Padre Nostro, la modifica del 2002 obbligò quella liturgica del 2018
Traduzione del Padre Nostro. Nel 2002 i vescovi italiani introdussero il “non abbandonarci” nella Bibbia, Sandro Magister ha involontariamente svelato che già allora erano consapevoli della difficoltà della permanenza della “vecchia versione” nel Messale usato per il rito liturgico, ambiguità a cui ha messo fine l’attuale Conferenza Episcopale, assieme a Francesco.
«E non abbandonarci in tentazione». E’ dal 2002 che questa nuova traduzione della preghiera del Padre Nostro è diventata ufficiale nella versione italiana della Bibbia, approvata dai vescovi con il placet di Benedetto XVI e dei cardinali Carlo Maria Martini e Giacomo Biffi e pubblicata nel 2008 dalla Libreria Editrice Vaticana.
Accuse a Benedetto XVI quando modificò per primo la traduzione del “Padre nostro”.
Un dettaglio che ha disturbato fortemente la narrazione dei blogger nemici di Papa Francesco, secondo i quali sarebbe invece stato l’attuale pontefice a “cambiare le parole insegnateci da Gesù!” (perché Gesù parlava italiano, giusto?). Molte accuse le ricevette anche il predecessore, Papa Ratzinger, quando dieci anni fa approvò il “non abbandonarci” al posto del “non indurci”, una traduzione non letterale ma che risultò essere ai biblisti più adeguata nel riportare il senso dell'”inducere” latino (o dell’eisfèrein greco).
Come ha scritto il vescovo di Ugento – SM di Leuca, mons. Vito Angiuli, «il dibattito sulla corretta traduzione del Padre Nostro risale agli anni 80 e ha interessato le voci più autorevoli della Chiesa. Tutti avevano la consapevolezza che qualsiasi traduzione sarebbe stata inadeguata a esprimere, in maniera compiuta e precisa, il significato profondo che le parole cercano di evocare. Molti di loro, però, ritenevano cercare una modalità espressiva più confacente a quanto la fede insegna e più rispondente al modo di sentire contemporaneo. Non va poi dimenticato che il passaggio dall’aramaico, al greco, al latino fino ad arrivare alle lingue moderne non è mai indolore. D’altra parte, anche i vescovi spagnoli e francesi avevano operato una traduzione più o meno simile a quella proposta dai vescovi italiani».
La modifica era a fini non liturgici, oggi cambia anche nel Messale romano.
I vaticanisti della resistenza, accusato il colpo, hanno comunque ribattuto che la modifica introdotta nel 2002 era destinata a fini non liturgici, cioè venne introdotta solo nella traduzione della Bibbia mentre nel Messale romano, il libro liturgico utilizzato dal sacerdote per celebrare la Messa, permaneva l’antica traduzione del Padre Nostro, quella del “non indurci”.
La modifica del Padre Nostro anche a livello liturgico (introducendola nel Messale), dunque, sarebbe stata un’iniziativa in solitaria di Papa Francesco. Un’obiezione che, francamente, risulta alquanto debole e poco comprensibile ma che, tuttavia, è stata usata per “incolpare” comunque l’attuale Papa.
Sandro Magister rivela che nel 2002 ci si auspicava la modifica avvenuta nel 2018.
Alcune settimane fa, comunque, è intervenuto sulla tematica anche Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso e uno dei principi italiani dell’antipapismo bergogliano. Il suo intento era quello di ricostruire i fatti accaduti durante l’assemblea dei vescovi a porte chiuse quando, nel novembre scorso, avvenne l’ufficiale traduzione del Messale Romano, in cui era inclusa la “nuova” traduzione del Padre Nostro. Magister, come prevedibile, ha descritto gli eventi facendo passare Papa Francesco come «monarca assoluto» che «ha imposto la sua volontà» ai vescovi, «mettendo a tacere», tramite il presidente della CEI, Gualtiero Bassetti, «le voci contrarie», di quei vescovi bravi e timorati di Dio che non volevano modificare le parole di Gesù e preferivano la «versione tradizionale». Ma il Pontefice dittatore ha «impedito a qualsiasi vescovo di prenderne le difese». Insomma, le classiche e fantasiose “ricostruzioni” di Magister.
Il vaticanista de L’Espresso ha però inserito una citazione che, non solo ha mandato all’aria i suoi stessi intenti, ma ha anche risposto alle obiezioni dei nemici di Papa Francesco. «Nel maggio del 2002», scrive infatti Sandro Magister, «fu approvata la nuova versione del “Padre nostro” per il lezionario. L’arcivescovo Betori, che all’epoca era segretario generale della CEI, disse: “L’eventuale assunzione di questa traduzione nel rito liturgico e nella preghiera individuale si porrà al momento della traduzione della terza edizione del ‘Missale Romanum’. La decisione che viene presa ora pregiudica però in qualche modo la scelta futura, essendo difficile pensare la coesistenza di due formulazioni“». Lo stesso arcivescovo Betori, stretto collaboratore di Benedetto XVI, ha difeso anche negli scorsi mesi la fondatezza teologica della nuova traduzione del Padre Nostro, ricordando l’approvazione anche del card. Giacomo Biffi.
Così, già nel 2002 si era ben consapevoli che la modifica al Padre Nostro introdotta dalla Chiesa ratzingeriana nella Bibbia, avrebbe «pregiudicato» inevitabilmente l’adeguamento anche nel rito liturgico, essendo ambigua la coesistenza di due traduzioni diverse: una a fini non liturgici e una, diversa, nel Messale romano usato durante l’Eucarestia. Nel 2018 si è dunque concluso con coerenza quanto iniziato dai vescovi nel 2002, ovvero l’uniformità della traduzione anche a livello liturgico. Altro che “pallino” modernista di Papa Francesco!
La redazione