Bomba demografica? La bufala della mancanza di risorse

Popolazione 
 
di Antonio Brandi
 
da Notizie Pro Vita, luglio-agosto 2013
 
 

Dopo i piani quinquennali, il massacro di milioni di persone e le catastrofiche politiche economiche e sociali che hanno causato fame e carestia, la natalità diminuiva drasticamente e l’URSS era di fronte ad una disastrosa crisi demografica. Quindi, persino il dittatore Josef Stalin capì che l’unico modo per salvare il suo paese era quello di spingere la crescita della popolazione.

Perciò nel 1936 abolì l’aborto, rese difficile il divorzio e cercò di promuovere la famiglia. Oggi in Italia, ci troviamo di fronte a un’analoga crisi demografica: siamo al 219° posto su 221 paesi in materia di natalità. Le teorie malthusiane sono menzognere. La storia, infatti, ci insegna come le risorse si siano moltiplicate più dell’aumento della popolazione, grazie alla creatività e alla capacità produttiva dell’uomo perché la maggioranza delle fonti utili non consiste in un quantitativo prefissato erogato dall’ambiente naturale. Per esempio fra le risorse – quali le foreste, i pascoli e il suolo agricolo in genere – lo sviluppo e il mantenimento delle caratteristiche di rinnovabilità dipendono dall’abilità e dalla cura dell’abitante o del coltivatore.

Tant’è vero che i dati della FAO sono molto incoraggianti circa lo sviluppo della produzione agricola mondiale. È vero che esistono risorse, come il petrolio che non sono rinnovabili, ma ci sono numerose soluzioni al problema delle fonti energetiche come il sole (fonte di energia termica ed elettrica), il vento (fonte d’elettricità), le maree e le correnti marine in genere, i salti d’acqua (energia idroelettrica), le biomasse (combustione per generazione termica e cogenerazione di calore ed elettricità), ecc. Disponiamo sempre di risorse alternative in natura. Per esempio, alcuni anni fa si temeva che l’esaurirsi del rame avrebbe danneggiato il sistema mondiale delle telecomunicazioni, poi sono state scoperte le fibre ottiche, che hanno sostituito il rame con il silicio, elemento ampiamente disponibile nella sabbia. È l’ingegno dell’uomo, stimolato e provocato dalla necessità, che usa e aumenta le risorse a disposizione, per questo è necessario che cresca la popolazione.

Fra le numerose cause della caduta dell’Impero Romano una, e non trascurabile, fu proprio la riduzione della natalità e la conseguente crisi demografica. Al contrario, il grande sviluppo culturale e socio-economico delle città cristiane in Europa intorno all’anno Mille si dovette alla crescita demografica. Il problema, oggi, non è nella mancanza di risorse, ma nel loro controllo e nella loro distribuzione che sono sempre più nelle mani di un numero decrescente di persone. Ricordiamo per esempio, lo strapotere delle multinazionali come Cargill, Louis Dreyfus, Archer Daniel Midland e Monsanto nella produzione e trasformazione dei prodotti agricoli in Italia e nel mondo. In Italia, dal 1978 la legge 194 ha permesso l’uccisione di oltre 5 milioni di bambini che oggi sarebbero i giovani di cui l’Italia ha urgente bisogno per assicurare la rinascita economica, e anche socio- culturale del paese.

Perfino Stalin aveva capito l’importanza della natalità per la crescita economica di un paese! Quando lo capiranno i nostri governanti?

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Se Laura Boldrini umilia le donne italiane…

Laura BoldriniDurante il convegno su “Donne e media” a palazzo Madama, il (articolo maschile usato appositamente per lei) presidente della Camera Laura Boldrini si è scagliata contro «certi spot», che «ogni volta che li vedo mi chiedo: sarebbero messi in onda all’estero?».

Cos’hanno di grave queste pubblicità? Violenza su minori? Maltrattamento di animali? Pestaggio di anziani? No, molto più grave: «Non può essere concepito normale uno spot in cui i bambini e il papà sono seduti e la mamma serve a tavola». Questi sono i problemi che non fanno dormire di notte il nostro presidente Boldrini.

Tuttavia, più correttamente ha continuato lamentandosi del corpo della donna usato per attirare l’attenzione in tante pubblicità, dimenticandosi però che, assieme al dilagare della pornografia e dunque della donna come oggetto sessuale, è un regalo della rivoluzione sessuale sessantottina, di cui lei certamente è una sostenitrice. Lasciamo comunque replicare le donne, le tantissime donne che hanno commentato l’ennesima affermazione poco felice della Boldrini.

«Cara Boldrini, servo in tavola e sono felice» ha scritto Elena Loewenthal su “La Stampa”. «Quello della madre che serve a tavola la sua famiglia, additato dal presidente della Camera Laura Boldrini, non è uno stereotipo, un emblema di sfruttamento e mortificazione. E’ una realtà, tal qual viene rappresentata, immaginata, aspettata. E non è necessariamente un atto di sottomissione, di servilismo – anche se di servire si tratta. Perché cucinare per le persone cui vuoi bene è un atto d’amore».

Maddalena Bertolini ha ragione: «gli spot alla “mulino bianco” o di qualche sofficino non servono certo a guarire ferite profondissime» presenti nelle nostre famiglie. Tuttavia, «certe affermazioni sono solo incoerenti, insensate, non montiamo polemiche, non ci scandalizziamo. Non ne vale la pena. Sorridiamoci sopra. Non è una pubblicità più o meno studiata dal marketing a decidere il mio bene, la mia dignità: ma uno Stato che garantisca lavoro, studio e un sistema egualitario, fiscale, giudiziario. Ancor più a fondo: è una famiglia che ha educato alla condivisione e alla libertà, alla bellezza di servire gli altri con amore che permettono a un uomo (e a una donna) di essere giusto, onesto, che gli danno la forza di lottare perché tutti abbiano pari diritti e dignità».

La scrittrice Giulia Tanel ha aggiunto: «Le donne non hanno alcun interesse ad essere delle mere fotocopie degli uomini, semplicemente perché sono diverse e possono dare molto di più. Pretendere che una donna pensi e agisca come un uomo non equivale a valorizzarla, bensì a svilire la sua dignità intrinsecamente differente. Uomini e donne sono per natura diversi, molto prima che per motivi di ordine sociale e culturale. Le donne trovano la loro piena realizzazione nell’accogliere, nell’ascoltare, nell’amare, nel servire, nel sacrificarsi per il bene dell’altro. Non è un caso se sono le donne ad avere il privilegio di portare in grembo un figlio: chiedere la stessa disponibilità all’accoglienza totale, al sacrificio, all’amore senza calcoli a un uomo non è possibile».

Una risposta è arrivata anche da Guido Barilla, presidente della nota multinazionale, il quale ha affermato: «Per noi il concetto di famiglia è sacrale, rimane uno dei valori fondamentali dell’azienda. La salute, il concetto di famiglia. Non faremo uno spot gay perché la nostra è una famiglia tradizionale. A uno può non piacere. Se gli piace la nostra pasta, la nostra comunicazione, la mangiano. Se non gli piace quello che diciamo, faranno a meno di mangiarla e ne mangiano un’altra. Ma uno non può piacere sempre a tutti. Non lo farei, ma non per una mancanza di rispetto agli omosessuali, che comunque hanno il diritto di fare quello che vogliono e ci mancherebbe altro, però senza disturbare gli altri, ma perché non la penso come loro e penso che la famiglia cui ci rivolgiamo noi è comunque una famiglia classica. Nella quale la donna, per tornare al discorso di prima, ha un ruolo fondamentale, è il centro culturale di vita strutturale di questa famiglia». Ovviamente è già partita la campagna reazionaria per boicottare la pasta Barilla, ma è la solita noiosa e violenta risposta di chi non è capace di accettare e rispettare le idee diverse dalle proprie.

Divertenti alcuni tweet ironici contro la fobia del sessismo della Boldrini, raccolti da “Il Giornale”. Alcuni esempi: “Nel cognome #Boldrini inaccettabile presenza di desinenza plurale maschile. Chiamatela Boldrine, please”; “Basta con questo sessismo schifoso, basta con questa storia che a partorire debbano essere solo le donne”; “Se la botte non è piena, chi l’ha detto che debba essere la moglie ubriaca e non il marito?”; “Se un commerciante paga il pizzo, una commerciante paga la pizza?”; “La Boldrini contro gli spot in cui le mamme cucinano e servono a tavola. A casa sua, a tali incombenze, provvede la servitù”; “Basta usare l’appellativo donna. È una forma di discriminazione. Chiamiamola uoma”.

La redazione

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La lobby gay impedisce la libertà di parola (video)

Casale Monferrato gayPapa Francesco recentemente ha ricordato che «si deve distinguere il fatto che una persona è gay dal fatto di fare una lobby. Il problema non è avere queste tendenze, sono fratelli, il problema è fare lobby». Ed è veramente un problema se tali lobby sono talmente aggressive da impedire ormai dibattiti pubblici a chi non la pensa come loro.

E’ accaduto pochi giorni fa a Casale Monferrato durante un convegno tenuto da un noto avvocato piemontese, Giorgio Razeto e un ordinario di Diritto Penale all’Università di Padova, il prof. Mauro Ronco. La tematica era la legge sull’omofobia, volendo spiegare perché con essa si rischia di introdurre anche il reato d’opinione. La lobby LGBT ha però impedito lo svolgersi dei lavori, come dimostra questo video.

 

Qui sotto il video della grave violazione della libertà di espressione avvenuta

 

Il convegno è stato organizzato dal Movimento per la vita, Alleanza Cattolica, Comunione e Liberazione, con il patrocinio della Pastorale della Salute e Pastorale Sociale della Diocesi di Casale, sul tema “Gender – omofobia – transfobia: verso l’abolizione dell’uomo?”. Presente anche il sindaco di Casale Monferrato, Giorgio Demezzi.

Circa un’ottantina di esagitati, appartenenti a partiti (Sel, Pd e GD), centri sociali e a numerose associazioni omosessuali (Coordinamento Torino pride Glbt, insieme col collettivo Altereva e con Arcigay) hanno atteso al di fuori dell’auditorium San Filippo l’arrivo dei partecipanti, schermendoli e ironizzando sulla presenza del sindaco. Si sono quindi seduti nelle ultime file. Il responsabile della Pastorale sociale don Gigi Cabrino ha introdotto i relatori precisando la posizione della Diocesi: «Qualche giorno fa “Il Monferrato” riportava di un comunicato dell’Arcigay nel quale si domandava quale era la posizione della Diocesi di Casale. È la stessa della Chiesa: estrema misericordia e apertura nel rispetto, però, della dottrina. Non esprimiamo giudizi. Sappiamo però che una legge può influire sulla cultura e riteniamo utile confrontarci in una serata informativa come questa. Ecco perché la Diocesi ha dato il suo patrocinio».

I relatori, mentre i contestatori urlavano “buffone!” e “fai schifo!”, hanno spiegato che in sé l’omofobia non esiste in quanto nessuno ha paura dell’omosessuale o lo odia, piuttosto esistono posizioni contrarie alle nozze o adozioni gay. «Nulla di più assurdo», ha commentato il prof. Ronco, «non c’è ragione perché io abbia paura di un gay. Certo, vi è violenza da parte di molti, ma quella è violenza verso i più deboli in generale, che siano gay, donne o disabili». La vera questione, hanno spiegato i relatori, è che la legge sull’omofobia, oltre a aumentare la pena per chi commette violenza contro gli omosessuali, rischia di criminalizzare anche coloro che espongono opinioni critiche sull’omosessualità o difendono il matrimonio come unione tra uomo e donna e ritengono che i bambini debbano crescere solo con un padre e una madre. Introduce dunque il reato d’opinione. «È una legge che mira a punire chi la pensa diversamente dall’ideologia gender e chi dice la verità sul matrimonio. Gli atti discriminatori contro l’orientamento sessuale sono già puniti dal sistema legislativo, addirittura con l’aggravante. Questa è una legge contro la libertà di pensiero, è una legge che si attribuisce compiti di pedagogia morale e gettare discredito su una verità antropologica fondamentale, è una legge-bavaglio», ha spiegato il prof. Ronco.

«Basta che lei stia zitto e non la imbavagliamo», hanno urlato dalle ultime file contro il professore, che ha risposto: «Questo mi convince sempre più delle mie posizioni e trovo conferme sulla violenza del vostro comportamento». Da qui in poi è stato impossibile proseguire il convegno, i militanti hanno occupato il palco scambiandosi baci e impedendo lo svolgersi dell’incontro pubblico. L’avversione dei fondamentalisti gay è stata rivolta in particolare verso il prof. Mauro Ronco, già presidente dell’Ordine forense di Torino e già componente del C.S.M., il che vuol dire che non erano disturbati da frasi a effetto ma non volevano proprio che non venisse trattato il tema da chi non la pensa come loro, pur con ragionamenti fondati su logica e scienza giuridica.

Proprio in questi giorni il grande filosofo inglese Roger Scruton ha spiegato che si vuole «imprigionare il pensiero con leggi sulla cosiddetta ‘omofobia’ come quella al Parlamento italiano, che altro non è che la criminalizzazione della critica intellettuale sul tema del matrimonio gay. E’ un nuovo crimine intellettuale, ideologico, come lo fu l’anticomunismo durante la Guerra fredda». Questi fatti lo dimostrano.

La redazione

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Eutanasia? No grazie, tutelare vita vince sull’autodeterminazione

Eutanasia  
 
di Paolo Pesce*
*medico di Medicina Generale

 
da Il Piccolo, 09/09/13
 

Le segnalazioni delle ultime settimane hanno ospitato numerosi interventi sul tema dell’eutanasia, alcuni a favore ed altri contrari. L’eutanasia viene sostenuta quale massima espressione del diritto all’autodeterminazione. Vengono citati casi a tutti noti, come quello di Piergiorgio Welby e quello di Eluana Englaro. Cerchiamo di liberarci dal carico dell’emotività che suscitano casi così drammatici e approfondiamoli tema su un piano un po’ più profondo.

I due casi citati evidenziano il grave pericolo insito nel rappresentante legale di una persona che non può esprimere il proprio pensiero. Nel caso Welby, infatti, la moglie aveva autorizzato l’applicazione del respiratore perché non voleva vederlo morire. Ma questa scelta è stata fatta, per quanto noto, contro la volontà di Welby. Quindi la moglie non ha tutelato veramente gli interessi del marito che, alla lunga, ha chiesto che gli venisse tolto il respiratore.

Anche il caso Englaro, contrariamente a quanto comunemente si dice, è la manifestazione di un abuso da parte del tutore, in questo caso il padre. Egli infatti si è battuto per il diritto all’autodeterminazione, ma non ha difeso la scelta della figlia, poiché la figlia non ha mai chiesto di venire uccisa. Il giudice non ha autorizzato la morte di Eluana sulla base di una richiesta documentale, scritta dalla Englaro, ma su una sua supposta idea legata al suo stile di vita e di pensiero prima dell’incidente. Il tutore, cioè il padre, ha fatto realmente l’interesse della figlia? Nessuno lo saprà mai, ma non possiamo neppure affermare aprioristicamente di sì.

Diversa è la condizione di chi autonomamente richiede l’eutanasia. In questo caso la si può autorizzare? Mi dispiace per coloro che hanno raccolto le firme pro eutanasia e per coloro che hanno firmato, ma la risposta è negativa. Lo Stato italiano, pena rinnegare la sua identità espressa nella Costituzione, non può legalizzare l’eutanasia perché essa si fonda sul principio, peraltro legittimo entro certi limiti, dell’autodeterminazione, ma questo principio è di rango inferiore rispetto un altro principio, che è quello della difesa della vita della persona. La tutela della vita è più importante dell’autodeterminazione e, per questo motivo, l’eutanasia viola i principi costituzionali. Perciò lo Stato, che deve legiferare dando la priorità ai principi più importanti, e subordinando quelli di minor peso, non può legalizzare l’eutanasia. Questo è il motivo per cui la firma di personalità istituzionali, cioè di Serracchiani, Bassa Poropat e Cosolini, rappresenta un segno di particolare gravità e preoccupazione.

Questa è una riflessione laica, indipendente dalla fede e dal concetto di sacralità della vita che non tutti condividono. Che dire, poi, di quell’uomo che ha attuato l’eutanasia per un tumore che neppure aveva e che, quindi, è morto senza motivo? In ultimo un commento a chi difende i Welby e gli Englaro affermando che sono esseri umani, come se questo fosse stato negato nella recente lettera del dottor Gabrielli. Non confondiamo le carte in tavola! Nessuno, neppure Gabrielli affermerebbe che non sono esseri umani. Anzi, sono persone umane, ed il termine persona sottolinea ancora di più la loro dignità, ma ciò non toglie che i loro casi siano stati strumentalizzati.

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I video degli incontri più belli del Meeting 2013

Meeting rimini 2013Anche quest’anno, come abbiamo già fatto per l’edizione 2010, l’edizione 2011 e l’edizione 2012, raccogliamo in una pagina i video degli incontri più interessanti del “Meeting per l’amicizia fra i popoli” (www.meetingrimini.org) dell’edizione 2013, svoltasi il mese scorso. Si tratta di uno dei più importanti appuntamenti culturali dell’anno e viene organizzato dal movimento ecclesiale di “Comunione e Liberazione”.

Questa XXXIV° edizione è stata intitolata: “Emergenza uomo”, ed è possibile visionare tutti gli altri incontri sull’apposito canale Youtube. Qui sotto un elenco dei video da noi selezionati.

 
 
 
 

EMERGENZA UOMO

Ha partecipato: John Waters, Editorialista di The Irish Times. Ha introdotto: Emilia Guarnieri, Presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli

 
 

 
 

ALTO COME UN VASO DI GERANI

Hanno partecipato: Giacomo Poretti, Comico, Attore, Sceneggiatore e Regista. Ha introdotto: Camillo Fornasieri, Direttore del Centro Culturale di Milano.

 
 

 
 

UN’EUROPA UNITA, DALL’ATLANTICO AGLI URALI: INCONTRO INAUGURALE

Ha partecipato: Enrico Letta, Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana. Ha introdotto Emilia Guarnieri, Presidente della Fondazione Meeting per l’Amicizia fra i popoli e Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. In apertura dell’incontro videointervista con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

 
 

 
 

LA NATURA DEL TEMPO, NELLA SCIENZA E NELL’ESPERIENZA UMANA

Hanno partecipato: Paul Davies, Direttore del Beyond Center for Fundamental Concepts in Science e Co-Direttore del Cosmology Initiative presso l’Arizona State University; José Ignacio Latorre, Professore di Fisica Teoretica al Dipartimento di Ingegneria Chimica e dei Materiali all’Università di Barcellona e Visiting Professor presso il Center for Quantum Technologies dell’Università Nazionale di Singapore. Ha introdotto: Marco Bersanelli, Docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano.

 
 

 
 

CRITICA DELLA TEOLOGIA POLITICA

Hanno partecipato: Massimo Borghesi, Docente di Filosofia Morale all’Università degli Studi di Perugia; Stefano Alberto, Docente di Teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Antonio Socci, Giornalista e Scrittore.

 
 

 
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“CIO’ CHE E’ IN CRISI E’ L’UOMO”, DIALOGO CON…

Ha partecipato: Antonio Polito, Editorialista de “Il Corriere della Sera” e Scrittore. Ha introdotto: Alberto Savorana, Portavoce di Comunione e Liberazione

 
 

 
 

COSA RIDESTA L’UMANO. TESTIMONIANZE

Hanno partecipato: Jonathan Fields, Musicista e Insegnante; Anujeet Sareen, Manager d’azienda finanziaria a Boston. Ha introdotto: Letizia Bardazzi, Presidente Associazione Italiana Centri Culturali

 
 

 
 

TEATRO E LIBERTÀ. L’ESPERIENZA DI UN GRANDE MAESTRO

Ha partecipato: Lev Dodin, Regista e Drammaturgo, Direttore Artistico del Maly Drama Theatre di San Pietroburgo. Ha introdotto: Luca Doninelli, Giornalista e Scrittore

 
 

 
 

LA CONCEZIONE DELL’UOMO: FILOSOFIA E LIBERTÀ

Hanno partecipato: Eugenio Mazzarella, Docente di Filosofia Teoretica all’Università degli Studi Federico II di Napoli; Salvatore Natoli, Docente di Filosofia Teoretica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Ha introdotto: Costantino Esposito, Docente di Storia della Filosofia all’Università degli Studi di Bari

 
 

 
 

COSA RIDESTA L’UMANO. TESTIMONIANZA

Ha partecipato: Aleksandr Filonenko, Docente di Filosofia all’Università Nazionale di Char’kov, Ucraina. Ha introdotto: Franco Nembrini, Rettore del centro scolastico “La Traccia”

 
 

 
 

NON DIMENTICHIAMOCI DI DIO

Libertà di fedi, di culture e politica Presentazione del libro di S. Em. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano (Ed. Rizzoli)

Hanno partecipato: Silvio Ferrari, Docente di Diritto Canonico all’Università degli Studi di Milano; Tobias Hoffmann, Docente di Filosofia Medievale alla Catholic University of America, Washington. Ha introdotto: Camillo Fornasieri, Direttore del Centro Culturale di Milano

 
 

 
 

PAPA FRANCESCO: CON LA “LUMEN FIDEI” ALLE PERIFERIE DELL’ESISTENZA

Hanno partecipato: Stefano Alberto, Docente di Teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Guzmán Carriquiry, Segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina; José Maria “Pepe” di Paola, Parroco di Villa 21 a Buenos Aires. Ha introdotto: Alver Metalli, Giornalista

 
 

 
 

INCONTRO AL PROTESTANTESIMO AMERICANO

In occasione dell’edizione in lingua inglese del libro Teologia protestante americana di Luigi Giussani.

Hanno partecipato: Andrew Davison, Tutor in Doctrine alla Westcott House di Cambridge; Archie Spencer, Professore Associato di Teologia presso ACTS Seminaries e J.H. Pickford Distinguished Chair of Systematic Theology for Northwest Baptist Seminary alla Trinity Western University, Canada. Ha introdotto: John Zucchi, Docente presso il Dipartimento di Storia e Studi Classici della Università McGill, Canada.

 
 

 
 

LA LUCE SPLENDE NELLE TENEBRE

La testimonianza della Chiesa ortodossa russa negli anni della persecuzione sovietica

Hanno partecipato: Vladimir Vorob’ev, Rettore dell’Università Ortodossa San Tichon. Ha introdotto: Emilia Guarnieri, Presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli.

 
 

 
 

UN EVENTO REALE NELLA VITA DELL’UOMO

Presentazione del libro di Luigi Giussani (Ed. BUR).

Hanno partecipato: Salvatore Abbruzzese, Docente di Sociologia della Religione all’Università degli Studi di Trento; Stefano Alberto, Docente di Teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ha introdotto: Emilia Guarnieri, Presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli.

 
 

 
 

“LA LIBERTÀ RELIGIOSA, VIA DELLA PACE”

Hanno partecipato: Tahani Al Gebali, già Vice Presidente della Corte Costituzionale Suprema Egiziana; Azyumardi Azra, Direttore del Postgraduate Program alla Islamic State University Syarif Hidayatullah di Jakarta; Paul Bhatti, già Consigliere Speciale del Primo Ministro del Pakistan per le Minoranze Religiose; Franco Frattini, Presidente della SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale); S. Em. Card. Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Ha introdotto: Roberto Fontolan, Direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione.

 
 

 
 

IL PADRE LIBERTÀ DONO

Hanno partecipato: Claudio Risé, Psicanalista e Scrittore; Mariolina Ceriotti Migliarese, Neuropsichiatra Infantile e Psicoterapeuta. Ha introdotto: Camillo Fornasieri, Direttore del Centro Culturale di Milano.

 
 

 
 

L’ATLANTIDE ROSSA. LA FINE DEL COMUNISMO IN EUROPA

Ha partecipato: Luigi Geninazzi, Giornalista e Scrittore. Ha introdotto: Roberto Fontolan, Direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione.

 
 

 
 

PER NON VIVERE ASTRATTAMENTE. READING SU PASOLINI

Ha partecipato: Davide Rondoni, Poeta e Scrittore. Ha introdotto: Davide Perillo, Direttore di Tracce.

 
 

 
 

LETTERA A MIA FIGLIA.. SULL’AMORE E LA VITA NEL TEMPO DEL DOLORE

Hanno partecipato: Antonio Socci, Giornalista e Scrittore; Erasmo Figini, Presidente dell’Associazione Cometa; Andrea Marinzi, Sacerdote della Fraternità San Carlo Borromeo e Insegnante.

 
 

 
 

“LA MIA CASA SEI TU”: RISCOPRIRSI UOMINI LEGGENDO DICKENS

Hanno partecipato: Alison Milbank, Professore Associato di Letteratura e Teologia alla University of Nottingham; Edoardo Rialti, Docente di Letteratura Comparata in Italia e in Canada. Ha introdotto: Annalisa Teggi, Saggista e Traduttrice.

 
 

 
 

LE CELLULE STAMINALI ADULTE: UNA RICCHEZZA PER L’UOMO

Hanno partecipato: Domenico Coviello, Direttore del Laboratorio di genetica umana all’Ospedale Galliera di Genova e Co-presidente dell’Associazione Scienza e Vita; Daniele Mazzocchetti, Dottore in Biotecnologie di InScientiaFides; Luca Pierelli, Docente all’Università La Sapienza di Roma e Direttore del Dipartimento di Medicina Trasfusionale al San Camillo Forlanini di Roma; Giuseppe Ragusa, Docente di Economia all’Università Luiss Guido Carli di Roma. Ha introdotto: Sandro Ricci, Direttore Generale della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli.

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Odifreddi: «finalmente qualcuno mi ha preso sul serio»

BenedettoXVI scriveSolitamente non amiamo commentare immediatamente le notizie che escono perché ci piace verificarne la fondatezza, la loro resistenza nel tempo e sopratutto osservare le varie reazioni, così da poter presentare un quadro completo. Questa volta faremo un’eccezione: Benedetto XVI ha scritto a Piergiorgio Odifreddi, replicando al libro di quest’ultimo intitolato “Caro Papa ti scrivo” (Mondadori 2011).

Iniziamo subito smontando una falsa notizia: la lettera inviata dal Papa emerito è stata protocollata in data 30 agosto, ovvero cinque giorni prima di quella inviata da Papa Francesco a Eugenio Scalfari, fondatore di “Repubblica”. Dunque prima ha scritto Benedetto XVI e poi Papa Francesco e se è stata pubblicata solo ora è per un insolito gesto di lealtà di Odifreddi, ovvero voleva essere sicuro che il Papa emerito non volesse mantenerla privata.

Per molti può essere stato un secondo choc scoprire che i destinatari di due lettere scritte da due Papi, uniche nel loro genere, siano persone come Scalfari e Odifreddi ovvero i più violenti e aggressivi atei e anticlericali italiani. Perché non si sono rivolti ai “soliti” non credenti moderati (o atei devoti) come Marcello Pera, Giuliano Ferrara, Massimo Cacciari o Giulio Giorello? Riteniamo ci sia dietro un intento educativo per noi fedeli, ovvero quello di invitarci ad andare incontro a chiunque, prendendo sul serio anche le manifestazioni più feroci e offensive senza scandalizzarci del basso livello argomentativo o impaurirci per la violenza dell’esposizione.

Lo si capisce leggendo la risposta di Odifreddi alla lettera ricevuta, quando si commuove nel «veder finalmente presi sul serio e non rimossi, benché non condivisi, i miei argomenti a favore dell’ateismo e contro la religione in generale, e il cattolicesimo in particolare». Finalmente qualcuno lo ha preso sul serio, si è interessato alla sua rabbia, per una volta i suoi argomenti, seppur spesso inconsistenti e banali, non sono stati accantonati e dimenticati. Questo, crediamo, ha voluto insegnarci l’amato Benedetto XVI, non può non venire alla mente il famoso brano evangelico su Gesù e Zaccheo.

Avremo modo di tornare sul bellissimo contenuto della lettera di Benedetto XVI, per ora ci limitiamo a sottolineare la chiusura di Odifreddi nel suo articolo di “risposta” al Papa emerito:«un dialogo fra un papa teologo e un matematico ateo. Divisi in quasi tutto, ma accomunati almeno da un obiettivo: la ricerca della Verità, con la maiuscola». Odifreddi cerca la Verità? E’ un bellissimo segno di contraddizione da parte sua, riferimento di un ateismo che invece ha sempre orgogliosamente rinfacciato la sua gaia autosufficienza e ha sempre deriso coloro che cercano qualcosa di Oltre.

La redazione

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Perugia: Arcigay diffama insegnante di religione

Questionario perugiaL’alleanza media & Arcigay ha funzionato perfettamente ancora una volta diffamando pubblicamente un insegnante di religione (preda preferita) del liceo classico Mariotti di Perugia.

L’Omphalos Arcigay di Perugia ha infatti detto di essere stata contattata da alcuni studenti infuriati poiché l’insegnante di religione avrebbe distribuito un questionario in cui si chiedeva di attribuire un voto da 0 a 10, in ordine di gravità sulle principali colpe di cui ci si può macchiare, tra esse l’omosessualità, fare la guerra, omicidio, evadere il fisco, metodi contraccettivi, esperienze prematrimoniali e infettare con l’Aids.

Ovviamente i media locali e poi nazionali non hanno verificato la notizia (se l’avessero fatto sarebbe stata visto come un atto di mancanza di fiducia nell’Arcigay e dunque omofobia) e, anche grazie ai social network, la bomba è stata lanciata. Il risultato è sempre lo stesso: insulti ai preti, bestemmie contro la Chiesa, minacce di morte, richiesta di attuare la legge antiomofobia contro il docente di religione incriminandolo, richiesta di abolire l’ora di religione dalle scuole ecc.

Interessante fin da subito l’intervento degli studenti in difesa del professore nei commenti sotto l’articolo pubblicato da Umbria24. In ogni caso, dopo due giorni, come al solito, è uscita la verità, come sempre riportata solo da un paio di quotidiani locali in una nota nascosta. Si tratta della presa di posizione degli studenti e del preside Vincenzo Maiolo: «Di recente sul Web si è scatenato un putiferio mediatico dovuto ad una foto, pubblicata su un social network, che mostrava un questionario sottoposto alla nostra classe durante l’ora di religione», hanno scritto gli studenti. «Da qui, Omphalos Perugia ha deciso di diffondere, nel mondo virtuale e non, l’idea che nella nostra scuola si utilizzino metodi educativi impregnati di omofobia, antiquati e discriminatori. Il fatto in sé sembrerebbe più che legittimo, se non che a nessuno è venuto in mente di verificare cose fosse effettivamente successo in classe: il questionario è sì stato distribuito, ma con tutt’altro scopo. Il professore di religione ha infatti subito specificato che il compito non era che l’estratto di un’indagine sociologica di anni ed anni or sono. Ci ha tenuto a precisare come la voce “omosessualità” non fosse giustificabile. Ma soprattutto, non richiedeva nient’altro che un confronto diretto su temi come l’aborto o il suicidio, anch’essi presenti nella lista. L’esercizio era infatti mirato a provare, in una classe in cui giustamente convivono le opinioni più disparate, che pur vivendo secondo un pensiero relativista vi sono e saranno sempre dei livelli che nessuno di noi saprebbe valicare. Per fare un esempio, si è riscontrato che l’intera classe ha considerato l’infanticidio una colpa gravissima, a prescindere dalle inclinazioni culturali di ciascuno. Non era dunque che una semplice discussione sul concetto di “bene” e “male”, non secondo la morale cristiana, ma l’etica personale».

Hanno quindi proseguito gli studenti: «Quello che ci lascia basiti non è tanto la risonanza della foto pubblicata, che estrapolata dal suo contesto farebbe infervorare chiunque, ma le invenzioni dei giornalisti a scopo di creare polemica. Sono infatti continue le supposizioni e le illazioni quasi diffamanti rivolte alla nostra scuola, dove, senza ombra di dubbio, non siamo formati a questo tipo di schietto e povero giudizio su temi tanto importanti. Ci dispiace che associazioni che dovrebbero svolgere un lavoro costruttivo per la comunità, come Omphalos Perugia, ritengano che sia necessario questo genere di esagerazione e continua rincorsa allo scandalismo per operare in favore dei diritti per gli omosessuali».

Il preside, Vincenzo Maiolo, ha confermato: «Il questionario incriminato è stato proposto in una terza liceo, quindi a studenti maggiorenni, in assoluta coerenza con i programmi e le direttive ministeriali. Era stato presentato con ampia ed argomentata premessa con l’obiettivo dichiarato di avviare una riflessione su quanto fosse superato sia nel linguaggio, sia nella sua articolazione. Il questionario era stato pubblicato su riviste specializzate di sociologia forse una decina d’anni fa, e il fatto che fosse obsoleto il docente lo ha premesso ai ragazzi. Tanto è vero che nessuno si è sentito offeso o discriminato. È chiaro poi che estrapolando il questionario dal contesto si può interpretare in mille modi, ma voler dare per forza un’interpretazione di un determinato tipo è pretestuoso e le deduzioni soggettive ed arbitrarie appaiono quanto mai costruite sul vuoto. Dispiace la reazione di Arcigay che si basa sul nulla ed è stata assolutamente intempestiva, bastava infatti approfondire per capire che l’intenzione del docente era l’opposto di quello che si è voluto fare credere». Anche lo stesso docente ha spiegato le finalità educative della lezione che ha svolto.

Nessun alunno si è dunque offeso e nessuno ha contattato l’Arcigay, è stata un’alunna che sulla sua pagina Facebook ha pubblicato la foto del questionario scrivendo: “Come l’ora di religione ti salva la giornata”. Il commento, ha spiegato il preside, non era ironico ma voleva dire «che dopo tante interrogazioni c’era un’ora in cui si poteva discutere, confrontarsi». Qualcuno ha pensato di approfittarne passando tutto alla macchina del fango.

Questo è il metodo dell’Arcigay, la stessa violenta associazione che nel 2008 era pronta a bloccare il Festival di Sanremo per impedire al cantante Povia di esibirsi con la canzone “Luca era gay”. Con questi metodi vogliono combattere l’omofobia? E se invece in questo modo la stessero favorendo?

La redazione

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Il Papa scrive, i media manipolano e Scalfari non capisce

Lettera FrancescoCome abbiamo riportato recentemente, Papa Francesco ha risposto con una lettera a “Repubblica” ad alcune domande di Eugenio Scalfari, fondatore del quotidiano e uno dei rappresentanti più mediatici dell’anticlericalismo.

Purtroppo, ancora una volta i contenuti della lettera sono stati male interpretati dai media. E’ stato fatto notare da alcuni siti web (anche qui) rispetto ai quotidiani inglesi, come l’Independent, che hanno titolato così: «Papa Francesco assicura gli atei: non dovete credere in Dio per andare in paradiso». Sul “Telegraph” l’ottimo Tim Stanley ha spiegato: «Papa Francesco non ha mai pensato che tutti gli atei vanno in Paradiso. I media proprio non lo capiscono».

In Italia la stessa “Repubblica” (edizione cartacea) ha invece deciso di titolare così: “La verità non è mai assoluta”. Un elogio al relativismo che però non è mai stato fatto da Francesco, il quale ha invece scritto altro: «io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. La verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita. Non ha detto forse Gesù stesso: “Io sono la via, la verità, la vita”?». La verità c’è, esiste e si può conoscere tramite una relazione, non è affatto soggettiva.

Lo stesso Francesco, infatti, ha scritto in un’altra occasione: «La povertà spirituale dei nostri giorni riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi. È quanto il mio Predecessore, il caro e venerato Benedetto XVI, chiama la “dittatura del relativismo”, che lascia ognuno come misura di se stesso e mette in pericolo la convivenza tra gli uomini». Tuttavia, come la frase “chi sono io per giudicare un omosessuale” è divenuta per i media un inno di Francesco alla cultura LGBT, ora la frase “la verità non è mai assoluta” sarà l’inno al relativismo. Scalfari infatti ne ha subito approfittato e durante la puntata di Otto e Mezzo dell’11 settembre, parlando della lettera del Papa ha detto: «Il Papa dice: la verità non è assoluta, è una verità di relazione, ciò vuol dire che i cattolici giudicano dal loro punto di vista… papa Francesco accetta che la verità anche per i credenti è sempre un verità in relazione al loro giudizio; per i non credenti la verità è la propria coscienza e quindi l’autonomia. Il suo predecessore disse che il relativismo è il nemico principale della fede, lui (Francesco) non dice questo, dice il contrario». E ancora: «Gli ho anche detto che quando la nostra specie finirà non ci sarà più nessuno che potrà pensare a Dio e quindi Dio sarà morto. Lui mi ha risposto dicendo… che quando la nostra specie finirà a quel punto la luce di Dio entrerà tutta in tutti, il che vuol dire che Dio non diventa più trascendente ma immanente. Vuol dire che Dio si identifica con le anime. E questa è l’immanenza, non è più la trascendenza». Non volendo dubitare della buona fede di Scalfari dobbiamo dunque concludere che tale manipolazione sia causata da scarsa capacità di comprensione, forse anche dovuta all’età avanzata.

Lasciando perdere l’89enne fondatore di “Repubblica”, interessante invece quel che scrive Eugenio Mazzarella, docente di Filosofia teoretica nell’Università Federico II di Napoli, secondo cui «il dialogo su Repubblica tra Scalfari e Francesco manda in soffitta, si spera, quell’autentica superstizione intellettuale della modernità che è stata la funesta contrapposizione tra ragione e fede». Mazzarella sottolinea anche che «l’intento del Vaticano II è stato raggiunto: riaprire un dialogo senza preconcetti tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista dall’altra; per incidens ricordando che la cultura moderna illuminista, anche nel suo negazionismo della ragionevolezza, quanto meno, della fede, si muove in un paesaggio “liberale” il cui fondale è stato preparato dalla separazione, nell’insegnamento di Gesù di Nazareth, tra ciò che si deve a Dio e ciò che si deve a Cesare: il fondamento ab intra, nell’esperienza religiosa, istituente la laicità dello spazio pubblico».

Un altro filosofo, Benedetto Ippolito, docente di Storia della Filosofia all’Università degli Studi Roma Tre, ha invece criticato i falchi del “Fatto Quotidiano”, in particolare il solito Marco Politi, che si sono avventati sulla lettera del Pontefice per portare acqua al loro mulino. Politi parla della Chiesa come “struttura di potere” e Ippolito risponde: «un pensatore certo non facilmente tacciabile di sinistrismo, anche se molto amato dai comunisti, come Carl Schmitt diceva giustamente che la peculiarità della Chiesa romana è che ha un’autorità assoluta, appunto perché non ha bisogno del potere. In “Chiesa cattolica e forma politica”, il giurista tedesco aggiunge che ciò la separa dalle istituzioni moderne. In effetti, sebbene la ricchezza e la gestione delle pecuniae non manchi, la forza della Chiesa è il messaggio cristiano, ossia il rappresentare la voce di Cristo nella storia. La Chiesa, e il papa ad personam, “rappresenta” Dio. Ciò basta a darle autorità, senza bisogno di persuadere mediante la ricchezza. E’ forse perché ciò talvolta è avvenuto, anche di recente, tra alcuni prelati, che Bergoglio sta, giustamente, sostenendo la povertà in spirito, che significa esattamente non rinuncia ma affermazione dell’autorità spirituale sopra i mezzi materiali a disposizione».

Ippolito ha infine criticato i titoli del “Fatto” sulla “fede laica” di Francesco: «La fede cristiana, al contrario delle tante credenze laiciste, non da ultimo quella che fino a ieri portava tanti giornalisti di sinistra a credere nello splendore dei Soviet, è un credere in Dio. Cioè è un aprire la propria mente, il proprio cuore, la propria libertà all’amore eterno di un Salvatore divino e umano. In questo senso solo la fede cristiana è laica, perché libera di aderire al soprannaturale come apertura a una dimensione di razionalità superiore. Nessun’altra fede è laica ma dogmatica, come si capisce dalle tante superstizioni che hanno gli illuministi e i laicisti di maniera. Il Papa non laicizza la fede, riscopre, anzi, il suo valore di luce che spalanca l’anima alla verità. Ci viene di chiedere a tanti validi commentatori se hanno la laicità sufficiente per capire quello che avviene Oltretevere».

Anche Francesco Botturi, docente di Filosofia morale all’Università Cattolica, è intervenuto spiegando la differenza di concezione della coscienza tra Francesco e Scalfari. «coscienza non significa “parere”, ciò che appare o si permette di apparire o ciò di cui ci si autoconvince per qualche motivo, bensì capacità di valutare in concreto, che esige la responsabilità morale di indagine sui fattori in gioco, di consiglio presso altri soggetti morali, di discernimento delle alternative secondo criteri accreditati dal punto di vista delle verità morale. La soggettività della coscienza, cioè, non è la porta d’entrata del soggettivismo morale, ma esercizio critico di libertà che tiene in massimo e accurato conto la realtà in gioco». Si tratta come dice il papa di «“decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male”, una volta che di tutto ciò si risponde responsabilmente, allora il soggetto agente non solo può attenersi alla sua coscienza, ma lo deve; lo deve alla suprema dignità della sua libertà, che è dono di Dio a cui corrispondere». Per questo, spiega Botturi «la risposta di Scalfari risulta una forzatura».

La redazione

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Il comune di Bologna discrimina per non discriminare

GenitoriNel comune di Bologna è stata la capogruppo di Sel, Cathy Latorre, ad avanzare un ordine del giorno per chiedere di eliminare ogni riferimento a «padre» e «madre» nei moduli per l’iscrizione dei figli ai nidi e alle materne, pensando così di fare un piacere al suo leader nazionale Nichi Vendola, omosessuale in cerca di maternità e alle uniche quattro coppie gay con figli di Bologna.

L’assessore alla Scuola, Marilena Pillati (PD), ha prontamente accettato: l’amministrazione toglierà dai moduli ogni riferimento a «madre» e «padre», l’importante è obbedire piegarsi ai venti del più risibile egalitarismo e dell’incalzante secolarismo perbenista del nord Europa, come commentato su “Il Foglio”.

Tanti hanno fatto notare che per evitare una presunta discriminazione verso gli omosessuali, sostituire “padre” e “madre” con “genitore 1” e “genitore 2” è altrettanto discriminatorio per colui che verrà etichettato come “genitore 2”, dunque secondario. L’efficientissima esponente del PD non si è però fatta fregare, rispondendo: «Non abbiamo mai pensato di inserire “genitore 1” e “genitore 2” o altri termini che possano stabilire una gerarchia tra i genitori. Ciò che il Comune farà sarà uniformare la modulistica dei servizi per l’infanzia alle diciture “genitore richiedente” e “altro genitore”».

Qualcuno le faccia presente che parlare solo di “genitore”, al maschile, è egualmente discriminatorio verso le donne, è una formulazione che le femministe chiamano sessista, il termine da usare sarebbe casomai “genitrice”. Ma in questo caso si ritornerebbe ad identificare un maschile e un femminile e, secondo i teorici LBGT, si discriminerebbero le coppie gay. Probabilmente in Comune hanno pensato che la discriminazione contro le donne è meno grave di quella verso gli omosessuali anche se, alla fine probabilmente, come ha spiegato Antonio Socci, qualcuno capirà che i soli termini che non discriminano nessuno sarebbero “padre” e “madre”.

Secondo notizie più recenti tutto si sarebbe invece bloccato e “madre” e “padre” rimarranno dove sono. E’ la forza delle numerose polemiche, arrivate anche da parte dell’Associazione italiana genitori (Age) e del Sindacato medici pediatri di famiglia (Simpef). Ivo Colozzi, sociologo e professore all’Università di Bologna ha spiegato: «Bologna ha una tradizione laicista molto forte e radicata. Sui temi legati all’omosessualità il nodo è noto: il presidente storico di Arcigay è bolognese e qui da noi è partita l’ondata di battaglie per i diritti legati alla sessualità. La mia impressione è che da parte di Palazzo D’Accursio ci sia stato un tentativo di controbilanciare la spinta leggermente a destra che si era presa per il referendum sui finanziamenti alle scuole paritarie». Il fenomeno «è la cultura che si trova nelle cosiddette “elite neoilluministe” europee che si caratterizzano per il recupero di un laicismo radicale che sembra fare a pugni con il senso comune delle persone. Eliminare la differenza ricorrendo alla neutralità non serve».

Aveva ragione il grande G.K. Chesterton quando spiegava che in futuro sarebbe diventata una tesi da bigotti sostenere l’evidenza, come che tutti nasciamo da un padre e una padre, un dogmatismo da condannare e sanzionare. Sosteneva che ci dovevamo preparare alla grande battaglia in difesa del buon senso: «La grande marcia della distruzione culturale proseguirà. Tutto verrà negato. Tutto diventerà un credo. Accenderemo fuochi per testimoniare che due più due fa quattro. Sguaineremo spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Non ci resterà quindi che difendere non solo le incredibili virtù e saggezze della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile: questo immenso, impossibile universo che ci guarda dritto negli occhi. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Saremo tra coloro che hanno visto eppure hanno creduto».

La redazione

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Quando la Chiesa liberava dal filo spinato della Grande guerra

GuerraDal 1914 al 1918 l’Europa fu sconvolta da un conflitto destinato a cambiare la mentalità bellica fino ad allora conosciuta: la prima guerra mondiale. La causa scatenante della “Grande Guerra” è stato l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo nel 28 giugno 1914, ma l’attentato fu solamente la goccia che fece traboccare il vaso in un’Europa costellata da rivalità e inimicizie .

Il conflitto che i partecipanti giudicarono inizialmente breve e veloce, si rivelò invece lungo e logorante e costò la vita a milioni di persone. Il papa dell’epoca Giacomo della Chiesa, salito al soglio con il nome di Benedetto XV, assumerà durante la guerra un atteggiamento improntato alla neutralità e cercherà con ogni mezzo di porre termine al conflitto lanciando dal 1914 all’agosto del 1917 ventiquattro appelli alla pace. Più volte emanò una netta condanna della guerra definendola nei suoi discorsi “orrenda carneficina”, “suicidio dell’Europa civile” o “inutile strage” e cercò anche di avanzare delle proposte di pace per far terminare la carneficina chiedendo: il condono reciproco delle spese di guerra, la libertà dei mari, la diminuzione degli armamenti, la restituzione dei territori conquistati, l’istituzione di un arbitrato obbligatorio e il regolamento dei territori secondo le aspirazioni dei popoli.

Questi appelli furono però male accolti da tutti i contendenti che accusarono il papa di disfattismo o di voler favorire il proprio avversario. Benedetto XV cercherà inoltre di alleviare la sofferenza delle persone coinvolte nella guerra e stanzierà ingenti somme di denaro per aiutare le popolazioni vittime del conflitto (la Santa Sede rischiò persino la bancarotta per la politica generosa del pontefice). Uno di questi importanti contributi per alleviare le sofferenze della guerra fu l’Opera dei Prigionieri, un ‘organizzazione istituita dalla Santa Sede a partire dal 1915 che smisterà per tutta la durata del conflitto circa 600.000 plichi di corrispondenza comprese 170.000 ricerche di persone scomparse, 40.000 richieste di aiuto per il rimpatrio di prigionieri di guerra malati e 50.000 lettere di corrispondenza tra i prigionieri e le loro famiglie.+

Lo storico Alberto Monticone nel suo La Croce e il filo spinato. Tra i prigionieri e internati civili nella Grande Guerra (1914-1918). La missione umanitaria dei delegati religiosi(Rubettino 2013) racconta come il Vaticano costruì un apposito ufficio, chiamato Ufficio provvisorio in quanto non facente parte delle formali strutture della Curia, che durante tutto il conflitto funse da centrale di informazione e di distribuzioni di aiuti di ogni genere in tutto il continente europeo e nell’area mediterranea. Benedetto XV sostenne che la carità non si sarebbe dovuta limitare ai soli cattolici, ma estendersi “a tutti coloro che, senza eccezione di religione o di nazionalità, sono detenuti”. La Sacra Congregazione per gli affari ecclesiastici Straordinari invitò tramite le rispettive nunziature, tutti i vescovi dei Paese, ad assumere nella loro cura pastorale, sotto il profilo religioso e anche materiale, i prigionieri concentrati nei campi presenti nelle loro diocesi.

Sotto spinta di questo invito gli episcopati di Germania e Francia si interessarono ai prigionieri presenti nelle loro diocesi e si attivarono per avere e notizie e prendere contatto con i loro connazionali catturati, rivolgendosi come tramite al Consiglio federale elvetico (per via della sua neutralità) alla scopo di provvedere, previo opportune visite, al servizio religioso dei campi. L’episcopato tedesco cercò anche di provvedere ad un’analoga missione in Russia, ma i contatti fallirono a causa delle lunghe trattative con lo zar e allo scoppio della rivoluzione russa. Il vescovo svizzero, André-Maurice Bovet, fondò grazie a questi contatti la Mission Catholique Suisse en faveur des prisoniers de guerre che diventerà il punto di riferimento fondamentale per l’azione umanitaria della Santa Sede svolgendo incarichi umanitari distribuendo denaro non solo per scopi religiosi ai prigionieri e trasmettendo notizie ai famigliari.

La ricerca dei dispersi e militari fu infatti uno delle più grandi tragedie della prima guerra mondiale e grazie all’impegno della Santa Sede e della Mission si riuscì a far rimpatriare molti prigionieri di guerra: all’inizio del 1919 nella sola Germania 700.000 prigionieri francesi, inglesi, americani e belgi furono rimpatriati, ma rimase purtroppo invece irrisolta la situazione di 1.200.000 prigionieri russi che solo gradualmente lasciarono il suolo tedesco e mentre una parte di essi non lasciò la Germania, gli altri invece finiranno nei gulag instaurati dal dittatore Vladimir Lenin.

Mattia Ferrari

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