Ecco quanti soldi si prendono i radicali

Come abbiamo già sottolineato, il Partito Radicale dice in televisione di essere contro il finanziamento pubblico ai partiti, poi però –rivela il loro ex tesoriere- «non hanno mai rinunciato alla loro quota di finanziamento pubblico […], per lunghi anni, quei soldi pubblici sono stati utilizzati per pagare le spese di Radio Radicale». Senza contare tutti gli altri privilegi ed esenzioni che contano associazioni a loro collegate. Per non parlare dei soldi pubblici destinati a Radio Radicale (10 milioni all’anno, qui un altro approfondimento). Per il 2012, a favore di Radio Radicale è stata autorizzata la spesa di 3 milioni di euro.

Si è poi scoperto che durante l’ultima direzione del Pd, lista nella quale i radicali sono stati eletti in Parlamento, i democratici hanno versato al partito di Pannella 630 mila euro di rimborsi per le ultime politiche, facendo sbottare il tesoriere del PD Antonio Misiani«Questi fanno la battaglia contro il finanziamento ma poi non disdegnano i nostri rimborsi…». L’uscita del libro Da servo di Pannella a figlio libero di Dio (Fede&Cultura 2012 ) scritto dall’ex tesoriere di Pannella, Danilo Quinto, ha sconvolto gli animi. Si è arrivati a cifre precise e documentate: il resoconto della Associazione Politica Nazionale Lista Marco Pannella (quella che non prende mai oltre l1,5 % dei voti) ha ricevuto, dal 1992 ad oggi: 23, 3 milioni di euro per rimborsi elettorali, 80 milioni di euro per l’editoria di partito (radio radicale), 3.150 milioni di euro dal Pd, per andare con lui alle ultime elezioni.

Nessuno degli ex parlamentari del Partito Radicale, ha mai rinunciato al vitalizio mensile di 3.108 euro, pur essendo stati in Parlamento anche per un solo giorno. Pensiamo a Cicciolina (5 presente in parlamento), a Toni Negri (9 presenze, eletto in Parlamento su diretto consiglio di Pannella per sottrarlo al carcere), all’omosessuale Angelo Pezzana (7 giorni in parlamento), Luca Boneschi (una sola seduta in parlamento e si porta a casa 3000€ al mese), Rino Piscitelli (7 giorni di parlamento nella sua vita). Scrive l’ex tesoriere dei Radicali: «Nessuno di loro ha mai rinunciato a questi soldi pubblici, nonostante i proclami della battaglia contro il finanziamento pubblico dei partiti e contro l’uso del denaro pubblico. Inganno? Ipocrisia? O solo frutto della libertaria fantasia radicale, che denuncia immoralità degli altri, senza guardare in casa propria?».

Parla chiaro Quinto, che per trent’anni è stato il braccio operativo di Marco Pannella: «Da sempre, nella realtà radicale, essere eletti al Parlamento italiano o europeo è stato l’unico modo per dare stabilità a una situazione lavorativa precaria, che si fondava – per volontà di Pannella, che non ha mai consentito che il lavoro fosse trattato come un diritto, come prevedono la Costituzione e le leggi del nostro Paese – sui connotati del rapporto occasionale e quindi del disprezzo dell’identità e della dignità delle vite individuali. Chi andava in Parlamento sapeva di poter contare non solo su introiti più che adeguati, ma sulla prospettiva di un trattamento pensionistico, che avrebbe garantito l’età della vecchiaia. Con buona pace della dichiarata e pretestuosa idiosincrasia dei radicali per i soldi derivanti dal pubblico» (dal capitolo 7).

La descrizione prosegue dettagliata, fino ad arrivare ad Emma Bonino, cioè «la persona che più di ogni altra, in ambito radicale, ha usufruito, con grande maestria, dei privilegi a lei concessi, sbaragliando tutto e tutti e riuscendo a creare all’esterno un’immagine che non rappresenta per nulla la sua vera identità». Una donna che pubblicamente aggredisce con rabbia il diritto dei medici di agire secondo coscienza, definendo tale diritto una «malattia contagiosa da debellare», ma che poi –come spiega lei stessa in una bella intervista del 2006- «Io ho sempre paura, di tutto […]. Piango moltissimo, da sola, su questo divano. Mi appallottolo qui e piango. Poi dopo un po’ mi alzo e faccio qualcosa. Sono sempre sola. Sola intimamente, politicamente. La mia domenica ideale è in pigiama a bighellonare per casa». Dopo la morte della madre, «di colpo ho capito di non essere più di nessuno: non sono mai stata moglie, mai madre».  Anche per i radicali allora, oltre alla enorme e imbarazzante ipocrisia, c’è spazio anche per un po’ di umanità.

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Come insegna Vattimo, “bioetica laica” significa solo dire sempre “si”

Dato che ritengo scorretto, oltre che pericoloso, ignorare le ragioni di chi ha un pensiero altro dal mio, mi immergo con frequenza nella lettura di testi di autori distanti dai miei riferimenti culturali. Un modo come un altro per mettermi in discussione e, soprattutto, per sperimentare, per sbirciare la realtà da nuovi punti di vista. E’ con questo spirito che ho divorato “La vita dell’altro” (Marco editore, 2006), raccolta di scritti di bioetica del filosofo Gianni Vattimo; volevo saperne di più su quella “bioetica laica” che, secondo Fornero, è contraddistinta dal rifiuto preventivo dell’idea «teologico-metafisica di un “piano divino del mondo”» (“Bioetica cattolica e bioetica laica”, 2005, p.72).

Vada per Vattimo, mi sono dunque detto. Ci credete? Duecento pagine tra le più deludenti che abbia mai letto: cercavo la “bioetica laica” ma non ho trovato nemmeno la bioetica. Al suo posto, una rassegna di inquietanti auspici. Eccovene una sintesi. Partendo dal tema dell’aborto, affrontato con imbarazzante superficialità («Gli abortisti non impongono […] a nessuno di abortire» (p.49): ci mancherebbe anche questo!), la riflessione di Vattimo si sviluppa presto in un macabro inno alla morteIl suicidio assistito […] è una importante conquista di civiltà» (p.67)), quindi in un’apertura alla clonazione («Clonarsi? Parliamone» (p.70)).

Un’ipotesi, quella di fabbricare esseri umani, che non spaventa affatto l’allievo di Pareyson. Il quale riesce a tranquillizzarsi persino davanti all’ipotesi che degli uomini, un domani, possano essere creati come schiavi da sfruttareProdurremo forse una nuova razza di schiavi? Speriamo solo che, se nasceranno, anche in laboratorio, abbiano un giorno la forza di ribellarsi» (p. 71)). E l’utero in affitto? Anche questa pratica umiliante nei confronti della donna, ridotta a recipiente da laboratorio, andrebbe – a detta dell’illustre pensatore – guardata con meno rigidità («Al posto di proibizioni assolute pronunciate in nome di una presunta legge naturale, bisognerebbe provare a elaborare soluzioni ragionevoli» (p.74)).

Immancabili, poi, gli inni alla legalizzazione della prostituzioneSi tratta di capire se si vuole ridurre il danno sociale oppure applicare a tutti i costi una legge […] una effettiva protezione delle prostitute da parte dei poteri pubblici comporterebbe anche, com’è ovvio, la pratica libertà di uscire al giro» (pp. 112-113)) e delle droghe, sulle quali Vattimo ha quanto meno l’onestà di non distinguere le “leggere” dalle “pesanti” («Si rinuncia […] a prendere in considerazione il conto dei vantaggi che si potrebbero realizzare con la legalizzazione […] vantaggi globali che si possono realizzare con la legalizzazione» (pp.161-162)).

Il libro si chiude con riflessioni sull’ateismo che, però, sul versante pratico, lasciano intatta la domanda iniziale: che ne è della “bioetica laica”? Le pur argomentate riflessioni del filosofo torinese, come abbiamo visto, si diluiscono in duecento pagine per dire, in sostanza, sì all’aborto, alla fecondazione assistita, all’eutanasia, al suicidio assistito, alla clonazione, alla droga di Stato e alla prostituzione legale; vale a dire sì a qualunque pratica. A qualunque possibile aberrazione. Essere laici significa dunque assentire a prescindere? La bioetica laica esiste davvero oppure è l’ultimo travestimento della permissività più sfrenata? Le riflessioni di Gianni Vattimo sembrano confermare questa seconda ipotesi; e non solo le sue, purtroppo. La ricerca della bioetica laica, a questo punto, non può dirsi soddisfatta e appare destinata a continuare. Alla prossima lettura.

Giuliano Guzzo

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Il quotidiano “Repubblica” contro il plagio, ma si dimentica Umberto Galimberti

Come ha fatto notare Matteo Sacchi su “Il Giornale”, il quotidiano “Repubblica” ha ospitato un lungo articolo del filosofo tedesco Peter Sloterdijk il quale si è giustamente battuto contro il plagio e la legalizzazione delle «citazioni non specificate». Curioso che sia proprio il quotidiano di largo Fochetti a proporre questa riflessione, quando fino a ieri ospitava assai frequentemente i plagi del filosofo anticristiano Umberto Galimberti. “Repubblica” ha perfino ri-pubblicato articoli di Galimberti già scritti e pubblicati da “Il Sole24Ore”.

Più volte ci siamo occupati del filosofo laicista e della sua arte del plagio, della pubblicazione del libro “Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale” (Coniglio Editore 2011) in cui vengono dimostrate le incredibili scorrettezze di Galimberti, l’unico “accademico” italiano ad aver mai ricevuto dalla sua Università, la Ca’ Foscari di Venezia, un richiamo formale per la persistente mancanza di citazione delle fonti nella redazione dei suoi testi scientifici. Non solo si è limitato a copiare selvaggiamente da altri testi, ma addirittura è arrivato a copiare se stesso e “ricicciare” sue riflessioni (si fa per dire) alla rivista della Polizia di Sta­to, “Polizia Moderna”. Lo scrittore Vincenzo Altieri ha fatto presente proprio a UCCR di aver raccolto moltissimo materiale, poi pubblicato in “Il filosofo di Monziglia”, con cui ha dimostrato senza ombra di dubbio come Umberto Galimberti abbia creato gran parte dei suoi maggiori libri copiando letteralmente frasi e ragionamenti di altri autori, senza ovviamente citarne la fonte.

Consigliamo dunque a “Repubblica” (quotidiano di cui non ci interessa l’orientamento politico, ma soltanto di quello oggettivamente laicista) di evitare questi ipocriti sermoni sul plagio, come di evitarli sul rispetto dei lavoratori e delle donne in gravidanza dato che il quotidiano di Ezio Mauro pare sfruttarle fino a ridosso del parto. Si evitino anche lezioni contro l’evasione fiscale dato che il gruppo editoriale L’Espresso è stato recentemente condannato al pagamento di imposte su plusvalenze non dichiarate per un importo pari a oltre 440 miliardi delle vecchie lire, lo stesso dicasi per il collaborazionismo con il terrorismo dato che gli hacker di “Anonymous” hanno svelato l’imbarazzante corrispondenza di una giornalista di “Repubblica” con l’entourage del tiranno di Damasco, Bashar al-Assad.

Il quotidiano di proprietà del miliardario Carlo De Benedetti (maestro massone dal 18 marzo 1975, come informa Ferruccio Pinotti e pagatore di tangenti, come ha ammesso lui stesso) eviti anche di parlare di rispetto degli ebrei e di libertà di parola in quanto è nota l’opera censoria verso le lettere di protesta inviate dai portavoce delle comunità ebraiche di Roma e Milano, in merito ad un articolo del fondamentalista Piergiorgio Odifreddi -guarda caso firma del quotidiano- in cui tacciava il matematico ebreo Giorgio Israel di “collaborazionismo”. Anche sull’onestà bisognerebbe fare prima un esame di coscienza, dopo che il sito giapponese “pquake.info” ha riunito tutti i peggiori casi di giornalismo su Fukushima, spiegando che i primi in classifica sono stati proprio i giornalisti del quotidiano di Largo Fochetti. Se non bastassero le balle su Fukushima, si potrebbero prendere le invenzioni quotidiane del vaticanista Marco Ansaldo, dal rapimento/uccisione degli informatici del Vaticano ai finti dialoghi tra il card. Bertone e Papa Benedetto XVI.

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Lo psichiatra Ablow: «approvo lo studio sui disturbi dei figli dei gay, ma temo a dirlo»

Il mese scorso la rivista scientifica “Social Science Research” ha pubblicato due studi molto interessanti sulle problematiche dei bambini cresciuti all’interno di una relazione omosessuale. Il primo, quello del sociologo dell’Università del Texas, Mark Regnerus, si è basato sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale, facendo parlare per la prima volta i “figli” (ormai cresciuti) di genitori con tendenze omosessuali, dimostrando un significativo aumento di disturbi psico-fisici rispetto ai figli delle coppie eterosessuali. Il secondo studio è stato realizzato da Loren Marks della Louisiana State University, con il quale è stata confutata la posizione (politica) ufficiale dellAmerican Psychological Association (APA), secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eteorsessuali. La studiosa ha analizzato i 59 studi citati dall’APA per sostenere la propria tesi, dimostrando la loro scarsa attendibilità.

Entrambi gli studi sono stati accolti in modo positivo dalla comunità scientifica dal punto di vista della correttezza procedurale, come abbiamo già avuto modo di segnalare. A causa delle fortissime proteste (animalesche, a volte) della lobby gay, un gruppo di 18 scienziati e docenti universitari ha deciso di pubblicare un appello di difesa sul sito della Baylor University (classificata nel 2011 da US News & World Report come la 75° miglior università nazionale su di 262), spiegando che le critiche avanzate sono ingiustificate e affermando l’attendibilità dell’indagine scientifica (in particolare dello studio di Regnerus, il più aggredito dalle critiche).

In campo ha deciso di scendere anche lo psichiatra americano Keith Russell Ablow, collaboratore del “New York Times” e di Fox News, il quale in un’intervista ha iniziato affermando: «Mi costa dirlo perché verrò minacciato e possibilmente leso». Anche lui conosce dunque la violenza della lobby gay, quella che organizza agguati notturni contro chi chiede di abbassare la musica del Gay Pride, che fa dimezzare lo stipendio ad un padre di famiglia favorevole al matrimonio tradizionale, che minaccia di morte chi osa criticare l’educazione omosessuale nelle scuole materne, che interrompe funzioni liturgiche e arriva a voler bloccare il Festival di Sanremo per impedire l’ascolto della canzone “Luca era gay”.

Ablow ha continuato riportando i dati ufficiali dello studio di Mark Regnerus, secondo i quali il 23% di chi è cresciuto con una madre lesbica ha dichiarato di essere stato palpeggiato, contro il 2% degli altri giovani. Inoltre, il 31% di quelli cresciuti con una madre lesbica e il 25% di quelli cresciuti con un padre gay sono stati abusati sessualmente e costretti al sesso forzato, contro l’8% di quelli cresciuti da genitori biologici. Hanno più probabilità (40% contro 13%) di essere infedeli al partner, un maggior uso di marijuana, di uso del tabacco, di ore davanti alla televisione, maggior numero di arresti, maggior numero di relazioni e partner sessuali. Infine, il 25% di coloro che sono cresciuti con genitori gay ha contratto malattie sessualmente trasmissibili contro l’8%. E solo il 61% di quelli con madre lesbica e il 71% di quelli con padre gay si definisce eterosessuale, contro il 90 per cento di chi è cresciuto con genitori eterosessuali.

«Perché Regnerus è stato attaccato?», è stato domandato ad Ablow. «Prenda me» – ha risposto –, «anche io sarò minacciato per i dati che sto semplicemente riportando. Mi vogliono bruciare la macchina, la casa, verranno a protestare sotto il mio ufficio». Ha proseguito Ablow: «Purtroppo siamo nel clima del politicamente corretto davanti a cui nemmeno i dati scientifici sono sufficienti a porre delle regole. Infatti, chi attacca questo studio, anche con rabbia e violenza, non lo fa mai portando argomentazioni scientifiche indiscutibili. Per questo ho pensato molto prima di esprimermi, perché tutte le volte che lo faccio vengo minacciato. Ma, in merito, non c’è uno studio miglior. Qui il video dell’intervista allo psichiatra americano.

In un secondo articolo ha spiegato: «I dati non devono essere respinti. Sono stati generati, dopo tutto, da leader accademici delle università più importanti e pubblicati da una rivista stimata senza programma politico e con un comitato consultivo di rappresentanti di circa tre dozzine di università.  Quello che dobbiamo evitare a tutti i costi è mettere a tacere tale ricerca solo perché è vista da alcuni come politicamente scorretta». Anche in questo caso dice però di avere esistato ad intervenire: «Ho esitato perché sono sempre più preoccupato delle minacce e odio per posta ed e-mail che ricevo ogni volta che, anche soltanto menziono, la questione apparentemente ineffabile di come le forze sociali legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere potrebbero influenzare il benessere nei bambini.  Eppure, cedendo a queste preoccupazione significherebbe restare vittima del bullismo, tornando a quando ero un timido ragazzino di scuola, e io non sopporto questo».

 

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La “scienza” di Cecchi Paone: «Galileo dimostrò la Terra rotonda»

Cecchi paoneAlessandro Cecchi Paone e la scienza: in un video sostiene che Galileo avrebbe addirittura dimostrato la sfericità della Terra tramite “l’osservazione”. Una gaffe clamorosa che rivela molto dell’arroganza del famoso tuttologo anticlericale della televisione italiana.

 
 
 

Ma come possono gli italiani fare a meno di Alessandro Cecchi Paone?

Come si può non sapere quanti metrosexual ci sono nella nazionale italiana? Come fare senza vedere il tuttologo italiano scaldarsi con il dito alzato su ogni argomento, dalla scienza al gossip?

Quello che è successo prima dell’inizio degli Europei di calcio è stato imbarazzante. Cecchi Paone, per sponsorizzare il suo ultimo libro, si è inventato che in Nazionale giocherebbero «tre metrosexual, due gay, un bisessuale».

Ha sintetizzato bene il tutto Rodolfo Casadei su scrivendo: «O Cecchi Paone, uomo di spettacolo, sta dicendo falsità per farsi pubblicità sfruttando l’enorme traino promozionale rappresentato dal calcio, e allora sta infangando persone e sta destabilizzando un ambiente dove si sta lavorando duramente per un obiettivo di prestigio; oppure Cecchi Paone dice la verità, e allora sta compiendo una violenza enorme contro persone che vorrebbero vedere rispettata la propria vita privata e che vorrebbero usufruire della riservatezza a cui ogni essere umano ha diritto. In un caso come nell’altro, offende molto più la dignità delle persone lui che non il crudo Cassano».

Ma il Paone nazionale ama anche presentarsi, durante il resto dell’anno, come fine intellettuale, come scienziato, come studioso. Anche qui, tuttavia, con scarsi risultati.

 

Cecchi Paone e la scienza: «La terra tonda? La dimostrò Galileo»

Lo dimostra il filmato qui sotto di una puntata della trasmissione televisiva Il Bivio, condotta da Enrico Ruggeri. Cecchi Paone, dopo la classica citazione a favore di Giordano Bruno (lasciando stranamente fuori le Crociate, l’Inquisizione ed il Pio XII nazista), ha toccato un altro cavallo di battaglia laicista, ovvero il “caso Galilei”.

Ha incredibilmente sostenuto, però, che lo scienziato pisano sarebbe stato il primo a dimostrare che la Terra ha una forma sferica. Non solo, ma come lo avrebbe dimostrato? «Attraverso l’osservazione», ha risposto Cecchi Paone. Forse nel suo ultimo libro, tra bisessuali e metrosexual, spiegherà anche come si dimostra qualcosa osservandola?

Concentrandosi sulla incredibile “odifreddura”, anche un bambino saprebbe facilmente spiegare che Galileo non c’entra nulla con la sfericità della Terra, ma si occupò semmai dell’eliocentrismo sostenendo (in modo corretto, seppur senza prove) che fosse la Terra a girare attorno al Sole, contrariamente a quanto sosteneva il sistema aristotelico-tolemaico.

 

Le accuse sbagliate al card. Roberto Bellarmino

Cecchi Paone nell’occasione si è scagliato contro anche al card. Roberto Bellarmino. Ignora tuttavia che, non essendoci ancora prove dirette a supporto dell’eliocentrismo, Bellarmino paradossalmente si dimostrò più scienziato dello stesso Galilei, chiedendo semplicemente che la sua teoria venisse esposta come ipotesi.

Bellarmino, in una lettera del 12 aprile 1615 al padre carmelitano Paolo Antonio Foscarini (sostenitore di Galilei), scrisse infatti:

«Dico che il Venerabile Padre e il signor Galileo facciano prudentemente a contentarsi di parlare ‘ex suppositione’ e non ‘assolutamente’, come io ho sempre creduto che abbia parlato il Copernico. (…) Dico che quando ci fusse ‘vera dimostrazione’ che il Sole stia nel centro del mondo e la Terra nel terzo cielo, e che il Sole non circonda la Terra , ma la Terra circonda il Sole, all’hora bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, ed è meglio dire che non le intendiamo, piuttosto che dire che sia falso quello che si dimostra»

 

Nel 1571, cinquant’anni prima, San Bellarmino scriveva nelle sue “Praelectiones Lovanienses”: «Non spetta ai teologi investigare diligentemente queste cose (…) . Possiamo scegliere la spiegazione che ci sembra più conforme alle SS. Scritture (…) . Se però in futuro sarà provato con evidenza che le stelle si muovono con moto del cielo e non per loro conto, allora dovrà vedersi come debbano intendersi le Scritture affinchè non contrastino con una verità acquisita. E’ certo, infatti, che il vero senso della Scrittura non può contrastare con nessun’altra verità sia filosofica come astronomica ».

Il card. Bellarmino assunse dunque una posizione ragionevole, mentre Cecchi Paone sostiene che la sfericità della Terra sarebbe stata dimostrata nel 1500-1600 («con l’osservazione»), quando in realtà la questione venne risolta prima di Cristo, dai Greci come Parmenide. Sia Platone che Aristotele davano la cosa per scontata, lo stesse fece Eratostene nel III secolo a.C. (misurando anche con buoni risultati la circonferenza terrestre).

 

Nel Medioevo chiunque sapeva che la terra non era piatta.

Anche i grandi pensatori cristiani rifletterono sulla sfericità della Terra, come Sant’Agostino (354-430 d.C.), che nel suo Genesi ad litteram, scrive: «Dato infatti che l’acqua ricopriva ancora tutta la terra, nulla impediva che su una faccia di questa massa sferica d’acqua producesse il giorno la presenza della luce e che nell’altra faccia l’assenza della luce producesse la notte che, a cominciar dalla sera, succedesse sulla faccia dalla quale la luce s’allontanava verso l’altra faccia» (Libro I, 12.25).

Anche nella Divina Commedia di Dante (composta tra il 1304 e il 1321), la grande opera che il grande saggio Cecchi Paone evidentemente non ha mai letto, si descrive chiaramente la Terra come una sfera.

Chiunque nel Medioevo dava per scontato che la Terra fosse sferica, come spiega (stranamente) la pagina dedicata al tema da Wikipedia. Su Sapere.it, si sottolinea giustamente che «la moderna idea (sbagliata) che nel Medioevo si credesse che la Terra fosse piatta è entrata nell’immaginario collettivo nel XIX secolo, frutto delle idee positiviste». Ecco da dove attinge chi si è occupato più di dare compulsivamente la caccia ai presunti omofobi, piuttosto che usare il tempo per documentarsi.

 

Qui sotto il video della gaffe di Alessandro Cecchi Paone (grazie a Islamicamentando)

 
La redazione

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Giorgio Napolitano, l’amicizia con Benedetto XVI e la vera laicità

Siamo entrati nel settimo (e ultimo) anno di mandato del nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In questi giorni ha assistito assieme a Papa Benedetto XVI al concerto di musica diretto dal maestro Barenboim a Castel Gandolfo. Per l’occasione “L’Osservatore Romano” lo ha intervistato e il Presidente ha voluto soffermarsi sul suo rapporto con il Pontefice in questi anni.

«Non esito a confessare», ha detto, «che una delle componenti più belle che hanno caratterizzato la mia esperienza è stato proprio il rapporto con Benedetto XVI. Abbiamo scoperto insieme una grande affinità, abbiamo vissuto un sentimento di grande e reciproco rispetto. Ma c’è di più, qualcosa che ha toccato le nostre corde umane. E io per questo gli sono molto grato. Oggi, per esempio, abbiamo trascorso un momento insieme caratterizzato proprio da tanta semplice umanità. Abbiamo passeggiato, parlato come persone che hanno un rapporto di schietta amicizia, con tutta la deferenza che io ho per lui e per il suo altissimo ministero, per la sua altissima missione. Ci sentiamo in un certo senso  vicini, anche perché  chiamati a governare delle realtà complesse».

E ancora, mostrando cosa significhi il vero significato di laicità: «Non dimenticherò mai il messaggio che ci ha rivolto in occasione delle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia: lo porto e lo porterò sempre con me come  retaggio del mio mandato presidenziale. Ci si poteva aspettare certo un messaggio cordiale, formale, ma non  tanto impegnativo come invece sono state  le sue parole e anche  il suo giudizio storico. E questo dimostra veramente come in Italia lo  Stato e la Chiesa, il popolo della Repubblica e il popolo della Chiesa, siano così profondamente e intimamente uniti». Quelle del presidente Napolitano non sono affatto parole di circostanza, più volte effettivamente ha dato visibilità a questa vicinanza con il Santo Padre.  Di estradizione laica, già membro e responsabile del Partito Comunista Italiano, è riuscito comunque ha mostrato come la laicità non significhi negazione della religione o banale neutralità (che poi diventa sempre indifferenza e ostilità nascosta), ma cavourriana separazione tra le leggi e i comandamenti, tra lo Stato e le istituzioni ecclesiastiche. Significa certamente distinzione di ambiti, ma anche collaborazione e valorizzazione. 

In diversi interventi Napolitano ha stimato l’opera sociale della Chiesa che, come ha detto in un’occasione, «significa le parrocchie, significa l’associazionismo, significa il volontariato», insomma quell’«insieme di strutture e di forme di aggregazione» che nel tempo hanno dato prova «di vicinanza ai bisognosi e ai sofferenti». Nel febbraio 2012 in occasione della presentazione del libro “Per carità e per giustizia. Il contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano”, ha parlato del contributo dei cattolici «nei campi della cooperazione, educazione, istruzione e assistenza, sanitaria e sociale a favore di quanti vivevano in condizione di povertà e precarietà sociale ed economica», e di come sia stato «rilevante» negli anni. Superando i «momenti critici del rapporto con le nuove istituzioni dello Stato unitario, ha consentito al mondo cattolico di concorrere allo sviluppo economico-sociale del Paese e alla maturazione di valori, quali quelli della mutualità, solidarietà e convivenza pacifica, che trovano oggi consacrazione nella nostra Carta costituzionale». Nell’agosto 2011, partecipando al Meeting di Rimini organizzato dal movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione, ha invitato la platea in ascolto a portare «in politica le vostre convinzioni spirituali, morali e sociali. Siete una risorsa umana importante per il nostro paese, fate valere la vostra esperienza e diffondetela ancora di più».

Una posizione da vero laico, che però fatica a cancellare la grande macchia nera che sporca gravemente il suo mandato, cioè la mancanza di coraggio nel firmare il decreto che avrebbe salvato la vita a Eluana Englaro, uccisa a causa di una ricostruzione “indiretta” delle sue volontà terapeutiche attraverso lo “stile di vita”. Una farlocca ricostruzione fatta sui ricordi del padre Beppino Englaro, il quale però ha rivelato di essersi inventato tutto secondo il racconto di Salvatore Crisafulli.

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“Società Canadese di Cure Palliative” contraria a eutanasia e suicidio assistito

Il 15 giugno 2012 la Corte Suprema della provincia canadese della British Columbia ha stabilito che l’attuale legge che proibisce il suicidio medicalmente assistito, è illegittima. Il giudice Lynn Smithnota abortista e femminista– ha dunque imposto al governo la regolarizzazione dell’omicidio verso persone consenzienti.

E’ sempre interessante notare che -come per la questione riguardante l’aborto- ad essere maggiormente contrari ad uno stravolgimento dell’etica medica sono proprio coloro che hanno a che fare con i pazienti in fase terminale, che sono davvero informati dei fatti, cioè i medici. Non certo giudici e politici. Infatti, la Canadian Society of Palliative Care Physicians” (CSPCP), ovvero l’associazione di specialisti in cure palliative, ha adottato (in risposta ad un dibattito relativo al Québec) -in seguito ad un sondaggio interno- una presa di posizione sulla legalizzazione dell’eutanasia.

Si legge infatti che questo sondaggio tra i medici «ha rivelato una schiacciante opposizione tra i membri all’eutanasia e al suicidio assistito […]. La Medicina palliativa non comprende la pratica dell’eutanasia e del suicidio assistito , affrettare la morte non fa parte della medicina palliativa e la “Canadian Society of Palliative Care Physicians” si oppone fermamente alla legalizzazione di eutanasia e il suicidio assistito. Continueremo invece a sostenere l’accesso universale alle cure palliative per tutto in tutto il Canada».

Dopo l’imposizione del giudice Smith, comunque, è nato un forte dibattito, ed è importante segnalare –come già abbiamo fatto su UCCR– il commento di Margaret Somerville, founding director del Centre for Medicine, Ethics and Law presso la McGill University: « la ricerca mostra che le motivazioni di chi vuole il suicidio assistito/eutanasia sono la paura di essere abbandonati, di morire da soli e non amati e di essere un peso per gli altri. Sicuramente la nostra risposta a questi timori non dovrebbe essere quella di aiutarli ad uccidere se stessi, o dare loro una iniezione letale. Stiamo discutendo sul suicidio assistito/eutanasia quando oggi potremmo fare molto per alleviare il dolore di quanto non potessimo in passato? In una società laica, la medicina e la legge sono le principali istituzioni chesostengono il valore del rispetto per la vita». In una recente intervista per Tempi.it ha continuato: «In una società secolarizzata come il Canada, in mancanza della religione, le uniche istituzioni che assicurano il rispetto della persona sono la medicina e la legge. E l’eutanasia distruggerà sia l’una che l’altra […] Legge e medicina saranno distrutte, perché dovremo insegnare all’università che i medici possono e a volte devono uccidere i pazienti».

Una posizione molto simile alla CSPCP  è quella della New Zealand Medical Association (NZMA), che poco tempo fa ha annunciato in un comunicato che l’eutanasia non è una pratica etica e non può essere tollerata in alcun modo. La German Medical Association (GMA) ha invece optato per una posizione più morbida ma non meno chiara: «il coinvolgimento dei medici nel suicidio non è un compito medico». Anche la British Medical Association (BMA), prestigiosa associazione medica inglese, ha a sua volta  specificato di essere «fermamente contraria» alla legalizzazione del suicidio assistito.

 

 

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I passi violenti dell’Antico Testamento e le furberie laiciste

L’anti-cristianesimo (o laicismo) non ha mai avuto la forza sufficiente per porsi in modo positivo, con argomenti ragionevoli, per sopravvivere ha sempre dovuto contrapporsi al Cristianesimo in modo reattivo, quasi sempre proponendo falsità per screditare quel che considera il suo “nemico”. Significativa, a questo proposito, la  riflessione di un militante laicista: «ci vogliono slogan che puntino a destabilizzare la fede dei credenti, a farla crollare dalle fondamenta». 

Uno di questi “slogan” è quello di estrapolare piccoli brani dell’Antico Testamento nel tentativo di mostrare ai più sprovveduti quanto presente sia l’odio, la violenza e la guerra nella mente del Dio ebreo-cristiano: dopo aver copiato&incollato il solito elenco riciclato, solitamente è stato insegnato a concludere con la frase: «Se dovessi convincere qualcuno a diventare ateo gli direi di leggere la Bibbia» (Odifreddi, “Perché Dio non esiste”, Aliberti 2010, pag. 49). Innanzitutto, bisogna premettere che il cattolicesimo non è una cosiddetta “religione del Libro”, ovvero «cuore della fede non è il Nuovo Testamento [tanto meno l’Antico, Nda], del quale la Chiesa nascente ha potuto fare a meno a lungo, aspettando secoli prima di fissare la “lista” ufficiale dei libri, ma è l’Eucarestia» (V. Messori, “Qualche ragione per credere”, Ares 2008, pag. 78). L’essenziale per un cattolico, cioè, è la Persona stessa del Cristo, prima ancora che le sue parole (“Quid est veritas? Est vir qui adest”).

Il riferimento fondamentale per accostarsi all’Antico Testamento è senz’altro la “Dei Verbum”, dove si spiega: «L’economia del Vecchio Testamento era soprattutto ordinata a preparare, ad annunziare profeticamente e a significare con diverse figure l’avvento di Cristo». L’intenzione di Dio appare essere dunque fortemente pedagogica verso il popolo d’Israele, cioè una civiltà violenta, di “dura cervice”, radicata in una cultura esclusivamente pagana e politeista (si pensi ad esempio alla durezza di un padre verso un figlio scapestrato). Continua infatti la “Dei Verbum”: «Questi libri, sebbene contengano cose imperfette e caduche, dimostrano tuttavia una vera pedagogia divina». Inoltre, «Dio, ispiratore e autore dei libri dell’uno e dell’altro Testamento, ha sapientemente disposto che il nuovo fosse nascosto nell’antico e l’antico diventasse chiaro nel nuovo». Questa è l’interpretazione corretta per affrontare anche i passi più crudi dell’Antico Testamento, anche dopo averli necessariamente contestualizzati in un’epoca profondamente incivile, rispetto ad oggi.

Per capire cosa significhi l’opera pedagogica di Dio, occorre riflettere su un episodio saliente dell’Antico Testamento, ovvero il sacrificio di Isacco contenuto del Libro della Genesi. Si legge infatti: «Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: “Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, và nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò”».  Abramo fece quanto indicato, ma nel momento di immolare suo figlio, «l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: “Abramo, Abramo! Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio […]. Perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». L’intenzione pedagogica di Dio, come emerge chiaramente, era mettere alla prova la fede e la libertà dell’uomo.

Su questo si è anche soffermato don Stefano Tarocchi, docente di Sacra Scrittura, spiegando «occorre capire il modo graduale (la “divina pedagogia”) di Dio di condurre gli uomini alla pienezza della Rivelazione». Lo stesso ha fatto padre Angelo Bellon sull’utilissimo sito “Amici Domenicani”: «Il criterio generale di interpretazione è il seguente: Dio si è rivelato servendosi degli uomini, della cultura, dei modi di concepire la santità e i Dio e la giustizia tra gli uomini secondo i costumi del tempo». Proprio in questi giorni è tornato sul tema della violenza dell’A.T.: «Il tema delle guerre e degli eccidi va letto alla luce di Gn 9,6 là dove viene stabilita la legge del taglione, che è propria dell’Antico Testamento ed è tipica di una società non ancora organizzata come la società nomade e dove la giustizia veniva fatta dai singoli». Rispetto a queste guerre “in nome di Dio”, occorre prestare anche attenzione poi a quanto ha affermato il rabbino Alan Lurie, citando l’opera Encyclopedia of Wars”: «dobbiamo riconoscere che le evidenze archeologiche hanno dimostrato che queste conquiste non sono mai avvenute, o almeno non in modo drammatico come descritto nella Bibbia». Queste storie sono più che altro «avvertimenti sui pericoli della guerra».  Ricordiamoci, infatti, che la Sacra Scrittura può essere interpretata nei quattro sensi: letterale, allegorico, morale, anagogico.

Infine, occorre citare il card. Gianfranco Ravasi quando afferma che la Bibbia «non è una collezione di tesi teologiche e morali perfette e atemporali, come sono i teoremi in geometria, bensì è la storia di una manifestazione di Dio all’interno delle vicende umane. È dunque un percorso lento di illuminazione dell’umanità perché esca dalle caverne dell’odio, dell’impurità, della falsità e s’incammini verso l’amore, la coscienza limpida e la verità» (“I Comandamenti”, p. 100).  

Un percorso conclusosi con l’irruzione di Gesù Cristo nella storia che ha compiuto la preparazione pedagogica di Dio e annullato la “Legge del taglione”: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”; ma io vi dico di non opporvi al malvagio…avete inteso dire che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori» (Mt 5,38.43-44). «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri» (Gv 15).

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La Germania rifiuta il matrimonio omosessuale

Anche la Germania ha preferito salvaguardare la famiglia naturale e il matrimonio tradizionalmente inteso, evitando l’ingerenza politico-ideologica in questioni antropologiche antecedenti alla legge stessa. Il 28 giugno scorso infatti, il parlamento tedesco ha respinto la proposta dei Verdi di equiparare le coppie dello stesso sesso al matrimonio tra un uomo e una donna.

Qualcuno ha per caso letto questa notizia sui quotidiani italiani? Come avrebbe fatto altrimenti Paola Concia a massacrare ancora gli italiani a reti mediatiche unificate, dicendo che l’Italia deve adeguarsi al resto d’Europa? Certo, avrebbe continuato ugualmente, per lo meno per dare un senso ai 16mila euro al mese, vitalizio escluso, che porta a casa (è stata messa lì per quello, d’altra parte), ma forse con qualche impaccio maggiore. Oltretutto, è bene ricordare che soltanto dieci paesi al mondo hanno deciso di snaturare il significato antropologico di “matrimonio” e “famiglia”: Paesi Bassi, Spagna, Belgio, Sud Africa, Portogallo, Canada, Norvegia, Svezia, Islanda e Argentina.

La votazione al Bundestag è stata di 309 parlamentari contrari contro 260 favorevoli (12 astenuti). Dal 1° agosto 2001, la Germania ha permesso le cosiddette “unioni registrate” (eingetragene lebenspartnerschaft)  per le coppie dello stesso sesso, partnership che prevedono alcuni dei diritti del matrimonio, escludendo adozione e benefici fiscali completi.  

Ricordiamo le parole di Francesco D’Agostino su“Avvenire”, quando ha spiegato: «i rapporti di coppia tra omosessuali possono avere una loro tutela giuridica, non però perché simili, ma perché diversi da quelli eterosessuali». Tuttavia, come i tentativi tedeschi dimostrano, tali unioni civili sembrano servire soltanto per fare il primo passo verso il matrimonio e l’adozione omosessuale.

 

Aggiornamento 13/07/12
In seguito ad alcune e-mail arrivate in redazione, considerando il dibattito originato nei nostri gentili lettori e valutando la complessità del tema in questione, abbiamo deciso di modificare leggermente la parte finale di questo articolo rendendola più conforme al pensiero dei responsabili ultimi di questo semplice sito web.

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Aggressioni ai volontari pro-life: ecco altri video

Pochi giorni fa rendevamo noto l’ennesimo attacco ai volontari pro-life per le loro idee in difesa della vita del nascituro. I video sono chiari e parlano già da soli: la violenza di chi sostiene l’aborto non è soltanto verso i concepiti ma anche verso chi si batte per il loro diritto alla vita. Soltanto poche settimane dopo e altre aggressioni vengono alla luce.

 
 
 

Il 2 maggio 2012 un noto supporter dell’aborto, come si vede nel video qui sotto, Kenrick Bradley, ha fisicamente aggredito a Bremerton (Washington) un volontario pro-life mentre reggeva un manifesto durante un evento organizzato di sensibilizzazione pubblica. Bradley ha iniziato ad imprecare, scagliando lontano il cartello per poi scappare. Successivamente è tornato in auto per aggredire il manifestante, tentando di rompere la telecamere che aveva con sé.

Qui sotto l’aggressione a Bremerton

 
 

Il 27 giugno 2012 è stata vandalizzata la casa di Keith e Jennifer Mason e dei loro tre figli, che il 25/6/2012 hanno osato pubblicare su “Newsweek” un articolo sulla personalità del neoconcepito e la loro volontà di promuovere una campagna per definire legalmente gli embrioni come “persone umane”. L’articolo ha suscitato una forte reazione nel mondo mediatico abortista. Il giorno successivo, attorno alle 01:30, dopo una giornata di insulti e minacce personali arrivate per e-mail dalla coppia di giovani sposi, un gruppo di militanti abortisti ha pensato di rompere alcune finestre di casa loro, e imbrattare i muri con insulti ed epiteti color rosso sangue, come si vede da queste fotografie.

 

 

Il 30 giugno 2012, invece, alcuni attivisti pro-life della Florida hanno pianificato di distribuire volantini contro l’aborto durante un piccolo concerto country di JoDell Nauert, proprietario di tre cliniche abortiste della zona. Sei pro-life hanno pagato per partecipare all’evento ed erano in procinto di distribuire dei volantini, quando gli organizzatori chiesto loro di andarsene, cosa che è avvenuta senza protesta. Uno di questi volontari per la vita, Steve Kinn, era un veterano disabile, con un bastone a causa dei vari infortuni subiti in guerra ad entrambe le ginocchia. Non riuscendo ad uscire velocemente, il proprietario lo ha spinto energicamente facendolo cadere a terra e rompendo una delle sue ginocchia ricostruite.

 
 

Il 4 luglio 2012 a Denver (Colorado) un signore anziano, Everett Stadig, stava raccogliendo alcune firme per sostenere politicamente la “personalità dell’embrione” davanti ad un negozio di alimentari. Un uomo ha cominciato ad insultarlo, rifiutandosi di firmare e urlandogli di essere “pro-choice”. Stadin ha spiegato che essere “pro-choice” significava essere favorevoli all’aborto e l’uomo, che in un primo momento sembrava stesse andandosene, è tornato per aggredito, fratturandoli l’anca sinistra.

 
 

Ricordiamo che quasi due anni fa un anziano attivista pro-life è stato colpito più volte e ucciso davanti ad una scuola del Michigan mentre stava protestando pacificamente contro l’aborto, tenendo in mano un cartello raffigurante un bambino e la parola “Life”. Esattamente un anno fa, invece, una donna nel New Mexico ha violentemente aggredito dei pacifici attivisti pro-life fuori da una clinica abortista (in cui poi la donna è entrata). La donna, come mostra il video qui sotto, ha aggredito la coppia con pugni e usando la chiave della sua auto, urlando frasi favorevoli all’aborto.

Qui sotto l’aggressione avvenuta nel New Mexico

 
 

Nel 2010 un gruppo di volontari pro-life sono stati infastiditi da un uomo mentre manifestavano pacificamente. L’uomo prima ha spruzzato loro addosso dell’acqua e poi ha utilizzato una canna da giardino, come mostra il video qui sotto. La polizia è intervenuta in seguito per raccogliere le testimonianze delle vittime.

Qui sotto il video del molestatore pro-aborto

 
 

Fortunatamente esistono moltissimi video come questi, che vanno presi come piccoli esempi, che dimostrano come non si può essere favorevoli all’uccisione dei neoconcepiti senza covare dentro di sé un piccolo germe di violenza e intolleranza.

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