Nuovo studio: al bambino serve un padre e una madre, entrambi importanti

Famiglia 3Sul sito web del McGill University Health Centre, ovvero una delle più grandi istituzioni mediche in Canada, è comparso un articolo in cui si divulgano i risultati di uno studio scientifico realizzato dai propri ricercatori: «Anche con la tecnologia di oggi, occorre ancora che ci sia un maschio e una femmina per fare un bambino. Ma è importante che entrambi i genitori accolgano quel bambino? Molti studi hanno fino ad ora indicato il valore della madre, ma pochi hanno chiaramente definito l’importanza di un padre», si legge.

La ricerca, pubblicata sulla rivista “Cerebral Cortex”, mostra infatti che l’assenza del padre durante i periodi di crescita critici, porta al deterioramento delle abilità sociali e comportamentali in fase adulta. «Anche se abbiamo utilizzato topi, i risultati sono estremamente rilevanti per gli esseri umani», ha specificato l’autore senior, la psichiatra Gabriella Gobbi. «I deficit comportamentali che abbiamo osservato sono coerenti con gli studi umani dei bambini cresciuti senza un padre. Questi bambini hanno dimostrato di avere un aumentato rischio di comportamenti devianti e, in particolare, le ragazze hanno dimostrato di essere a rischio di abuso di sostanze».

Questi risultati, conclude l’articolo del McGill University Health Centre, «dovrebbero indurre i ricercatori a guardare più profondamente nel ruolo dei padri durante le fasi critiche della crescita e suggeriscono che entrambi i genitori sono importanti nello sviluppo della salute mentale dei bambini».

Un altro duro colpo, dunque, per i sostenitori delle adozioni omosessuali o del benessere del bambino nelle famiglie monoparentali. Una donna, pensiamo alle relazioni omosessuali, non si può improvvisare uomo e tanto meno padre. E’ sempre la ricerca a mostrare che le differenze tra uomini e donne (tra padre e madre, dunque) sono di tipo biologico-cerebrale e non culturale. Una donna e un uomo, indipendentemente dai loro sentimenti affettivi e dai loro desideri di non essere quel che sono, rimarranno sempre legati alla loro sessualità biologica. Sempre gli studi, raccolti in gran parte nel nostro dossier specifico, dimostrano che un bambino ha bisogno di crescere all’interno di un equilibrio dato unicamente dalla differenza sessuale, così come d’altra parte la natura ha previsto.

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Anche quest’anno gli atei combattono la “guerra al Natale”

War on ChristmasCome accade ad ogni Natale, anche quest’anno le frange militanti dell’ateismo hanno organizzato la loro guerra ai cristiani e alla festa religiosa della nascita di Gesù Cristo. Il quotidiano conservatore Fox News ad esempio ha invitato i lettori ad inviare notizie se la loro comunità ha subito un attacco alla libertà religiosa.

Non potendo infatti eludere che si tratta della celebrazione di una Nascita che ha la forza di riempire di senso e speranza la vita, chi ha deciso che la sua vita non deve avere senso è costretto a ribellarsi, forse per invidia e a volte anche in modo violento. In questa ottica possono spiegarsi gli auguri di Natale accompagnati da insulti ai cristiani e a Gesù Cristo che paiono andare di moda in alcuni negozi di Newcastle, nel Regno Unito.

Negli USA si chiama proprio “War on Christmas” e si è scelto di usare i mega-cartelloni pubblicitari per invitare a non festeggiare il Natale e mettere in chiaro l’insoddisfazione verso la festa cristiana attraverso slogan come “Senza Dio, sono pieno di amore” e “Tu sai che Gesù Cristo è un mito, questa volta celebra la ragione”. Nel frattempo si minacciano di azioni legali le scuole pubbliche che partecipazione alla cosiddetta “Operation Christmas Child”Vicino a New York, ad esempio, è stata censurata dopo quasi due decenni la “Christmas on the Canal“, una tradizione festa natalizia, a seguito delle minacce di un attivista ateo verso la comunità locale. Grazie al caloroso sostegno della popolazione la festa si è svolta regolarmente, finanziata direttamente dalla comunità.

Altre associazioni laiciste si sono organizzate per festeggiare al posto del Natale il solstizio d’inverno (festa pagana), invitando ad augurarsi “Buone feste” al posto che “Buon natale” e diffondendo cartoline di auguri con scritto cose come “Auguri alla Ragione” e promuovendo “certificati di sbattezzo” e saggi sull’apologia dell’ateismo e sulla mitologia del cristianesimo. D’altra parte uno dei più noti ateisti americani, PZ Myers, si è appena definito un “anti-teista arrabbiato”.

Anche in Italia esistono casi simili, fatti passare ovviamente dietro la scusa del rispetto verso gli appartenenti delle altre religioni. All’istituito elementare «Medea» di Varese, ad esempio, la dirigente Mara Caenazzo ha vietato al parroco della città di effettuare la tradizionale visita alla scuola in quanto «potrebbero esserci alunni di altre religioni». Peccato che, come era già accaduto in casi analoghi, nessuno di loro ha manifestato rimostranze. «Anzi, ci sarebbe piaciuto ricevere una telefonata dalla dirigente scolastica: le avremmo chiarito che le celebrazioni cristiane non ci danno alcun fastidio», ha spiegato Giorgio Stabilini, portavoce della comunità islamica di Varese. «Siamo in Italia, non in Tunisia dunque la cultura e la tradizione italiane devono essere rispettate. E non siamo neanche in Francia dove un’interpretazione eccessiva della laicità porta spesso a divieti assurdi».

Ma la guerra continua anche prima e dopo il Natale. Se in Corea del Nord (ateismo di stato) ottanta persone sono state giustiziate per essere state trovate in possesso di Bibbie (nel silenzio dei sedicenti militanti dei diritti umani), in Europa proseguono i libri diffamatori contro i credenti e la Chiesa. L’ultimo in Italia è quello di Carlotta Zavattiero per l’editrice Chiarelettere (ovvero “Il Fatto Quotidiano”) con l’ennesimo titolo de “La lobby del Vaticano”. In esso si presentano le tesi complottiste che Cl, l’Opus Dei, i Focolarini e la Comunità Sant’Egidio stanno «minano l’unità ecclesiale e hanno generato quella “guerra per bande” che ha portato alle dimissioni di Benedetto XVI», spingendo «la Chiesa sull’orlo dell’implosione». Come recensito da “Tempi.it”, basta chiamare le amicizie “trame”, gli individui “personaggi”, la fede “integralismo”, e il gioco è fatto. Secondo la Zavattaro i membri di questi movimenti vivrebbero il «totalitarismo del sorriso» e sorridono tanto per «adescare i minori».

Cresce anche in Europa il vandalismo e le violazioni di chiese e cimiteri: il rapporto Osce 2012 documenta gli atti contro i cristiani e i fedeli di altre religioni: in Finlandia le forze dell’ordine hanno registrato 52 casi di crimini d’odio antireligioso, inclusi un omicidio, 15 aggressioni e 8 casi di minacce; in Germania 414 casi; in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord 1543 casi; in Scozia 687 casi, ecc. L’ateo militante Joseph Fretti, ad esempio, è stato incarcerato per aver tentato di incendiare due chiese nel Regno Unito, causando fino a 50.000 sterline in danni, il tutto mentre urlava il suo rancore verso le persone religiose. Considerando che negli USA gli atei sono l’1,6% della popolazione, sul “Los Angeles Times” è stato scritto che «forse gli atei non sarebbero così impopolari se smettessero di ripetere che solo le persone stupide credono in Dio», citando le parole dell’intervista natalizia a Richard Dawkins, il quale ha descritto i credenti come “ignoranti”, “spesso piuttosto stupidi”, “inferiori” e “paranoici”.

Da parte nostra i migliori auguri di un Santo Natale a tutti loro, alle associazioni militanti e ai singoli individui pieni di rancore. L’augurio più grande è che vivano le parole di Papa Francesco: «Il Natale è un incontro! Quando noi ci lasciamo incontrare dal Signore, è Lui che entra dentro di noi, è Lui che ci rifà tutto di nuovo, perché questa è la venuta, quello che significa quando viene il Cristo: rifare tutto di nuovo, rifare il cuore, l’anima, la vita, la speranza, il cammino. Lasciarci incontrare dal Signore è proprio questo: lasciarci amare dal Signore!». Non siete e non siamo costretti a vivere nell’odio, lasciamoci amare.

La redazione

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L’assoluzione di don Gino Temporin e l’etica dei giornalisti

Don GinoAssolto con formula piena don Gino Temporin, 67 anni, ex rettore del seminario minore di Rubano, accusato di violenza sessuale aggravata nei confronti di un ex studente dell’istituto e di averlo fatto giurare su una Madonnina di legno di non dire niente.

“Il fatto non sussiste” ha accertato il tribunale di Padova, l’accusatore è un ventiduenne della provincia di Venezia che si è inventato le accuse infamanti all’ex rettore del seminario dopo essersi confidato, nel 2009, con una psicologa della clinica “Le betulle” di Como dov’era ricoverato. A don Gino è stato restituito dunque l’onore di quarant’anni di sacerdozio dedicati all’assistenza, all’educazione e all’insegnamento. Sono tantissimi i sacerdoti assolti dalle accuse piovute addosso tra il 2010 e il 2011 ed è difficile stare dietro a tutte le notizie: don Martin Steinerpadre John GeoghaJames Patrick Jenningse il reverendo Charles Murphy,  don Giorgio Govoni (nel frattempo morto di infarto a causa delle accuse); mons. Zollitsch ecc. I quotidiani, nel caso di don Gino, si sono comportati stranamente in modo corretto: quei giornali (pochi per la verità) che avevano dato la notizia dell’apertura delle indagini su don Gino hanno poi pubblicato un articolo con la sua assoluzione.

Non così eticamente è stato quando la Corte distrettuale del Wisconsin ha definitivamente chiuso il cosiddetto “caso più emblematico di insabbiamento” da parte della Chiesa cattolica, ovvero il “caso Murphy”, in cui sono stati voluti coinvolgere Benedetto XVI, i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Sodano. “Il Fatto Quotidiano” attraverso il vaticanista Marco Politi ha usato fiumi di inchiostro per accusare Ratzinger di insabbiamenti. Eppure quando è emersa la notizia del ritiro di tutte le accuse («perché sapevano che avrebbero perso se avessero continuato a perseguire il caso e non volevano una pronuncia negativa da parte del giudice», ha spiegato l’avvocato della Santa Sede, Jeffrey S. Lena) né “Il Fatto”, né il vaticanista Politi hanno voluto parlarne, nemmeno un accenno, al contrario degli altri quotidiani e vaticanisti. Lo stesso per quanto riguarda anche l’ultima causa intentata contro la Santa Seda per casi di pedofilia negli Stati Uniti, riguardante Andrew Ronan, la quale è stata archiviata. Anche in questo caso Marco Politi nel 2010 condannava la Santa Sede a causa dei «trasferimenti omertosi del prete-predatore Andrew Ronan», ma poi non ha voluto informare sul fatto che la giustizia americana ha accertato la non colpevolezza del Vaticano. Proprio lo stesso vaticanista che qualche tempo dopo firmava un articolo sull’etica giornalistica e il dovere di informare correttamente i lettori. «C’è anche spazio per l’errore umano, e allora il giornalista rettifica», scriveva. Ancora si attende la rettifica delle sue accuse all’odiato Ratzinger.

La pedofilia è una scusa, l’obiettivo mediatico è colpire la Chiesa. Se davvero l’attenzione fosse sulla tutela dell’infanzia e la persecuzione di quell’orrendo crimine qual è la pedofilia, “Il Fatto Quotidiano” non elogerebbe Roman Polansky, arrestato per lo stupro di una ragazzina di tredici anni e non avrebbe come collaboratore e articolista Aldo Busi, autore di dichiarazioni definite dall’Osservatorio per i Minori “pro-pedofilia” e, secondo “Repubblica”, “legittimatore dei pedofili”. Nel dibattito sui preti pedofili c’è un compiacimento anticattolico e anticlericale che tende a censurare le notizie, gonfiare i dati e ignorare le precisazioni del “Telefono Azzurro”: «Passa l’idea, nell’opinione pubblica, che si tratti di un fenomeno circoscritto a determinati ambiti che di volta in volta finiscono alla ribalta della cronaca (come la scuola o la Chiesa), o specifiche realtà di degrado sociale; mentre i dati ci dicono chiaramente che si tratta di un fenomeno pervasivo, che purtroppo è presente in tutti i contesti nei quali siano presenti bambini». Nell’80% i casi di pedofilia, ad esempio, avvengono ad opera di un parente non celibe: genitori, convivente, nonni o zii.

La redazione

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Papa Francesco “persona dell’anno” e nemico delle nozze gay

TimeMolto interessante la decisione della celebre rivista “Time” e di quella gay “The Advocate” di premiare Papa Francesco come “persona dell’anno”.

Non che avessimo bisogno del “Time” e non che al Pontefice e alla Chiesa importino poi molto gli elogi mediatici e mondani, anzi, probabilmente preferirebbero subire la stessa sorte di Gesù Cristo e di Pietro. «Beati voi quando gli altri vi odieranno, quando parleranno male di voi e vi disprezzeranno come gente malvagia perché avete creduto nel Figlio dell’uomo», ammoniva Gesù ai suoi discepoli pronti a portare nel mondo la Chiesa da Lui istituita. «Quando vi accadranno queste cose siate lieti e gioite, perché Dio vi ha preparato in cielo una grande ricompensa. Guai a voi quando tutti parleranno bene di voi: infatti i padri di questa gente hanno trattato allo stesso modo i falsi profeti».  Il mondo applaude solo i falsi profeti perché «se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia» (Gv 15, 18-21).

C’è da preoccuparsi allora se Papa Francesco non subisce l’odio patito dal suo predecessore Benedetto XVI? E’ un falso profeta? Assolutamente no: il Pontefice viene spesso esaltato solo per contrapporlo alla Chiesa, le sue parole vengono strumentalizzate solo per usarle contro i cattolici e le loro convinzioni (in particolare in campo bioetico) e i suoi pensieri più scomodi non vengono riportati diffusamente, correttamente e in modo integrale. E’ sempre guerra alla Chiesa, giocata non più direttamente tramite i fotomontaggi di Papa Ratzinger nazista, ma attraverso una modalità più subdola.

In questo contesto è da leggersi la campagna generata dalla famosa frase di Francesco sull’aereo in ritorno dalla GMG brasiliana: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Per questa frase la rivista omosessuale lo ha incoronato persona gay-friendly dell’anno, dimenticando la parte successiva: «Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte». Ovvero: il Pontefice ha semplicemente ribadito quello che da secoli è scritto nel Catechismo cattolico: condannare il peccato e non il peccatore, l’uomo non va giudicato a questo penserà Dio, piuttosto va aiutato e sostenuto nel cammino.

Va invece sempre giudicato il peccato, perché questo è di aiuto a tutti gli uomini. Papa Francesco lo ha fatto tante volte, anche nei riguardi dell’omosessualità, con parole molto dure: nel luglio 2010, da Arcivescovo di Buenos Aires e Primate dell’Argentina, ad esempio, tramite una lettera ha invitato la comunità cattolica argentina a pregare con fervore per prevenire la legge sul matrimonio e sull’adozione omosessuale: «Nelle prossime settimane, il popolo argentino si troverà ad affrontare una situazione il cui esito potrebbe nuocere gravemente alla famiglia. La posta in gioco è l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. La posta in gioco sono le vite di tanti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati del loro sviluppo umano con un padre e una madre, voluti da Dio. La posta in gioco è il rifiuto totale della legge di Dio incisa nei nostri cuori». Ha proseguito: «Cerchiamo di non essere ingenui: questo non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo di distruggere il piano divino. Non è solo un disegno di legge ma una “mossa” del Padre della menzogna che cerca di confondere e ingannare i figli di Dio». Nemmeno Benedetto XVI si era espresso con tanta vigorosità, chissà se le riviste gay riporteranno anche queste frasi.

Sempre nel 2010 Bergoglio ha sospeso Jose Nicolas Alessio dal sacerdozio in quanto si era pubblicamente detto favorevole al matrimonio gay. Lo stesso ha fatto da pontefice pochi mesi fa, scomunicando un sacerdote australiano leader di un gruppo in favore del matrimonio gay e dell’ordinazione delle donne. Anche oggi, da pontefice, difende il matrimonio naturale: «La Chiesa offre una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana. Vogliamo riaffermare che la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta», ha scritto recentemente. Certo, non ne parla spesso, come ha spiegato lui stesso: «La Chiesa si è già espressa perfettamente su questo [il matrimonio omosessuale]. Non era necessario tornarci, come non ho parlato neppure della frode, della menzogna o di altre cose sulle quali la Chiesa ha una dottrina chiara! Non era necessario parlare di questo, bensì delle cose positive che aprono il cammino ai ragazzi. Inoltre i giovani sanno perfettamente qual è la posizione della Chiesa! E la mia posizione è la stessa perché sono figlio della Chiesa».

Anche da cardinale combatteva l’aborto e l’eutanasia come fa oggi definendola “cultura dello scarto”. «Questa è una battaglia da sostenere contro i numerosi attentati alla vita umana, contro la diffusione della cultura della morte», ricordava nel 2009. Nel 2007 ha tuonato contro l’aborto parlando di “sentenza di morte”, rilevando la contraddizione di chi si oppone alla pena di morte per gli adulti ma non a quella per i bambini. Lo stesso ha fatto recentemente da pontefice spiegando che «la “cultura dello scarto”, «ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito ha il volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mondo. Non si possono scartare, come ci propone la “cultura dello scarto”! Non si possono scartare!», ha incalzato. «Per questo l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa».

La novità nel pensiero di Francesco è di continuare a sostenere il Magistero della Chiesa in campo bioetico, ma chiedendo allo stesso tempo di non trascurare la tenerezza, la misericordia e la compassione verso gli ultimi e sopratutto verso il vero messaggio evangelico di cui ha bisogno l’uomo: “Gesù Cristo ha salvato anche te”. E’ un insegnamento importante, fondamentale, sopratutto per coloro che vivono il dibattito sui “valori non negoziabili” come ossessione ideologica e questione di vita e di morte. No, ci dice il Pontefice, sosteniamo la verità ma restando liberi dall’esito dei nostri sforzi, non demoralizziamoci e non dimentichiamoci di impegnarci allo stesso modo anche nella carità e nella misericordia.

La provocazione di “The Avocate” è un clamoroso autogol, umiliante oltretutto per personaggi come Obama e Hollande che hanno fatto di tutto pur di apparire omofili, ma anche la decisione della laicissima rivista “Time”. Secondo “Repubblica”, però, quest’ultima avrebbe premiato Francesco perché «parla dei poveri, dei disperati, degli immigrati; perché vuole la Chiesa come un ospedale da campo per curare le ferite di chi soffre, delle vittime di tutte le guerre, degli ultimi», ma anche perché «difende i valori della vita e della famiglia ed ha avviato concretamente un’opera di ricostruzione della credibilità della Chiesa». Queste frasi attribuite al “Time”, tuttavia, non siamo riusciti a trovarle in versione originale. Anche la rivista inglese, probabilmente (a meno che queste frasi esistano davvero), ha perciò preso lo stesso abbaglio, premiando un grandissimo Pontefice per il suo alto profilo morale e, dunque, valorizzando implicitamente anche i suoi pensieri a favore della vita e della famiglia naturale, galvanizzando tutti coloro che la pensano esattamente come lui.

La redazione

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Giulio Giorello: «imparo più dalle bestie che da Odifreddi»

ScimpanzèFu Adolph Hitler che emanò per primo una legge per i diritti degli animali il 24 novembre 1933, per questo oggi Federfauna, la confederazione che riunisce associazioni di allevatori e commercianti di animali, assegna annualmente il premio intitolato al Führer agli animalisti più convinti.

Anche il mondo scientifico è implicato in questa battaglia, se gli animalisti combattano la vivisezione e i test medici sugli animali attaccando e boicottando i convegni scientifici (ricordiamo gli insulti a Rita Levi Montalcini), gli scienziati rispondono tramite comunicati e articoli, con l’intervento di prestigiose riviste scientifiche contro l’animalismo, chiedendo addirittura di ampliare le direttive sulla sperimentazione animale per non fermare la ricerca medica.

In America è stata escogitata allora un’idea che potrebbe zittire definitivamente il mondo scientifico: un gruppo per i diritti degli animali, “Nonhuman Rights Project” (Nhrp), ha intentato causa presso la Corte Suprema di New York per far dichiarare che gli scimpanzé “persone legali”, con particolare riguardo a quelli usati in alcune ricerche presso la Stony Brool University. Per gli animalisti gli animali cognitivamente avanzati non dovrebbero stare in uno zoo o in un laboratorio di ricerca, perché sarebbe schiavitù. Insorgono gli scienziati, per primo il presidente dell’Associazione Nazionale per la ricerca biomedica di Washington Frankie Trull. «E’ una violazione dell’uguaglianza», replicano gli animalisti, «non considerare gli scimpanzé come persone legali, con tutti i diritti legali, solo perché c’è una qualità che li contraddistingue dagli uomini, e cioè che non sono umani». Non fa una piega: “solo” (sic!) perché non sono umani, non vuol dire che non sono umani. La pedissequa logica porta alla mente la frase di Umberto Veronesi del 2008: «Bisogna tutelare gli embrioni degli scimpanzé perché anch’essi sono progetti di esseri umani».

La tematica, come si vede, è ghiotta perché stuzzica gli appetiti dei riduzionisti anti-teisti, che finalmente possono tornare ad equiparare l’uomo ad uno scimmione, negandogli così ogni fastidiosa unicità che chiamerebbe a gran voce una spiegazione metafisica. A questo riguardo l’intervento, ad esempio, dello stesso Veronesi e di Valerio Pocar. Anche il filosofo e matematico laico (intelligentemente laico, almeno lui) Giulio Giorello è intervenuto, curiosamente usando alcune citazioni di Charles Darwin come fonte autoritaria per qualsiasi argomento, compreso l’esistenza dell’anima, addirittura per replicare al Fedone di Platone. Eppure era proprio lui un paio di anni fa a criticare” “l’ideologia neodarwiniana”, aggiungendo che «Darwin non ha mai preteso di aver spiegato il mistero della vita».

Giorello si dice dubbioso sull’esistenza dell’anima negli uomini, mentre non esclude «la Resurrezione della carne». Curioso come chiude l’intervista: «Molto spesso le bestie ci ispirano di più degli uomini. Parafrasando l’etologo Frans De Waal, ho da imparare più da un bonobo che dal professor Piergiorgio Odifreddi». Per alcuni questo accostamento è in realtà un complimento. Per Odifreddi, ovviamente.

Battute a parte, vale la pena chiudere con le parole del prof. Massimo Introvigne, sociologo ed esperto di scienza delle religioni: «Ben venga l’ecologia come rispetto del creato. La mia perplessità riguarda tuttavia coloro che si preoccupano di salvare le foche e gli scimpanzé e non si curano della difesa degli esseri umani. Ho sempre ben a mente le parole di Benedetto XVI, secondo cui la maturazione di una coscienza ecologica passa innanzitutto dal rispetto di una “ecologia umana”».

La redazione

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Papa Francesco, né progressista né tradizionalista

POPE FRANCIS GENERAL AUDIENCE WITH THE PRESSDi pochi giorni precedente l’uscita dell’esortazione apostolica Evangelli Gaudium è una sorprendente omelia a Santa Marta di Papa Francesco il cui punto di partenza è il primo libro dei Maccabei (1, 10-15; 41-43; 54-57; 62-64): in quell’occasione è chiaramente declinata la mondanità spirituale nella sua variante progressista.

La mondanità spirituale su cui ritorna spesso non è tanto una categoria teologica, quanto piuttosto un pericolo concreto di origine evangelica: “tanto che [Gesù] aveva pregato il Padre affinché ci salvasse dallo spirito del mondo”. Il “progressismo adolescenziale” cui fa riferimento Francesco non è ciò che culturalmente si contrappone al tradizionalismo, ma è lo scivolamento apostata che “negozia” con il mondo: il progressista crede di avere già la conoscenza essenziale che gli consente di scavalcare la Legge (non ha bisogno della Grazia per capire ciò che davvero gli serve per vivere – per questo è gnostico); tecnicamente ha già a disposizione tutto il necessario per conseguire ciò che gli conviene, per cui può tranquillamente fare quello che fanno tutti.

Spiega Papa Francesco: “Questa gente ha trattato con il re, ha negoziato. Ma non ha negoziato abitudini… ha negoziato la fedeltà al Dio sempre fedele. E questo si chiama apostasia”. Il cattolico che professa di credere senza praticare, quello che deve dimostrare quanto è open-minded andando a braccetto con l’ideologia gay o al sesso come fatto privato nella sua smania o terrore di essere aggiornato, sembra proprio quello che vede in questi fenomeni solo abitudini, espressioni del secolo, incapaci di comprometterlo seriamente e magari dannarlo. E’ direttamente all’abortista della carità senza verità – il buonismo – che il Papa sembra indirizzare la richiesta: “Voi pensate che oggi non si fanno sacrifici umani?”… “Se ne fanno tanti, tanti. E ci sono delle leggi che li proteggono”. Ma cos’è che sta alla radice del pensiero unico con cui fare alleanza? Cosa bisogna accettare per fare alleanza con il mondo e rinunciare alla fedeltà a Dio e alla propria identità? Il relativismo è lo strumento migliore. Questo è il tributo al genio dell’imperatore che il progressista accetta di fare anziché essere martire (=testimone).

Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium salta invece agli occhi la durissima presa di posizione di Papa Francesco nei confronti di tutta quella galassia tradizionalista che vive nell’alveo cattolico con la certezza di meritare la Grazia: pronto a polemizzare e gloriarsi delle proprie posizioni, il tradizionalista in parola si affretta a conquistare lo spazio che sancisce l’indiscutibile equivalenza della propria opinione con ciò che la Chiesa preconciliare – spesso solo quella che si può evincere dagli “anatema” – affermava. Nell’ Evangelii Gaudium è questo “il neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato”.

Tipico della mondanità spirituale è lo gnosticismo: parafrasando la magnifica espressione di Angela Pellicciari, che definisce questa chiusura nel proprio soggettivismo come l’atteggiamento di quella minoranza che ritiene di incarnare l’avanguardia morale e intellettuale dell’umanità, si potrebbe azzardare che – esattamente come il progressimo contemporaneo relativista e modernista – il neopelagianesimo è gnostico perché autoreferenziale ed ossessionato dalla purezza dottrinale in forza di una conoscenza più profonda della cattolicità. “E’ una presunta sicurezza dottrinale o disciplinare che dà luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario,dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare.”

In conclusione, Francesco sembra il padre della parabola che a sinistra mostra la via della gioia dell’essere figli ad un figlio minore prodigo non è ancora tornato alla casa del Padre e, a destra, ammonisce il fratello maggiore che continua a ripetere i suoi meriti e perciò non può partecipare alla festa. Un centro diverso e più alto di quello politico per definire cosa sta a destra e cosa a sinistra, un centro sapienziale: Francesco non entra nemmeno nelle argomentazioni dell’uno o dell’altro; a lui – si è capito – non interessano molto le idee, interessa l’uomo, interessa discernere ciò che l’uomo vuole affermare attraverso certe posizioni, qual è il bene che intende esprimere. Una frase dell’esortazione apostolica è davvero severa e sembra quella del vignaiolo che si appresta a tagliare dei tralci o del missionario che sceglie i suoi compagni per l’’evangelizzazione: “Non è possibile immaginare che da queste forme riduttive di cristianesimo possa scaturire un autentico dinamismo”.

Fabrizio Ede

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La testimonianza di una vita strappata dall’eutanasia

AFP_1205221003.jpgUn articolo pubblicato qualche settimana fa sul sito del settimanale Tempi riporta la storia straordinaria di Angèle Lieby, un’operaia francese che il 13 luglio 2009 è caduta in uno stato vegetativo.

Tutto è cominciato con una forte emicrania ed un consulto d’emergenza presso l’ospedale di Strasburgo, seguiti repentinamente da disturbi della parola, affanno e perdita di conoscenza. A questo punto Angèle viene immediatamente ricoverata, ma i medici la danno per spacciata: il coma in cui si trova, dicono, non concede speranze di remissione.

Come si legge nel libro pubblicato grazie alla collaborazione del giornalista Hervé de Chalendar (Angèle Lieby, Una lacrima mi ha salvato; edizioni San Paolo), Angèle è conscia di tutto: sepolta all’interno di un corpo incapace di ogni minimo movimento, la signora Lieby conserva solo il senso dell’udito e, lentamente, intuisce di essere attaccata a una macchina che la tiene in vita.

Ma l’incubo non è finito. Dopo quattro giorni, infatti, il medico che la tiene in osservazione spiega al marito che non c’è più nulla da fare: l’unica soluzione è di concederle una morte dignitosa staccando la spina. Angèle vorrebbe urlare di essere viva, ma non riesce a lanciare alcun segnale, anche il più piccolo, della sua reale condizione. Grazie a Dio il marito rifiuta in maniera categorica i consigli del medico ed il calvario prosegue, non senza altre pressioni da parte dello staff ospedaliero, per altri otto giorni.

Arriviamo quindi al 25 luglio, anniversario di matrimonio di Angèle. Sua figlia Cathy entra in camera e le confida di aspettare il terzo figlio e che sarebbe molto contenta se la nonna potesse vederlo. A questo punto accade l’imprevedibile: dagli occhi di Angèle sgorga una lacrima e, come se non bastasse, poco dopo la famiglia si accorgerà di un minuscolo movimento di un mignolo. C’è ormai poco da discutere, Angéle è viva. Da quel giorno per Angèle inizierà un lungo percorso di rieducazione alla vita che, con piccoli ma costanti progressi, la riporterà in meno di un anno alla guarigione.

Una diagnosi più approfondita rivelerà che la signora Lieby aveva contratto l’encefalite troncoencefalica di Bickerstaff, una rara condizione neurologica ad eziologia infettiva. Nel suo libro Angèle punta il dito contro una certa classe medica che tende a considerare il paziente in stato di coma come un “vegetale” piuttosto che un “essere umano”.

Se prima del 13 luglio 2009 Angèle avesse firmato un testamento biologico, con ogni probabilità quella lacrima non l’avrebbe scagionata. Il tema del “fine vita” è troppo spesso argomento di dibattiti dettati dal più becero sentimentalismo, piuttosto che dal rigore della scienza e dal rispetto dell’etica. La strumentalizzazione mediatica di alcuni drammi che coinvolgono intere famiglie non fa altro che spostare la questione lontano dal suo fulcro reale: cosa si conosce della vita?

E mentre i salotti televisivi si riempiono di voci e dalle aule di tribunale si levano, apparentemente unanimi, i cori di una popolazione che grida al “rispetto della volontà altrui”, nelle corsie d’ospedale, tra i ricoverati per appendicectomia, gli anziani scompensati ed i malati terminali, grida il silenzio di quelle anime vive intrappolate in corpi che sembrano non rispondere più.

Filippo Chelli

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Nelson Mandela e la stima per la Chiesa cattolica

Nelson MandelaE’ morto in questi giorni Nelson Mandela, storico leader del movimento di liberazione dall’apartheid nel Sud Africa e primo presidente realmente eletto da tutto il popolo sudafricano. Ha vinto il premio Nobel per la pace nel 1993.

Tutti conoscono il suo grande impegno per i diritti umani e per la riconciliazione nazionale, l’apparato mediatico trasmette notizie a ritmo continuo su questo. La Chiesa cattolica in Sudafrica ha espresso la sua gratitudine «per il sacrificio offerto per tutti i popoli del Sudafrica e per la sua guida e la sua ispirazione con le quali ci ha guidato sulla via della riconciliazione», ha scritto Mons. Stephen Brislin, Arcivescovo di Città del Capo e Presidente della Southern African Catholic Bishops’ Conference (SACBC) nel messaggio di cordoglio. Anche Papa Francesco ha inviato il suo messaggio ricordando per aver saputo «forgiare un nuovo Sud Africa costruito sulle solide fondamenta della non violenza, della riconciliazione e della verità».

Mandela, da sempre un devoto cristiano metodista, fu molto vicino alla Chiesa cattolica, di cui aveva molta stima. «Sono molto grato alla Chiesa cattolica», disse. «Quando i neri non potevano nemmeno salire su un autobus, la Chiesa cattolica li faceva vescovi e cardinali». Anche in questi giorni è stato ricordato che furono le scuole cattoliche le prime, sul finire degli anni Settanta, a sfidare la segregazione razziale nelle aule. In un discorso del 1993, il premio Nobel per la pace ebbe a dire ad esempio: «La Chiesa è importante nella vita di ogni giorno ma uno deve essere stato in una prigione sudafricana per apprezzare il ruolo cruciale da lei rivestito nel cercare di alleviare la sofferenza causata dai tribunali governativi». Lodò anche «il ruolo molto importante giocato dalla Chiesa cattolica nel lottare per la giustizia» e apprezzò particolarmente la figura di Giovanni Paolo II. Nel novembre 1984 scrisse una lettera dalla prigione di Pollsmoor al neovescovo di Città del Capo, monsignor Stephen Naidoo, di cui Mandela era diventato amico durante una visita del presule a Robben Island, prigione nella quale partecipava alla Messa cattolica, ricevendo i sacramenti. La tua «nomina è un evento che, ne sono sicuro, sarà ben accolto non solo dai tuoi parenti e amici più stretti», scrisse Madiba a mons. Naidoo, «ma anche dai credenti di differenti confessioni religiose e da tutti coloro che sono sufficientemente perspicaci per apprezzare il ruolo innovativo giocato sul piano storico dalla Chiesa in generale, e in modo particolare la sua formidabile presenza, oggi, nella lotta per un mondo migliore e fondato sulla pace».

Gli sbagli storici della Chiesa, ha proseguito nella lettera, «sono stati completamente rimpiccioliti dagli enormi successi conseguiti e questo è l’aspetto sui quali si concentreranno chi è ottimista e coloro che devono costruire il futuro». Occorre ricordare, comunque, che lui stesso non fu esente da errori, anche molto gravi, che però non hanno intaccato la sua meritata fama. Lo scrittore Zakes Mda ha accusato gli europei di averne fatto «un santo della pace, un nuovo Mahatma Gandhi», in realtà la storia è vera a metà: «Tutti i suoi sforzi sulla via della riconciliazione hanno riguardato le divisioni tra bianchi e neri. Le divisioni tra neri sono continuate». Mandela, questo lo si sa, chiuse gli occhi sulle ruberie dei compagni: «La corruzione in cui oggi annaspiamo è cominciata durante la sua presidenza. Lui personalmente non fu coinvolto. Però sapeva e non fece niente per sanare la piaga. Chiesi di incontrarlo una volta, gli parlai della corruzione ma lui rimase freddo. Perché era fedele al partito, leale con i compagni. Per lui erano tutte persone integre. Il risultato: mentre lui era presidente la corruzione ha messo radici. E quando mette radici sappiamo quanto è difficile da estirpare».

Lo stesso Mandela rifiutò la nonviolenza di Gandhi e ritenne che le repressioni del governo si potevano contrastare soltanto con un movimento di guerriglia. Nella sua autobiografia intitolata “Il Lungo Cammino Verso la Libertà”, ha ad esempio ammesso di aver dato lui l’ordine per la bomba di Church Street, scoppiata alle ore 16.30 di Venerdì 20 Maggio 1983, nella cui strage morirono 19 persone e altre 217 rimasero ferite innocenti. Venne inoltre finanziato dalla rete comunista internazionale, la quale prima sosteneva il regime razzista dell’Apartheid e considerava Mandela un terrorista, la quale costruì la sua immagine occidentale come messia nero. L’apertura all’aborto e alle nozze e adozioni gay in Sudafrica vanno lette in questo contesto. Il suo progetto per un Sudafrica migliore, infine, non ha funzionato molto, ancora oggi il Paese è in cima alle classifiche mondiali per tassi di omicidi, stupri e diffusione dell’Aids.

In ogni caso è giusto concentrarsi su quel che di buono c’è nella storia di ognuno. Occorre anche ricordare all’ipocrisia della stampa che nel mondo sono tanti i Mandela ignoranti dall’Occidente, forse perché cattolici. Antonio Socci ha citato mons. Giacomo Su Zhimin, vescovo cattolico di Baoding (Hebei), che ha trascorso 41 anni in lager e prigioni varie, senza alcuna accusa e senza alcun processo. Oppure mons. Cosma Shi Enxiang, vescovo cattolico di Yixian, che ha passato 52 anni fra lager, prigioni e lavori forzati, arrestato nuovamente nel 2001 e da allora sparito. Entrambi chiedevano semplicemente diritti umani e libertà religiosa. Pensiamo anche ad Asia Bibi e alla violenza contro i cristiani del Pakistan. Niente di questo però fa notizia e suscita scandalo.

I media creano a tavolino santoni e messia, l’incredibile idolatria verso Che Guevara di cui ancora oggi sono vittime migliaia di persone nel mondo è davanti agli occhi. Di Madiba è già stato fatto un marchio del valore di 53 miliardi di dollari tra magliette, ristoranti, poster, vino, fino a reality show, “tutto fa Mandela”. Secondo il Daily Telegraph dietro al business ci sarebbero le figlie e le nipoti del leader sudafticano, che vendono le stampe delle mani a 14mila euro l’una. L’Occidente, povero di Dio, ha evidentemente bisogno di idoli.

La redazione

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Prosegue l’ “effetto Francesco”

Francesco bambinoCome ormai ampiamente noto, l’elezione di Papa Bergoglio ha suscitato grande entusiasmo nel mondo sia ecclesiale che civile. Al punto che si è più volte parlato di un “effetto Francesco” con molte e variegate ripercussioni, di cui ci siamo occupati più volte. Non ultime, da parte di laicisti e teologi progressisti, l’attribuzione al vescovo di Roma delle proprie opinioni.

Ecco altri spunti recenti circa l’ “effetto Francesco”, e altre buone notizie che possono aver risentito indirettamente di questa ondata di entusiasmo:

– “Francesco” è diventato il nome più diffuso tra i neonati italiani;

– nella statunitense Miami, in larga parte composta da latinos spesso tiepidamente cattolici, si verifica un’esplosione di partecipazione religiosa e un boom di iniziazioni ai sacramenti per adulti;

– a Roma, “pienoni alle messe, divorziati in chiesa”, arriva a titolare la non certo filo-cattolica Repubblica;

– la stessa aumentata frequenza nella partecipazione religiosa è rilevata in Italia da una ricerca del sociologo Introvigne;

– anche in Spagna si rileva un incremento alla partecipazione religiosa, anche se lieve, e la Chiesa rappresenta l’istituzione sociale verso la quale si fa più affidamento

– la Corea del Sud ha raggiunto il 10% di fedeli cattolici, dall’1% presenti nel 1949.

Certo, l’ “effetto Francesco” non è certo una panacea per i mali della società, come anche la risposta definitiva ai cambiamenti della Chiesa che deve essere semper reformanda. Ma è un segno della grandezza di un Papa che sa parlare al cuore della gente, come il suo amato predecessore Benedetto XVI ha saputo parlare bene alla testa della gente.

Roberto Reggi

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L’aborto e il “cattolico” Nicola Surico

Nicola SuricoCom’è possibile che i pochi ginecologi non obiettori possano continuare a praticare interruzioni di gravidanza nonostante il verdetto medico-scientifico-filosofico mostri ormai chiaramente che a venire ucciso è un essere umano, “uno di noi” chiamato alla vita e ucciso in nome del presunto (ma, in realtà, inesistente) diritto di scelta di un altro essere umano?

Per cercare di rispondere a questa domanda, nel novembre scorso abbiamo letto con molta attenzione e curiosità le riflessioni di alcuni ginecologi abortisti, rimanendo molto sorpresi. Anche loro sanno benissimo che l’embrione è un essere umano, un “bambino” dicono alcuni, nessuno infatti è contento del suo lavoro quando si tratta di sopprimere una vita umana. Addirittura Alessandra Kustermann, della Mangiagalli di Milano, spera di poter redimersi davanti a Dio quando sarà in pensione. Siamo rimasti però con una domanda: se allora è evidente che l’embrione è un essere umano, con quale diritto etico e morale lo si uccide, violando così il suo diritto alla vita? Forse il fatto che la legge lo permetta (fino ad una certa data, perché dopo i 90 giorni obbliga, giustamente, a partorire) evita che la coscienza si interroghi? E’ quindi la legge votata a maggioranza a determinare cosa è eticamente giusto o sbagliato?

Con la stessa curiosità e attenzione abbiamo letto la recente intervista de “L’Espresso” al dott. Nicola Surico, presidente uscente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) ed attuale Presidente dei chirurghi italiani, oltre che professore ordinario e direttore della clinica ginecologica della facoltà di medicina di Novara. L'”Espresso” ha iniziato una battaglia contro la tutela della vita e della maternità e a favore dell’aborto, questa intervista rientra in questo contesto.

«Io sono cattolico. Obiettore. Ma penso che la legge vada applicata. Punto. E nel miglior modo possibile». Così inizia l’intervista che serve a richiamare fin da subito l’alto senso civico verso lo Stato del dott. Surico. Un cattolico particolare, però, che sembra infastidito dalle dichiarazioni dei Pontefici e del Vaticano contro l’aborto, tanto che più sotto si lamenta che in Italia «ci sono due Stati, non uno, e lo dico da cristiano». Ma è la prima risposta in realtà a sconcertare: «Far abortire una donna è un lavoro che non piace a nessuno. Molti miei colleghi dopo un po’ non ce la fanno più: si tratta pur sempre di interrompere una vita, e questo pesa. È un dolore traumatico per le pazienti che lo richiedono ma è un problema anche per i medici: ne ho conosciuti molti inseguiti dal rimorso». Con tranquilla nonchalance si riconosce che si tratta di “interrompere una vita” umana e che la legge incredibilmente lo permette. Vengono subito in mente le recenti parole di Papa Francesco: «Ma voi pensate che oggi non si facciano i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono».

Tuttavia, per l’illustre medico è preferibile far rispettare (“nel miglior modo possibile”) la legge, piuttosto che il comandamento evangelico “non uccidere” quando si tratta di una vita umana. E questo paradossalmente deriverebbe proprio dalla sua fede religiosa: «Da cattolico che non accetta che una legge non venga applicata». Bene, e se la legge permettesse l’infanticidio dei neonati, come due ricercatori della Consulta di Bioetica Laica, guidata da Maurizio Mori e Beppino Englaro (presidente onorario), hanno teorizzato? Oppure ricordiamo le leggi razziali? La legge andrebbe rispettata (“nel miglior modo possibile”) anche in questo caso? E’ sicuro che il cattolico deve rispettare sempre la legge? Se non è così, con quale criterio decidere quando farlo e quando non? Come ha ricordato Renzo Puccetti, durante il processo di Norimberga si è riconosciuto che esiste «il dovere di disobbedire alle leggi chiaramente riconoscibili come in violazione di principi morali superiori». Forse allora uccidere una vita umana non è in violazione dei principi morali superiori? Forse esistono vite umane la cui uccisione viola “meno” i principi morali? Vite umane più sacrificabili delle altre? Nessuna risposta a questo.

Fortunatamente l’ex presidente della Sigo riconosce che l’obiezione di coscienza non disturba l’accesso all’aborto come viene detto da chi vuole impedire la libertà dei medici e anche che «l’obiezione è un diritto che va rispettato», anche se però aggiunge: «esattamente come quello di abortire». Esiste un diritto all’aborto? Quale legge lo stabilisce? Forse la Costituzione parla di diritto? Il laico magistrato Vladimiro Zagrebelsky, ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha spiegato che «la Corte europea […] non ha mai affermato che esista un “diritto all’aborto”, anzi ha negato che possa pretendersi una pura e semplice libertà di scelta da parte della donna […]. Nemmeno la legge italiana prevede un “diritto all’aborto”, essa regola la difficile, drammatica contrapposizione tra la prosecuzione della gravidanza e la tutela della madre». Proprio in questi giorni il Parlamento europeo ha respinto in via definitiva il rapporto Estrela su “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”, che avrebbe sponsorizzato l’aborto come diritto umano

Ci sembra abbastanza preoccupante che l’ex Presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) parli di “diritto all’aborto” e dunque mostri di non conoscere la legislazione italiana rispetto all’interruzione di gravidanza. Sopratutto che consideri il rispetto per una legge superiore al rispetto (o al far rispettare, essendo lui obiettore di coscienza) della vita umana. «Sembra poco prudente e esageratamente pericoloso dichiararsi cattolici e pronunciarsi favorevolmente su un atto legislativo le cui conseguenze sono stati così dolorose e cattive», ha commentato il dott. Puccetti. «C’è una contraddizione di fondo nel dirsi cattolico e poi accettare che non si pratichi la carità per il più indifeso degli esseri umani. Non è assurdo che in nome di un diritto presunto alla scelta, si accetti di sopprimere la vita di un innocente bisognoso di accoglienza e di amore?». Quella del Papa citata più sopra «è un’affermazione che non lascia via di fuga. Il Santo Padre porge la sua parola ad ogni uomo, soprattutto a chi si professa cattolico».

La redazione

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