Chi nega il libero arbitrio cade in contraddizione

Libero arbitrioNel 2012 il prof. Michele Forastiere ha svolto su questo sito web una lunga trattazione (divisa in quattro parti: prima, seconda, terza e quarta) sul libero arbitrio, prendendo in considerazione le obiezioni di alcuni studiosi riduzionisti e rispondendo ad esse.

Il dibattito è interessante e coinvolge molti studiosi. La filosofia riduzionista di Daniel Dennett, ad esempio, sostiene che la mente è uguale al cervello e il pensiero è semplicemente il risultato della scarica dei neuroni. La psicologia per loro dunque è una forma di biologia, come ha commentato ironico Mark Latkovic, docente di Teologia Morale e sistematica presso il “Sacred Heart Major Seminary”. «Il pensiero presuppone un cervello funzionante», ha spiegato, «ma non può essere ridotto ad esso». Esso, «come spiegato da pensatori che vanno da Aristotele, Aquino, Mortimer Adler e Benedict Ashley, è un potere spirituale o immateriale della persona umana (e solo di ess), non una proprietà materiale».

Il problema centrale è che Dennett e i riduzionisti sono fortemente in contraddizione. La visione materialista del cervello, ha spiegato il teologo, «si fa beffe della impresa scientifica stessa, in quanto il ricercatore del cervello materialista regge la sua ricerca come prova che noi pensiamo con il nostro cervello e si appella a tale evidenza per convincerci della verità della sua posizione. Nel fare questa mossa, il materialista è attirato da una libera volontà che, nella sua visione del mondo, in realtà non dovrebbe esistere: è anch’essa un’illusione. Ma se la libertà è un’illusione, allora il suo appello scientifico non è scientifica, oltre che impraticabile. Egli è, in altre parole, catturato in una contraddizione». Spiegando in altre parole: se il materialista ha ragione quando nega che il pensiero è un processo immateriale, allora non dovrebbe tentare di convincere nessuno verso il suo modo di intendere le cose. Se ha ragione lui, infatti, tutti noi siamo già determinati: alcuni di noi saranno determinati a “pensare” che lui ha ragione lui e altri che si sta sbagliando, tutto a seconda della particolare attività fisiochimica succede nel nostro cervello. Quando il materialista vuole convincerci che ha ragione lui, in quel momento sta assumendo che il libero arbitrio esista e che il pensiero è immateriale.

Lo stesso tentativo di negare il libero arbitrio nasconde l’esistenza dello stesso e falsifica la pre-determinazione, altrimenti non ci sarebbe bisogno di un’apologetica specifica. Tale contraddizione viene definita “self-referential arguments” ed è stata evidenziata da Robert Doyle, fisico e filosofo docente alla Harvard University.

Lo stesso Doyle è stato intervistato recentemente da “Avvenire”, in occasione della sua ultima pubblicazione (disponibile liberamente su Internet su www.informationphilosopher.com) su tale argomento. «La domanda centrale del classico problema mente-corpo è come una mente immateriale possa muovere un corpo materiale se le catene causali sono limitate all’interazione tra oggetti fisici», ha spiegato Doyle. «In sintesi, il mio modello prevede una mente immateriale come pura informazione all’interno del sistema fisico che elabora quell’informazione, ovvero il cervello. In questo modo, si arriva a un fisicalismo non riduttivo e un dualismo emergentistico». «L’informazione – dice Doyle – è fisica ma immateriale. Non è né materia né energia, anche se ha bisogno di entrambe per la sua manifestazione. L’indeterminismo della fisica quantistica “rompe” la catene causali usate per ridurre i fenomeni biologici alla fisica e alla chimica e gli eventi mentali agli eventi neuronali. Ma ciò non vuole dire che le nostre scelte siano casuali».

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Terra piatta? Ius primae noctis? Falsità contro il medioevo

MedioevoLentamente tutte le bufale sui cosiddetti “secoli bui”, ovvero il Medioevo, stanno crollando grazie all’onestà intellettuale di molti storici. Per quanto riguarda l‘”Inquisizione medioevale“, ad esempio, è stato dimostrato che in realtà il fenomeno si diffuse nel Rinascimento e maggiormente in ambito protestante anzi, lo storico Christopher Black ha osservato che quella romana era decisamente “meno oscura di quanto si pensi”, anzi fu più umana e con poche condanne.

In questi giorni ha voluto smontare ancora una volta la leggenda dei “secoli bui” lo storico Alessandro Barbero, ordinario di Storia Medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale. Scrivendo su “La Stampa” ha osservato accennando a George Orwell: «Al popolo si insegna che nel brutto, lontano passato esistevano creature malvage chiamate i capitalisti, che opprimevano il popolo con le pretese più infami. Il procedimento immaginato da Orwell, creare un’immagine tenebrosa del passato allo scopo di esaltare il presente, è stato praticato davvero in Europa, dal Rinascimento fino all’Ottocento: vittima designata, il Medioevo. Umanisti e artisti rinascimentali orgogliosi della loro nuova cultura, riformatori del XVIII secolo in lotta contro il feudalesimo, positivisti dell’Ottocento intenti a celebrare il progresso e combattere la superstizione, si sono trovati tutti d’accordo a dipingere con le tinte più nere il millennio medievale. Sono nate così alcune istantanee, chiamiamole così, che tutti visualizziamo facilmente, tanto sono inseparabili dall’immagine popolare del Medioevo».

Sono molte queste leggende e il prof. Barbero le affronta smontandole: «Le folle atterrite che riempiono le chiese negli ultimi giorni prima dell’anno Mille, nella certezza che il mondo sta per finire; i dotti, in realtà ignorantissimi, che credono che la Terra sia piatta, o comunque non osano insegnare il contrario per paura di essere puniti dalla Chiesa; e naturalmente lo ius primae noctis evocato da Orwell, la legge infame per cui il signore del villaggio ha diritto alla verginità di tutte le ragazze, e biecamente riscuote quel che gli è dovuto la sera di ogni festa di nozze». Niente di tutto questo è vero e gli storici lo sanno. Anzi, lo storico, ha spiegato Babero, «si sente un po’ un guastafeste quando, dopo lunghe e accurate verifiche, gli tocca sentenziare che tutte queste immagini così pittoresche sono false, e che nulla di tutto ciò è mai accaduto davvero. Eppure è proprio così: se si va a controllare si scopre, con non poco stupore, che di queste cose nel Medioevo non si parlava affatto, e che sono tutte state inventate dopo».

Per quanto riguarda il presunto terrore della fine del mondo nell’anno Mille, secondo alcuni teorizzato dalla Chiesa, occorre sottolineare che «il 31 dicembre 999 il papa Silvestro II confermava i privilegi di un monastero per molti anni a venire a patto che in futuro ogni abate, quando veniva eletto dai monaci, si facesse consacrare dal Papa». Lo si evince dal foglio dell’Apocalisse di San Severo, manoscritto francese dell’XI secolo…è evidente che il Pontefice non aveva affatto in mente che il mondo stesse per finire.

Vogliamo parlare della terra piatta? Secondo il poco scientifico Alessandro Cecchi Paone fu Galileo Galilei a dimostrare che aveva una forma sferica, attirandosi così le ire della Chiesa. Eppure chiunque nel Medioevo dava per scontato che la Terra fosse sferica, proprio come oggi, tant’è che «ogni imperatore medievale si faceva raffigurare con in mano il simbolo del suo potere sul mondo: un globo sormontato dalla croce» ha commentato lo storico.

Ed infine, ultimo esempio, si parla della menzogna dello “ius primae noctis” (diritto della prima notte), la legge per cui ogni feudatario aveva il diritto di trascorre, in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba, la prima notte di nozze con la sposa. Eppure non vi sono testimonianze di una sua diffusione nell’Europa medievale e le fonti storiche non rintracciano direttive né da parte delle autorità laiche (re, imperatori), né da parte di quelle ecclesiastiche. Anche per questo, ha spiegato lo storico Barbero, «non lo incontriamo mai, se lo cerchiamo dove ci aspetteremmo di trovarlo. Il Medioevo ci ha lasciato un’infinità di novelle come quelle del Boccaccio, in cui si parla di sesso con grande franchezza», eppure «non c’è nemmeno un autore medievale che abbia pensato di trarre profitto da uno spunto così succulento come lo ius primae noctis, di cui oggi sceneggiatori del cinema e autori di romanzi storici si servono continuamente». Si è cominciato a parlarne dopo il ‘500, in pieno Rinascimento, «secondo uno schema preciso e che è sempre il medesimo: come qualcosa che capitava ai brutti vecchi tempi […] nella fantasia di eruditi creduloni che descrivono un passato leggendario, che comincia a circolare questa storia incredibile: quel passato era così barbaro che i signori pretendevano addirittura di godersi le spose dei loro servi nella notte delle nozze».

Da queste leggende è difficile sbarazzarsi, «non importa se da cent’anni nessuno storico serio le ripete più, e se grandi studiosi come Jacques Le Goff hanno insistito tutta la vita a parlare della luce del Medioevo», ha concluso laconico lo storico Barbero. «Nel nostro immaginario è troppo forte il piacere di credere che in passato c’è stata un’epoca tenebrosa, ma che noi ne siamo usciti, e siamo migliori di quelli che vivevano allora».

La redazione

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La legge pro-aborto americana sotto attacco

Pro life in America Il prof. Karen O’Connor, docente di Scienze politiche alla “American University”, ha sostenuto che la legge americana Roe vs Wade che legalizza l’aborto «sta per essere ribaltata», probabilmente entro il 2015. Una legge approvata grazie ad una marea di menzogne, così come è stato per quella italiana.

Planned Parenthood, la più potente ONG dedicata alla diffusione dell’aborto nata da militanti eugenisti del’900, è finalmente finita sotto inchiesta da parte del “General Accounting Office” e probabilmente le verranno tolti i fondi statali (nel 2013 ha già dovuto chiudere 23 cliniche), la maggioranza degli americani è sempre più contraria all’aborto (sopratutto le donne, come informa il “Washington Post”) e sono ormai tantissimi gli stati che ogni mese stanno favorendo la vita approvando sempre più restrizioni all’interruzione di gravidanza. Ecco una piccola carrellata di novità:

 

North Dakota
Il North Dakota è diventato nella primavera 2013 lo Stato con leggi più restrittive, vietando ogni aborto non appena si sente il battito cardiaco del neoconcepito (6 settimane).

South Dakota
Nel febbraio 2013 è stato approvato l’House Bill 1237 che ha imposto alle donne in cerca di aborto di avere informazioni su quel che stanno per fare e di aspettare 72 ore prima di abortire. La proposta messa sul tavolo una legge contestata 2011. Chi si oppone a tale legge invoca l’ignoranza delle donne a conoscere la personalità dell’embrione e le cause sulla salute delle donne che provoca l’aborto per questo moltissimi cliniche abortiste, rifiutandosi di rendere informate le donne, stanno rischiando la chiusura.

Kansas
Il governo del Kansas è uno dei più attivi a favore della vita e delle donne, avendo approvato una dozzina di leggi in due anni tra cui il periodo di attesa obbligatorio, la legge sul “diritto di sapere” per le donne (come in South Dakota) e la proibizione dell’aborto dopo la 20° settimana, quando il bambino sperimenta certamente il dolore.

Arkansas
Come in North Dakota, a febbraio si è deciso di impedire l’aborto dalla 20° settimana alla 12° settimane, momento in cui è ascoltabile il battito cardiaco.

Virginia
La nuova legge di fine 2012 ha imposto che le cliniche abortistiche seguano gli standard igenici e sanitari di ogni centro chirurgico e questo sta portando tali cliniche alla chiusura, una dopo l’altra.

Mississippi
La legge TRAP ha richiesto un minimo di educazione sanitaria da parte del personale delle cliniche abortiste, con un certificato rilasciato da un istituto di istruzione dello Stato stesso. Non avendo soddisfatto questo requisito, l’ultima clinica abortista del Paese è stata chiusa nel gennaio scorso.

North Carolina
Anche qui è stato recentemente firmato in legge un disegno restrittivo all’aborto, vietando le interruzioni di gravidanza in base al sesso e fondi statali alle cliniche abortiste. Inoltre, si è estesa l’obiezione di coscienza a tutti i professionisti medici per motivazioni religiose o morali, mentre in precedenza era concesse solo ai medici e agli infermieri.

Texas
Oltre alla legge che vieta l’aborto fino alla 20° settimana, una nuova legge dà la possibilità alle donne in cerca di aborto un di frequentare un corso per conoscere l’adozione e altri servizi analoghi.

 

Una sola vita umana salvata è già una vittoria, ma queste leggi stanno e salveranno milioni di bambini!

La redazione

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Giuseppe Luigi Palma smentito dall’Apa e da Franco Grillini

Giuseppe Luigi PalmaIl presidente dell’Ordine degli Psicologi italiani, Giuseppe Luigi Palma, ha sostenuto in un comunicato che l’orientamento sessuale non è modificabile, volendo delegittimare gli aiuti terapeutici agli omosessuali che ne fanno richiesta. Eppure il leader degli omosessuali italiani, Franco Grillini, è stato eterosessuale fino a 19 anni, amando la sua fidanzata e progettando dei figli con lei. Se non si può cambiare, Grillini è ancora etero? Sta dunque mentendo e ingannando migliaia di persone? Oppure è in errore il dott. Luigi Palma?

La vicenda inizia durante la trasmissione «Unomattina Estate» dello scorso 20 agosto, quando l’avvocato Giancarlo Cerrelli, vice-presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, si è pubblicamente confrontato con il portavoce di “Gay Center”, Fabrizio Marrazzo sulla legge contro l’omofobia.

Mentre Marrazzo ha sostenuto che una legge sull’omofobia sarebbe necessaria per impedire che i gay siano fatti oggetto di violenze e discriminazioni, il giurista Cerrelli ha replicato spiegando che il nostro codice civile già punisce tali aggressioni. Marrazzo non ha saputo replicare. La polemica è però emersa quando l’avvocato Cerrelli, dopo aver condannato ogni discriminazione verso gli omosessuali e aver definito l’omosessualità un disordine poiché si palesa una dissonanza tra corpo, oggettivamente eterosessuale (predisposto all’incontro sessuale con un partner sessualmente complementare) e la mente, ha anche citato la possibilità di un sostegno terapeutico agli omosessuali che desiderassero modificare la loro condizione.

Una dura replica a questa affermazione è arrivata il giorno successivo dallo scatenato Franco Grillini, presidente onorario Arcigay, che ha intimato l’ordine degli avvocati di prendere provvedimenti contro Cerrelli. Ancora peggio ha fatto Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, il quale ha definito «gravissimo che i detrattori della legge antiomofobia ripropongano, tra le altre, l’idea che […] l’orientamento omosessuale sia da modificare, contraddicendo palesemente quanto, invece, da anni sostiene la comunità scientifica internazionale che, a ragione, ha da tempo rigettato le cosiddette terapie di conversione e riparative. Affermare che l’omosessualità possa essere curata o che l’orientamento sessuale di una persona si debba modificare, come recentemente dichiarato dal vicepresidente Unione giuristi cattolici italiani, è una informazione scientificamente priva di fondamento».

Occorre innanzitutto premettere che il pugliese dott. Luigi Palma si è candidato nel 2010 alle elezioni regionali con “Sinistra Ecologia e Libertà” nella lista dell’omosessuale pugliese Nichi Vendola. Il presidente dell’Ordine degli psicologi ha sostenuto mediaticamente che la comunità scientifica internazionale avrebbe rigettato le terapie riparative, eppure in ambito accademico-scientifico non si sarebbe mai permesso di affermarlo. Basterebbe soltanto citare la posizione della gay-friendly “American Psychological Association” (APA) la quale semplicemente sostiene che non vi siano prove a supporto. Ed è ben diverso dal “rigettare”, anche perché l’Apa ha dovuto riconoscere pubblicamente che 11 donne ex-omosessuali da 10 anni hanno modificato il loro orientamento sessuale mantenendo per oltre 30 anni relazioni normali con uomini.

Nel 2011, inoltre, sul “Journal of Sex and Marital Therapy” uno studio peer-review ha stabilito che la terapia di cambiamento è possibile, funzionante e non pericolosa. Nel 2010 sul “Journal of Human Sexuality” una seconda indagine aveva affermato che «sono possibili cambiamenti significativi, che diventano poi cambiamenti reali a lungo termine». Nella comunità scientifica fanno parte anche organizzazioni guidate da validi psicologi, come NARTH, che portano avanti queste terapie in ambito clinico, ma anche ex presidenti della stessa APA come Robert Perloff e il celebre Nicholas Cummings, che da anni aiutano decine di persone ad uscire dall’omosessualità.

Infine, se fosse vero che «l’orientamento sessuale non è modificabile» come sostiene Luigi Palma, allora Franco Grillini dovrebbe dimettersi dalla presidenza dell‘Arcigay perché sarebbe ancora etero, così come lo sarebbero  tantissime altre persone. Il noto omosessuale, infatti, a 19 anni pensava al matrimonio e ai figli (ne voleva ben 8!) assieme alla sua fidanzata, che amava, come ha raccontato nel libro «Ecce Omo: 25 anni di rivoluzione gentile» (Rizzoli 2008). Poi l’omosessualità e la militanza anticattolica. Se Luigi Palma ha ragione e l’orientamento sessuale non può essere cambiato, l’omosessuale più famoso d’Italia in realtà è ancora etero. O meglio, secondo le sue parole non è “scientificamente fondato” che sia omosessuale. Il vendoliano presidente dell’Ordine degli psicologi italiani, oltre a chiarirsi con il leader dell’Arcigay, dovrebbe inoltre dimostrare l’esistenza del fantomatico “gene gay” perché evidentemente se vorrà essere coerente con se stesso dovrà ritenere che, come non si diventa etero così “omosessuali si nasce e non si può diventare”.

Come è stato infine fatto notare, il comunicato di Giuseppe Luigi Palma è lesivo del Codice Deontologico degli psicologi italiani ed è, come spiegato dal giurista Francesco D’Agostino, «un’arrogante intimidazione (pseudo)-epistemologica». Il docente de “La Sapienza” ha anche accennato alla derubricazione nel 1973 dell’omosessualità dal novero delle psicopatologie del DSM non avvenuta a seguito di un adeguato dibattito scientifico, ma per mezzo di alzata di mano tra gli allora membri dell’“American Psychiatric Association” (il 58% si dichiarò a favore) da anni impediti a tenere conferenze pubbliche ufficiali poiché continuamente interrotti dai militanti LGBT.

La redazione

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L’effetto Francesco: nelle chiese e sui social network

autoscatto papaSecondo un rapporto del Cesnur presentato nell’aprile scorso, in Italia è aumentato il numero di persone che si riavvicinano al sacramento della Confessione.

Ne parla il presidente dell’associazione Massimo Introvigne in un’intervista per Alteleia: «Siamo partiti dal fatto che alcuni giornalisti avevano rilevato un “effetto Francesco” soprattutto nel numero crescente delle confessioni e abbiamo voluto offrire dei dati reali. L’aumento non può essere attribuito al fatto che la gente va di più in Chiesa durante il periodo pasquale o perché c’è la crisi economica. Nel 43,8% di questi casi l’aumento di fedeli è definito come consistente, superiore al 25%. Lo notano di più i religiosi, ovvero il 66,7%, rispetto ai sacerdoti diocesani, il 50%. E per il 64,2% del campione l’aumento riguarda in particolar modo le confessioni».

Anche nella laicissima Spagna l’”effetto Francesco” sembra farsi sentire. Un recente articolo pubblicato sul sito Religion en libertad riporta i risultati di un’indagine condotta dal CIS (Centro d’Indagini Sociologiche). Secondo lo studio, dal mese di marzo la percentuale di cattolici è cresciuta di un punto percentuale, assestandosi al 72,4%.

Infine, non si può tacere l’impatto che l’elezione di Papa Francesco ha avuto sui social networks. Stando ad un rapporto pubblicato a luglio dalla società di comunicazione “Burson-Marsteller”, i suoi 11000 retweets giornalieri in lingua spagnola, fanno del pontefice il leader più influente su TwitterUna recente indagine di “Twiplomacy” situa invece il Papa al secondo posto per numero di followers, dopo Barack Obama. D’altronde è innegabile che l’account “Pontifex”, aperto da Benedetto XVI il 12 dicembre dello scorso anno, abbia visto in pochi mesi una crescita esponenziale di sostenitori, per un totale di 7,2 milioni di utenti.

Il nuovo Papa Francesco non è qui per convertire il mondo, a questo ci pensa Dio. E certamente assisteremo a molti passi indietro nelle opinioni di chi tanto lo ha osannato. Ma c’è un fatto che non si può negare: la ricerca dell’uomo è sempre viva. E non sono queste statistiche a dimostrarlo, ma la nostra esperienza di cristiani che abitano nel mondo. Non serve accendere la televisione per accorgerci che questo cambiamento stia risvegliando e interrogando le coscienze di molti.

Filippo Chelli

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L’UAAR si dissocia dalla violenza dei suoi simpatizzanti

violenza ateaTorniamo ad occuparci dell’UAAR, l’associazione di atei integralisti italiani, notando i passi in avanti compiuti dopo che i dirigenti hanno dovuto affidarsi a consulenti d’immagine per risollevare la credibilità dell’associazione dopo gli innumerevoli scandali interni.

I professionisti a cui si è affidata l’UAAR hanno notato infatti che in essa «prevale l’atteggiamento di contrapposizione frontale anche aggressiva anziché una strategia di “seduzione” (“Esisto perché sono “contro” qualcosa e non perché sono “a favore di qualcos’altro””)». L’aggressività di molti soci e simpatizzanti dell’UAAR è nota a tutti, lo abbiamo più volte sottolineato domandandoci da dove nasce l’ira, l’odio e la discriminazione verso le persone di fede religiosa che aleggiano nei loro cuori.

Ma sono le problematiche delle associazioni atee in generale: anche Richard Dawkins, lo ricordiamo, è dovuto intervenire sul suo sito web e corrispettivo forum dopo essersi accorto dei continui e violenti insulti gratuiti che venivano rivolti ai credenti, in particolare cristiani. Allo stesso modo nel 2012 la dirigenza UAAR ha dovuto dissociarsi dal proprio forum ufficiale per una “questione d’immagine”, perché «il peso delle discussioni interessanti vs. caciara/OT/trollaggio/insulti/battibecchi è enormemente spostato verso questi ultimi».

In un recente articolo invece, il comitato di coordinamento Uaar” ha finalmente condannato la violenza contro i credenti che frequentemente si osserva nei commenti sotto gli articoli che vengono pubblicati sul loro sito web: «C’è infatti chi vorrebbe un’associazione esclusivamente impegnata nella denuncia delle malefatte della Chiesa, dagli abusi sessuali da parte di quelli che definisce “inculabambini” alla circonvenzione di quegli incapaci di intendere e di volere che sarebbero i credenti», si legge. «Un’associazione che ricorra a slogan quali “cloro al clero”, che diffonda pensieri quali “l’unica chiesa che illumina è quella che brucia”. Sono gli stessi che vedono con orrore, come una forma di tradimento, ogni possibilità di “dialogo” con le comunità religiose. Talvolta sembra quasi che questi commenti siano la maggioranza. Poi l’Uaar va a congresso e queste posizioni non emergono praticamente mai».

Si prendono dunque le distanze da chi «sputa contro la religione», anche perché facendo così si è «meno capaci di aggregare» nuovi adepti. Una sincera conversione al dialogo o una tattica per apparire più seducenti verso i non credenti moderati? La risposta sembra la seconda, anche perché si prosegue criticando i soci e sostenitori violenti che promuovono l’aggressione, «senza ragionare in alcun modo sul fatto che, paradossalmente, potrebbero essere proprio atteggiamenti antireligiosi come i suoi ad allontanare potenziali iscritti». La preoccupazione, almeno apparentemente, sembra dunque è questa: ingrossare le file a tutti i costi, andare oltre i 4000 tesserati (dopo anni di militanza quotidiana!), anche se questo comporta l’allontanamento dei più violenti anticlericali.

La moderazione dei toni è solo una nuova strategia d’attrazione, come i manifesti atei per le città? Ben venga in ogni caso. I cattolici sono sempre pronti ad un dialogo aperto e rispettoso, lo si può notare anche sul nostro sito web, dove felicemente ospitiamo riflessioni costruttive di persone non credenti. Gli stessi commentano liberamente sotto gli articoli che pubblichiamo senza ricevere insulti o sbeffeggiamenti per la loro posizione esistenziale, anche se spesso coinvolti in discussioni intense. Si provi a presentarsi come “credenti” nei commenti sul sito dell’UAAR e chiunque sperimenterà, purtroppo, il trattamento poco civile che viene loro riservato da parte di molti utenti.

La redazione

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«L’eutanasia è spinta da un’autodeterminazione illusoria»

CHAassembly_MM_06-14-10_Il dibattito pubblico sul fine vita fa certamente affiorare in superficie le domande sul senso della vita e della morte, sul valore della sofferenza. Per questo il centro culturale Crossroads ha organizzato un incontro a New York il 20 giugno scorso, con Daniel Sulmasy che è Kilbride Clinto Professor di Medicina ed Etica all’Università di Chicago e direttore associato del McClean Center for Clinical Medical Ethics.

Riportiamo alcune sue parole, davvero molto interessanti, dell’intervista “Tracce”: «Il diritto di morire è uno dei diritti più bizzarri da rivendicare, perché è un po’ come reclamare il diritto del sole a sorgere: non abbiamo scelta, moriremo tutti in ogni caso. In realtà il dibattito è sorto dal desiderio di impedire che un paziente venisse tenuto in vita artificialmente per un tempo troppo lungo. Successivamente però si è trasformato nella richiesta del diritto di essere uccisi o di uccidersi. Fondamentalmente credo che questa sia cattiva medicina, cattiva morale e cattiva politica». Una una pretesa di libertà, contraddittoria perché «affermare che la giustificazione dell’eutanasia sia un diritto illimitato all’esercizio della libertà è incongruente, perché nell’atto di ucciderci distruggiamo le basi dell’argomentazione, ovvero il nostro stesso essere, e perciò la nostra libertà e capacità di agire nel mondo».

Mentre le associazioni mediche lo capiscono, «uno dei problemi principali è che l’opinione pubblica non si rende conto che questa pratica mina le basi stesse della medicina». Se il valore intrinseco è il valore che una persona ha in virtù del fatto che è un essere umano, e questa è la base di ogni morale e certamente della medicina, il valore attribuito è il valore che conferiamo a noi stessi o che gli altri attribuiscono a noi. Quest’ultimo «è all’origine dell’idea che un adulto con il pannolone sia, nel senso del valore attribuito, privo di dignità. La domanda però è: l’attacco che la malattia porta al valore attribuito di una persona riesce mai a distruggere completamente la sua dignità? Credo che la risposta debba essere no. Se un paziente è in coma e noi diciamo che ha perso la razionalità, e quindi il fondamento della propria dignità, e quindi il proprio valore, diciamo una cosa sbagliata. Quando diciamo che i medici possono uccidere un paziente, ancorché con il suo consenso, stiamo dicendo che esistono persone a proposito delle quali possiamo a buon diritto affermare che non hanno valore. E se è così, il fondamento etico della medicina viene minato irreparabilmente, insieme a quello di tutta la morale».

A volte le persone malate sono vittime anche di un’altra problematica: non essendoci «modo per diventare biologicamente immortali, messe di fronte a questa profonda realtà metafisica, alcune persone hanno una reazione istintiva, debole: poiché non posso sconfiggere la mia mortalità, la rivendico uccidendomi. Ma è solo un’illusione di controllo e di libertà, perché mette capo alla morte dell’individuo». L’eutanasia ha preso piede sopratutto in Europa settentrionale, «penso che il successo di questa mentalità dipenda dall’indebolimento dei valori religiosi e da un senso di autorità tipico di certe persone benestanti e istruite, convinte che il senso dell’essere umani sia nell’esercitare il controllo. Gran parte di loro non si rende conto che questa pretesa di controllo è in ultima analisi illusoria». Queste persone, al contrario di quelle meno benestanti, «si illudono di essere padrone del proprio corpo perché sono padrone di tante altre cose nel mondo che le circonda. Ma in ultima analisi si tratta di un’illusione, anche per l’Occidente industrializzato. Non esercitiamo alcuna autorità sui momenti fondamentali della nostra esistenza. Per quanti progressi possa compiere l’ingegneria genetica, non potremo mai scegliere i nostri genitori. Non potremo scegliere di nascere o di non nascere, o di non morire. Non possiamo imporre a qualcuno di amarci. Questa filosofia del controllo, che oggi sembra essere una forza predominante, non può spiegare la nascita, la morte e l’amore, perciò mi sembra un sistema filosofico piuttosto debole».

Non si può infine non osservare il piano inclinato inevitabile una volta che si apre lo spiraglio all’eutanasia: «Per vederne l’impatto reale, dobbiamo osservare i Paesi Bassi dove l’eutanasia era illegale ma non perseguita; poi è diventata legale, ma solo per chi era in grado di esprimersi e scegliere liberamente. Oggi, all’atto pratico, subiscono l’eutanasia anche persone che non sono in grado di intendere e di volere, perché la famiglia decide al posto loro: “La mamma non vorrebbe andare avanti così”. Di fatto, il 32 per cento delle morti per suicidio assistito sono non-volontarie. Quindi si è passati dal volontario al non-volontario, e inoltre ora si passa dagli anziani ai bambini». Tutto si basa «sull’assunto che la persona malata preferirebbe essere morta e che sia più pietoso ucciderla. Inoltre, l’eutanasia non riguarda più solo i malati terminali, come prevede la legge: viene praticata a persone depresse che non sono riuscite a curarsi, e si afferma che la loro depressione è terminale perché si suiciderebbero se il medico non praticasse loro l’iniezione letale». E ancora: «Una volta che l’eutanasia sarà legalizzata, la norma si ribalterà e la domanda da porre alla persona vulnerabile diventerà: perché non ti sei ancora suicidata?».

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10 citazioni dimostrano che Papa Francesco è un progressista

PapiSe pensi che Papa Francesco sia la luce e Benedetto XVI il buio, se pensi che Francesco sia un militante pro-choice e Benedetto XVI un pro-life, se pensi che Francesco sia un no-global e Benedetto XVI un capitalista, se pensi che Francesco sia un militante dei diritti umani e Benedetto XVI li contrasti… ma anche solo se credi che Francesco sia un banale progressista e Benedetto XVI un arcigno conservatore…bene, sei il benvenuto in questo articolo.

Innanzitutto vorremmo elencare alcune illuminanti citazioni di Francesco dette in questi primi mesi di pontificato. Soffermati sulla luce che emanano queste parole, assapora il “cambiamento”, respira il vento nuovo che sembra calato sulla Chiesa!

 

1) Partiamo dalla sua innovativa apertura alle persone omosessuali: «Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni».

2) La sua innovativa vocazione per i poveri: «Se ci rifiutiamo di condividere ciò che abbiamo con il povero e l’affamato, rendiamo il nostro possesso un falso dio. Quante voci nella nostra società materialista ci dicono che la felicità si trova nell’accumulare proprietà e lussi! Ma questo è rendere il possesso un falso dio. Invece di portare la vita, essi portano la morte».

3) La sua innovativa desacralizzazione del Papato teocratico: «L’autorità del Papa non è illimitata. I signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere».

4) Il suo innovativo riconoscimento del ruolo della donna: «È importante dal punto di vista teologico e antropologico che la donna sia al centro della cristianità. Attraverso Maria, e le altre donne sante, l’elemento femminile è posto al centro della religione cristiana».

5) La sua innovativa condanna del capitalismo: «La prevalenza di una mentalità egoista e individualistica che trova espressione anche in un capitalismo sregolato».

6) La sua innovativa vocazione ambientalista: «sono molto preoccupanti le minacce originate dalla noncuranza – se non addirittura dall’abuso – nei confronti della terra e dei beni naturali. L’essere umano si è lasciato dominare dall’egoismo, perdendo il senso del mandato di Dio, e nella relazione con il creato si è comportato come sfruttatore, volendo esercitare su di esso un dominio assoluto. Quando l’uomo si sostituisce a Dio finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui».

7) Il suo innovativo rispetto per le altre religioni: «Nel rispetto delle differenze delle varie religioni, tutti siamo chiamati a lavorare per la pace e ad un impegno fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli»

8) La sua innovativa critica al potere della Chiesa: «Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!».

9) La sua innovativa richiesta di una “chiesa povera per i poveri”: «Liberata dai fardelli e dai privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo».

10) La sua innovativa apertura alla tecnologia: «Le nuove tecnologie digitali stanno determinando cambiamenti fondamentali nei modelli di comunicazione e nei rapporti umani, hanno uno straordinario potenziale e sono un vero dono per l’umanità, a condizione che i vantaggi che esse offrono siano messi al servizio di tutti gli esseri umani e di tutte le comunità, soprattutto di chi è bisognoso e vulnerabile»

 

E’ evidente che da questi pronunciamenti si dimostri che Francesco sia un progressista, un innovatore e crei una discontinuità totale con i suoi predecessori. Già, peccato che abbiamo voluto farti uno scherzo!! Tutte le citazioni che hai letto non sono di Francesco, le citazioni che hai letto sono di Benedetto XVI. Eh si, ci sei cascato? La prossima volta non fidarti dei media. Non ci sei cascato? Bravo, sei un libero pensatore.

Questa è una piccola burla inventata da Pat Archbold nel suo blog, sul sito americano del “National Catholic Register”, per prendere in giro la mania dei media nell’attribuire a papa Francesco idee opposte a quelle di Benedetto XVI, soprattutto sui temi più cari al mainstream giornalistico, cioè gay, donne, ambiente, capitalismo, povertà. Queste le fonti delle citazioni: 1); 2); 3) e 4); 5); 6); 7); 8); 9); 10)

In realtà si può fare anche il gioco inverso:
«Difendere la testimonianza dell’autentica natura del matrimonio e della famiglia, della santità e della dignità inviolabile della vita umana, e della bellezza e verità della sessualità umana». Benedetto XVI? No, Papa Francesco nella lettera del 9 agosto ai “Cavalieri di Colombo”. Ancora: «La vita deve essere sempre difesa, sin dal grembo materno, riconoscendovi un dono di Dio e garanzia del futuro dell’umanità». I principi non negoziabili di Ratzinger? No, sempre Francesco nel messaggio in occasione della Settimana nazionale della famiglia. «La Chiesa si è già espressa perfettamente su questo [matrimonio omosessuale, nda]. Non era necessario tornarci, come non ho parlato neppure della frode, della menzogna o di altre cose sulle quali la Chiesa ha una dottrina chiara! Non era necessario parlare di questo, bensì delle cose positive che aprono il cammino ai ragazzi. Inoltre i giovani sanno perfettamente qual è la posizione della Chiesa! E la mia posizione è la stessa perché sono figlio della Chiesa». Sempre Papa Bergoglio, in questo caso durante il suo recente viaggio a Rio per la Giornata mondiale della gioventù.

Apriamo la ragione, pensiamo con la nostra testa e non lasciamoci imboccare dai quotidiani e dalla televisione. Il consiglio è che qualunque informazione ascoltate sul Papa o sul Vaticano, essendo sempre manipolata, va confrontata con le fonti mediatiche ufficiali (“Avvenire”, “Osservatore Romano”, “Radio Vaticana” ecc.). Mi raccomando, non lasciatevi ingannare!

La redazione

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Da fisico, un inno alla Bellezza

bellezza 
di Giorgio Masiero*
*fisico

 

Ho dedicato alcuni articoli ad argomentare l’esistenza di Dio dagli indizi che ci fornisce la scienza moderna: dall’impossibilità d’un infinito tempo passato, mostrata per via logico-matematica dal veto di Hilbert e per via cosmologica dal teorema di Borde, Guth e Vilenkin (BGV), alla non chiusura dell’Universo rivelata dal fine tuning antropico delle costanti fisiche.

In particolare, il teorema BGV, le cui assunzioni sono valide per il nostro Universo e per tutti i modelli inflazionari di multiverso (ammesso che una tal creatura esista), aggiorna una conseguenza del secondo Principio della termodinamica, cui già era pervenuto nel XIX secolo Ludwig Boltzmann: se l’Universo è eterno nel passato, com’è che non si trova già in uno stato di morte termica ed invece contiene ancora energia utile alle sue trasformazioni attuali?

Naturalmente non intendo con ciò asserire che la scienza dimostra l’esistenza di Dio: nella mia concezione epistemologica, la scienza sperimentale non è in grado di dimostrare con sicurezza nulla che riguardi anche il solo mondo naturale; immaginarsi il soprannaturale! Intendo solo che l’esistenza di Dio non è in contrasto con la scienza e che, semmai, è l’ateismo scientista in autocontraddizione: come si può infatti credere nel secondo Principio della termodinamica (la “legge più importante di tutta la scienza”, Albert Einstein) e allo stesso tempo che “l’Universo è lì da sempre e questo è tutto” (Bertrand Russell)?

Non solo il “vero” però, dimostra la ragionevolezza di credere in Dio: tutti i trascendentali medievali dell’essere possono costituire una strada per arrivare all’Assoluto. Così, si potrebbe argomentare l’esistenza di Dio con la legge morale inscritta nella coscienza di ogni uomo. C’è poi chi trova Dio attraverso il cammino congiunto del dolore e della bontà: in che altro modo potremmo imparare ad essere umani, se non per merito delle sofferenze del prossimo? Ci sono anche alcuni privilegiati, mistici e veggenti, che già in questo mondo arrivano a contemplare il divino. A me, più modestamente, può capitare di ammirarNe l’ombra nella bellezza, specificatamente nell’arte, quando forti ed inattese emozioni si susseguono repentine e l’anima si abbandona prigioniera all’estasi donata dalla sindrome di Stendhal.

Quel giorno avevo passato il tempo a visitare un’incredibile mostra dedicata a Pietro Bembo, un cosmopolita rinascimentale della mia terra che ebbe la sorte di vivere d’arte e di poesia. Per tutta la vita, la sua passione fu la bellezza assoluta e senza tempo, cercata meticolosamente nelle vestigia dell’antichità classica per farla rinascere alla sua epoca nelle città, nelle case e negli ambienti sociali che abitò. Egli inventò il collezionismo moderno, l’archeologia e la restaurazione conservativa e al suo canone estetico s’ispirò per la forgiatura della nuova lingua italiana, così come nei sonetti amorosi o nella musica. Quella mostra mi avvinse perché non era la solita successione di sale, con opere d’arte e preziosi cimeli appesi alle pareti o custoditi in teche, ma riproduceva gli spazi reali della vita quotidiana d’un mecenate: qui, ogni ambiente – dalla sala da pranzo alla camera da letto allo studio al teatro alla biblioteca, ecc. – era adornato dei capolavori e dei manufatti della sua ricchissima collezione. Quel giorno, lasciati i sensi pesanti dell’uomo moderno, vissi sospeso nel Rinascimento, tra Bellini e Giorgione, Tiziano e Raffaello. Stetti alla mensa egizia di bronzo dorato intarsiata di geroglifici e cartigli con Aldo Manuzio, sussurrai poesie d’amore a Lucrezia Borgia ed ascoltai la viola da gamba in compagnia di Elisabetta Gonzaga, e poi studiai antichi codici miniati sotto lo sguardo attento dell’imperatore Adriano e quello annoiato di Antinoo… Venne sera, e ancora intontito uscii da quell’empireo per andare a teatro, ad uno spettacolo che mia moglie aveva da tempo prenotato.

Qui caddi in un’altra, magica dimensione dell’arte. Se nessuna danza popolare raggiunge lo stesso livello di comunicazione tra i corpi (emozione, energia, respirazione, abbraccio, palpitazione), con Miguel Angel Zotto e Daiana Guspero il tango raggiunge la perfezione. Giustamente l’Onu l’ha dichiarato patrimonio dell’umanità: non c’è nulla come il tango argentino che metta insieme bellezza del corpo, passione dell’anima, danza, musica e anche arti figurative. Per due ore fui rapito dal prodigio di grazia degli enti vibranti, roteanti, palpitanti, risuonanti e luccicanti sulla scena. Come aveva ragione Gottfried von Leibniz – riflettevo, immerso nella contemplazione – a ritenere che la musica ci svela la struttura matematica contenuta nella bellezza e nella verità dell’essere! Fu in una lettera del 1712 a Christian Goldbach (quello della congettura matematica ancora irrisolta) che Leibniz diede la sua celebre definizione della musica come aritmetica inconscia: “musica est exercitium arithmeticae occultum nescientis se numerare animi”, la musica è un esercizio occulto di aritmetica, nel quale l’anima calcola senza rendersene conto.

Il legame tra musica e matematica non era visto da Leibniz in senso mistico, come nella visione ingenua di Pitagora, ma razionalmente secondo la concezione cristiana, donde non a caso nacque la notazione diasistematica su righe parallele da cui sarebbe esplosa la polifonia della musica occidentale moderna. La struttura numerica sottostante la musica, che nella mente del compositore è analizzata e costruita, nella mente dell’ascoltatore è intuita come molteplicità organizzata. Il bello musicale coincide con l’osservabilità del molteplice, un atto di sintesi che coglie la quintuplicità aritmetica dei suoni – nelle frequenze, nelle ampiezze, nelle durate, nei timbri (che consistono nella successione delle ampiezze delle armoniche) e nei ritmi –. Il piacere musicale sta nel sentire l’armonia, che è il principio unificatore della varietà. Un’armonia che è tanto maggiore perciò, quanto maggiore è la varietà delle componenti che essa organizza, dissonanze comprese destinate a risolversi nella consonanza finale.

Allo stesso modo, ogni contrasto interno all’armonia del mondo (prodotto dal male, o da ciò che ci appare tale) venne ricondotto dalla teodicea di Leibniz ad un’apparenza, originatasi da una percezione della realtà non abbastanza comprensiva di quel principio armonico che governa il mondo. La varietà è condizione fondamentale dell’armonia, tanto sul piano estetico (del bello) quanto su quello metafisico (dell’essere), e gli elementi apparentemente dissonanti contribuiscono al suo arricchimento, disvelato dalla matematica soggiacente la Natura (il vero). L’arte del compositore che combina le note è una mimesi dell’attività combinatoria che il Creatore esercita su una varietà a priori infinita di essenze, portandone alcune dal non essere all’essere nell’accordo reciproco. L’arte musicale umana e l’arte combinatoria divina esprimono ancora una volta la somiglianza del logos umano creato al Logos divino creatore.

I trascendentali appartengono all’essere in quanto essere, e quindi appartengono sia alle creature che al Creatore: sono tracce di Dio nelle cose, così che in ogni trascendentale contemplato in un ente – fosse un’ape, un raggio di luce, o un suono – noi possiamo vedere un’immagine di Dio. Una copia limitata e offuscata rispetto all’Originale, ma comunque pregna di senso. Ma come sarà ammirare la Bellezza che ha creato tutte le bellezze? “Tardi Ti ho amato, Bellezza così antica e tanto nuova, tardi Ti ho amato. Sì, perché Tu eri dentro di me ed io fuori: lì Ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle sembianze delle Tue creature. Eri con me, ma io non ero con Te. Mi tenevano lontano da Te le Tue creature, inesistenti se non esistessero in Te. Mi chiamasti, e il Tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il Tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la Tua fragranza, respirai ed ora anelo verso di Te; Ti gustai ed ora ho fame e sete di Te; mi toccasti, e arsi dal desiderio della Tua pace” (Sant’Agostino, Le Confessioni).

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Salute materna: meglio una gravidanza indesiderata che l’aborto

Donna incintaDopo il crollo del mito secondo il quale sarebbe medicalmente necessario abortire per salvare la vita della madre, i ricercatori italiani Carlo V. Bellieni e Giuseppe Buonocore ne hanno fatto crollare un altro che veniva usato per giustificare questa silenziosa pratica della morte. È infatti idea degli abortisti che la gravidanza indesiderata provocherebbe disturbi psichici quali ansia, depressione, nonché abuso di sostanze; per cui l’aborto sarebbe l’unica soluzione per tutelare la sanità mentale delle madri.

Tuttavia, la relazione pubblicata nel numero di luglio 2013 della rivista Psychiatry and Clinical Neurosciences, mostra un panorama diverso se non addirittura opposto. Bellieni e Buoncore hanno rivisto trentasei studi pubblicati sul tema in riviste scientifiche tra il 1995 e il 2011. Sei sono stati scartati per ragioni metodologiche, gli altri trenta affrontano in primo luogo l’incidenza dell’aborto con la depressione, gli disturbi d’ansia (come lo stress postraumatico) e l’abuso di sostanze. L’aborto volontario è stato poi messo a confronto con altre situazioni: la nascita per mezzo di una normale gravidanza, il parto in caso di gravidanze indesiderate e gli aborti spontanei.

Confrontando le conseguenze dopo l’aborto e dopo il parto, tredici studi (il 68%) hanno mostrato un rischio notevole di problemi mentali come conseguenza dell’aborto. Cinque non hanno mostrato alcuna differenza, in particolare se le donne non considerano che la loro esperienza di perdita fetale sia difficile. Solo uno studio ha mostrato una maggiore incidenza di disturbi a causa della nascita.

Mettendo invece a confronto l’aborto con la gravidanza indesiderata, quattro studi (il 57%) hanno mostrato un aumento del rischio di problemi per la salute materna in seguito all’aborto, tre studi non hanno mostrato alcuna differenza con le gravidanze indesiderate e nessuno (0%) ha portato alla conclusione che conservare il feto è meno rischioso che ucciderlo. Questo è un confronto di vitale importanza, dal momento che molte leggi stabiliscono il “rischio per la salute mentale della madre” come causa oggettiva di aborto. Eppure, come si è visto, gli studi suggeriscono che il “rischio” è maggiore con l’aborto, piuttosto che con la regolare nascita, anche se indesiderata.

Paragonando infine gli studi sulle conseguenze dopo l’aborto volontario e quello spontaneo, si è notato che tre di essi hanno mostrato un aumento del rischio di disturbi mentali in seguito ad aborto volontario, quattro non hanno registrato alcuna differenza e due hanno rilevato che a breve termine l’ansia e la depressione erano più alti nel gruppo di aborto spontaneo, ma che a lungo termine è stato esattamente l’opposto: “Ansia e depressione a lungo termine erano presenti solo nel gruppo di aborto volontario”. In questo caso, cinque studi su nove (56%) hanno rilevato un aumento del rischio di disturbi nell’aborto volontario e nessuno (0%) nell’aborto spontaneo.

Bellieni e Buoncore concludono la loro relazione precisando che “la perdita fetale sembra esporre le donne a un rischio più alto di disturbi mentali che il parto; gli studi mostrano pure che l’aborto ha un fattore di rischio più considerevole dell’aborto spontaneo; sono necessarie ulteriori ricerche in questo campo”. Alla luce di tutto ciò, diventa sempre più difficile giustificare l’aborto e restare in buonafede; non ci si riferisce tanto alle giovani adolescenti in preda al panico, ma piuttosto a coloro che per ideologia o pensiero politico promuovono la morte con viscerale freddezza, senza però tener conto che se le loro madri avessero ragionato allo stesso modo, essi oggi non esisterebbero.

Michele Blum

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