Hitzlsperger fa coming out: «in Italia non esiste l’omofobia»

Thomas HitzlspergerLa omo-follia mediatica ha raggiunto il culmine pochi giorni fa quando il noto calciatore tedesco Thomas Hitzlsperger, con un passato fra Inghilterra, Germania e Lazio, ha fatto il cosiddetto “coming out”, dichiarando pubblicamente il suo apprezzamento per i maschietti.

I media, purtroppo, ritengono gli omosessuali dei diversi (o invertiti), per questo hanno creato su questa notizia un tal baccano che sarebbe stato completamente inspiegabile se un calciatore avesse dichiarato di essere attratto dal gentil sesso. Ma la prima è una notizia e la seconda no, gli omosessuali sono diversi ci insegnano i media da come trattano queste notizie.

Peccato che pochi abbiano notato che anche Hitzlsperger ha negato la ben più minima traccia di omofobia, anche in Italia: «essere omosessuali in Inghilterra, Germania o Italia non è un problema, nemmeno negli spogliatoi», ha spiegato. «La questione nel calcio è per lo più ignorata». Nessuna omofobia, nemmeno nascosta. Recentemente anche l’Oscad, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori istituito presso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, il quale ha rilevato che in più di 3 anni di attività sono pervenute “soltanto” (anche un solo atto di violenza sarebbe troppo) 28 segnalazioni, all’anno, di discriminazione omofoba (solo segnalazioni, non verificate). Nel luglio scorso il centro di ricerche Pew Research Center ha collocato l’Italia tra i Paesi del globo aventi i maggiori tassi di accettazione dell’omosessualità, poco sotto la Francia e sopra gli Stati Uniti.

Dello stesso parere anche il “Corriere della Sera”, principale quotidiano italiano, che ha confermato l’inesistenza dell’omofobia, ma anzi ha riconosciuto la presenza di una lobby gay (maschile), sottolineando che, addirittura, gli uomini gay sono privilegiati più delle donne eterosessuali: «anche gli uomini gay hanno una vita più facile e possono avere maggiori opportunità delle donne, pure di quelle che non sono necessariamente gay», si è spiegato. Non solo non esiste l’omofobia, ma -si legge- gli omosessuali sono anche più privilegiati degli altri.

D’altra parte il suo editorialista più laico, Piero Ostellino, ha chiaramente spiegato che «non c’è bisogno di una legge contro l’omofobia, e impegnarne il Parlamento è un anacronismo persino ridicolo e pericoloso. La smania iper legislativista non realizza la democrazia, ma ne è la patologia che distrugge le libertà liberali». Ovviamente ha scatenato la violenza e l’intolleranza Lgbt, alla quale ha risposto in un secondo articolo: «molti italiani sono rimasti fascisti anche se non lo sanno e credono di essere progressisti».

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Svezia: il pastore luterano Ekblad abbraccia il cattolicesimo

Lars EkbladLa vicenda di Lars Ekblad, pastore luterano svedese convertito al Cattolicesimo, è emblematica di un problema che sta  interessando tutta l’Europa luterana e protestante.

Infatti, l’allontanamento progressivo dalla Tradizione Apostolica, iniziata con Lutero, continuata nelle varie Comunioni protestanti e oggi molto avanzata, ha creato il deserto della fede in molte regioni del Nord Europa: il distacco dalla  Chiesa Cattolica, infatti, sembra oggi realizzare più che mai il versetto di  Giovanni 15,6: “…Chi non rimane in Me viene gettato via come il tralcio e si secca…”. Infatti le Chiese del Nord Europa sono ormai profondamente secolarizzate, e, oltre questo versetto,  ricordano in maniera impressionante anche la visione  evocata da Santa Caterina Emmerick, quando descrive “la strana Chiesa” dove tutto era possibile… (Emmerick, Noja, “Visioni” ed. Cantagalli  1995).

Il problema delle Chiese luterane e protestanti, infatti, è costituito dall’aver interrotto nel secolo XVI la Successione Apostolica: in Germania si cominciarono a “ordinare” vescovi da parte di “pastori” non ordinati da Roma, in Inghilterra fu la regina Elisabetta a “ordinare” i vescovi, interrompendo così il carisma dell’”imposizione delle mani”, conferito da Gesù agli Apostoli e mai interrotto – nemmeno nelle Chiese Ortodosse – tanto è vero che molti “pastori” protestanti e anglicani, ancora oggi, si fanno ordinare dai Patriarchi Ortodossi per avere una investitura valida. La storia di Lars Ekblad è veramente un po’ il simbolo di tanti cristiani non cattolici che cercano Dio.

Riporta, infatti il sito “Religion en Libertad”: dopo aver esercitato quasi 40 anni come pastore nella Chiesa (luterana) della Svezia, ora l’ex reverendo Lars Ekblad non ha dubbi: “… penso che chiunque ascolti la voce del Signore e sia disposto a seguirla e alla fine non può che farsi cattolico…” Ed è quello che si appresta a fare lui.

Questa estate Lars Ekblad ha pensato lungamente a questo passo e in settembre lo ha detto al  suo vescovo luterano, Erik Nordin, della diocesi di Strängnäs. Alla fine di novembre ha pronunciato il suo ultimo sermone in quella che fu la sua parrocchia luterana da 1977: il suo “gregge” per 36 anni a Tysslinge (a 200 chilometri da Stoccolma, presso un bel lago molto apprezzato dagli ornitologi, ed adesso aspetta. “La  croce di Cristo è la meta finale per ogni uomo in cerca di Dio. Il vescovo cattolico di  Stoccolma (l’unico della Svezia) è stato informato della mia decisione e mi ha dato il benvenuto”, ha spiegato. “Lungo la mia vita ho parlato con molti  sacerdoti cattolici, sia in Svezia che all’estero. Nessuno mi ha detto: ‘devi venire con noi’; quello che mi dicevano era: ‘…ascolta la tua coscienza e seguila’. Nessuno ha tentato di convertirmi. Qualcuno un giorno mi disse: ‘…Non possiamo proporti nulla, solo la croce di Cristo:  questa è la meta finale per  tutti’. Suona  come una sfida, non vi pare ?”

Ekblad non dà molti dati teologici sulle ragioni della sua conversione, ma si tratta certo del  processo di tutta una vita, che risponde al desiderio di Cristo di vedere sia uniti tutti i cristiani, sia di conservare la successione apostolica. “Io conosco molti ministri della Chiesa della Svezia che si sono fatti cattolici e altri seguiranno”, ha detto. “Ognuno ha il suo proprio cammino. La secolarizzazione è una sfida in tutta la società occidentale e la migliore risposta che possono dare le chiese è quella di unirsi si affinché il mondo creda in Cristo come salvatore dei peccatori”.  Tanti anni di dottrina progressista e “sacerdozio” femminile non hanno attratto agli svedesi alle chiese luterane. Al contrario, se nel  1972 il 95% della popolazione era battezzata nella Chiesa della Svezia, nel 2012 questa percentuale è appena del 67,5%. Malgrado l’aumento della popolazione, la Chiesa luterana si è fermata a 7,7 milioni e i battezzati sono 6,4 milioni. La Chiesa luterana della Svezia è una Chiesa che non evangelizza, non condanna né combatte l’aborto, ordina donne come sacerdotesse perché così lo impose il parlamento della Svezia nel 1960, fa cerimonie gay dal 2007. Il vescovo luterano di Stoccolma è una lesbica militante ed aperta attivista, “sposata” con un’altra “donna pastore”. E’ un segno che questa Chiesa ed altre chiese non cattoliche e non ortodosse, dice, sono ormai lontane dalla Tradizione Apostolica” ci risponde.

Ekblad va a formare parte del cattolicesimo svedese: un solo vescovo, 43 parrocchie, 140.000 fedeli, l’immensa maggioranza è costituita da immigrati e figli di immigranti (polacchi e spagnoli, soprattutto). Ekblad ha lasciato l’”establishment” più comodo per unirsi ad una minoranza profetica. Nessuna attesa è troppo lunga per la felicità.

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Papa Francesco: «assurdo ascoltare Cristo ma non la Chiesa»

Francesco bambinoUn altro schiaffo di Papa Francesco a chi lo vuole strumentalizzare, ai sedicenti “cattolici della tolleranza e del non-giudizio”, ai “noi siamo Chiesa”, ai Vito Mancuso, agli Eugenio Scalfari, agli anticlericali che contrappongono Cristo alla Chiesa. E oggi, nuova moda, lo stesso Francesco alla Chiesa.

Niente da fare, il Papa non ci sta ad essere il nuovo idolo del mondo, come un Che Guevara qualsiasi: «Non si capisce un cristiano senza Chiesa», ha detto questa mattina durante l’omelia a Santa Marta. «E per questo il grande Paolo VI diceva che è una dicotomia assurda amare Cristo senza la Chiesa; ascoltare Cristo ma non la Chiesa; stare con Cristo al margine della Chiesa. Non si può. E’ una dicotomia assurda. Il messaggio evangelico noi lo riceviamo nella Chiesa e la nostra santità la facciamo nella Chiesa, la nostra strada nella Chiesa. L’altro è una fantasia o, come lui diceva, una dicotomia assurda».

Lo stesso concetto lo aveva espresso durante l’Udienza del mercoledì nel maggio scorso: «Ancora oggi qualcuno dice: “Cristo sì, la Chiesa no”. Come quelli che dicono “io credo in Dio ma non nei preti”. Ma è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio. Certo ha anche aspetti umani; in coloro che la compongono, Pastori e fedeli, ci sono difetti, imperfezioni, peccati, anche il Papa li ha e ne ha tanti, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona».

Parole scandalose per le orecchie di molti devoti al politicamente corretto, che vorrebbero usare il “Pontefice progressista e relativista“, dicono loro, per colpire l’odiata Chiesa cattolica a suon di ricatti morali. Dopo la rivista gay che lo ha incoronato “uomo dell’anno”, dopo l’elogio del “Time”, è arrivata in questi giorni anche la copertina della rivista “Rolling Stones”, dedicata appunto a Francesco.

Ancora una volta, però, non il vero Francesco. Ma quello finto, quello raccontato e inventato dai media e da molti vaticanisti. L’attacco mediatico a Francesco è molto più forte di quello a Ratzinger perché è subdolo e non diretto. Tanto che Francesco si vede continuamente elogiato da chi odia la Chiesa e contrapposto a Benedetto XVI. L’iniziativa di “Rolling Stones”, ha dichiarato il portavoce del Pontefice, padre Lombardi, «si squalifica cadendo nell’abituale errore di un giornalismo superficiale, che per mettere in luce aspetti positivi di Papa Francesco pensa di dover descrivere in modo negativo il pontificato di Papa Benedetto, e lo fa con una rozzezza sorprendente. Peccato. Non è questo il modo di fare un buon servizio neppure al Papa Francesco, che sa benissimo quanto la Chiesa deve al suo Predecessore”.

Il nuovo tentativo laicista, il commento di “Zenit.it”, diffonde «l’illusione dell’avvento di una Chiesa “politicamente corretta” e perfettamente in linea con i canoni del mondo secolarizzato e con lo “spirito dei tempi”». Ma la Chiesa cattolica è e rimarrà l’unica istituzione veramente libera, autonoma e indipendente da qualunque ideologia, perché formata da persone libere. Anzi, da persone liberate. Il tentativo mediatico di omologarla per l’incapacità di capirlo e poterne prendere possesso sarà fallimentare. Ancora una volta.

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Gesù ha insegnato che è sbagliato giudicare gli altri?

GiudicareAnche i cristiani, come tutte le altre categorie sociali di uomini, hanno le loro idee e le loro opinioni e non rinunciano ad affermarle nello spazio pubblico. Tuttavia solo contro essi viene rivolto un ricatto: i cristiani non devono giudicare gli altri!

L’estrapolazione del contesto della frase “chi sono io per giudicare” di Papa Francesco nei confronti degli omosessuali è un tipico esempio di questa strumentalizzazione. Eugenio Scalfari è arrivato perfino a sostenere che il Pontefice avrebbe abolito il concetto di peccato (venendo subito smentito, ovviamente, dal portavoce del Pontefice). E’ una forma retorica usata per mettere a tacere la scomoda critica morale.

I più colti usano appoggiarsi al “Discorso della montagna” di Gesù, quando disse: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello» (Matteo 7,1-5). Giudicare gli altri sarebbe dunque sbagliato, lo dice anche Gesù. Eppure, la capacità di giudizio è fondamentale per discernere il bene dal male. Gli stessi che sgridano i cristiani li stanno in quel momento giudicando e, certamente, giudicheranno come sbagliato il comportamento di Hitler e dei nazisti. Allo stesso modo, Martin Luther King avrebbe sbagliato a criticare il razzismo perché stava giudicando le azioni di razzisti e William Wilberforce sbagliava ad esprimere giudizi morali sulla tratta degli schiavi perché in tal modo egli giudicava i proprietari di schiavi.

No, c’è evidentemente qualcosa che non va. Giudicare (in bene o in male) è obbligatorio, lo dice il buon senso, altrimenti -come ben spiegato recentemente sul blog dei coniugi evangelici Flannagan- non dovrebbe esistere alcun sistema giuridico, nessuna legge e nessun tribunali i quali hanno proprio il compito di giudicare le azioni e i comportamenti dei cittadini.

Se leggiamo le parole di Gesù notiamo che lui non sta infatti invitando al relativismo, a “non giudicare”, ma a non essere ipocriti: «Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». Cioè, prima assicurati di non commettere lo stesso errore che stai sottolineando al tuo fratello uomo. Lui stesso, infatti, durante la sua vita pubblica, non ha perso occasione per giudicare in male il comportamento dei farisei, dei cambiavalute del Tempio (addirittura rovesciando i tavoli), del Sinedrio e, spesso, degli stessi apostoli. Ha giudicato in bene, invece, il centurione, il ladrone crocifisso con lui ecc. Gesù stesso ha infatti spiegato ancora: «Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio» (Gv 7,24). E ancora: «Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello» (Mt 18,15). Anche San Paolo lo ha detto a sue parole: «Pensi forse, o uomo che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, di sfuggire al giudizio di Dio?» (Rm 2,3).

Don Stefano Tarocchi, biblista e Preside della Facoltà teologica dell’Italia centrale, ne ha recentemente parlato: «chi opera con un metro differente ha un occhio diverso, che lo porta ad essere indulgente con se stessi (la “trave”) e severissimi con il prossimo (la “pagliuzza”)». Occorre saper giudicare senza ipocrisia e alla fine dei tempi Dio “giudicherà” colui che “giudica” con il metro che ha adoperato.

E’ dunque necessario giudicare il bene dal male, perché sia un aiuto ai nostri fratelli a seguire una strada buona per loro, ma dobbiamo saper giudicare avendo premura di non stare commettendo noi stessi gli stessi errori. Il giudizio deve sempre nascere come atto di amore all’altro, di passione al suo destino e non un’atto di accusa o di dimostrazione di superiorità. «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi» (Lc 6, 27).

La redazione

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Scuole paritarie significa meno statalismo

Alunni in una scuola russaLa buona notizia per la libertà d’educazione è che la legge di stabilità ha ripristinato i fondi dello Stato per le scuole paritarie, anche se il problema ora sono le aliquote Tares decise dai comuni. In un’intervista recente il sottosegretario all’Istruzione (con delega alle scuole paritarie), Gabriele Toccafondi, ha fornito dati sull’attuale situazione della scuola italiana.

Su circa 9 milioni di studenti, le 13.500 scuole paritarie ospitano poco più di un milione di ragazzi e ricevono 500 milioni (dati 2013) dallo Stato per questo servizio. Ovvero, come è facile calcolare, una percentuale molto più bassa dei fondi che le spetterebbero, anche perché è stato calcolato che la loro presenza comporta per lo Stato un risparmio annuo di 6 miliardi di euro.

Toccafondi ha spiegato che «ogni posto tagliato nella paritaria si trasforma in un posto nella scuola comunale, ma a costi estremamente più alti per le finanze pubbliche. Il sistema statale non funzionerà meglio se tolgo i pochi finanziamenti a quello non statale. E’ una questione di numeri: allo Stato ogni alunno di scuola paritaria costa annualmente 584 euro nell’infanzia, 866 euro nella primaria, 106 euro nella scuola secondaria di primo grado, 51 euro nella scuola secondaria di secondo grado. Invece la spesa per studente delle istituzioni scolastiche statali è di 6.351 per la scuola primaria, 6.880 per la scuola secondaria

Tabella scuola

E tuttavia, solo in Italia permane l’anomalia per cui chi decide di mandare un figlio alla scuola paritaria deve pagare due volte: la prima volta con le tasse allo Stato e la seconda con la retta della scuola. La proposta è dunque di «introdurre la detraibilità dalle imposte per le spese sostenute per le rette scolastiche da parte delle famiglie che mandano i figli nelle scuole paritarie lungo tutto il ciclo formativo»Un’altra proposta, firmata da Guido Tabellini, professore di economia presso l’Università Bocconi, e Andrea Ichino, ordinario di Economia Politica presso l’Università di Bologna, è quella di una scuola totalmente autonoma (come le “Charter schools” in America e le “Grant Maintained schools” nel Regno Unito), scuole, cioè, completamente autonome nella gestione dell’istruzione, ma pagate interamente dallo Stato.

In tema di scuola, rispetto all’ora di religione, ci sembra interessante sottolineare l’intervento di Onorato Grassi, docente di Storia della filosofia medievale alla Lumsa di Roma, il quale ha spiegato che «se tale insegnamento fosse tolto, nella scuola, le altre discipline si affollerebbero per prenderne il posto, come già acutamente avvertiva John Henry Newman nell’800, e, di volta in volta, la psicologia, la sociologia, la scienza politica o quant’altro si prenderebbero il compito di spiegare i veri caratteri del “religioso”. In secondo luogo, l’insegnamento della religione deve contribuire a rispondere a due distinte e complementari esigenze: quella dell’educazione del senso religioso e quella della verifica della propria tradizione religiosa. Non è solo la scuola, ovviamente, a rispondere a questo compito; ma essa può farlo sia nella valutazione critica dei pregiudizi che possono soffocare la naturale dimensione religiosa umana, contribuendo a mantenerla viva, come costante domanda e apertura, sia nella comprensione del contenuto della tradizione religiosa in cui si è cresciuti e in cui si vive, quale condizione della sua verifica e della sua accettazione».

Ieri il card. Angelo Bagnasco ha annunciato che la Chiesa italiana scenderà in piazza il prossimo 10 maggio, insieme a papa Francesco, per chiedere a parlamento e governo di interrompere «la grave discriminazione per cui, nel nostro Paese, da un lato si riconosce la libertà educativa dei genitori, e dall’altro la si nega nei fatti, costringendoli ad affrontare pesi economici supplementari». Il Santo padre, non solo ha dato la sua approvazione, ha spiegato il presidente della CEI, ma ha assicurato la sua personale presenza

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Un aiuto per dialogare e rispondere ai protestanti

Williams e  RatzingerL’ecumenismo è e sarà un punto chiave del pontificato di Papa Francesco, la scelta di chiamarsi “vescovo di Roma” dev’essere infatti letta in questa direzione, come spiegato da Walter Kasper, presidente Emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

L’unità dei cristiani dev’essere oggetto di preghiera, come ha ricordato lo stesso Francesco il 20 marzo 2013. Tuttavia, il card Kasper ha anche sottolineato come esista in alcune aree del cristianesimo protestante un «proselitismo aggressivo».

E’ vero, i cattolici a volte sono aggrediti a destra da anticlericali e agnostici in cerca di ambiti di sfogo personale, e a sinistra da protestanti “aggressivi”. Da questo punto di vista appare molto utile il lavoro di L.D.P. Galanti, il quale ha recuperato un testo scritto da padre Vittorio Genovesi nel 1951, come appendice al Catechismo di San Pio X formato a domande e risposte, aggiungendo per ogni argomento una serie di chiari e precisi riferimenti alle fonti bibliche, a cui proprio alcuni protestanti sono soliti fare riferimento per cercare di scalfire, in linea con il principio luterano della “sola Scriptura”, la visione cattolica. Ecco il testo: Contro gli errori dei Protestanti. Con la conferma scritturale alle singole risposte.

L’iniziativa, ha spiegato il revisore, è nata dall’esigenza di aiutare una maturazione della propria fede, anche perché «l’ignoranza della propria fede», ha spiegato, «non mi sembra il punto di partenza migliore per dialogare con le altre, e per evitare di lasciare senza replica» critiche e obiezioni. Galanti si augura, infine, «che la riproposizione di questa importante ed introvabile opera possa costituire non un ostacolo ma un ausilio nel dialogo ecumenico, nel quale lo spirito di carità verso i fratelli separati non può prescindere dalla necessità di affermare la verità, ricordando sempre che se è necessario condannare l’errore, si deve sempre rispettare e amare l’errante».

Forse alcune risposte sono un po’ troppo sintetiche, come quella riguardante la salvezza per chi è fuori dalla Chiesa, tuttavia in linea generale sembra un testo utile per una prima e immediata risposta alle principali obiezioni. Come spiegato Giovanni Paolo II, non si può «imitarsi alla ricerca di un minimo denominatore comune», ma occorre «prestare un coraggioso servizio alla verità evidenziando sia aree di convergenza che differenze fondamentali, nello sforzo sincero di superare pregiudizi e malintesi».

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La Chiesa di Pio XII e l’aiuto diretto agli ebrei

Pio XIIOggi è la Giornata della memoria e vorremmo celebrarla ricordando alcune notizie poco note riguardo al contributo della Chiesa cattolica nella protezione verso gli ebrei.

Sul Corriere di oggi si legge che i perseguitati ebrei trovarono spesso rifugio all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, che godeva dell’extraterritorialità essendo di proprietà della Santa Sede. E’ anche per questi motivi che, come si è recentemente scoperto, molti ebrei romani lasciavano un lascito alla Chiesa. Alberto Della Seta, deportato nel ’43 durante la razzia del ghetto di Roma, ad esempio ha affidato le proprie sostanze liquide alla propria famiglia e, nel caso che nessuno di loro avesse fatto ritorno, meta dei propri beni all’Università Israelitica e l’altra meta alla Chiesa Cattolica.

La somma verrà elargita alla famiglia superstite, ma la cosa sorprendente è proprio il fatto che un ebreo decida di lasciare i propri beni alla Chiesa perché questo sta ad indicare che gli israeliti romani nutrivano verso il pontefice e il Vaticano sentimenti di fiducia e riconoscenza. Del resto, l’azione di Della Seta non è di certo l’unica: il senatore Abramo Giacobbe Isaia Levi lascerà la sua villa in eredità a Pio XII in segno di riconoscenza per l’aiuto che li fu offerto durante la guerra (il senatore aveva trovato rifugio all’interno di una proprietà ecclesiastica).

È nota infatti l’attività del papa in favore degli ebrei romani nel periodo del rastrellamento del ’43 (disposizione a consegnare al rabbino Israel Zolli il denaro mancante che i nazisti chiedevano come riscatto, protesta informale all’ambasciatore tedesco Ernest Von Weizsacker per fare cessare gli arresti degli israeliti, richiesta alle monache agostiniane dei Quattro Coronati di dare ospitalità agli ebrei perseguitati, ecc) ma anche nelle altre zone dell’Italia la Chiesa ebbe un ruolo fondamentale nell’aiutare gli ebrei e più in generale tutti coloro che erano in pericolo: a Firenze operò per loro il cardinale Dalla Costa proclamato Giusto nel 2012, titolo di Giusto ha ricevuto anche don Francesco Repetto che svolse la sua azione a Genova ed aiutò gli ebrei anche il cardinale di Milano Idelfonso Schuster e così fu anche in altre città. A Roma come ha notato lo storico Andrea Riccardi i salvataggi non potevano essere soltanto “iniziative dal basso” ma erano chiaramente coordinati e consentiti dai vertici della Chiesa.

Queste attività potevano essere rischiose per lo stesso papa in quanto vi era il rischio che le truppe naziste potessero invadere lo Stato del Vaticano (giravano molte voci all’epoca che Hitler intendesse fare prigioniero il pontefice). L’aiuto prestato agli ebrei dalla Chiesa, ha spiegato la storica Anna Foa, docente ebrea di storia moderna Università La Sapienza di Roma, “non nasce da posizioni ideologiche filo cattoliche, ma soprattutto su ricerche puntuali sulla vita degli ebrei durante l’occupazione, dalla ricostruzione di storie di famiglie o di individui”. E “gli studi degli ultimi anni stanno mettendo sempre più in luce il ruolo generale di protezione che la Chiesa ha avuto nei confronti degli ebrei durante l’occupazione nazista dell’Italia.”

Nonostante questo permangono tuttavia delle critiche rivolte al pontefice  per aver scelto la cosiddetta tattica del “silenzio” e di non aver effettuato una denuncia pubblica. Eppure vi furono diverse personalità (anche ebraiche) che hanno considerato che un pubblico pronunciamento sarebbe stato non solo inutile ma persino dannoso come lo storico Martin Gilbert o l’assistente al pubblico ministero americano al processo di Norimberga Robert M. Kempner (“Qualsiasi presa di posizione propagandistica della Chiesa contro il governo di Hitler sarebbe stata non solamente un suicidio procurato ma avrebbe accelerato l’assassinio di un numero maggiore di ebrei e sacerdoti” ha dichiarato quest’ultimo). Questi giudizi non sono basati esclusivamente su ragionamenti teorici ma hanno avuto conferma anche da alcuni tragici avvenimenti: ad esempio nel 1942 in conseguenza delle proteste della chiesa olandese contro le deportazioni e le persecuzioni antisemite i nazisti arrestarono per “rappresaglia” tutti gli ebrei convertiti al cattolicesimo che riuscirono a trovare tra i quali venne catturata anche Edith Stein.

Considerazioni simili valevano tra l’altro non solo riguardo alle atrocità verso gli ebrei ma anche verso le popolazioni cattoliche come i polacchi: il vescovo di Katowike, mons. Stanislao Adamsky, spiegò in un opuscolo clandestino dell’epoca che «Durante i primi mesi della guerra la radio del Vaticano citava tutti i giorni casi di assassinii, di arresti e di rappresaglie nei confronti dei polacchi, soprattutto nei campi di concentramento. In seguito si rinunciò a dare informazioni così particolareggiate. Perché? La ragione è che per molte vie erano giunte in Vaticano richieste di cessare la trasmissione di tali notizie, perché dopo ogni audizione di tal genere preti e religiosi (…) erano maltrattati con maggiore crudeltà. Si dichiarava loro apertamente: “Questo è come compenso per il fatto che il vostro papa o il vostro cardinale hanno di nuovo parlato contro di noi”. Ed ogni volta un certo numero di prigionieri vi perdeva la vita, ed altri ancora contraevano malattie »(Matteo L. Napolitano, Pio XII tra guerra e pace, Roma 2002 p. 134).

Il motivo per cui Pio XII “tacque” fu dunque principalmente per evitare ulteriori persecuzioni ai danni dei suoi fedeli e delle popolazioni soggette al dominio nazista anche se i critici ne hanno dato le motivazioni più disparate (antisemitismo, filo nazismo, paura del comunismo, ecc.). Del resto, come ha sottolineato Peter Gumpel, postulatore della causa di beatificazione di Pio XII, “oggi le critiche provengono soprattutto da persone che non hanno vissuto quegli anni e si sono costruiti un’idea molto personale di Pio XII” e ha aggiunto anche che sul pontefice si sta ormai avviando verso un notevole ripensamento, specialmente in America del Nord, da parte di persone che avevano giudicato negativamente Pacelli. Gumpel è fermamente convinto che un giorno Pio XII sarà elevato agli onori degli altari e verrà dichiarato Santo e quando quel giorno avverrà la “leggenda del papa di Hitler” avrà forse finalmente termine.

Mattia Ferrari

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“Repubblica” terrorizzata dalla “Manif Pour Tous”

Manif pour tous italia 2Se il quotidiano “Repubblica” comincia a diffamare la Manif Pour Tous Italia è un buon segno, significa che comincia a temerla. E’ infatti uscito un articolo pieno di calunnie, odio e rancore contro la libera associazione di italiani contrari all’educazione Lgbt, che sancisce dunque l’inizio della classica campagna di fango contro i dissidenti in cui il quotidiano di Scalfari è specializzato.

I metodi sono sempre gli stessi: dipingere i nemici come violenti, estremisti e pochissimi di numero. Un giornalista di “Repubblica”, Daniele Castellani Pierelli, amante della Cina (tanto che il suo sogno è quello di essere corrispondente da Hong Kong), dove l’omosessualità è quasi un reato, si è infiltrato tra i manifestanti della “Manif” durante il recente raduno in Santi Apostoli a Roma. Su cento intervistati ha scelto di parlare solo di uno, quello che -tagliata l’intervista a dovere- poteva sembrare più strambo, facendo credere che rappresentasse le idee di tutti i manifestanti. E’ il metodo “Repubblica”.

Il quotidiano mostra di temere che «siano le prime prove generali di una battaglia che diventerà rovente» nei prossimi mesi. Divertente che Pierelli cerchi di sminuire l’iniziativa italiana mettendola a confronto con la ben più consistente manifestazione francese, dove è appunto nata la “Manif pour tous” in opposizione al “mariage pour tous”, il disegno di legge di Hollande per aprire il matrimonio agli omosessuali. In Francia, ride Pierelli, «un milione di persone ha manifestato contro le nozze gay», in Italia poche centinaia. Già, peccato che i suoi colleghi calunniavano a loro volta la marea umana francese contro la legge Hollande, parlando di poche migliaia: «Secondo gli organizzatori, è sceso in strada più di un milione di persone, mentre le stime della polizia riducono tutto a non più di 150mila manifestanti». Ora invece i manifestanti francesi sono magicamente diventati un milione, solo giusto per contrapporli a quelli italiani. E’ il metodo “Repubblica”.

Ma anche gli insulti diretti non mancano: «borghesia da parrocchia», «cattolici anti-gay» e «movimenti estremisti», dei ragazzotti con giubbotti scuri che guardano la manifestazione vengono fatti passare come i membri più violenti, pronti ad entrare in gioco quando si farà duro. E’ il metodo “Repubblica”Ma ormai questo metodo è noto a tutti e, come dicevamo, è sintomo della paura che cattolici, omosessuali, cristiani e agnostici contrari alla distruzione del matrimonio e sostenitori del diritto dei bambini di crescere in una famiglia che non violi la diversità sessuale da cui sono nati, si sveglino come ha splendidamente invitato a fare Massimo Introvigne, imitando il contro-movimento culturale che sta nascendo in America.

Se “Repubblica” ha paura e si oppone, allora siamo sulla strada giusta. La “Manif” torna nuovamente in piazza il prossimo 2 febbraio a Roma, alle ore 11 in piazza Farnese, davanti all’ambasciata di Francia (pagina Facebook). In contemporanea a Parigi, Lione, Bruxelles, Bucarest, Madrid e Varsavia. Chi può partecipare partici, chi non puoi diffondi la notizia!

 

Manif

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Sai già come rispondere a chi difende l’aborto?

Donna incinta domandaIn questi due anni nel nostro dossier bioetico sull’aborto abbiamo creato diverse sezioni, continuamente aggiornate, utili a chi vuole crearsi una sua visione chiara e difenderla in modo razionale. Come ha detto Papa Francesco, «l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa».

Oggi pubblichiamo l’ultimo capitolo del dossier, una sorta di riassunto del lavoro fatto fin’ora, realizzato a forma di risposte da dare a coloro che sostengono l’aborto (anche questo rimarrà in costante aggiornamento). Per ora abbiamo individuato 17 grandi questioni nel dibattito pubblico sull’aborto, 17 grandi luoghi comuni a cui abbiamo dato una risposta completa, anche se non esaustiva.

Le prime tre domande riguardano l’embrione: è un essere umano? E’ una persona? E’ una persona potenziale? Le successive due, si concentrano sulla donna: si può imporle di partorire? Ha un diritto di scelta su un altro essere umano? Si passa poi alle tesi catastrofiste: aborti clandestini, la bomba demografica e la salute materna. E ancora: la Legge 194/78 ha diminuito il numero di aborti? L’aborto è un diritto umano? E’ una conquista delle donne? La sua normalizzazione è inarrestabile? Come rispondere, inoltre, a chi obietta che la legge sull’aborto non obbliga ad abortire chi è contrario, che l’opposizione all’aborto è un’opinione religiosa, che la Chiesa preferisce la vita dell’embrione a quella della madre e che chi è contro l’aborto dovrebbe impegnarsi nella contraccezione? Ed infine una risposta alla posizione più diffusa, ovvero: sono contro l’aborto ma favorevole alla sua legalizzazione. Per leggere tutte le risposte cliccare sul link qui sotto:

 

Tutte le risposte da dare a chi è a favore dell’aborto

 
 
 

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Il crocifisso nei luoghi pubblici continua a vincere

Crocifisso classe 3Non smetteremo mai di ringraziare la coppia Albertin-Lautzi, i due italiani che hanno voluto portare davanti alla Corte di Strasburgo la richiesta di estirpare il crocifisso dalle aule scolastiche italiane nel 2009. Tuttavia la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in data 18/3/11, ha sentenziato con 15 voti favorevoli contro 2 che l’esposizione del crocifisso non viola alcun diritto umano.

La vicenda si è rivelata essere una delle più efficaci iniziative per l’affermazione dei simboli cristiani in Europa degli ultimi decenni. Non solo ha permesso che molti italiani prendessero posizione (a favore del crocifisso l’84%, secondo i sondaggi), che la Corte di Cassazione ribadisse che in tribunale è ammesso solo il crocifisso (e non altri simboli religiosi) e che tantissime scuole appendessero i crocifissi nelle aule in cui mancavano, ma anche che diversi Paesi membri dell’Unione Europa prendessero posizione affiancando l’Italia e il rabbino ebreo Joseph Weiler a sostegno del simbolo religioso cristiano nelle aule scolastiche: Armenia, Albania, Austria, Bulgaria, Croazia, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Moldavia, Principato di Monaco, Polonia, Romania, Russia, San Marino, Serbia, Slovacchia, Ungheria e Ucraina.

La sentenza ha creato un precedente fondamentale, imprescindibile per la questione della presenza dei simboli religiosi negli spazi pubblici, rafforzando una norma giuridica finora poco chiara. Dopo questa sentenza, infatti, la Corte Costituzionale dell’Austria ha potuto respingere la richiesta di togliere i crocifissi dagli asili dello Stato. L’eco della sentenza è arrivato fino in Perù, dove la Corte Costituzionale ha a sua volta respinto la richiesta di togliere il crocifisso e la Bibbia dai tribunali.

Le vittorie della laicità positiva continuano ancora oggi. Nel dicembre scorso è stata la Corte d’Appello della Polonia a stabilire che il crocifisso deve rimanere nel Parlamento polacco, dal momento che «non viola alcun diritto», respingendo così le richieste delle forze anticlericali. La croce è stata appesa spontaneamente nel parlamento polacco dal 2007, nel 2011 un sondaggio ha rivelato che il 71% dei polacchi era a favore.

Tornando in Italia, è accaduto che in Basilicata il neo assessore alla Salute, Flavia Franconi, ha deciso di togliere il crocifisso dal muro perché «rappresenta solo una parte dei cittadini». L’opposizione, attraverso Vito Santarsiero (PD) ha immediatamente reagito parlando di «gravissimo non solo il gesto ma anche e sopratutto la motivazione», assieme a moltissimi cittadini. La polemica è cresciuta talmente che la Franconi ha riappeso il crocifisso: «Voglio rispettare le sensibilità diffuse», ha detto. Dal “rappresentare solo una parte” a “sensibilità diffuse”…poche idee, ma chiare. Purtroppo, sempre in Italia, abbiamo professori di religione che ritengono il segno di croce un gesto offensivo. Ma questa è un’altra storia.

In Argentina, a Buenos Aires, un noto giudice Luis Maria Rizzi ha respinto una piccola campagna contro i crocifissi nei tribunali scrivendo ai leader delle associazioni anticlericali che non darà alcuna disposizione affinché vengano rimossi i crocifissi: «ho rispetto della croce e di una persona innocente, la più innocente dei condannati a morte, e che è il simbolo della fede e dell’identità della maggior parte del nostro popolo. La croce non offende nessuno, siano essi credenti o non credenti, e nessuno dovrebbe per sentirsi attaccato, sconvolto o infastidito e ancor meno discriminato a causa della sua presenza». Essa «testimonia che chi lavora sotto la sua protezione è una persona che ha timore di Dio e per questo è imparziale e agisce secondo giustizia».

Le parole del giudice argentino ricordano molto quelle della scrittrice atea Natalia Ginzburg, la quale nel 1998 scrisse sull’Unità il famoso articolo Non togliete quel crocifissoIn esso si opponeva all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, ma scrivendo anche: «il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo.  Chi è ateo, cancella l’idea di Dio ma conserva l’idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine. E’ vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti».

La redazione

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