Francia: rimane il divieto di sperimentare sugli embrioni

Embrione 7 settimaneIn Francia la sperimentazione sugli embrioni umani rimane vietata; nonostante il Senato avesse lo scorso dicembre approvato l’utilizzo di questi “ammassi di cellule” per il prelievo delle staminali, la Camera ha bocciato tale legge.

Anche l’arcivescovo di Parigi, card. André Vingt-Trois ha partecipato al dibattito, dichiarando a Radio Notre-Dame: “quando si dà libero corso a ogni sorta di ricerca sull’embrione, vuol dire che non lo si considera niente di meglio che materiale da laboratorio”. Ma che cos’è questo materiale da laboratorio?

Le staminali sono cellule molto “giovanili”, indifferenziate, totipotenti cioè capaci di evolversi in qualsiasi tipo di cellula del corpo umano e quindi impiegabili nella cura di malattie degenerative quali sclerosi multipla, morbo di Alzheimer e di Parkinson, tumori pediatrici e traumi. Il loro studio prese il via verso la fine della seconda guerra mondiale, stimolato dalla necessità di rigenerare la pelle degli ustionati e di ripristinare il funzionamento del midollo osseo (che deve produrre cellule del sangue) dei superstiti delle esplosioni atomiche. Allo stato attuale l’impiego clinico di cellule staminali è più aleatorio che concreto, tuttavia la loro versatilità teorica è assai promettente per il futuro.

Le cellule staminali realmente totipotenti si trovano nella blastocisti, ovvero nell’embrione dal 4º al 14º giorno; ma nei tessuti adulte ci sono cellule staminali multipotenti (diciamo, per semplificare, che hanno ancora la capacità di evolversi in tutti i tipi di cellula del tessuto a cui appartengono). Il professor Shinya Yamanaka (che per questo ha meritato il premio Nobel per la medicina) ha messo a punto metodiche che permettono di riprogrammare le cellule staminali adulte rendendole di nuovo pluripotenti (queste cellule riprogrammate vengono chiamate iPS) e utilizzabili in terapia (ultima notizia è la loro utilità per i malati di diabete). La disponibilità di cellule iPS fa sì che l’uccisione di “ammassi cellulari” per ottenere cellule staminali totipotenti sia, oltre che eticamente inaccettabile, inutile.

A sostegno di questo, dall’11 al 13 aprile il Pontificio Consiglio ha organizzato una conferenza internazionale di altissimo livello sulle cellule staminali adulte, con oratori illustri tra cui anche il premio Nobel John B. Gurdon, in collaborazione con Stem for Life Foundation, NeoStem Inc, STOQ International e il sostegno della Pontificia Accademia per la Vita e il Pontificio Consiglio per la Famiglia.

Linda Gridelli

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Perché Corrado Augias non si è dimesso dopo il plagio?

Corrado AugiasIl rabbino  capo di Francia, Gilles Bernheim, ha deciso di dimettersi dopo le accuse ricevute per aver plagiato alcuni scritti di altri autori. Anche il giornalista Corrado Augias  nel 2009 è stato scoperto a copiare-incollare da altri, eppure è tranquillamente rimasto al suo posto e sul libro paga di De Benedetti, proprietario di “Repubblica”.

Anticattolico dalla nascita Augias è, come dicevamo, giornalista. O meglio, un “giornalista dilettante” come lo ha definito il filosofo Costanzo Preve, oppure “esempio perfetto di autore scandalistico” secondo la definizione coniata per lui dallo storico tedesco Michael Hesemann. Uno che nonostante tutto lo spazio pubblico concesso (trasmissione quotidiana su RaiTre e rubrica quotidiana su Repubblica) “non fa cultura”, secondo l’opinione di Aldo Grasso.

Dopo essersi schierato contro il matrimonio omosessuale, in questi giorni ha anche sostenuto indirettamente che l’embrione ha “diritto alla vita”. Volendo infatti elogiare la fecondazione artificiale ha intitolato la sua rubrica così: La fecondazione è diritto alla vita. Ma diritto per chi? Ovviamente intende per colui che viene impiantato in utero attraverso la fecondazione, cioè l’embrione. Una sorprendente affermazione pro-life, motivata però dalla sua scarsa conoscenza delle tematiche che vuole affrontare, che lo porta a continue gaffe. Tanto che si è replicato su Avvenire: benissimo, ma il diritto alla vita degli embrioni scartati con la fecondazione, dove va a finire?

Il nome di Augias ci è venuto subito in mente leggendo la notizia delle dimissioni del rabbino capo di Francia, Gilles Bernheim, dopo che è finita nel mirino la sua opera “Quaranta meditazioni ebraiche”, pubblicata nel 2011, nella quale ha ricalcato passaggi integrali di un’intervista al filosofo e docente francese Jean Francois Lyotard. Ma anche Augias, come dicevamo, è stato beccato a copiare il pensiero altrui.

La notizia è stata svelata nel 2009 anche dal quotidiano “Libero” con l’articolo: Augias passa da Repubblica a ripubblica. E’ infatti stato verificato che Augias, in un libro scritto con Vito Mancuso, ha trascritto interi brani di un saggio del biologo E.O. Wilson senza citare la fonte e facendoli passare come suoi. Una frode del genere è già grave se fatta da un rabbino, ma ancora di più se realizzata da un giornalista, dato che compromette gravemente la sua professionalità e attendibilità. Si è difeso dicendo di aver pescato dal web (come se fosse una difesa!), ma  il co-autore del libro, Mancuso, lo ha subito scaricato affermando: «Non capisco come sia potuta accadere una cosa del genere. Spero che Augias lo spiegherà anche perché colpisce il fatto che quel passaggio si trovi nelle conclusioni, dove lui parla in prima persona, dove parla di se stesso. Non so che cosa dirà Augias, ma il fatto è innegabile: le pagine sono lì sotto gli occhi di tutti. Non c’è possibilità di negare l’evidenza. Sono le stesse parole, con gli stessi verbi, la stessa successione delle frasi. È impressionante. Io però non ho responsabilità. Anzi, se in tutto questo c’è una vittima, sono io».

L’anticlericale Augias ama sempre ricordare ai suoi lettori che la morale laica è migliore di quella religiosa, più pura e libera da dogmi. La domanda sorge allora spontanea: come mai il rabbino Bernheim si è dimesso mentre lui no?

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La femminista Naomi Wolf smentisce la teoria del gender

Papers GanderQualche mese fa abbiamo lanciato una provocazione molto pertinente: se i due sessi non hanno niente di specifico da rivendicare ma sono tranquillamente intercambiabili, così come sostengono i militanti LGBT o chi è favorevole alle adozioni omosessuali, allora possiamo dire addio a decenni di contestazioni femministe per rivendicare un ruolo proprio per le donne (così come non avrebbero senso le “quote rosa”!).

Ciò che ha aperto la strada a queste convinzioni è stata la lenta insinuazione della teoria del gender, ovvero la tesi pseudoscientifica secondo cui il sesso (sex) costituirebbe un corredo genetico, biologico e anatomico, mentre il genere (gender), rappresenterebbe una costruzione culturale, che può essere anche contrario al sesso. La sua origine è stata spiegata recentemente  da Dale O’Laeary, autrice di “Maschi o femmine? La guerra del genere (Rubettino 2006). Una amenità quella del gender che è tanto penetrata nella società che Bob Colacello, celebre inviato di Vanity Fair, ha affermato che «oggi tutti sono transessuali, è la nuova moda e quello che spinge il “New York Times” a parlare continuamente di questo. I genitori addirittura pensano di ascoltare i loro figli piccoli e se lo desiderano li aiutano a cambiare sesso, è un mondo di pazzi».

Interessante a questo proposito leggere la recente intervista de Il Mattino a Naomi Wolf, cosiddetta portavoce della terza ondata del femminismo internazionale. La Wolf è nota per essere autrice di un libro molto discusso, dal titolo “Vagina”, la cui tesi di fondo è che esiste uno stretto legame, neurologico, tra il cervello e l’organo sessuale femminile. Alle critiche ha risposto così: «nel mio libro io raccolgo pareri e ricerche di neuroscenziati ed esperti. I miei denigratori attaccano me, ma non entrano nel merito di quelle teorie per contestarle. Inoltre, io non penso affatto che le donne siano solo corpo, ma respingo quella concezione del ”genere“ come qualcosa che sia solo socialmente costruito. Tra vagina e cervello c’è un legame: questo è un fatto».

Cosa vuol dire tutto questo? Significa una cosa molto banale e ovvia: si resta donne e uomini indipendentemente dai problemi e dall’illusorio tentativo di cambiare sesso per rispondere a conflitti psicologici interni di auto-accettazione. Un maschio sarà sempre uomo perché si differenzia con la donna fin nella costituzione del suo cervello, come hanno spiegato diversi studiosi citati in questo articolo. Vale la pena segnalare l’uscita di un interessante libro, Paper Genders, il mito del cambiamento di sesso il cui autore è Walt Heyer (www.sexchangeregret.com), tra i primi a sottoporsi alla chirurgia di cambiamento di sesso. Dopo aver vissuto 25 anni a fianco dei transgender immerso nell’indottrinamento LGBT, ha voluto tornare indietro e il libro è la sua sofferta testimonianza, in esso lascia spazio anche all’intervento di tre ricercatori, Fitzgibbons, Sutton, O’Leary, per mostrare che l’identità sessuata è un “dato” che precede ogni decisione o preferenza personale.

Lo psichiatra Italo Carta, ordinario presso l’Università degli Studi di Milano, ha curato la prefazione scrivendo: «L’omosessualità o meglio le omosessualità sono un grande enigma che va affrontato nelle complessità dei fattori che le determinano. Il transessualismo è forse un enigma ancora più oscuro, come certe forme di travestitismo che coesistono con manifestazioni e scelte sessuali del tutto normali, nelle apparenze. Imboccare scorciatoie chirurgiche per sciogliere gli enigmi, oltre ad essere un’operazione di basso profilo dal punto di vista scientifico e professionale, un indice di superficialità e di ignoranza colpevole in quanto basata sulla mala fede, costituisce un attentato all’integrità dell’uomo come persona. In un’epoca come la nostra, in cui vi è la marcata tendenza ad affermarsi urlando e concionando più forte di altri, è importante che un numero sempre crescente di persone che amano le verità scientifiche riescano a far conoscere tali verità a chi le ignora, facendo buona informazione e correggendo informazioni distorte o false. Questo testo è un buon esempio da imitare».

Tornando alla Wolf, la femminista non è esente da alcune sciocchezze (“l’orgasmo ci libererà”, ad esempio), tuttavia la sua posizione dimostra come alcune femministe capiscono che se vogliono difendere quanto hanno raggiunto fino a oggi sbagliano a schierarsi dalla parte delle escort-Femen e della cultura omosessuale. La femminista americana è coerente anche sulla tematica dell’aborto, dato che esorta le sue compagne ad accettare l’interruzione di gravidanza come una forma di omicidio, anche se, per lei, dovrebbe mantenersi un omicidio legalizzato. Per lo meno evita di rendersi ridicola parlando del feto come di “un organo del corpo della donna”, come ha detto recentemente Noam Chomsky.

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La tristezza politica di Emma Bonino

Dagli aborto al quirinaleSembra che Emma Bonino ce la possa fare. Non è ancora detto, ovvio, ma secondo gli scommettitori pare abbia ottime possibilità nella corsa al Quirinale. In attesa di vedere come andrà – e nella speranza che l’infausta ipotesi non s’avveri – non ci resta che dedicarci alla lettura di un testo appena pubblicato e che fa proprio al caso nostro, “Emma Bonino. Dagli aborti al Quirinale?” (Fede & Cultura 2013).

 

Il coraggio dell’autore. L’autore è Danilo Quinto, per molti anni dirigente del Partito Radicale, tesoriere per l’esattezza. Uno che con Emma Bonino ha trascorso una parte significativa della propria vita; che le è stato accanto non solo in svariate manifestazioni e campagne elettorali, ma anche nella pianificazione delle medesime e nelle raccolte fondi. Uno, insomma, che la conosce bene e che può parlare di lei con cognizione di causa. Si tratta anche di uno che le vuole bene, anche se da qualche anno sotto una luce diversa da prima. Quinto, infatti, tempo fa si è convertito al Cattolicesimo, cosa che lo ha pressoché automaticamente escluso dagli ambienti radicali, dove la Chiesa e i fedeli, si sa, non sono esattamente ben visti, anzi. Quest’isolamento è costato al Nostro una vera e propria persecuzione dai suoi ex amici, conclusasi purtroppo per lui con guai giudiziari; persecuzione che però non ha fermato la sua voglia di svelare i retroscena del piccolo ma potentissimo partito dove così a lungo ha militato.

 

Gli esordi di Emma Bonino. Emma Bonino. Dagli aborti al Quirinale? è quindi un libro scomodo. Molto scomodo. Ricorda per esempio gli esordi della leader radicale a base di aborti clandestini praticati a migliaia: 10.141 tra il febbraio e la fine di dicembre del 1975, secondo quanto da lei stessa rivendicato, coi corpicini dei nascituri selvaggiamente aspirati con una pompa di bicicletta e poi riposti in vasi acquistati in «un negozio di sanitari […] un buon motivo – aggiunse lei, con opinabile ironia – per farsi quattro risate» (pag. 45). Un’impresa, questa, che costò l’arresto ad alcuni suoi compagni ma non a lei che, dopo essersi autodenunciata, pensò bene di scappare prima alla volta di Parigi e poi verso una meta ancora più sicura: il Parlamento italiano, dove Bonino sbarca nel 1976, giusto in tempo per proteggersi dalla richiesta di autorizzazione a procedere che la magistratura inoltrò nei confronti suoi, di Pannella e di Adele Faccio (1920-2007) per procurato aborto continuato pluriaggravato e associazione a delinquere. Esordio mica male, per una che ha fatto della lotta alla partitocrazia la sua bandiera. E che, come ricorda Quinto, ha avuto comunque la spudoratezza di affermare: «Credo nella legalità» (pag. 100). Grazie tante: è comodo predicare la legalità quando si è cullati dall’immunità parlamentare (e dopo un bel po’ di aborti praticati illegalmente).

 

Una star europea?. Nonostante questi esordi – piuttosto macabri e opportunisti, abbiamo visto -, la carriera di Emma Bonino non si è fermata. Anzi. E’ continuata alla grande culminando nella nomina, nel 1995, a Commissario europeo alla Pesca, per i diritti dei Consumatori e per gli Aiuti Umanitari d’urgenza. Nomina avvenuta nel 1995 grazie a Silvio Berlusconi, o meglio grazie – come ha scritto Maria G. Maglie – ad una «distrazione dell’ancora inesperto Cav» e di «un’alleanza anche limitata a temporanea con i moderati», una manna per lei che «ha sempre avuto un debole per il centrosinistra». E di qui in poi i giudizi si dividono: c’è chi la ricorda come «un eccellente commissario» (Vespa B. Il palazzo e la piazza, Crisi, consenso e protesta da Mussolini a Beppe Grillo, Mondadori 2012, p. 205), e chi, invece, annota come si ricordi «raramente che quando fu commissario europeo, dal 1995 al 1999 […] la Commissione di cui faceva parte, presieduta da Santer, si dimise, travolta da brogli, corruzione, spese pazze, consulenti esterni e amici degli amici in violazione di ogni procedura legale. La Bonino, la moralista sdegnata che conosciamo, non si era accorta di niente o aveva taciuto». Ciascuno, a questo punto, si faccia l’idea che crede.

 

Emma la bestemmiatrice. Accanto alla carriera politica, c’è poi un universo personale di Emma Bonino di cui si sa poco eccetto alcune performance improvvise e, diciamolo, piuttosto agghiaccianti. Come la bestemmia strillata in faccia all’allora dirigente radicale Daniele Capezzone – ancora oggi visibile su Youtube – durante una riunione della direzione di partito del 2007. Come mai quella perdita di controllo? Nervosismo? Fu solo un caso? Secondo Danilo Quinto, che la conosce bene, no: «È un atteggiamento tipico di chi sa di dover dominare la scena, di essere stata scelta per un destino, di chi non può consentire che un ragazzo dinamico, un po’ borioso e sopra le righe come Capezzone, le faccia ombra […] Sono questi i momenti nei quali la ragazza di Bra dimostra la sua identità, la sua natura. Il suo dire si fa greve. Se la prende con il Creatore e scarica su di Lui tutto il livore di cui è capace. La persona che ti dà fastidio, di cui ti vuoi sbarazzare, per Emma – o per Pannella, fa lo stesso – la devi abbattere, annientare, distruggere. Diventa il tuo nemico e quella bestemmia contro Dio serve solo per rafforzare l’odio, renderlo più consistente. Definitivo» (pag. 103).

 

Il lato triste (e segreto) di una leader. Oltre a questo c’è anche un aspetto meno evidente e più segreto, per così dire, del carattere della leader radicale. Ed è anche un aspetto triste. E’ l’aspetto che emerge quando lei, per esempio, riconoscendo d’aver paura di impegni seri ammette d’aver cercato un figlio che non riuscì, però, mai ad avere: «Non ho mai avuto il coraggio di prendere un impegno per sempre. E un figlio è l’unica cosa che è davvero per sempre. Ad un certo punto della mia vita però l’ho anche cercato un figlio» (Bonino E. intervistata sul settimanale «Di Più» 1/07/08, p.36). Parole che spiegano come mai questa donna abbia scelto, una volta intrapresa questa strada, di dedicarsi anima e corpo alla politica: per nascondere un vuoto. Un vuoto che tuttavia, quando la politica la delude, riemerge in lei brutalmente. Assai emblematiche, al riguardo, le parole di Emma Bonino riportate da Rizzo e Stella nel loro fortunato libro La Casta, dopo la delusione dei Radicali per le politiche del 2001: «Mi sento come un limone spremuto. Non ho fame, non ho sete, non ho sonno. Mi alieno come una disadattata […] adesso ho solo bisogno di curarmi: perdo i capelli, mi ballano i denti, soffro di fotofobia. Porto gli occhiali neri, non sopporto più la luce, non riesco più a mangiare […] sono sotto anestesia» (Bonino E. cit. in Rizzo S. – Stella G.A. La casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili, Rizzoli 2007, p. 165).

 

Una preghiera per lei. Se invece che sacrificarsi totalmente per la politica – peraltro per una politica nichilista e mortifera – Emma Bonino si fosse fatta una famiglia, forse pensieri così profondamente tristi non li avrebbe mai formulati. Per questo paiono quanto mai opportune le parole con cui Quinto, concludendo il suo interessantissimo libro – di cui mi permetto di consigliare caldamente la lettura -, rivolge alla sua ex collega il pensiero più caro per un cattolico: una preghiera. «Cara Emma – scrive l’Autore – mi permetto di pregare per te, perché quando alla fine della tua vita, guarderai l’abisso dell’Eterno, troverai la nuova Eva. La Vergine, donna come te, aspetta di incontrare il tuo sguardo, per donarti, fin da ora, la verità della vita» (pag. 103). Anche noi ci accodiamo a Quinto nella consapevolezza che al Quirinale gli Italiani – tanto più in questa delicatissima fase – si meritano una figura decisamente meno parziale della leader radicale, ed anche nella certezza che ad Emma Bonino non serve certo una nuova poltrona: ne ha già avute molte, ed abbiamo visto quale vuoto le hanno lasciato nel cuore. Ha piuttosto bisogno del perdono che, guardandosi dentro, deve trovare la forza di chiedere a Dio. Questo, e non altro, è ciò che chi le vuole davvero bene deve augurarle.

Giuliano Guzzo

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Non c’è alcun bisogno di riconoscere le coppie di fatto

MatrimonioMolti oppositori del matrimonio omosessuale optano per un istituto parallelo al matrimonio, le cosiddette “unioni civili“, aperte anche alle persone dello stesso sesso. E’ una posizione che appare certamente meno negativa allo stravolgimento antropologico del matrimonio, ma tuttavia non è esente da criticità. Proviamo a capire meglio perché.

Innanzitutto occorre tenere presente che le unioni civili sono considerate dagli attivisti omosessuali il trampolino di lancio per arrivare poi al matrimonio e all’adozione per le persone dello stesso sesso, il caso francese è sotto gli occhi di tutti. Si può dire che è proprio la loro strategia: Boris Dittrich, il “padre” del movimento politico olandese a favore dell’agenda LGBT lo ha candidamente ammesso spiegando che le unioni civili sono state legalizzate con la promessa rassicurante che il solo loro scopo era garantire la giustizia fiscale e le leggi dell’ereditarietà di proprietà per le persone dello stesso sesso. In realtà, ha continuato, «abbiamo pensato che sarebbe stato psicologicamente meglio introdurre prima le “unioni registrate”», così «la gente si è abituata all’idea che due uomini o due donne si possono unire in Comune, vedendo il loro rapporto riconosciuto dalla legge». Una volta assuefatti e cotti a puntino, si introduce il matrimonio gay senza che scoppi «la rivoluzione». Anche in Italia è stato espresso chiaramente da Livia Turco, parlamentare PD, prima delle elezioni politiche: «se andremo al governo come ha detto Bersani, faremo subito una legge per riconoscere le coppie di fatto. Una volta accettato questo poi sarà difficile negare a queste famiglie la possibilità in futuro dell’affidamento e dell’adozione».

Tommaso Scandroglio, docente di Filosofia del diritto all’Università di Padova, ha però smontato la presunta necessità delle unioni civili, spiegando: «si potrebbe facilmente obiettare che il nostro ordinamento già tutela il convivente in quanto convivente, ovvero in quanto persona e, quindi, soggetto di diritti. La giurisprudenza, in materia di affitti non fa distinguo tra conviventi e coniugi; in materia di successione esistono le donazioni e non sussistono problemi di questo tipo; esistono anche leggi che prevedono, in caso della donazione di organi, l’esplicito riferimento al convivente». Occorre anche notare però che le unioni civili consegnano soltanto diritti, ma non doveri e questo è giuridicamente ingiusto: «Il coniuge ha una serie di doveri specifici, non pochi in verità, quali quello di fedeltà, di assistenza, di educazione dei figli», ma ad esempio, «non ha alcun dovere nei confronti del pargolo, mentre l’abbandono di minori è reato per il genitore». Sarebbe anche ingiusto nei confronti di chi si sposa, come ha sottolineato l’avvocato Annamaria Bernardini de Pace, specializzata nel diritto di famiglia: «Hanno poco da raccontare, quelli che pensano di superare le discriminazioni istituendo il registro delle coppie di fatto: così facendo discriminano tra coppie che si sposano, con la volontà e l’impegno di farlo, e coppie che non assumono le responsabilità del matrimonio, ma ne acquisiscono le tutele assistenzialiste». Chi volesse risolvere la situazione attribuendo anche i doveri a queste coppie di fatto creerebbe una situazione paradossale: sono loro stessi che non vogliono sposarsi proprio per evitare di assumersi qualsiasi impegno, dovere e vincolo matrimoniale!

Anche il giurista Francesco D’Agostino, docente presso “La Sapienza” di Roma e membro del Comitato nazionale per la bioetica, ha confermato che quel che si vorrebbe ottenere tramite le unioni civili è già possibile ottenerlo oggi: «il diritto di fare testamento è sovrano, e quindi chiunque può fare testamento e lasciare le sue sostanze allo Stato, al convivente, ai parenti in America o alla Chiesa. Il diritto di assistenza in ospedale del convivente gay sicuramente non è formalizzato dalla legge. Ma chi conosce la pratica sanitaria italiana e la difficoltà da parte degli ospedali di assistere adeguatamente gli ammalati, sa benissimo che le strutture di cura sono ben felici che non solo i parenti, ma anche gli amici vengano a prendersi cura dei loro cari». Per questo, rileva, «le argomentazioni a favore dei diritti delle coppie gay sono pennellate di un dibattito ideologico che non ha un autentico fondamento sociale. Chiamo ideologica ogni pretesa che non risponde a bisogni reali dei cittadini, ma a una loro soddisfazione psicologica. Capisco che una coppia gay possa soggettivamente desiderare il matrimonio. Non ho mai trovato però un argomento forte di tipo sociale che spieghi perché il matrimonio gay possa avere un valore socialmente oggettivo e non soggettivamente emotivo».

Addirittura, fa notare il sociologo Giuliano Guzzo (citando fonti verificabili), in Italia è già prevista, in taluni casi, perfino l’adozione a chi non è coniugato (e quindi ipoteticamente convivente), come è anche concessa ai conviventi l’assegnazione di case popolari e ad un convivente – se l’altro viene a mancare, e a condizione che entrambi avessero prima stipulato il contratto – la possibilità di subentrargli nel contratto d’affitto nonché di visitarlo e assisterlo in carcere o all’ospedale. Attraverso un testamento, inoltre, è possibile che un convivente destini all’altro parte dei suoi beni. Illuminante, a questo proposito, l’articolo della giovane giurista Ilaria Pisa.

Appare dunque assai pretestuoso insistere sulla “necessità civile” di creare una sorta di istituto giuridico della convivenza, a meno che esso non sia -come dicevamo inizialmente- soltanto un trampolino di lancio per approdare poi al matrimonio e all’adozione omosessuale. Che non vi sia alcuna necessità lo dimostra anche il numero di iscritti ai simbolici registri delle coppie di fatto. A Bologna, patria di Franco Grillini e di molte associazioni gay, il numero è zero iscritti dal 1999…più simbolico di così!

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Ecco come usa i soldi la Chiesa cattolica

Guardia svizzera 
da Documentazione.info

 

Quello dei soldi della Chiesa è un tema che ritorna a più riprese nel dibattito mediatico. Si sente spesso parlare di patrimoni sconfinati, più o meno realistici, e di gestioni opache del denaro. Meno spesso ci si prende la briga di calcolare il contributo sociale (ed economico) che la maggior parte delle attività legate alla Chiesa mette a disposizione del bene comune. Cerchiamo qui di raccogliere alcuni dati significativi.

 

BILANCIO STATO DEL VATICANO
Si potrebbe partire dal bilancio della Santa Sede: ogni anno è possibile conoscere il bilancio consuntivo del Vaticano, per esempio nel 2009 le entrate sono state di circa 250 milioni di euro e le uscite di circa 254 milioni di euro. Nel 2011 c’è stato un disavanzo di quasi 15 milioni di euro. Cifre che potrebbero impressionare, ma per avere un punto di riferimento, John Allen, noto vaticanista del NCR cita l’Università di Harvard che con i suoi 20.000 studenti ha un bilancio di 3,7 miliardi di dollari (circa 2,8 miliardi di euro), cioè 11 volte il bilancio Vaticano.

 

PATRIMONIO DELLO IOR
Per quanto riguarda lo Ior, l’istituto bancario senza fini di lucro nato nel 1942, recentemente abbiamo fatto notare come il suo intero patrimonio, che raggiunge i 6 miliardi di euro, sia meno della metà del patrimonio dell’uomo più ricco d’Italia. Oltre al fatto che di questi 6 miliardi solo una parte è di proprietà del Vaticano, il resto appartiene a ordini religiosi, diocesi e altri movimenti e organizzazioni cattoliche.

 

ATTIVITA’ IN ITALIA
In Italia la Chiesa riceve con i contributi dell’8xmille circa un miliardo di euro e restituisce almeno 11 miliardi in beni e servizi, ad esempio solo le parrocchie in ambito sociale forniscono aiuti per almeno 260 milioni di euro all’anno (per vedere le singole attività sociali clicca qui). Sempre in Italia è da notare che circa il 70% del patrimonio artistico è di carattere religioso. Su circa 95.000 chiese, ben 85.000 sono ritenute un bene culturale, così come 1.535 monasteri, 3.000 complessi monumentali, 5.500 biblioteche, 26.000 archivi, 700 collezioni e musei ecclesiastici e migliaia di opere pittoriche e scultoree. Negli ultimi anni la Cei ha destinato annualmente tra i 63 e i 68 milioni di euro alla tutela e il restauro dei beni culturali ecclesiastici.

 

ATTIVITA’ IN SPAGNA
Anche la Chiesa in Spagna con l’8xmille “spagnolo” realizza molto più di quanto riceve, assistendo ogni anno più di 3,5 milioni di persone (circa l’8% della popolazione del paese) in circa 4.900 centri (tra ospedali, case per anziani, centri per emigranti, ecc). Nel 2012 la Conferenza episcopale spagnola ha stanziato 5 milioni di euro alla Caritas per i servizi assistenziali. In generale le attività della Chiesa spagnola procurano entrate economiche notevoli come ad esempio le celebrazioni della Settimana Santa, considerate in 39 località iniziative di Interesse Turistico Nazionale 15 delle quali di Interesse Turistico Internazionale. Ad esempio la Settimana Santa di Cordova, apporta al territorio ogni anno un’attività economica di 42 milioni di euro , mentre quella di Siviglia raggiunge i 240 milioni di euro. Il noto Cammino di Santiago supera i 1.485 milioni di euro (nel 2010 sono stati registrati 270.818 pellegrini di cui solo il 5% non era spinto da motivi religiosi).

 

ATTIVITA’ NEGLI USA
Negli USA, secondo i dati riportati dall’Economist, la Chiesa americana è la più grande organizzazione caritativa del paese. Si contano 630 ospedali cattolici (l’11% del totale), oltre a 6800 scuole e 244 tra college e università. Le iniziative cattoliche di assistenza degli USA danno impiego a 65mila persone e raggiungono più di 10 milioni di persone. Nel 2010 hanno investito al servizio dei poveri 4,7 miliardi di dollari.

 

ATTIVITA’ NEL MONDO
In giro per il mondo è noto che la Chiesa porta avanti non soltanto attività religiose o di culto ma anche numerose iniziative di tipo sociale. A questo proposito è utile osservare quale sia l’impatto economico di queste attività. In particolare in ambito sanitario la Chiesa si occupa del 26% di tutti i servizi sanitari nel mondo, come ha riportato l’Unaids, un’agenzia Onu che si occupa di lotta all’Aids, in un suo documento del 2004. La Caritas internationalis nel 2011 ha svolto programmi internazionali in risposta emergenze umanitarie in favore di più di 2 milioni di persone spendendo 1,3 miliardi di euro e altri 600 milioni per la lotta alla povertà nei diversi paesi. Solo la metà di questi soldi arriva da aiuti internazionali, il resto proviene da donazioni private. Per fare qualche esempio nel gennaio 2011 a seguito di forti monsoni in Sri Lanka che hanno lasciato migliaia di famiglie senza una casa, la Caritas ha dato da mangiare a 15.000 persone oltre a fornire di razioni alimentari 270.000 famiglie, o in Pakistan dopo un’inondazione nell’agosto 2011 la Caritas ha predisposto tende per 8.171 famiglie e ha assistito 250.000 pazienti in centri sanitari. Il Segretariato generale della Caritas, ente che ha sede in Vaticano e che coordina l’attività di tutte le sezioni locali, ha un bilancio di circa 3 milioni di euro.

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Kansas, Alabama e Arkansas: continuano vittorie pro-life

Ottava settimanaGrazie al progresso della medicina e della tecnologia medica continua la presa di consapevolezza che l’aborto è una ingiusta soppressione della vita umana, che invece avrebbe il diritto di vivere. La consapevolezza che non c’è soltanto il corpo della madre in gioco, ma anche quello del figlio.

Nel marzo scorso in Arkansas l’aborto è stato vietato dopo le 12° settimane di gravidanza mentre in North Dakota il limite è stato abbassato alla quinta-sesta settimana di gestazione.

Questo mese è toccato ad un altro stato americano, il Kansas, dove il Parlamento ha approvato con 118 voti contro 40 una misura per la quale si specifica che la vita comincia «al momento della fecondazione», contrapponendosi completamente alla anacronistica e antiscientifica sentenza “Roe cotro Wade” della Corte Suprema, che nel 1973 legalizzò l’aborto. La legge prevede anche lo stop alle agevolazioni fiscali, indirette, per gli enti abortisti, nessun operatore sanitario che effettua aborti potrà più accedere ai corsi scolastici e di educazione sessuale, né impartire lezioni su quello che i medici devono fare di fronte a una richiesta di aborto. Le donne incinta che affrontano le cure per il tumore dovranno poi essere informate dei rischi, fino ad ora taciuti, per la vita del bambino, la cui letteratura scientifica è piena di evidenze.

Divertente leggere la rabbia dei quotidiani estremisti come il Fatto Quotidiano, che riportano la notizia con tutto il disprezzo possibile, citando fuori luogo alcuni (gli unici) fatti tragici avvenuti per colpa di individui singoli, con lo scopo di dipingere tutti i pro-life come assassini e divulgatori d’odio. Secondo quanto riportano loro la stessa misura sarebbe passata anche in Missouri, Kentucky, Arkansas, Illinois, Louisiana, North Dakota e Ohio.

In Alabama una recentissima legge ha richiesto che i fornitori di aborto soddisfino parametri più severi per poter svolgere il loro lavoro, così da evitare il più possibile le innumerevoli cliniche abortiste trasformatesi in “cliniche per l’orrore”, come quella di Philadelphia. In Arkansas è stato approvato un disegno di legge che mira a tagliare tutti i finanziamenti statali a gruppi abortisti come Planned Parenthood. Nel frattempo anche in Russia il parlamento ha approvato in prima lettura un progetto di legge del Ministero della Salute che vieta ai fornitori di aborto di pubblicizzare i loro servizi.

Invitiamo tutti a sottoscrivere «Uno di noi», la campagna promossa dai Movimenti per la vita nei ventisette Paesi della Ue per arrivare al riconoscimento giuridico dell’embrione.

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Perché Margherita Hack sembra ossessionata da Dio?

Margherita HackUn caso curioso quello di Margherita Hack, modesta astrofisica italiana che deve principalmente la sua notorietà pubblica alla simpatia, tutta toscana, che la contraddistingue e alle sue sparate politiche.

Non ha mai fatto mistero della sua fede atea e ne sembra particolarmente ossessionata, non si spiega altrimenti il continuo bisogno di ricordare, da anni e anni in qualsiasi occasione e in qualsiasi intervista, il fatto che abbia scelto di non credere in Dio e di non appartenere alla fede cristiana, oltretutto mostrando di avere un concetto di dio-tappabuchi molto arcaico e a cui -qualcuno dovrà pur dirglielo prima o poi- non crede nessuno (se non qualche seguace di William Paley).

Lo si è recentemente notato nell’intervista realizzata da Stefano Sbalchiero nel libro “Scienza e spiritualità” (Carocci 2012). Gran parte del volume è formato da interviste anonime (sic!) a scienziati sulla tematica del titolo, le conclusioni sono state poi affidate alla Hack. Ne è emersa una forte ansia, a volte asfissiante, dell’astrofisica toscana a voler denigrare la posizione di chi crede in Dio, un po’ come quando si cerca di convincere, in realtà, se stessi. L’astrofisica pare rimasta ai tempi del positivismo illuminista, tanto da paragonare i metodi della scienza a quelli della religione, quasi fossero strade in competizione o alternative, lodando la prima e screditando la seconda.

Parlavamo della confusione dell’astrofisica toscana sul concetto di Dio: «quando non ci sono delle risposte le persone si rifugiano in Dio, trovando tutte le spiegazioni che fanno al caso loro» (pag. 106), dice. Ecco sintetizzata bene la definizione del dio-tappabuchi a cui fa riferimento anche Richard Dawkins. Ma è un mulino a vento, come spiega il biologo cattolico Kenneth R. Miller: «In qualità di difensore schietto dell’evoluzione sono spesso sfidato da coloro che ritengono che se la scienza possa dimostrare l’origine naturale della nostra specie, e sicuramente lo fa, e allora Dio dovrebbe essere abbandonato. Ma la divinità che essi rifiutano così facilmente, non è quella che conosco. Per essere minacciato dalla scienza, Dio dovrebbe essere niente più che un segnaposto per l’ignoranza umana». Invece, «se Dio è reale, dovremmo essere in grado di trovarlo da qualche altra parte, alla luce brillante della conoscenza umana, spirituale e scientifica. E che luce che è!».

L’astrofisica elogia la bellezza del creato, spiegando però che le sembra «fin troppo semplicistico ricorrere a Dio per spiegare tutta questa meraviglia» (pag. 107). Eppure, il frate francescano Occam ha insegnato che a parità di fattori è proprio la spiegazione più semplice quella da preferire, ovvero, anche senza la rivelazione di Cristo, la presenza del Creatore è l’idea più semplice, razionale ed immediata, che emerge spontanea nella mente umana come spiegazione della realtà, non a caso già il primo uomo apparso sulla Terra è stato homo religiosus, come ci spiegano gli antropologi. Perché negare tutto questo, complicandosi la vita in un ginepraio di teorie pseudo-scientifiche, come quella “dell’universo creato dal nulla, grazie al caso”?

Non sapendo motivare le sue affermazioni, la Hack diventa inevitabilmente arrogante: «La religione, e il Dio delle grandi religioni, mi sembrano una scorciatoia per superare la fatica del pensare con la propria testa e con una libertà maggiore», la scienza -continua- è un «allenamento della mente, a capire, a porsi domande, a cercare risposte, invece di accettare verità assolute e dogmatiche» (pag. 113). Lei ha la verità, gli altri sono plagiati, razionalmente pigri e non allenati. Eppure, sempre Miller, ribatte con lo stesso tono: «l’ipotesi di Dio non viene da un rifiuto della scienza, ma da una curiosità penetrante che si chiede perché la scienza sia ancora possibile, e perché le leggi della natura esistono per noi da scoprire. La curiosità del teista che abbraccia la scienza è più grande, non minore, perché egli cerca una spiegazione che è più profonda di quanto la scienza può offrire, una spiegazione che comprende la scienza, ma cerca la ragione ultima per cui la logica della scienza dovrebbe funzionare così bene».

Le continue puntualizzazioni appaiono davvero esagerate e fanno sorgere dei dubbi sulla stabilità delle sue posizioni. Si sente infatti in dovere di continuare a ripetere ad ogni domanda: «sono cose straordinarie che meravigliano per forza. Contemporaneamente prendo distanza da quelle che sono spiegazioni dogmatiche e religiose» (pag. 110), e ancora: «esiste nella scienza un aspetto che possiamo definire spirituale, ma non è religioso ricordiamolo» (pag. 111), e ancora: «gli oggetti sono sacri, non perché qualcuno li ha creati» (pag. 111), ecc. Un’affermazione e poi subito dopo la puntualizzazione anti-religiosa. Ci verrebbe da chiederle: ma di cosa ha paura, Margherita? Perché tutta quest’ansia? Perché ripetere la parola “dogma” venti volte in sette risposte? Perché non si può essere atei senza voler distruggere la posizione dei credenti?

Non manca la classica strumentalizzazione di Albert Einstein, il quale si vorrebbe essere stato ateo. Lo introduce l’intervistatore Sbalchiero, affermando che il celebre fisico era «un ateo spirituale piuttosto che un uomo religioso». La Hack risponde: «certo, per buona pace di coloro che lo hanno definito un confessionalista distorcendone il pensiero» (pag. 114). Peccato che proprio lui, il presunto ateo spirituale (qui altre citazioni), disse: «l’opinione corrente che io sono ateo è basata su un grande equivoco. Chi giudica questo deducendolo dalle mie teorie scientifiche, le ha scarsamente comprese, sbaglia a capirmi e mi offre uno scadente servizio» (citato in H. Muschalek, “Gottbekenntnisse moderner Naturforscher”, 4° ed., Morus, Berlim, 1964). La Hack afferma anche che è «inutile cercare di rispondere al perché delle cose» (pag. 110), eppure è proprio Einstein a contraddirla: «La scienza contrariamente ad un’opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve addirittura perseguire finalità teologiche, poiché deve proporsi non solo di sapere com’é la natura, ma anche di sapere perché la natura è così e non in un’altra maniera, con l’intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sè altre scelte quando creò il mondo» (citato in Holdon, “The Advancemente of Science and Its Burdens”, Cambridge University Press, New York 1986, pag. 91).

Nel 2008 nel Regno Unito l’ateo fondamentalista Richard Dawkins ha scritto sugli autobus di Londra questa frase: «Probabilmente Dio non esiste. Ora smettila di preoccuparti e goditi la vita». Ecco, Margherita Hack dovrebbe seguire il consiglio, provare a godersi la sua vita senza Dio senza doverLo chiamare continuamente in causa. Non è mai tardi per cominciare.

La redazione

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I libri più venduti sono quelli di Papa Francesco

EditoriaEravamo abituati ad osservare l’immediata scalata dei libri di Papa Benedetto XVI delle varie classifiche dei volumi più venduti, possiamo dire che Papa Francesco ha raccolto anche questa particolare eredità.

Non ha pubblicato nessun libro, ma sono stati da poco ri-editati suoi libri scritti da arcivescovo, oppure instant book su di lui che vanno a ruba nelle librerie di tutta Italia.

Addirittura Papa Bergoglio occupa da settimane (anche qui) ben quattro delle dieci posizioni dei libri più acquistati in Italia per Panorama. I titoli sono: “Papa Francesco, il nuovo papa si racconta”, l’intervista realizzata da Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti (Salani); “Aprite la mente al vostro cuore” (Rizzoli); “Umiltà, la strada verso Dio” (Editrice Missionaria Italiana) e Il cielo e la terra (Mondadori), conversazione interreligiosa fra Bergoglio e il rabbino di Buenos Aires Abraham Skorka su temi quali la famiglia, l’eutanasia, le unioni gay, il confronto con l’ateismo. Su TuttoLibri la situazione non cambia.

Lo stesso sta avvenendo anche in Spagna e verosimilmente in tutti gli stati occidentali (e non solo). Ma in generale, se l’editoria è in forte crisi, quella religiosa è l’unica a tenere e addirittura sta maturando una nuova stagione di espansione, tanto da avere attratto, da ormai diversi anni, anche le case editrici laiche. Su tutte citiamo, e ringraziamo, la casa editrice Lindau e Piemme.

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Il senso dell’amore non è quello della rivoluzione sessuale

 
di Anna Paola Borrelli*
*teologa moralista perfezionata in bioetica

 

La famiglia, scuola di amore e prezioso fondamento della società, oggi vive un processo di “apoteosi” e “disgregazione” insieme. Importanti trasformazioni l’hanno attraversata. Si è partiti da un iniziale modello di famiglia patriarcale, specifico della società agricola della prima metà del ‘900, in cui vivevano sotto lo stesso tetto nonni, genitori, figli, zii e nipoti, seguito poi dal modello di famiglia nucleare, formato unicamente da genitori e figli e tipico dell’età industriale e del boom economico avutosi in Italia negli anni ’60, fino ad arrivare ai nostri giorni, dove coesistono nella società post-moderna, molteplici forme di famiglia.

Dinanzi a questo scenario attuale Lucetta Scaraffia ribadisce che «la famiglia è l’istituzione preposta alla procreazione e alla generazione, che avviene solo tra due esseri umani di sesso opposto. La famiglia non può quindi essere moltiplicata attraverso situazioni che non prevedono la possibilità di generazione […]. E’ il luogo che serve a garantire una protezione e una possibilità di sopravvivenza ai bambini. E’ nata con questo scopo e non si può dire che sia un’altra cosa». Se prima il Matrimonio era considerato una solida istituzione, oltre che una vocazione, oggi sempre più persone decidono di andare a convivere a tempo indeterminato o per un periodo limitato che precede le nozze. Imponente è anche “il fenomeno dei cosiddetti single”: si tratta di persone che si ritrovano a vivere da sole per scelta personale, oppure come conseguenza di una separazione, un divorzio o per vedovanza, a volte con uno o più figli.

Inoltre, trova sempre più spazio la realtà della famiglia allargata, dove convivono insieme più nuclei familiari. In forte crescita è pure il fenomeno delle coppie omosessuali. Ancora, rispetto al passato non troviamo più un equilibrio tra i Matrimoni religiosi e quelli civili. Come si evince dall’ultimo rapporto elaborato dall’Osservatorio Laico i Matrimoni religiosi nel 1991 erano: 273.574, mentre nel 2010: 168.960, con un calo pari al 38%; nel 2011, poi, nel nord Italia le nozze civili hanno finanche superato quelle celebrate in Chiesa (51,7 contro il 48,3), i divorzi nel 1991 sono stati: 23.015, rispetto ai 254.160 del 2010, con un aumento del 135%; e infine le convivenze nel 1991: 207.000, nel 2010: 972.000, con un aumento del 369%.

Lucetta Scaraffia vede un nesso inscindibile tra la rivoluzione sessuale e le ripercussioni di queste sulla famiglia: “l’idea che si possa restare insieme finchè ci si ama e poi ci si lascia non è  una ricetta della felicità, in quanto i rapporti devono essere costruiti con pazienza, devono sopravvivere ai momenti di crisi, devono avere alle spalle un progetto stabile e serio. Se non hanno un progetto stabile e serio sono sempre fonte di dolore. La rivoluzione sessuale che ha promesso la felicità non ha quindi migliorato per nulla la condizione umana, anzi ha creato una maggiore fonte di infelicità”. In sostanza, se l’amore non costa niente non vale niente. “Ciò che non abbiamo con fatica costruito non sentiamo il bisogno che vada, con fatica, difeso e mantenuto” (E.Belotti).

«L’amore equivale a superare ininterrottamente l’egoismo individuale. O amo per sempre e totalmente o non amo, perché esso ha un’estensione nel tempo e nel vissuto esistenziale. Così come non posso dare all’altro solo gli avanzi del mio tempo o le briciole della mia quotidianità. Non ho altro che me stesso/a e voglio donare tutto me stesso/a. Dare il giusto valore ai sentimenti rimanda a non agire con superficialità e leggerezza – verso se stessi e il proprio partner – … La riuscita di un matrimonio non dipende unicamente dal fatto di aver trovato la persona “giusta”; è principalmente il risultato di un cammino fatto di molto impegno, di una volontà decisa di amare (non basta dire “io amo”, ma “io voglio amare”), di una capacità di donazione e di un grande spirito di sacrificio. E poi ci vuole coraggio, il coraggio di scalare le montagne, se necessario, e tanta determinazione. Sono tutte componenti che ci mettono costantemente in discussione. Se infatti ci si sposa non considerando minimamente la possibilità di compiere dei sacrifici, alla prima occasione in cui questi diverranno obbligatori, la prima reazione sarà di delusione, la seconda… di fuga. Quindi, la cosa basilare è tenere ben chiaro l’obiettivo che ci ha condotti un giorno a prometterci amore eterno. L’atleta che non si prefigge il traguardo non vincerà mai la corsa. Solo se abbiamo un fine, una meta condivisa e non ci arrendiamo dinanzi alle difficoltà, allora potremmo raggiungerla, salendo sul gradino più alto del podio. Gli sposi, disegnando insieme il loro presente e futuro, sono uniti da uguali progetti, perché quando c’è un ideale comune, interloquisce Antoine De Saint Exupery: “Amare non è guardarsi negli occhi, ma guardare insieme nella stessa direzione”. Per i fidanzati e gli sposi non esistono manuali o ricette precostituite, vi sono però alcuni suggerimenti che non si palesano mai vani. “Ricordate: giudicare l’altro e polemizzare con lui per farlo cambiare porta inevitabilmente, a lungo andare, a rancori e frustrazioni reciproche. Guardare solo le cose negative è facile e … banale. Potete pensare di cambiare partner, potete fermarvi ad analizzare sempre il comportamento dell’altro, potete continuamente lamentarvi, ma il vostro rapporto non farà un passo, non uno, verso lo stare bene. Dunque, un consiglio: accettate i vostri punti deboli, accettate quelli del vostro coniuge e il vostro rapporto comincerà ad andare bene. Aiutate l’altro, valorizzatelo, fate emergere la sua parte migliore e il vostro rapporto andrà sempre meglio. Non ho mai concordato con quanti si sentono liberi da tensioni e identificano in ciò la prova del loro amore. Le prove dell’amore si vedono nei momenti difficili, quando l’altro è in crisi, non si piace, ha perso la stima di sé, oppure quando tutto ciò capita a voi stessi”». (V. Albisetti, psicologo). [dal mio libro “L’amore e le differenze psicologiche e comportamentali tra uomo e donna“].

In effetti, «l’amore non è un vestito già confezionato, ma stoffa da tagliare, preparare e cucire. Non è un appartamento “chiavi in mano”, ma una casa da concepire, costruire, conservare e, spesso, riparare» (M.Quosit). Karol Wojtyla nel libro La Bottega dell’Orefice ci regala una bellissima riflessione quando disquisisce: «L’orefice guardò la vera, la soppesò a lungo sul palmo e mi fissò negli occhi. E poi decifrò la data scritta dentro la fede. Mi guardò nuovamente negli occhi e la pose sulla bilancia… poi disse: “Questa fede non ha peso, la lancetta sta sempre sullo zero e non posso ricavarne nemmeno un milligrammo d’oro. Suo marito dev’essere vivo – in tal caso nessuna delle due fedi ha peso da sola – pesano solo tutte e due insieme. La mia bilancia d’orefice ha questa particolarità che non pesa il metallo in sé, ma tutto l’essere umano e il suo destino”. L’amore non è un’avventura. Prende sapore da un uomo intero. Ha il suo peso specifico. E’ il peso di tutto il suo destino. Non può durare un solo momento. L’eternità dell’uomo passa attraverso l’amore. Ecco perché si ritrova nella dimensione di Dio – solo Lui è l’Eternità!»

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