L’etologo De Waal: «il moderno ateismo è religione dogmatica»

Frans De WallUn nuovo ateo eretico sta scombussolando la piccola e litigiosissima congregazione di increduli militanti, si tratta del primatologo Frans De Waal, autore del recente libro “The Bonobo and The Atheist: In Search of Humanism Among the Primates” e docente presso la Emory University.

De Waal ha attaccato il violento new atheism di Richard Dawkins & Jerry Coyne, denunciandolo come religione dogmatica. D’altra parte lo stesso Coyne aveva riconosciuto che ai loro “raduni spirituali” partecipano sempre le stesse persone e per lo più si tratta di fanatici.

De Waal ha spiegato di essere cresciuto come cattolico, fede che è stata «importante durante la mia giovinezza», ma oggi non lo è più, anche a causa della forte secolarizzazione olandese. Tuttavia non intende risparmiare critiche al “deprimente” protestantesimo e al bizzarro e variopinto movimento dei “new atheist”, i cui membri sono talmente «ossessionati dalla non esistenza di Dio che vanno furiosamente sui media, indossano le loro T-shirt proclamando la loro mancanza di fede e invocando l’ateismo militante». Ma si è chiesto in modo davvero lungimirante: «che cosa ha l’ateismo da offrire perché valga la pena lottare in questo modo?».

La sua tesi è che l’ateismo militante deriva da un trauma e serve a rimpiazzare vecchi dogmi con altri nuovi, e prende come esempio David Silverman (leader dell’American Atheists), le contraddizioni di Sam Harris e la brutalità argomentativa di Christopher Hitchens, il quale -ha commentato ironicamente De Waal- è arrivato a «preferire Dick Cheney a Madre Teresa di Calcutta».

Interessante poi quando ha affrontato l’argomento sul rapporto tra scienza e la religione, afferma: «Poi c’è il mito persistente che la scienza trionfa sulla religione in ogni modo possibile, e che l’una distrae dall’altra, come in un gioco a somma zero. Questo approccio risale ai polemisti americani del diciannovesimo secolo, che notoriamente hanno dichiarato che, se credessimo ancora alla religione staremmo ancora sostenendo una terra piatta. Questa era pura propaganda, la speculazione sulla rotondità del nostro pianeta è iniziata con Aristotele e altri antichi greci, e tutti gli studiosi importanti durante il Medioevo ne erano pienamente consapevoli. Dante nella “Divina Commedia” ritrae la terra come una sfera, e il trittico di Bosch Garden mostra una terra piatta che galleggia in una sfera trasparente, circondato da un cosmo nero». Chissà se anche il ben poco scientifico Alessandro Cecchi Paone lo avrà imparato dopo questa incredibile gaffe.

L’etologo olandese ha poi continuato: «Anche quando si tratta di evoluzione c’è la tendenza a puntare la religione come un avversario solido, ignorando che mai la Chiesa cattolica ha formalmente condannato la teoria di Darwin o ha messo le sue opere all’Indice (la lista dei libri proibiti). Il Vaticano ha approvato l’evoluzione come una valida teoria, compatibile con la fede cristiana. Certo, la sua approvazione è arrivata un po ‘tardi, ma è bene rendersi conto che la resistenza all’evoluzione è quasi esclusivamente dei protestanti evangelici nel Sud degli Stati Uniti e nel Midwest».

Ha poi concluso riconoscendo con grande onestà: «I copiatori dei primi libri su cui la scienza ha fatto affidamento erano rabbini e monaci, le prime università sono nate come cattedrali e scuole monastiche. Il papato ha attivamente promosso la costituzione e la proliferazione delle università e il più antico documento negli archivi dell’Università di Oxford è un Premio del Legato Pontificio del 1214». Ha tuttavia criticato anche le personalità religiose (come Dinesh D’Souza) che usano le esperienze pre-morte (NDA) come prova scientifica della vita dopo la morte, invitando comunque ad un dialogo sereno tra atei e credenti, in cui ci si ascolti di più.

Ovviamente il reazionismo è stato immediato, brusche le risposte delle congregazioni atee fondamentaliste (anche italiane) e dei responsabili del dogm-atesimo che non ne vogliono sapere di calmarsi e dialogare con il mondo, come Anthony Clifford Grayling e Jerry Coyne. E così Frank Furedi, membro della British Humanist Association, continua ad aver ragione quando dice che «il nuovo ateismo si è trasformato non solo in una religione laica, ma in una religione secolare fortemente intollerante e dogmatica. La minaccia più potente per la realizzazione del potenziale umano proviene oggi, non dalla religione, ma dal disorientamento morale della cultura secolare occidentale».

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Se Barbapapà non legge neppure “Repubblica”

Eugenio ScalfariUn buon giornalista, prima di scrivere, dovrebbe leggere. Non tutti i giornali per carità, ma almeno il proprio sì. Cosa che un vate della carta stampata come Eugenio Scalfari stranamente sembra non fare. Non sempre e non con attenzione, quanto meno.

Non si spiegherebbe diversamente per quale ragione Barbapapà qualche giorno fa abbia scelto di descrivere Papa Francesco come un progressista matricolato, come uno per il quale «non possono esistere principi non negoziabili se non quelli dell’ amore del prossimo e della carità». Tradotto: state tranquilli, il nuovo pontefice non dirà una parola su aborto, difesa del matrimonio e tutto il resto; sarà un agnellino, parola di nonno Eugenio.

Un editoriale che ha fatto giustamente discutere – come può uno che spernacchia la Chiesa da una vita scoprirsi ammiratore e conoscitore del nuovo Papa senza cadere nel ridicolo? – e che è stato da molti criticato alla luce delle ferme prese di posizione che l’ex primate di Argentina ebbe sui temi eticamente sensibili. Ma c’è dell’altro. Infatti, anche se nessuno sembra essersene finora accorto, il primo a contraddire Scalfari è proprio il suo giornale, Repubblica, che non secoli fa bensì meno di tre anni di or sono riferì con dovizia di particolari l’attivismo dell’allora cardinal Bergoglio contro le nozze gay e a favore della famiglia fondata sul matrimonio. Messa così pare uno scherzo, ma purtroppo per Barbapapà non lo è.

Perché nell’estate del 2010 fu proprio Repubblica, tramite la penna di Omero Ciai, a parlare di «almeno cinquantamila persone convocate dall’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Bergoglio» che si diedero «appuntamento nella piazza del Congresso con lo slogan:“I bambini hanno bisogno di un babbo e di una mamma”». A commento dell’accaduto, nel pezzo in questione si precisava che «i toni con i quali la Chiesa ha affrontato la vicenda», vale a dire la possibilità di riconoscere matrimoni e adozioni gay, sono stati «piuttosto duri. Tutte le scuole cattoliche hanno incoraggiato gli studenti e i loro genitori a scendere in piazza per protestare contro il governo». Al punto che Cristina Kirchner – sempre secondo quanto riportato da Repubblica – ebbe a commentare: «Sono sorpresa e preoccupata […] sembra che siamo tornati all’epoca delle Crociate e dell’Inquisizione».

Com’è dunque possibile che il fondatore del quotidiano che l’altro ieri descriveva Bergoglio come regista di mobilitazioni di piazza contro il matrimonio gay ed espressione di una Chiesa dai toni «piuttosto duri», oggi ci venga a spiegare che Papa Francesco è un tale che non riconosce «principi non negoziabili»? Capiamo che non ne voglia sapere del Foglio, di Libero o de Il Giornale – robaccia, per il suo palato fine -, ma per quale ragione Scalfari non legge neppure il quotidiano di cui è fondatore? Si è stancato anche di Repubblica? Troppo clericale, come testata? Nella speranza che venga fatta chiarezza su questo piccolo giallo, il sospetto rimane: forse Barbapapà non legge neppure il suo giornale. Ad eccezione delle proprie lenzuolate che, conoscendo la proverbiale modestia del personaggio, lo appassioneranno dalla prima all’ultima riga.

Giuliano Guzzo

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La Chiesa stava con gli Indios in America Latina

Bartolome De Las Casas 

di Paolo Simoncelli*
*da Il Tempo, 27/03/13

 

Vaticanisti, opinionisti, aruspici intenti a dedurre dai segni materiali o dai primi gesti di papa Francesco la sua “linea” di pontificato, hanno in buona parte trascurato il portato storico della Chiesa dell’America latina, le sue radici profonde, il suo operante Dna.

Francescani e domenicani operarono subito non a fianco dei “conquistadores”, ma a fianco degli “indios” contro i “conquistadores”. Mentre le missioni francescane, stanziate nell’attuale Messico, con la cultura della povertà evangelica sviluppavano l’immagine della nuova Chiesa primitiva dove i fedeli del Nuovo Mondo potevano attendere la Parusia (il ritorno del Cristo sulla terra), i domenicani battagliavano dommaticamente in difesa dei diritti degli “indios” ridotti in schiavitù dai “conquistadores”.

Immediate le denunce di Antonio de Montesinos, Pietro de Cordoba, e dell’apostolo degli “indios”, Bartolomé de La Casas, vescovo del Chiapas (1544), che tornò dal Sud America per incontrare nel 1542, l’imperatore Carlo V e ottenerne le Leyes Novas contro ogni forma di schiavitù dei colonizzati. Dieci anni dopo Las Casa sarebbe tornato ancora per difendere a Valladolid, contro i dotti della corte imperiale, la dignità personale e i diritti fondamentali di ogni individuo indipendentemente dalla sua adesione alla fede cristiana e negando la liceità dell’uso della forza per la propagazione della fede cristiana.

I gesuiti furono autorizzati dal competente Consiglio imperiale delle Indie ad avviare la loro attività missionaria più tardi: a Lima nel 1568, a Città del Messico nel ’72…, dopo che la struttura diocesana della Chiesa d’America era stata completata. Ma la Compagnia vi sviluppò nel tempo un sistema d’organizzazione che impaurì l’ipocrita Europa illuminista che gridò alla scandalo, che fece finire nel sangue (dei poveri “indios”) la vita in comune dello “Stato del Paraguay”. A partire dal primo ‘600, nella provincia gesuita del Paraguay (molto più estesa dell’odierno Stato) erano state progressivamente organizzate “riduzioni” (raggruppamenti territoriali di popolazioni indigene presso “case” gesuite) che 150 anni dopo raccoglievano circa 100.000 indigeni ormai stanziali in un’organizzazione politico-sociale “comunista”: vita in comune, istruzione comune, produzione in comune dei beni poi ripartiti secondo i bisogni, amministrazione affidata a “corregidores” indigeni elettivi…

Un modello straordinario di vita, osteggiato dalla cultura illuminista europea, antireligiosa, antigesuitica, dedita all’astrattezza del pensiero e al disprezzo del popolo. Una cultura che (a seguito di definizioni territoriali tra Spagna e Portogallo che assegnarono il territorio paraguayano alla sovranità portoghese) portò prima alla chiusura di quel modello d’organizzazione, poi alla soppressione, nel 1773, della Compagnia di Gesù. Una vittoria completa della cultura europea illuminista, elitaria, cortigiana. Ecco, quei francescani, quei domenicani, quei gesuiti… in America latina stavano, “dall’altra parte”; non solo geograficamente. Fermi nel guardare in faccia i poteri regi, i politici di corte (vecchi e nuovi), affrontarli sul piano etico-morale e giuridico, accusarli, chiederne leggi giuste; sempre dalla parte degli “indios” (vecchi e nuovi).

Per un ulteriore approfondimento consultare questo dossier.

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Enzo Jannacci: «c’è così bisogno di una carezza del Nazareno»

Enzo JannacciIl grande Enzo Jannacci è morto nel giorno del venerdì santo, 29 marzo 2013. Aveva 77 anni.

Brillante e creativo cantautore, ha rappresentato per anni l’arte milanese e le sue canzoni hanno fatto sorridere ed entusiasmare numerose generazioni. Brani caratterizzati sempre da un ironico cinismo, le sue storie venivano ispirate dai pazienti che ha sempre continuato a ricevere esercitando anche la professione di medico.

Nel 2009 è avvenuta una svolta pubblica nella sua vita, in parallelo alla terribile vicenda dell’omicidio di Eluana Englaro (una “condanna a morte”, la definì Jannacci). Un’intervista al Corriere della Sera scosse molte coscienze, anche se non servì a cambiare le sorti della povera donna, in molti capirono comunque che ad Enzo era accaduto qualcosa, un cambiamento nella sua vita. C’è chi parlò di conversione, che poi di fatto avvenne.

Queste le parole nell’intervista: «Non staccherei mai una spina e mai sospenderei l’alimentazione a un paziente: interrompere una vita è allucinante e bestiale. Vale sempre la pena di aspettare: quando e se sarà il momento, le cellule del paziente moriranno da sole. E poi non dobbiamo dimenticarci che la medicina è una cosa meravigliosa, in grado di fare progressi straordinari e inattesi. La vita è sempre importante, non soltanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa. L’esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque». E poi la frase finale, commovente ancora oggi: «Stare dove la vita è ridotta a un filo sottile è traumatico ma può insegnare parecchie cose a un dottore. C’è anche dell’altro, però. In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l’idea di aiutare qualcuno a morire. Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza».

Poco tempo dopo, un’altra intervista, questa volta per Avvenire: «Non sono ateo, credo in Dio. Sto affrontando una costante dialettica interna attraverso la lettura della Bibbia e del Vangelo. Sto vivendo una maturazione del mio credo religioso. Vidi la carezza del Nazareno a un povero operaio stanco su un tram di Milano. E’ difficile amare il prossimo, ancor più difficile amarlo come se stessi. Ma è la via per arrivare a Dio».

Jannacci è stato accompagnato alla morte dai famigliari e, lo sappiamo da fonti riservate, da due laici dedicati per vocazione a Cristo e alla Chiesa, è morto da cristiano. Caro Enzo, ora sei tra le braccia del Padre, sei andato “a vedere l’effetto che fa”.

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Bimbo abusato da coppia gay, ignorato appositamente per anni

Andy CarrolNel settembre 2007 una notizia ha scosso il Regno Unito, anche se moltissimi quotidiani hanno cercato di nasconderla e riportarla soltanto in forma breve: una coppia omosessuale è stata lasciata libera di abusare sessualmente dei bambini a loro affidati perché gli assistenti sociali temevano di essere accusati di discriminazione e omofobia se avessero inoltrato denunce e segnalazioni.

Questo è un segnale significativo del terrore psicologo calato sulla popolazione a causa della frequente caccia alle streghe mediatica contro chiunque osi esprimersi negativamente sull’omosessualità e sulle nozze/adozioni gay.

In questi giorni è emersa una storia del tutto simile: un ragazzo abusato sessualmente dal suo papà adottivo e dal suo partner omosessuale è stato etichettato come un “bambino indisciplinato”, e imbottito di farmaci anti-psicotici, dagli assistenti sociali che hanno ignorato sistematicamente le sue lamentele per anni, lasciando il ragazzo, Andy Cannon ora 23enne, nella casa della coppia omosessuale, lodando pubblicamente, oltretutto, i due uomini come “genitori molto attenti”. Il caso, che ha avuto risvolti penali, si è finalmente concluso dopo quasi un decennio di battaglie legali, quando un tribunale ha ordinato un risarcimento di circa 30 mila euro a Cannon.

Il ragazzo ha dichiarato: «Credo che se mio padre adottivo avesse avuto una relazione eterosessuale allora le mie lamentele sarebbero state ascoltate anche prima. Sembra che gli assistenti sociali non volevano essere visti come chi vittimizza i gay. Hanno preferito guardare il “politically correct” e lasciare loro il permesso di adozione per evitare eventuali ripercussioni. Gli assistenti sociali non mi hanno creduto. Quando sono tornato a casa da scuola, dopo che avevo parlato, sono stato picchiato appena rientrato. Poi più tardi mi hanno abusato sessualmente. Non ho mai avuto incubi da bambino perché ero come spento, gli incubi li ho ora. Ho lasciato che accadesse, non potevo fare altro». Nel Regno Unito la notizia è stata ripresa dal Telegraph e dal Dailymail, in Italia soltanto da ImolaOggi e da Leggilo.net.

Di precedenti simili purtroppo ce ne sono parecchi: in questi ultimi mesi, ad esempio, si sono verificati una serie di arresti di esponenti di primo piano dei cosiddetti “diritti gay” per motivi di pedofilia e pedo pornografia. Larry Brinkin, l’icona gay di San Francisco, è stato arrestato pochi mesi fa con l’accusa di aver inoltrato per e-mail materiale con pornografia infantile, condendo il tutto con scritte razziste e a sfondo sessuale. Per motivi simili è stato arrestato nel gennaio scorso anche Nils Clausson, omosessuale di primo piano e docente universitario, uno dei principali oratori alle manifestazioni LGBT e collaboratore con le principali riviste gay. A dicembre la notizia dell’arresto di un ragazzo omosessuale in Olanda, con l’accusa di aver molestato più di 50 bambini, con cui è venuto in contatto lavorando nelle scuole e come baby sitter. Nel 2011 un bambino di 4 anni è stato brutalmente picchiato e ucciso dalla madre omosessuale per essersi rifiutato di chiamare “papà” la compagna della madre. Sempre nel 2011 un tribunale australiano ha tolto l’affido di un bimbo a due donne omosessuali dopo che hanno umiliato il figlio adottivo travestendolo da ragazza e pubblicando le sue foto su Facebook con tanto di derisione pubblica.

Gli abusi e la pedofilia sono diffusa tra gli omosessuali così come tra gli eterosessuali, ma quello che sconcerta è che molto spesso -così come è accaduto all’interno di associazioni religiose, sportive, perfino nella polizia inglese– si preferisce difendere e salvaguardare l’immagine mediatica del movimento LGBT ed evitare ripercussioni personali, evitando di denunciare casi di pedofilia commessi da esponenti gay.

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Cristo risorto: la sconfitta del Nulla e la rinascita dell’uomo

PasquaLa redazione UCCR desidera augurare a tutti i collaboratori e a tutti i lettori una buona S. Pasqua. Non vuole essere un augurio formale, ma l’invito -innanzitutto a noi stessi- a vivere l’evento della Resurrezione di Cristo come chiave di volta di tutti gli istanti della nostra vita. Il motivo lo leggiamo nella bella riflessione del teologo don Luigi Giussani che pubblichiamo qui sotto, tratta da “La famigliarità con Cristo” (San Paolo 2008). L’aggiornamento al sito web riprenderà martedì 2 aprile 2013.

 

di don Luigi Giussani

 

La Risurrezione è il culmine del mistero cristiano. La centralità della Risurrezione di Cristo è direttamente proporzionale alla nostra fuga come da un incognito, alla nostra smemoratezza di essa, alla timidezza con cui pensiamo alla parola e ne siamo come rimbalzati via.

E’ nel mistero della Risurrezione il culmine e il colmo dell’intensità della nostra autocoscienza cristiana, perciò dell’autocoscienza nuova di me stesso, del modo con cui guardo tutte le persone e tutte le cose: è nella Risurrezione la chiave di volta della novità del rapporto tra me e me stesso, tra me e gli uomini, tra me e le cose. Ma questa è la cosa da cui noi rifuggiamo di più. È come la cosa più, se volete, anche rispettosamente, lasciata da parte, rispettosamente lasciata nella sua aridità di parola intellettualmente percepita, percepita come idea, proprio perché è il culmine della sfida del Mistero alla nostra misura. «Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora vana è la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati» (1Cor 15,1-22).

Il cristianesimo è l’esaltazione della realtà concreta, l’affermazione del carnale, tanto che Romano Guardini dice che non c’è nessuna religione più materialista del cristianesimo. E’ l’affermazione delle circostanze concrete e sensibili, per cui uno non ha nostalgia di grandezza quando si vede limitato in quel che deve fare: quel che deve fare, anche se piccolo, è grande, perché dentro lì vibra la Risurrezione di Cristo. «Immersi nel grande Mistero», immersi come l’io è immerso nel «tu» pronunciato con tutto il proprio cuore, come il bambino quando guarda la madre, come il bambino sente la madre. Non mi posso concepire se non immerso nel Tuo grande Mistero. La fede in Cristo risorto è il supremo atto dell’intelligenza umana nel cogliere la realtà con lealtà e con affettività, amorosamente affermandola. Questa affermazione amorosa del reale è condizione per cui l’intelligenza dell’uomo, di fronte alla proposta di Cristo risorto, diventa fede. La proposta di Cristo risorto e il riconoscimento di fede non sono opera dell’uomo, non il prodotto di un’ipotesi di lavoro della mente, non forza dell’intelletto, bensì possibilità della nostra intelligenza, in quanto – come creatura – è una potenza d’obbedienza al Creatore: è per grazia. È per grazia che noi possiamo riconoscerlo risorto e che noi possiamo immergerci nel suo grande Mistero.

Senza la resurrezione di Cristo c’è una sola alternativa: il niente. Noi non pensiamo mai a questo. Perciò passiamo le giornate con quella viltà, con quella meschinità, con quella storditezza, con quell’istintività ottusa, con quella distrazione ripugnante in cui l’io – l’io! – si disperde. Così che, quando diciamo «io», lo diciamo per affermare un nostro pensiero, una nostra misura o un nostro istinto, una nostra voglia di avere, un nostro preteso, illusorio possesso. Al di fuori della resurrezione di Cristo, tutto è illusione. Ci è facile guardare tutto lo sterminato gregge degli uomini nella nostra società: è la grande, sterminata presenza della gente che vive nella nostra città. E noi non possiamo negare di sperimentare questa meschinità, questa grettezza, questa storditezza, questa distrazione, questo smarrirsi totale dell’io, questo ricondursi dell’io ad affermazione accanita e presuntuosa del pensiero che viene (chiamandolo “verità della mia coscienza”) o dell’istinto che pretende afferrare e possedere una cosa che lui decide essergli piacevole, soddisfacente, utile. È che tutto è illusione. Distaccatevi due metri dalla vostra casa, guardate tutta la gente come vive tante volte; normalmente viviamo così. Guardatela, uscite dalla vostra casa e state lì a guardarla, due metri fuori: ditemi se l’ambiente non è così, se l’umanità non è questa!

È per questo che la liturgia ci fa dire: «Sostieni sempre la fragilità della nostra esistenza con la tua grazia, unico fondamento della nostra speranza»: il che vuol dire che senza il Mistero di Cristo risorto, il Mistero supremo del cristiano, sarebbe vana la fede e saremmo ancora nel nostro peccato, vale a dire in una realtà che è destinata a dissolversi e a omologarsi nella cenere ultima, nel nulla – e tutto ciò che vibra nella vita e sembra eccitare i nostri nervi, i nostri desideri e i nostri pensieri sarebbe illusione-. Non c’è altra alternativa che quella tra il Cristo risorto e questa illusione della vita, «il brutto / poter che, ascoso, a comun danno impera, / e l’infinita vanità del tutto», come finisce la breve poesia A se stesso di Leopardi. Non c’è alternativa a Cristo risorto, se non questa frase di Leopardi.

Mai, come di fronte a Cristo risorto, la nostra insistenza sul chiedere, sul pregare, sul domandare (usiamo la parola che è l’essenza della preghiera: domandare), la nostra domanda deve intensificarsi. Per immergerci nel grande Mistero dobbiamo domandare: questa è la ricchezza più grande. Come l’intelligenza più grande è affermarlo, così l’affettività più ricca è domandarlo, il realismo più intenso e più drammatico è domandarlo. Del resto, l’istante prima se n’è andato, l’istante successivo ancora non esiste: la nostra libertà è nella decisione dell’istante. Se la nostra libertà è nella decisione dell’istante, che cosa possiede la nostra libertà, che cosa è capace di creare? Soltanto di svelarsi come domanda. Essa è, infatti, esigenza di pienezza e di felicità, di essere. La nostra libertà è esigenza; il cuore, se vogliamo usare il paragone biblico, è esigenza, cioè desiderio; l’istante è desiderio. Allora la verità del desiderio è solo nel diventar domanda. La libertà è il desiderio originale che diventa domanda. Nella domanda è il riconoscimento del positivo del disegno di Dio; nella domanda è il riconoscimento – imperfetto e timidamente iniziato – del Mistero che è tra noi.

Che cosa accade immergendoci nel grande Mistero di Cristo risorto? Ciò che caratterizza l’io nuovo è la verità delle cose, è la verità della realtà, è una intelligenza della realtà nella sua verità, è un amore alla realtà nella sua verità, è un immergersi nella realtà come verità, è un immergersi nella verità della realtà. Gesù quando è risorto ha fatto un’esperienza nuova della sua umanità, del suo essere davanti alla gente, dell’essere nel tempo e nello spazio, del camminare e del mangiare; è un’esperienza sottratta alla forma naturale dell’esperienza. Non era, il suo mangiare, lo stare davanti a Maria e agli Apostoli, come per noi; era stare davanti a tutto quello dentro il possesso della prospettiva ultima, dentro la verità, nella loro verità. Questo è ciò che rende vera anche la nostra esperienza di rapporto tra di noi, di rapporto con le cose, di rapporto con tutto.

Allora, già fin d’ora, se partecipiamo all’esperienza nuova che l’uomo Cristo, risorto da morte, vive sino alla fine dei secoli, noi partecipiamo inizialmente, incoativamente di questa sua signoria sul tempo e sullo spazio. Non c’è alternativa tra Cristo risorto e la decadenza totale verso il niente. Non c’è niente che possa togliere la differenza tra quella verità e la menzogna nei nostri rapporti: l’adesione a quella verità o la menzogna, nei nostri rapporti. Anche il più intimo e il più amato, fino all’ultimo ci lascerebbe con assoluto disinteresse. Mentre il rapporto più amato diventa eterno, un possesso già eterno perché in esso «traluce» qualcosa che tu riconosci. E perciò abbracci ciò che ami con quel distacco dentro che ti fa dire: «In te traluce il grande Altro, Cristo. Amo te come Cristo, amo Cristo in te, amo te in Cristo». E non esiste più l’estraneo, fosse anche il più lontano uomo che vive in Kamchatka o nell’Australia: non esiste più estraneo, e tutto appartiene a me con quel sollievo e quel riposo che mi dà la percezione del punto di fuga che è in tutto e che raccorda tutto e ogni cosa al Destino ultimo, al Mistero ultimo che si è svelato in tutta la sua potenza e misericordia e giustizia: Cristo risorto.

Ma questo è ciò per cui ci svegliamo oramai tutte le mattine: è un orizzonte e un destino, un’intensità di vibrazione, è un vivere e un possedere, perché si è posseduti. È un essere posseduti, ciò da cui parte il possedere, da cui parte la vibrazione e l’intensità, da cui parte la cattolicità, la totalità dei rapporti, con la croce dentro (possesso con un distacco dentro). Ciò da cui tutto parte è l’essere posseduti da Cristo risorto, «immersi nel grande Mistero».

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Nuovi studi: la Sindone di Torino è del I° secolo

Mistero sindoneNon poteva arrivare in un periodo dell’anno migliore la notizia di nuovi risultati sulla Sindone di Torino, ovvero il Sudario che secondo la Tradizione avvolse il corpo di Gesù Cristo dopo la crocifissione.

I nuovi esperimenti scientifici sono stati eseguiti all’Università di Padova (in collaborazione con quella di Modena e Bologna) e confermerebbero una datazione della Sindone riferibile al I° secolo dopo Cristo. I risultati stanno per essere pubblicati anche su una rivista specializzata e dunque sottoposti al giudizio di un comitato scientifico.

Si tratta in particolare di tre nuove analisi, due chimiche e una meccanica. Le prime due sono state effettuate una con sistema FT-IR, cioè con luce infrarosso e l’altra con la spettroscopia Raman. La terza è invece un’analisi meccanica multi-parametrica, basata su cinque parametri meccanici diversi riguardanti la tensione del filo. Per questa indagini delle fibre sindoniche è stata realizzata un’originale macchina per prove di trazione in grado di valutare fibre estremamente piccole sono state analizzate insieme a una ventina di campioni di tessuti di età certa dal 3000 avanti Cristo al 2000 dopo Cristo.

Le analisi hanno coinvolto diversi docenti universitari di vari atenei italiani e i risultati conclusivi indicano per le fibre della Sindone in esame le seguenti date, tutte al livello di confidenza del 95%, e tutte lontane dalla datazione medievale ottenuta nel 1988 con l’esame del Carbonio14: per l’analisi FT-IR la data è 300 a.C. ±400, per l’analisi Raman 200 a.C. ±500, per l’analisi meccanica multi-parametrica 400 d.C. ±400. Eseguendo una semplice media aritmetica delle tre date si ottiene 33 a.C. ±250 anni, con un’incertezza – osservano i ricercatori – inferiore alle singole incertezze, compatibile con la data storica della morte di Gesù Cristo attribuita dagli storici all’anno 30 dell’era moderna.

Gli esami sono stati effettuali utilizzando piccole fibre sindoniche provenienti dal materiale aspirato dalla Sindone dal micro-analista Giovanni Riggi di Numana, scomparso nel 2008, che partecipò alle ricerche del 1988 e che aveva donato questi materiali al ricercatore di Padova Giulio Fanti attraverso la Fondazione 3M. Il lavoro dell’equipe scientifica è contenuta in un libro in uscita in questi giorni, scritto proprio dal professor Fanti, docente di misure meccaniche e termiche alla Facoltà di Ingegneria dell’ateneo padovano, intitolato: «Il mistero della Sindone» (Rizzoli 2013).

Il Centro Internazionale di Sindonologia (CIS) e l’Arcivescovo di Torino hanno tuttavia pubblicato un documento con alcune riserve sul lavoro, in particolare dubitando sull’autenticità del materiale su cui si sono basati gli studi (ricordiamo che la Chiesa cattolica non si è mai espressa sulla veridicità della Sindone come sudario di Cristo). Il prof. Fanti, tuttavia, ha replicato sottolineando che nel suo libro c’è proprio un’appendice riguardante la tracciabilità dei campioni utilizzati, che provengono dal materiale prelevato con esplicita autorizzazione durante gli esami dell’ottobre 1978. In ogni caso, ha spiegato, le ricerche pubblicate potranno essere confermate da test paralleli condotti dal CIS, e lui stesso si è dichiarato disponibile a fornire il proprio know-how per tale scopo.

Proprio su questo sito web, il prof. Paolo Di Lazzaro aveva anticipato i risultati (poi pubblicati ufficialmente) realizzati al Centro ricerche ENEA di Frascati, grazie ai quali è stato mostrata l’impossibilità di replicare l’immagine sindonica con strumenti medievali e anche con la moderna tecnologia. Soltanto la radiazione ultravioletta (UV), ha spiegato Di Lazzaro, può essere oggi utilizzata per colorare un tessuto di lino in modo similsindonico. In parallelo è stata ormai generalmente rifiutata l’attendibilità della datazione al radiocarbonio eseguita nel 1988, lo ha mostrato la Società Italiana di Statistica e anche un documentario (anche qui) con materiale inedito realizzato pochi mesi fa.

Ricordiamo la programmazione televisiva per questo Venerdì santo su Rai1: alle 14.10 uno Speciale di “A sua immagine”, centrato su “L’uomo della Sindone”. Alle 20.30 andrà in onda lo Speciale Porta a Porta “Sindone, mistero svelato?”, condotto da Bruno Vespa, interamente dedicato alla possibile soluzione del mistero che circonda da secoli il volto impresso sul velo. Alle 21.10 la diretta con la Via Crusi di papa Francesco dal Colosseo di Roma, a cura del Tg1 e Rai Vaticano con la telecronaca di Fabio Zavattaro. Alle 22.40, andrà in onda “Vivere con Passione”, uno speciale realizzato in collaborazione tra Tg1, Rai Vaticano e Tgr, dedicato al racconto dell’Italia dei simboli, che da quasi due millenni si rinnova il venerdì santo.

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Indiana: vittoria della libertà di educazione

Scuola elementareDurante la campagna elettorale delle ultime elezioni politiche italiane il cardinale di Bologna Carlo Caffarra ha voluto indicare ai cattolici una serie di valori non negoziabili da tenere in considerazione per la scelta dei candidati.

Tra questi il punto che più ha fatto infuriare gli statalisti di Repubblica e del Fatto Quotidiano è stato quello riguardante la libertà di educazione. Togliere il potere allo stato per sostenere le famiglie, liberarsi dall’ideologia dello stato-papà tanto caro ai totalitarismi rossi e neri, di cui molti giornalisti e intellettuali sono ancora nostalgici, per offrire un vero pluralismo dell’offerta scolastica pubblica, statale e non statale, pluralismo che consenta alle famiglie una reale possibilità di scelta.

In Europa, la maggior parte degli stati finanzia interamente (o quasi) le scuole paritarie/private e anche in America si stanno facendo progressi importanti. E’ notizia recente della vittoria della libertà di educazione nello stato dell’Indiana, dove i cinque giudici della Corte Suprema hanno votato a favore per la destinazione di fondi alle scuole private, religiose o no.

Il programma è costituzionale, è stato scritto, perché i fondi pubblici «non sono diretti a beneficio delle scuole private, ma piuttosto a diretto beneficio delle famiglie a basso reddito con bambini in età scolare». A livello nazionale, i “buoni scuola” sono usati da più di 100.000 studenti in una dozzina di Stati, tra cui Florida, Georgia, Ohio e Wisconsin. Diversi altri Stati utilizzano i crediti d’imposta per aiutare le famiglie a pagare le tasse scolastiche delle scuole private. Casi simili a quello dell’Indiana sono in appello alla Corte Suprema del Colorado e della Louisiana, le sentenze sono attese a breve, e qualcosa di simile sta per essere approvato in Texas.

In Italia la regione Lombardia attua già qualcosa di simile grazie alla “Dote Scuola”, per le famiglie lombarde interessate è possibile fino al 02 maggio 2013 attuare la richiesta alla Regione. Ricordiamo che, come ha stabilito il Ministero dell’Istruzione (Miur) la presenza delle scuole paritarie in Italia permette un risparmio di 6 miliardi all’anno. Nel 2010 la rivista specializzata di settore Tuttoscuola ha calcolato che lo Stato risparmierebbe oltre 500 milioni di euro l’anno se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria, consentendo a più famiglie di sceglierla (ogni euro investito nella paritaria renderebbe allo Stato 5 euro di risparmio).

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Dawkins: da super-ateo ad agnostico, fino a cristiano culturale

Richard DawkinsÈ decisamente una curiosa parabola quella di Richard Dawkins: passato agli onori della cronaca come “l’ateo più famoso del mondo” dalle posizioni recisamente anticlericali, antireligiose e spesso genuinamente anticristiane, si scopre in realtà «agnostico» e «culturalmente cristiano» (?) – ma, quello che ad un occhio ingenuo potrebbe sembrare un ravvedimento, è soltanto un semplice caso di pura incoerenza.

La parabola del professore inizia nel 2007, con la pubblicazione de «L’illusione di Dio», nella quale, per 400 pagine, sostiene che la fede in un Creatore si qualifica come un’illusione, facendolo entrare di diritto nel jet-set degli pseudo-intellettuali come il “paladino dell’ateismo militante”. Nondimeno, questo non gli ha impedito, tra una conferenza e l’altra, nel dibattito contro l’ex arcivescovo di Canterbury (che peraltro, il professore, ha perso) di dichiararsi (qui, lo spezzone proposto dal “Telegraph”), dinanzi ad una platea sbigottita, ‘agnostico’, rispondendo al moderatore visibilmente disorientato che gli chiedeva giustificazioni del suo essere considerato «l’ateo più famoso del mondo», «non da me». Ad un anno da quell’evento -le cui posizioni sono state poi rinegoziate dai suoi sostenitori, cavillando in vario modo per definirlo, seppur ‘tecnicamente agnostico’, un ‘ateo de facto’, –qualsiasi cosa significhi-, il professore ha recentemente dichiarato in un intervista di considerarsi «culturalmente cristiano», «anglicano», nella fattispecie.

Date queste premesse, risulta difficile guardare con gli stessi occhi le opere del (ex?) paladino dell’anti-teismo militante, agnostico ‘tecnico’ e anglicano culturalmente. La sua opera maggiore, «L’illusione di Dio», perde di consistenza, e anche il titolo diventa quantomeno forzato, dati i suoi presupposti filosofici, senza considerare il suo nuovo libro, che dovrebbe vedere la luce entro il 2014, dove -in contrasto con il suo dichiarato e attuale status di ‘tecnicamente’, ma pur sempre agnostico- dovrebbe spiegare il suo personale percorso anti-teista (?). Quello che emerge, è una sorta di “ateismo strategico“, promosso dal biologo e dal suo editore, per «volgari ragioni di marketing», come sostiene anche un articolo dellaQuestion evolution! campaign. Se “l’ateo più famoso del mondo” sia veramente ateo, non è evidentemente dato saperlo, quello che invece è cristallino, è che ha messo l’incoerenza a profitto, con buona pace dell’onestà intellettuale, cavallo di battaglia di cui si fregiano i cosiddetti ‘liberi pensatori’.

Non soddisfatto, Dawkins ha allargato le sue controverse e contraddittorie considerazioni anche all’infuori dell’ambito filosofico, sostenendo recentemente che «ogni feto è meno umano di un maiale adulto», poiché, per il biologo le «caratteristiche umane […] consistono in provare dolore, paura etc. e l’essere pianti dai simili», dimostrandosi quantomeno confuso anche nel suo stesso campo. «La capacità di provare dolore non ha niente a che fare con l’essere un umano, biologicamente o moralmente», ha commentato Wesley Smith del National Review Online, «qualsiasi manuale di embriologia può dimostrare a Dawkins che [quello che ha detto] non ha senso». Come, inoltre, un tanto amatoriale e grossolano tentativo di sdoganare l’aborto possa conciliarsi con il suo considerarsi «culturalmente cristiano» sarebbe curioso da sapere.

Nicola Z.

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Apostasia portami via: la nuova conversione di Magdi Allam

Magdi Cristiano Allam ci ha (già) ripensato. Dopo l’apostasia dall’Islam, la conversione e il battesimo ricevuto dalle mani di Benedetto XVI nella notte della veglia pasquale del 22 marzo 2008, l’ex giornalista egiziano naturalizzato italiano ha deciso di considerare «conclusa» la sua esperienza all’interno del Cattolicesmo per una presunta “debolezza” della Chiesa verso la religione musulmana. E se le motivazioni che dà sono quantomeno confuse, ad emergere è invece un chiaro esempio di ciò che una conversione non dovrebbe essere.

Infatti per Allam, la religione non sembra essere qualcosa da prendere sul serio, propendendo più per una sorta di ‘Cattolicesimo a progetto’, troppo attaccato alla sua personale visione politica di cristianesimo in funzione anti-islamica per curarsi del messaggio evangelico di cui è portatrice la Chiesa. Ed è stato verosimilmente nel momento in cui ha realizzato la distanza -e il conflitto- tra la sua personale idea di chiesa e quella reale, che pone le sue fondamenta nel Vangelo, che ha deciso di abbandonare la nave. Una conversione più che di fede, utilitaristica; per l’appunto, a progetto.

A causare la contrarietà di Allam, tra le altre cose, «la papalatria che ha infiammato l’euforia per Francesco I» e anche «l’ergersi a massimo protettore degli immigrati, compresi e soprattutto i clandestini» da parte della Chiesa, che l’ex giornalista dimentica essere stata impegnata sin dal principio tra gli “ultimi”. Ancora, si delinea una frattura tra la chiesa personale di Allam e quella di Cristo, tant’è che il presidente di «Io amo l’Italia», dichiara di continuare a «credere nel Gesù che ho sempre amato» – che però non è dato sapere quale sia.

Non resta che pregare che Magdi Allam riveda le sue convinzioni e torni sui suoi passi, lo auspichiamo unicamente per lui, consapevoli che “Extra Ecclesiam nulla salus”.

Nicola Z.

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