Nuovi sondaggi sulla fede religiosa: una rinascita?

Piazza San PietroAbbiamo già accennato al fatto che nel nuovo lessico degli italiani, studiato da Demos-Coop per la Repubblica delle Idee, al primo posto nel dizionario del nostro tempo c’è Papa Francesco, definito «vettore del consenso e del cambiamento. Riferimento condiviso. Da tutti. A destra ma anche a sinistra. Soprattutto fra le donne».

Nella rappresentazione sociale, anche il giudizio sulla Chiesa migliora decisamente, molti osservatori hanno parlato di un aumento delle persone che si riavvicinano alla Chiesa, in particolare per quanto riguarda l’accostamento al sacramento della Confessione. Un effetto (rinominato “l’effetto Francesco“) che secondo alcuni ha avuto inizio già durante il pontificato di Papa Benedetto XVI, non sappiamo comunque se lo stesso sta accadendo anche nel resto del mondo (abbiamo invece notizie simili dall’America Latina).

Un interessante sondaggio americano, realizzato da Gallup, rileva che per tre americani su quattro la religione starebbe perdendo la sua influenza negli Stati Uniti, Tuttavia per una percentuale quasi identica, il 75%, questo trend è di cattivo auspicio per il Paese in quanto secondo il campione analizzato sarebbe positivo se gli Usa fossero uno Stato più religioso di quanto già è oggi (per il 17%, invece, è una buona notizia).

Un altro importante studio, realizzato in Francia dal periodico “Le Monde Diplomatique” (del gruppo “Le Monde”), osserva invece che il numero dei credenti continuerà a crescere nel corso dei prossimi 40 anni e il cristianesimo rimarrà la prima comunità religiosa al mondo. In particolare, nel 2050 il Cristianesimo, l’Islam e l’Induismo saranno le tre religioni maggiormente cresciute, mentre per islam e induismo sarà dovuto alla crescita parallela agli alti tassi demografici, per il cristianesimo si spiegherà in relazione alle numerose conversioni. Si fa infine notare che questi dati negano il concetto europeo del declino delle religioni, mostrando il contrario: la buona salute delle confessioni. Si tratta, si legge, di una percezione eurocentrica che non risponde alla vera realtà come è stato segnalato in Italia dall’interessante volume: America religiosa, Europa laica? Perché il secolarismo europeo è un’eccezione (Il Mulino 2010) realizzato da tre dei principali sociologi della religione: P. Berger, G. Davie, E. Fokas.

Della secolarizzazione e del suo declino ci occuperemo a breve con un articolo apposito analizzando recenti studi statistici, ci interessa infine notare come anche in due Stati a lungo sotto una dittatura, come la Corea del Sud e Cuba, stia rinascendo la fede religiosa. Recenti sondaggi hanno rilevato una importante crescita della popolazione cattolica in South Korea (mentre in quella del Nord prosegue la discriminazione dei cristiani da parte del governo ufficialmente ateo), ed anche a Cuba negli ultimi anni la Chiesa cattolica è diventata una degli enti più influenti al di fuori del governo, fattore che ha portato al Paese ad aprirsi maggiormente al resto del mondo.

Occorre comunque ricordare, come insegna Vittorio Messori, che per la la logica evangelica ogni possibile “trionfo” della fede sarà sempre accompagnato dallo scacco, almeno secondo le categorie umane. Anzi, stando al Nuovo Testamento, la fede sopravviverà sì fino al ritorno di Cristo, ma andrà declinando e sarà messa in pericolo. Sembra di capire, osserva Messori, che si ridurrà, almeno quantitativamente, mano a mano che si avvicina alla fine della storia (“Qualche ragione per credere”, Ares 2008, p. 277).

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

La donna con sindrome di Down: «l’aborto non mi ha fregata»

Cristina AcquistapaceNel 2010 ha fatto scalpore il video di Gianna Jessen, una donna che è sopravvissuta all’aborto e ora viene invitata in tutto il mondo per raccontare la sua storia. «Lo slogan oggi è: “libertà di scelta, la donna ha il diritto di scegliere”, e intanto la mia vita veniva soppressa nel nome dei diritti della donna», questa è la frase che tormenta giorno e notte femministe e abortisti di tutto il mondo.

Oggi proponiamo un altro video, realizzato dalla trasmissione “A sua immagine” del 10 gennaio 2009, la cui protagonista è Cristina Acquistapace, una donna affetta da sindrome di Down che ha scelto di diventare suora nel 2006, all’età di 33 anni, entrando nell’Ordo Virginum della Diocesi di Como. «Non me la sento di essere felice da sola», ha confidato alla madre, spiegando di non voler vivere solo per se stessa, ma al contrario, avvertendo la necessità di donare un poco di questa felicità anche agli altri. La Chiesa ha vagliato per anni la richiesta, accertandosi dell’autenticità della vocazione, fino a quando tutti i dubbi sono stati rimossi. «La sindrome di Down per me non è stata né una maledizione né una benedizione – spiega Cristina – ma il modo per capire che sono portata per delle cose e non per altre. E sono pronta ad affrontare gli impegni che ho assunto».

Cristina non è mai stata in silenzio di fronte alla strage di bambini Down abortiti che, secondo una accurata indagine del prof. Benedetto Rocchi, professore di economia all’Università di Firenze, il numero è stato tra i 799 e 1309 di bambini down abortiti (stima “pessimista”) nell’anno 2009. Ha affermato la donna: «Non mi sono mai sentita diversa dagli altri, perché come tutti sogno, spero, desidero, provo dei sentimenti, gioco. Io sono contenta di essere venuta al mondo, di essere nata, e ringrazio tutt’oggi i miei genitori che mi hanno fatta nascere». Ha quindi continuato: «L’aborto è una decisione infelice, ci sono madri che non se la sentono di portare avanti dei bambini, non ce la fanno. Si perdono una grande gioia, secondo me, perché tutti i figlio, in qualsiasi modo nasca, è un dono del cielo, e ha tutto il diritto di venire al mondo per mostrare quello che è capace di fare. Anche se sa fare poco, deve far vedere che lo sa fare». Infine la conclusione glaciale: «sono stata fortunata ad essere nata nel ’72, perché se nascevo oggi, nel 2000, l’amniocentesi mi fregava».

Un appello che rivolgiamo ai tanti vip che fanno la fila per presenziare alle “Giornata mondiale delle persone con sindrome di Down”, durante le quali si bada bene di non citare l’aborto come causa principale di morte delle persone affette da tale handicap. Chi ha il coraggio di stare davanti a Cristina e parlare dei (presunti) diritti della donna di scegliere di sopprimerla?

 

Qui sotto il video con Cristina Acquistapace (pubblicato anche sul nostro canale Youtube)

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Olanda: dopo le nozze gay legalizzata anche la poligamia

Poligamia“Noi ve lo avevamo detto…”, è antipatico da dirsi tuttavia non possiamo non ricordare che il 3/09/12 abbiamo chiesto: Perché accettare le nozze gay e non incesto e poligamia?, spiegando che se il matrimonio viene concepito erroneamente riducendolo come l’unione di persone legate da un sentimento, e pertanto aperto anche alle coppie omosessuale, allora non si può più sostenere il divieto al riconoscimento statale e all’equiparazione al matrimonio naturale anche per altre relazioni romantiche basate sul consenso reciproco, come incesto e poligamia (ma anche un intenso rapporto di amicizia, o di amore tra sorelle o fratelli ecc.). Il matrimonio si distrugge poiché ne vengono minate le fondamenta.

Il 22/04/13 abbiamo infatti fatto notare che le stesse richieste degli omosessuali circa il matrimonio sono avanzate -con le stesse parole- anche dai gruppi poligamici, come la Polyamory Action Lobby. Giancarlo Galan (PDL) ha aperto recentemente alle nozze gay affermando che «i colleghi cattolici non negheranno la felicità agli altri». Dato che Galan non ha approvato anche il matrimonio incestuoso e la poligamia, ci chiediamo coerentemente perché lui voglia negare la felicità agli incestuosi e ai poligamici. Tutto questo ovviamente per dire che l’errore è sul concetto sbagliato di matrimonio, che non necessità solo dell’amore reciproco e consenziente perché non è solo un contratto, ma è il legame istituzionale alla base di una famiglia, è l’istituzione nata per proteggere e garantire la filiazione, stabilita in modo da determinare i diritti e i doveri che passano fra le generazioni.

In Olanda, il primo Paese a legalizzare i matrimoni gay e tra i luoghi più gay-friendly al mondo, non potendo più frenare l’ipocrisia, si è dovuta legalizzare la poligamia come previsto, riconoscendo ufficialmente il primo caso di poligamia “legale” in Europa nel settembre del 2005. Victor de Brujin (46 anni) ha “sposato” sia Bianca (31 ani) che Mirjan (35 anni) in una cerimonia davanti a un notaio che ha registrato la loro unione civile. La notizia è stata rilanciata erroneamente un mese fa in Italia, squarciando in ogni caso il velo di ombra su tale notizia (almeno in Italia). I nostri sospetti erano dunque fondati e occorre soltanto attendere che i media comincino a ricattare emotivamente i loro lettori parlando di “poligami infelici” e inventandosi la “poligamofobia” e la realtà olandese si diffonderà in tutto l’Occidente, trasformando le nozze gay in cose da trogloditi conservatori.

Lo dice già oggi il filosofo di Princeton Peter Singer: nel momento in cui i politici discutono sulla definizione di matrimonio tra due persone, Singer sostiene che ogni tipo di comportamento sessuale “pienamente consensuale” è eticamente giusto, ed è indifferente che coinvolga due persone oppure duecento. Ad esempio, intervistato da Marvin Olasky (qui tradotto in italiano), ha approvato la necrofilia (due persone che si accordano sulla possibilità, concessa a chi dei due sopravvive all’altro, di avere rapporti sessuali con il cadavere del partner) perché «non c’è alcun problema morale al riguardo». Riguardo alla zoofilia (persone che fanno sesso con gli animali, considerati come partecipanti consenzienti) ha invece risposto: «ti chiederei che cosa ti trattiene dall’avere una relazione più appagante, ma di sicuro non è qualcosa di moralmente sbagliato».

Come ha spiegato il criminologo Alessandro Benedetti, il Consiglio d’Europa attraverso l’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, istituito all’interno del Dipartimento per le Pari Opportunità), nell’intento di combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o l’identità di genere ha invitato gli Stati membri ad abrogare «qualsiasi legislazione discriminatoria ai sensi della quale sia considerato reato penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso, ivi comprese le disposizioni che stabiliscono una distinzione tra l’età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali» (art. 18). Ecco dunque che anche la pedofilia (o comunque il rapporto sessuale con un minore consenziente) comincia a fare sempre più capolino nelle società gay-friendly, poiché -ha spiegato l’avvocato- «se il criterio per considerare lecito e normale – e pertanto generatore di diritti – qualsiasi tipo di unione sessuale ed affettiva è la libertà ed il libero consenso delle parti, dopo aver sdoganato penalmente e quindi culturalmente i rapporti tra maggiorenni e minori anche di anni 14, si passerà a sdoganare l’incesto (che già oggi è reato solo in caso di pubblico scandalo: art. 564 cod.pen.) e la poligamia ed a richiedere per entrambi il riconoscimento giuridico con relativi diritti».

Nel frattempo sono sempre più numerosi gli studiosi che chiedono proprio l’apertura all’incesto. Lo ha fatto il bioeticista della Harvard Law School, Glenn Cohen (e non un Odifreddi qualsiasi!), il quale vorrebbe abolire il concetto di «interesse superiore del bambino» quando si parla di fecondazione assistita: «Lo Stato non può giustificare i tentativi di intervenire sul se, come, quando e con chi un individuo si riproduce sulla base del danno che sarà arrecato al bambino, perché senza quell’intervento il bambino non esisterebbe». Secondo l’accademico, in questo senso, anche l’incesto non deve essere proibito perché i tentativi di «regolare la riproduzione» sulla base dell’interesse del bambino che nascerà «sono ingiustificati».

Arrivederci a fra pochi anni per il prossimo: “noi ve l’avevamo detto….”.

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Il fratello di Leonardo Boff: «dovevamo ascoltare Ratzinger!»

Leonardo BoffLa Teologia della Liberazione è stata una delle peggiori sciagure abbattutesi sulla Chiesa, i cui autori sono il teologo Gustavo Gutierrez, domenicano e Leonardo Boff, francescano. Nata dopo il Concilio Vaticano II, aveva lo scopo di essere una sua interpretazione calata nel contesto drammatico della povertà di massa dell’America Latina.

Eppure ha finito per mischiare la teologia con l’analisi marxista, legittimando la lotta di classe, armata e quindi inevitabilmente violenta. Per questo l’episcopato dell’America Latina ha condannato questa Teologia comunista nel 1979 e lo stesso ha fatto il card. Joseph Ratzinger, su invito di Giovanni Paolo II, dopo averla studiata dal punto di vista dell’ortodossia e della dottrina sociale della chiesa. In entrambi i documenti, “Libertatis Nuntius” (1984) e “Libertatis Conscientia” (1986) è stata denunciata la sudditanza della Teologia della Liberazione all’analisi marxista della società e quindi la sua incompatibilità con il messaggio evangelico. Un’analisi accurata è stata fatta poco tempo fa dal prof. Marco Fasol sul nostro sito web.

Leonardo Boff (oggi collaboratore del “Fatto Quotidiano”) non ha mai perdonato questo intervento di Ratzinger sulla “sua” creatura. Se n’è andato dalla Chiesa e ha iniziato a marciarvi contro con la sua attività nelle sedicenti “Comunità di base” brasiliane. Una sorta di Don Gallo carioca. Recentemente ha esaltato la figura di Papa Francesco, anche se poco prima del Conclave ai quotidiani brasiliani diceva che Bergoglio non doveva esservi nemmeno ammesso. Questo perché, lui non lo dice ma è il vero motivo, il card. Bergoglio ha vissuto in Argentina l’esperienza della Teologia marxista, rigettandone le tesi e arrivando anche a condannare i suoi confratelli gesuiti che si lasciavano attrarre.Teologia della liberazione

Interessante a questo proposito l’intervista realizzata dal quotidiano “Folha de São Paulo” al fratello di Leonardo Boff, Clodoveo. Il quale ha affermato, smentendo suo fratello Leonardo: «Nei due articoli pubblicati dal card. Ratzinger egli ha difeso il progetto essenziale della teologia della liberazione: l’impegno per i poveri a causa della fede. Allo stesso tempo, ha criticato l’influenza marxista. La Chiesa non può avviare negoziati per quanto riguarda l’essenza della fede: non è come la società civile dove la gente può dire quello che vuole. Siamo legati ad una fede e se qualcuno professa una fede diversa si autoesclude dalla Chiesa. Fin dall’inizio ha avuto chiara l’importanza di mettere Cristo come il fondamento di tutta la teologia. Nel discorso egemonico della teologia della liberazione, tuttavia, ho avvertito che la fede in Cristo appariva solo in background. Il “cristianesimo anonimo” di Karl Rahner era una grande scusa per trascurare Cristo, la preghiera, i sacramenti e la missione, concentrandosi sulla trasformazione delle strutture sociali».

Clodoveo Boff, fratello di Leonardo, ha quindi proseguito: «Negli anni ’70 il card. Eugenio Sales mi ha ritirato la certificazione per l’insegnamento della teologia presso l’Università Cattolica di Rio. Sales mi ha affabilmente spiegato: “Clodoveo, penso che ti sbagli. Fare del bene non basta per essere cristiani, l’essenziale è confessare la fede..”. Aveva ragione, infatti la Chiesa è diventata irrilevante. E non solo essa, ma Cristo stesso».

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Oriana Fallaci: «Amo la vita da non potermi non dire cristiana»

Oriana FallaciTra pochi giorni sarà l’anniversario di nascita di Oriana Fallaci, una delle ultime vere giornaliste italiane.

“La stampa fa schifo”, si lamenta oggi Beppe Grillo e ha pienamente ragione. La maggioranza dei giornalisti, la vera Casta (molto più che quella politica) oggi sono burattini in mano al potente editore ed è paradossale che periodicamente ci scrivano i blogger del “Fatto Quotidiano”, quando denunciamo le loro campagne denigratorie contro lo scomodo cattolico di turno, giurando e scongiurando di essere indipendenti dalla linea editoriale del quotidiano.

Gli scribacchini dovrebbero avere in redazione una foto di Oriana Fallaci, lei sì che non aveva paura di andare contro al politicamente corretto. Con i suoi scritti, «con le sue micidiali e irriverenti interviste ha spogliato il potere dei suoi paramenti e offrendo pubblico spettacolo delle sue debolezze» scrive oggi Umberto Cecchi, nel suo ricordo dell’amica Oriana (Oriana Fallaci. Cercami dov’è il dolore, Polistampa 2013).

Oriana era antipatica perché pestava i piedi ai potenti e ai sacri mostri dell’intellighentia italiana, come Dario Fo (che chiamava «un vecchio giullare della repubblica di Salò»), per questo pochissima gente si è recata al suo funerale nel 2006, per questo le è stato negato il Fiorino d’oro. Per questo scese in campo Sabrina Guzzanti per ironizzare sul cancro che divorò la scrittrice toscana e lei la asfaltò: «Giovanotta, essendo una persona civile io le auguro che il cancro non le venga mai. Così non ha bisogno di quell’esperienza per capire che sul cancro non si può scherzare. Quanto alla guerra che lei ha visto soltanto al cinematografo, per odiarla non ho certo bisogno del suo presunto pacifismo. Infatti la conosco fin da ragazzina quando insieme ai miei genitori combattevo per dare a lei e ai suoi compari la libertà di cui vi approfittate».

Cresciuta da genitori militanti di Giustizia e Libertà, un movimento nato nel 1929 che lottava contro il fascismo e per una società laica e secolarizzata, nel suo “La Rabbia e l’Orgoglio” (2001) ha scritto: «Io sono atea, graziaddio (…) Se un Papa e un’atea dicono la stessa cosa, in quella cosa dev’esserci qualcosa di tremendamente vero». Eppure ha sempre lottato per le radici cristiane, contro la resa incondizionata della nostra fede e cultura occidentale di fronte a qualsiasi altra fede o cultura. Nel caso specifico di Oriana erano la fede e la cultura islamica, quella fondamentalista.

Negli ultimi anni della sua vita si è avvicinata alla Chiesa cattolica, tramite l’amicizia personale con mons. Rino Fisichella e il cardinale Joseph Ratzinger. Divenne una paladina dei principi non negoziabili sui temi etici come aborto, eutanasia e matrimonio omosessuale (si vedano in particolare gli scritti nel bienno 2004-2006). Molto amica del popolo ebraico in una telefonata al vaticanista Luigi Accattoli ha detto: «Ho amato così tanto la vita da non potermi non definire cristiana».

Il suo amico Ratzinger spronava chi non crede in Dio a «provare a vivere come se Dio esistesse». Negli ultimi tempi Oriana ha confidato di riflettere spesso su quelle parole. E probabilmente si è accorta di aver accettato, da tempo, questa scommessa.

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

L’uomo, il linguaggio e la sua irriducibilità

LinguaggioI linguisti dibattono da tempo se i bambini realmente capiscono la grammatica che stanno utilizzando o stanno semplicemente memorizzando e imitando gli adulti. Un nuovo studio della University of Pennsylvania ha fatto luce su questo: i bambini, dai 2 anni in poi capiscono le regole grammaticali di base appena imparano a parlare, ma non lo fanno semplicemente come imitazione degli adulti.

I ricercatori hanno poi applicato la stessa analisi statistica sui dati di uno dei più famosi esperimenti di acquisizione-linguaggio negli animali (Project Nim), rilevando che gli scimpanzé a cui è stato insegnato il linguaggio dei segni nel corso di molti anni, non hanno mai afferrato le regole grammaticali che invece appaiono innate nei bambini di 2 anni. La conclusione tratta è molto semplice e contraria ad ogni scienza riduzionista: l’apprendimento della lingua è una caratteristica unicamente umana.

Filippo Tempia, ordinario di Fisiologia presso l’Università di Torino e direttore di un laboratorio di ricerca presso il Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi ha a sua volta spiegato che «negli animali manca completamente un omologo del linguaggio umano» (Complessità, evoluzione, uomo p. 192). Come già messo in luce dal biologo evoluzionista americano Marc Hauser, esiste un «divario fondamentale e senza precedenti» nell’evoluzione dell’uomo e dell’animale.

Esiste cioè una irriducibilità dell’uomo al suo substrato chimico, biologico e genetico, egli è ontologicamente differente da qualsiasi cosa lo circondi. L’uomo non è un animale semplicemente più evoluto, ma appartiene ad un’altra dimensione che non deriva dal graduale operare della selezione naturale nel corso del tempo (anche perché l’evoluzione non procede in modo graduale e la selezione naturale non è la sua unica protagonista).

Un’altra notizia recente circa il linguaggio riguarda la scoperta di una lingua comune e madre, un idioma arcaico nato probabilmente dalle parti dell’Anatolia o del Caucaso, comune a tutti i popoli dell’Europa e dell’Asia e di cui esistono ancora oggi delle tracce.

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Francesco Agnoli demolisce Augias e Odifreddi

cafe teologicoIl Café Teologico è un incontro pubblico a scadenza quindicinale che affronta i temi più dibattuti della ragione e della fede. Ideato e organizzato dalle «Sentinelle del mattino», ovvero una realtà della Chiesa Cattolica che aiuta a formare cristiani capaci e dediti all’evangelizzazione (“sentinelle”), ovvero che sappiano dare “ragione della speranza che è in loro”: www.sentinelledelmattino.org

La bella iniziativa è nata a Verona e oggi si svolge anche a Termoli, Verbania, Cremona, Ravenna, Città di Castello e Pescara (ma sarebbe bello se esistesse in tutte le città, servono solo persone volenterose!) grazie alla partecipazione di diversi relatori esperti di storia, filosofia, morale, scienza (mentre gli ospiti sorseggiano tisane e caffè).

Il penultimo appuntamento del Cafè Teologico, il 22 maggio 2013, ha visto la partecipazione di Francesco Agnoli, giovane saggista, scrittore, professore di storia e filosofia nonché apprezzata firma del quotidiano “Il Foglio”. Il suo obiettivo, pienamente raggiunto, è stato quello di mostrare l’inconsistenza e la vacuità dei due principali anticattolici italiani, ovvero il giornalista e scrittore Corrado Augias e l’ex matematico ed ex seminarista Piergiorgio Odifreddi. Avendo studiato i loro libelli anticristiani ha avuto facile gioco nello smontare le loro prevedibili tesi, non di rado confrontandole con quanto dicono gli storici, i filosofi e gli scienziati più affermati. Il tutto attraverso un’ottima capacità oratoria accompagnata da una piacevole ironia. Buona visione!

 

Qui sotto il video della conferenza (pubblicato anche sul nostro canale Youtube)

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Alcuni motivi per essere contro al Gay Pride

Gay Pride 
di Giuliano Guzzo*
*sociologo

 
da Il Giornale di Vicenza, 12/06/13
 

Egregio Direttore,

desidero esprimere forte perplessità rispetto al “Gay Pride” in programma per sabato a Vicenza [sabato scorso, 15 giugno, ndr]. Perplessità che nasce da più considerazioni.

La prima riguarda la natura stessa di questo genere di manifestazione, sovente contrassegnate da volgarità e provocazioni che mal si conciliano con la più che legittima richiesta, da parte dei cittadini omosessuali, di non subire alcuna forma di discriminazione; sfugge infatti il nesso – sempre che un nesso vi sia – fra l’esibizione, anzi l’ostentazione della propria sessualità e la richiesta di non essere trattati come “diversi”. La spettacolarizzazione del sesso, compreso quello di tendenza eterosessuale, offende il pudore e meraviglia che sfilate orientate allo scandalo siano consentite.

Una seconda ragione di perplessità deriva dall’opportunità stessa di un “Gay Pride”: a che serve? Forse a chiedere che la cattolica Italia sia meno “omofoba” e più tollerante? Fortunatamente il nostro Paese, su questo versante, è già all’avanguardia. Basti dire da noi l’omosessualità è stata depenalizzata nel lontano 1866 – ben prima dall’anglicana Gran Bretagna (1967), della Germania comunista (1968), della luterana Norvegia (1972) o d’Israele (1988) – e che un recentissimo studio a cura del Pew Research Center afferma che siamo addirittura l’ottavo Paese al mondo quanto ad accettazione sociale dell’omosessualità. Non solo: se osserviamo l’andamento di siffatta tolleranza per gli ultimi cinque anni scopriamo come, mentre in Germania ed in Spagna – Paesi nei quali unioni civili e nozze gay sono legali -, fra il 2007 ed il 2013 l’apertura verso l’omosessualità è aumentata dal 6%, da noi il fenomeno sia stato ancora maggiore: più 9%. A questo si aggiungano i dati dell’UNAR – acronimo che sta per Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali – presso il quale esiste un numero verde per la segnalazione di presunti casi di “omofobia”; ebbene, nel 2012 le chiamate sono state 135. Numero comunque non basso, ma non catastrofico e certo non da Paese “omofobo” o che abbisogni di norme “anti omofobia” giacché, oltre alla L. 25/6/1993 n. 20 contro i crimini d’odio, già vige il reato di ingiuria per chi lede l’onore di una persona (art. 594), la diffamazione (art. 595), la diffamazione per mezzo stampa (art. 596 bis) nonché l’aggravante comune per aver agito per motivi abietti o futili (art. 61).

Tornando dunque al “Gay Pride” di Vicenza, rimane da capire la ragione di una simile manifestazione. Se serve a chiedere più tolleranza, come abbiamo visto, sfonda una porta aperta. Lo stesso se serve a chiedere diritti per gli omosessuali conviventi, giacché questi diritti sono già presenti nel nostro ordinamento. Il problema è che molte volte questo non si sa – prova ne è la recente pubblicazione di un libro eloquente sin dal titolo: Certi diritti che le coppie conviventi non sanno di avere (Nuovi Equilibri, 2012) – oppure viene volutamente taciuto al fine di propagandare le unioni civili.

Per queste ragioni, rammentando l’importanza di un adeguato contrasto alle discriminazioni e sottolineando l’assoluta importanza del rispetto per ogni persona, ritengo che il “Gay Pride” non solo non incoraggi alcuna forma di rispetto, ma ne sia, con le volgarità che notoriamente ospita, lampante negazione.
Giuliano Guzzo

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

L’aborto influisce sulla crisi demografica ed economica

Crisi economicaOggi più che mai, la battaglia contro l’aborto assume un valore sociale, ancor prima che etico; le ripercussioni della pratica abortiva, infatti, influiscono profondamente sul benessere e sull’evoluzione di una società, specialmente sulle persone appartenenti a strati sociali che vivono quotidianamente difficoltà di ogni tipo.

Alcuni dei maggiori problemi che l’aborto può contribuire a sviluppare, sono quelli legati alla denatalità e alla crisi demografica. Se condotte all’estremo, queste problematiche possono diventare una vera e propria minaccia per la sopravvivenza di una società, come sostiene l’economista Edward Hugh, che ha espresso le sue preoccupazioni in merito nel libro “Popolazione, la risorsa non rinnovabile”.

Hugh, è un economista di fama internazionale; il “profeta della caduta dell’euro”, così come definito dal New York Times, è stato chiamato a collaborare con il fondo monetario internazionale al fine di analizzare conseguenze e possibili sviluppi della crisi economica spagnola, ed è noto anche per aver ripreso ed arricchito le teorie sul legame fra l’invecchiamento della popolazione e la crisi economica. Secondo tali teorie, all’aumentare dell’età della popolazione diminuiscono l’imponibilità fiscale collettiva il capitale complessivo per gli investimenti, e le persone anziane preferiscono volgere la loro attenzione su investimenti a basso rischio. Secondo Hugh, senza crescita demografica non può esserci nemmeno crescita economica, e alcuni Paesi come Italia, Spagna e Portogallo, in queste condizioni, sono destinati al dissesto economico e sociale. In Portogallo, ad esempio, nel 2012 sono nati solo 90.000 bambini; secondo Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione Europea, all’inizio del 2012 il tasso di ultrasessantenni è salito al 18%, contro il 14% del 1992. E’ chiaro che la crisi demografica non può essere ricondotta solo ed esclusivamente all’aborto; ma è certo che questo tipo di pratica non aiuta, anzi acuisce, un problema che nei prossimi anni potrebbe diventare davvero molto serio.

La pratica dell’aborto, inoltre, può influire molto negativamente anche sulla crisi economica. La quantità di denaro investita per questo tipo di attività, infatti, è davvero incredibile; ogni operazione di aborto chirurgico costa una cifra compresa fra i 1.479 e i 1.814 euro. Secondo un censimento ufficiale, nel 2010 in Italia sono stati effettuati 115.000 aborti; il totale, quindi, è di circa 170.000.000 di euro a tariffa minima, e di 200.000.000 di euro a tariffa massima. Antonio Brandi, fondatore del mensile “Notizie Pro Vita”, ha ricordato che “nel 2010 sono ricorse al “bimbo in provetta” circa 70mila coppie d’italiani, assistite principalmente in strutture pubbliche pagate con i soldi dei contribuenti, e l’uso dell’RU486, stando alla Nordic Pharma, la casa farmaceutica che la vende in Italia, è passato da 7397 pillole nel 2011 a 9703 nel 2012. Si stima dunque che, nell’insieme, ciò comporti altri 70 milioni di euro circa da aggiungersi a quelli sborsati per l’aborto chirurgico“. Questo vale a dire che il solo aborto chirurgico, costa in media 500.000 euro al giorno. C’è da considerare, inoltre, che l’aborto è oggi una spesa statale; la legge 194, infatti, lo rende legale, e ne addossa tutti i costi allo Stato. Considerando, quindi, che dal 1978 ad oggi, in Italia sono stati praticati circa 5.000.000 aborti chirurgici, l’ammontare del costo di questa pratica oscilla tra i 7 e i 9.000.000.000 di euro; l’eliminazione fisica di bambini non ancora nati, quindi, grava sulle spalle dei contribuenti italiani per cifre decisamente inaccettabili.

Per far fronte a tutto ciò, in Italia sono nati i “Centri aiuto alla vita“, presenti attualmente in tutte le Regioni italiane. Queste strutture hanno fino ad ora assistito circa 500.000 donne e sottratto all’aborto circa 160.000 bambini. E’ evidente la necessità sempre più urgente di far fronte alle problematiche derivanti dall’aborto, perché, come evidenziato dai numeri, l’emergenza non è confinata al solo ambito dell’etica, ma lo ha di gran lunga oltrepassato diventando un macigno pesantissimo anche da un punto di vista economico.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Usa, il caso Gosnell mette in crisi la legislazione abortista

Sangue sui pavimenti, puzza di urina e feci di gatto in giro, mentre donne semincoscienti su lettini non meno sporchi aspettavano il loro turno per abortire, per mano di personale non qualificato, tra cui una ragazzina quindicenne. Questo è quanto emerge dalle relazioni degli investigatori sulla clinica del medico abortista Kermit Gosnell, recentemente condannato a due ergastoli, per infanticidio seriale e l’omicidio colposo di due pazienti, di cui una ventenne. La clinica degli orrori di Philadelphia riapre la discussione sull’aborto in America.

Il ‘Mengele americano’, come è stato eloquentemente soprannominato, effettuava aborti anche molto oltre il termine stabilito per legge (24 settimane), arrivando fino a 36 settimane (9 mesi, per intenderci) di gestazione. Ai bambini nati vivi era riservato l’atroce metodo dello ‘snipping‘, come ribattezzato dal dottore stesso: veniva recisa la spina dorsale con delle forbici all’altezza del collo. Una sorta di “decapitazione” come testimoniato dai dipendenti della clinica, il cui pianto dei neonati risuona ancora nitido nelle orecchie. La ‘procedura standard’ prevedeva infatti che i bambini fossero lasciati piangere per circa mezz’ora, prima che un taglio netto separasse il cervello dal resto del corpo. La relazione del Gran Giurì riporta, “queste uccisioni erano diventate talmente di routine, che nessuno ha potuto dare una cifra esatta”.

Il caso Gosnell porta alla luce una serie di scandali concatenati, impossibili da ignorare quanto da metabolizzare. In primis  il caso amministrativo. Risulta infatti dal rapporto del Gran Giurì, che la clinica degli orrori fu ispezionata già 3 volte tra l’89 e il ’93, risultando in tutti e tre i casi, assolutamente inadeguata, senza che alcun tipo di azione fosse richiesta a riguardo. Dal 1993 in poi, malgrado le numerose denunce, nessun tipo di controllo -nemmeno pro forma- fu portato avanti. Le indagini inizieranno solo nel 2010, un anno dopo la morte della paziente Karnamaya Mongar, 41 anni.

In secondo luogo, a caratterizzare il caso della “macelleria Gosnell” è stata la silenziosa compiacenza dei media. Senza mezzi toni, la deputata Marsha Blackburn parla del “più grande scandalo mediatico della storia americana”. A rompere il silenzio, un brevissimo servizio della Cnn. Nel frattempo, la protesta montava su Twitter con l’hastag #gosnell, mentre le principali emittenti nazionali come la Abc, la Cbs, la Nbc, la Msnbc o la Npr, si tenevano accuratamente lontani dalla storia. Per rompere quello che è stato definito un vero e proprio media blackout sulla clinica, è stato anche lanciato il sito WhoisGosnell.com, dove sono raccolte in modo esaustivo tutte le informazioni sul caso, comprese le raccapriccianti foto degli aborti. Prevedibilmente, a parte un distratto articolo del Corsera, ed oltre al Foglio, i principali media nazionali hanno completamente ignorato la vicenda.

Infine, ad emergere è la questione sia morale che politica che mette in crisi l’attuale legislazione statunitense sull’aborto. A detta di Obama infatti, l’IVG dovrebbe essere “sicura, legale e rara”, ed è evidente che più di qualcosa dev’essere andato storto nei piani del presidente. Come sostiene James Taranto sul Wall Street Journal, la clinica degli orrori scuote alle fondamenta la legislazione abortista, basata sul fatto che la proibizione dell’interruzione volontaria di gravidanza sarebbe causalmente collegata al pericolo di interventi clandestini che metterebbero a grave rischio la salute della donna. Concezione evidentemente smentita dal caso Gosnell, sviluppatosi in un ambiente giuridico non esattamente restrittivo in materia. La questione che emerge, e che i media liberal hanno tentato di occultare, coinvolge l’aborto e l’operato delle cliniche in quanto tale. Che differenza ci sarebbe infatti tra la macelleria di Gosnell e le altre cliniche abortive? L’igiene -forse-, ha risposto qualcuno.

Nicola Z.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace