Non esiste nessun diritto all’aborto

Come ha spiegato su questo sito la bioeticista Assuntina Morresi, «l’attacco all’obiezione di coscienza serve per far passare l’idea che abortire è un diritto. Nella legge 194, invece, l’aborto non è considerato un diritto, ma l’ultima opzione possibile nel caso di una maternità rifiutata».

La questione è emersa chiaramente pochi giorni fa: un magistrato di Spoleto ha chiesto alla Consulta di valutare se la legge 194 sull’aborto sia conforme all’articolo 2 della Costituzione, secondo cui “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”, e all’articolo 32, in cui si afferma che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Inoltre ha fatto riferimento all’orientamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che nel novembre 2011, ha ritenuto che sia da assicurare una protezione dell’embrione. La Corte costituzionale si è pronunciata affermando che è «manifestamente inammissibile, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge n. 194 sull’aborto, sollevata dal Giudice Tutelare del Tribunale di Spoleto».

Gli abortisti all’ultimo grido, come Concita De Gregorio, hanno cantato vittoria ma in realtà Cesare Mirabelli, già Presidente della Corte costituzionale e professore di Diritto costituzionale all’Università Lateranense, ha spiegato che «il giudizio della Consulta riguarda la modalità in cui è stata sollevata la questione, e non i contenuti di quest’ultima. Nelle sue sentenze passate la Corte costituzionale ha sempre affermato che non esiste alcun diritto all’aborto e che vanno tutelati anche i diritti dell’embrione e non solo quelli della madre». La questione è dunque ritenuta non ammissibile nel procedimento in cui è stata sollevata, perché «al giudice non spetta decidere sull’aborto in quanto tale», e quindi la domanda posta alla Corte costituzionale non era pertinente al procedimento da cui era nata. Quindi la Corte Costituzionale, con questa sentenza, «non sta affermando che l’aborto sia compatibile con la Costituzione. Dice semplicemente che la questione posta dal giudice di Spoleto è infondata, e quindi non la esamina nemmeno». Dunque, «la questione relativa ai dubbi di costituzionalità resta aperta. Bisogna però vedere quale dei due diritti finisca per prevalere nei casi in cui si debba scegliere tra evitare un danno per la salute della donna e salvare la vita all’embrione. E’ sempre escluso però che l’aborto possa essere un diritto, perché non esiste un diritto all’aborto, anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale.»

Anche Alberto Gambino, ordinario di Diritto privato all’Università Europea di Roma, concorda: «la Consulta non è entrata nel merito, si è limitata a dire che le norme evocate dal giudice di Spoleto non erano applicabili. Non poteva entrarvi perché la sentenza europea riguardava i brevetti e salvaguardava l’essere umano rispetto alla brevettabilità economica. Qui si confrontano invece due diritti personali, quello della madre e quello del feto e, nella legge 194, questo bilanciamento è già stato tentato a suo tempo dal legislatore». Per Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, «come in almeno altri 25 casi precedenti, anche questa volta la Corte ha accuratamente evitato di entrare nel merito. È dal 1980 che la Corte Costituzionale riesce a non dirci, con espedienti procedurali vari, se l’aborto come disciplinato nei primi tre mesi di gravidanza è conforme alla Costituzione oppure no, così questioni che avrebbero potuto mettere in crisi la legge 194 sono rimaste in questi trent’anni senza risposta».

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Gruppo di scienziati conferma lo studio sui disturbi dei “figli” di genitori gay

Famiglie Il mese scorso la rivista scientifica “Social Science Research” ha pubblicato due studi molto interessanti sulle problematiche dei bambini cresciuti all’interno di una relazione omosessuale. Il primo, quello del sociologo dell’Università del Texas, Mark Regnerus, si è basato sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale, facendo parlare per la prima volta i “figli” (ormai cresciuti) di genitori con tendenze omosessuali, dimostrando un significativo aumento di disturbi psico-fisici rispetto ai figli delle coppie eterosessuali. Il secondo studio è stato realizzato da Loren Marks della Louisiana State University, con il quale è stata confutata la posizione (politica) ufficiale dellAmerican Psychological Association (APA), secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eteorsessuali. La studiosa ha analizzato i 59 studi citati dall’APA per sostenere la propria tesi, dimostrando la loro scarsa attendibilità.

Entrambi gli studi sono stati accolti in modo positivo dalla comunità scientifica dal punto di vista della correttezza procedurale, come abbiamo già avuto modo di segnalare. Sono arrivate normali critiche sulla metodologia, ma le risposte fornite dai due ricercatori sembrano essere state esaustive. Al contrario, la prevedibile reazione della lobby gay è stata animalesca. Avendo a disposizione la quasi completa platea mediatica, si sono avventurati in insulti e accuse personali ai due ricercatori (si parla anche di minacce di morte). Alcuni hanno chiesto la censura dei due studi, altri hanno creato appelli perché siano ritirati dalla rivista scientifica, altri hanno chiesto che i due studiosi vengano licenziati, altre associazioni omosessuali hanno invece detto di essere pronte a finanziare alcuni scienziati (complici, ovviamente) perché pubblichino risultati opposti, e così via.

E’ così interessante l’iniziativa di un gruppo di scienziati e docenti universitari,  i quali hanno deciso di difendere i due ricercatori dall’aggressione omosessualista. L’appello di difesa è comparso sul sito della Baylor University, classificata nel 2011 da US News & World Report come la 75° miglior università nazionale su di 262. I 18 scienziati e ricercatori hanno scritto: «Sebbene l’articolo di Regnerus non sia privo di limiti, in quanto scienziati sociali, pensiamo che gran parte delle critiche ricevute siano ingiustificate». Innanzitutto, hanno continuato, «la stragrande maggioranza degli studi pubblicati prima del 2012 su questo tema hanno fatto affidamento a piccoli campioni non rappresentativi, al contrario, Regnerus per raggiungere le sue conclusioni si è basato su un campione di grandi dimensioni, casuale, di oltre 200 bambini allevati da genitori che hanno avuto relazioni omosessuali, confrontandoli con un campione casuale di oltre 2.000 bambini cresciuti in famiglie eterosessuali». Questo è stato riconosciuto anche dagli specialisti, come Paul Amato, W. Bradford Wilcox, Cynthia Osborne ecc.

Inoltre, chi ha criticato lo studio affermando che i problemi dei “figli” dei gay sono dovuti alla stigmatizzazione della società (incolpare gli altri è la classica via di fuga), non ha riconosciuto che «le scoperte di Regnerus relative all’instabilità dei rapporti sono coerenti con recenti studi su coppie gay e lesbiche in paesi come l’Olanda e la Svezia, i quali trovano modelli altrettanto elevati di instabilità tra le coppie dello stesso sesso». Cioè, i disturbi persistono anche in società fortemente gay-friendly, come abbiamo già avuto modo di sottolineare anche noi.

Insomma, concludono, «noi riteniamo che lo studio di Regnerus, che è uno dei primi a fare affidamento su un ampio campione, casuale e rappresentativo di bambini di genitori che hanno avuto relazioni omosessuali, ha contribuito notevolmente ad informare la conversazione in corso tra studiosi sulle famiglie dello stesso sesso in America».

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Chiara Corbella, una storia di ordinaria santità

Il 16 giugno 2012 è stato celebrato a Roma il funerale di Chiara Corbella, morta a 28 anni dopo aver scelto di rinunciare alle cure di un cancro violentissimo, per far nascere il figlio Francesco.

Una storia che grazie alla rete ha fatto velocemente il giro d’Italia (e del mondo).  Chiara era sposata con Enrico Petrillo, due giovanissimi sposi, normalissimi e molto devoti.  Si sono conosciuti a Medjugorje, subito il fidanzamento e nel il 2008 matrimonio. Dopo pochi mesi Chiara, come desideravano, rimane incinta di Maria, ma l”ecografia rivela che la bimba ha una malformazione cerebrale. I genitori decidono di farla nascere, la battezzano, morirà dopo mezz’ora dal parto, circondata dall’amore dei genitori e dei parenti.

Qualche mese dopo una seconda gravidanza, ma Davide è senza gambe. Di nuovo la grande decisione di tenerlo, anche quando si scopre al settimo mese che la malformazione è incompatibile con la vita. Anche lui muore appena nato, avvolto dalla tenerezza di Chiara ed Enrico. Finalmente la terza gravidanza, questa volta senza problemi, ma al quinto mese a Chiara viene diagnosticato un carcinoma alla lingua. Per la terza volta la decisione di portare a termine la gravidanza, che avverrà il 30 maggio 2011, rimandando le cure necessarie. Ma il cancro è violento, la terapie si rivela inutile e con le ultime forze organizza un pellegrinaggio a Medjugorje, a cui invita le famiglie degli amici: giovani coppie e tanti bambini. Non per chiedere la grazia, ma il sostegno di Dio verso suo marito, suo figlio e le persone che sono a loro vicine.  Il funerale è stato celebrato dal vicario di Roma, Agostino Vallini, come segno della presenza materna della Chiesa, ha parlato di Chiara come «una seconda Gianna Beretta Molla».

Al figlio Francesco, poco prima di morire, ha scritto: «Vado in cielo ad occuparmi di Maria e Davide, e tu rimani con il papà. Io dal cielo prego per voi».

 

Qui sotto la testimonianza di Chiara ed Enrico, tre anni prima della morte (dopo alcuni istanti l’audio si normalizza)

La redazione

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Il libro che Mario Staderini non ti farebbe leggere mai

E’ uscito nelle librerie il pamphlet online di ben 208 pagine, Da servo di Pannella a figlio libero di Dio (Fede&Cultura 2012 ), scritto dall’ex tesoriere dei radicali, Danilo Quinto, ora convertito cattolico e deciso a denunciare le squallide trame che reggono il partito politico con il maggior tasso di odio anticlericale.

Quinto, che è stato custode degli affari societari del partito per vent’anni,  nel 2005 ha rotto drammaticamente con Pannella, è stato denunciato e condannato per l’appropriazione indebita di 230 mila euro, e, a sua volta, ha fatto causa per 5 milioni di contributi mai pagati, tredicesime e ferie non retribuite, danni morali e materiali. In questo libro ha aperto i suoi ricordi, rivelando, ad esempio, il macchinoso progetto di far eleggere Emma Bonino alla presidenza della Repubblica, gli accordi che consentono alla loro radio di ricevere decine di milioni di euro l’anno, più gli importi della legge sull’editoria, più le quote di finanziamento pubblico per la loro lista, più il danaro proveniente dall’accordo elettorale con il PD, più le pensioni dei loro ex deputati. Vengono fuori situazioni interne al partito, mai conosciute prima, come quando «Pannella entra in riunione mano nella mano con l’ultimo dei suoi fidanzati, imponendolo come futuro parlamentare».

Nel 1980, il leader radicale, accoglie Gaetano Quagliariello (un altro “pentito”, ora cattolico) a casa sua per annunciargli le dimissioni da vicesegretario, facendosi trovare nudo dentro la vasca da bagno, in pieno digiuno, sospirando parole patetiche: “E tu vorresti dimetterti proprio ora, lasciandomi in questo stato?”. Pannella, ha scritto Quinto, si fa anche riprendere dalle telecamere a bere la sua urina, durante gli stati di digiuno, che però è «fatta bollire prima del digiuno e conservata in frigorifero, al fine di allungare i giorni dell’impresa nonviolenta», come viene raccontato dal suo medico di fiducia d’allora, anche lui radicale. Scrive Quinto: «Ho visto piangere persone che dal vivo osservavano questa scena, ignare di come tutto, anche i digiuni, possano essere programmati e preparati nei dettagli, a livello scientifico». Non a caso Pannella non ha mai perso un chilo in vita sua, anzi!

Nell’anticipazione di due capitoli, scaricabili da Panorama.it (ripresi in parte anche da Dagospia), viene fuori il retroscena del ridicolo siparietto organizzato dai radicali il 20 aprile 2002 durante il programma televisivo Buona Domenica, condotto da Maurizio Costanzo, quando chiamò in diretta (dopo lunghi accordi con i radicali in settimana) il Presidente della Repubblica Ciampi. I sospetti di tutti, comunque, si fanno realtà: «il digiuno è utilizzato da Pannella come arma di seduzione e di potere. I digiuni di Pannella servono innanzitutto ad azzerare il dibattito interno, perché di fronte a un digiuno nessuno si permette d’interloquire politicamente, di discutere, e l’unico elemento di riflessione riguarda la salute del capo, rispetto alla quale sono tutti molto partecipi. Si sentirebbero soli e abbandonati senza di lui, incapaci persino di pensare, tanto sono abituati a essere, tutti, dei meri esecutori», scrive l’ex tesoriere.  Danilo Quinto svela anche che le campagne plateali e gli istrionici anatemi servono tutti ad un solo scopo personale, l’unico che prema davvero ai pannelliani: «Raggiungere l’obiettivo dell’audience, mostrando in televisione e sui giornali il suo volto perennemente in lotta per i più deboli e i più indifesi». Un partito politico «dove il denaro, tanto denaro, veniva dilapidato», la «più formidabile macchina mangiasoldi della partitocrazia italiana» come recita la copertina del libro.

Emergono anche tematiche inquietanti, ovvero quei «legami ambigui e ricattatori Marco Pannella possa godere nei confronti del potere e di quante lusinghe – consapevolmente – per accattivarselo e tenerselo buono, il potere usi nei suoi confronti. Inquietante è la capacità di Pannella di avere rapporti complessi – e qualche volta misteriosi, anche se spesso è egli stesso, nella sua megalomania a darne notizia – con le varie forme di potere segreto, parallelo a quello istituzionale». Si parla di massoneria, dello strano feeling con Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e dei numerosi tentativi di mettere Ernesto Nathan, più volte Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, alla guida del comune di Roma. Si parla dello stretto legame con Licio Gelli (e figlio), capo della P2, che nel 1987 fu sul punto di candidarsi nelle liste del Partito Radicale per ricevere così l’immunità parlamentare (non si concretizzò a causa del poco tempo a disposizione, che non avrebbe permesso l’organizzazione di una campagna elettorale destinata al successo).

Al “successo” di Pannella, purtroppo, hanno contribuito numerosi cattolici (che ancora oggi in parlamento sono favorevoli al finanziamento pubblico della “sua” radio) e anche sacerdoti (oltre che pornostar), come il prete anticattolico Andrea Gallo (il “don” non lo merita da un pezzo) e don Antonio Mazzi (il prete mediatico che vuole abolire i seminari). Pannella è riuscito perfino ad intortare una suora delle Minime Oblate, Marisa Galli, in realtà già traviata dal femminismo radicale nel 1974, quando ruppe con l’ordine religioso, abbandonando la vocazione. Venne eletta alla Camera nel giugno del 1979, divenendo presto  divorzista, abortista, per i diritti di gay e lesbiche, per la liberalizzazione totale della droga, donna immagine per le denunce contro “l’oscurantismo vaticano”. Parlò dei radicali come «il movimento più autenticamente cristiano che abbia mai conosciuto», ma nel dicembre del 1980 -dopo la rottura- definì Pannella «un capo violento e autoritario, un dittatore». Passò al gruppo parlamentare della Sinistra indipendente e poi alla Democrazia proletaria, ad un certo punto sparì e di lei si persero le tracce. Nel 2006 Antonio Socci ha riportato le parole riferite a terzi di Carlo Casini, secondo cui Marisa Galli era finita in Romania, dove collaborava con un Centro di Aiuto alla Vita. Nel 2011 Andrea Galli l’ha trovata nell’abbazia benedettina “Mater Eclesiae” dell’Isola di san Giulio, nel Lago D’Orta, lei ha risposto con una lettera: «Nessuna intervista né orale né scritta. E’ una linea che ho preso, in accordo con la Madre Annamaria Canopi, all’entrata in monastero, so che non se ne stupirà perché ha già ben capito il mistero della Grazia nel cuore dell’uomo». Firmato: suor Maria Simona, il nome nuovo di una vita ritrovata.

La stessa vita ritrovata di Danilo Quinto, anche lui ingannato dal giogo radicale per poi approdare alla conversione e smettere gli abiti dell’ideologia, diventando per questo il nemico “numero uno” dei suoi ex compagni, rimasti nella loro disperata propaganda del nulla come valore nichilista da affermare.

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Andrew Pierce: «sono omosessuale e mi oppongo alle nozze gay»

Alcuni mesi fa il primo ministro inglese David Cameron ha impegnato il suo governo a sostenere il matrimonio omosessuale  dichiarando: «Io non sostengo il matrimonio gay pur essendo un conservatore. I sostengo il matrimonio gay perché sono un conservatore», volendo significare che un partito conservatore dovrebbe sostenere un impegno a lungo termine in tutti i tipi di rapporti.

Questa affermazione ha scatenato una petizione in difesa del matrimonio naturale, che ormai ha superato di gran lunga il mezzo milione di firme. Inoltre, un sondaggio effettuato da ComRes ha rilevato che 7 britannici su 10 ritengono che il matrimonio debba continuare ad essere definito come una unione permanente tra un uomo e una donna, e più di 8 su 10 sono convinti che i bambini abbiano migliori possibilità nella vita se vengono allevati dai genitori biologici. Il 75% degli elettori di Cameron sono in disaccordo con la sua posizione sulle nozze gay e qualcuno informa che il primo ministro sarebbe pronto a fare marcia indietro.

Un recente sondaggio, condotto ComResha anche rilevato che soltanto il 50% dei gay e delle lesbiche della Gran Bretagna ritiene importante estendere il matrimonio alle coppie dello stesso sesso, mentre solo il 27% dice si volersi sposare con il loro partner se potesse. Un quarto degli intervistati ha dichiarato inoltre che non vi è alcuna necessità ad introdurre il “matrimonio” gay, perché le unioni civili già forniscono tutti i diritti e privilegi necessari.

Uno di questi “gay contro le nozze gay” è Richard Waghorne, ricercatore in filosofia politica e commentatore su diversi quotidiani anglosassoni, di cui abbiamo già parlato. Ha scritto di temere la caccia alle streghe contro chi osa avere un’opinione differente sull’omosessualità e i rapporti tra omosessuali, invitando gli omosessuali a difendere il matrimonio eterosessuale, in quanto «il matrimonio tradizionale viene ostacolato in nome del popolo gay, con conseguenze per le generazioni future […] «i bambini devono essere cresciuti da un uomo e una donna».  Ha spiegato che da omosessuale, «non mi sento minimamente discriminato per il fatto che non posso sposare una persona dello stesso sesso». 

Un altro di questi numerosi omosessuali “contro le nozze gay” è l’opinionista del Daily Mail Andrew Pierce, il quale il 12 giugno scorso ha attaccato il primo ministro Cameron scrivendo: «sta portando arrogantemente avanti una questione che scalda i cuori ai suoi compagni nella elite metropolitana, ma che non interessa i sentimenti di milioni di persone normali che, come ha dimostrato un sondaggio dopo l’altro, sono contrari ad essa».  Ha quindi continuato, rivolgendosi a lui direttamente: «signor Cameron, io sono un conservatore e un omosessuale, e mi oppongo al matrimonio gaySono un bigotto?». Ha fatto anche altri nomi di noti omosessuali contrari al riconoscimento delle unioni gay, come David Starkey e  Alan Duncan, scrivendo poi «nessuno dei miei amici gay vogliono il matrimonio gay come legge».

Ha anche raccontato di essere stato cresciuto in un orfanotrofio cattolico, e «sarò eternamente grato alla Catholic Children’s Society che mi ha affidato ai miei genitori adottivi in una casa amorevole, che mi hanno accudito come uno di loro. Ma, disgraziatamente, queste realtà sono state costrette a chiudere perché la Chiesa cattolica, comprensibilmente, non può accettare il diktat del governo laburista». Pierce fa riferimento al fatto che i centri di adozione gestiti dalla Chiesa cattolica sono stati obbligati dal governo a mettere in lista per le adozioni anche le coppie gay, con la conseguente chiusura di molti di essi.

Nel Regno Unito dal 2005 sono in vigore i Civil Partnership Act, ovvero il riconoscimento alle coppie dello stesso sesso della possibilità di vincolarsi in una unione registrata. L’editorialista omosessuale ha affermato più volte che non c’è affatto bisogno di avere altro, «abbiamo già il matrimonio gay», ha concluso, «si chiama civil partnership. Perché non è possibile fermarsi qui, Mr Cameron?». Ricordiamo le parole di Francesco D’Agostino su“Avvenire”, quando ha spiegato: «i rapporti di coppia tra omosessuali possono avere una loro tutela giuridica, non però perché simili, ma perché diversi da quelli eterosessuali». Tuttavia, come i tentativi inglesi dimostrano, tali unioni civili sembrano servire soltanto per fare il primo passo verso il matrimonio e l’adozione omosessuale.

 

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“L’obiettore è un buon medico”, parla Assuntina Morresi

Come abbiamo già informato, il 6 giugno 2012 la Consulta di Bioetica Laica (già nota per altre vicende) ha avviato una crociata contro il diritto dei medici di essere obiettori di coscienza nei confronti dell’interruzione della vita dell’essere umano nella prima fase della sua esistenza (tecnicamente “aborto”). L’intollerante campagna è stata chiamata “Il buon medico non obietta”, e ha il chiaro intento di debellare l’obiezione di coscienza dei medici (grande ospitalità sui media e volantinaggio fin dentro gli ospedali).

UCCR ha voluto contattare alcuni medici, giuristi ed esperti di bioetica per chiedere loro un parere su questa azione intimidatoria verso la libertà di coscienza. La prima intervista è stata fatta al dott. Renzo Puccetti.

 
 

La prof.ssa Assuntina Morresi è professore associato di Chimica fisica all’Università di Perugia, ha svolto attività di ricerca presso il Csic (Consejo Superior de Investigaciones Científicas) a Madrid e alla Technische Universität di Braunschweig (Germania), ed è membro del Comitato nazionale di bioetica. Ha cortesemente risposto così ad alcune nostre domande:

 

“Prof.ssa Morresi, perché secondo lei occorre difendere l’obiezione di coscienza dei medici?”
«Perché nessuno, e quindi neanche un medico, può essere costretto a fare per legge qualcosa che gli ripugna. Non su tutto si può fare obiezione di coscienza, chiaramente, ma solo sui valori fondanti, e la vita è il principale. Non si può essere costretti a uccidere esseri umani per legge, anche se si tratta di una legge decisa in istituzioni democratiche. La tutela dell’obiezione di coscienza è indice del rispetto della coscienza dei cittadini, indice di civiltà di un popolo e di chi lo governa.»

 

“Cosa ne pensa di questi tentativi di limitare la libertà del medico?”
«L’attacco all’obiezione di coscienza serve per far passare l’idea che abortire è un diritto. Nella legge 194, invece, l’aborto non è considerato un diritto, ma l’ultima opzione possibile nel caso di una maternità rifiutata. Stiamo parlando del testo di legge, e non della percezione che invece si ha, dell’aborto. Attaccare l’obiezione di coscienza nei termini in cui si sta facendo in questi ultimi mesi significa affermare che chi obietta lede un diritto, quello di abortire. »

 

“I medici obiettori sono accusati di non essere dalla parte della donna, cosa ne pensa lei?”
«Chi dice che abortire può essere la soluzione dei problemi di una maternità imprevista e problematica, imbroglia le donne. Fatte salve le situazioni di rischio reale di vita o di gravi problemi di salute (immagino cardiopatie pesanti, o cure chemioterapiche), per le quali veramente si pone il problema di una scelta drammatica fra due vite, quella della madre e quella del figlio (caso in cui non si può certo obbligare le donne ad essere sante per legge) fatte salve queste situazioni, dicevo, qualsiasi altro sia il problema di una maternità difficile, l’aborto non sarà mai la soluzione, semmai sarà un macigno che si aggiungerà ai problemi che già ci sono. Per questo un obiettore, che è veramente tale se comunque si fa carico dei problemi delle donne e delle maternità più difficili, con la sua obiezione dice alle donne la verità sull’aborto, e quindi non può certo essere considerato loro nemico.»

 

“Perché secondo lei ci sono così tanti medici obiettori (80% in Italia, 86% negli Usa)?”
«Chi decide di fare il medico lo fa per curare malati, non per ucciderli, e tantomeno per uccidere sani. Fare aborti è ripugnante anche per chi considera l’aborto una scelta di libertà: per questo, quando si arriva al dunque, i medici in gran parte si rifiutano di fare questi interventi. E’ bene chiarire però che quello dell’obiezione di coscienza è un problema solo italiano, perché solo nel nostro paese non si può abortire in cliniche private, a prezzo libero, come in tutti gli altri paesi del mondo. Nel nostro paese non si può andare ad abortire a prezzo di mercato, così come si va dal dentista, per esempio. La legge 194 prevede che solo in ospedali pubblici o convenzionati si possa abortire, e in questo modo si evita che sull’aborto si possa guadagnare. Questo però pone il problema dell’obiezione di coscienza, perché negli ospedali pubblici o convenzionati lo stato non può obbligare i medici ad effettuare aborti, mentre in tutti gli altri paesi la gran parte degli aborti si fa in cliniche private specializzate, dove sostanzialmente si fanno aborti e si distribuiscono contraccettivi, e dove quindi chi non vuole fare aborti non va a lavorare. Per esempio in Spagna più del 90% degli aborti avviene in cliniche private»

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Il catechista Origene (non era eretico) “fondatore” della libertà umana

Gli specialisti saranno al corrette che recentemente la filologa italiana Marina Molin Pradel nella Bayerische Staatsbibliothek di Monaco ha ritrovato 29 testi inediti del filosofo e predicatore greco cristiano Origene (185-254 d.C.) sui Salmi nel codice Monacense greco 314, dopo quasi 1800 anni dalla sua morte. E’ considerato uno dei Padri della Chiesa.

La notizia è di un certo livello e dunque diversi quotidiani ne hanno parlato, tra questi “Il Sole 24 Ore” con un articolo del filologo Giulio Busi. Egli descrive bene il pensiero di Origene, spiegando che «immaginò ciò che la filosofia greca non aveva ancora saputo fare. Ovvero una seconda natura, accanto a quella rigorosamente codificata dalle leggi fisiche. Le azioni degli uomini (e degli esseri celesti, a cui Origene credeva fermamente) sono determinate da un atto individuale di volontà», parla dell’uomo come essere «capace di sbagliare certo, e colpevole nel farlo, ma anche in grado di spezzare le catene del destino».

Il concetto di libertà ha avuto dunque un fondamento metafisico, emerso in Origene per la prima volta in conseguenza della «lotta contro gli gnostici, i quali propugnavano un soffocante determinismo, una gerarchia dell’essere che inchiodava ciascuno a un posto prefissato». La filosofia dei secoli successivi, così, «da Erasmo ai platonici di Cambridge, a Shaftesbury e, attraverso di questi, a Kant e fino a Schelling, l’antropologia tra Cinque e Ottocento si nutre dell’universalismo origeniano». Il filologo Busi ha quindi concluso: «l’idea della dignità dell’uomo rivela inaspettate radici teologiche. Anziché essere frutto esclusivo del secolarismo illuministico, la libertà come diritto inalienabile dell’individuo nasce piuttosto dalla rottura della gabbia cosmica intuita da Origene nel III secolo».

Origene fondatore del diritto della libertà umana, tuttavia Busi ricorda più volte nel suo articolo che Origene era giudicato eretico, o meglio «padre della chiesa censurato come eretico». Questo non trova molto riscontro nella storia, tanto che il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, ordinario di filologia patristica presso l’Università La Sapienza di Roma e professore a contratto di storia della tradizione e dell’identità cristiane presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ha risposto con un articolo intitolato “Origene eretico?”, nel quale ricorda che il catechista cristiano «si è sempre sentito appartenente alla comunità cristiana vir ecclesiasticus per antonomasia», respingendo le conclusioni eccessivamente sbrigative del filologo Busi.

Stranamente la pagina a lui dedicata da Wikipedia è davvero ben fatta (meglio, questa volta, di quella presente su “Cathopedia”), dove si spiega che «Origene avvertiva coloro che interpretavano le Sacre scritture, di non fare affidamento sul proprio giudizio ma “sulla regola della Chiesa istituita da Cristo”. Per questo, aggiungeva, noi abbiamo solamente due luci che ci possano guidare, Cristo e la Chiesa». Ci si sofferma a lungo sulla controversia interna alla Chiesa circa l’origensimo, dividendola in due periodi: “prima crisi” e “seconda crisi”.  Una parte è infine dedicata al concilio del 553, in cui si spiega perché non è storicamente corretto sostenere Origene come “eretico”.

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E’ ufficiale: Dawkins e Odifreddi hanno fallito

Come abbiamo tante volte sottolineato, nel 2008 il noto zoologo anti-teista Richard Dawkins si è ritirato in pensione annunciando: «Ho fallito: ho perso la mia battaglia per l’ateismo», riconoscendo di non essere riuscito ad intaccare la fede dei credenti attraverso l’ossessione darwinista, ma solo di aver contribuito alla crescita del creazionismo. Addirittura qualcuno ritiene che abbia finito per portare acqua al mulino dei “nemici”.

Piergiorgio Odifreddi, la brutta copia italiana di Dawkins, non ha certo l’onestà e la lealtà di ammetterlo, tuttavia il suo fallimento è dimostrato proprio in questi giorni da un’indagine sociologica del “Censur”, nella quale si evidenza che tra le cause che hanno fatto a poco a poco allontanare diversi italiani dal cattolicesimo, l’idea che la scienza renda superata la religione -cavallo di battaglia da vent’anni di Odifreddi-, è assolutamente minoritaria (lo studio mostra un forte aumento dei “cattolici adulti” e un ristagnamento negli ultimi vent’anni, degli atei al 7,4%).

Sul network scientifico “Discovery Magazine”, in questi giorni sono stati rivelati risultati di un’altra indagine, volti a capire se la propaganda di questi “New Atheist”,  attraverso diversi volumi di scienziati scientisti (Dawkins, Harris, Dennett, Atkins ecc.) nei quali si è cercato di convincere che la scienza rende atei, abbia funzionato o meno. L’autore dell’articolo ha spiegato che «il “Nuovo Ateismo” è venuto alla ribalta a metà degli anni 2000. Il più influente di questi libri, “L’illusione di Dio” di Richard Dawkins, è uscito nel 2006». «Fortunatamente», ha continuato, la “General Social Survey” ha pubblicato un’indagine nella quale si sono confrontate le risposte date nel 1998 e nel 2008, sulla fiducia nella scienza contro la religione. In questo modo, si spiega sul sito di divulgazione scientifica, si può valutare se la popolazione «è stata influenzata dalle bordate contro la religione di Richard Dawkins e altri». Il risultato? Nessuna differenza, i lettori hanno evidentemente ignorato la propaganda ateista.

D’altra parte nel settembre 2011 una ricerca ha evidenziato che secondo la maggioranza degli scienziati e ricercatori d’elitè non vi sia incompatibilità tra scienza e fede, lo stesso dicasi per la maggioranza (70%) degli studenti universitari americani.

La conclusione dell’autore è che  il “new atheism” ha fallito tanto quanto “l’old atheism”, in quanto «non ha portato nessun effetto culturale nella società tradizionale, ma soltanto tra la minoranza irreligiosa». Il “next atheism” si faccia avanti.

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Belgio: dopo 10 anni di eutanasia ecco i primi ripensamenti

A dieci anni dalla legalizzazione dell’eutanasia in Belgio, diversi medici e scienziati hanno tenuto a ribadire che non si tratta affatto di una ricorrenza felice. Il quotidiano “Le Libre Belgique” ha infatti ospitato una lettera di diversi operatori sanitari molto scettici sull’opportunità di proseguire sulla strada della morte a richiesta. Tra i firmatari troviamo vari prestigiosi medici con responsabilità elevate nella sanità belga. 

Come avvenuto di recente in un articolo sul prestigioso “British Medical Journal”, si è fatto notare che «adeguate cure mediche, consulenza e una presenza amorevole accanto al malato spesso rimuovono la richiesta di eutanasia». Certo, occorre scongiurare l’accanimento terapeutico ma anche intensificare la terapia delle cure palliative, sono esse che «promuovono una morte vera e propria con dignità, evitando deliberatamente di abbreviare la vita. Numerosi operatori sanitari e volontari accompagnano la fine della vita con una perseveranza ammirevole. Giorno dopo giorno, evitando qualsiasi tipo di trattamento aggressivo, mobilitano le risorse mediche più efficace per alleviare il dolore fisico. Il loro ascolto, la loro professionalità e generosità di cuore, calma il paziente e lo supporta fino al suo ultimo respiro». Questo è il vero compito del medico, ricordano i firmatari, tanto che in molti «hanno scoperto che invece di uccidere, è più bello e gratificante dare la qualità alla vita fino alla fine».

La richiesta di eutanasia deve essere accolta dalla società? «Tale richiesta», si rispondono i medici, «è spesso un grido di aiuto. In questo appello, dobbiamo ribadirlo con forza, l’unica risposta adeguata è quella di sostenere il desiderio di vivere che si manifesta in ogni espressione di una domanda per la morte». Si vuole far passare l’eutanasia come una richiesta individuale (secondo il ricatto che recita: “se tu non vuoi morire così non chiedere l’eutanasia, ma io devo essere libero di farlo”), ma non è affatto così: l’eutanasia legale, continua l’appello, «influenza il tessuto sociale e la nostra concezione di medicina sociale. Viola un divieto fondatore, colpendo anche le fondamenta della nostra democrazia, individuando una classe di cittadini che può causare la morte con l’approvazione della società. Dal momento che si tratta di una innegabile dimensione socio-politica, l’eutanasia può essere legittimamente contestata in nome degli interessi pubblici: per salvaguardare i fondamenti della democrazia e della tutela della specificità della medicina». Inoltre, secondo l’esperienza di questi specialisti, «l’eutanasia degrada la fiducia nelle famiglie e tra le generazioni, instilla la sfiducia dei medici e indebolisce le persone più vulnerabili, come risultato di varie pressioni, consce o inconsce».

«Per depenalizzare l’eutanasia, il Belgio ha aperto un vaso di Pandora», hanno riconosciuto i medici, consapevoli dell’inarrestabile piano inclinato come più volte sottolineato. «Come previsto, una volta tolto il divieto, si cammina rapidamente verso una banalizzazione dell’eutanasia» e della morte. I medici hanno quindi concluso: «Dieci anni dopo la depenalizzazione dell’eutanasia in Belgio, l’esperienza dimostra che una società che sostiene l’eutanasia rompe i legami di solidarietà, fiducia e sincera compassione che sono alla base del “vivere insieme”, arrivando ad auto-distruggersi».

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Krauss lo ammette: «l’Universo nato dal “nulla”? Solo marketing per vendere il libro»

Una cosa molto interessante da osservare è che i primi oppositori al cosiddetto neo-scientismo ateista, di cui il celebre astrofisico Stephen Hawking sembra voler essere un sostenitore, sono filosofi e umanisti che non possono certo essere definiti “religiosi”.

Parliamo ad esempio di Umberto Eco, il quale ha voluto rispondere alle durissime affermazioni dell’astrofisico inglese, contenute nel suo ultimo libro “Il grande disegno” (scritto assieme a Leonard Mlodinow), secondo cui «la filosofia è morta, non avendo tenuto il passo degli sviluppi più recenti della scienza, e in particolare della fisica. Così sono stati gli scienziati a raccogliere la fiaccola nella nostra ricerca della conoscenza». Eco ha fatto giustamente notare ai due fisici che «le risposte fondamentali che questo libro propone sono squisitamente filosofiche e se non ci fossero queste risposte filosofiche neppure il fisico potrebbe dire perché conosce e che cosa conosce». Il bravo fisico, ha continuato il semiologo e filosofo italiano, «non può che porsi il problema dei fondamenti filosofici dei propri metodi».

Recentemente è arrivata una risposta anche da Massimo Pigliucci, presidente del Dipartimento di Filosofia del CUNY-Lehman College, articolista di “Skeptical Inquirer” e noto militante laicista, anche se di posizioni aperte. Pigliucci se l’è presa in particolare con Lawrence Krauss, un altro “fisico con un complesso anti-filosofia” secondo le parole del filosofo americano. Anche Krauss –come abbiamo scritto in un precedente articolo– è un sostenitore dell’ultima moda scientista, ovvero l'”Universo nato dal nulla” e ha ribadito questo concetto in una recente intervista su “The Atlantic”. Pigliucci ha risposto a questo articolo, scrivendo: «In questi giorni è molto probabile incontrare fisici come Steven Weinberg o Stephen Hawking, che allegramente respingono la filosofia per motivi sbagliati, e ovviamente per una combinazione di profonda ignoranza e arroganza». Ora è arrivato anche Krauss, continua il filosofo, il quale «è orgoglioso del fatto che Richard Dawkins ha paragonato il suo ultimo libro, “Un universo dal nulla: perché c’è qualcosa piuttosto che niente”, a “L’origine delle Specie” di Darwin, sulla base del fatto che esso rovescia “l’ultima carta vincente del teologo”».

Dawkins andrebbe lasciato «impegnato nella sua stupida sorta di retorica iperbolica», ha sottolineato il filosofo, facendo poi notare che il volume di Krauss è stato “sbattuto a terra” dal filosofo David Albert sul “New York Times”. In seguito a questo articolo dissacratore, il fisico Krauss è arrivato ad insultare Albert definendolo “filosofo idiota”, ma Pigliucci ne ha preso le difese, chiamando Krauss “fisico cretino” e sostenendo che soffre «di una versione intellettuale del complesso di Edipo (si sa, la filosofia è stata la madre della scienza)». Krauss nella sua intervista ha affermato che «la filosofia non ha impatto sulla scienza», ed è dunque inutile. La filosofia “non progredisce”, ha ancora sostenuto. Pigliucci ha risposto che «l’attività della filosofia (la filosofia della scienza, in particolare) non è quella di risolvere problemi scientifici, abbiamo la scienza per questo» e che «il progresso in filosofia non è e non deve essere misurato con gli standard della scienza, proprio come la parola “progresso” deve essere interpretata in qualsiasi campo in base alle problematiche e i metodi di quel campo, non in base ai problemi e ai metodi della scienza (per inciso, come vanno i progressi in quella teoria delle stringhe, Lawrence? Sono passati 25 anni, e ancora nessuna prova empirica…)».

Il filosofo Pigliucci ha poi voluto affrontare la questione centrale, ovvero se l’universo sia nato o meno dal “nulla”, senza intervento esterno. La cosa curiosa, come ha fatto notare il filosofo, è che lo stesso Krauss nella sua intervista per la rivista americana, ha preso le distanze da tale asserzione: «Non credo di aver sostenuto che la fisica ha definitivamente dimostrato come qualcosa che potrebbe venire dal nulla». E allora, si è chiesto Pigliucci, «perché il titolo del libro recita proprio “Un universo nato dal nulla?”». Krauss ha poi rivelato che si tratta solo di questione di marketing: «non mi interessa niente di cosa il “nulla” significa per i filosofi, mi interessa il “nulla” della realtà. E se il “nulla” della realtà è pieno di roba, poi me ne andrò via con questo […]. Ma, in tutta serietà, non ho mai fatto tale affermazione…se avessi intitolato il libro soltanto come “Un universo meraviglioso”, non molte persone sarebbero state attratte da esso». Tirata d’orecchie obbligatoria, dunque, da parte di Pigliucci: «in tutta serietà, prof. Krauss, dovresti fare tuo il consiglio di essere onesto con i lettori. Rivendicare ciò che si vuole affermare, non quello che si pensa davvero, solo per vendere più copie del tuo libro, è uno specchietto per le allodole con i tuoi lettori».

Dunque lo slogan “l’universo nato dal nulla” (che rischia di fare la fine del leggendario “gene gay” o dell’“anello mancante” in campo biologico) è tutta una trovata pubblicitaria, come fu puro marketing la frase “Non fu Dio a creare l’universo” che nel settembre 2010 accompagnò sui media la pubblicazione dell’ultimo libro di Stephen Hawking, scatenando la reazione (negativa) di gran parte della comunità scientifica, filosofica e teologica.

La redazione

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