simbolico oppure potrebbe essere stato un improvviso innalzamento di polvere, l’intenzione di Williams è quella di investigare in questa direzione.

In ogni caso, tutti questi dati ci permettono di ipotizzare come date per la morte di Gesù: Venerdì 7 aprile del 30 d. C. , o Venerdì 3 aprile del 33 d. C. Il fatto che risulti un eclissi di Luna il 3 aprile del 33 d. C, intorno alle 14.45 (l’ora della morte, secondo i Vangeli era l’ora nona romana, quindi intorno alle 15) farebbe propendere, al momento, per questa data.

Davide Galati

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L’omofobia dell’UAAR: ecco l’ultima gaffe

 
 
di Gianfranco Amato*
*avvocato e bioeticista (da www.culturacattolica.it)

 

Sta circolando un’immagine offensiva in cui tre scimpanzé, un maschio, una femmina e un cucciolo, vengono irriguardosamente accostati alla Sacra Famiglia. Il motivo del raffronto sacrilego è contenuto nel bodycopy: «Nessuno ha l’esclusiva sui modelli di famiglia». Ovvia l’allusione al magistrale intervento del Sommo Pontefice al VII Incontro mondiale delle famiglie tenutosi a Milano.

Gli ideatori di questa bella pensata sono, ça va sans dire, gli impareggiabili gaffeur dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, che nel perenne tentativo di voler apparire insolenti, beffardi e irrispettosi ad ogni costo, restano spesso vittime di incidenti che li fanno precipitare nel ridicolo o nel comico involontario. Con quest’ultima boutade delle scimmie, il messaggio che i maldestri impertinenti dell’UAAR intendono trasmettere – così come testualmente si legge nel loro sito istituzionale – è che «non esiste un modello “unico” e “naturale” di famiglia».

Il punto è che hanno magistralmente toppato la strategia di marketing utilizzata per veicolare tale messaggio, visto che sono riusciti a trasmettere l’esatto contrario di ciò che intendevano propagandare. Un omerico autogol, nella migliore tradizione uaarrina. Ora, a prescindere dall’aspetto blasfemo – sul quale è meglio stendere un velo pietoso – il concetto che con tutta evidenza promana da quella insolente rappresentazione fotografica, è che un modello di famiglia naturale esiste eccome: è composto da un esemplare maschio, un esemplare femmina e da un cucciolo. Il passaggio, poi, dal mondo animale a quello umano è più che naturale. Una siffatta idea di composizione familiare, tra l’altro, non è per nulla un’invenzione del cristianesimo, né tantomeno della Chiesa Cattolica. Fin dall’antichità, e ben prima, quindi, dell’avvento di Cristo, la famiglia, costituita da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio, è stata considerata come la cellula della società, «principium urbis et quasi seminarium rei publicae», per mutuare la celebre espressione di Cicerone nel suo De Officiis, ovvero il fondamento della comunità e una sorta di vivaio dello stato. E questa idea, come ricordava sempre il grande Cicerone, è mutuata dal mondo animale poiché «natura commune animantium, ut habeant libidinem procreandi».

Nel patetico quanto sfortunato tentativo di contestare l’evidenza naturale del concetto di famiglia – così come da sempre è propugnato dal Magistero della Chiesa Cattolica – i nostri goffi dissacratori dell’UAAR sono riusciti a rendere un’immagine plastica di quello stesso concetto, al punto di rischiare qualche severa reprimenda da parte della potente lobby gay. Se non addirittura l’accusa di omofobia. In effetti, è difficile reperire in natura due scimpanzé omosessuali, e se anche, per uno scherzo della medesima natura, qualche esemplare fosse possibile rinvenirlo, certamente sarebbe difficile accostarlo al compagno/a insieme ad un cucciolo. Anche tra gli scimpanzé, infatti, per generare un essere vivente di quella specie occorre un gamete femminile ed un gamete maschile. La dura realtà è che il mondo animale non conosce le “famiglie arcobaleno” che gli umani cercano caparbiamente di creare a dispetto della natura. Se non fosse stato per l’irriverente, empio e sacrilego raffronto tra le scimmie e la Sancta Familia, questa volta avremmo potuto persino ringraziare l’UAAR per aver fatto comprendere, attraverso una semplice immagine che vale più di mille parole, come in natura non possano esistere altre famiglie se non quelle costituite da un individuo maschile, uno femminile e dalla prole nata dalla loro unione. Con buona pace di tutte le presunte alternative a questo “unico” ed immutabile modello “naturale”.

 

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L’ipocrisia dei Radicali, finanziati con milioni di euro per la loro radio

Finalmente anche “Il Corriere della Sera”, seppur a pag. 13, si occupa del finanziamento pubblico a Radio Radicale. Lo stesso partito che finge di contrastare il rimborso delle spese elettorali ai partiti (anche perché sa bene che essendo ignorato dai cittadini non ci guadagnerà mai nulla in ogni caso), ma che poi si è sempre comportato peggio di tutti gli altri partiti politici.

Maurizio Turco e Mario Staderini difendono strenuamente il finanziamento pubblico alla loro radio politica, sostenendo che offre un servizio pubblico trasmettendo le sedute parlamentari. Peccato che siano anche commentate quotidianamente da Marco Pannella, che ogni giorno vi sia una lettura anticlericale dei quotidiani, che si dia voce agli incontri sui costi della Chiesa, che si parli di aborto, eutanasia, omosessualità senza contraddittorio e così via. Peccato che solo il nome, Radio Radicale, sia uno sponsor del peggior partito politico sulla scena italiana e che dunque lo Stato stia facendo pubblicità diretta, con i soldi dei cittadini, ad un partito politico assolutamente e fortunatamente di minoranza. I radicali, oltretutto, sono gli unici ad aver chiamato la loro radio come  il loro partito, c’è anche “Radio Padania” -è vero-, ma i leghisti non prendono nulla per essa, ma solo per il loro quotidiano.

In sei anni, si legge, i contribuenti hanno versato 60 milioni di euro in sei radio di partiti politici. In cima al podio, dice correttamente l’articolo, c’è Radio Radicale che si ciuccia «decine di milioni di euro per un servizio di diretta parlamentare che fa pure la Rai, e che riceverà quest’anno altri 4 milioni euro». Poi c’è la radio dei Verdi, “Ecoradio”, tre radio vicine al PD, “Roma Città Futura”, “Radio Galileo” e “Radiondaverde”, e una vicino alla Lega veneta. Ma nulla incassa soldi pubblici come gli ipocriti radicali.

Come ha scritto giustamente Francesco Agnoli su “Il Foglio”, parlando dell’8×1000: «sui soldi, quelli liberamente donati alla chiesa, c’è sempre un Curzio Maltese qui, un Radicale là, pronto a lanciare anatemi, a ripetere slogan, a riciclare luoghi comuni di piombo spacciati per oro puro. Non temono l’ipocrisia di parlare dal pulpito offerto loro dal miliardario di turno, o da una radio che costa ogni anno ai contribuenti italiani milioni di euro, e che è, nel contempo, molto spesso, espressione rancorosa di una chiesuola nichilista (che propone l’aborto al posto del battesimo, l’eutanasia dell’estrema unzione, e la droga libera come surrogato dell’eucaristia)». 

 

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La famiglia uomo e donna, con più figli, è l’unica vera risorsa da favorire

Durante la recente visita pastorale a Milano in occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie,  Benedetto XVI ha parlato a lungo della famiglia, ribadendo l’importanza della visione tradizionale che, guarda caso, è perfettamente in linea con gli studi sociologici più recenti. Il Papa ha affermato: «è in famiglia che si sperimenta per la prima volta come la persona umana non sia creata per vivere chiusa in se stessa, ma in relazione con gli altri; è in famiglia che si comprende come la realizzazione di sé non sta nel mettersi al centro, guidati dall’egoismo, ma nel donarsi; è in famiglia che si inizia ad accendere nel cuore la luce della pace perché illumini questo nostro mondo» (qui tutti i discorsi con relativi filmati).

L’elogio della famiglia formata da uomo, donna e più di un figlio, è stato il cuore di numerosi interventi e studi sociologici che si sono susseguiti in questi ultimi mesi. Un gruppo di psicologi delle università di UC Riverside, Stanford e British Columbia, ad esempio, ha presentato il mese scorso (qui una sintesi) uno studio dove si conclude che «le persone con figli sperimentano una maggiore quantità di emozioni positive e di senso della vita rispetto alle persone senza figli». Avere figli incoraggia all’altruismo, «crea grande soddisfazione, migliorando le relazioni interpersonali». Molto bella l’intervista del “Corriere della Sera” al sociologo Giuseppe De Rita, direttore del Censis (istituto di ricerca socioeconomica), il quale afferma: «La famiglia è l’unico luogo dove ci si sente effettivamente protetti, al sicuro, sorretti, compresi. La famiglia è “necessaria” in quanto realtà sociale ancora insostituibile». Ha parlato anche di sé, marito da 53 anni e padre di 8 figli: «una famiglia numerosa è il miglior investimento che un individuo possa fare nella sua vita».

Tra le tante relazioni tenute durante il “Congresso Teologico-Pastorale”, segnaliamo quella del prof. Luigino Bruni, docente di
Economia Politica presso l’Università di Milano-Bicocca, il quale si è soffermato sul concetto di tempo come gratuità. Interessante anche la relazione presentata (anche qui) dal prof. Pierpaolo Donati, sociologo presso l’Università di Bologna (autore di “Famiglia: risorsa per la società”, Il Mulino, 2011), che ha sottolineato come la famiglia tradizionale (quella con due figli o più), unita dal legame di fedeltà fra un uomo e una donna, è quella che rende stabile la personalità dei figli, spinge all’aiuto verso gli altri, crea personalità capaci di creatività e responsabilità nel lavoro, aiuta la coesione sociale e sia in grado di assecondare meglio il desiderio di felicità, rispetto a situazioni familiari differenti (genitori separati o conviventi more uxorio, con un solo figlio, ecc.). I fattori emersi che rendono una famiglia “virtuosa” sono stati il matrimonio e il numero di figli (addirittura, ha detto, «è meglio essere in pessimi rapporti con i propri fratelli che essere figli unici»). «Il risultato finale» – si legge nella relazione- «dice che la famiglia normalmente costituita è ancora la forza primaria della nazione, sebbene stia diventando una minoranza». Una minoranza però “più felice”, più gioiosa, anche se “più povera”. Simili risultati arrivano da uno studio dell’Istituto Toniolo, il quale ha rivelato che il 75% dei giovani (18-29 anni) -se potessero- vorrebbero il terzo figlio. Inoltre l‘82% degli intervistati ha affermato di aver ottenuto dalla famiglia la capacità di guardare con tranquillità al futuro e trovando in essa supporto emotivo ed economico.

Ovviamente questi sono dati che stridono fortemente con la propaganda radicale e l’enorme pubblicità all’individualismo delle convivenze, al privatismo delle coppie omosessuali, alla penalizzazione sociale del rapporto matrimoniale. Interessante, da questo punto di vista, l’intervento del sociologo e opinionista Massimo Introvigne, secondo cui «la famiglia nasce da un dato naturale, e non possiamo reinventarla a nostro piacimento”». La crisi della famiglia «viene da lontano ed ha le sue radici nell’illuminismo. Pensiamo alle polemiche di Rousseau sulla famiglia come luogo in cui ai bambini vengono trasmesse superstizioni e cattive idee. Già allora si cominciò a mettere in discussione i legami organici. È l’esito di un processo, che annovera tre tappe. Comincia con il primato dell’individuo sulla famiglia dell’illuminismo, poi dello Stato sulla famiglia delle ideologie totalitarie del XX secolo. In fondo al tunnel c’è la negazione: la famiglia non è una realtà ma un’invenzione culturale che ognuno è libero di rifare a proprio piacimento». Questo è il grimaldello per importare la poligamia, inventare il matrimonio omosessuale, fino all’ammissibilità dell’incesto come si sta chiedendo oggi alla Corte europea. Ma, continua Introvigne, «la famiglia nasce da un dato naturale che non siamo liberi di inventare. Qui le strade divergono: per il credente tale dato è creato, iscritto in un disegno di Dio sull’universo, per un non credente tale disegno non c’è e, coerentemente, quel dato diviene modificabile».

Come ha argomentato la storica Lucetta Scaraffia, individualismo, rivoluzione sessuale (libertinismo), leggi sul divorzio, sull’aborto (con legami con la gnosi), sulle nozze gay, sono i veri responsabili della crisi della famiglia di cui oggi tutti parlano ma che nessuno vuole contrastare davvero. Tranne la Chiesa, ovviamente.

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Scienza, fede e neuroetica nell’impegno del dott. Carrara

La storia della scienza ha visto decine e decine di sacerdoti scienziati portare contributi fondamentali e, a volte, avviare veri e propri campi di studio come è accaduto con il monaco cattolico Gregor Johann Mendel e la genetica moderna. In Ultimissima 15/05/12 abbiamo realizzato un breve ma significativo elenco.

Esistono tuttavia anche tanti altri sacerdoti-scienziati che compiono quotidianamente il loro lavoro di studiosi, tra teologia e ricerca scientifica. E’ il caso del dott. Alberto Carrara, ad esempio, proclamato nel 2004 dottore in Biotecnologie mediche pressola Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Padova e contemporaneamente entrato nella Congregazione religiosa dei Legionari di Cristo. Attualmente è studente di Baccalaureato in Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, dove dal 2009 è membro del Gruppo di Ricerca in Neurobioetica. Dal 2010 è divenuto membro della International Neuroethics Society.

Il dott. Carrara gestisce un blog davvero molto interessante, intitolato “Neuroetica e Neuroscienze”, che invitiamo a visitare. Segnaliamo articoli recenti, suddivisi in rubriche settimanali (il lunedì, ad esempio, è il turno dell’omosessualità), davvero interessanti, come “Perché non siamo il nostro cervello”, Donne & Uomini: dato di natura”, “La coscienza tra mente e cervello: aspetti antropologici ed etici”, Coscienza e neuro-libertà”, ecc.

Recentemente è apparsa una sua intervista su “Zenit.it”, in cui affronta la tematica delle biotecnologie mediche e relative sfide bioetiche, mostrando un chiaro approccio scientifico ma al contempo valorizzatore del contributo etico e filosofico, e per nulla riduzionista . Si è poi soffermato sul concetto di anima: «il tema dell’anima è forse il “filo rosso” che dagli albori della civiltà ad oggi, l’uomo si porta dietro, lo segue come la sua stessa ombra. Sono certo che proprio grazie alla luce delle moderne neuroscienze e neurotecnologie la realtà dell’anima umana emergerà in tutto il suo splendore. C’è posto per l’anima umana nel dibattito filosofico proprio perchè è l’uomo, essere uni-duale, composto da corpo e anima, sia colui che fa scienza, sia colui che vi riflette filosoficamente». Rispetto al rapporto tra scienza e fede, «non c’è contrapposizione, basta rispettare gli ambiti e i metodi propri di ciascuna disciplina. Oggi il grande problema è proprio la mancanza d’equilibrio e di umiltà, il voler possedere una scienza onnicomprensiva che spieghi la realtà, che spieghi l’essere umano».

«Tutti i neuro-determinismi contemporanei», ha concluso, «sono insufficienti proprio perchè assolutizzano, antropomorfizzano un solo dato della complessa realtà dell’uomo. L’essere umano si caratterizza per il “mistero” che da sempre cela e che, d’altronde, costituisce la forza e l’impulso stesso della ricerca scientifica».

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Planned Parenthood (e Obama) a favore dell’aborto come selezione del sesso

Tempi davvero duri per il più grande ente abortista del mondo, proprietario di decine e decine di cliniche per la soppressione dei “non ancora nati”, ovvero Planned Parenthood, fondazione nata nel 1921 dall’eugenista Margaret Sanger, secondo la quale «lo scopo di promuovere il controllo delle nascite è quello di creare una razza di purosangue», «il controllo delle nascite in sé, spesso denunciato come una violazione del diritto naturale, è né più né meno che la facilitazione del processo di estirpazione degli inadatti, di impedire la nascita di deficienti o di coloro che diventeranno deficienti»«la cosa più misericordiosa che una famiglia numerosa può fare ad uno dei suoi figli è quello di ucciderlo» (qui e qui trovate tante altre belle citazioni con relativa fonte).

Tantissime sono le cliniche di Planned Parenthood fatte chiudere in seguito alla morte di donne o per aborti anche all’ottavo e nono mese, tantissimi i medici arrestati. Ultimamente, attraverso telecamere nascoste, alcune associazioni pro life sono riuscite a rivelare quel che si è sempre saputo ma non si è mai riuscito a documentare. Nel 2011, infatti, alcuni attivisti sono entrati in una clinica abortista della Virginia filmando un giro di prostituzione minorile all’interno.

Da allora diversi stati americani hanno trovato l’occasione per cominciare a tagliare i fondi pubblici destinati all’ente abortista, come ad esempio nel Kansas, e nell’Indiana, mettendo a dura prova la vita delle cliniche, che hanno dovuto cominciare lentamente a licenziare i dipendenti e a chiudere i battenti. Le attività culturali tuttavia continuano, dato che in Florida Planned Parenthood ha celebrato il “Mese della masturbazione nazionale”, per promuovere una organizzazione internazionale dedicata all’auto-erotismo come parte di un “sicuro gioco del sesso” con “molti benefici per la salute”.

In questi giorni, ancora una volta, il più grande ente abortista è entrato ancora nella bufera in quanto, sempre attraverso telecamere nascoste, è stato scoperto che all’interno delle cliniche in Texas viene promossa la selezione del sesso, ovviamente a discapito -come avviene in Cina- delle femmine. Su questo sito è possibile visionare il video realizzato. Lo stesso avviene da anni nelle cliniche abortiste nel Regno Unito.

Si ricorda che Planned Parenthood, assieme alla Lobby gay, ha appoggiato completamente la campagna elettorale di Barack Obama, finanziandola con 1,4 milioni dollari. Non stupisce per nulla, dunque, la recente dichiarazione del presidente americano a favore dell’aborto come selezione del sesso: il Partito democratico infatti ha incredibilmente bocciato una proposta che avrebbe vietato l’aborto in base al sesso del feto, cioè la pratica per cui se il feto è femmina lo si elimina. Tutto torna dunque, nell’assordante silenzio delle sedicenti femministe.

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Ma NAMBLA non era mica l’associazione di omosessuali pedofili?

Il giornalista Fabrizio Peronaci, autore insieme a Pietro Orlandi -fratello di Emanuela, la ragazzina vaticana “rapita” nel 1983- dell’interessante libro “Mia sorella Emanuela” (Edizioni Anordest 2012), ha tirato fuori su “Il Corriere della Sera” una storia strana, poco comprensibile, collegando la sparizione di Emanuela con i preti pedofili americani e l’associazione pedofila “Nambla” (“North American Man Boy Lover Association”).

Sinceramente non si è capito molto bene il collegamento, rimane il dubbio se sia una pista davvero avanzata dalla magistratura o la solita invenzione giornalistica per tenere alta l’attenzione su questo misterioso e drammatico caso (di cui ci vorremmo occupare a breve con un apposito dossier). Dalla descrizione di Peronaci, il tutto ruoterebbe attorno all’ex arcivescovo di Boston, Bernard Francis Law, accusato di aver coperto per molti anni dei sacerdoti pedofili e quindi dimessosi nel 2002, ma incredibilmente chiamato a Roma da Stanislaw Dziwisz nel 2004 come arciprete della Basilica Papale. Benedetto XVI, divenuto Pontefice nel 2005, lo obbligherà a dimettersi e ritirarsi. Durante la deposizione di Law alla Corte di Suffolk del 7 giugno 2002, egli si scusò per aver controllato poco i suoi «collaboratori», e il rappresentante dell’accusa affermò: «È emerso in una precedente deposizione che 32 uomini e due ragazzi hanno formato il gruppo Nambla. Per contattarlo si può scrivere presso il Fag Rag, Box 331, Kenmore Station, Boston… Cardinale Law, ha inteso?». L’arcivescovo a quel punto rispose: «si, ho inteso». Guarda caso, scrive il giornalista del “Corsera”, Kenmore Station è la stazione postale da cui partì anche una lettera dei presunti rapitori di Emanuela Orlandi e “Fag Rag” -questo lui non lo dice, ma lo abbiamo scoperto noi– era la sede a Boston di una rivista per gay, che mise le basi per la fondazione di NAMBLA. Non si capisce però cosa c’entrino i preti pedofili con questo, anche perché NAMBLA è stato fondato nel 1977/78 (dunque si poteva contattarla direttamente senza passare per la rivista gay) ed Emanuela Orlandi è scomparsa nel 1983. Forse ci saranno degli sviluppi chiarificatori.

Il collegamento tra la rivista gay e NAMBLA non è invece casuale, il movimento LGBT americano infatti non solo fondò l’associazione di pedofili ma la sostenne fino a quando poté. Ad ispirare la fondazione di NAMBLA fu in particolare la storica rivista canadese per omosessuali, “The Body Politic”, con la pubblicazione dell’articolo “Uomini che amano ragazzi che amano uomini” dell’omosessuale Gerald Hannon (subendo subito dopo un’irruzione della polizia in redazione). Nel dicembre del 1977, la polizia arrestò a Boston 24 uomini omosessuali per stupro di bambini e, in seguito all’indignazione popolare, venne costituito dall’omosessuale Tom Reeves il “Boston-Boise Committee”, ovvero un’organizzazione per i diritti gay per promuovere “la solidarietà tra gaye l’amore tra uomini e bambini. Vi parteciparono 150 persone, 30 delle quali (come detto sopra) formarono poi la  North American Man/Boy Love Association (NAMBLA) con lo scopo primario di ribaltare le leggi sullo stupro ed abbassare l’età del consenso per permettere rapporti sessuali tra bambini e adulti.

Il fondatore è stato David Thorstad, ateo, omosessuale ed ex presidente della “New York’s Gay Activists Alliance”, l’attivista gay Reeves divenne invece portavoce nazionale il 13 ottobre 1982, mentre i membri più attivi furono l’ateo e omosessuale Harry Hay, tra i primi attivisti per la difesa dei diritti della comunità gay negli Stati Uniti, il quale protestò fortemente contro l’iniziale esclusione della NAMBLA agli eventi LGBT, ma che divenne presto una delle associazioni organizzatrici dalla prima Marcia gay su Washington nel 1979. Hay affermò: «il rapporto con un uomo più anziano è proprio quello che a tredici, quattordici anni, i bambini hanno bisogno più di ogni altra cosa al mondo». Un altro sostenitore fu Patrick Califia, lesbica e transessuale, secondo cui «i pedofili sono preti, insegnanti, terapisti, poliziotti e genitori che costringono la loro morale stantia sui giovani sotto la loro custodia. invece di condannare i pedofili per il loro coinvolgimento con giovani lesbiche e gay, dovremmo essere loro di supporto». Un altro storico militante è stato il poeta omosessuale Allen Ginsberg, noto sostenitore dei diritti omosessuali. La più antica associazione americana di omosessuali, “The International Gay & Lesbian Archives”, attraverso il suo fondatore Jim Kepner, sostenne a sua volta l’operato di NAMBLA affermando: «Se noi respingiamo i boylovers (“gli amanti dei bambini”) in mezzo a noi oggi, allora faremmo meglio a smettere di sventolare la bandiera dei Greci antichi, di Michelangelo, di Leonardo da Vinci, di Oscar Wilde e Walt Whitman. Faremmo meglio a smettere di rivendicarli come parte del nostro patrimonio, a meno di non ampliare il nostro concetto di ciò che significa essere gay oggi». Un altro dei sostenitori fu l’omosessuale Samuel R. Delany, il quale allegò il bollettino NAMBLA ad alcune riviste per gay e lo diffuse nelle librerie gay e lesbiche degli Stati Uniti e poi d’Europa. Lo si può leggere ancora oggi sul sito web (ancora attivo?) dell’associazione pedofila, con tanto di sue citazioni. Kevin Bishop fu promotore di NAMBLA in Sud Africa, omosessuale e militante per i diritti gay, in un’intervista a “Electronic Mail & Guardian” del 30/6/1997 disse una cosa davvero terribile: «Gratta sotto un omosessuale e troverai sempre un pedofilo».

NAMBLA, oltre al Bollettino, pubblicava anche “Gayme Magazine”, rivista rivolta al mondo omosessuale, il cui direttore -responsabile anche del Bollettino- è stato Bill Andriette, noto attivista gay, ancora oggi portavoce dell’Associazione di pedofili. Anche lui ha affermato una cosa spaventosa:  «la tradizione principale dell’omosessualità è coerente con il supporto dell’abolizione delle leggi che vietano stupro». Fino al 1994 NAMBLA ha fatto ufficialmente parte della “International Lesbian and Gay Association”, fino a che quest’ultima è stata sospesa dalle Nazioni Unite (riammessa solo nel 2006) venendo così obbligata a sganciarsi dall’associazione pedofila, la quale tuttavia continuò a partecipare agli eventi promossi dalla comunità LGBT, come dimostra ad esempio questo video. I sostegni della Lobby gay a NAMBLA vennero a mancare nel tempo proporzionalmente all’indignazione della società verso tale associazione (oggi è definita “la più odiata d’America”).

Oltretutto, nel 2004, Nambla è stata difesa in una delle numerose cause civili dall’American Civil Liberties Union (ACLU), un’associazione ateo-comunista americana in lotta per l’abolizione della preghiera e il riconoscimento di Dio dalle istituzioni pubbliche. Cosa potrà mai c’entrare NAMBLA con Emanuela Orlandi e il card. Law?

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La gratitudine, ovvero ciò che differenzia i credenti dagli altri

 

di Marco Fasol*
*docente di storia e filosofia

 

“In principio Dio creò il cielo e la terra… e Dio vide che era cosa buona”, per sette volte viene ripetuto, nel primo capitolo della Bibbia, che tutta la creazione è cosa buona. E la settima volta, dopo la creazione dell’uomo, viene avvalorata la benedizione divina con un superlativo: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona”. Allora che cosa troviamo all’inizio della creazione ed all’inizio della Bibbia?

Troviamo una “benedizione originale” da parte di Dio. All’origine del mondo vi è l’entusiasmo di Dio, che ha creato, e quindi ama la sua creazione, ne esalta la bellezza e la bontà.  Quindi tutto il creato è buono, molto buono. E’ oggetto della benedizione di Dio. Nessuno Lo ha costretto a creare. Se ha creato, vuol dire che ne valeva proprio la pena. Che cosa vuol dire “benedire”?   E’ una parola di consacrazione, una dichiarazione d’amore: voglio il tuo bene, ti voglio bene. Esprime il compiacimento di Dio per ogni creatura. Per questo il creato è sacro. Siamo sicuri che Egli ama il suo creato, se ne prende cura, lo porta al suo compimento, alla sua realizzazione.

Potremmo dire dunque: “In principio era la gioia”. Perché Dio era felice di creare un mondo meraviglioso. Il termine ebraico che esprime la bontà del creato, “tov”,  indica tutto ciò che è positivo, affascinante, buono moralmente. I greci hanno tradotto “kalòs”, che indica soprattutto la bellezza estetica del mondo, del kòsmos. I latini hanno tradotto “bonum” che indica l’utilità pratica e il valore etico del creato. Questa bontà e bellezza della creazione ci spiegano la Bontà e Bellezza di Dio, del loro Creatore. L’uomo intelligente, l’uomo biblico è colui che non dimentica mai, neppure per un istante, questa benedizione originaria da cui è scaturito tutto l’universo. Non siamo figli del caso, ma della benedizione di Dio. Ciascuno di noi è un pensiero di Dio.  Diventa dunque fuorviante qualsiasi spiritualità incentrata sul pessimismo e sul peccato da riparare. La fonte prima di ogni spiritualità biblica sarà sempre la gioia e l’amore perché Dio stesso è amore e gioia di vivere. Certamente non è la gioia incantata e trasognata di chi vede solo il bene. Vediamo tutti i giorni che la felicità come assenza di dolore non è di questo mondo, è utopia illusoria. Ma l’importante è conquistare una volta per tutte questa consapevolezza che la festa, la benedizione è all’origine di tutto e ne sarà lo scopo entusiasmante. E’ questa certezza che ci apre il sentiero per arrivare alla gioia di vivere, di cui comincia a parlare la teologia contemporanea.

Prima di tutto, per l’essere umano, viene dunque la meraviglia, la gratitudine per quanto Dio ha fatto per noi. Poi verrà naturalmente la fede.  Ma se l’uomo non sa ringraziare per tutto quello che ha ricevuto, è ben difficile che nasca la fede. Per questo Meister Eckhart, un grande mistico tedesco, scrive: “Se nella tua preghiera riesci a pronunciare una sola parola: ‘grazie’, sarebbe già abbastanza”. Certo che è già abbastanza! Perché in quel ‘grazie’ è racchiuso tutto il nostro sentimento di gratitudine che è la fonte di ogni nostra azione. Per questo un uomo senza Dio, non potrà mai essere un giusto, anche se rispetta la morale orizzontale della coscienza: non uccide, non ruba, non dice il falso… Perché il primo atto di giustizia consiste nel cercare la propria Causa per esserLe grato. Ha ricevuto tutto e non ringrazia di niente! Noi diciamo che è maleducato chi non dice grazie semplicemente per un piccolo regalo. E chi non dice mai grazie al suo Creatore può essere un uomo giusto?

Come scrive Abraham Heschel, l’ebraico biblico non ha nessuna parola per indicare il dubbio, mentre ha moltissime parole per indicare la lode, il canto, la gioia, la benedizione, la meraviglia davanti alla bellezza del creato. Da questa meraviglia nasce la gratitudine, che è il sentimento fontale da cui scaturisce il senso della nostra vita. Allora tutto ciò che esalta la bellezza della creazione diventa una lode di Dio. Dobbiamo rivalutare ed apprezzare ogni gesto ed ogni azione autenticamente umana. L’amore sessuale legittimo, la danza, la festa, il sano divertimento, il gioco, l’umorismo, la creazione artistica, il gustare i prodotti della terra e del lavoro dell’uomo… tutto questo è una lode del Creatore. Una sentenza talmudica dice che noi meritiamo il Paradiso tanto quanto siamo riusciti a gustare le bellezze ed i doni della creazione. Ovviamente nel rispetto delle leggi di Dio. E saremo giudicati su tutti quei piaceri legittimi a cui abbiamo rinunciato. L’etica biblica non è un’etica rinunciataria e proibizionista, ma un’etica positiva di amore per il creato. Se il nostro sentimento dominante non è il canto, la gratitudine per tutto quello che il Signore ha fatto per noi, noi lasciamo pericolosamente spazio ad altri sentimenti: alla paura, all’angoscia, alla depressione, alla rabbia che ci raffredda.

La grande tradizione cristiana ha sempre magnificato le bellezze della creazione. Pensiamo al Cantico delle creature di San Francesco d’Assisi che è alle origini della nostra letteratura italiana. Una bellissima poesia di lode e di gratitudine, al punto che ogni creatura viene innalzata alla dignità di “fratello (sole), sorella (luna ed anche morte corporale) e madre (terra)”. Il creato diventa la nostra famiglia, caro come un familiare. Il cardinal Wishinsky, primate di Polonia nei difficili anni del comunismo, padre spirituale di Giovanni Paolo II, ha scritto in una lettera di compleanno: “Ti ringrazio o Dio, perché mi hai abbracciato attraverso le braccia di mia madre”. E’ la preghiera di un autentico uomo biblico, che sa riconoscere in tutto il bene che riceve dalle creature, un dono allusivo alla bontà di Dio. Ha concretizzato Dio, che non è il misterioso ed inaccessibile Altro, ma è talmente concreto e vicino da esser presente in tutte le persone che ci amano davvero.

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