«Noi laici dobbiamo rinunciare all’aggressività»

American HumanistSecondo Charlotte Allen l’acrimonia di tanti laicisti militanti porta a pensare che «da bambini siano stati frustrati sul sedere con una Bibbia», come ha scritto sul Los Angeles Times, cercando di spiegare i motivi di tanta aggressività. Il primatologo laico Frans De Waal li ha descritti come «ossessionati dalla non esistenza di Dio», mentre Frank Furedi, leader della “British Humanist Association”, ha rilevato che «l’ateismo moderno si è trasformato non solo in una religione laica, ma in una religione secolare fortemente intollerante e dogmatica».

Se perfino illustri membri del laicismo arrivano a denunciare questa situazione, mentre nessuno sente la necessità di denunciare una situazione a parti invertite, è perché gli episodi di intolleranza e violenza da parte di militanti atei è davvero diffusa. Le notizie infatti si rincorrono: all’università di Barcellona un’associazione anti-cattolica ha occupato l’ufficio del Servicio de Asistencia y Formación Religiosas, impedendone l’attività. In America all’Indiana University uno studente ha vandalizzato un gazebo di alcuni studenti cristiani urlando «vorrei un mondo in cui bruciassero tutte le chiese». Nell’Ohio un militante ateo, James Maxie, ha preso a pugni un pastore cristiano, rompendogli il naso, nel Regno Unito si è scoperto che milioni di persone religiose vorrebbero adottare un bambino ma temono discriminazioni a causa della loro fede. In Canada ai cattolici viene impedito di entrare nei consigli direttivi dei distretti scolastici, mentre in Inghilterra l’ateo Joseph Fretti è stato recentemente incarcerato per aver dato fuoco a due chiese. Sul web i blog atei incolpano la religione per qualunque cosa accada di brutto al mondo ed è all’ordine del giorno l’apertura di pagine Facebook con bestemmie e insulti a chi crede in Dio. Queste solo le notizie più recenti.

Non deve dunque sorprendere che Roy Speckhardt, direttore della American Humanist Association ha riconosciuto tre mesi fa che «nei nostri sforzi per mettere in rilievo i pericoli e le mancanze della religione a volte cadiamo nell’arroganza. L'”ateismo arrogante” si manifesta quando gli atei parlano come se il loro punto di vista fosse infallibile e agiscono come se la loro incrollabile fede li rendesse superiori a chi crede in Dio. Quando la critica diventa ridicolizzazione si perde il rispetto». Finalmente una presa di posizione importante, se non fosse che per Speckhardt non è sbagliata l’aggressività perché occorre sforzarsi ad un dialogo pacifico e tollerante con chi la pensa diversamente in uno spirito di fraternità, ma soltanto perché è una perdita «dal punto di vista tattico». Così facendo, spiega, facciamo allontanare possibili alleati più moderati, controproducente se «vogliamo raggiungere veramente il grande pubblico con il nostro messaggio di scetticismo».

Peccato, anche una rara manifestazione di mea cupla nasconde una mera operazione strategica. Quanta lontananza dall’insegnamento di Benedetto XVI quando ha invitato i cattolici a sentirsi «fratelli di tutti gli uomini, compagni di viaggio anche di coloro che non credono, di chi è in ricerca, di chi si lascia interrogare con sincerità dal dinamismo del proprio desiderio di verità e di bene».

La redazione

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Biodiversità tutelata maggiormente nelle aree cristiane

BiodiversitaEcologia e cristianesimo non sempre sono stati visti come alleati, sopratutto quando i cultori del primo campo hanno cominciato a parlare il linguaggio di abortisti e radicali, odiando l’uomo per salvaguardare Gaia (la terra come essere vivente soggiogato dagli esseri umani). Ed ecco teorie e amenità sull’estinzione volontaria, la decrescita felice, il controllo della popolazione tramite aborti/contraccettivi ecc.

Interessante, allora, l’articolo degli economisti italiani Mario A. Maggioni e Simona Beretta che hanno posto all’attenzione un articolo pubblicato su “Fauna and Flora International” nel dicembre 2013, scritto congiuntamente da G. Mikusinski e M Blicharska (dell’università di Grimsö, in Svezia) e da H.P. Possingham (dell’Università del Queensland, Australia) che studia la sovrapposizione geografica fra tradizioni religiose prevalenti e aree a elevata tutela della biodiversità. Lo studio riguarda le principali religioni e le principali tipologie di aree protette, identificate da organizzazioni internazionali, pubbliche e non governative.

Il risultato dell’indagine è molto chiaro: le aree ecologiche protette e le aree caratterizzate da una forte presenza di cristiani si sovrappongono significativamente. In particolare, l’indicatore scelto in questa analisi – e cioè l’estensione, misurata in ettari, delle aree protette diviso per il numero di persone appartenenti a una specifica confessione religiosa (in altre parole il numero di ettari di area protetta pro-capite) – mostra una forte sensibilità ecologica dei cristiani, i quali presentano un numero di ettari pro-capite protetti superiore a quello delle altre religioni. Fra le denominazioni cristiane, il Cattolicesimo e l’Ortodossia registrano i migliori risultati. Se poi si calcolano gli ettari di area protetta pro-capite, a seconda della religione professata, il primato in termini di ettari pro-capite appartiene ai Cristiani Cattolici per tre tipologie, ai Cristiani Ortodossi per altre tre tipologie, al gruppo degli “altri Cristiani” (non protestanti) per la settima tipologia di area protetta.

Curiosamente, le religioni orientali – quelle verso cui molti suggerirebbero di rivolgerci per approfondire la nostra consapevolezza ecologica – non sembrano affatto distinguersi.

La redazione

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I sette difetti fatali del relativismo

RelativismoIl relativismo morale è un tipo di soggettivismo che sostiene che non esistano valori morali oggettivi, non esiste nulla di eticamente giusto o sbagliato e le persone possono e devono fare quel che ritengono giusto per loro. La morale, dicono, è un’illusione evolutiva e può definirsi come il costume del proprio paese e l’attuale sensazione dei propri coetanei.

La verità etica è soggettiva dunque non si trova all’interno dell’uomo, non esiste alcuna legge morale interiore e tanto meno hanno ragione le religioni quando la richiamano. Tuttavia chi si riconosce in tale posizione assume una responsabilità e non può far finta che non ci siano conseguenze. In particolare un blog evangelico australiano, “Faith Interface”, ne ha rilevate sette.

 

1° DIFETTO: i relativisti morali non possono accusare gli altri di sbagliare.
Il relativismo rende impossibile criticare il comportamento degli altri perché nega qualcosa di “giusto” o “sbagliato” a livello etico. Se uno crede che la morale sia personale allora non è possibile dare giudizi morali oggettivi circa le azioni degli altri, non importa quanto offensive siano alla propria sensazione di giusto o sbagliato. Criticare un comportamento altrui significa voler imporre il proprio soggettivo punto di vista. Di conseguenza, un relativista coerente non dovrebbe/potrebbe opporsi all’omicidio, allo stupro, alla pedofilia, al razzismo, al sessismo, alla distruzione ambientale o alle leggi anti-gay. Quando giusto e sbagliato sono una questione di scelta personale bisognerebbe arrendersi al privilegio di dare giudizi morali sulle azioni degli altri. Lo ha ben spiegato Joel Marks, professore emerito di filosofia presso l’University of New Haven: «senza Dio, non c’è moralità. Anche se parole come “peccato” e “male” vengono usate abitualmente nel descrivere per esempio le molestie su bambini, esse però non dicono nulla in realtà. Non ci sono “peccati” letterali nel mondo perché non c’è Dio letteralmente e, quindi, tutta la sovrastruttura religiosa che dovrebbe includere categorie come peccato e il male. Niente è letteralmente giusto o sbagliato perché non c’è nessuna moralità». Se invece siamo certi che alcune cose devono essere sbagliate oggettivamente e che alcuni giudizi contro o a favore della condotta altrui sono giustificate, allora il relativismo è falso ed è necessario credere ad una legge morale oggettiva e pre-esistente all’uomo.

 

2° DIFETTO: i relativisti non possono lamentarsi del problema del male.
La realtà dell’esistenza del male nel mondo è una delle prime obiezioni sollevate contro l’esistenza di Dio. L’intera obiezione fa perno sulla constatazione che esiste il male, ma il male è un giudizio etico oggettivo e non può esistere se i valori morali sono relativi all’osservatore. Il relativismo è incompatibile con il concetto che esista un male morale e l’esistenza di un male morale oggettivo è incompatibile con l’ateismo. I relativisti devono arrendersi al concetto di un male oggettivo e dunque all’esistenza di Dio, oppure devono evitare di usare il problema del male nel mondo (teodicea) come argomento contro l’esistenza di Dio.

 

3° DIFETTO: i relativisti non possono accettare elogi o incolpare nessuno.
Il relativismo rende i concetti di lode e di biasimo privi di senso, perché nessuno standard esterno di misura può definire ciò che dovrebbe essere applaudito o condannato. Chi lo decide? Senza assoluti non c’è nulla di male in definitiva, deplorevole, tragico o degno di biasimo. Né c’è qualcosa in definitiva di buono, onesto, nobile o degno di lode. Dal momento che la morale è una finzione e va rimossa dal vocabolario, così i relativisti devono necessariamente rimuovere anche la parola elogio e colpa. Se le nozioni di lode e di biasimo sono valide, allora il relativismo è falso.

 

4° DIFETTO: i relativisti non possono accusare di giustizia o ingiustizia.
Sotto il relativismo le nozioni di equità e giustizia sono incoerenti dato che i due concetti implicano che le persone dovrebbero ricevere un trattamento equo basato su alcuni standard esterni concordati. Tuttavia il relativismo elimina qualsiasi nozione di norme esterne vincolanti. La giustizia comporta la punizione dei colpevoli, ma chi decide cosa è giusto o sbagliato? La maggioranza di opinioni simili in una data società, così in un paese a maggioranza cannibalista, anti-gay o pedofilo diventerebbe giusto essere cannibali, anti-gay e pedofili. Se il relativismo è vero non esiste qualcosa come la giustizia o l’equità e ciò che è giusto viene deciso arbitrariamente dalla maggioranza delle opinioni della società. Se le nozioni di giustizia e di equità hanno senso al di là delle opinioni personali, allora il relativismo è falso.

 

5° DIFETTO: relativisti non possono migliorare la loro moralità.
I relativisti possono cambiare la loro etica personale o della società in cui vivono, consapevoli che essa è ultimamente illusoria poiché non appoggia su alcun fondamento. Ma non potranno mai cercare di diventare persone migliori o cercare di migliorare eticamente la società dato che non è concepibile qualcosa di “più” morale o etico. L’etica e la morale possono mutare ma non potranno mai migliorare in quanto non esiste uno standard obiettivo di miglioramento. Se il progresso morale sembra essere un concetto che ha senso, allora il relativismo è falso.

 

6° DIFETTO : i relativisti non possono partecipare a significative discussioni morali.
Se la morale è relativa e tutte le opinioni sono uguali, allora nessun modo di pensare è migliore di un altro. Sostenere che il gelato è buono e che i bambini vanno uccisi ha lo stesso valore morale, nessuna posizione morale può essere giudicata adeguata o carente, irragionevole, accettabile o barbara. Le controversie etiche hanno senso solo se la morale è concepita come oggettiva e dunque va discusso qual è il modo migliore per aderire ad essa. Se la nozione di confronto etico ha un senso intuitivo, allora il relativismo morale è falso.

 

7° DIFETTO: I relativisti non possono promuovere il principio di tolleranza.
Il principio morale della tolleranza verso l’opinione altrui in quanto non esiste una verità superiore si auto-confuta. Ironia della sorte, il principio di tolleranza è considerato una delle virtù principali del relativismo: occorre tollerare tutti i punti di vista diversi dal nostro, tuttavia se esistono regole morali oggettive non ci può essere alcuna regola che imponga la tolleranza come principio morale superiore a cui tutti devono sottostare. La tolleranza non ha alcun fondamento in una prospettiva relativista e i relativisti violano il loro stesso principio di tolleranza quando non riescono a tollerare le opinioni di coloro che credono nelle norme morali oggettive. Il principio di tolleranza è estraneo al relativismo, tuttavia se la tolleranza sembra essere una virtù, allora il relativismo è falso.

 

Abbiamo visto sinteticamente 7 motivi per cui il relativismo non è filosoficamente sostenibile: si auto-confuta, è ipocrita e logicamente incoerente. Il relativismo morale, in conclusione, è completamente invivibile a livello pratico e chiunque, credenti o non credenti, necessariamente si appoggiano alla legge morale al loro interno (spesso sbagliando ad interpretarla) la quale si può giustificare -come spiegava Kant- soltanto ammettendo l’esistenza di Dio. Chi nega Dio non ha possibilità di fondare i suoi giudizi morali oggettivi, la morale laica è insostenibile. Se invece si abbraccia il relativismo, allora si sostiene un sistema etico contraddittorio.

La redazione

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Le Sentinelle in piedi: il nuovo bersaglio degli omofascisti

Sentinelle in piedi 2«L’ultimo baluardo contro la frocio-mania de’ noantri è il movimento apartitico e aconfessionale delle “Sentinelle in piedi”: “Se esiste un grave problema di omofobia in Italia come potrebbero la Puglia e la Sicilia avere due presidenti gay dichiarati?”». Questo il titolo colorito di Dagospia che introduce l’ennesimo articolo di “Repubblica” contro le cosiddette “Sentinelle in piedi”, il nuovo nemico pubblico degli omofascisti. Non a caso l’articolo è intitolato: “La crociata delle Sentinelle anti-gay”.

Le “Sentinelle” sono gruppi spontanei di cittadini, sempre più numerosi e dunque sempre più temuti, di giovani e meno giovani che in tutta Italia manifestano in piedi nelle piazze –leggendo un libro silenziosamente-, contro la nuova dittatura, quella Lgbt. In un altro articolo “Repubblica” parla addirittura, tremando, di «marea umana che sale sopratutto al Nord e in Rete». Non ci si vergogna però di citare le calunnie dell’Arcigay secondo cui queste migliaia di cittadini sarebbero «fascisti di vecchia conoscenza e omofobi di nuova generazione». Perfino “Repubblica” arriva ad ammettere che «sono e si sentono dei perseguitati».

Tanti sono giornalisti e commentatori che sui media, spesso inconsapevolmente, danno spunto agli omofascisti di scatenarsi con insulti e denigrazione sul web. Citiamone alcuni. Il giornalista Claudio Visani, calunnia Filippo Savarese, portavoce Manif Pour Tous Italia, citando una sua intervista su Radio Vaticana ma facendoli dire cose che non ha mai detto, pur di ridicolizzarlo: «I genitori sono angosciati, la fine del mondo è vicina», sarebbero le parole di Savarese. Peccato che nell’intervista originale, come si può leggere, non esista una frase del genere. In realtà, il poco competente “giornalista” ha trasformato in citazione alcune parole -scritte ironicamente- prelevate da un articolo sul web contro le “Sentinelle”. In Liguria, invece, l’assessore alle pari opportunità Lorena Rambaudi, ha fatto esporre una bandiera arcobaleno per contro-manifestare ad un’iniziativa delle “Sentinelle”, giustificandosi così: «rifiuto di ogni forma di discriminazione e razzismo». E’ discriminazione manifestare in silenzio con un libro in mano e chi lo fa è un razzista? Inquietante.

Sull’Huffinton Post, alla faccia dell’omofobia, ha posto fisso Giuseppina La Delfa leader delle “Famiglie arcobaleno”, associazione che sostiene la privazione per i bambini del padre o della madre in favore di una coppia gay, e che non ha problemi a scrivere per Lucia Annunziata, la quale ha affermato in televisione: «difenderei Celentano anche se volesse i gay nei lager». La Delfa, in modo molto tollerante (da notare le risposte ai commentatori sotto il suo articolo!), chiede rispetto agli altri scrivendo che «le Sentinelle sono soltanto persone omofobe e transfobe». Leggendo in piedi un libro in silenzio, praticano «aggressione passiva» e così facendo nutrono «subdolamente altra violenza molto più concreta come insultare, picchiare, violentare psicologicamente e fisicamente, uccidere». Da lettori silenziosi a killer spietati, in poche parole. Inquietante.

Leggere omofobicamente un libro in piedi e manifestare transfobicamente in modo silenzio sono per la presidente delle “Famiglie arcobaleno” «crimini orrendi, anche mascherati da manifestazioni pacifiche, e sono troppo spesso ancora crimini protetti e minimizzati dal sistema, un sistema succube da un’ideologia catto-reazionaria che causa morte e disperazione impedendo alle persone di essere davvero responsabili di se e di ciò che costruiscono». Sull’Huffinton Post americano, in contemporanea, uno psicoterapeuta afferma che anche chiamare i gay con il termine “omosessuale” è una grave forma di omofobia, altra cosa che verrà criminalizzata prima o poi.

All’articolo di La Delfa le “Sentinelle” hanno risposto spiegando che si sentono ancora più confermate a mobilitarsi contro il crescente clima di intolleranza e censura della libertà d’espressione: «se infatti oggi si viene accusati di omofobia soltanto stando in silenzio nelle piazze per manifestare il legittimo dissenso verso un provvedimento legislativo, cosa accadrà domani, se la legge entrerà in vigore?», riferendosi al ddl Scalfarotto. Intanto la CGIL continua a definire la loro presenza «oscurantista, omofoba e discriminatoria».

I militanti omofili restano in silenzio invece se un consigliere comunale, come Claudio Cia del comune di Trento, viene insultato e minacciato fisicamente dopo essersi fatto promotore di un ordine del giorno sulla custodia dei figli nelle famiglie omosessuali, chiedendo ai servizi sociali di verificare «l’ambiente di crescita del bambino, in considerazione dell’assenza di una figura materna o paterna». In coerenza con la letteratura scientifica che mostra problematiche, anche gravi, per i minori cresciuti con persone dello stesso sesso.

Invitiamo tutti i nostri lettori a sostenere e partecipare alle veglie delle “Sentinelle in Piedi” presenti in tutte le città, il 5 aprile ad esempio saranno a Roma (assieme a Mario Adinolfi, tra i fondatori del Partito Democratico). Il loro sito web è www.sentinelleinpiedi.it, dove sono pubblicate le prossime date: 11/04 a Trento e 13/04 a Verona. Il loro profilo Facebook è aggiornato con articoli e notizie.

La redazione

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L’ultima canzone di John Lennon? Una preghiera a Dio

John LennonPochi sanno che un mese prima di morire John Lennon, leader dei Beatles, rilasciò un’intervista in cui parlò della sua fede e pubblicò un brano che attesta la sua conversione. Fu nascosto per 30 anni da Yoko Ono.

 
 
 

I Beatles erano anti-cristiani?

Un anno fa abbiamo riportato un fatto decisamente curioso: George Harrison, Paul McCartney e Ringo Starr, tre celebri componenti della band londinese, si sono tutti convertiti e/o avvicinati al cristianesimo.

E’ vero, molto è stato scritto sulla vena anticlericale o anticristiana del gruppo, in particolare del suo leader John Lennon (“Immagina nessun paradiso…nessuna religione”, dice la sua canzone più famosa).

Il compositore aveva scritto che non credeva in Gesù e che anzi, i Beatles erano più famosi di Lui. Ma la realtà dei fatti si è rivelata diversa. Anche per lo stesso Lennon.

 

L’ultima intervista di Lennon: «Sono religioso, vicino a Cristo»

Due mesi prima di morire, in una intervista per Playboy, John Lennon disse:

«La gente ha sempre avuto l’immagine che io fossi un anti-Cristo o un antireligioso. Ma io non lo sono. Oggi sono un uomo più religioso. Sono cresciuto cristiano e solo ora capisco alcune delle cose che Cristo diceva attraverso le parabole».

 

Il brano nascosto da Yoko Ono: un testamento cristiano.

Ed infatti, proprio in questo periodo Lennon scrisse un brano dove emerge il suo stretto legame con Dio.

Il cantante morì due mesi dopo l’intervista, l’8 dicembre 1980 ed il brano Help me to help myself (Aiutami ad aiutare me stesso) venne registrato il 10 novembre.

Una preghiera, in cui il leader dei Beatles non solo chiese aiuto “al Signore” ma assicurò di non essersi mai separato da Lui. Un misterioso carattere premonitore accompagna il brano, dove Lennon invoca il perdono e chiede al Signore di aiutarlo ad esprimere quanto sia duro continuare a vivere.

La sua compagna Yoko Ono reagì molto male, come riporta il critico musicale Julián Ruiz in un articolo su El Mundo. Ella nascose per 30 anni questa ultima canzone perché era la confessione del fatto che «in quei giorni, Lennon si era avvicinato a Cristo e voleva frequentare la Chiesa».

Un testamento spirituale emerso soltanto pochi anni fa.

 

Qui sotto il video e il testo del brano:

 

Help me to help myself
Ho cercato in tutti i modi di restare in vita
ma l’angelo della distruzione
continua a perseguitarmi.
Ma nel mio cuore io so
che noi non ci siamo mai lasciati. Oh no.

Dicono che Dio aiuta chi aiuta se stesso,
così faccio questa richiesta 
nella speranza che sarai buono con me
perché nel mio cuore sono certo
che non mi sono mai sentito soddisfatto. Oh no.

Aiutami Signore
Aiutami Signore adesso
ti prego, aiutami Signore
Aiutami ad aiutare me stesso

La redazione

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Jacques Le Goff: i secoli bui non sono mai esistiti

Jacques Le GoffE’ morto a novant’anni Jacques Le Goff, ritenuto giustamente uno dei massimi storici della storiografia del Novecento europeo e tra i più importanti studiosi del Medioevo, un periodo storico guidato dai valori cristiani e -proprio per questo- vittima di leggende nere nate in particolare nell’800.

Di estrazione laica, dichiaratamente agnostico ma ammiratore dei Santi cattolici di cui scrisse importanti biografie (come quella su San Luigi), Le Goff fu sopratutto un accanito demolitore dei pregiudizi contro il Medioevo, definito dagli ignoranti come “secoli bui”. Proprio pochi mesi fa ha sostenuto che il Rinascimento non è mai esistito ma si è trattato di un lungo Medioevo, dal VI al XVII secolo. Nessun “uomo nuovo”, il progresso è il Medioevo stesso.

«Il Medio Evo è stato sempre considerato come un periodo di passaggio tra l’Antichità e la Modernità», ha spiegato, «ma passaggio significa soprattutto sviluppo e progresso. Nel Medio Evo progressi straordinari ci sono stati in tutti i campi, con i mulini a vento e ad acqua, l’aratro di ferro, la rotazione delle culture da biennale a triennale. Ma non c’è nessuna rottura fondamentale tra Medioevo e Rinascimento, tra il 14esimo e il 17esimo secolo. Ci sono cambiamenti che non modificano in modo sostanziale la natura della vita dell’umanità. L’economia resta rurale, ciclicamente caratterizzata da carestie. Nonostante la rottura – importante – tra cristianesimo tradizionale e riformato, è sempre il cristianesimo a determinare una visione omogenea e religiosa di un’eternità definita da Dio».

Non solo progressi materiali ed intellettuali, ma anche sociali. Nel Medioevo, infatti, per la prima volta la donna acquisì l’uguaglianza sociale: «Io ritengo», scrisse Le Goff nel 2006, «che l’idea che la donna sia uguale all’uomo abbia determinato la concezione cristiana della donna e abbia influenzato la visione e l’atteggiamento della Chiesa medievale nei suoi confronti» (J. Le Goffe, “Un lungo Medioevo”, Dedalo 2006, p. 92). Anzi, ribadì in un’intervista per “Avvenire”, «credo che tale rispetto della donna sia una delle grandi innovazioni del cristianesimo; pensiamo alla riflessione che la chiesa ha condotto sulla coppia e sul matrimonio, fino a giungere alla creazione di tale istituzione, ora tipicamente cristiana, formalizzata dal quarto concilio Lateranense nel 1215, che ne fa un atto pubblico (da cui la pubblicazione dei bandi) e, cosa fondamentale, un atto che non può realizzarsi se non con il pieno accordo dei due adulti coinvolti».

Paolo Nanni, ricercatore di Storia medioevale presso l’Università di Firenze, ha valorizzato il lascito di Le Goff: «un Medioevo sottratto alla riduttiva definizione di età frapposta fra altre epoche: l’età di mezzo, quella dei “secoli bui”».

I secoli bui non sono mai esistiti, semmai ci sono state innovazioni nel Medioevo che hanno irradiato il Rinascimento e l’Illuminismo e ci sono stati momenti crudeli, non certo peggiori della ghigliottina e dei massacri degli ottocenteschi rivoluzionari francesi. Bisogna ricordarlo, anche per onorare davvero l’opera intellettuale di Jacques Le Goff.

La redazione

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Quando la “tolleranza laica” censurò Benedetto XVI

SapienzaRicordate quando la tolleranza laica scelse di chiudere le porte dell’università “La Sapienza” di Roma a Benedetto XVI, ateneo fondato da Papa Bonifacio VIII nel 1303? La censura di un pensiero diverso dal proprio, che acquistò rilievo internazionale, arrivò nel gennaio 2008.

Sei anni dopo, cioè oggi, esce il libro Sapienza e libertà. Come e perché papa Ratzinger non parlò all’Università di Roma (Donzelli editore 2014) scritto dal giornalista Pier Luigi De Lauro con prefazione di Walter Veltroni. Il volume contiene, oltre al testo dell’intervento che avrebbe dovuto tenere Papa Ratzinger, anche interviste all’allora rettore Renato Guarini, a padre Vincenzo D’Adamo, cappellano dell’università, a Carlo Cosmelli, uno dei docenti di Fisica che ne contestarono la presenza, e a Gianluca Senatore, allora rappresentato degli studenti nel Consiglio accademico.

Come descrive il libro, era stato il rettore Guarini ad invitare il Papa all’inaugurazione dell’anno accademico, nei mesi precedenti aveva comunicato la sua decisione al Senato accademico, ben felice di accoglierlo (così come avevano fatto Paolo VI nel 1964 sempre a “La Sapienza” e Giovanni Paolo II a Roma Tre nel 2002). Ratzinger avrebbe dovuto svolgere semplicemente un discorso al termine della cerimonia, non una lectio magistralis come erroneamente fu riportato.

Ma l’intolleranza laica (o laicista, meglio) scattò ugualmente (sarebbe lo stesso oggi con Papa Francesco?), prima con un intervento di Marcello Cini (militante di SEL, oggi deceduto) sul quotidiano di estrema sinistra “Il Manifesto” in cui si denunciò l’ingerenza religiosa del Papa, poi con una lettera firmata da 67 docenti della facoltà di Fisica, rilanciata dal quotidiano di punta del laicismo intollerante, “La Repubblica” (non a caso l’editorialista principale era, ed è, il teologo Vito Mancuso). Benedetto XVI rinunciò immediatamente e si limitò ad inviare il testo del suo intervento che venne letto dal prorettore.

A Ratzinger vennero contestate due questioni, entrambe false: la prima il suo presunto appoggio all’Intelligent Design, quando dal 1969 parlava chiaramente di conciliazione tra evoluzione, darwinismo e fede cristiana. La seconda accusa fu un riferimento ad una citazione di Feyerabend su Galilei fatta nel 1990, ma che il card. Ratzinger si limitò a citare senza sostenerla, come confermò lo stesso Feyerabend e come è stato giustamente spiegato da Antonio Carioti sul “Corriere della Sera”.

Nel libro lo studente Gianluca Senatore (oggi ricercatore), intervistato, ha spiegato che fino ad allora non aveva mai letto nulla degli scritti di Ratzinger e fu proprio quell’episodio ad avvicinarlo alla sua produzione intellettuale. La sua conclusione è che se i professori, soprattutto Cini, avessero fatto lo sforzo di non fermarsi ai loro pregiudizi ma avessero letto il testo di Ratzinger, vi avrebbero trovato molti spunti di approfondimento critico sulla deriva della tecnologia (tesi condivise, oltretutto, da Cini stesso e da molti docenti firmatari).

Ma il pregiudizio, purtroppo si sa, è il pane quotidiano dell’anticlericalismo.

La redazione

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Il lato oscuro e violento del buddhismo

Ratzinger Dalai lamaLe religioni non cristiane, afferma la Chiesa cattolica «non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini». In particolare, si valorizza l’esperienza buddhista in quanto «secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole» e si insegna a cercare una via davvero soddisfacente al cuore umano. Tuttavia, la Chiesa annuncia che Cristo è questa risposta cercata, è «”via, verità e vita”, in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose»

Purtroppo molti occidentali hanno una visione distorta del buddhismo. Non a caso il video dei monaci buddisti thailandesi con occhiali alla moda, borse di lusso e costosi gadget tecnologici in viaggio a bordo di un jet privato ha scosso moltissime convinzioni, evidenziando le contraddizioni tra la tradizionale immagine del buddhismo e le strumentalizzazioni operate dall’Occidente e dai vip convertiti al New age. Il Buddhismo è concepito come la religione della pace, della meditazione, della rigenerazione, della tolleranza e gli anticattolici occidentali, come Marco Politi de “Il Fatto”, hanno l’interesse a presentarlo così.

Molti parlano di “moda spirituale”: se uno invita l’arcivescovo Scola al consiglio comunale di Milano è un reazionario, se invece viene invitato il Dalai Lama è rispetto multiculturale. Tuttavia ci sono notevoli aspetti positivi e stimabili anche nel buddhismo, ma occorre guardare la realtà nella sua complessità, andando oltre i luoghi comuni e senza mai dimenticare la parole di Giovanni Paolo II: «Venerabili amici, rappresentanti del Buddhismo e dello Shintoismo in Giappone, […] La Chiesa Cattolica esprime la sua stima per le vostre religioni e per i vostri alti valori spirituali, come la purezza, l’ascetismo, l’amore per la bellezza della natura, e la benevolenza e la compassione per tutto ciò che vive».

E’ doloroso tuttavia leggere storie di cristiani perseguitati, impossibilitati a dare ai morti una sepoltura cristiana nel regno di Buddha, mentre lo stesso è pienamente concesso ai buddisti in terra cristiana. Non era la religione del rispetto? In Sri Lanka, in quattro mesi gli estremisti buddisti hanno attaccato trenta chiese. Accade mai il contrario? «La Chiesa in Sri Lanka continua a crescere», ha spiegato padre Amos della Mission Network News, «e i buddisti cominciano a sentirsi minacciati. Molti credenti non lasciano più offerte ai templi buddisti, che fanno fatica a sopravvivere, per questo hanno cominciato ad attaccare le chiese». Sempre in Sri Lanka, una folla di circa mille persone nel dicembre 2012, fra cui numerosi monaci buddisti, ha preso d’assalto una chiesa cristiana e ferito il pastore Pradeeep. La folla ha devastato la chiesa, distruggendo arredi sacri, attrezzature, auto parcheggiate. Il giorno prima dell’incidente, un gruppo di buddisti e di monaci aveva visitato il Pastore, intimandogli che, senza il permesso del clero buddista, non poteva condurre culto cristiano, pena la distruzione della chiesa. Dopo il rifiuto del Pastore, che ha invocato i diritti costituzionali, è giunto l’attacco. Accade mai il contrario? Nel 2012 le comunità cristiane in Sri Lanka, di diverse confessioni, hanno registrato circa 50 casi di attacchi da parte buddista. E’ stato colpito da una sassaiola anche il vescovo cattolico di Mannar, Mons. Rayyappu Jospeh.

Esiste anche il monaco birmano, Wirathu, che incita all’odio contro gli islamici, soprannominato il “Bin Laden buddista”. E’ ritenuto l’ispiratore del raid di ottobre 2012 contro i musulmani nello Stato di Rakhine: 200 morti ammazzati e 100 mila sfollati. La guerra tra buddisti e islamici in Birmania è violentissima, nel maggio scorso a Oakkan una donna ha urtato un monaco facendogli cadere la ciotola dell’elemosina, è stata la scintilla che ha fatto scoppiare i tumulti e 300 persone hanno distrutto la moschea della città. E’ recente la notizia che due pastori cristiani sono stati arrestati nel piccolo regno buddhista del Bhutan, nazione che non riconosce la minoranza cristiana, che si è sviluppata in modo sotterraneo.

Sul buddhismo è uscito un volume di Roberto Dal Bosco, profondo conoscitore della religione orientale il quale ha raccontato che «quando ci fu lo tsunami, i missionari cristiani erano in prima linea negli aiuti, lo stesso non credo si possa dire dei buddisti. Possiamo parlare di “legge del non intervento” come ne parla la scrittrice belga, ma cresciuta in Giappone, Amélie Nothomb. Il tuo male è il tuo karma, te lo sei meritato, lo devi esperire interamente tu, al massimo il buddha può darti qualche consiglio… siamo millenni lontani dalla bontà materiale del cristianesimo, dall’atto stesso di Dio che si sacrifica con la carne e il sangue per i suoi figli».

La professoressa Jae-Suk Lee, che insegna alla facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense, ha spiegato: «Il successo delle religioni orientali in Occidente deriva da un vuoto spirituale che il cristianesimo, a un certo punto, ha smesso di riempire. Gli aspetti del buddhismo relativi alla meditazione al rilassamento, all’’introspezione hanno riempito questo vuoto».

Ogni religione porta dentro una traccia di verità, bisogna valorizzarla e favorire con tutti un dialogo di confronto. L’importante, come abbiamo voluto fare con questo articolo, è conoscere davvero le religioni non cristiane, non strumentalizzarle in chiave anti-cattolica e non usare mai una religione contro l’altra.

La redazione

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Corrado Augias e la bufala dei preservativi di Tor Vergata

Corrado Augias Il giornalista ottantenne Corrado Augias è il moralizzatore di “Repubblica” con un passato poco etico da spia comunista e plagiatore mai scusatosi.

Recentemente, ad esempio, ha pubblicato sulla sua rubrica la lettera, certamente finta o che racconta certamente il falso, di una donna che ovviamente parla male di preti e parrocchie, il classico quadretto con la caricatura del sacerdote ignorante e insensibile e i vescovi-giudici feroci. Augias ne ha approfittato -guarda caso- per esporre la sua ossessione sulla visione della sessualità da parte della Chiesa. Non soltanto le solite accuse di pedofilia ai preti e alla libertà dei vescovi di esporre pubblicamente la loro opinione, ma incredibilmente dopo anni ha ritirato fuori la bufala dei preservativi di Tor Vergata.

Le falsità ai danni della Chiesa sono una strategia secolare ben rodata degli anticlericali, ricordiamo i recenti fotomontaggi di Benedetto XVI vestito da giovane nazista o le accuse a Papa Bergoglio di essere stato complice del terrorismo argentino. Una di queste è quella che riguarda la Giornata mondiale della Gioventù del 2000, svoltasi a Roma. All’indomani della GMG, infatti, qualcuno sparse la voce secondo la quale nel prato di Tor Vergata, dove si svolse la veglia e la messa finale, sarebbero stati trovati migliaia di preservativi usati dai papaboys.

Un vicenda usata da molti, negli anni a seguire, utile per sostenere la contraddizione dei cattolici che non credono nell’amore “di plastica” ma poi usano abbondantemente i profilattici. Ad esempio, venne ripresa durante la campagna referendaria 2005 da personalità come Paolo Flores d’Arcais ed Emma Bonino, confermando che i laicisti non riuscendo a rispettare le opinioni contrarie, hanno bisogno di screditare i loro interlocutori.

La bufala è facilmente smontabile con alcune riflessioni: innanzitutto, come spiegato da “Cathopedia”, non si contano le denunce giunte da giovani -pubblicate quotidianamente da “Avvenire”– che hanno partecipato all’evento del 2000 riguardo alla presenza di giornalisti di testate giornalistiche italiane giunti a Roma con lo scopo di “costruire” situazioni di disagio, come la carenza di servizi igienici e quant’altro. Ne ha parlato uno dei pellegrini sul suo blog. Inoltre, non esiste un documento video o fotografico che mostri contraccettivi e profilattici seminati nel prato di Tor Vergata o raccolti dagli operatori ecologici, né alcuna testimonianza rilasciata da questi ultimi.

Inoltre, una quantità così elevata di persone dedita ad avere rapporti sessuali in un tempo così breve e in un’area così relativamente ridotta non avrebbe potuto passare inosservata, specie da fotografi e televisioni presenti e dai giornalisti “interessati” allo scoop anticlericale. Infine, per calcolare il numero di preservativi raccolti l’azienda di nettezza urbana di Roma avrebbe dovuto compiere un vero e proprio “censimento”, ipotesi assai improbabile. La bufala dei preservativi di Tor Vergata è pane per i boccaloni, che trova diffusione sul web senza prove e ripresa senza vergogna dagli intellettuali laici, come Corrado Augias. Non a caso il filosofo Costanzo Preve lo ha definito “giornalista dilettante”.

Il direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio, ha commentato così l’ennesima espressione d’odio del “giornalista dilettante” romano: «ho notato e annotato – purtroppo, lo ammetto, senza molto stupore – l’asprezza e l’alto tasso di disinformazione che caratterizzano quel testo di Corrado Augias». Un personaggio che mostra «una frequente e tenace propensione all’affondo ostile e al luogo comune denigratorio e persino grossolano». Dispiace molto, ha proseguito il direttore Tarquinio citando la lettera pubblicata e commentata dall’anticlericale, «che Augias non si limiti a dare una propria libera e legittima opinione diversa dalla mia e dalle vostre, cari amici, ma scelga di costruire il suo ragionamento sulla base di una palese falsità (la Chiesa che non consentirebbe il matrimonio a persone che hanno perso la capacità di procreare). Una costruzione retorica inconsistente e fragile». Augias «su certi temi preferisce ascoltare soprattutto se stesso, preferendo capire, spiegare e far circolare soltanto ciò che gli fa comodo. E questo, anche per un laico, è un vero peccato».

La redazione

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La disfatta di Hollande, ossessionato dai gay

HollandeIl precedente del completo fallimento politico di Luis Zapatero in Spagna dev’essere l’incubo ricorrente di Francois Hollande, l’attuale presidente francese che condivide con lo spagnolo l’avversione al cristianesimo e, in particolare, al cattolicesimo.

Disastro alle europee, fallimento alle amministrative francesi (nonostante si sia recato a votare con il jet presidenziale al costo di 9000€). Marine Le Pen, leader del “Front National” che potrebbe essere il primo partito del Paese, ha affermato che ««i francesi si sono ripresi la loro libertà». Una libertà che Hollande ha osteggiato pesantemente, imponendo alla popolazione i matrimonio omosessuali ignorando il milione di persone sceso in piazza a manifestare contro. «Il Presidente non parla più alla gente, vive in una bolla», ha spiegato l’ex direttore di “Le Monde”.

Lo ha affermato uno dei fondatori del Partito Democratico italiano, Mario Adinolfi: «in Europa proprio Hollande e Zapatero dimostrano che con politiche contro i più deboli sul piano etico, i consensi si perdono e non si conquistano». Secondo il giornalista de “Le Figaro”Paul-François Paoli, a far esplodere le contraddizioni francesi è stato il “matrimonio per tutti”: «Per la prima volta, non è in nome degli ideali della modernità che si sono mobilitate milioni di persone, ma in nome di un rifiuto fondamentale: quello di cedere al mito normativo del ‘Progresso’ nel campo dei costumi. La sinistra è riuscita a imporre un superego ideologico basato sull’idea che la Repubblica francese parla in nome dell’umanità tutta».

Se infatti furono anche la liberalizzazione dell’aborto e delle nozze gay i motivi della disfatta zaparterista, tanto che oggi il partito di Mariano Rajoy sta lentamente ripristinando la situazione in campo bioetico, lo stesso sembra avvenire con la carriera politica del presidente francese. Come dicevamo, molto ha pesato l’aver rifiutato ogni dialogo o attenzione al milione di francesi scesi in piazza per chiedere che sulle nozze gay si istituisse un referendum, rispondendo con manganellate e arresti (anche recentemente), anche per aver indossato una semplice felpa con disegnata una famiglia.

La fatica di Hollande a comprendere il valore della famiglia e del matrimonio si è confermata dal tradimento della compagna, umiliata davanti alla Francia. Si è lamentato perché la stampa ha “violato la sua libertà”, dimenticandosi di quando lui ha violato quella di migliaia di manifestanti fatti arrestare perché contrari al “mariage pour tous”, per non parlare delle migliaia di rom espulsi dal Paese. Tanto da far inalberare perfino gli estremisti italiani de “Il Manifesto”.

Non è un caso che oggi la Francia stia convergendo verso la destra, come accusa la sinistra, e verso l’anti-europeista “Front National” è ormai il primo partito francese nei sondaggi, la cui presidente, Marine Le Pen, si è fortemente opposta alla legalizzazione dei matrimonio omosessuali e la nipote di Jean-Marie Le Pen, il fondatore e leader storico del “Front National”, abbia definito le nozze gay la «la vittoria di una nano-lobby». Nonostante solo il 7% dei cattolici francesi sostengano il suo partito, ha spiegato di avere a cuore l’opposizione del movimento Manif Pour Tous”: «sono d’accordo con la gioventù francese che si è mobilitata negli ultimi mesi per difendere il quadro insuperabile dei nostri valori e il rispetto per le leggi naturali. Abbiamo assistito all’onnipotenza di una “nano-lobby” che da sola, con le sue poche centinaia di membri, è stata in grado di distruggere l’istituto del matrimonio, come prova della decadenza e di consacrare il desiderio egoistico e individuale al di sopra di qualsiasi altra considerazione, come il benessere del bambino adottato, anche contro il parere di molti riconosciuti psichiatri francesi», ha detto.

Marcello Veneziani ha messo in guardia dal liquidare il partito di estrema destra come “estremista”, spostando la riflessione sul perché decine di milioni di europei si rivolgano al “Front National” se non per «il disagio degli europei per l’irresponsabile cedimento demagogico ai flussi migratori incontrollati; la difesa della famiglia e delle tradizioni civili e spirituali rispetto alla riduzione della famiglia a unione fra le altre, tra genitore uno e genitore due, più frattaglie che nell’antichità erano denominate figli». Secondo i sondaggi a votare Le Pen sono in maggioranza i giovani francesi.

Intanto Holland perde consensi e piace ormai solo a un francese su cinque, diventando il presidente più impopolare della storia della Repubblica francese. Ma la sorpresa più amara per lui è che, secondo “Le Figaro”, anche gli elettori bisessuali e omosessuali a suo favore sono scesi a ottobre fino al 36% dal 44% della primavera 2012 e dal 50% dell’autunno 2011. Il matrimonio gay, in realtà, non ha portato alcuna popolarità al partito di Hollande, si è concluso sul quotidiano francese. Questo conferma che la maggior parte degli omosessuali non è interessata al matrimonio, come sempre sostenuto da “Homovox”, l’associazione francese di omosessuali contrari alle nozze gay.

La redazione

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