L’omosessuale Ariño: «la Chiesa mi accoglie per come sono»

Abbiamo già parlato in precedenza delle numerosi voci contrarie alla legge che verrà varata dal governo Hollande tra un paio di mesi, che aprirebbe il matrimonio e l’adozione alle persone dello stesso sesso con relativa abolizione dei termini “mamma” e  “papà” per evitare presunte discriminazioni nei loro confronti.

Tra i vari psicologi, giuristi e filosofi abbiamo citato anche l’omosessuale (e non credente) Xavier Bongibault, presidente dell’associazione Plus gay sans mariageil quale ha affermato«Il piano del governo è tutt’altro che unanime nella comunità gay. Contrariamente a quanto dicono i mezzi di comunicazione, la richiesta non viene dalla maggioranza degli omosessuali. La maggior parte non è interessata, ma l’influenza del movimento LGBT è tale che molti non osano dirlo». Una conferma, dunque, della violenza dell’intollerante lobby gay: «Ogni volta che affermo di essere contro il matrimonio, contro l’adozione, gli attivisti LGBT mi indicano come reazionariofascista e omofobo, che nel mio caso è paradossale! Al contrario, quelli che mi conoscono dicono: “E ‘fantastico quello che dici”, ma non osano fare il grande passo. Molti temono di perdere gli amici. Hanno paura a parlare». Ha poi proseguito l’omosessuale: «Un bambino ha bisogno di un padre e una madre».

Un’altra voce omosessuale importante che è tornata a far sentire la propria contrarietà è quella di Philippe Ariñogiovane docente di spagnolo e affermato saggista, il quale ha appena pubblicato il suo ultimo libro: L’Homosexualité en vérité. Intervistato da FamillechretienneAriño ha affermato: «Il desiderio omosessuale appare in contesti in cui la libertà umana è stata ridotta, o c’è stata una mancanza di incarnazione della personalità. In particolare nei casi in cui non vi era alcuna forza in termini di personalità, vale a dire, nelle fasi dell’adolescenza, quando siamo a corto di identità. Ma c’è anche un desiderio di fuggire da se stessi, una mancanza di libertà e la mancanza del riconoscimento delle differenze fondamentali dell’umanità, compresa la differenza sessuale».

Parlando della posizione della Chiesa cattolica, il giovane omosessuale ha proseguito: «La Chiesa ha capito l’omosessualità. Davvero! Senza saperlo, sono gli stessi omosessuali a darle ragione perché associano, come dice la Bibbia, l’omosessualità ad una idolatria. La Chiesa cattolica mi riconosce innanzitutto come persona, e non mi chiede di negare l’esistenza del mio desiderio omosessuale, ma piuttosto di valorizzarlo offrendolo pienamente a Dio, che mi ha amato fin dall’inizio per quello che sono, con i miei punti di forza e di debolezza». Ha quindi  biasimato coloro che «applaudono chi fa coming out e le coppie gay che pensano di non essere i benvenuti nella Chiesa!».

Come Ariño, anche in Italia alcuni noti omosessuali cattolici hanno voluto smontare l’errata idea che vuole una Chiesa contro le persone omosessuali. Ad esempio, Nichi Vendola, leader di Sel, ha affermato«E’ stato forse più facile dire la mia omosessualità ai preti che al partito. Ho parlato della mia omosessualità con molti preti, con uomini e anche con donne di Chiesa. Non mi sono mai sentito rifiutato. Sono state anzi interlocuzioni belle, profonde. La Chiesa è un universo ricchissimo e complicato, non riducibile a nessuna delle categorie politiche che usa la cronaca». L’opinionista gay Alfonso Signorini, ha invece spiegato con maggior turbamento: «Essere cattolici e gay non è facile, non perché la chiesa non accolga i peccatori, Dio è accoglienza, è più mamma che papà. Ma è il fatto che ogni volta devi avere un confronto con il sacerdote che imbarazza sempre un po’» .

Questa apertura da parte della Chiesa è nota a Crema, dove c’è una specifica pastorale per le persone omosessuali, lo stesso ha voluto a Cremona il vescovo  mons. Dante Lafranconi, a Palermo è attivo un dialogo intenso, così come è stato quello tra il grande poeta omosessuale Giovanni Testori e il movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione.  A Torino il vescovo Nosiglia, ha chiaramente affermato: «Non c’è alcuna volontà di identificare l’omosessualità con una malattia da curare. La nostra Chiesa continua a perseguire un atteggiamento di incontro e accoglienza delle persone omosessuali, credenti e non, come finora si è fatto con frutto attraverso un tavolo di studio composto da due sacerdoti delegati dal Vescovo e alcuni rappresentanti di gruppi di credenti omosessuali». Negli USA è noto l’impegno del cardinale John O’Connor, arcivescovo di New York fino al 2000, nei confronti degli omosessuali malati di AIDS, ma anche nei Paesi meno sviluppati la Chiesa è una delle uniche autorità a difendere gli omosessuali, come accade ad esempio in Cile e in Uganda. Il motivo di questa doverosa accoglienza è stato ben specificato da mons. Juan José Asenjo, vescovo di Siviglia (Spagna), quando ha spiegato che gli omosessuali sono «figli di Dio, che la Chiesa li abbraccia e vuole accompagnarli. Sono figli di Dio e fratelli miei, devo amarli, il che non significa necessariamente che devo canonizzare le loro azioni, che secondo la dottrina della Chiesa hanno uno specifico carattere morale». Infatti, come affermato dal cardinal Ratzinger, quando era a capo della Congregazione per la dottrina della fede, «la Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali».

Questo corrisponde all’invito del Catechismo della Chiesa cattolica che, mentre definisce gli atti di omosessualità come «intrinsecamente disordinati» chiede che le persone omosessuali siano accolte «con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione». Una prescrizione che sembra proprio essere rispettata, tanto che secondo un recente studio il 38% degli omosessuali frequenta abitualmente servizi liturgici (la stessa percentuale della popolazione cattolica generale).

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La tensione a Dio è inscritta in ogni uomo, parla il Papa

Abbiamo trovato questa riflessione di Benedetto XVI (o meglio, del teologo Joseph Ratzinger) in occasione dell’apertura dell’Anno della Fede davvero stupenda, utilissima per un confronto onesto su cosa sia l’uomo e sul senso religioso che ritrova  inestirpabile dentro di lui.

 

di Benedetto XVI
Udienza Generale, Piazza San Pietro 7 novembre 2012

 

 

Cari fratelli e sorelle,

il cammino di riflessione che stiamo facendo insieme in quest’Anno della fede ci conduce a meditare oggi su un aspetto affascinante dell’esperienza umana e cristiana: l’uomo porta in sé un misterioso desiderio di Dio. In modo molto significativo, il Catechismo della Chiesa Cattolica si apre proprio con la seguente considerazione: «Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l’uomo e soltanto in Dio l’uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa» (n. 27).

Una tale affermazione, che anche oggi in molti contesti culturali appare del tutto condivisibile, quasi ovvia, potrebbe invece sembrare una provocazione nell’ambito della cultura occidentale secolarizzata. Molti nostri contemporanei potrebbero infatti obiettare di non avvertire per nulla un tale desiderio di Dio. Per larghi settori della società Egli non è più l’atteso, il desiderato, quanto piuttosto una realtà che lascia indifferenti, davanti alla quale non si deve nemmeno fare lo sforzo di pronunciarsi. In realtà, quello che abbiamo definito come «desiderio di Dio» non è del tutto scomparso e si affaccia ancora oggi, in molti modi, al cuore dell’uomo. Il desiderio umano tende sempre a determinati beni concreti, spesso tutt’altro che spirituali, e tuttavia si trova di fronte all’interrogativo su che cosa sia davvero «il» bene, e quindi a confrontarsi con qualcosa che è altro da sé, che l’uomo non può costruire, ma è chiamato a riconoscere. Che cosa può davvero saziare il desiderio dell’uomo?

Nella mia prima Enciclica, Deus caritas est, ho cercato di analizzare come tale dinamismo si realizzi nell’esperienza dell’amore umano, esperienza che nella nostra epoca è più facilmente percepita come momento di estasi, di uscita da sé, come luogo in cui l’uomo avverte di essere attraversato da un desiderio che lo supera. Attraverso l’amore, l’uomo e la donna sperimentano in modo nuovo, l’uno grazie all’altro, la grandezza e la bellezza della vita e del reale. Se ciò che sperimento non è una semplice illusione, se davvero voglio il bene dell’altro come via anche al mio bene, allora devo essere disposto a de-centrarmi, a mettermi al suo servizio, fino alla rinuncia a me stesso. La risposta alla questione sul senso dell’esperienza dell’amore passa quindi attraverso la purificazione e la guarigione del volere, richiesta dal bene stesso che si vuole all’altro. Ci si deve esercitare, allenare, anche correggere, perché quel bene possa veramente essere voluto.

L’estasi iniziale si traduce così in pellegrinaggio, «esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio» (Enc. Deus caritas est, 6). Attraverso tale cammino potrà progressivamente approfondirsi per l’uomo la conoscenza di quell’amore che aveva inizialmente sperimentato. E andrà sempre più profilandosi anche il mistero che esso rappresenta: nemmeno la persona amata, infatti, è in grado di saziare il desiderio che alberga nel cuore umano, anzi, tanto più autentico è l’amore per l’altro, tanto maggiormente esso lascia dischiudere l’interrogativo sulla sua origine e sul suo destino, sulla possibilità che esso ha di durare per sempre. Dunque, l’esperienza umana dell’amore ha in sé un dinamismo che rimanda oltre se stessi, è esperienza di un bene che porta ad uscire da sé e a trovarsi di fronte al mistero che avvolge l’intera esistenza.

Considerazioni analoghe si potrebbero fare anche a proposito di altre esperienze umane, quali l’amicizia, l’esperienza del bello, l’amore per la conoscenza: ogni bene sperimentato dall’uomo protende verso il mistero che avvolge l’uomo stesso; ogni desiderio che si affaccia al cuore umano si fa eco di un desiderio fondamentale che non è mai pienamente saziato. Indubbiamente da tale desiderio profondo, che nasconde anche qualcosa di enigmatico, non si può arrivare direttamente alla fede. L’uomo, in definitiva, conosce bene ciò che non lo sazia, ma non può immaginare o definire ciò che gli farebbe sperimentare quella felicità di cui porta nel cuore la nostalgia. Non si può conoscere Dio a partire soltanto dal desiderio dell’uomo. Da questo punto di vista rimane il mistero: l’uomo è cercatore dell’Assoluto, un cercatore a passi piccoli e incerti. E tuttavia, già l’esperienza del desiderio, del «cuore inquieto» come lo chiamava sant’Agostino, è assai significativa. Essa ci attesta che l’uomo è, nel profondo, un essere religioso (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 28), un «mendicante di Dio». Possiamo dire con le parole di Pascal: «L’uomo supera infinitamente l’uomo» (Pensieri, ed. Chevalier 438; ed. Brunschvicg 434). Gli occhi riconoscono gli oggetti quando questi sono illuminati dalla luce. Da qui il desiderio di conoscere la luce stessa, che fa brillare le cose del mondo e con esse accende il senso della bellezza.

Dobbiamo pertanto ritenere che sia possibile anche nella nostra epoca, apparentemente tanto refrattaria alla dimensione trascendente, aprire un cammino verso l’autentico senso religioso della vita, che mostra come il dono della fede non sia assurdo, non sia irrazionale. Sarebbe di grande utilità, a tal fine, promuovere una sorta di pedagogia del desiderio, sia per il cammino di chi ancora non crede, sia per chi ha già ricevuto il dono della fede. Una pedagogia che comprende almeno due aspetti. In primo luogo, imparare o re-imparare il gusto delle gioie autentiche della vita. Non tutte le soddisfazioni producono in noi lo stesso effetto: alcune lasciano una traccia positiva, sono capaci di pacificare l’animo, ci rendono più attivi e generosi. Altre invece, dopo la luce iniziale, sembrano deludere le attese che avevano suscitato e talora lasciano dietro di sé amarezza, insoddisfazione o un senso di vuoto. Educare sin dalla tenera età ad assaporare le gioie vere, in tutti gli ambiti dell’esistenza – la famiglia, l’amicizia, la solidarietà con chi soffre, la rinuncia al proprio io per servire l’altro, l’amore per la conoscenza, per l’arte, per le bellezze della natura –, tutto ciò significa esercitare il gusto interiore e produrre anticorpi efficaci contro la banalizzazione e l’appiattimento oggi diffusi. Anche gli adulti hanno bisogno di riscoprire queste gioie, di desiderare realtà autentiche, purificandosi dalla mediocrità nella quale possono trovarsi invischiati. Diventerà allora più facile lasciar cadere o respingere tutto ciò che, pur apparentemente attrattivo, si rivela invece insipido, fonte di assuefazione e non di libertà. E ciò farà emergere quel desiderio di Dio di cui stiamo parlando.

Un secondo aspetto, che va di pari passo con il precedente, è il non accontentarsi mai di quanto si è raggiunto. Proprio le gioie più vere sono capaci di liberare in noi quella sana inquietudine che porta ad essere più esigenti – volere un bene più alto, più profondo – e insieme a percepire con sempre maggiore chiarezza che nulla di finito può colmare il nostro cuore. Impareremo così a tendere, disarmati, verso quel bene che non possiamo costruire o procurarci con le nostre forze; a non lasciarci scoraggiare dalla fatica o dagli ostacoli che vengono dal nostro peccato.

A questo proposito, non dobbiamo però dimenticare che il dinamismo del desiderio è sempre aperto alla redenzione. Anche quando esso si inoltra su cammini sviati, quando insegue paradisi artificiali e sembra perdere la capacità di anelare al vero bene. Anche nell’abisso del peccato non si spegne nell’uomo quella scintilla che gli permette di riconoscere il vero bene, di assaporarlo, e di avviare così un percorso di risalita, al quale Dio, con il dono della sua grazia, non fa mancare mai il suo aiuto. Tutti, del resto, abbiamo bisogno di percorrere un cammino di purificazione e di guarigione del desiderio. Siamo pellegrini verso la patria celeste, verso quel bene pieno, eterno, che nulla ci potrà più strappare. Non si tratta, dunque, di soffocare il desiderio che è nel cuore dell’uomo, ma di liberarlo, affinché possa raggiungere la sua vera altezza. Quando nel desiderio si apre la finestra verso Dio, questo è già segno della presenza della fede nell’animo, fede che è una grazia di Dio. Sempre sant’Agostino affermava: «Con l’attesa, Dio allarga il nostro desiderio, col desiderio allarga l’animo e dilatandolo lo rende più capace» (Commento alla Prima lettera di Giovanni, 4,6: PL 35, 2009).

In questo pellegrinaggio, sentiamoci fratelli di tutti gli uomini, compagni di viaggio anche di coloro che non credono, di chi è in ricerca, di chi si lascia interrogare con sincerità dal dinamismo del proprio desiderio di verità e di bene. Preghiamo, in questo Anno della fede, perché Dio mostri il suo volto a tutti coloro che lo cercano con cuore sincero. Grazie.

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Ancora aggressioni ai pro-life: danneggiate proprietà

Ne avevamo parlato già tempo fa, dimostrando gli atteggiamenti assolutamente violenti da parte degli abortisti in molte delle manifestazioni pro-life tenutesi in tutto il mondo. Un fenomeno che non accenna affatto a diminuire, date le nuove testimonianze di attacchi discriminatori da parte di gruppi pro-aborto. A parlarne è ancora una volta l’ottimo LifeSiteNews, il quale ha documentato i vari accaduti: si tratta di attacchi fisici, ma anche di danni alle proprietà.

Potremmo discutere della sede del centro Kostbare Kinder (Bambini Preziosi), alla quale per ben quattro volte sono state distrutte le finestre, senza contare tutte le volte in cui nelle pareti apparivano slogan di gruppi radicali o scritte blasfeme, o ancora degli uffici di Human Life International (HLI) a Vienna, attaccati e danneggiati durante il recente Congresso Mondiale di preghiera per la Vita nella capitale austriaca e di molto altro.

In particolare, risulta semplice comprendere come l’attacco ai gruppi pro-life nelle varie modalità a cui finora abbiamo assistito, sia soprattutto un attacco sferrato contro i cristiani. Benché se ne dica, sono loro quelli che da sempre, con forza, diffondono il messaggio pro-vita schierandosi apertamente contro l’aborto e ogni tecnica che non miri a difendere l’immenso dono della vita.

Anche su internet hanno cominciato a girare delle immagini dal contenuto violento, ma che di certo non stupisce: una pistola puntata contro il bersaglio “Vaticano” ne sia da esempio. Si registrano comunque, altri casi di attacchi ai cattolici o ai pro-life in generale: HLI, ad esempio, è stata vittima di un attacco alla porta di ingresso, il cui doppio vetro è stato rinvenuto rotto e l’ufficio cosparso di vernice nera.  Spesso Gloria TV, la televisione cattolica svizzera, ha mostrato i più recenti attacchi ai pro-life, parlando anche degli accaduti a cui abbiamo fatto riferimento.

Un caso che merita una grande attenzione è anche quello riguardante un miliardario filantropo, tale Chuck Feeney, il quale con il suo ICCL (Consiglio irlandese di libertà civile) si dimostra una delle forze principali per il cambiamento verso una sinistra “progressista” in Irlanda. In particolare egli si è reso protagonista dell’invio di una denuncia al Consiglio d’Europa, dicendo che il rifiuto dell’Irlanda di legalizzare l’aborto è un ostacolo per ottenere una piena “parità” di diritti per le donne. Questa in effetti, ci mancava. Lodato da parte di ricercatori e festeggiato dai media che lo sostengono, molti ricchi come Feeney hanno usato la loro posizione e la loro forza economica per spingere verso un radicale riordino del mondo occidentale. Nomi come Maurice Strong , George Soros e Warren Buffett non sono quasi mai citati nei notiziari, ma uno dei principali settori di loro interesse è proprio questo.

Triste notare come coloro che si ergono spesso a veri e propri paladini della libertà di espressione delle proprie idee siano anche quelli che poi si macchiano di atti similari, ma in fondo, questo deve essere un motivo per continuare ad andare avanti con sempre maggiore forza: se i pro-life e i cristiani vengono attaccati, vuol dire che sono sulla strada giusta.

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La provincia di Alberta contraria all'”agenda LGBT” nelle scuole

Secondo un sondaggio svolto nel 2011, il 65% degli americani, non vuole che nella scuola elementare venga promossa l’omosessualità. Alla domanda: «Credi che ai bambini della scuola elementare debba essere insegnato che l’omosessualità sia uno stile di vita alternativo normale?», solo il 22% ha risposto “si”, mentre il 13% si è dichiarato “incerto”.

Sempre nel 2011, Dilma Rousseff, presidente del Brasile, ha posto il veto contro l’utilizzo del cosiddetto “kit-anti-omofobia” nelle scuole pubbliche, reputandolo “inappropriato” e “fuori luogo”. Lo scopo del materiale, infatti, sarebbe stato quello di promuovere l’omosessualità nelle scuole.

Nel 2012 un sondaggio dalla società di statistiche VCIOM, Russia Public Opinion Research Center ha mostrato che  l’86 per cento dei cittadini russi sostiene una specifica legge varata quest’anno dal governo di San Pietroburgo che impedisce «la promozione di pratiche omosessuali, lesbiche, bisessuali e transgender tra i minorenni».

In questi giorni anche Alberta, provincia del Canada, attraverso l’Alberta School Boards Association (ASBA), ha respinto una proposta che richiedeva politiche mirate nella scuola sull’omofobia, transfobia e eterosessismo, aggiungendo un linguaggio specificamente omosessuale ad una già esistente politica anti-bullismo.

Jacquie Hansen, presidente della ASBA, ha detto che la maggior parte degli amministratori della scuola ha respinto tale politica perché inutilmente incentrata su un certo gruppo di studenti: «Preferirei avere una politica per tutti i bambini, sostenendo che il bullismo non deve essere tollerato, non importa chi sei, cosa fai o come vivi», ha spiegato.  Brian Rushfeldt, direttore esecutivo di Canada Family Action (CFA), ha aggiunto che «il vero scopo della politica LBGT è quello di promuovere ogni comportamento sessuale diverso dal normale comportamento eterosessuale».

Come spiegato da Hansen, gli insegnamenti antiomofobia (come le leggi antiomofobia) risultano essere parziali e senza senso, in quanto per combattere il bullismo è opportuno insegnare e pretendere il rispetto dell’altro indipendentemente dal suo comportamento sessuale. Questo tentativo di isolare le discriminazioni omosessuali da altri tipi di intolleranze è sospetto, come appaiono sospetti i numerosi tentativi di inscenare finte aggressioni omofobe. Anche perché, secondo un recente studio dell’Università di Yale, le persone più discriminate sono gli obesi, che subiscono più vessazioni rispetto a quelle basate sulla razza, sull’orientamento sessuale, sull’etnia, sulle disabilità fisiche e sulla religione.

Il movimento omosessuale è particolarmente ossessionato nel voler entrare nelle scuole, come ha denunciato qualche tempo fa l’editorialista del quotidiano britannico Daily MailMelanie Phillips. L’opinionista ha polemizzato sul fatto che nelle scuole inglesi è stata introdotta una cultura “omosex” in tutte le materie del curriculum. Espliciti riferimenti all’omosessualità sono obbligatori durante le lezioni di geografia, dove gli studenti sono stimolati a considerare quali siano le motivazioni che spingono gli omosessuali a trasferirsi dalla campagna alla città o studiare particolari fenomeni sociologici, come la nascita del primo «gay neighbourhood» (sobborgo gay) del mondo. In matematica imparano a calcolare e fare statistiche sul numero di omosessuali presenti nella popolazione, e gli studenti delle scuole elementari usano personaggi omosessuali nei problemini di logica, mentre per quanto riguarda la scienza, sono studiati i fenomeni di omosessualità in natura.

Per questa sua presa di posizione, la giornalista Philips è stata esplicitamente minacciata di morte. In un secondo articolo, denunciando le molestie subite, l’editorialista ha scritto: «Se la lobby gay voleva adoperarsi per cercare di dimostrare il mio punto di vista, non poteva fare un lavoro migliore».

In questi giorni Elizabeth Truss, sottosegretario di Stato del Ministero per l’Istruzione inglese, ha avvertito che gli insegnanti delle scuole potrebbero essere puniti se scelgono di non utilizzare materiali che supportano l’omosessualità una volta che il governo britannico avrà ridefinito il matrimonio aprendolo anche alle persone dello stesso sesso.

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Bono Vox in Vaticano: ringrazia la Chiesa per l’impegno umanitario

Il cantante Bono Vox (al secolo Paul Hewson), leader degli U2, una delle rock band più importanti degli ultimi 30 anni, è tornato in Vaticano per ringraziare la Chiesa del ruolo svolto nella campagna mondiale per la riduzione del debito estero dei Paesi poveri.

Venerdì 16 novembre ha incontrato il cardinale Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e in un’intervista per Radio Vaticana ha spiegato: «La Chiesa è stata capofila di questo movimento e questo le deve essere altamente riconosciuto; è stata all’avanguardia di un movimento che è anche interreligioso e inter-disciplinare, perché si sono impegnati sacerdoti e suore, musicisti, gente dello sport, calciatori…una folta rappresentanza di categorie. La Chiesa c’era; ma credo che quello che la Chieesa debba fare adesso è comunicare i risultati ottenuti: ecco, siamo venuti per studiare insieme il modo migliore per farlo». Infatti, «secondo i dati della Banca Mondiale, ci sono altri 52 milioni di bambini che vanno a scuola e che senza questa campagna non avrebbero potuto farlo».

Ricordando il suo incontro nel 1999 con Giovanni Paolo II, Bono ha rivelato: «ancora indosso quello che Papa Giovanni Paolo II mi donò, all’epoca: un piccolo crocifisso d’argento». In quell’occasione il leader degli U2 offrì a Wojtyla i suoi occhiali da rock star e il Pontefice li indossò. «Il Papa è la più grande rock star», commentò Bono.

Il noto cantante non ha mai nascosto la sua fede cattolica, la quale traspare anche da diverse sue canzoni. Lui stesso ha affermato: «Nella musica degli U2 ci sono cattedrali e strade. Le strade conducono alle cattedrali e mentre ci cammini ti senti nervoso, come se qualcuno ti seguisse. Se ti volti non c’è nessuno. Poi finalmente entri nelle cattedrali e solo allora capisci che c’era davvero qualcuno che ti seguiva: Dio». Un interessante libro di Andrea Morandi, U2. The Name Of Love (Arcana, 2009), ha analizzato tutto il repertorio degli U2, scovando i numerosi richiami alla Bibbia, dalle semplici allusioni a vere e proprie citazioni (in questo sito un lungo elenco dei testi “biblici” degli U2).

Interessante questa riflessione conclusiva di Bono: «la risposta laica alla storia di Cristo è sempre questa: è stato un grande profeta, ovviamente un ragazzo molto interessante, ha avuto molto da dire sulla falsariga di altri grandi profeti, siano essi Elia, Muhammad, Buddha o Confucio. Ma in realtà Cristo non permette di dire questo di lui. Cristo dice: “No, non sono un insegnante, non chiamarmi maestro. Non dico che sono un profeta: Io sono il Messia. Sto dicendo: Io sono Dio incarnato”. O Cristo era quel che ha detto, il Messia, oppure era pazzo completo. Ma l’idea che l’intero corso della civiltà per oltre la metà del globo potrebbe avere il suo destino cambiato e capovolto da un pazzo, per me è inverosimile».

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«Gli stati vegetativi non sono certo binari morti»

E’ ormai appurato senz’ombra di dubbio che i pazienti in stato di minima cosicenza (MCS), oltre ad essere vigili, possiedono consapevolezza e, in alcuni casi, capacità di realizzare forme di comportamento volontario. Ancor di più nello stato definito sindrome locked-innel quale sono preservate sia la vigilanza che la consapevolezza. Nello Stato vegetativo, invece, è preservata soltanto la vigilanza mentre la consapevolezza sembra essere assente.

Tuttavia dal Canada, in particolare dal Brain and Mind Institute dell’University of Western Ontario,  è arrivata la segnalazione di un paziente in stato vegetativo da dodici anni, Scott Rutley, e che è stato in grado di rispondere a domande specifiche sul suo stato di salute, spiegando di nono provare alcun dolore. «E’ la prima volta che un paziente incapace di parlare e gravemente cerebroleso è stato in grado di dare risposte clinicamente rilevanti ai sanitari», hanno detto i medici, i quali sono riusciti a comunicare con l’uomo grazie ad una particolare tecnica di “lettura” della mente di persone in stato vegetativo.

Il prof. Giovan Battista Guizzetti, esperto di stati neurovegetativi presso il Centro don Orione di Bergamo, dopo aver spiegato dettagliatamente tale tecnica di “lettura”, ha informato che «già nel 2007 si era ottenuto un risultato analogo», sempre grazie agli studi del neuroscienziato Adrian Owen, lo stesso che ha guidato il team sul paziente canadese.

Il neurologo italiano ha poi proseguito: «gli esami hanno dimostrato che la corteccia cerebrale dei soggetti in stato vegetativo non è affatto morta, dando risposte specifiche a stimoli esterni che eroghiamo». Ma purtroppo «a parte degli esempi di eccellenza, penso alla Casa dei risvegli di Bologna dove ci sono professionisti bravissimi che fanno un lavoro straordinario, la comunità scientifica in generale se ne frega totalmente del problema. Ci sono persone in stato vegetativo che hanno bisogno di cure particolarissime, a volte si devono aspettare anni per permettere che si possano fare queste cure. La medicina oggi in Italia di queste persone non ne vuole sapere».

E concludendo: «cominciamo a vedere recuperi a distanza di dieci anni: da noi una persona ha parlato dopo 12 anni quindi non è un binario morto. Con gli anni qualcosa si ottiene quasi sempre. Si tratta di recuperi piccolissimi ma significativi. Ecco perché non bisogna mai sospendere la cura».

In quest’altra intervista, davvero molto interessante, si è occupato del problema etico dell’eutanasia e del suicidio assistito, affermando: «penso che sia in atto una campagna mediatica che fa apparire le problematiche sollevate, quelle dell’eutanasia e delle direttive anticipate, come una urgenza che nasce dall’opinione pubblica.  Io  sono assolutamente certo che è vero il contrario: una ristretta elite di intellettuali ha deciso di ingaggiare questa battaglia  e per sostenerla la fanno apparire una sorta di richiesta popolare». Questi movimenti di pressione hanno l’interesse che «si affermi definitivamente  una cultura che fa dell’utilitarismo e dell’individualismo i suoi fondamenti».

E invece, «il timore vero della gente, e guardi che io ne incontro molte di persone durante la mia giornata, è quello di vivere l’abbandono terapeutico, di essere lasciati soli con un dolore non controllato, di non trovare più chi accolga la loro domanda di cura perché ormai si trovino al di là di quanto i protocolli prescrivono.  Non sto dicendo che non esista il problema, ma non dobbiamo cadere nella trappola tesa da alcuni ‘opinion leader’ e da alcuni circoli culturali che lo vogliono trasformare in una vera e propria emergenza nazionale».

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Il filosofo Scruton: «senza cristianesimo l’Europa non esiste»

Roger Scruton è tra i più brillanti filosofi inglesi in attività, conservatore e di fede anglicana. Numerosissimi e interessanti i suoi volumi, alcuni tradotti anche in italiano.

Il suo ultimo libro si intitola Our Church (Atlantic Books), ed è una personale rivisitazione del cristianesimo e in particolare dell’anglicanesimo, oggi fortemente in crisi a causa del suo scontro con la modernità. La sua definizione di Chiesa anglicana, emersa in un’intervista per Avvenire, è «un compromesso storico, un tentativo di conciliare una visione essenzialmente cattolica del cristianesimo, fondata sull’Eucaristia, con l’obbedienza al potere temporale». Aggiungendo che «una tale Chiesa è inevitabilmente vulnerabile alla secolarizzazione del potere temporale e all’affermarsi di una visione dell’ordine politico di tipo liberal-socialista. È anche vulnerabile per il declino della sovranità nazionale e la posizione incerta della monarchia in un’età egualitaria come la attuale».

L’intervista a Scruton è piena di spunti davvero interessanti. Ad esempio, parlando dei motivi della crisi dell’anglicanesimo, il prestigioso filosofo ha spiegato: «il problema è che, in parte anche per l’influenza americana, le questioni della sessualità e del genere sono arrivate a dominare la vita politica dei Paesi anglosassoni. I cristiani sono costretti a ritirarsi ed è pericoloso cercare di far sentire la propria voce in ogni ambito in cui gay o femministe rivendichino dei diritti. L’osservazione antropologica elementare, ossia che le religioni sono connesse a riti di passaggio e perciò hanno la sessualità tra i propri principali interessi, non cambia il fatto che sono le autorità secolari più di quelle religiose che cercano di definire ciò che dobbiamo credere riguardo a questi temi».

Parlando della società europea, il celebre filosofo ha commentato: «Penso che tutte le Chiese europee debbano trasmettere il messaggio che, senza di loro, l’Europa non esiste. Le nostre società sono creazioni cristiane, che dipendono su ogni singolo punto da una rivelazione che è stata mediata dalle Chiese e che ha assunto una dimensione sacramentale. Negare questo vuol dire eliminare ogni barriera rispetto a quell’entropia globale che minaccia anche l’Europa. Affermarlo, vuol dire iniziare a riscoprire le cose per cui dobbiamo lottare e che dobbiamo difendere dalla corruzione».

Quest’ultima questione, solitamente riassunta nella definizione “radici cristiane d’Europa”, è un’evidenza storica non soltanto per i cristiani, ma anche per numerosi non credenti come il filosofo e docente universitario francese André Comte-Sponville, autodefinitosi “materialista, razionalista e umanista”, il quale in un recente articolo ha affermato: «L’origine cristiana dell’Europa è una evidenza storica. Se l’Europa ignora le sue radici cristiane cesserà di essere una civiltà e di essere solo un mercato».

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L’ex blogger atea Leah Libresco ha ricevuto il battesimo cattolico

E’ giusto seguire le belle notizie fino in fondo: la popolare blogger americana, Leah Libresco, ha ricevuto il battesimo domenica 18 novembre, entrando così ufficialmente nella Chiesa cattolica.

Filosofa laureata a Yale e collaboratrice dell’Huffington Post, la sua storia ha scosso la blogsfera quest’estate, in quanto fino a poche settimane prima la Libresco era una militante atea, star del “Patheos Atheist Portal” e proprio da questo blog ha annunciato la sua conversione e quindi il suo trasferimento su Patheos Catholic channel”. 

Ciò che l’ha portata alla conversione è stata l’evidenza che «non potevo più nascondere che il cristianesimo dimostrasse meglio di ogni altra filosofia quello che riconoscevo già come vero: una morale dentro di me che però il mio ateismo non riusciva a spiegare». Ha capito che il cattolicesimo era la «religione che sembrava essere più promettente per raggiungere quella Verità vivente».

Domenica 18/11, sul suo account Twitter ha postato questo messaggio («e il mio lungo viaggio è cominciato…accolta nella Chiesa cattolica oggi. Alleluia!»):

 

Benarrivata a casa, cara Leah!

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Le Femen si spogliano (e aggrediscono i cristiani) per denaro

Domenica 18 novembre a Parigi c’è stata grande manifestazione contro il matrimonio e l’adozione gay, promessi dal presidente Hollande in campagna elettorale.

Come sappiamo, tutti sono autorizzati a manifestare le loro opinioni tranne i cattolici e i critici della lobby LGBT. Infatti le attiviste ucraine di Femen hanno aggredito la manifestazione autorizzata del gruppo cattolico “Civitas”, presentandosi mezze nude, con un velo da suora in testa, bestemmiando, urlando “in gay we trust” e insultando i manifestanti hanno aperto alcuni estintori sulle persone. Alcuni manifestanti a quel punto hanno reagito arrabbiati, allontanando in malo modo le fanatiche (ma dei quattro arrestati nessuno aveva a che fare con l’associazione cattolica, la quale ha annunciato che denuncerà le femministe per l’aggressione subita).

Queste militanti sono le stesse che pochi mesi fa hanno segato e abbattuto una croce cristiana nel centro di Kiev dedicata alle vittime dello stalinismo, per solidarietà alle amiche Pussy Riot, le femministe russe che hanno fatto irruzione nella Cattedrale ortodossa di Mosca definendo il patriarca una “prostituta” (e che recentemente hanno avanzato delle poco credibili scuse, definendosi cristiane e credenti nella preghiera). Insomma, la lobby LGBT non poteva scegliersi delle paladine migliori.

La cosa interessante è che una giornalista televisiva ucraina è riuscita ad infiltrarsi nel movimento delle Femen scoprendo cose davvero molto appetitose: per diventare un’attivista delle Femen è sufficiente fotografarsi in topless sul telefono di una delle partecipanti. Tutte le azioni di protesta vengono generosamente pagate. Ad esempio, la giornalista ha partecipato all’azione antislamica del gruppo a Parigi e ogni partecipante all’azione veniva pagata 1.000 euro al giorno, comprensive di albergo, cibo, taxi e biglietti. In ogni caso, ogni dipendente dell’ufficio del centro di Kiev delle Femen viene pagata circa 2.500 dollari al mese mentre ciascuna delle altre attiviste riceve almeno 1.000 dollari al mese.

Ecco dunque che si scopre come le rampanti femministe non agiscono certo mosse da ideali o preoccupazioni dei diritti altrui, secondo alcuni si tratta probabilmente di semplici squillo abituate ad usare pubblicamente le proprie nudità e in cerca di facile denaro. Non interessa molto questo però, la vera domanda è: da chi vengono pagate?

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Al programma “La Zanzara”: «ricoverate Odifreddi, dice assurdità»

Misera figura per il noto matematico incontinente, Piergiorgio Odifreddi, ospite al (pessimo) programma radiofonico La Zanzara, in onda su Radio24. L’occasione dell’intervista è stato l’ormai famoso articolo di Odifreddi contro Israele, in cui ha paragonato il governo Netanyahu a quello nazista, anzi, secondo il pensionato torinese sarebbe «dieci volte peggio dei nazisti».

Se qualcuno lo ha timidamente difeso sostenendo che stava semplicemente provocando, è stato smentito dallo stesso ex matematico, in quanto durante l’intervista su La Zanzara ha ribadito e confermato l’incredibile paragone, prendendosi le ironie di Giuseppe Cruciani e David Parenzo.  «Non ci sono ambulanze per Odifreddi?», si sono domandati allibiti i due conduttori di fronte all’equiparazione di Israele al governo nazista. Un ragionamento assurdo, smontato ottimamente e facilmente su Il Sole 24 ore.

Su Ilsussidiario.net si è fatto invece notare che Repubblica ha accettato e accolto tutti i post di Odifreddi contro la Chiesa e i cattolici, ma non ha voluto pubblicare quello contro Israele. Ricordiamo che De Benedetti ha origini ebraiche. Su Europa, infine, si è fatto notare come Il Fatto Quotidiano stia sfruttando il caso per affermarsi come «leadership del “partito dei giudici”».

Tornando a Odifreddi, la sua odifreddura più divertente è stata comunque la sparata del complotto giudaico-israeliano contro di lui. Il noto anticlericale ha infatti sostenuto che «qualcuno gli avrebbe detto» che la comunità ebraica ha fatto pressioni per censurare il suo articolo.

Alla fine dell’intervento Odifreddi ha sostenuto di aver preso posizione in favore di Nichi Vendola per le primarie del centrosinistra: ebbene, il leader di SEL ha perso con un misero 15%.

 

Qui sotto l’intervento di Odifreddi a La Zanzara

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