Lafforgue, medaglia Fields (2002): «la matematica è antirelativista, contempla Dio»

Quest’anno, ha ricordato Francesco Agnoli su “Il Foglio”, al Meeting di Rimini è stata esposta una mostra dedicata a Jérôme Lejeune, il genetista francese scopritore del nesso tra sindrome di Down e trisomia 21 e che perse il premio Nobel per la sua battaglia in difesa della vita nascente. Per chi volesse, a questo link è possibile visionare il bellissimo video dell’incontro tenutosi durante la kermesse riminese

Agnoli ha anche ricordato che tre anni fa partecipò al “Meeting” di Comunione e Liberazione anche il celebre matematico francese Laurent Lafforgue, professore all’Institut des hautes études scientifiques, membro dell’Académie des sciences, vincitore della massima onorificenza nel campo matematico, la Medaglia Fields (2002) . Ha contributo in modo determinante nel campo della teoria dei numeri e della geometria algebrica, dimostrando parte delle cosiddette congetture di Langlands. Da qui si può scaricare il testo della sua relazione in quell’occasione.

In un’intervista per Ilsussidiario.net, sempre nel 2009. parlando dell’inizio della matematica con i greci e della sua espansione nel mondo moderno, Lafforgue ha spiegato: «Perché ciò accadesse bisognava considerare importante la materia. E ciò sembra profondamente legato al cristianesimo. Questa mia è un’ipotesi; ma penso che il disprezzo della materia non sia cristiano. Una cosa che noto con i miei colleghi matematici e fisici è che io sono più materialista di loro. C’è una doppia tentazione: da una parte rifiutare la materia, cioè la tentazione idealista; all’opposto, c’è la tentazione di buttare la scienza moderna fondata sull’interpretazione matematica dell’universo. Da un certo punto di vista sarebbe tutto più semplice se il mondo fosse solo una struttura matematica, o se la matematica non avesse nulla a che vedere con il mondo fisico. La realtà è che la materia è sottomessa a leggi matematiche ma non si riduce a queste leggi. E questo è un mistero. In sé la relazione della matematica col mondo fisico resta un mistero. La matematica è una tradizione, come la Chiesa; implica una trasmissione vivente e quindi si pratica in seno a una comunità».

Solo 5 giorni prima di questa intervista, a Parigi, presso la Biblioteca nazionale di Francia, il 23 ottobre 2009, ha partecipato ad un incontro sul tema “Simone Weil e la matematica”, citando la frase della filosofa francese, “La matematica è la prova che tutto obbedisce a Dio”, ha aggiunto: «la matematica e la scienza sono studio e contemplazione dell’obbedienza a Dio da parte delle entità matematiche e della materia». Lo scienziato, ha detto in un’altra occasione, non può essere relativista, ma «la vocazione del soggetto che conosce non solo è cercare la verità, servirla e conoscerla esteriormente. La vocazione è ricevere la verità e parteciparne, così come la vocazione umana è ricevere la vita divina. Per la sua oscurità e la sua profondità misteriose, a causa della sua mescolanza di fatti crudi e di bellezza, la verità conoscibile ha in effetti qualche cosa che evoca davvero la profondità insondabile caratteristica dell’essere divino. Per la sua oscurità e la sua profondità misteriose, a causa della sua mistura di saperi che riguardano i fatti e di tensione verso la bellezza dell’intelligibile, la conoscenza ha essa stessa qualche cosa che evoca la profondità insondabile di Dio. Grazie alla sua sottomissione ai fatti, la verità conoscibile possiede un legame con Colui che discende nelle profondità dell’Essere terrestre, con il Verbo fatto carne. Grazie alla sua sottomissione ai saperi specifici, la conoscenza possiede un legame con il Verbo incarnato».

Agnoli ha acutamente sottolineato che in un’epoca di relativismo come la nostra, benché si abbia quasi ripugnanza per “la verità”, come se essa fosse limite ed imposizione, non se ne può fare a meno per fare vera ricerca. La fede nell’esistenza della verità -definita “il fondamento di ciò che è”-, è dunque essenziale alla vita intellettiva di ogni uomo che vuole conoscere, e la Verità diventa accessibile a chi si dona e si inchina ad essa. La Verità si dona a chi è disposto a donarsi a lei, il cristianesimo -d’altra parte- è iniziato proprio così: un Uomo eccezionale ha preso iniziativa verso altri uomini, ma soltanto coloro che Lo stavano attendendo davvero Lo hanno riconosciuto.

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Perché accettare le nozze gay e non incesto e poligamia?

Le coppie omosessuali chiedono con sempre maggiore pressione che lo Stato riconosca le loro relazioni romantiche tra persone adulte e consenzienti. Il matrimonio ovviamente non è un diritto né per gli eterosessuali né per gli omosessuali, tuttavia la richiesta di queste persone è legittima (ognuno può liberamente chiedere che un suo desiderio venga riconosciuto), alcuni governi hanno accettato altri no. Fortunatamente anche l’icona gay del momento, Giuseppe Cruciani, ha riconosciuto durante la puntata del 6/7/12 del suo programma radiofonico che «i Paesi in cui non sono legalizzate le nozze gay sono assolutamente normali».

Se queste sono le richieste da parte del mondo LGBT, sul sito “LifeSiteNews si sono domandati se la «mentalità omosessuale deve spingerci ad accettare anche la pedofilia e l’incesto. Se infatti basta avere una relazione romantica, basata sul consenso reciproco, per essere riconosciuti come coppia da parte dello Stato, con che diritto si dice “sì” a due omosessuali e “no” ad un padre e ad un figlio (maggiorenne o minorenne) che intendono veder riconosciuta la loro relazione romantica-sessuale, godendo dei conseguenti privilegi? Riconoscere la relazione omosessuale e non quella tra padre/madre e figlio/figlia non è forse discriminazione?

«L’argomento omosessuale», viene scritto, «si basa sul fatto che due persone che si amano l’un l’altro dovrebbero essere in grado di esprimere il loro amore e la società dovrebbe felicemente riconoscere la loro relazione d’amore. Io chiamo questo “mentalità omosessuale“, diventata una mentalità predominante, che ha dimostrato di non tollerare il dissenso». Il problema, viene spiegato, è che «con questa mentalità si può giustificare praticamente qualsiasi cosa in nome dei sentimenti di amore». Perché la relazione d’amore tra due uomini dovrebbe essere privilegiata rispetto alla relazione d’amore tra un padre e un figlio, maggiorenne e consenziente? Se la contrarietà verso il primo tipo di rapporto è omofobia, la contrarietà verso il secondo quale fobia identifica

Abbiamo già parlato della questione dell’incesto, ma anche la pederastia rientra in questo argomento. Ovviamente si obietterà che la pederastia è contro il volere del bambino, non c’è consenso. Tuttavia i promotori dell’abbassamento dell’età del consenso per i rapporti tra adulti e minori basano la loro tesi sul fatto che ai bambini dovrebbe essere concesso di liberare la loro sessualità. Attraverso la liberazione sessuale, il bambino fortifica la «genialità spontanea» e si «priva di complessi di colpa» creati brutalmente dalla concezione cristiana e “borghese” della famiglia come scriveva W. Reiche nel celebre “La rivoluzione sessuale”. L’icona gay Mario Mieli affermava in “Elementi di critica omosessuale” (1977) che il bambino «è l’essere sessuale più libero, fino a quando il suo desiderio non viene irregimentato dalla Norma eterosessuale, che inibisce le potenzialità infinite dell’Eros […]. Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega».

L’ideologa femminista Shulamith Firestone, nel suo “La dialettica dei sessi” (1970), spiegava che «dobbiamo includere anche l’oppressione dei bambini in ogni programma della rivoluzione femminista… il nostro passo deve essere l’eliminazione della stessa condizione di femminilità ed infanzia», arrivando a far sì che «tutti i rapporti intimi», anche quelli tra genitori e figli, adulti e piccini, includano «anche la fisicità» in senso lato. L’omosessuale Aldo Busi ha affermato: «Può esistere una pedofilia blanda, quella praticata dai bambini sugli adulti. I bambini sono in certi casi corruttori degli adulti. Oggi cercano il capro espiatorio nel cosiddetto pedofilo, come ieri negli zingari, negli omosessuali, negli ebrei, nei palestinesi, nelle donne, ma anche i bambini hanno la loro brava sessualità e che gli adulti non devono più reprimerla». In nome di questa “liberazione sessuale dei bambini”, nel 1977 alcuni paladini laicisti e omosessuali hanno creato un famoso manifesto dove esigevano la depenalizzazione dei rapporti con minori. Firmatari erano: Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Michel Foucault, Jack Lang, Louis Aragon, Roland Barthes ecc. Il filosofo laicista Michel Foucault e l’attivista dei diritti omosessuali Guy Hocquenghem hanno spiegato che gli adulti dovrebbero fare sesso con bambini consenzienti, dove per «bambini consenzienti intendiamo che in ogni caso non c’è stata violenza o manipolazione finalizzata a obbligarli ad avere un rapporto affettivo o erotico».

Insomma, impedire ai bambini “consenzienti” di avere un’espressione sessuale sarebbe un crimine, un’oppressione, tanto che diversi esperti di psicologia stanno oggi tentando di sostenere che la pedofilia è un “orientamento sessuale” paragonabile ad omosessualità o eterosessualità. Sempre più conferenze accademiche mirano ad eliminare lo “stigma” sociale della società rispetto agli uomini più anziani che agiscono sessualmente verso i bambini più piccoli. Essere attratti da minori, dicono, è un orientamento sessuale, una  “variante naturale della sessualità umana” (come sostengono alcuni parlamentari in Canada), un’inclinazione come le altre.

Allora detto questo, la domanda è: è sufficiente amare qualcuno ed essere amati per venire riconosciuti dallo Stato? Se sì, perché non riconoscere l’incesto, la pedofilia (non è violenza dicono, ma beneficio verso la liberazione sessuale dei bambini) o la poligamia (il cui consenso generale è cresciuto proprio in seguito all’approvazione delle nozze gay, come si sottolinea qui) e invece riconoscere le coppie omosessuali? «La società», si conclude domandando su “LifeSiteNews”, «finora ha condannato all’unanimità le relazioni che coinvolgono uomini adulti che fanno sesso con i bambini, chiamandole “disgustose” e “moralmente ripugnanti”. La società, fino a non poco tempo fa, ha condannato anche le relazioni omosessuali allo stesso modo. Una società che riconosce oggi le relazioni omosessuali, ci spinge ad accettare anche la pedofilia e l’incesto?».

La motivazione per offrire un riconoscimento statale ad una relazione sessuale deve essere differente dunque dal mero sottolineare una relazione romantica tra persone consenzienti. C’è bisogno che tale relazione abbia alcune caratteristiche che la rendono unica e vitale per la società, come solo possono essere le relazioni tra l’uomo e la donna, basate sull’incontro equilibrato e naturale tra gli appartenenti dei due diversi sessi, relazioni originalmente aperte alla vita e adatte alla giusta e bilanciata accoglienza di un nuovo essere umano.

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Continua il delirio di Marco Politi, smentito da Nuzzi (che difende il Papa)

Più volte ci siamo divertiti a smontare le bufale e i ragionamenti del cosiddetto “trio della disinformatio”, Marco Politi, Marco Lillo & Marco Ansaldo, ovvero i tre vati-laicisti (i primi due de “Il Fatto Quotidiano” e il terzo di “Repubblica”) più in forma del momento, persone che sfruttano la popolarità loro concessa per portare avanti personali guerre ideologiche.

Marco Ansaldo in questi giorni ha tirato fuori dal cappello delle bufale la notizia che «risultano addirittura non meno di venti i soggetti indiziati nell’aver avuto parte, con ruoli diversi, alla diffusione dei documenti riservati» per il caso denominato “Vatileaks”crogiolandosi nel fatto che «venti persone coinvolte nella fuoriuscita delle carte segrete di Benedetto XVI non sono uno scherzo» e per cui «l’affare Vatileaks così è tutt’altro che chiuso». Ancora una volta però è dovuta intervenire tempestivamente la sala stampa della Santa Sede con un comunicato: «La notizia  circolata in questi giorni in merito al fatto che vi siano venti, di indagati o indiziati nel processo che riguarda la fuga di notizie e documenti riservati dal Vaticano, non ha fondamento». Il vati-laicista di “Repubblica” ci aveva già provato il 14/6/12 inventandosi il rapimento/assassinio di un esperto informatico dal Vaticano, il 2/7/12 inventandosi di essere stato invitato ad un incontro riservato tra il segretario di Stato Tarcisio Bertone e Benedetto XVI e il 23/7/12 inventandosi che la governante del pontefice, il suo ex segretario e il  cardinale Paolo Sardi sarebbero stati sospettati dalla Commissione cardinalizia di complicità con la fuga di documenti riservati vaticani.

Anche Marco Politi si è rifatto vivo (Lillo è ancora dato per disperso) dopo un momento di crisi personale scatenatasi verso fine luglio all’uscita del rapporto Moneyval che ha di fatto ”promosso” la Santa Sede in materia di anti-riciclaggio, al contrario di quanto aveva sperato e profetizzato lui per mesi e mesi. Ha pensato di rifarsi e puntare contro il suo nemico numero 01, Benedetto XVI, accusandolo della mancanza di trasparenza totale sulla questione “pedofilia” (proprio quando le agenzie hanno battuto i primi risultati dell'”effetto Ratzinger”), di non aver «emanato un decreto sull’obbligo di denuncia dei preti criminali da parte dei vescovi» e di non aver ancora aperto i fantomatici “archivi vaticani” nei quali si troverebbe per i nostri amici laicisti risposta ad ogni mistero più impensabile, dal Sacro Graal alla morte di Elvis Presley. Sorprende davvero che lo statalista Politi inviti Benedetto XVI ad imporre l’obbligo giuridico di denunciare un reato, creando così una nuova figura di pubblico ufficiale al di fuori del codice penale e dunque facendo ingerenza nell’ordinamento dello Stato (l’obbligo vige infatti soltanto per i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio, qui una approfondita spiegazione).

Durante il suo delirio Politi è arrivato anche a citare a suo sostegno il libro “Sua Santità” di Gianluigi Nuzzi, peccato che proprio quest’ultimo abbia rovinato il suo castello di accuse, affermando: «Benedetto XVI è un pontefice rivoluzionario perchè ha imposto una linea eccezionale di fronte a scandali di una certa gravità (la pedofilia) per mantenere la Chiesa unita. Credo che egli stia introducendo cambiamenti positivi» (il giornalista si è anche soffermato sull’eliminazione del suo programma, “Gli Intoccabili”, dal palinsesto di La7, che alcuni hanno motivato accusando ancora una volta il Vaticano. Nuzzi ha risposto: «non credo che questi siano i motivi. Si tratta di una scelta dettata dalla logica aziendale: hanno deciso di investire le mie capacità in altro»).

Per finire in bellezza, Politi si è anche sfogato sostenendo che lo Stato di Israele avrebbe descritto l’arrivo del nuovo ambasciatore vaticano, mons. Giuseppe Lazzarotto, come «fonte di “imbarazzo e di umiliazione”», poiché accusato (secondo Politi) di aver coperto gli abusi avvenuti nella diocesi di Dublino. Ovviamente non c’è alcuna accusa personale a carico di Lazzarotto e contemporaneamente all’articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” è uscita una nota del Ministero degli Esteri di Israele dove si smentisce con forza qualunque imbarazzo per la nomina dell’arcivescovo, e anzi si inviano «i nostri migliori auguri al nuovo nunzio».

Dunque, nel suo sermone di fine agosto Politi è riuscito a collezionare un’infelice e imbarazzante uscita e due belle bufale. Vediamo ora se il suo collega Marco Lillo sarà capace di fare ancora peggio.

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Corea del Sud: una sentenza inedita a favore della vita

Sul tema dell’aborto si usa sostenere che vi siano più diritti in gioco, quello alla vita di un essere umano e quello della libertà di sopprimere la vita di un essere umano indesiderato. Ma quest’ultimo è configurabile come diritto? Se poi si pensa che la gravidanza indesiderata è conseguenza di una libera scelta -ad eccezione dello stupro- dei due partner di copulare ignorando le possibili conseguenze del loro atto, allora si capisce ancora meno perché un innocente essere umano, chiamato alla vita, debba pagare per una decisione irresponsabile, presa esercitando il legittimo diritto di scegliere dei due partner. La donna abortisce, dunque, perché ha già scelto di usare male la sua libertà (ovviamente esclusi i casi di stupro e di aborto forzato) copulando ignorando le conseguenze.

La Corte Costituzionale della Corea del Sud pare aver dato credito a questo semplice ragionamento, stabilendo, in una sentenza emessa il 23 agosto 2012, che «il diritto alla vita è il più fondamentale dei diritti umani» e che il diritto della donna di disporre del proprio corpo «non può essere invocato come superiore al diritto alla vita di un feto».

A fare ricorso alla Corte Costituzionale era stata un’ostetrica che riteneva sbagliata la pena di due anni di carcere per gli operatori sanitari che praticano aborti illegali, ma la Corte ha affermato la legittimità costituzionale del Codice penale in materia, riportando in particolare che «il diritto alla vita è il più fondamentale dei diritti umani»

La sentenza è stata criticata fortemente dalle organizzazioni femministe (ottimo motivo per compiacersi, dunque, dato che nulla c’entrano con la vera difesa delle donne) e accolta con soddisfazione dai movimenti pro-life, ma anche con cautela perché preoccupa la definizione dell’inizio della vita usata dalla Corte costituzionale, che giustifica la manipolazione di embrioni creati in vitro: essa inizierebbe con l’annidamento dell’ovulo fecondato nell’utero della donna, mentre per il mondo scientifico la vita umana inizia chiaramente al momento della fecondazione dell’ovulo da uno spermatozoo. Recentemente anche la comunità autonoma spagnola della Galizia ha preso coscienza di questo dato oggettivo, affermando che i figli “non nati” devono essere considerati come membri della famiglia, garantendo «il diritto alla maternità»

Secondo un recente sondaggio a livello internazionale, la Corea del Sud è uno dei Paesi con il più alto numero di persone non religiose (31% e 15% di atei decisi). Anche la presenza della Chiesa è davvero modesta e la famigerata “influenza del Vaticano” è decisamente blanda. C’è curiosità dunque verso chi se la prenderanno adesso abortisti e femministe, sempre pronti ad inventarsi complotti teocratici quando in realtà si tratta di argomenti affrontabili tranquillamente attraverso ragionamenti “laici”.

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Richard Dawkins: «Pascal ha ragione, vale la pena credere in Dio»

Finalmente torna alla ribalta il vecchio leader “new atheist”, Richard Dawkins, grazie ad un’intervista per nientepopodimeno che “Playboy”, la nota rivista erotica per uomini…evidentemente il suo declino ha ormai superato il punto di non ritorno. Viene presentato come «il santo patrono dei non credenti» ma le affermazioni che si leggono sono davvero interessanti: le prime in netta controtendenza a quelle promosse durante la carriera da zoologo anti-teista, mentre le seconde riassumono i suoi cavalli di battaglia e dunque quelli dell’ateismo fondamentalista di oggi.

Durante la prima parte, Dawkins ha finalmente preso le distanze dalla sciocca provocazione della teiera di Bertrand Russell, riconoscendo che: «Penso che un dio particolare come Zeus o Geova sia improbabile quanto la fatina dei denti, ma l’idea di un qualche tipo di intelligenza creativa non è del tutto così ridicola». Ha deciso piuttosto di valorizzare la nota scommessa di Blaise Pascal, che sottolinea la convenienza del credere poiché se Dio esiste, allora si vince la vita eterna, mentre se si crede e poi Dio non esiste, allora si è comunque vissuta una vita più lieta rispetto a quella che ha come prospettiva il definitivo annichilimento, come hanno dimostrato gli studi che mettono in relazione il benessere psicofisico e la propria posizione esistenziale. Chi non crede perde sempre, in poche parole. Dawkins ha sorprendentemente ammesso: «Il costo del fallimento è molto elevato […]. Le probabilità sono estremamente basse, ma comunque ne vale la pena, perché la ricompensa è estremamente elevata». E’ un’ammissione davvero inedita per Dawkins! Ricordiamo che poco tempo fa ha voluto sottolineare di non essere ateo ma agnostico.

Dopo questa illuminante apertura, una banalità: «Ma si può anche sprecare la tua vita. Si va in chiesa ogni Domenica, si fa penitenza. Hai una vita orribile, e poi muori e basta». Ragionamento questa volta superficiale perché, oltre ad essere in contraddizione con il responso degli studi sul benessere delle persone religiose, non esiste alcuna correlazione tra l’andare in Chiesa e il vivere come conseguenza “una vita orribile”. Si tratta sempre di una libera scelta dell’individuo che agisce in tale modo proprio perché evidentemente scopre una convenienza umana per la sua vita…altro che “vita orribile”.

 

Terminata questa prima fase, Dawkins è tornato al bullismo laicista, snocciolando i suoi cavalli di battaglia e qualche curiosa affermazione:
1) “I CREDENTI SONO STUPIDI”: ha rivelato di non avere «amici tra i credenti, non perché io li voglia evitare ma perché tendo a partecipare a cerchi di persone istruite e intelligenti, e non ci sono persone religiose tra loro, che io sappia». Esse dunque non sarebbero istruite e intelligenti per lui, peccato che ancora una volta l’esperienza sensibile e gli studi socio-scientifici sembrano dire proprio l’opposto. Non ci piace farlo, ma per pareggiare le citazioni è utile segnalare l’opinione del biochimico ebreo e premio Nobel Christian Boehmer Anfinsen , secondo cui «solo un idiota può essere ateo. Dobbiamo ammettere che esiste un potere incomprensibile o una forza illimitata con lungimiranza e conoscenza, la quale ha dato vita all’intero universo in un primo luogo» (citato in H. Margenau & R. Varghese, in “Cosmos, Bios, Theos“ Open Court Publishing Company 1997, pag. 139).

2) “ALBERT EINSTEIN ERA ATEO”: Dawkins ha anche affermato che Albert Einstein «usava dio in un modo poetico, in senso metaforico». In realtà, se il celebre fisico respingeva l’idea di un “Dio personale”, ovvero rivelato, attribuiva invece a Dio -inteso in senso deistico– proprietà di libertà, scelta e creazione, per nulla metaforiche. Ad esempio: «Io non sono ateo e non penso di potermi definire panteista», «la fisica deve addirittura perseguitare finalità teologiche […] con l’intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sè altre scelte quando creò il mondo», «voglio sapere come Dio creò questo mondo. Voglio conoscere i suoi pensieri; in quanto al resto, sono solo dettagli», «ciò che veramente mi interessa è se Dio avesse potuto fare il mondo in una maniera differente, cioè se la necessità di semplicità logica lasci qualche libertà» (qui le fonti di ciascuna citazione).

3) “ANTONY FLEW NON SI E’ CONVERTITO”: il “santo patrono degli atei” è tornato sulla questione bruciante della conversione nel 2004 del filosofo Antony Flew, l’ateo più famoso degli ultimi anni e suo padrino. Essa, sarebbe stata falsa o comunque dettata dalla vecchiaia. Tuttavia, proprio Flew ha deciso di pubblicare un libro in cui esporre i suoi argomenti, allontanando i sospetti di una finta conversione, e ha risposto in modo lucido, seppur provato fisicamente, alle domande in questo video.

4) “GESU’ NON E’ MAI ESISTITO”: le prove dell’esistenza storica di Gesù sarebbero per lui “traballanti”, quando in realtà nessuno storico di una certa autorità lo mette più in dubbio, avendo oggi a disposizione più prove su di Lui che per moltissimi altri personaggi, per i quali nessuno ritiene sensato dubitarne l’esistenza. Esse sono di origine non cristiana che di origine cristiana, come i Vangeli, questi ultimi datati tutti con certezza entro 60 anni dalla Sua morte. Dawkins ha riconosciuto comunque che «chi ha scritto i suoi versi era in anticipo in termini di filosofia morale rispetto al suo tempo».

5) “I PADRI FONDATORI D’AMERICA NON ERANO CRISTIANI”: secondo Dawkins chi fondò gli Stati Uniti non era cristiano, ma «erano deisti e non volevano fondare gli Stati Uniti come una nazione cristiana». Basta andare semplicemente a leggere queste percentuali e queste citazioni (anche qui), per capire che le cose sono ovviamente all’opposto.

6) “HITLER ERA CATTOLICO”: ennesimo salto di argomento, si passa a tirare per la giacca anche Hitler, il quale «non era ateo ma era un cattolico romano». Ancora una volta, tuttavia, la storia insegna che egli non differiva di molto dai pensieri di Dawkins su questo argomento, dato che voleva eliminare il cattolicesimo, eliminare le chiese cattoliche dopo la fine della guerra, colpevolizzare gli ebrei anche della creazione del cristianesimo e promuovere l’odio anticlericale, come dimostrano gli appunti presi durante le sue “Conversazioni a tavola”.

7) “GIUSTA L’IRRIVERENZA VERSO I CREDENTI”: Dawkins si è rallegrato del bullismo ateo sul web (pagine con bestemmie su Facebook, bufale anticlericali sui social network, siti web che inneggiano all’odio verso la religione ecc..), ovvero di «un’ondata di buon senso, razionalità, e irriverenza» contro la religione, come d’altraparte aveva chiesto lui stesso pochi mesi fa: «dobbiamo ridicolizzare pubblicamente chi crede in Dio»

8) “LA VITA CON I SERVI E’ PRIVILEGIATA”: ha ricordato che da piccolo «sono stato mandato ad alcune delle migliori scuole, e come la maggior parte delle scuole di questo tipo in Inghilterra in quel momento, erano le scuole anglicane». Ha poi affermato di essere nato in Africa, dove ha vissuto «una vita privilegiata, con i servi». In questo si è dimostrato per la prima volta davvero in linea con il celebre naturalista Charles Darwin, il quale credeva nell’esistenza di uomini di livello inferiore, deleteri per il genere umano, ai quali dovrebbe essere impedito di riprodursi.

9) “IL PAPA E’ NAZISTA, CONTRO DI LUI USO LA RETORICA”: Dawkins ha spiegato che quando nel 2010 ha protestato a Londra per la visita di stato di Benedetto XVI, definendolo un «nemico dei bambini, dei gay, delle donne, della verità, dei poveri, della scienza e dell’umanità» e chiedendone l’arresto, lo ha fatto perché «era un discorso ad un raduno, quindi ho dovuto usare la retorica». Lo ha comunque accusato di «essere stato un membro della Gioventù hitleriana quando era molto giovane», per questo «se fossi in lui terrei la testa bassa». Peccato che, come ha più volte informato il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, «il Papa non è mai, mai stato nella Hitlerjugend (la Gioventù hitleriana). A quel tempo era un seminarista che studiava teologia e, all’età di 16 anni, è stato coscritto nei corpi ausiliari della contraerea, come tutte le persone della sua età. Nulla a che vedere con la Hitlerjugend e l’ideologia nazista».

10) “MEGLIO ABUSARE UN BAMBINO CHE CRESCERLO CATTOLICO”: Dawkins a Dublino aveva sostenuto che l’abuso sessuale verso un bambino è meno dannoso che educarlo come cattolico. Nell’intervista ha cercato di smorzare le polemiche ancora in corso precisando che «stava parlando di carezze intime, che sono già abbastanza gravi, ma allevare un bambino a credere nel fuoco dell’inferno è peggio».

11) “ABORTO GIUSTO PERCHE’ EMBRIONE NON PROVA DOLORE”: in tema di aborto, al contrario del suo amico Hitchens, ha sostenuto che «si dovrebbe avere un po’ meno scrupoli ad uccidere una creatura umana, rispetto all’uccidere un lombrico, perché un lombrico ha un sistema nervoso e molto probabilmente può soffrire. Quindi contestare l’aborto di embrioni umani molto giovani è una sciocchezza assoluta. Opporsi all’uccisione degli embrioni anziani non è invece una sciocchezza assoluta, ma non c’è ragione di supporre che la loro capacità di soffrire sia superiore a quella di un maiale adulto o di mucca». L’argomento non ha fondamento perché l’assenza di sensibilità al dolore non giustifica l’immoralità della soppressione della vita umana indesiderata, la pensa certamente così questo bambino e chi è affetto da CIPA (patologia che rende insensibili al dolore). Oltretutto, se questa è la posizione di Dawkins sull’aborto, non si capisce perché egli sia favorevole all’interruzione di gravidanza oltre il quarto/quinto mese, quando cioè è dimostrata nel feto umano la presenza di un sistema nervoso tale avere sensibilità al dolore. Interessante infine la sua posizione decisamente offensiva per gli animalisti, che però -ne siamo certi- non organizzeranno nessuna protesta questa volta.

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L’antropologo Tattersall spiega l’inadeguatezza della spiegazione neodarwinista

Il celebre antropologo Ian Tattersall, responsabile della divisione di Antropologia dell’American Museum of Natural Historydi New York, fondatore della Hall of Human Biology and Evolution dell’American Museum e vincitore del prestigioso premio W. W. Howells dell’American Anthropologican Association, è uno dei tanti scienziati in opposizione alla teoria del “neo-darwinismo”, ovvero una delle posizioni che cercano di spiegare l’evoluzione biologica, cioè un fatto in gran parte supportato -per quanto riguarda la “microevoluzione”- da innumerevoli evidenze fossili.

Una teoria -quella neodarwinista- che però viene indebitamente esaltata per pure ragioni ideologiche e anti-teiste, tanto che lo stesso termine “neo-darwinismo” è diventato ambiguo, sinonimo di una posizione filosofica più che di una ipotesi scientifica. Per molti non è nemmeno una spiegazione scientifica, come tutto quel che termina con -ismo, come ha spiegato il biologo darwinista Francisco Ayala: «noi scienziati parliamo di Darwin, non di darwinismo o neodarwinismo». Per altri il neodarwinismo è una tautologia, anzi una vera e propria anti-teoria come l’ha chiamata il premio Nobel Robert Laughlin (R.Laughlin ‘Un Universo Diverso’ Codice Editore) e come ben spiegato dal dott. Alessandro Giuliani. Al neodarwinismo si oppongono sempre più studiosi per mere questioni scientifiche (un esempio qui), come hanno fatto Massimo Piattelli Palmarini Jerry Fodor nell’ormai noto volume “Gli errori di Darwin” (Feltrinelli 2010), ma tanti altri sono anche interessati a confutarne le pretese filosofiche di stampo riduzionista che vengono diffuse attraverso tale teoria, anche correndo il rischio di essere tacciati di “creazionismo” (che è un po’ uno spauracchio usato in modo molto simile all’accusa di “omofobia”).

Tattersall, ospite del “Meeting per l’amicizia tra i popoli” 2012, evento culturale organizzato da Comunione e Liberazione, sembra posizionato ad un’opposizione puramente scientifica, come già aveva fatto notare in precedenza il prof. Enzo Pennetta (anche più recentemente). Ha infatti respinto in una recente intervista l’idea di una evoluzione lineare e graduale, così come vuole il cardine del neodarwinismo (una sorta di continuum tra i primati e l’uomo), affermando: «L’idea di una evoluzione graduale era la posizione degli scienziati che hanno elaborato la cosiddetta teoria sintetica nella prima metà del secolo scorso e che riducevano i fenomeni evolutivi alla competizione e selezione naturale. Verso gli anni ‘70 però è diventato sempre più chiaro che questo modello non era adeguato. Soprattutto la documentazione fossile mostrava l’evidenza di un cammino con interruzioni e periodi di assenza di cambiamento». Questo ovviamente riduce il ruolo della selezione naturale, esaltata come unica spiegazione dai filosofi infervorati come Telmo Pievani e gli scienziati controversi come Richard Dawkins. E infatti, ha continuato l’antropologo americano: «Ciò significa che la selezione naturale non è l’unico fattore dei cambiamenti evolutivi e che altri agenti sono coinvolti, comprese le interazioni con l’ambiente: i mutamenti ambientali sono in effetti un grande “driver” dell’evoluzione. Naturalmente interviene anche il caso. Bisogna però considerare che quando parliamo dei processi evolutivi spesso siamo portati a semplificare le cose: in realtà noi non guardiamo al singolo processo ma a una storia fatta dall’accumularsi di molti e diversi elementi».

Soffermandosi sul ruolo del “caso”, tanto a cuore agli anti-teisti, ha però puntualizzato: «Caso è una parola delicata. Certo, il caso è un elemento presente in tutta la nostra esperienza umana e non è incomprensibile che nel corso dell’evoluzione biologica intervengano cambiamenti casuali, insorgano differenze e variazioni, dovute anche al fatto che cambia l’ambiente, che si verificano fenomeni improvvisi, disastri naturali, a volte catastrofici. La mia idea della selezione naturale è che sia molto importante ma che agisca più nelle fasi di stabilizzazione delle popolazioni che nel produrre le novità e i mutamenti. Per spiegare questi bisogna introdurre altri fattori». L’antropologo dunque concorda con il celebre  biologo e genetista statunitense Richard Lewontin, secondo cui «il segreto, ancora largamente misterioso, risiede senz’altro in proprietà interne, nell’organizzazione dei sistemi genetici, non nella selezione naturale», e in un’altra occasione: «la teoria di Darwin della selezione naturale ha delle falle fatali».

Tattersall tuttavia non concorda con il paleontologo Simon Conway Morris secondo cui la comparsa dell’Homo Sapiens sarebbe stata inevitabile, ma ci tiene comunque a ribadire l’unicità dell’uomo rispetto a tutte le altre creature: «noi uomini ricostruiamo il mondo nella nostra testa e produciamo oggetti frutto di questa rielaborazione; non ci limitiamo, come altri animali, a reagire agli stimoli che arrivano dal mondo. Pensando alle grandi scimmie, capita spesso di sentire dire che “hanno fatto cose che finora si pensava facessero solo gli uomini”: tuttavia non si può affermare che arrivino ad avere una capacità simbolica. È questo l’abisso cognitivo tra noi e le scimmie». E sopratutto: «il passaggio dall’Homo “non simbolico” all’Homo “simbolico” era impensabile, ma è accaduto; ed è accaduto in un unico evento, non gradualmente».

Sotto l’intervista di Tattersall, pubblicata su “Ilsussidiario.net” ha commentato il prof. Andrea Moro, linguista e neuroscienziato, ordinario di linguistica generale presso la Scuola Superiore Universitaria IUSS Pavia dove è responsabile della Classe di Scienze Umane e presso l’università Vita-Salute San Raffaele. Ha voluto sottolineare che secondo lui «la posizione importante di Tattersall sottolinea un filone di ricerche ben affermato: le scimmie non parlano “perché non possono”. Tuttavia il motivo, a mio avviso, non sta nella simbolizzazione […]. La vera differenza, come intuì Cartesio, sta semmai nel fatto che nessun animale può ricavare senso dalla combinazione dei simboli, cioè da quello che dall’epoca ellenistica chiamiamo “sintassi” […]. Ed è proprio dalla combinazione di simboli, dalla sintassi cioè, che si spalanca l’infinito nel linguaggio umano, e solo in quello. È questo il fatto inaspettato e clamoroso che differenzia noi da tutti gli altri animali. E questo “infinito presente” è anche alla base di altre capacità cognitive umane come la musica. Come diceva Chomsky negli anni 50 del secolo scorso “gli esseri umani sono progettati in modo speciale” per apprendere il linguaggio secondo modalità che ci portano dritti a riconoscere il mistero».

 

Qui sotto il video dell’incontro “Evoluzione biologica e natura dell’essere umano” svoltosi al “Meeting” di Rimini. Assieme a Tattersall partecipano W.E. Carroll, teologo di Oxford e Marco Bersanelli, ordinario di Astrofisica

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Nuovo studio: correlazione tra aborto indotto e cancro al seno

 

di Anna Paola Borrelli*
*teologa moralista perfezionata in bioetica

 

Il tumore al seno è quello che più frequentemente colpisce le donne e rappresenta la seconda causa di morte al mondo, dopo il tumore ai polmoni.  Oltre ai fattori di rischio già noti, quali l’età e la familiarità, i fattori riproduttivi e ormonali, l’obesità o il sovrappeso in menopausa, il diabete, uno stile di vita povero di fibre, frutta e verdura, la scarsa attività fisica, ecc. da diversi anni le ricerche si stanno focalizzando anche sul binomio aborto procurato-tumore al seno.

Un nuovo studio cinese pubblicato nel Febbraio di quest’anno su “Asian Pacific Journal of Cancer Prevention” è stato successivamente diffuso nel mese di Maggio dalla Coalizione Internazionale sull’Aborto/Cancro al seno. La ricerca capeggiata da Ai-Ren Jiang ha messo in luce come il rischio di contrarre il tumore al seno aumenti in seguito ad ogni aborto procurato.

I ricercatori hanno dimostrato che la maggior parte delle donne in pre-menopausa che avevano avuto un aborto procurato hanno un rischio maggiore del 16% di contrarre il cancro. Quelle che, invece, hanno compiuto 3 o più aborti hanno un rischio più elevato dell’1,55%. Nondimeno, si è visto che le donne in post-menopausa che avevano precedentemente abortito hanno maggiori possibilità di sviluppare il cancro mammario e più aborti ci sono, più il rischio aumenta. Così, se dopo un aborto indotto i valori di rischio aumentano del 1,79% volte; con due aborti s’innalzano per 1,85% volte, per poi giungere con tre o più aborti a 2,14% volte. Questa indagine sul legame aborto-cancro al seno va ad aggiungersi agli altri circa 50 studi scientifici e ad una metanalisi tutti orientati in questa direzione.

Quest’ennesima ricerca offre un’arma di protezione in più per la salute della donna e dà un ulteriore spunto di riflessione per l’inviolabilità di ogni vita umana, bene indisponibile e non negoziabile. Non è un luogo comune affermare che l’aborto uccide due volte: una prima uccide contemporaneamente il bambino e la madre (è nota a tutti quella che gli psichiatri definiscono la sindrome post-aborto) e una seconda volta la uccide fisicamente, potenziando il rischio di sviluppare un tumore al seno.

Al di là della propria posizione riguardo all’aborto il valore della salute delle donne va salvaguardato sempre!  Ma occorre anche spingersi oltre, ricordando quello che asseriva Giovanni Paolo II: “Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, libertà vera, pace e felicità!” (“Evangelium vitae”, 6). La legge italiana sull’Interruzione volontaria di gravidanza, facendo riferimento al ruolo dei consultori familiari, ricorda che essi «assistono la donna in stato di gravidanza […] contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza» (L. 194/78, n.2). Assistere la gestante in difficoltà ad accogliere la vita non equivale a sopprimere la vita di suo figlio, bensì aiutarla a realizzare il suo essere donna. Essere dalla parte della donna significa tutelare la sua salute, liberarla da tutto ciò che le impedisce di vivere appieno la sua splendida vocazione alla maternità!

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«Il bosone di Higgs conferma la fede cristiana», reazioni di filosofi e scienziati

Si è a lungo parlato della scoperta del bosone di Higgs, ovvero la particella grazie alla quale ogni cosa che esiste ha una massa. La vicenda ha richiamato moltissimi giudizi e prese di posizioni da parte di filosofi e scienziati, non soltanto dal punto di vista strettamente scientifico ma anche teologico. E’ normale infatti che davanti a tali scoperte l’uomo venga richiamato immediatamente alla metafisica, poiché come ha affermato il premio Nobel Charles Hard Townes, «tutta la scienza, in un certo senso, proviene dalla fede nell’ordine nell’universo. Questa è parte della fede scientifica, che ci sia ordine e dunque affidabilità, e così via, e questo fa parte della concezione tradizionale giudaico-cristiana che vi è un solo Dio». Elenchiamo di seguito alcune delle reazioni più interessanti apparse sui media.

 

Sul sito web della prestigiosa rivista “Nature”, in un articolo intitolato: “A volte la scienza deve cedere il passo alla religione”, Daniel Sarewitz, co-director of the Consortium for Science, Policy and Outcomes at Arizona State University, ha scritto: «La scoperta di Higgs, chiarificatrice dei componenti della stessa esistenza, è anche presentata come un passo da gigante verso la cura definitiva: una spiegazione razionale per l’Universo. Che tale comprensione scientifica rappresenti una sfida alla religione è un’idea comunemente sentita dai difensori della scienza, in particolare quelli più vestiti da atei militanti. Eppure gli scienziati che difendono tale tesi sono spesso troppo lenti nel riconoscere le basi irrazionali delle loro convinzioni, e troppo veloci per disegnare una linea tra lo scientifico e l’irrazionale». Infatti, ha continuato, «il bosone di Higgs è un’astrazione incomprensibile», e «per coloro che non seguono la matematica, credere nel bosone di Higgs è un atto di fede, non di razionalità». Al contrario, «la religione può offrire un autentico incontro personale con l’ignoto […], permette di connettersi con le cose che si trovano al di là del sapere in un modo che nessuna descrizione giornalistica o divulgazione scientifica del bosone di Higgs può fare». Spesso la religione si è «tentati di liquidarla come manifestazione di ignoranza e analfabetismo scientifico. Ma io credo, invece, che aiuti a mostrarci il motivo per cui sarà sempre necessario avere metodi di comprensione del nostro mondo che vadano al di là del razionale- scientifico […]. Io sono ateo, eppure, mentre la scoperta di Higgs non mi offre alcun accesso di comprensione del mistero dell’esistenza, una passeggiata attraverso i magnifici templi di Angkor mi offre uno scorcio dell’inconoscibile e dell’inspiegabile al di là del mondo della nostra esperienza».

 

Interessante anche la posizione di Costantino Esposito, ordinario di Storia della filosofia presso l’Università di Bari, il quale si è soffermato sull’ambiguo nome dato al bosone, ovvero “particella di Dio”, che lascia erroneamente pensare che «una volta afferrata questa particella, avremmo toccato con mano il segreto ultimo della natura, il livello originario del mondo: che insomma avremmo avuto modo di entrare direttamente nella creazione della materia, scoprendo ciò che fornisce la consistenza ultima della struttura fisica delle cose». Così, ha continuato, «per alcuni (in genere non per gli scienziati impegnati in questo lavoro) potrà significare una “prova” dell’origine divina e creazionistica dell’universo, mentre per altri (anche in questo caso probabilmente non per quegli scienziati) potrà significare, al contrario, che la scienza permette di raggiungere e occupare il posto stesso di Dio, e di spiegare l’origine di tutte le cose». E’ bene «non seguire nessuna di queste due strade, per il rischio sempre incombente di piegare in un senso ideologico dei dati straordinari della verifica sperimentale. Né il teismo creazionistico né l’ateismo materialistico possono essere ricavati e utilizzati come mere spiegazioni misurabili del mondo». Tuttavia, ha concluso, non si può negare che questa scoperta evidenzia come «noi siamo capaci di “intelligere” la realtà, vale a dire di penetrare nella natura delle cose, grazie al nostro pensiero interrogante, e quest’ultimo a sua volta può procedere continuamente proprio perché sfidato e provocato da ciò che la realtà gli dice in risposta alle sue domande. L’atto dell’intelligenza accade, effettivamente, quando la “logica” della nostra mente scopre il “logos” del mondo, cioè una struttura che delinea l’ordine e la sensatezza della realtà naturale. C’è “ragione” nella natura: e questa è davvero una grande festa per la nostra ragione».

 

L’astrofisico e teologo Giuseppe Tanzella-Nitti, già ricercatore nel campo della radioastronomia e della cosmologia del CNR presso l’Istituto di Radioastronomia di Bologna e astronomo all’Osservatorio Astronomico di Torino, oggi curatore del Centro di Documentazione Interdisicplinare di Scienza e Fede (www.disf.org), ha commentato: «Adesso sappiamo che le 24 particelle fondamentali e le quattro forze di natura possono stare insieme, in un unico grande quadro teorico. Qualcuno potrebbe chiedersi da dove vengano questa razionalità e questa eleganza e, più arditamente, se esse abbiano qualche legame con l’idea che l’Universo fisico sia il riflesso di una intelligenza creatrice». Ovviamente «la domanda diviene allora filosofica o forse perfino teologica, ma è interessante che, in quanto domanda, essa venga oggi suscitata anche, ormai, dalla ricerca scientifica, e nasca nei nostri laboratori». Rispetto all’aver citato Dio nel nome della particella, seppure per questioni di marketing, «vedo con molto interesse i progressi della ricerca scientifica e il fatto che vi emerga anche solo un interrogativo su Dio», ha spiegato. «Siamo in controtendenza rispetto ad un clima relativista. Lo scienziato cerca la verità e qualche volta si chiede, appunto, se valga la pena di indicarla, forse anche solo per dibattervi, con la Maiuscola».

 

Il filosofo Roberto Timossi ha spiegato a sua volta che «sebbene qualche ateo in giro per il mondo abbia tentato di sostituire Dio con il bosone di Higgs, che così da “particella di Dio” si sarebbe trasformato in “particella Dio”, la grande scoperta scientifica avvenuta al Cern di Ginevra  può essere invece interpretata sul piano filosofico come una conferma della presenza di un ordine nella natura; ordine che per il credente resta difficile immaginare che sia il prodotto di un fenomeno casuale altamente improbabile».

 

Il fisico Lucio Rossi, responsabile del “Magnets, Cryostats and Superconductors Group” al CERN di Ginevra, ricercatore dell’Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare) e docente del Dipartimento di Fisica dell’università di Milano, ha commentato: «La scienza nasce dall’accorgersi che il mondo è razionale, che le leggi che governano il mondo e la mia ragione sono affini […]. La scoperta del bosone di Higgs apre tantissime domande ma è chiaro che la simmetria razionale c’è. Ci vuole fegato per dire che l’universo è fatto a caso . Parlando con un famoso fisico teorico, siamo arrivati a dire che questa simmetria, se autofondata, può essere il concetto di Dio. Io gli facevo notare però che posso conoscerla, vuol dire che mi ha voluto. Riconoscere l’infinito è un atto di libertà, ed è giusto che sia così. Se i miei studi mi costringessero a riconoscerne l’esistenza, sarei avvantaggiato rispetto a mia madre, sarebbe ingiusto. C’è abbastanza luce per credere e abbastanza per non credere. E io e mia madre abbiamo le stesse chance di credere. Questa libertà però mi fa pensare che “dietro” c’è una Persona e non una macchina autoalimentata».

 

Il fisico Juan Rojo, ricercatore presso l’unità teorica del Cern di Ginevra, ha spiegato: «la scoperta del bosone di Higgs, con tutto il lavoro che c’è dietro, parla direttamente di quello che ci fa veramente uomini: la ricerca del senso delle cose, delle ragioni perche la natura è come è, e non diversa, il capire chi siamo e dove andiamo. Oggi con il bosone di Higgs abbiamo potuto contemplare ancora una volta la grandezza del disegno cosmico, in qualche senso, abbiamo contemplato l’infinito in faccia. E questa è la certezza che ci permette andare avanti, con tutte le sue difficoltà, nell’impresa scientifica: la certezza che la natura non solo è ordinata, ma anche “buona”, fino al punto che noi uomini, punti indistinguibili nella immensità del universo, possiamo capirla a livelli così profondi».

 

Javier Igea, sacerdote e dottore in astrofisica presso l’Università di New York, specializzato nella ionizzazione di dischi protoplanetari dei raggi X, ha spiegato che «identificare Dio con una particella subatomica è una barbarie filosofica che porta al panteismo più radicale […]. Dopo Gödel, c’è una domande a cui la scienza non può rispondere: Chi ha creato le leggi della natura che la scienza scopre? La scienza non lo può spiegare». E ancora: «Dietro ad ogni scienziato c’è un uomo che cerca di conoscere, e si pone domande inespressa dalla natura su se stesso e su Dio».

 

Il filosofo Marco Cangiotti, ordinario di filosofia politica ad Urbino, ha commentato come la scoperta abbia evidenziato che l’universo è un sistema relazionale«Questo implica alcune suggestive riflessioni di carattere teologico e filosofico. Per il cristianesimo, Dio è Trinità, non un monolite solitario, ma comunione, circolazione di una relazione di amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo. In estrema sintesi, Dio è relazione».

 

L’astronomo americano Guy J. Consolmagno, già presidente della “Division for Planetary Sciences” dell’American Astronomical Society e ricercatore presso l’Osservatorio Vaticano, ha affermato: «La Particella di Dio non ha nulla a che vedere con Dio […]. La cosa sorprendente è che l’universo può essere, almeno in parte, capito. Ne consegue che le leggi si possono dedurre da leggi, che sono razionali, ma anche eleganti e belle. In esse troviamo espressa la personalità di colui che plasmò queste leggi».

 

Il fisico Antonino Zichichi, presidente della Federazione mondiale degli scienziati, già presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e docente emerito di Fisica superiore all’Università di Bologna, ha spiegato commentando la scoperta: «Non c’entra nulla l’ispirazione divina. Quando Higgs formulò la sua teoria, molti si mostrarono scettici. “Se il meccanismo di Higgs è vero, vuol dire che lui è Dio”, dicevano. Se la religione non c’entra è il materialismo scientifico ad aver preso un’altra batosta […]. Il grande messaggio della scienza è: esiste una Logica. Se c’è una Logica, ci deve essere un Autore. Gli atei sostengono che esiste una Logica, ma non il suo Autore. E questo in termini di logica rigorosa, non sta in piedi. Chi nega l’esistenza della Logica che regge il mondo e afferma che tutto è prodotto dal caos, nega la Scienza. Se non esistesse Logica nell’Universo Subnucleare, io stesso non avrei potuto fare tutte le cose che ho fatto».

 

Il biologo e Premio Nobel Werner Arberpresidente della Pontificia Accademia delle Scienze, ha commentato: «Non si può descrivere questo Bosone come “particella di Dio”, nel senso che non dimostra affatto dal punto di vista scientifico l’esistenza o meno di Dio. Dal punto di vista religioso bisogna però dire che dietro ogni particella esistente c’è la mano di Dio. Quindi, in definitiva, ogni cosa – anche gli atomi – sono dal punto di vista religioso una particella di Dio».

 

L’astrofisico Piero Benvenuti, docente presso l’Università di Padova, staff member dell’Agenzia Spaziale Europea, sub-commissario dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Direttore dell’Osservatorio IUE, già responsabile scientifico Europeo del progetto “Hubble” e Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ha scritto su “L’Osservatore Romano”: «È interessante ricordare, visto il nomignolo “teologico” distrattamente assegnato al bosone di Higgs, che il passaggio dello spazio vuoto dalla non-esistenza aristotelica all’entità assoluta e onnipervasiva della fisica newtoniana suscitò all’epoca un’accesa discussione teologica, testimoniata da una fitta corrispondenza tra Gottfried Leibniz e Samuel Clarke: se lo spazio era dovunque, dove si collocava Dio? Oggi saremmo tentati di giudicare ingenua una tale diatriba, ma di fatto era molto più “filosoficamente” seria di certe superficiali affermazioni lette nei giorni scorsi. Il concetto di uno spazio vuoto assoluto cominciò a vacillare quando Einstein dimostrò come la presenza di massa gravitazionale modifichi la geometria dello spazio stesso, riportandolo quindi “dalle altezze irraggiungibili dell’a-priori” — per usare le parole di Einstein — al livello dell’esperienza empirica. Non è più possibile, dal punto di vista fisico, immaginare uno spazio che “contenga” l’universo: spazio e cosmo sono inscindibili. L’equivalenza tra massa ed energia e la fisica quantistica hanno ulteriormente arricchito la nozione di spazio, che dobbiamo immaginare popolato di particelle e antiparticelle virtuali che emergono e si annichilano in continuazione […]. Lo spazio, ancorché vuoto, non coincide con il “nulla” e una fluttuazione quantistica del vuoto può sì far emergere materia-energia lì dove non c’era, ma si tratta sempre di una “trasformazione”, non di “creazione dal nulla” (creatio ex nihilo). Ecco quindi che la scoperta del bosone di Higgs offre interessanti spunti di riflessione sulla nostra stessa esistenza, sul nostro essere qui e ora e sulla nostra origine […]. Se il bosone di Higgs, oltre ad agire sulle particelle elementari, riuscisse a far riavvicinare il pensiero scientifico a quello umanistico, si trasformerebbe davvero in “super-particella di Dio”!».

 

Il fisico teorico della Specola Vaticana, Gabriele Giontiha affermato: «Se una persona ha fede e crede in un Dio benevolo, che ha creato l’Universo, il fatto che lui creda viene ulteriormente confermato dal trovare la simmetria che esiste nella natura, la quale appunto dimostra che la natura ha una struttura razionale; e con la sua fede trova confermato il fatto che questo mondo abbia questa simmetria ulteriore, come per esempio quella che si trova attraverso il Bosone di Higgs, che dà appunto massa alle particelle elementari. Questa simmetria è una prova indiretta, se vogliamo, del fatto che esiste un Dio benevolo, che ha creato questo Universo. Tuttavia questa non è una prova scientifica, è solo un’ulteriore conferma di un presupposto di fede, in cui se uno crede, trova una conferma di fede, ma non una conferma scientifica».

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Quando “Il Fatto Quotidiano” profetizzava: «il Meeting di CL sarà un fallimento»

Estate torrida nel covo laicista de Il Fatto Quotidiano” a causa  della perdita di un gruppo di giornalisti e sei soci, il forte calo di vendite (sceso a 52mila copie) e la conseguente e ipocrita richiesta di finanziamento pubblico, nonostante lo sbandierato slogan “non riceve alcun finanziamento pubblico” .

Nell’ultimo periodo sono arrivate anche le bordate da parte del magistrato Luciano Violante (Pd), Responsabile delle riforme del suo partito, già Presidente della Commissione Antimafia e Presidente della Camera, il quale ha condannato l’attacco a cui è sottoposto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affermando«Si tratta di un progetto politico portato avanti da diversi soggetti. Grillo, Di Pietro e Il Fatto quotidiano costituiscono infatti uno schieramento politico-mediatico che ha l’obiettivo di utilizzare i processi in corso contro il Quirinale e contro il governo. Vogliono abbattere Napolitano e Monti, i due pilastri che hanno saputo rimettere in carreggiata il Paese. Un disegno che punta alla destabilizzazione del sistema politico italiano»Roberto Formigoni (Pdl) governatore della Regione Lombardia, ha ripreso le parole di Violante, aggiungendo: «Idv, Grillo, il “Fatto” e la “Repubblica” vogliono abbattere ogni esperienza di democrazia in Italia, facendo prevalere gruppi finanziari […]. Sono il braccio armato che mira alla dissoluzione dell’Italia, le loro parole sono peggio delle armi». Perfino il magistrato amico di Travaglio, Antonio Ingroia, ha deciso di prendere pubblicamente le distanze da “Il Fatto”.

Come se non bastasse, il quotidiano laicista si trova in questi giorni sotto le bombe (ovviamente lanciate in modo incoerente) del potentissimo quotidiano, anch’esso pesantemente laicista, di Carlo De Benedetti, miliardario anticlericale e massone (come informa Ferruccio Pinotti) e pagatore di tangenti (come ha ammesso lui stesso), ovvero La Repubblica”. Hai voglia ora per Antonio Padellaro piagnucolare in prima pagina

Continuando a parlare della guerra de “Il Fatto Quotidiano” alla Chiesa e ad ogni espressione pubblica di cattolicesimo, diventa simpatico andare a prendere un articolo del 30 luglio scorso, quando si annunciava l’imminente inizio della kermesse riminese del “Meeting per l’amicizia fra i popoli”, il grande evento culturale salutato calorosamente da Benedetto XVI e organizzato da Comunione e Liberazione, e non certo dal settimanale “Famiglia Cristiana” che ha pensato di attaccare pretestuosamente l’evento  di Rimini, facendo così gioire la stampa laicista.  La cosa curiosa è che soltanto nel 2008 don Antonio Sciortino, direttore di “Famiglia Cristiana”, affermava: «Il Meeting di Rimini è un’occasione importante di riflessione e non solo nell’ambito cattolico […] La nostra rivista ha sempre avuto buoni rapporti con Comunione e Liberazione. Abbiamo sempre seguito questo avvenimento che offre un importante momento di riflessione spirituale. Nella Chiesa è come essere in un concerto: ognuno suona il suo strumento ma poi l’armonia che esce è comune e frutto degli sforzi di ognuno». Peccato si sia dimenticato così in fretta di queste belle parole, lasciandoci corteggiare dall’ideologia politica.

Tornando alle profezie de “Il Fatto”, l’inviato Emiliano Luzzi ha parlato di “declino” del Meeting di Cl, giustificando tale fallimento con la mancanza di alcuni sponsor che avrebbero «preferito tenersi alla larga dal Meeting e dalle polemiche». Peccato che, come ha spiegato il direttore della kermesse, Sandro Ricci, «in questo periodo di crisi la nostra manifestazione è un’occasione di lavoro per tante persone: 8.400.000 euro di budget per 580 aziende fornitrici, il 90 per cento di queste sono del nostro territorio. Senza contare poi l’indotto sul territorio delle migliaia di presenze che vengono qua per il Meeting». Vediamo questi numeri che segnerebbero il declino profetizzato dal quotidiano di Padellaro: riconfermate le circa 800mila presenze dell’anno scorso provenienti da 40 paesi del mondo, 100 incontri proposti, 21 gli spettacoli, 9 le mostre, 10 le proiezioni cinematografiche, 23 le manifestazioni sportive; 281 i relatori intervenuti, molti dei quali di primissimo piano a livello internazionale nell’economia, nella scienza, nella religione, nella cultura e nella politica; 3.300 volontari (a proprie spese) da 20 paesi, 20 mila tweet e 30 milioni di “visitatori” online. Perfino su “Libero”, non certo tenero con il mondo cattolico, si legge: «l’essenza del Meeting anche nel 2012 è stata un successo non paragonabile ad alcuna altra manifestazione». Interessante anche il soddisfatto commento di chiusura degli organizzatori.

Sottolineiamo anche che, oltre alla profezia mancata del “Fatto”, l’inviato Emiliano Luzzi -ottimo discepolo dei suoi colleghi “inventabufale” Marco Politi e Marco Lillo- ha tentato di inserire la compagnia aerea catanese WindJet, in bilico sul baratro del fallimento, tra gli sponsor del “Meeting”, sottolineando che «la società non ha i soldi per pagare i dipendenti, ma può sponsorizzare la riunione di Cl».  La notizia non ha ovviamente fondamento dato che l’articolista de “Il Fatto” non ha fatto altro che modificare il nome di uno dei veri sponsor, ovvero la compagnia telefonica “Wind”. L’ufficio stampa del “Meeting” ha smentito e l’articolo su “Il Fatto” è stato modificato, mantenendo tuttavia l’errore nel nel sottotitolo. Il commento di uno dei responsabili della sezione informatica del “Meeting” di Rimini è stato: «Il giornalista, volendo vedere il male anche laddove non ce n’è, è incappato nella vista. Ma non ha smentito».

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Archeologia ‘biblica’, nuovi indizi sull’attendibilità dei testi sacri

http://i.livescience.com/images/i/27029/original/shrine-ed.jpg?1336601841Non sono rari, specialmente di recente, i ritrovamenti archeologici che finiscono per confermare, in modo più o meno definitivo, la narrazione Biblica. A questo proposito, è stato recentemente riportato, rispettivamente dal sito di divulgazione scientifica LiveScience.com e dal Corriere della Sera, il ritrovamento di un sigillo del dodicesimo secolo avanti Cristo rappresentante la storia di Sansone e l’annuncio di nuove prove scientifiche che confermerebbero il ritrovamento di alcune ossa appartenenti a San Giovanni Battista (e conseguentemente, la storicità della figura del santo).

L’antico sigillo, in cui sarebbe raffigurato l’eroe descritto nel Libro dei Giudici, rappresenterebbe uno dei più antichi riferimenti alle vicende narrate nell’Antico Testamento. Il ritrovamento, avvenuto nel sito di Beth Shemesh, tra le antiche città di Zorah ed Eshtaol, non permetterebbe certo di provare l’esistenza di Sansone ma nondimeno, «ancora la vicenda in un contesto archeologico», come dichiarato dal prof. Shlomo Bunimovitz, archeologo all’università di Tel Aviv.

Intanto, un team di studiosi dell’università di Oxford, ha recentemente annunciato il risultato dell’ennesimo esame scientifico sui resti ossei trovati nel sottosuolo di un antica chiesa in Bulgaria. Il nuovo test, oltre a confermare l’appartenenza delle ossa alla stessa persona, le farebbe risalire al I secolo dopo Cristo. Epoca in cui, come riportano i Vangeli, sarebbe vissuto San Giovanni. A sfumare altri, eventuali, dubbi ci penserebbe anche un’incisione in greco antico trovata vicino al sarcofago contenente le reliquie, facente riferimento al Battista e al 24 giugno, giorno in cui si ricorda la natività del santo. Tuttavia, anche se le analisi scientifiche non smentiscono quest’eventualità, Hannes Schroeder, studioso dell’Università di Copenaghen, ha tenuto a specificare che «non si tratta di prove conclusive» e che «ancora non possiamo dichiarare che queste ossa appartengano a Giovanni Battista». Nondimeno, sia che si tratti di Sansone o del predicatore che battezzava nel Giordano, non sono certo prove definibili come “schiaccianti”, peraltro innecessarie dove la fede è richiesta, ma indizi di veridicità che illuminano quanti vogliono vedere.

Nicola Z.

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