La laica popolazione ceca fortemente favorevole a aborto, eutanasia e pena di morte

La Repubblica ceca ha un record abbastanza insolito: è abitata da una delle popolazioni più secolarizzate d’Europa con il 44% tra atei e agnostici e il 56% di cristiani.

 Significativo il fatto che, caso più unico che raro, in un recente sondaggio condotto da CVVM, la maggioranza dei cechi sia favorevole all’aborto (72%), all’eutanasia (45% favorevoli e 27% contrari) e alla pena di morte (45% favorevoli e 27% contrari). Una spiccata propensione alla cultura della morte, dunque. Caso vuole che siano proprio le pratiche ampiamente promosse dalle dittature che hanno a turno occupato il popolo ceco, ovvero nazismo e comunismo, lasciando evidentemente gravi danni e conseguenze nel Paese. Sappiamo infatti che, mentre il nazismo ha tentato di cancellare il cristianesimo, il comunismo ha espressamente promosso (meglio dire obbligato) l’ateismo.

Segnaliamo anche che, il Paese più secolarizzato d’Europa,  è anche al secondo posto tra quelli che più consumano alcool e addirittura il consumo “pesante” tra gli uomini è il più alto di tutta l’Europa centrale (59,4%).  La percentuale di giovani che abusano di alcool è in costante aumento, al contrario di quanto avviene negli Usa. E’ presente anche un altissimo tasso di consumo di cannabis:  i giovani tra 15-24 anni sono i più forti consumatori europei di marijuana (il 45% dei giovani cechi) e la percentuale di consumatori dai 15 ai 64 anni è del 15%, contro una media europea del 6%.

Per alcuni questo diffuso bisogno di evadere dalla realtà è dovuto all’oppressione comunista, tuttavia i medici fanno notare che il tasso di tossicodipendenze nella Repubblica Ceca è aumentato del 10 per cento proprio negli ultimi anni. 

Tornando al recente sondaggio, si sottolinea che il supporto all’aborto, all’eutanasia e alla pena di morte sia più basso tra i credenti (il 90% sono cattolici) rispetto agli atei e al resto della popolazione.

 

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Buone notizie: nel Lazio il 91% dei ginecologi è obiettore di coscienza

Buone notizie arrivano dal Lazio: in 9 strutture pubbliche su 31,  i medici che hanno voluto rimanere coerenti al Giuramento d’Ippocrate, che invita a «perseguire la difesa della vita», sono ormai pressoché la totalità e infatti qui non si eseguono soppressioni dell’essere umano nella prima fase della sua esistenza (azione chiamata tecnicamente “aborto”).

A queste –riporta Il Messaggero– ne vanno aggiunte altre 3, di cui due (Formia e Palestrina) hanno sospeso il servizio, e una (Policlinico Tor Vergata) pur avendo la struttura che lo permetterebbe non pratica interruzioni di gravidanza. Alla faccia della Consulta di Bioetica Laica, che vorrebbe privare i medici della libertà di agire secondo coscienza, il 91,3% dei ginecologi ospedalieri è obiettore. Personale medico competente che –come spiega il giurista Filippo Vari- si accorge cosa sia l’embrione, anche grazie «alle moderne tecnologie» che «rendono sempre più evidente come la vita sia tale sin dal concepimento», e ha il coraggio di rispettare quel che vede.

Per la gioia dei neoconcepiti, Mirella Parachini, ginecologa membro di Laiga (medici abortisti) si è lamentata del fatto che: «molti dei medici non obiettori sono alla soglia della pensione e non verranno rimpiazzati, per la mancanza di formazione professionale». La Laiga sta dunque valutando l’ipotesi di agire legalmente verso le direzioni sanitarie delle strutture inadempienti, ma non si capisce dove vogliano arrivare. Se non ci sono medici abortisti disponibili, come possono essere incolpate le strutture sanitarie?

Sarebbe molto meglio che queste associazioni si domandassero perché mai tra i medici e i ginecologi del mondo (negli USA l’86%, ad esempio) la percentuale di obiettori e contrari all’aborto sia più alta della media riferita invece all’intera popolazione.

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Benetton chiede scusa al Papa

Il tema del perdono è profondamente inattuale. Ed incompreso, peraltro, poiché sovente scade nel perdonismo. L’idea diffusa secondo cui la Chiesa e il suo popolo, diffusori di un messaggio teso alla comprensione debbano allora fingere di non vedere errori, offese, sopraffazioni, è decisamente fuorviante. E così, dinanzi a contenziosi legali in cui appaiono i religiosi, si storce il naso. Ma in realtà è proprio quando si mette di fronte all’errore commesso,l’altro, che si continua a proporre una testimonianza.

A tal proposito, si è concluso, qualche giorno addietro, il contenzioso legale tra Benetton e la Santa Sede. Tutto era iniziato, nel novembre scorso, con la pubblicazione di un’immagine raffigurante Benedetto XVI che bacia l’ imam egiziano Al-Azhar. Il fotomontaggio, esposto anche in prossimità del Vaticano, faceva parte della campagna pubblicitaria Unhate (senza odio), che però potrebbe essere ribattezzata “Unrespect” (senza rispetto) dato che si è presentata come un’offesa ai cattolici tutti oltre che al Pontefice, in primis. L’arte infatti non esula dai criteri di rispetto e legalità.

Ebbene, il ritiro della fotografia «come atto di pubbliche scuse» da parte di Benetton, è stato l’epilogo della vicenda. L’azienda si è impegnata «a non utilizzare in futuro l’ immagine del Papa senza autorizzazione»; d’altro canto la Santa Sede, ed anche questa scelta è stata emblematica, ha rinunciato a chiedere un risarcimento in denaro, ma ha ottenuto l’ impegno di Benetton per una donazione ad un’attività caritativa. Un risarcimento morale che riconosce l’abuso compiuto e afferma la volontà di difendere anche con mezzi legali l’immagine del Papa. Comportamento che ha indicato il senso della giustizia senza rivalsa, non scivolata nella superficialità di “chiudere un occhio”, atteggiamento che tenderebbe alla complicità verso l’errore o all’occultamento della colpa e che rischia di sprofondare nella corresponsabilità.

Il perdono infatti non comporta mai l’elusione della verità ma implica inevitabilmente la capacità di distinguere l’errore dall’errante, spiega Giannino Piana, docente di teologia morale presso il Seminario Vescovile di Novara. L’errore va riconosciuto e possibilmente risanato; verso colui che ha errato invece il popolo cattolico cristiano applica il perdono; “per dono” ovvero la gratuita cancellazione di quanto è avvenuto nella costruzione del rapporto; e il regalo di una fiducia nuova e viva, avulsa dal (pre)giudizio. Discernere tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia è compito della Chiesa e del cristiano. Difendere i diritti lesi pure. Che questi tocchino un’immagine vaga o ben identificata. Che quel cristiano sia tizio o caio, o il pontefice in persona.

Livia Carandente

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Dove neodarwinismo coincide con creazionismo: il bluff della “selezione naturale”


 
 

di Giorgio Masiero*
*fisico e docente universitario

 
 

In un recente articolo, Michele Forastiere ed io abbiamo calcolato la probabilità che una proteina si sintetizzi per caso: P « 10-100, come dire che l’eventualità appartiene al regno umbratile del paranormale. L’irrealizzabilità è confermata da Richard Dawkins, che nel suo best seller “L’orologiaio cieco” (1986) dà per l’emoglobina P ≈ 10-190. Per una cellula, il numero precipita: P < 10-40.000. Per gli organismi viventi più complessi poi, la matematica ricorre a potenze di potenze: perché infatti in un organismo appaia un nuovo organo, è necessario che innumerevoli giuste combinazioni conferiscano simultaneamente a più geni i caratteri complementari necessari ad esercitare la nuova funzione; che il nuovo organo sia coordinato con il resto dell’organismo, cioè che la sua funzione sia integrata a quelle correlate di altri organi; che in sincronia nuovi sistemi di regolazione capaci di assicurare il corretto funzionamento di tutti gli organi appaiano nell’organismo…, e le improbabilità si moltiplicano ogni volta.

Come si pongono i mezzi “ufficiali” d’istruzione e informazione di fronte al problema dell’origine della vita e delle specie sulla Terra? Anziché dire i fatti, che sono: “60 anni di studi ed esperimenti in biologia molecolare ci hanno fatto avanzare solo nella percezione dell’immensità del problema. Oggi sappiamo che neanche la cellula più semplice può sorgere per caso. L’origine della vita e delle specie è un problema ancora senza soluzioni in vista”; invece di ciò, l’apparatcik accademico e mediale proclama: “La vita è sorta sulla Terra dalla materia inanimata, circa 3 miliardi di anni fa, in seguito ad un processo evolutivo di qualche tipo. Con altre mutazioni poi, ogni specie vivente si è evoluta dalle precedenti in un processo culminato nella specie umana”. Il lieto annuncio, però, non è supportato da alcuna evidenza diretta; è irriso da paleontologia, statistica e fisica; non rispetta neanche i canoni scientifici. È solo la foglia di fico dietro cui l’arroganza cela la sua ignoranza.

Togliamo subito un equivoco sulle “mutazioni”. Nessuno dubita delle micro-variazioni di DNA, dove la selezione naturale causata dai vantaggi competitivi cumulativamente ottenuti in modi contingenti o la selezione artificiale operata in modi intelligenti dagli obiettivi economici degli allevatori, inducono cambiamenti stabili all’interno della stessa specie: questa è scienza o tecnica genetica, almeno a partire dall’abate G.J. Mendel, e riguarda il mimetismo criptico della Kallima paralekta come la dolcezza vellutata dei piselli odorosi o l’abilità venatoria dei setter inglesi o l’aromatica succosità delle renette della Val di Non (nonché le proprietà di 4 ceppi di OGM vegetali). No, qui si discute di evoluzione da una specie ad un’altra e si vuol capire se la selezione naturale invocata dal darwinismo possa bilanciare la scientifica impotenza del caso ad integrare la serie delle micro-evoluzioni nel DNA necessarie a comporre una macro-mutazione interspecifica. Mi baserò sulla descrizione del meccanismo proposta dal più famoso dei neodarwinisti nel cap. 3 del libro su citato, traducendo con parole mie dall’edizione inglese. Ringrazio Enzo Pennetta che mi ha illuminato con un suo articolo.

Per simulare il processo stocastico di produzione di un piccolo segmento di DNA, Dawkins narra di aver messo davanti alla figlia di 11 mesi, “nel ruolo di perfetto dispositivo simulatore del caso”, una tastiera semplificata di 27 caratteri: le 26 lettere inglesi, senza distinzione di maiuscole e minuscole, e lo spazio per separare le parole. Poi ha atteso che la bimba, battendo le manine sui tasti, riuscisse a digitare un verso di Shakespeare di 28 caratteri: METHINKS IT IS LIKE A WEASEL. Ripartita la striscia di caratteri battuta dalla neonata in stringhe di 28 caratteri, ne sono sortite le “frasi”:

UMMK JK CDZZ F ZD DSDSKSM;
S SS FMCV PU I DDRGLKDXRRDO;
RDTE QDWFDVIOY UDSKZWDCCVYT;
H CHVY NMGNBAYTDFCCVD D;
RCDFYYYRM N DFSKD LD K WDWK;
HKAUIZMZI UXDKIDISFUMDKUDXI

dove si capisce che siamo lontani dall’aver centrato il bersaglio. D’altronde, non si può pretendere che una bambina (seppure dal corredo genico almeno per metà darwinista…) indovini il verso giusto quando le combinazioni sono 2728 ≈ 1040! Servirebbe molto tempo per ottenere la frase che cerchiamo, per non parlare di battere a macchina le opere complete di Shakespeare [corrispondenti all’intero DNA]”, sbotta Dawkins. Qui interrompo il quadretto familiare per fare 3 correzioni, perché in cose di scienza vale la misura che è un numero controllabile, più che l’aggettivo che è un’entità non falsificabile.

1: non servirebbe “molto” tempo, ma un dispendio di materia-energia e di spazio-tempo estremamente superiore alle risorse terrestri. Anche mettendo al lavoro un esercito di 10 miliardi di scimmie, al ritmo stakanovista di 10 battute al secondo, per battere un solo verso di Shakespeare servirebbero circa 1020 anni, che è un tempo 20 miliardi di volte maggiore dell’età della Terra.
2
: per centrare l’opera omnia di Shakespeare, che è composta di 118.406 versi, le combinazioni esplodono a ~105.000.000 e il dispendio fisico diventa estremamente superiore alle risorse dell’intero Universo.
3: l’informazione contenuta nel genoma umano è calcolata intorno ai 1.200 MB, quindi 3-400 volte superiore a tutto Shakespeare, e voliamo alle potenze di potenze: ~10(10^9).

Ma non è con questo meccanismo del puro caso (“selezione a singolo passo”) che procede l’evoluzione, c’istruisce papà Richard: “Neanche la costruzione casuale della sola emoglobina è immaginabile, se già per questa molecola il numero delle combinazioni è 10190! E che dire di un intero organismo?” No, il meccanismo dell’evoluzione che sconfigge l’improbabilità rendendo la speciazione una necessità è la “selezione cumulativa”, ovvero una selezione con setaccio ad ogni singolo passo. […] Senza questa scoperta, servirebbe un Creatore e l’ateismo sarebbe irragionevole; con essa invece, l’ipotesi Dio è superflua”, ci spiega in un audace raid teologico OT. Per spiegare come funziona il setaccio neodarwiniano nel DNA che scarta le combinazioni “senza senso”, Dawkins parte da due fenomeni di fisica: l’ordinamento trasversale dei sassolini in spiaggia secondo la loro massa e le velocità di rivoluzione dei pianeti. Una tribù primitiva potrebbe attribuire il primo evento “all’intervento di un grande spirito del cielo”, ma noi, “sorridendo con superiorità davanti alla superstizione”, sappiamo che si tratta soltanto di un meccanismo fisico “cieco” provocato dalle onde, il cui impulso ha separato i ciottoli più massicci dai più leggeri. Altrettanto cieca è, per Dawkins, la legge fisica che filtra le velocità dei pianeti compatibili con i raggi delle loro orbite, impedendo loro di precipitare sul Sole o di allontanarvisi indefinitamente: “Miracolo? disegno provvidenziale? Macché, solo un altro filtro naturale”.

Idem per la vita. Qui lo zoologo di Oxford riprende la simulazione di centrare il verso di Shakespeare, usando però stavolta il suo pc. La figlia che cosa faceva? Batteva a caso i tasti e così imitava la genesi del DNA con la selezione a singolo passo. Il computer invece è stato programmato per simulare la vera selezione naturale. Come? Attenzione! Dopo essere stato inizializzato con una sequenza casuale di 28 lettere, “riproduce la frase iniziale in tante copie, con una certa probabilità di errore casuale (mutazione) nell’operazione di copiatura. Poi, controlla le frasi mutanti (figlie dell’originale) e sceglie quella che somiglia di più, anche di pochissimo, alla frase-obiettivo, METHINKS IT IS LIKE A WEASEL”. Partendo dalla frase selezionata, la routine è ripetuta: nascono nuove figlie mutanti, e [tra quelle che più somigliano all’obiettivo] viene scelta una nuova vincitrice. E così via, di generazione in generazione”. Questo è il vero modo di agire della selezione naturale, conclude Dawkins, con l’annuncio trionfante che “con tale procedura” in un centinaio di “generazioni” al massimo, in tempi “compresi tra 11 secondi e la durata di un pranzo”, il pc gli restituiva il verso di Shakespeare da qualsiasi stringa esso fosse stato inizializzato.

Confesso, cari lettori: quando nei giorni scorsi ho letto il modello di Dawkins della speciazione e di come la cosiddetta selezione naturale, in maniera cumulativa, setaccerebbe dall’infinita pletora delle variazioni possibili quella “più simile all’obiettivo”, un bit alla volta, non credevo ai miei occhi e mi dicevo: ma questo è Intelligent Design (ID)! Una cosa infatti è un selettore cieco come nella Farfalla Foglia, che con micro-mutazioni casuali agisce a posteriori sotto la spinta della lotta per la sopravvivenza e in cui la teleonomia di un adattamento lepidottero coincide con la nostra interpretazione ammirata del suo lavorio cumulativo; altra cosa, anzi l’opposto, è un selettore lungimirante, che a priori progetta la macro-modifica necessaria per trasformare una specie in un’altra, memorizza l’“obiettivo”, dalla specie di partenza filtra le variazioni secondo la loro conformità al suo fine e in cui, quindi, la teleologia è la giustificazione del divenire! E, incredulo, mi sono letto e riletto il mito narrato in un libro di divulgazione “scientifica”, che è stato venduto in tutto il mondo in milioni di copie, ha procurato al suo autore onorifici titoli e prosaiche royalties e che, secondo quotati opinion maker, avrebbe relegato la Genesi biblica ad una favola per gli asili nido. Ma la spiegazione finalistica, sedicente scientifica, dell’origine delle specie stava lì, nelle pagine impresse col piombo della rinomata casa editrice W.W. Norton & Co. di New York e Londra. Questo sarebbe dunque “il libro che più di ogni altro ha fatto capire ed accettare la biologia evolutiva a livello globale” (J. Maynard Smith, biologo e genetista con 6 medaglie internazionali in scienze biologiche nel suo palmarès)? tutta qua “la più vigorosa difesa del darwinismo mai pubblicata dopo il 1859” (The Economist)?

Se col suo software Dawkins ha ottenuto una volta il verso di Shakespeare “in 11 secondi dopo sole 43 generazioni”, io sono più bravo: ho scritto un programma in Basic per averlo entro un massimo di 28 generazioni in una frazione di secondo da qualunque stringa di partenza! Come l’ID, il meccanismo della selezione naturale nella graduale costruzione e diversificazione della struttura del DNA non è scientificamente accettabile, perché – come sa ogni studente delle medie – la scienza moderna esclude per statuto l’intenzionalità in Natura e ne ricerca il funzionamento riducendo i fenomeni a poche assunzioni (in fisica, sotto forma di equazioni matematiche: la seconda legge della meccanica per i sassolini, quella di Newton per le rivoluzioni planetarie), col follow up di predizioni controllabili ed il fallout di applicazioni tecnologiche. Questa è la differenza tra scienza e mito! Nessuna meraviglia, quindi, se come quelli della Sibilla cumana (ibis redibis…) gli oracoli darwiniani non sono né falsificabili (essi si adattano ad ogni evidenza come all’opposta), né utili (ricadute tecnologiche zero). Finché la teleonomia degli organismi viventi non sarà ricondotta ad assunzioni preterintenzionali di fisica (e in questa direzione già si muovono alcune avanguardie di biologi e fisici con le poche risorse non assorbite dalla pseudoscienza della Sintesi postmoderna), l’origine delle specie che gremiscono la Terra resterà un mistero.

Epilogo. 20 anni dopo “L’orologiaio cieco”, Dawkins butta nel cestino l’altro mito della biologia ufficiale (l’abiogenesi da “molecola autoreplicante”), narrato in un altro suo libro. Sorridendo al ricordo dei milioni di sterline guadagnate, riconosce che nulla sappiamo di come la vita abbia avuto origine sul nostro pianeta e si rifugia nella panspermia, un racconto “nuovo” (nel senso di “diverso”, perché quanto ad originalità l’idea risale almeno ad Anassagora, V sec. a.C.), secondo cui la vita sarebbe stata portata sulla Terra da progettisti intelligenti di galassie lontane: incontra così un’altra volta gli aborriti creazionisti nel Disegno, se non nella natura del Disegnatore. Più di recente, realizza che la panspermia sposta solo il problema da un pianeta ad un altro e trova pace nel multiverso degli infiniti mondi di Alice, dove tutto è possibile. Fuorché, ancora, un discorso scientifico.

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In Inghilterra e Galles triplicano le donne negli ordini religiosi

Da alcune statistiche pare che il numero di donne che accolgono la vocazione religiosa stiano rallentando fortemente rispetto al passato, sopratutto nella vecchia e cinica Europa. Al contrario, aumentano esponenzialmente nei paesi dell’Est, in Africa, Asia e America Latina. La situazione comunque ha in sé anche curve in crescita, è notizia infatti di questi giorni che il numero di donne che si uniscono a ordini religiosi in Inghilterra e nel Galles è quasi triplicato negli ultimi tre anni, secondo i dati divulgati dalla Conferenza Episcopale.

Alla domanda se questo flusso possa segnare l’inizio di una rinascita per le donne religiose in Gran Bretagna, don Richard Nesbitt, direttore di Westminster vocations ha risposto dicendo che «qualcosa sta sicuramente accadendo».  Suor Cathy Jones, promotrice della vita religiosa presso il National Office for Vocation, ha parlato di «aumento significativo». Soltanto nella diocesi di Westminster si parla, ad esempio di più di 30 donne che intendono fare il primo passo verso la vita consacrata.

Anche guardando a quanto sta accadendo oggi negli ordini femminili americani, l’augurio e la speranza è che l’insegnamento teologico che riceveranno sia in linea con la visione della Chiesa e del Pontefice.

L’Agenzia Fides ha invece riportato i dati del Vietnam per quanto riguarda i Gesuiti, scoprendo che negli ultimi anni le vocazioni della congregazione fondata da Sant’Ignazio si sono moltiplicate e preannunciano un futuro roseo per la Compagnia di Gesù nel paese. Lo “Scolasticato San Giuseppe”, a Ho Chi Minh City, accoglie oggi 54 studenti, ma può contare già su oltre 100 nuovi candidati

 

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La caccia alle streghe contro gli eretici Beppe Fioroni e Antonio Cassano

Ci perdoneranno se ancora una volta ci occupiamo di questioni legate all’omosessualità, ma il tema in questo periodo è molto caldo e tante cose ci sono e ci saranno da dire. Ogni giorno arrivano da tutto il mondo notizie di violenza e discriminazione omosessualista nei confronti di chi ha idee differenti sul comportamento omosessuale e sulle nozze gay. Spesso ne abbiamo dato notizia, proprio per sottolineare l’incoerenza di una lobby che finge di essere discriminata -nonostante il completo sostegno del potere mediatico- e invoca tolleranza (e privilegi vari), ma poi aggredisce con una feroce intolleranza chi osi pensarla differentemente.

E’ nota a tutti la risposta del calciatore della Nazionale Antonio Cassano ad una domanda sulle frasi di Alessandro Cecchi Paone (per qualcuno satiricamente Checca Paone), secondo cui in Nazionale ci sarebbero «due gay, un bisessuale e tre metrosexual». Cassano, divertito da queste ossessioni omosessualiste, ha risposto: «Se penso quello che dico sai che cosa viene fuori… mi auguro che non ci siano veramente froci in Nazionale». Come ha fatto notare Emmanuele Michela su Tempi.it, il clima tra i giornalisti (si veda il video sotto) era di allegria rispetto alla spiritosa schiettezza e bonaria spontaneità del giocatore azzurro. Spenti i microfoni, è invece subito piombato il dovere di strumentalizzare il caso per la solita marchetta al mondo gay: i bigotti moralisti hanno appeso al muro Cassano per aver usato il termine “frocio” (lo stesso era capitato a Beppe Grillo quando ha parlato di “busoni”, per fortuna l’omosessuale Nino Spirlì ha dichiarato: «Crocifiggerlo per il termine frocio nel 2012 mi sembra veramente fuori dalla grazia di Dio»), il gay onnipresente Franco Grillini ha sostenuto che il giocatore ha violato i diritti umani e perciò «Prandelli deve lasciare a casa Cassano dagli Europei», mentre la lesbica onnipresente Paola Concia si è offerta per “rieducare” e “allineare” Cassano alla mentalità e al pensiero unico del politicamente corretto.  Tra le poche difese a Cassano, quella di Giuseppe De Bellis, videdirettore de Il Giornale: «Cassano dice solo quello che pensa, senza la pretesa che sia giusto. Quelli che lo attaccano, invece, vorrebbero che lui dicesse ciò che pensano loro».

 

Qui sotto il divertente video in cui l’ateo Vittorio Sgarbi risponde (a modo suo) ad Alessandro Cecchi Paone

 
 

L’altra recente vittima della lobby omosessuale si chiama Beppe Fioroni, deputato del Partito democratico (Pd) ed ex ministro dell’Istruzione durante il secondo governo Prodi. Il motivo della discriminazione? Ha agito con coerenza opponendosi alla plateale apertura del leader del PD Pier Luigi Bersani alle unioni omosessuali (stesso partito in cui milita Paola Concia), e al testamento biologico, a cui hanno seguito le dichiarazioni di tanti altri esponenti democratici, come quella del condirettore di “Europa” (quotidiano ufficiale del Partito Democratico) Federico Orlando, militante dei radicali.  Fioroni ha ufficializzato la sua posizione in un’intervista per “Avvenire”: «se Bersani dovesse dimenticare le priorità, sarei costretto a riflettere e, magari, a muovermi […], su questioni che non sono da tessera di partito, ma interpellano la nostra coscienza e sulle quali – le assicuro – non ci saranno blitz. Io ho sempre avuto una posizione chiara e continuerò ad averla. Ho sempre detto i miei “sì” e i miei “no” e continuerò a farlo. Senza timore di essere messo alla porta e consapevole di non essere solo. C’è un’area vasta nel Pd pronta a dire no a derive eutanasiche e coppie gay» (una vasta area tanto silenziosa che pare inesistente, a dir la verità).

Fioroni si è beccato una serie di insulti e inviti ad abbandonare il Partito Democratico, tanto che il direttore di “Europa” Stefano Menichini è dovuto intervenire: «Fioroni lo si può criticare, ma insultarlo è esagerato». Il deputato del Pd Andrea Sarubbi ha tentato timidamente di farsi sentire a sua volta: «Dura vita dei cristiani Pd. A sinistra mi danno del talebano, nell’Udc mi danno del laicista. E noi qui, qui nel mezzo, finche ce n’è. Evitiamo questo clima da curve contrapposte, il Pd, come d’altronde il Paese, è il frutto dell’incontro di culture diverse, in cui quella cattolica rivendica la sua dignità, ma si deve parlare nel rispetto reciproco». Lo stesso Fioroni, su Twitter: «Mi indigna profondamente sentirmi da alcuni chiamare omofobo quando per storia e cultura il rispetto dell’Altro è la mia vita».

Lo stesso copione di sempre, insomma: chi osa pensarla diversamente dal mainstream omosessuale viene coperto di fango.

 

Qui sotto il video della divertente conferenza stampa di Antonio Cassano

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La Corte Superiore del Massachusetts respinge crociata laicista

L’ultima volta che i laicisti ci hanno provato è stato nel giugno 2011,  ma la Corte Suprema americana ha confermato piena costituzionalità al cosiddetto Pledge of Allegiance, ovvero il giuramento di fedeltà agli Stati Uniti e alla bandiera nazionale, il quale contiene le scandalose parole: “under God“ (un po’ come noi, che fra qualche ora canteremo “Iddio la creò” durante l’Inno nazionale, prima di assistere alla partita Italia-Croazia).

In questi giorni è stato un giudice della  Corte Superiore del Massachusetts a respingere una causa legale intentata da una coppia di atei contro il Pledge of Allegiance, poiché pare che soltanto citare la frase “under God” (o ascoltare gli altri che lo fanno) crei profondi disturbi psicologici ai loro figli (gli americani recitano questo giuramento ogni mattina, in tutte le scuole).

Il giudice S. Jane Haggerty ha concluso che la recita quotidiana del Pledge,  con quelle parole, non viola i diritti dei querelanti in virtù della Costituzione del Massachusetts, non viola le regole contro la discriminazione del distretto scolastico e non viola la legge dello Stato. Anche perché i ricorrenti, come hanno d’altra parte riconosciuto, hanno tutto il diritto di rifiutare di partecipare al Pledge.

Le motivazioni sono state anche altre, si è fatto notare ad esempio che la recita quotidiana è un esercizio patriottico volontario e l’inclusione della frase ‘under God’ non ne consente la trasformazione in una preghiera, ma piuttosto ha lo scopo di riflettere sulla storia e sulla filosofia politica degli Stati Uniti.

Anche negli USA il laicismo -attraverso queste intolleranti crociate- permette dunque di colmare vuoti legislativia sostengo di una religiosità pubblica, come antropologicamente è quella cristiana. In Italia, grazie all’associazione fondamentalista UAAR, accade la stessa cosa: proprio nel dicembre scorso, grazie ad una loro crociata anticlericale, il Consiglio di Stato ha preso per la prima volta posizione sulla presenza delle autorità religiose nelle scuole, riconoscendone la piena legittimità e dunque l’impossibilità di chiunque ad opporsi, ad esempio, alla visita di un vescovo.

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Mosca non si piega alla lobby e vieta il Gay pride

A Mosca gli organizzatori della “Fiera del nulla”, detto anche Gay Pride, quest’anno hanno insistito sul fatto che la sfilata non avrebbe avuto scene di nudo o comunque volgari, ovvero una forma inedita rispetto a tutte le altre marce dell’orgoglio gay nel mondo, le quali includono sempre scene di insulti anti-religiosi e simulazioni di atti sessuali (tanto che anche i pompieri, costretti ad assistere, cominciano a rivendicare l’obiezione di coscienza). Legittimo manifestare le proprie idee, ma il fine non giustifica i mezzi come d’altra parte riconoscono gli stessi omosessuali moderati.

La lobby gay però non è riuscita a convincere il comune di Mosca (11 milioni di abitanti), che ha negato il permesso per il settimo anno consecutivo. Il governo della città, guidato da Sergei Sobyanin, ha così spiegato la sua decisione: «le attività connesse alla manifestazione nelle aree pubbliche sono una provocazione che provoca danno materiale a bambini ed adolescenti», dice il comunicato. La Marcia per come è organizzata è ritenuta «un insulto al senso religioso e morale dei cittadini», oltretutto avrebbe dovuto svolgersi «nel centro storico di Mosca, che è una delle mete preferite da bambini, famiglie moscovite e visitatori».

Il tribunale di Mosca è andato anche oltre, confermando una decisione del giudice inferiore che permette il rifiuto di richiesta del permesso di svolgere il “Gay Pride” per i prossimi cento anni.

Un recente sondaggio dalla società di statistiche VCIOM, Russia Public Opinion Research Center ha mostrato che l’86 per cento dei cittadini russi sostengono il divieto alla promozione del gaysmo (solo il 6% è favorevole), ovvero una specifica legge varata quest’anno dal governo di San Pietroburgo che impedisce «la promozione di pratiche omosessuali, lesbiche, bisessuali e transgender tra i minorenni». Il 65% degli americani vuole lo stesso divieto nello scuole. Quasi la metà dei russi ritiene inoltre che l’omosessualità sia un comportamento umano acquisito sotto l’influenza dei media.

La Russia non è certamente un paese minore, avendo 143 milioni di abitanti e si sta mostrando un osso molto duro per l’agenda gay promossa dalla politica internazionale.

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La commercializzazione di EllaOne è un inganno per la donna

Continua la polemica su EllaOne, la pillola dei 5 giorni che, dopo essere stata approvata dal Consiglio Superiore di Sanità nel giugno del 2011 e dopo aver ottenuto il via libera dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nello scorso novembre, dal 2 aprile 2012 è in commercio anche in Italia come già avviene in altri 24 Stati europei.

In merito a tale polemica è intervenuto in un’intervista al settimanale “Tempi” il dott. Renzo Puccetti, specialista in medicina Interna e membro della Research Unit della European Medical Association, soffermandosi su alcuni aspetti spinosi dei quali abbiamo già ampiamente parlato in precedenza. Secondo il prof. Puccetti il principale problema non è tanto rappresentato dalla possibilità di uso scorretto di tale pillola, dato dalla possibilità di un suo acquisto online, bensì proprio dalla commercializzazione in sé di un farmaco che «è in contrasto con la nostra legge: quella sull’istituzione dei consultori parla di vita dal concepimento, le sentenze della Corte Europea stabiliscono l’inizio della vita con la fecondazione». EllaOne viene infatti presentato nel foglietto illustrativo (“bugiardino” mai come in questo caso) come “contraccettivo d’emergenza” dal solo effetto antiovulatorio, sebbene sia dimostrato che possa anche impedire l’impianto dell’embrione in utero (effetto antinidatorio) con conseguente aborto dell’embrione. A conferma di questo potenziale abortivo, l’AIFA ha infatti introdotto l’obbligo per il medico di prescrivere il farmaco solo una volta che la donna dimostri di non essere incinta dopo essersi sottoposta a un test di gravidanza, necessario proprio per evitare aborti. Un paletto che però secondo Puccetti non scongiura affatto la possibilità di aborti: «Mettiamo che una donna abbia il rapporto sessuale di domenica, giorno in cui ha ovulato. Il lunedì va a chiedere la “pillola dei 5 giorni dopo” al pronto soccorso e lì le dicono che ci vuole il test di gravidanza. Così lo fa il lunedì mattina e l’esito arriva dopo poche ore. Peccato che risulterà negativo, anche se è incinta, così la donna prenderà la pillola e abortirà». Questo «perché se l’ovulazione è già avvenuta e l’embrione è fecondato, ma non ancora annidato in utero, il test non lo vede. Così l’effetto della pillola è solo antinidatorio dell’embrione. Non più antiovulatorio».

Secondo il medico, quanto accade per EllaOne «è come per la Ru486. All’inizio si pensava che ponendo dei paletti (si può somministrare solo in ospedale) la gente non l’avrebbe usata. Ora i numeri del suo utilizzo sono in aumento. Perché la convenienza è sia economica sia psicologica (ai medici non sembra di partecipare attivamente all’aborto). Per altro la donna può firmare le dimissioni e abortire a casa». L’unica vera alternativa è dunque il ritiro di questo farmaco dal commercio poiché «la posizione del male minore in questi casi è perdente. Primo, perché non lo si ottiene, i paletti infatti sono continuamente infranti o raggirati. Secondo, perché nessuno ha educato le coscienze a cosa sia davvero la pillola e al valore della vita dell’embrione».

Lo stesso è stato richiesto, dopo pochi giorni dal suo arrivo nelle farmacie, da 85 parlamentari bipartisan aderenti all’“Intergruppo per il valore della vita” attraverso un’interrogazione parlamentare al Ministro della salute Renato Balduzzi, chiedendo se quest’ultimo «non ritenga che la presentazione del farmaco “EllaOne” come antiovulatorio sia in contraddizione con i dati in letteratura, e se non sia pertanto contra legem e conseguentemente fuorviante indurre le donne, attraverso un’informazione non corretta, ad utilizzare il prodotto al fine di prevenire un concepimento, cioè come metodo anticoncezionale, mentre il meccanismo è prevalentemente antiannidamento o abortivo». Chiedono inoltre se non sia il caso di «sospendere la commercializzazione del farmaco, posto che Ellaone – nel rendere l’endometrio inospitale per l’annidamento del concepimento – risulta agire attraverso un meccanismo post-concezionale anti-annidamento che non è compatibile con la legislazione italiana».

Raffaele Marmo

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Camillo Langone vs Emma Bonino: uno a zero

La nota firma de Il Foglio, Camillo Langone, si è interessato qualche giorno fa nella sua rubrica quotidiana (detta “Preghiera”), della lettera inviata da dieci attori a sostegno della nomina della leader radicale Emma Bonino a presidente della Repubblica.

«Dieci noti attori (Castellitto, Gassman iunior, Girone, Papaleo, Solfrizzi, eccetera) hanno scritto una lettera per Emma Bonino presidente. L’italiano dell’appello pubblicato dal Corriere è pessimo (Gassman senior ne sarebbe rimasto disgustato) ma il ragionamento non è altrettanto balordo», scrive Langone. «La politica pannelliana meriterebbe il Quirinale siccome il suo profilo è “perfetto per rappresentare l’immagine della nostra gente del mondo”. In effetti la paladina dell’aborto e delle pillole infanticide è perfetta per rappresentare in modo finalmente non ipocrita gli italiani, uno dei popoli più vecchi e meno fecondi del pianeta, un popolo di nemici dei bambini composto da datori di lavoro che spingono le dipendenti a usare gli anticoncezionali e da padroni di casa che non affittano alle famiglie. E’ proprio “una bellissima opportunità”, come dicono i firmatari: solo Emma Bonino può impersonare con così grande coerenza l’autobiografia e l’eutanasia della nazione».

La Bonino è perfetta come bandiera dell’ipocrisia, definita “paladina della libertà e dell’autodeterminazione della persona” mentre sostiene che «in Italia c’è una malattia contagiosa, una epidemia rapida che si chiama obiezione di coscienza». Definita “paladina dell’anti politica e dell’anti finanziamento ai partiti” mentre è leader di un partito che da vent’anni intasca i soldi dei contribuenti nei modi più disparati.

La riflessione dell’opinionista dunque non fa una piega. Occorre osservare inoltre –come ha fatto ottimamente Giuliano Ferrara- che i sostenitori della Bonino insistono sul fatto che -secondo i sondaggi- «due italiani su tre la vorrebbero al Quirinale, al governo la vorrebbero, ovunque la vorrebbero». Peccato che, alla prova dei fatti, l’unica volta che avrebbero dovuto votarla davvero, cioè in occasione delle elezioni del 2010, la regione Lazio l’abbiano data a qualcun’altra. Figuriamoci il Quirinale!

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