L’Osservatore Romano: «la Chiesa è favorevole al controllo naturale della fertilità»

In tema di sessualità regna forse la più grande confusione e disinformazione ai danni della Chiesa. Quanti dei nostri lettori (in maggioranza cattolici, crediamo) ritengono in questo momento che la Chiesa sia contro la sessualità, predichi l’astinenza completa e il sesso soltanto a fini procreativi? La maggioranza, ne siamo certi. Si provi dunque soltanto a pensare cosa possono pensare i non cattolici.

Tuttavia si tratta di un fortissimo ed errato luogo comune (sicuramente anch’esso diffuso appositamente), tra i più ripetuti e quasi impossibile da scardinare. Ci aveva già provato Giovanni Paolo II, affermando pubblicamente che: «il pensiero cattolico è sovente equivocato, come se la Chiesa sostenesse un’ideologia della fecondità ad oltranza, spingendo i coniugi a procreare senza alcun discernimento e alcuna progettualità. Ma basta un’attenta lettura dei pronunciamenti del Magistero per constatare che non è così». Il fatto che non sia così è dimostrato da quanto si insegna in tutti i corsi per i fidanzati organizzati dalle parrocchie, dove vengono insegnati i cosiddetti Metodi naturali per la regolazione della fertilità”. Più volte ne abbiamo parlato anche noi e continueremo a farlo.

Fortunatamente anche “L’Osservatore Romano” ha recentemente voluto prendere posizione sulla questione (ripresa da alcuni siti web come “Vatican Insider”, anche se ancora una volta con un titolo troppo “politicamente corretto”), affermando a chiare lettere che «la Chiesa è favorevole alla regolamentazione naturale della fertilità, a quei metodi cioè fondati sull’ascolto delle indicazioni e dei messaggi forniti dal corpo». Qui maggiori informazioni sulla posizione cattolica.

L’occasione per questa presa di posizione è la critica alle affermazioni della sedicente cattolica (ma perché tutti, come si domanda Antonio Socci, fanno a gara per dichiararsi “cattolici”?) Melinda Gates, moglie del fondatore di Microsoft, la quale ha annunciato che avvierà una campagna (molto neocolonialista) da 450 milioni di euro in otto anni per tentare di controllare le nascite nei Paesi più poveri del pianeta, attraverso la contraccezione. Secondo la Gates, tale iniziativa rappresenterebbe una sfida alla gerarchia ecclesiastica (affermazione d’obbligo che serve per dare la spinta iniziale di successo ad ogni nuova attività).

Il quotidiano del Vaticano ha criticato queste dichiarazioni, spiegando che «la filantropa americana è un po’ fuori tiro, obnubilata com’è dalla cattiva informazione e dagli stereotipi che persistono in tema. Credere ancora a una Chiesa cattolica che, contraria al preservativo, lascia morire donne e bambini per misogina intransigenza è lettura infondata e dozzinale». Ha poi valorizzato il «metodo di regolamentazione naturale della fertilità chiamato Bom (Billings Ovulation Method): le donne possono sapere così se sono fertili o no, e partendo da questa realtà possono scegliere il loro comportamento sessuale», attaccando «le infondate accuse di fallimento e scarsa riuscita». Leggende fomentate dalle industrie farmaceutiche che, con la contraccezione chimica ottengono guadagni enormi, mentre ci perdono con il metodo Bom (come altri metodi naturali), essendo esso completamente gratuito, semplice da capire e facile da adottare, gestibile in autonomia e consapevolezza dalle donne stesse, anche da quelle analfabete senza necessità di alcuna forma di mediazione.

Un’ottima iniziativa dunque da parte del “L’Osservatore Romano” contro una delle leggende nere più resistenti. Speriamo soltanto non resti isolata.

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Missouri: 82% sostiene la vera laicità e la religione nelle scuole

L’invenzione del concetto di “laicità” lo dobbiamo a Gesù Cristo, quando ha chiesto di “dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Mc 12,13-17). Come ha spiegato il filosofo Dario Antiseri, il cristianesimo -al contrario del mondo greco- «ha passato l’idea che un conto è Dio e un altro è lo stato e le sue istituzioni […]. Il “governo cristiano” ipotizzato da alcuni di loro consisteva nel decentrare con l’arte del “lasciar fare”, il contrario dello stato centralizzato che invece vuole “fare tutto».

Tuttavia il termine “laicità” ha acquisito una mutazione in senso negativo durante il periodo illuminista, in particolare nella prima fase della Rivoluzione francese ed ha accompagnato tutte le espressioni dello Stato moderno in rapporto alla Chiesa fino agli ultimi vent’anni. Come ha spiegato  il vescovo di San Marino – Montefeltro mons. Luigi Negri, questa nuova interpretazione della laicità è diventata «assorbimento della dimensione religiosa nella dimensione statale» (L. Negri, “False accuse alla Chiesa”, Piemme 2002, pag. 207), ovvero lo Stato decide se, come e quando ammettere un’espressione religiosa.

Invece la vera laicità non è né mera separazione tra Stato e Chiesa, né tanto meno sottomissione della religione al volere dello Stato. Quest’ultimo, come ha spiegato il giurista Giuseppe Dalla Torre, è al contrario libero «di favorire il fenomeno religioso che è presente nel corpo sociale, nello Stato comunità appunto, anche per la sua funzione educativa a valori etici che favoriscano la pacifica convivenza e il bene comune».

Una affermazione di questo tipo di laicità -definita “sana”, “positiva” e “non laicista”- è avvenuta nello stato americano del Missouri, dove il 7 agosto 2012, l’82% dei cittadini ha votato a favore del «diritto dei cittadini ad esprimere le loro convinzioni religiose, indipendentemente dalla loro religione, senza che vi siano violazioni; e che il diritto di culto comprenda la preghiera in ambienti privati o pubblici, in locali pubblici, su suolo pubblico, e in tutte le scuole pubbliche». Inoltre, «nessuno studente sarà costretto a compiere o partecipare ad incarichi accademici o presentazioni educative che violano le sue credenze religiose»

Ovviamente la misura non era strettamente necessaria, in quanto già presente la libertà religiosa, c’è invece il fondato timore che di tutto questo possano approfittarsene i creazionisti protestanti, chiedendo di essere esentati dalle ore di biologia evolutiva. Nonostante tutto ciò, comunque, l’esito dell’emendamento è stato decisamente importante per ribadire il vero concetto di laicità, proteggere maggiormente la libertà di coscienza dagli attacchi laicisti e sopratutto specificare quale comportamento adottare nelle scuole.

L’82% dei favorevoli è inoltre un dato estremamente positivo, anche considerando che il Missouri non rientra nell’elenco degli Stati più religiosi d’America (“l’indice di religiosità” è meno del 48% e più del 32%).

 

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Veneto: vittoria pro-life contro l’oscurantismo femminista

La donna che intende abortire non deve essere informata, la sua non deve essere una scelta responsabile, nessuno le deve parlarle dei rischi e delle conseguenze del suo gesto, l’aborto non va limitato o scoraggiato, la Legge 194 non va applicata anche laddove parla di “prevenzione dell’aborto volontario”, non si devono trovare delle alternative ma deve rimanere l’unica soluzione per ogni tipo di problema, sia esso finanziario o di semplice timore della madre per un cambiamento di vita. La donna va lasciata sola con il suo problema, offrendole sempre l’aborto come unica e semplice soluzione.

Questo è il pensiero di certo femminismo moderno (ne esistono anche versioni sane, anche qui), di coloro che impediscono ai volontari del Movimento per la Vita di entrare nei consultori per tentare di prevenire l’aborto come chiede la Legge 194, offrendo un aiuto economico alle donne in difficoltà e affrontando assieme a loro i problemi che le hanno orientate verso l’interruzione di gravidanza (il 90% degli aborti si potrebbe evitare facilmente con iniziative politiche). La richiesta di poter aiutare le donne a trovare una alternativa alla soppressione della vita umana che portano nel grembo è vista dalle femministe (non c’è un movimento moderno più nemico della donna di quello femminista, come abbiamo già fatto notare) di “Sinistra ecologia e libertà” (SEL) come una “caccia alle streghe”.

Con gioia, allora, si apprende la notizia che il Consiglio regionale del Veneto ha votato con una maggioranza trasversale al Pdl, al Pd e alla Lega Nord una legge che assicura a tutte le associazioni legalmente riconosciute la possibilità di fare informazione nelle strutture sanitarie e sociosanitarie della regione su questioni etiche e tematiche riguardanti la vita, garantendo a tutte «pari opportunità di comunicazione». È la conclusione di una complessa vicenda che ha avuto inizio ancora nel 2004 con la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare – oltre 20mila le firme raccolte dal Movimento per la vita e dai volontari dei centri di aiuto per la vita – per «regolamentare le iniziative mirate all’informazione sulle possibili alternative all’aborto» autorizzando l’esposizione di materiale informativo e l’azione divulgativo dei volontari pro- life nelle strutture sanitarie e nei consultori.

La proposta, inizialmente bocciata, è stata modificata e approvata anche se è rimasta differente dall’originale. «Non è quello che chiedevamo, però è un primo passo importante lungo la strada dell’informazione perché fino ad oggi non disponevamo neppure di questa opportunità», ha commentato il presidente regionale del Movimento per la Vita, Guido De Candia.

L’oscurantismo femminista è stato sconfitto e adesso anche in Veneto, dopo il Piemonte, la Legge 194 potrà essere applicata interamente tentando di prevenire l’aborto, le donne potranno davvero essere informate, se lo vorranno, e sopratutto aiutate e sostenute a trovare una soluzione migliore per i loro problemi.

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I medici contraddicono Beppino Englaro: «su Eluana c’è stata eutanasia»

Beppino Englaro ha sempre detto che, morta (anzi, «liberata») Eluana, sarebbe sparito. Non avrebbe più detto niente. «Il silenzio, voglio solo il silenzio», ha sempre invocato. Tuttavia da quando Eluana è stata uccisa è diventato una sorta di star nazionale, onnipresente sui media, continuamente intervistato dai grandi quotidiani, abitué ormai consolidato dei principali salotti televisivi e dei festival nelle principali città.

Englaro aveva anche assicurato che non avrebbe usato politicamente la sua vicenda. Tuttavia durante l’anno gira l’Italia (fin dentro le scuole), accompagnato dai radicali, chiedendo alla politica la creazione dei registri comunali sul testamento biologico. Lui stesso, a proposito di disinteresse politico, ha offerto la «massima disponibilità» a guidare il Partito Democratico in Lombardia. Dopo la morte di sua figlia, lo hanno perfino fatto presidente onorario della Consulta di Bioetica Laica, guidata da Maurizio Mori, i cui responsabili (con l’appoggio di Mori stesso), sono divenuti noti al mondo pochi mesi fa per aver teorizzato la giustificazione dell’infanticidio, e ancor più recentemente per il tentativo di eliminare la libertà di coscienza dei medici, definendo “cattivi medici” gli obiettori di coscienza (l’85% dei medici italiani).

Recentemente Englaro è stato per l’ennesima volta intervistato da “Repubblica” in merito all’uscita del film di Marco Bellocchio, ispirato alla vicenda di Eluana (pare che fortunatamente l’ideologia sia stata messa da parte e la pellicola non sia uno spot pro-eutanasia). Il padre di Eluana è tornato sulla morte della donna, affermando incredibilmente che la sua non è stata eutanasia e che nemmeno si sia trattato di omicidio: «L’eutanasia non c’entra un fico secco! Ed è un reato. Ma volete che i magistrati della Cassazione ci abbiano autorizzato a uccidere?». Eluana, secondo il padre, non sarebbe nemmeno morta di fame e sete: «ma quale fame e quale sete…non sanno di cosa parlano». L’intervistatore ha proseguito con le domande, ma a questo punto sarebbe interessante chiedere a Beppino come ritiene che sia morta sua figlia, sempre ammesso che la ritenga morta (se è morta dunque era viva? Oppure era morta 17 anni prima ed eravamo in presenza solo della sua pelle e delle sue ossa? Ma allora che senso ha togliere l’idratazione ad un cadavere?). Leggendo i commenti dei medici che hanno visitato Eluana, giuristi ed esperti di stati vegetativi, sembra proprio che Englaro stia continuando ancora oggi, forse inconsapevolmente, a mistificare la realtà pur di non riconoscere quanto è successo.

Il dott. Giuliano Dolce, luminare nella cura degli stati vegetativi, primario e direttore dell’Istituto Sant’Anna di Crotone, centro di eccellenza per la cura dei pazienti in stato neurovegetativo, ha visitato personalmente la povera Eluana pochi mesi prima della sua uccisione, affermando: «Ho visto che è stata curata bene e con molto affetto dalle suore. Per questo affermo che, quando le verrà tolto il sondino per l’alimentazione, ci vorranno almeno due settimane prima che arrivi la morte. La sofferenza fisica è scientificamente provata nei pazienti in stato vegetativo». Commentando l’incredibile sen­tenza del tribunale di Milano, che ha autorizzato l’uccisione della donna, ha detto: «la contraddizione scatta nel punto in cui viene co­munque imposta, oltre che un’indispensabile umidificazione frequente delle mucose con l’ovatta bagnata sulle labbra, anche una somministrazione di ‘sostanze i­donee ad eliminare l’eventuale disagio da carenza di liquidi’. Tra­dotto, la paziente deve essere i­dratata per evitarle sofferenza. Quindi non morirà di sete, ma di fame. Questo è un o­micidio. Eluana è come un neonato: se le togli il latte muore perché non è in grado di alimentarsi da sola. Come si può dire che nutrirla è un atto di cura? Clinicamente non è malata, è un paziente guarito con difetto».

Contraddice completamente la versione di Beppino Englaro anche Franco Cuccurullo, presidente del Consiglio superiore di sanità e rettore dell’Università di Chieti, secondo cui: «Eluana non muore della patologia da cui è affetta, ma di fame e di sete. Anzi, viene fatta morire, quindi si tratta di eutanasia». Ha anche criticato l’opera di ricostruzione “indiretta” della volontà terapeutiche di Eluana attraverso il suo “stile di vita”, visto dagli occhi del padre Beppino (contraddetto però dalla migliore amica di sua figlia): «Penso che si apra una deriva pericolosa per le persone incapaci. C’è una forte spinta vitale in Eluana, tanto che per fermarla occorre sospendere idratazione e alimentazione. Credo che la morte sopraverrà per insufficienza renale dovuta a disidratazione, e questa non è la sua patologia»E infatti Eluana è morta per arresto cardiocircolatorio dopo una crisi di natura elettrolitica conseguente a disidratazione.

Venticinque tra i massimi neurologi italiani hanno al tempo sottoscritto (inutilmente) un appello contro la «condanna a morte» di Eluana, ritenendo «disumano il modo proposto di mettere a morte la paziente: l’agonia sarà lenta e porterà alla morte attraverso la lenta devastazione di tutto l’organismo».

Dello stesso parere anche l’avvocato Rosaria Elefante, presidente dell’Associazione nazionale biogiuristi italiani, consulente giuridico dell’European Task Force che raccoglie i massimi specialisti in stato vegetativo, nonché legale di 34 associazioni di familiari di persone disabili, la quale ha spiegato: «il caso Englaro dimostra come, aggirando le norme, si è applicata l’eutanasia in Italia, dove l’eutanasia è reato». La specialista ha spiegato nel dettaglio con grande professionalità le gravissime responsabilità dei giudici della Corte d’Appello di Milano.

Dunque, a quale gioco sta giocando Beppino Englaro? Lui, che alla morte di sua figlia non era nemmeno presente, perché in quei giorni manco si trovava a Udine: secondo quanto risulta dalle cronache, infatti, ha visitato sua figlia alla clinica “La Quiete” subito dopo il suo trasferimento notturno da Lecco, quando ancora era alimentata ed idratata, e poi l’ha rivista dopo morta, all’obitorio. Eluana è stata lasciata morire da sola, tra gli indicibili strazi causati dalla disidratazione, un grave reato è stato commesso e ancora oggi si tenta di mascherare la verità.

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Polonia: bocciate le nozze gay presentate dal partito laicista “Palikot”

Come per quanto accaduto in Germania il mese scorso, anche per la bocciatura delle nozze gay in Polonia i grandi quotidiani italiani hanno preferito tacere. Tuttavia la proposta del partito anticlericale “Palikot” (contrario comunque all’adozione dei minori da parte delle coppie gay), e dei social-democratici è stata respinta dai tre quarti dell’assemblea poiché ritenuta incostituzionale (una decisione simile è stata presa quasi contemporaneamente dalla Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto delle Hawaii). Tuttavia, il Primo Ministro Donald Tusk, ha annunciato la presentazione a settembre di un progetto alternativo sulle unioni civili, molto più restrittivo: esso prevede il diritto all’eredità in caso di morte di uno dei due conviventi, ma esclude agevolazioni fiscali, ed impone l’obbligo degli alimenti in caso separazione.

Secondo un sondaggio, i due terzi dei polacchi sono contrari alla registrazione civile delle coppie omosessuali, contro il 23 per cento dei favorevoli. La maggioranza delle persone intervistate si è dichiarata favorevole al riconoscimento soltanto di alcune agevolazioni alle coppie di fatto, come quelle patrimoniali e il diritto di visita e di assistenza nel caso di malattia o ricovero dell’altro convivente. Nonostante questo, gli omosessuali ritengono comunque che la Polonia sia «una meta eccellente per gay e lesbiche».

Al partito anticlericale di sinistra, Palikot, è stato dato in modo originale il nome dal suo fondatore, Janusz Palikot (un ennesimo caso di culto della personalità in ambito laicista?), il quale ha proposto come programma politico la legalizzazione dell’aborto, della fecondazione assistita, del matrimonio gay, della legalizzazione delle droghe leggere e l’espulsione della religione cattolica dalle scuole.  No, non dev’essere un tipo molto equilibrato e infatti la sua biografia parla chiaro.

Persona tanto violenta che in Polonia è stato coniato  addirittura un termine dal suo nome, “palikotyzacja”, per definire un comportamento volgare in luogo pubblico e l’uso di oggetti non convenzionali nei discorsi pubblici. Nel 2007 si è infatti presentato nel corso di una conferenza stampa indossando una t-shirt con la scritta: “Io sono gay”, pochi mesi dopo con un vibratore definito da lui “oggetto simbolo di diritto e della giustizia usato dalle forze dell’odine”. Nel 2008 Palikot ha definito pubblicamente il Presidente polacco un “idiota”, mentre poco tempo dopo si è presentato in conferenza stampa con una testa di maiale macellato per dichiarare guerra ai funzionari corrotti della Federcalcio polacca. Nel gennaio 2009 sul suo blog si è domandanto se il fratello del presidente polacco, Jarosław Kaczyński, fosse gay, mentre nel 2010 ha affermato che il defunto presidente Lech Kaczyński avrebbe avuto “le mani sporche di sangue”, incolpando suo fratello per l’incidente aereo presidenziale a Smolensk. Il 20 gennaio 2012 ha minacciato di fumarsi una canna in Parlamento nel tentativo di ottenere la legalizzazione della droga. Questa sarebbe la proposta come primo ministro ai cittadini polacchi da parte del movimento laicista e anticlericale.

In Francia invece, per le ultime legislative, la proposta anticlericale è stata invece la pornostar Céline Bara, atea, di estrema sinistra, anti religiosa, anti capitalista e neo staliniana. Il suo programma era la chiusura di tutti i luoghi di culto, un corso di iniziazione al piacere a scuola e la sterilizzazione alla nascita dei disabili mentali e fisici. La Bara ha inoltre scontato 18 mesi di prigione per aver aggredito insieme al marito un attore porno a colpi di pistola.

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Lo storico ebreo Gilbert: «Vaticano e Pio XII salvarono migliaia di ebrei»

Ormai, a parte il rabbino Riccardo Di Segni e pochi altri, sono davvero numerosi gli storici ebrei a favore dell’operato di Pio XII circa le sorti degli ebrei durante la dittatura nazista.

L’ultimo in ordine cronologico ad esprimersi è stato Martin Gilbert,  storico di origine ebraica famoso come biografo ufficiale di Winston Churchill e come uno dei più noti studiosi dell’Olocausto, autore di 72 libri, molti dei quali sull’argomento.  Ha dedicato gran parte della sua vita a declassificare i documenti e verificare testimonianze sulla storia ebraica. 

Ha affermato il mese scorso: «Come storico ebreo, ho a lungo sentito il bisogno di rivelare pienamente l’aiuto cristiano agli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale e la storia degli uomini che sono stati coinvolti nel salvataggio». Gilbert ha anche parlato del ruolo del Vaticano e dei suoi rappresentanti: «All’inizio erano soprattutto preoccupati per il destino degli ebrei che si erano convertiti al cristianesimo, ma quando il delitto divenne evidente il Vaticano ha espresso preoccupazione non solo per la loro macellazione, ma  ha incoraggiato i rappresentanti pontifici in Europa a compiere ogni sforzo a favore dei perseguitati».

Cadono dunque le accuse a Pio XII, il quale «ha ritenuto, a mio parere correttamente, che l’intervento diretto avrebbe avuto conseguenze disastrose nelle forme di rappresaglia e un’escalation di persecuzione. Scomunicando Hitler non avrebbe ottenuto altro che aumentare la persecuzione dei cattolici sotto la loro sfera di controllo». Gilbert ha poi raccontato che «sacerdoti e vescovi cattolici hanno lavorato per salvare gli ebrei in ogni paese in cui venivano minacciati, tra cui Francia, Italia e Polonia, paese che era in vigore la pena di morte per coloro che aiutavano gli ebrei». Molti cattolici vennero massacrati per questi aiuti, come accadde alla famiglia Ulma (di cui è stato avviato il processo di beatificazione).

«In Ungheria», ha proseguito lo storico ebreo, «il Nunzio Apostolico Angelo Rotta ha condotto uno sforzo diplomatico tale da salvare oltre un centinaio di migliaia di ebrei. In Francia, la Chiesa cattolica è stata molto attiva nel salvare decine di migliaia di persone e in Italia, chiese e monasteri sono stati i primi a salvare vite umane. Quando le SS vennero a Roma, la Santa Sede prese sotto la sua protezione centinaia di migliaia di ebrei, accogliendoli in Vaticano e incoraggiando nel contempo tutte le istituzioni cattoliche a fare altrettanto». «Grazie a queste iniziative», ha quindi concluso, «meno di un quarto di tutti gli ebrei romani furono imprigionati o deportati. La Chiesa cattolica è stata al centro di questa grande operazione di salvataggio. Io la definisco un’opera sacra».

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Rimini, un altro flop del testamento biologico: sette adesioni in due anni

Le battaglie dei radicali non interessano a nessuno, altrimenti il partito di Pannella non sarebbe costantemente sotto lo 0,5% delle preferenze. Sono puramente guerre ideologiche, sfide laiciste per soddisfazioni personali ma che portano soltanto a costi in più e ad un nulla di fatto in quelle rare occasioni in cui vengono vinte.

Lo dimostra la desolazione dei registri per le unioni civili istituiti in diversi comuni italiani, che servirebbe invece a simboleggiare pubblicamente il desiderio della popolazione di una legge nazionale. Lo dimostra anche il deserto di adesioni per i registri del testamento biologico che alcune città hanno istituito dopo infinite battaglie e spaccature tra gli stessi partiti politici.

Qualche esempio di cui abbiamo già parlato: a Genova (oltre 600 mila abitanti) 170 testamenti in tre anni, a Cagliari e provincia (oltre 560 mila abitanti) 50 aderenti «motivati e preparati», a Roma (oltre 2 milioni e mezzo di abitanti) soltanto 900 le adesioni da aprile 2009.

L’ultimo caso emerso è quello di Rimini, dove compaiono ben sette adesioni in due anni per una popolazione di 143mila abitanti (sei nel 2010, una nel 2011 e nessuna nel 2012). La cosa più curiosa è che i promotori del registro comunale, radicali e associazioni di ateismo fondamentalista, avevano raccolto ben 700 firme, affermando esaltati che si trattava di «un’esigenza nazionale»!

C’è chi cercherà di giustificare questi incredibili flop sostenendo che questi registri, come quelli sulle unioni civili, sono privi di efficacia giuridica in mancanza di una legge nazionale e hanno meramente uno scopo simbolico. Sarebbe allora interessante replicare loro domandando il motivo di tutta la fatica per la loro creazione, avvenuto quasi sempre dopo lunghe e furiose battaglie con grande spreco di risorse umane e finanziarie. Bisognerebbe anche ricordare loro che, se lo scopo è soltanto simbolico, il fatto che essi siano ancora privi di adesioni dopo anni dalla loro istituzione simboleggia proprio l’opposto di quello che secondo i loro promotori avrebbero dovuto dimostrare.

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Le persone religiose posseggono maggior autocontrollo

Citando le parole del grande teologo italiano Luigi Giussani, «la parola “sacrificio” è incominciata storicamente a diventare una grande parola, da quando Dio è diventato uomo […], il sacrificio era inconcepibile, ributtante, ma c’è un punto della storia in cui il sacrificio è incominciato a diventare interessante: quando Cristo è morto in croce affinché gli uomini potessero essere salvati dalla morte, cioè affinché le cose potessero essere salvate dalla corruzione».

Solo all’interno del cristianesimo ha acquisito un valore positivo, non il sacrificio fine a se stesso ma «diventa valore della vita dell’uomo quando diventa corresponsabilità, cioè risposta, alla morte di Cristo. Per questo si chiama anche offerta: offerta a Cristo del proprio vivere, come partecipazione alla sua morte. Il sacrificio diventa un valore morale per l’uomo, quando l’uomo, attraverso di esso, partecipa all’iniziativa che Dio prende per liberarci dalla morte e dal male. Cioè la morte di Cristo» (L. Giussani, “Si può vivere così?”, Rizzoli 2007, pag. 287-389).

Solo il cristiano dunque può vivere sempre il sacrificio, non come ennesimo colpo di sfortuna da sopportare stoicamente (se non peso a cui soccombere), ma come valore positivo. Non sorprende dunque la recensione apparsa su “Scientific American”, a cura della psicologa Cynthia May, di una serie di studi -apparentemente superficiali- realizzati da Kevin Rounding a colleghi i quali hanno evidenziato come le persone religiose (studio realizzato in America, dunque si può parlare di “persone cristiane”) hanno un maggior auto-controllo e una miglior capacità di accettare il sacrificio. «Se la vostra forza di volontà è debole, un piccolo intervento divino può aiutarvi», ha sintetizzato la May.

Il campione di soggetti per la realizzazione dei test è stato diviso tra persone religiose e non religiose, e prima di offrire loro diversi tipi di tentazioni, le persone religiose sono state indotte a fare memoria della loro appartenenza cristiana e religiosa. Il risultato complessivo è stato quello già anticipato, ovvero che queste ultime hanno mostrato una maggior capacità di auto-controllo, dominio di sé e forza di volontà. La conclusione della psicologa è stata: «In un mondo dove le tentazioni sembrano in agguato dietro ogni angolo, può essere prudente adottare un approccio convergente di metodi per mantenere e migliorare l’autocontrollo, attraverso la pratica quotidiana, un buon senso dell’umorismo e, se lo spirito è mosso, attraverso la memoria di Dio».

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Il giovane gay ammette: «nessun attacco omofobo, mi sono fatto male da solo»

Sappiamo bene quanto siano inattendibili le indagini sociologiche sull’omofobia e la stigmatizzazione degli omosessuali in quanto il 99,9% di esse si basano su autodichiarazioni degli stessi omosessuali, i quali ovviamente hanno tutto l’interesse per passare come discriminati per ottenere consenso e riconoscimenti maggiori.

Questo non vuol dire ovviamente che non vi siano atti di discriminazione (sempre da deprecare), ma che occorre sempre essere molto prudenti prima di affermare che essi siano maggiori per le persone di alternativo comportamento sessuale rispetto a quelli verso le persone obese, anoressiche o calve, ad esempio.  Esistono numerosi esempi che giustificano questa prudenza, come il recente caso di Joseph Baken, il quale ha ammesso in questi giorni in tribunale di aver perpetrato una truffa, affermando agli agenti di polizia di essere stato picchiato a causa della sua omosessualità. I media si erano già scatenati approfittando per arrivare a chiedere perfino l’adozione per i gay, divulgando nel frattempo le fotografie con la faccia tumefatta del giovane.

Baken ha infatti raccontato di essere entrato in un pub, il “Club Missoula”, nel Montana (USA) per festeggiare il suo 22esimo compleanno, dichiarando di essere gay e chiedendo indicazioni per un bar frequentato da omosessuali. Tre ore dopo, alle 4:30 del mattino, ha chiamato la polizia dicendo che un uomo lo aveva attirato fuori per fumare una sigaretta, e assieme ad altri due lo aveva picchiato e insultato.  La pagina Facebook “Wipe Out Homophobia” ha offerto il suo sostegno immediato al giovane e in poche ore è diventato un caso nazionale, tanto da comparire su “The Huffington Post“.  La comunità LGBT stava già preparando un’invasione ai bar della città di Missoula, dove si sarebbe svolta l’aggressione, «incoraggiando gay, lesbiche, transessuali, bisessuali (e i loro amici etero) a presentarsi in massa ad ogni bar per sensibilizzare l’opinione pubblica».  Il rappresentante del legislatore dello Stato del Montana, Ellie Hill, ha invece annunciato la volontà di aggiungere l’orientamento sessuale all’elenco dei “crimini d’odio”, promettendo di introdurre il disegno di legge nel mese di gennaio.

Tuttavia, all’improvviso è emerso dal web un filmato in cui viene chiaramente mostrato che il giovane gay si è fatto male da solo compiendo un’acrobazia su una strada asfaltata. E’ stato così immediatamente interrogato dagli agenti di polizia e si è dichiarato colpevole di aver creato un falso reato. Un giudice lo ha condannato a 180 giorni di carcere, con tanto di multa da $ 300.

Esistono numerosissime bufale gay come questa, all’inizio di quest’anno, ad esempio, presso il “Central Connecticut State University” si è tenuto un “rally di solidarietà” a nome della 19enne Alexandra Pennell, una lesbica che avrebbe ricevuto note di odio a causa del suo comportamento sessuale. I funzionari hanno poi scoperto che era lei stessa l’autrice.  Nel maggio scorso, una coppia di lesbiche ha denunciato alla polizia di aver trovato la scritta “Kill the Gay” sul loro garage, con tanto di corda da impiccagione. I funzionari di polizia hanno accertato che anche in questo caso erano state le due donne ad aver inscenato gli incidenti, condannandole per malizia criminale e falsificazione.

In questi rari casi la verità è venuta a galla, ma quante altre volte non è stato così? Come si fa a continuare a credere a chi persiste a diffondere finti “al lupo, al lupo”?

 

 Qui sotto il filmato che ha inchiodato il giovane gay, divenuto nel frattempo lo zimbello del web

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Odifreddi shock: elogia un cardinale cattolico e attacca il comunismo!

Il noto anticlericale Piergiorgio Odifreddi, leader indiscusso del fondamentalismo ateo italiano, è davvero un uomo dalle mille sorprese e dalle mille contraddizioni.

L’estate scorsa avevamo recensito uno dei suoi ultimi libri (sul cui articolo si è poi creato un putiferio contro lo stesso Odifreddi, riassunto qui), intitolato “Perché Dio non esiste” (Aliberti 2010), nel quale il violento pensatore anticristiano aveva lanciato improperi anche contro Giovanni Paolo II, il quale «Era un furbone. Pericoloso. E’ quello che ha tirato giù l’Unione Sovietica» (pag. 112).

Effettivamente Wojtyla ha contribuito enormemente ad abbattere uno dei più grande nemici che la giustizia e la libertà umana abbiano mai subito, disintegrando così le illusioni e le utopie dei tanti che avevano in esso sperato e creduto, come lo stesso Odifreddi. Ancora a pagina 14 spiega: «Mi piace un sistema statalista, governato dal centro. Io sarei più di estrema sinistra, ma se vai in Rifondazione Comunista comunque sei fuori, fai le battaglie di bandiera».

Questo nel 2010. Oggi cosa fa? Cambia sponda e pubblica un articolo in cui celebra il primate d’Ungheria cardinal Joszef Mindszenty in carica nel 1948, il quale «dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu arrestato e condannato all’ergastolo per cospirazione antigovernativa anticomunista. Per otto anni rimase dapprima in carcere, e poi agli arresti domiciliari». Odifreddi si infervora come fosse un apologeta cattolico per sottolineare il martirio subito dal card. Mindszenty «per testimoniare con la sua detenzione la contrapposta concezione dei diritti umani in Occidente e oltre Cortina». Il comunista, anzi “l’ateo comunista” Odifreddi come si è autodefinito nel 2008, ha quindi riconosciuto che «l’Ungheria comunista» voleva «limitare le libertà».

Come la prenderà l’associazione UAAR, gli atei fondamentalisti di cui Odifreddi è celebrato presidente onorario, i cui responsabili usano sventolare bandiere sovietiche con falce e martello durante le loro manifestazioni pubbliche, così come ha fatto Adele Orioli durante la manifestazione della “Liberazione” del 25 aprile 2008 a Roma, secondo il racconto di ex soci della stessa associazione?

Nel 2008 Odifreddi aveva affermato che «il sistema democratico è di tre secoli fa, è anacronistico», e che «il sistema dei soviet era più moderno […]. I sovietici erano all’avanguardia rispetto ai tempi. Avrebbero avuto bisogno di mezzi informatici altamente avanzati». Un anno fa, aveva proseguito: «Israele è un Stato fascista. Fascisti sono anche in parte gli Stati Uniti. Obama dice le cose identiche che diceva Bush […]. Io sono antistatunitense, sono antisionista». Oggi ha invece elogiato gli americani, spiegando che al tempo della seconda guerra mondiale «a difendere i diritti del coraggio e della trasparenza, con la concessione del rifugio e dell’asilo politico» fu «l’ambasciata statunitense in Ungheria».

Lo scopo dell’articolo sul suo insulso blog ospitato da “Repubblica”, è lamentarsi per gli avvenimenti subiti recentemente da Julian Assange, il programmatore noto per essere stato uno dei responsabili di “WikiLeaks”, il sito web che ha divulgato pubblicamente documenti coperti da segreto di Stato. Assange è stato paragonato al card. Mindszentry da parte Odifreddi, il quale ha concluso: «auguriamo a Julian Assange di non dover patire tanto a lungo quanto Joszef Mindszenty».

Si rimane sempre sconcertati dalle tante facce e dalle tante contraddizioni che riesce ad assumere ed affermare questo personaggio mediatico.

 

AGGIORNAMENTO 22 AGOSTO 2012
Piergiorgio Odifreddi (probabilmente da Santiago dove percorre il suo annuale pellegrinaggio estivo in veste laica, la conferma arriverà da “L’Espresso” tra qualche settimana) ha commentato questo articolo spiegando che il suo intento era costringere «coloro che allora stavano dalla parte del cardinale e contro l’unione sovietica, a essere coerenti e stare oggi dalla parte di Assange e contro gli stati uniti». Odifreddi ha sorprendentemente scelto di essere più antistatunitense che anticattolico, come un anno fa aveva optato per passare per tonto disconoscendo il suo libro anticlericale. Il matematico “incontinente” ha anche affermato che il cardinale Mindszentry sarebbe «diventato in vita un imbarazzo per il Vaticano stesso», occorre invece ricordare che egli assunse le stesse posizioni di Giovanni Paolo II circa l’atteggiamento da adottare con i governi comunisti, anche lui critico nei confronti dell’Ostpolitik vaticana guidata dal cardinale Agostino Casaroli e promotore di uno scontro frontale. E’ stato così fonte di imbarazzo che nel 1996 è stato avviato l’iter di canonizzazione. Odifreddi continui a fare il blogger a tempo pieno, in tutto il resto non ha mai mostrato di avere particolari doti.

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