Ipotesi su come fermare il femminicidio…

Femminicidio 
 
di Francesco Agnoli*
*da Il Foglio 28/02/13
 
 

Si fa un certo parlare, da un po’ di tempo, di “femminicidio”. Cioè di un numero crescente di donne vittime di omicidi passionali, di raptus, di gelosie, di colpi di testa in seguito a una relazione difficile, a un amore fugace, a un matrimonio che si rompe…

Amore libero, sesso libero, divorzio facile ecc. avrebbero dovuto liberare l’umanità da tutto questo. Accantonato il vecchio concetto di peccato, di concupiscenza, e di temperanza, e tutto il patrimonio rétro del cristianesimo, avremmo dovuto vivere in un mondo sessualmente soddisfatto e felice. Fatto di uomini e donne emancipati, leggeri, che stanno insieme e che si separano, che hanno relazioni carnali e che le archiviano, senza contraccolpi, senza rimorsi, senza problemi. Non è andata così. E allora giù di appelli e di manifestazioni. Ah, se veramente il mondo si cambiasse così, con due star della tv, un manifesto sui giornali, e un po’ di retorica… La natura umana, ahimè, è leggermente più complicata. Ho provato allora a immaginare la ricetta più moderna, contro questo terribile fenomeno. Ho pensato che si potrebbe risolvere il problema, legalizzandolo. E’ una soluzione, dicono, che avrebbe funzionato per l’aborto e che potrebbe funzionare per la droga. Perché non, allora, per i femminicidi?

Oppure si potrebbe provare una soluzione di stampo femminista radicale: che le donne non abbiano più a che fare con quei porci violenti degli uomini. Segregazione dei sessi. Solo “matrimoni” tra maschi e “matrimoni” tra donne. Insieme al divorzio sempre più veloce, e al matrimonio dei preti, sono ormai il futuro. Uomini con uomini, così se ci scappa il morto, non si possono fare recriminazioni di genere. L’unico contatto con le donne sia rigidamente controllato: apposite agenzie, già esistenti, si occuperanno di affittare gli uteri agli “sposi” uomini e di consegnare alle gestanti, brevi manu, l’embrione congelato, così da impedire promiscuità di sorta. Le donne, invece, con donne, e per procreare, siringoni di sperma, quelli che negli avanzatissimi paesi del nord Europa che fu protestante, si vendono via Internet.

Oppure si potrebbe introdurre nelle scuole un altro po’ di educazione sessuale, non più a dodici anni, ma a partire dagli otto (accade già): sesso, sesso come tecnica, fin da piccoli, così ci si abitua, e se da grandi le cose vanno male, niente drammi. La tecnica aiuterà a superare… Del resto “rispettare una donna è… usare il preservativo”. Oppure si potrebbe aumentare un po’ la dose media di pornografia giornaliera: anche qui, carne, carne, carne, vista in modo asettico, come dal macellaio (una coscia di vitello qua, un petto di pollo là). Chissà che non serva a rendere noi uomini meno possessivi, meno gelosi, più elastici.

Sarà perché molto moderno non sono, però mi sembra che quella sopra indicata non sia la strada più efficace. Forse è ancora meglio ricorrere alla ricetta di un tempo, quella che mette in gioco l’uomo, ogni singolo uomo, la sua responsabilità, senza cancellare mai del tutto i rischi insiti nella nostra natura decaduta. La ricetta è quella evangelica: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. Non è facile essere puri di cuore. La purezza, insegna la chiesa da secoli, è un habitus dell’animo, che si conquista con il sacrificio (per esempio della quaresima), dicendo no, tante volte, alla concupiscenza; rifiutandosi persino di desiderare una donna altrui, nel proprio cuore; opponendosi alla tentazione di ridurre una persona al suo corpo, alla sua carnalità; controllando e domando la voce spesso impersonale e potentemente distruttiva dell’istinto.

La carne, per il cristianesimo, è “il cardine della salvezza”, ma solo se non ne veniamo fagocitati; se non diveniamo schiavi dei suoi capricci, dei suoi voleri mutevoli, delle sue pulsioni bestiali. Oggi, mi confida fra Renzo Gobbi, iniziatore con alcuni amici religiosi, dell’associazione “Cuori puri”, «il materialismo fa relativizzare l’amore riducendolo a passione: ma così la famiglia, e l’individuo, si distruggono, perché la passione passa dopo tre minuti di rapporto, dopo un litigio…». La passione, se è da sola, si consuma e ci consuma. Si impadronisce di noi, e poi ci butta via, come stracci. «San Francesco – continua Gobbi – dice che le virtù sono tutte sorelle: la purezza è sincerità, perché riserva all’atto il suo significato vitale; è ricchezza, perché riconosce la preziosità dell’altro; è libertà perché non fa ‘dipendere’ dall’altro; è gioia perché permane e non passa come la passione; è prova di un amore che non ha bisogno di prove…».

I cuori puri non solo vedranno Dio, nella vita beata futura, ma già lo intravedono, qui: perché il loro sguardo è liberato, profondo, capace di dare alle creature il loro posto, alle esigenze dell’animo e a quelle del corpo, la loro giusta posizione. Allora la creazione, l’amore, il rapporto anche carnale, tutto, viene visto così come Dio lo ha voluto, come lo ha progettato. Dove ci sono cuori puri non c’è rapporto fondato sulla menzogna, né sul piacere egoistico, né sulla lussuria, che sono le fonti dell’odio e della violenza omicida.

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Il Conclave porta soldi alla città di Roma

Piazza San Pietro 2Quanto fa economicamente risparmiare allo stato italiano la presenza della Chiesa cattolica? Circa 11 miliardi di euro all’anno secondo una recente indagine di Giuseppe Rusconi, pubblicata nel suo recente libro “L’impegno – Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno“.

Ma dalle voci sono esclusi tutti gli avvenimenti cattolici che annualmente caratterizzano l’intero corso dell’anno. Una di queste è certamente l’imminente Conclave e elezione del nuovo Pontefice, appuntamento fondamentale per il miliardo di cattolici e per tutti gli uomini di buona volontà.

L’evento è attesissimo anche dalle casse del Comune di Roma. Il sito “Lastminute.com” ha rivelato ad esempio che nelle ultime settimane c’e’ stato un notevole aumento delle prenotazioni per gli hotel e i voli su Roma, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, soprattutto da parte di tedeschi, francesi e italiani. In particolare, le cifre sono straordinarie per quanto riguarda le prenotazioni alberghiere con l’80% di crescita nelle prenotazioni da parte dei tedeschi che accorreranno per salutare il “loro” Papa; e si registra anche un aumento del 36% da parte dei francesi; che non è altrettanto facilmente spiegabile. Ma crescono del 10% le prenotazioni di turisti e pellegrini italiani che, in molti casi, opteranno per un viaggio in giornata.

«E’ davvero interessante notare come il pubblico sia attratto e voglia presenziare ad avvenimenti storici», ha dichiarato Francesca Benati, amministratore delegato di Lastminute.com per l’Italia e la Spagna, «dopo l’annuncio delle dimissioni del Papa, nell’arco di una settimana sono aumentate in modo significativo le prenotazioni su Roma da parte di tanti cittadini europei. Si tratta di un avvenimento unico ed è naturale che la gente voglia essere presente per potersi sentire parte della storia».

Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma, ha a sua volta spiegato: «Registriamo già molte richieste di informazioni da parte di persone che chiedono prezzi e disponibilità, mediamente avremo subito un primo incremento di turisti del 10%. Certo, la rinuncia di Benedetto XVI arriva in un momento poco florido in tutta Europa, dal punto di vista economico, ma questo può costituire ancora di più un ‘collante’ per i fedeli e per la Chiesa. Poi arriveranno molti giornalisti, media da tutto il mondo, e anch’essi soggiorneranno nelle strutture alberghiere». Il flusso di turisti proseguirà anche nei mesi successivi alla nomina del nuovo pontefice, «e dipenderà anche dalla nazionalità del nuovo Papa: avvenne già così per le elezioni di Wojtyla e Ratzinger».

Anche il quotidiano Repubblica conferma: Le dimissioni del Papa? Una “mano santa” per il turismo romano. Al di là del dispiacere per la sofferta scelta di Benedetto XVI, negli hotel, nei b&b e nelle case vacanza gestite dai religiosi, il telefono trilla in continuazione.

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A.R. Wallace e l’evoluzione guidata dall’Intelligenza

A.R. WallaceIn pochi sanno che Alfred Russel Wallace ha scoperto in modo indipendente da Charles Darwin la selezione naturale. Ma perché il suo nome è sempre stato in secondo piano e sopratutto sconosciuto nella divulgazione popolare e storica dell’evoluzione biologica?

Probabilmente ha inciso il fatto che i più energici divulgatori del darwinismo sono stati da sempre ateologi e scientisti, convinti che Darwin avrebbe messo una pietra definitiva sopra alla fede religiosa negando la presenza di un Creatore. Eppure sappiamo che Darwin stesso non arrivò mai a negare Dio (divenne agnostico in seguito alla morte della figlia), e i primi darwinisti furono noti teisti e cristiani come Asa Gray, Lyell, Herschel, Henslow, Mivart, De Filippi, Chambers, Rosa, De Nouy, Sinnott, Marcozzi…ed inoltre lo stesso Wallace, come abbiamo detto co-scopritore della selezione naturale.

E’ un piacere sapere che anche il suo ruolo sta lentamente venendo sempre più riconosciuto. Fu lui il primo a scrivere un articolo sulla teoria. George Beccaloni, curatore della mostra al Natural History Museum ha spiegato: «Wallace era quello che aveva la carta pronta per la pubblicazione, e se l’avesse inviata direttamente ad una rivista per farla pubblicata, la selezione naturale sarebbe stata la scoperta di Wallace». Lo studioso ha invece scelto di inviare il suo lavoro a Darwin, inconsapevole che anch’egli stava lavorando in modo parallelo sulla stessa intuizione. Seguirono operazioni poco oneste nei confronti di Wallace da parte del noto naturalista e di due suoi amici scienziati, Sir Charles Lyell e il dottor Joseph Hooker, tanto che il dott. Beccaloni ha parlato di azioni «moralmente piuttosto riprovevoli».

La storia lo ha messo da parte in ogni caso, e siamo d’accordo con il fisico Gerald L. Schroeder quando proprio a UCCR ha detto che sarebbe giusto celebrare anche un Wallace Day, magari ricordando che non volle mai concedersi al riduzionismo e allo scientismo, e sostenne sempre la superiorità dello spirito sulla materia. Credeva in un Dio trascendente e nel finalismo della natura e diceva: «Un esame onesto e inflessibile delle forze della natura ci dice che ad un certo periodo della storia della terra ci fu un atto di creazione, un dono alla terra di qualcosa che prima non aveva posseduto, e da quel dono, il dono della vita, è giunta la popolazione infinita e meravigliosa delle forme viventi. Poi, come sapete, io ritengo che vi fu un successivo atto di creazione, un dono per l’uomo, quando uscì dalla sua ascendenza scimmiesca , uno spirito o un’anima. Niente nell’evoluzione può spiegare l’anima dell’uomo. La differenza tra l’uomo e gli altri animali è incolmabile e dimostra che l’uomo possiede una facoltà inesistente in altre creature. Poi ci sono la musica e la facoltà artistica. Ma l’anima è stata una creazione a parte».

E ancora: «come uomo che studia ciò che lo circonda per vedere dove si trova, la conclusione raggiunta è questa: in tutto il mondo, non qui e là, ma ovunque, e nelle operazioni molto più piccole della natura in cui l’osservazione umana è penetrata, c’è uno scopo e un orientamento continuo e di controllo […]. Potrebbe non essere possibile per noi dire come questa guida viene esercitata, ed esattamente con quali poteri, ma per coloro che hanno occhi per vedere e la mente abituata a riflettere,  c’è una direzione intelligente e consapevole, in una parola, vi è una Mente».

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L’inconsistenza scientifica della teoria del gender

GenderL’ideologia del gender è una delle più grandi truffe che sono mai state architettate a danni dell’umanità. Cosa recita in sostanza tale tesi, inventata negli anni ’90? Non si è uomini e donne perché nati con certe identità fisiche, ma lo si è solo se ci si riconosce come tali.

Quindi il sesso (sex) costituirebbe un corredo genetico, biologico e anatomico, mentre il genere (gender), rappresenta una costruzione culturale, che può essere anche contrario al sesso: se voglio sentirmi donna sarò donna e il giorno dopo posso sentirmi uomo, e allora sarò uomo. Oppure se mi gira posso essere gay, lesbo, trans, bisex e via con una scelta di ben altri 17 generi, secondo la “Australian human rights commission”.

E’ ovvio che tale sciocchezza sia una scheggia impazzita della rivoluzione sessantottina, fa parte anch’essa della ribellione  all’autorità, cioè verso tutto quello che ci definisce e che però non è in nostro possesso, come appunto la nostra natura umana. Così è nata questa favola per illudersi di decidere noi chi siamo veramente, eliminando qualsiasi antecedente. La tesi del gender ha anche una chiara origine ateista in quanto è ribellione anche contro Dio, non a caso recentemente Benedetto XVI ha detto in proposito: «La Chiesa ribadisce il suo grande sì alla dignità e bellezza del matrimonio come espressione di fedele e feconda alleanza tra uomo e donna, e il no a filosofie come quella del gender si motiva per il fatto che la reciprocità tra maschile e femminile è espressione della bellezza della natura voluta dal Creatore».

I Paesi nordici, protestantizzati e dunque secolarizzati, sono all’avanguardia su queste utopie, tanto che uomini e donne si comportano fin da piccoli in maniera completamente uguale, annullando ogni differenza. A Stoccolma, ad esempio, nell’asilo Egalia gli alunni non sono più bambini e bambine, ma “friends” e vengono tutti chiamati con il pronome neutro “hen”. Tutti i giochi e le favole sono obbligatoriamente neutri per indurre artificialmente l’indistinzione, la totale parità e la lotta alla discriminazione. Molti genitori non rivelano il sesso biologico ai propri figli, e nemmeno ai parenti stretti, per lasciare ad essi la scelta.

Marzio Barbagli, prestigioso sociologo italiano autore de “La sessualità degli italiani” (Il Mulino) ha tuttavia spiegato che la negazione delle differenze sessuali «porta più danni che vantaggi». Ha approfondito la psicologa Simona Argentieri: «Nascono dalla presunzione di avere un’idea precisa del processo di sviluppo maschile e femminile, e di correggerlo prevaricando». Diversi studi, inoltre, hanno messo in luce il Norwegian gender paradox, il paradosso norvegese del gender. Si tratta di una segregazione verticale tra uomini e donne nei settori di lavoro, che dimostra come le donne continuino a scegliere professioni tradizionalmente viste come “femminili” e gli uomini quelle tradizionalmente “maschili”. Questo fenomeno è stato oggetto di ricerca da parte di Catherine Seierstad, della Queen Mary University of London. La studiosa ha cercato di capire come mai, nonostante tutti gli sforzi normativi per la parità di genere, i comportamenti dei due sessi non rispecchino l’uguaglianza tanto ricercata.

Anche il sociologo norvegese, Harald Eia, ha cercato di approfondire la questione attraverso un documentario in sette puntate mandato in onda nel 2010. Eia si è rivolto americani e inglesi, da Cambridge alla California State University, passando per UCLA, e ha incontrato diversi docenti di psicologia (R. Lippa, A. Campbell), medicina (S. Baron-Cohen) e sociologia, i quali hanno spiegato che le donne e gli uomini sono, alla fine, ben diversi tra di loro e che questo fatto viene rispecchiato dai loro comportamenti. Eia ha dunque portato tali testimonianze davanti ai responsabili del Nordic Gender Institute, e il documentario si è chiuso con i loro imbarazzi e l’incapacità di fornire spiegazioni scientifiche per la loro linea di pensiero. Uno degli effetti immediati del documentario è stata la decisione, da parte del consiglio dei ministri dei paesi nordici (Nordic Council of Ministers) di tagliare i fondi al Nordic Gender Institute, provocandone la chiusura.

David Geary, psicologa dell’età evolutiva presso l’Università del Missouri, ha spiegato che anche tra i nostri parenti stretti, come il cercopiteco,i ricercatori hanno scoperto che le femmine giocano con le bambole molto di più dei loro fratelli, che preferiscono invece palle e macchinine. Sembra improbabile tuttavia, ha spiegato, che le scimmie siano state indottrinate dagli stereotipi della società, come invece sostengono per gli uomini i teorici del gender. Doreen Kimura, psicobiologo della Simon Fraser University, ha invece mostrato che le differenze sono presenti fin nel cervello, e i risultati hanno messo fortemente in dubbio la visione che il genere sia plasmato dalla società. Anche Christina Hoff Sommers, studiosa dell’American Enterprise Institute, ha parlato in modo molto negativo di questo “indottrinamento”.

Infine, il filosofo Vittorio Possenti, docente presso l’Università Cà Foscari di Venezia -anche riferendosi al mancato riconoscimento giuridico di coppie omosessuali- ha spiegato che: «Discriminare non è sempre qualcosa di cattivo, poiché è semplice atto di giustizia trattare in modo diverso cose diverse. Riconoscere le differenze non significa discriminare, mentre ricorrere ai criteri di eguaglianza e non­discriminazione in maniera assoluta può giustificare qualsiasi esito, come quelli di cancellare le diversità di genere o di inventare “nuovi diritti” quali il diritto al figlio, o a disconoscerlo dopo averlo voluto con la fecondazione in vitro (parto anonimo). Definire discriminazione una qualsiasi differenza è dunque un falso egualitarismo in cui non esistono più volti, ma tutto è indistinto, amorfo, intercambiabile e funzionale. Cancellare le differenze reali non è inclusione ma confusione».

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Rivoluzione e illuminismo: genitori di tutte le ideologie moderne

Rivoluzione FranceseIl presidente Giorgio Napolitano, in un recente intervento sull’Osservatore Romano ha affermato che «è stato impossibile -se non per piccole cerchie di nostalgici sul piano teoretico e di accaniti estremisti sul piano politico- sfuggire alla certificazione storica del fallimento dei sistemi economici e sociali d’impronta comunista».

Finalmente una chiara dichiarazione autorevole. Ma non è una posizione scontata: tutti sono pronti a condannare il fascismo ma esistono ancora molti che faticano a prendere le distanze dal comunismo, e altri che invece proseguono a sostenerlo. Marco Rizzo, leader dei Comunisti italiani (Sinistra Popolare) ha ad esempio recentemente espresso dolore e condoglianze per la morte di uno dei peggiori dittatori della storia del ‘900, Kim Jong-il della Corea del Nord.

Giovanni Fighera, docente nei licei classico e scientifico e ricercatore di Filologia moderna presso l’Università degli Studi di Milano (e autore di questo blog) ha dato un’ottima definizione di “ideologia”: «Il termine indica un pensiero o un sistema di pensiero pregiudiziale, senza un fondamento di verifica nella realtà. Quindi, lo sguardo ideologico è quella modalità di trattare il reale non partendo dall’osservazione e dal desiderio di conoscenza dello stesso, bensì dall’idea preconcetta che si possa già avere». Tutto il contrario del cristianesimo, che non nasce all’interno dell’uomo, non nasce da un’idea ma -come ha spiegato Benedetto XVI- «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva».

Nel suo interessante articolo su La Nuova Bussola Quotidiana ha correttamente spiegato che la madre di tutte le ideologie contemporanee e quelle XX secolo è la Rivoluzione francese, perché, citando Giacomo Leopardi, «lo scopo non solo dei fanatici, ma dei sommi francesi o precursori, o attori, o […] complici della rivoluzione era esattamente di fare un popolo esattamente filosofo e ragionevole […] l’uso intiero, esatto e universale della ragione e della filosofia, dovesse essere il fondamento e la cagione e la fonte della vita e della forza e della felicità di un popolo». Come conseguenza di questo, spiega Fighera, ci furono centinaia di migliaia di morti, una violenza inaudita nei confronti della tradizione cattolica francese, l’eliminazione della libertà di culto e di pensiero. Pensiamo alla ghigliottina di Danton, alla Legge dei sospetti e agli Anni del Terrore, altro che “liberté, égalité, fraternité“!!

E la Rivoluzione francese è figlia dell’Illuminismo, dove «dimenticandosi dell’abisso di male cui può pervenire l’uomo, l’Illuminismo francese propone una visione positiva della storia e del mondo, scordandosi, però, della persona. La positività riguarda la società nel suo progresso, non il singolo. Tutta la vita del singolo deve impegnarsi nella realizzazione di questo ipotetico futuro, che non risponde alle domande di felicità del cuore del singolo». Dall’Illuminismo al positivismo e con la «consolidata fiducia nella scienza e nel progresso, si rafforza nella convinzione che l’uomo possa finalmente realizzare un mondo perfetto senza Dio, confidando nelle “scienze positive” o nelle nuove dottrine politiche».

I totalitarismi del ‘900 furono impostati sull’ateismo e/o sul positivismo scientista (nazismo ed eugenetica, ateismo scientifico obbligatorio nelle università sovietiche ecc.) ma sono arrivate a mostrare «l’inanità dello sforzo umano di poter costruire un mondo migliore senza Dio ricorrendo sempre alla violenza e alla sopraffazione».

Ancora oggi non sono tramontate le ideologie, si continua a presumere di «costruire la nuova città, di creare l’oasi, di fondare il mondo nuovo sulle ceneri del vecchio, che avrebbe palesato tutta la propria insufficienza». Relativismo, progressismo, ecologismo, libertinismo sessuale, teorie del gender…«le nuove ideologie mostrano sempre la medesima presunzione che l’uomo possa prendere il posto non più occupato da Dio e finalmente, lontano da ancestrali fantasie religiose e superstiziose, realizzare il mondo giusto, equo, fondato sul diritto e su una morale al passo con i tempi».

Ancora una volta si ripete il peccato presuntuoso di Adamo ed Eva, ancora una volta la storia è pronta a dichiarare fallita l’ennesima rincorsa all’idolo di turno.

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Le alternative alla Fivet ci sono, basta non chiudere gli occhi

Fivet La cultura cattolica non si limita a rifiutare con validi argomenti le tecniche di fecondazione artificiale, ma indica un’alternativa etica e valida proprio per aiutare le coppie sterili che scelgono di aderire alla sua posizione.

Abbiamo già parlato della Naprotecnologia (Natural Procreative Technology), poco diffusa in Italia, ovvero una cura della fertilità di tipo farmacologico e chirurgico, con un’efficacia del 50% (contro il 35% di efficacia della Fivet).

Esistono comunque altre alternative praticate da anni in Italia, come al Policlinico Gemelli di Roma, dove i ginecologi dell’Isi, il centro di ricerca sulla fertilità e infertilità sanno che «la Fivet non corregge il problema della sterilità ma lo by passa. Mentre l’opzione chirurgica permette alla donna il conseguimento della gravidanza in maniera naturale».

Si tratta di un approccio diagnostico terapeutico mini invasivo alla sterilità, dove le coppie vengono accompagnate e seguite da un’èquipe di medici, con un approccio multidisciplinare. Ginecologo, andrologo, endocrinologo, urologo, psicologo, genetista hanno infatti il compito di scovare le cause della sterilità e proporre la terapia adeguata. Solitamente la causa è l’otturazione tubarica, «succede allora», spiegano, «che di fronte ad una lastra con una sospetta occlusione, invece di indagare meglio, spesso i ginecologi preferiscono consigliare la Fivet».

«Purtroppo non esiste più la cultura della microchirurgia tubarica», commenta la ginecologa Anna Laura Astorri, e così le coppi pensando di scegliere la via più semplice si trovano a dover affrontare un percorso davvero pesante. Anche economicamente. «In Italia la chirurgia per la sterilità è totalmente a carico del sistema sanitario nazionale – spiega Riccardo Marana, direttore dell’Isi – se eseguita in ambiente pubblico. Al contrario la Fivet è eseguita nella maggior parte dei casi in centri privati, con i costi a carico dei pazienti».

Il quotidiano Avvenire ha anche intervistato una donna, Cristina, che ha scelto per il percorso chirurgico, la quale ha spiegato: «molte donne immaginano che il percorso chirurgico sia molto duro da sopportare, e invece secondo me un’inseminazione artificiale è anche peggio». L’intervento chirurgico mini-invasivo ha portato ad una degenza di un paio di giorni e la gravidanza è arrivata dopo qualche settimana. L’infertilità è curata gratuitamente.

Le alternative alla Fivet ci sono, basta solo non chiudere gli occhi.

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Il Fatto Quotidiano: i laici non frequentino le scuole cattoliche!

Fatto quotidianoContinua la furibonda campagna anticattolica degli amici de Il Fatto Quotidiano. Pochi giorni fa avevano criticato il quotidiano Repubblica per aver osato introdurre tra i suoi collaboratori due esponenti cattolici non anticlericali, ovvero l’ex portavoce di Giovanni Paolo II, Navarro Valls e il vaticanista Paolo Rodari. Il 5 marzo se la sono invece presa con il vicepremier inglese Nick Clegg, non credente dichiarato, per aver osato scegliere di mandare il figlio Antonio in una scuola pubblica cattolica, ovvero il prestigioso London Oratory nel quartiere di Fulham.

In realtà Il Fatto arriva tardi, la notizia è vecchissima, ne avevamo parlato noi già nell’ottobre 2010. L’articolo è firmato da Caterina Soffici, la giornalista che non fa acquisti se nel negozio c’è una pubblicità con una donna seminuda perché è combattiva sull’«immagine che si dà delle donne», poi però non dice nulla (anzi, magari applaude pure) quando le Femen usano le loro nudità per mandare messaggi politici e anticattolici.

La Soffici è quella che ha parlato in Italia dell’articolo del Guardian sul denaro che il Vaticano avrebbe ricevuto da Mussolini nel 1920 in cambio del suo sostegno. Lo ha presentato così: «nello stile del miglior giornalismo investigativo britannico, il Guardian di ieri ha scodellato uno scoop coi fiocchi». Peccato che il presunto scoop sia stata una gaffe colossale ai danni del quotidiano inglese, simile a quelle che beccano solitamente i giornalisti de Il Fatto, come abbiamo già mostrato. Recentemente perfino Sergio Romano ha spiegato che l’articolo del Guardian «è viziato da una svista storica, più volte ripetuta nel testo, che ha il brutto odore del più vecchio e trito anti-papismo inglese».

Tornando a Clegg e alla scuola cattolica, la Soffici afferma: «anche Nick Clegg ci è cascato […] ateo dichiarato a capo di un partito, quello liberaldemocratico, che si dichiara laico per definizione, ha iscritto il figlio maggiore Antonio al London Oratory». E poi l’accusa diretta: «L’ateo Clegg si cela dietro la fede della moglie, spagnola e cattolica. Tutto il mondo è paese». La Soffici è costretta comunque ad ammettere che le scuole «cattoliche sono sovvenzionate dallo Stato, quindi gratis e pubbliche e generalmente buone rispetto alle altre statali». Dunque, ricapitolando, laici e non credenti non devono iscrivere i figli alle scuole cattoliche, nemmeno se hanno una moglie cattolica, nemmeno se queste scuole sono le migliori dello Stato, altrimenti Il Fatto Quotidiano si arrabbia. Robe da matti!

La giornalista, nella sua reprimenda anticattolica, commette anche un errore grossolano. Ricorda infatti che al London Oratory mandò i figli anche l’ex premier Tony Blair che però «almeno era cattolico dichiarato». Non ha nemmeno azzeccato questo: Blair era in realtà anch’egli non credente, si è convertito soltanto alla fine del suo mandato da premier. La Soffici vorrebbe sottolineare le presunte “contraddizioni etiche” di Clegg, se la vogliamo mettere su questo piano la sua autocoscienza dovrebbe allora ricordarle che lei collabora contemporaneamente con Il Fatto Quotidiano, Repubblica e Il Giornale.

Il vicepremier Clegg ha comunque già risposto a questi laicisti improvvisati affermando: «ho enorme rispetto per le persone religiose. Sono sposato con una cattolica e sono impegnato a crescere i miei figli come cattolici. Tuttavia, io stesso non sono un credente attivo, ma l’ultima cosa che faccio quando si parla o si pensa alla religione è avere un approccio con un cuore chiuso o una mente chiusa». Insomma: sono ateo, mica tonto.

P.S. Mi raccomando nessuno dica alla Soffici che l’ateo Clegg ha pure fatto fare la prima Comunione al suo figlio maggiore nella chiesa cattolica vicino a casa, chissà come reagirebbe male se no…

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Il mondo senza la Chiesa? Più povero e ideologizzato

Piazza San Pietro 
 
di Ruggero Guarini*
*da Il Tempo, 02/03/13
 
 

Che cosa sarebbero Roma, l’Italia, l’Europa e il mondo senza la Chiesa? Ecco quella che è forse la più semplice e spontanea delle tante candide ma non importune domande che in questi giorni, anche nella mente di molti non credenti, possono esser sorte di fronte allo spettacolo dell’immenso, toccante interesse destato un po’ dovunque dagli effetti di quell’evento epocale che è stata la rinuncia di Papa Ratzinger al magistero petrino.

Azzardo una possibile risposta. Roma sarebbe la capitale di un piccolo Stato di serie B, lacerato e paralizzato da micidiali conflitti e contraddistinto da un’assoluta assenza di grandezza. L’Italia sarebbe un Paese privo di quasi tutte le sue bellezze, ossia di gran parte di quel patrimonio artistico, urbanistico e architettonico che la rende oggetto ancora oggi di un’ammirazione universale, facendone la meta più ambita del turismo mondiale. L’Europa sarebbe la vittima inerme di quel deprimente miraggio che negandone le radici cristiane e volendola figlia soltanto dei «lumi», ossia delle chimere della Rivoluzione francese, sogna forse di mettere la Dea Ragione al posto di Cristo, vale a dire i diritti dell’uomo al posto del Decalogo e dei Vangeli, e forse la ghigliottina al posto della Croce. Il mondo, infine, sarebbe condannato a quella deriva nichilistica che oggi viene annunciata da tutti quei terrorismi ideologici che hanno trovato finora qualche ostacolo efficace quasi soltanto nel magistero di un’unica istituzione: appunto la Chiesa di Roma.

Su questa sgomentevole deriva il caso ha fra l’altro voluto sbattercene in faccia un sintomo agghiacciante proprio mentre la Chiesa si accingeva a fronteggiare gli effetti della rinuncia del Papa. Il sintomo sono le nostre prossime leggi sulla famiglia, le cui linee sono state preannunciate la settimana scorsa da una parlamentare olandese del partito verde GroenLinks, l’ex dirigente di Greenèeac Liesbet van Tongeren, che all’agenzia francese Alp ha rilasciato, sull’argomento, un’intervista contenente queste promettentissime dichiarazioni: «Ci sono già tra i venti e i venticinquemila bambini che vivono in famiglie ‘patchwork’ (ossia composite, molteplici, spezzettate). Abbiamo bisogno di allargare il concetto di famiglia. Il legame di genitorialità non può più essere soltanto biologico. Non si può dire che un bambino può amare soltanto due genitori».

A monte di queste dichiarazioni, e di tanti altri proclami più o meno simili, lanciati da esponenti della lobby genderista, nemica irriducibile della famiglia tradizionale, ci sono naturalmente gli ormai innumerevoli casi di situazioni anòmale scaturite dalla prepotenza dell’estremismo gay e dal suo ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Stanno infatti ormai spuntando come funghi coppie formate da due donne che utilizzano donatori di seme che a volte chiedono che sia riconosciuta la loro paternità, con la conseguenza che vengono su dei bambini educati a credersi e sentirsi figli di due madri e un padre. O di situazioni come quella recentemente descritta dall’agenzia France Press, che ha raccontato la storia di una famiglia costituita da due coppie omosessuali, l’una di gay l’altra di lesbiche, conviventi nello stesso appartamento con un bambino nato da una doppia inseminazione, praticata in ognuna delle due donne col seme donato da ciascuno dei due gay. O i numerosissimi casi di disguidi genealogici causati dallo sfruttamento degli uteri in affitto, che nella sola India sta producendo la nascita di circa 25.000 bambini all’anno.

Ciò credo che basti a provare quanta ragione abbia la Chiesa tentando di opporsi all’aggressione alla famiglia sferrata con queste pratiche orrende dalla lobby gay in combutta col partito scientista e con una sinistra ammaccata da mille sconfitte: un attacco nel quale essa vede, giustamente, la piaga forse maggiore di questo Occidente che si crede «illuminato». Sui risultati che questa sua opposizione potrà produrre si può essere purtroppo pessimisti. Ma è già un segno di assoluta grandezza essere rimasta, sulla scena della terra, la sola potenza capace di percepire e di condannare la mostruosità di un fenomeno ormai incoraggiato e approvato da tutte le cerchie «politicamente corrette».

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Le Femen? Sessiste, escort e antireligiose

Femen segano un croceLe femministe ucraine Femen sono diventate universalmente note in particolare per aver recentemente segato e abbattuto una croce cristiana nel centro di Kiev dedicata alle vittime dello stalinismo, per solidarietà alle amiche Pussy Riot, le femministe russe che hanno fatto irruzione nella Cattedrale ortodossa di Mosca definendo il patriarca una “prostituta” (o un “cane” secondo altre traduzioni).

Nonostante usino il loro corpo come oggetto presentandosi in topless alle loro violente manifestazioni di intolleranza per chi non la pensa come loro, hanno trovato l’appoggio di tutte le associazioni femministe, anche italiane. Non si è ancora capito che purtroppo le Femen non fanno altro che confermare le opinioni di coloro che ritengono le donne dotate di minor intelligenza rispetto all’uomo, tanto che sono costrette ad usare le loro nudità per attirare l’attenzione pubblica.

Inoltre, la caratteristica di queste femministe è quella di essere fortemente antireligiose, in particolare anticristiane. Lo si è visto nella manifestazione di Kiev, lo si è visto recentemente a Notre Dame quando hanno manifestato gioia per l’annuncio della rinuncia la pontificato da parte di Benedetto XVI.

Una giornalista televisiva ucraina è riuscita in ogni caso ad infiltrarsi tra di loro scoprendo che  tutte le azioni di protesta delle Femen vengono generosamente pagate, con una quota di circa 1.000 euro al giorno, comprensive di albergo, cibo, taxi e biglietti.  In un’inchiesta francese, invece, si è scoperto che la portavoce francese delle Femen, Eloise Bouton è una prostituta molto rinomata negli ambienti parigini. Di giorno grida contro la donna usata come oggetto e di notte invece prostituisce il suo corpo per un migliaio di euro.

Un’altra accusa è arrivata recentemente dal Bild.de: l’organizzazione Femen compie atti razzisti e discriminatori nei confronti delle donne che vorrebbero aderire, scegliendo soltanto quelle con l’aspetto più “gradevole” e più “efficace” per sfondare lo schermo televisivo. In particolare le Femen accettano soltanto chi è giovane, magra e con capelli lunghi (le fotografie effettivamente confermano in linea generale), discriminando altre donne che chiedono di partecipare alle loro azioni femministe e lesive della dignità della donna.

Vogliamo davvero festeggiare il giorno della donna? Cominciamo smettendo di sostenere le femministe

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Compatibilità tra scienza e fede, l’ira degli atei

Scienza e religioneL’astrofisico Max Tegmark, professore associato di Fisica presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), ha recentemente parlato di un’indagine svolta sulla scienza e la religione nel popolo americano, in occasione dell’anniversario di nascita del celebre naturalista Charles Darwin.

Assieme al suo team ha scoperto che solo l’11 per cento degli americani appartiene ad una religione che rifiuta apertamente l’evoluzione o il Big Bang. È interessante notare, ha poi aggiunto in un articolo sull’Huffington Post, «che anche le organizzazioni scientifiche che rappresentano la maggioranza degli scienziati americani non credono vi sia alcun conflitto tra scienza e fede». Ad esempio, ha notato, l’American Association for the Advancement of Science afferma che scienza e religione «vivono assieme tranquillamente, anche nelle menti di molti scienziati».

Dai risultati si nota che nella popolazione americana, coloro che maggiormente non vedono alcun conflitto tra scienza e fede sono i cattolici e i non religiosamente affiliati. Chi invece rifiuta maggiormente le conclusioni scientifiche sono i protestanti, in particolare battisti e luterani.

In un secondo articolo, il prof. Tegmark è tornato sull’argomento rivelando di aspettarsi che, dopo aver pubblicato l’indagine, «la casella di posta elettronica sarebbe stata inondata di mail di odio da parte dei fondamentalisti religiosi che credono il nostro universo sia nato meno di 10.000 anni». Ha quindi proseguito: «Abbiamo infatti ricevuto risposte al vetriolo come previsto. Ma con mia grande sorpresa, la maggior parte di esse non sono venute da persone religiose, ma da atei arrabbiati.

A questi atei fondamentalisti ha voluto rispondere che: 1) aiutano soltanto il fondamentalismo religioso (o protestante); 2) dovrebbero essere più modesti rispetto ai risultati della scienza; 3) dovrebbero mettere in pratica ciò che predicano, ovvero la razionalità e la tolleranza. Consigli sprecati?

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