Si parla di “finanza etica”, De Benedetti se ne va

Carlo De Benedetti ospite a "Otto e Mezzo"Pochi sanno che la grande chiesa laica italiana, il quotidiano “Repubblica”, è finanziata dall’ingegnere miliardario Carlo De Benedetti. E’ lui che paga gli stipendi ai numerosi a-teologi del quotidiano di Largo Fochetti (Mancuso, Augias, Odifreddi, Flores d’Arcais, Saraceno, Spinelli ecc.), cercando da anni di diventare l’alternativa morale alla Chiesa cattolica.

Qualche giorno fa De Benedetti era presente assieme al fratello Franco al quarantesimo anniversario della Consob, dove era stato invitato anche l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola. Appena il cardinale ha preso la parola, però, i De Benedetti si sono alzati e sono usciti, perdendosi una bella omelia incentrata sul bisogno «che tutta l’economia e la finanza siano etiche». Franco De Benedetti, poche ore dopo, ha twittato: «Parla il cardinale Scola. Un organo dello Stato non si fa dare lezioni di etica dalla Chiesa. E lascio la sala».

Un vero peccato, sopratutto per Carlo. Il quale, lo ha ammesso lui stesso, è noto per aver pagato tangenti ai tempi dell’Olivetti. Affermando anche orgoglioso al Wall Street Journal: «Se dovessi rifare tutto di nuovo lo rifarei: pagherei le tangenti ai politici per ottenere le commesse pubbliche». A proposito di Olivetti, il patron di “Repubblica” non ha mai risposto alle domande di Beppe Grillo, la cui prima tratta proprio il primo di una serie di fallimenti che segnano la carriera di De Benedetti: «Lei si sente responsabile del fallimento dell’Olivetti di cui è stato presidente per molti anni? Una società all’avanguardia nell’innovazione ridotta in macerie? Può illustrarci le iniziative di manager che mise in atto per evitarne il tracollo? Risponda per cortesia anche se si trova in Svizzera». La seconda domanda di Grillo si concentra invece sul sospettoso incremento di patrimonio dell’ingegnere dopo il fallimento della nota azienda.

La terza domanda del leader Movimento 5 stelle si è soffermata sulla centrale a carbone di Vado Ligure, la Tirreno Power, controllata in gran parte da De Benedetti attraverso Sorgenia (un altro investimento del “sistema De Benedetti” che sta finendo in fallimento), accusata di disastro ambientale e della morte di centinaia di persone. La quarta domanda è sull’uso dei 491,3 milioni di euro percepiti in seguito alla sentenza definitiva sul Lodo Mondadori, i quali non sono stati usati per salvare gli 81 dipendenti del suo giornale licenziati in tronco nel 2013. E così via…

Un dispiacere dunque che Carlo non abbia voluto ascoltare il richiamo alla “finanza etica”, così come per tutti gli altri imprenditori non presenti (di destra o di sinistra). Recentemente ha espresso il suo apprezzamento per Papa Francesco: «Mi piace molto perché parla il linguaggio della verità e vuole scardinare quella fogna che è il Vaticano, è il Papa dei nostri tempi». Ora si spiega anche la mediatica passione di Eugenio Scalfari per il Pontefice, culminata in un’intervista non accettata dalla Santa Sede. Lo ha capito anche Papa Francesco dopo che Scalfari –riportando l’intervista su “Repubblica”-, gli ha messo in bocca parole e riflessioni che non aveva mai fatto. Così, nell’ultimo incontro, il Pontefice gli ha espressamente chiesto di mantenere privati i loro incontri, segnando così l’ennesimo progetto fallito di De Benedetti.

La redazione

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L’omofascismo comanda anche all’Università Luiss?

Costanza Miriano papa 
 
di Fauso Carioti*
*da “Libero”, 07/05/14

 

Mancava il bavaglio degli studenti politicamente corretti contro la scrittrice colpevole di andare controcorrente, di non adagiarsi sui luoghi comuni. Mancava, però adesso c’ è.

Costanza Miriano non ha potuto parlare nell’aula Magna dell’ateneo della Confindustria. Avrebbe dovuto farlo recentemente. Non lo ha fatto perché un’ associazione di studenti la cui missione è «promuovere la lotta contro l’omofobia e le discriminazioni sessuali» prima ha chiesto che l’ incontro si svolgesse alle proprie condizioni, quindi ha preteso ­ e ottenuto ­ la cancellazione dell’ evento.

Succede alla Luiss, dove la «L» della sigla starebbe per «Libera». Per chi non frequentasse certi scaffali delle librerie, la Miriano è una giornalista classe 1970, che per 15 anni ha lavorato al Tg3 e adesso fa parte della redazione di Rai Vaticano. Soprattutto è autrice di un paio di best seller non proprio progressisti intitolati Sposati e sii sottomessa (2011) e Sposala e muori per lei (2012). Un’avventura partita in sordina e poi rivelatasi un caso letterario, che l’ha fatta diventare, le piacesse o meno, la portavoce di quella schiera di donne (e sono milioni) che (scrive lei) «non si preoccupa tanto, direi per niente, delle quote rosa, di strappare un posto in un consiglio d’amministrazione. () Quelle che non hanno bisogno di gridare, proprio perché sanno di non essere uguali all’uomo, né vogliono esserlo. Sono quelle che a volte amano anche il proprio lavoro, ma a un certo punto, alle cinque del pomeriggio di un giorno di sole, guardano fuori dalla finestra dell’ ufficio e capiscono che preferirebbero essere a casa a preparare la merenda ai loro bambini».

Si definisce «cattolica fervente», dedita alla messa, al rosario e alla preparazione delle crostate. Niente di più antimoderno, insomma. Niente di più lontano dalla retorica della gender equality e del resto del birignao che ogni giorno viene rivenduto dai media e dagli organismi internazionali come nuova frontiera della libertà (la Miriano è anche una bellissima donna che scrive molto bene, ma qui entriamo nel campo dei giudizi soggettivi).

L’ incontro era stato organizzato da un giornale studentesco, Libera Luiss, per parlare della famiglia e della Chiesa. Avrebbe dovuto prendervi parte anche monsignor Vincenzo Paglia, che poi ha cancellato la propria partecipazione a causa di un lutto familiare. L’ ateneo aveva messo a disposizione l’ aula magna. Tutto secondo la prassi, insomma. Sin quando l’ associazione di studenti “pro Lgbt” Luiss Arcobaleno non è venuta a conoscenza delle idee della Miriano e ha preteso di sistemare i propri rappresentanti al tavolo dei relatori (un vero e proprio diktat, racconta la scrittrice sul Web: «O accetti, o l’ incontro si cancella»).

Un autaut al quale la Miriano ha risposto nell’unico modo possibile: «Quello che conta per me», spiega, «è parlare di famiglia. Trovo estremamente violento che ogni volta che si parla di famiglia debbano essere messi all’ordine del giorno i temi degli omosessuali. I problemi che riguardano le famiglie che conosco sono molti altri. L’educazione al maschile e al femminile, gli assegni familiari, la conciliazione col lavoro per le mamme, una rete che sostenga chi ha figli disabili, le dinamiche fra uomo e donna e molto ancora…Non sono un’ esperta di omosessualità e sinceramente non voglio neanche diventarlo».

Così, a poche ore dall’ incontro, le è arrivata una imbarazzatissima mail: «Purtroppo è subentrato un problema organizzativo e uno interno concernente gli equilibri delle diverse associazioni studentesche. Con la presente Le comunichiamo che non siamo in grado di garantire l’ effettiva realizzazione dell’evento». Utile se non altro per capire come funzionano le cose in viale Romania. «Luiss Arcobaleno ci ha esposto tutta la sua delusione, della quale abbiamo pensato fosse giusto tenere conto», spiegavano ieri gli organizzatori. Se non è dittatura del pensiero unico è qualcosa che le assomiglia molto. Alcuni (pochi) si sono indignati. Eugenia Roccella del Nuovo Centrodestra («Sospettiamo che questa incapacità di aprirsi al libero confronto delle idee sia il frutto avvelenato della cultura del politicamente corretto»), l’ex deputato del Pd Mario Adinolfi («A quest’ ora avrei dovuto essere nell’ aula magna della Luiss ad ascoltare Costanza e invece Costanza è stata censurata, l’ invito le è stato cancellato a neanche 24 ore dal convegno in maniera maleducata e un po’ ignobile, io sto su Twitter a litigare con un paio di figli di papà arrogantelli della Luiss che mi scrivono: “Non devi parlare”»).

Il fetore era tale che alla fine qualcuno è stato costretto ad aprire la finestra. Il direttore generale della Luiss ha chiamato la Miriano e le ha promesso che l’ incontro si farà «nei prossimi giorni», nei modi in cui era stato previsto. «Quindi senza le associazioni lgbt al tavolo dei relatori, come era stato concordato da mesi, e come si era tentato di cambiare», raccontava ieri sera la scrittrice. Un lieto fine che poco toglie alla bruttezza di questa storia.

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Il suicidio non è un esempio, l’uomo è fatto per altro

Suicidio«Non dimentichiamoci che il padre di Mario Monicelli si era ucciso con un colpo di pistola in bocca. Sento già qualcuno dire “poveracci, ma allora era una famiglia di pazzi”. Tutto il contrario: era una famiglia colta e profondamente laica»Questa frase, di Chiara Rapaccini, compagna del suicida Mario Monicelli, contiene la risposta del perché il tema della morte sia diventata una vera ossessione della nostra secolarizzata società. Non è vero che si sceglie l’eutanasia per la sofferenza, ma perché si ritiene la propria esistenza indegna di essere vissuta.

Papa Francesco ci ha insegnato che «quando non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive come se Dio non esistesse», concezione «tipica del pensiero ateo, che interpreta l’esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo e un camminare verso il nulla», allora «non abbiamo altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla, o di banalizzarla, perché non ci faccia paura». E una forma di banalizzazione della morte è la “fiera del voyeurismo funebre”, come definita da “Il Foglio”, della celebrazione di coloro che si sono suicidati, come fossero eroi da imitare: Mario Monicelli, Carlo Lizzani, Lucio Magri e Carlo Troilo. In comune l’appartenenza politica, culturale e sociale al comunismo laico.

I loro parenti hanno voluto ricordarli in un articolo su “Repubblica”, dove si invoca l’Illuminismo, l’autodeterminazione assoluta, la laicità e l’avversione alla Chiesa. E dove alcuni cercano di giustificare il suicidio del loro caro come “atto di coraggio” o di “libertà”. Ma quale coraggio? Il coraggio è rimanere a lottare per afferrare il senso della vita, non abbandonare la barca. Ma quale libertà? Il suicidio è l’antitesi della libertà, ed infatti tramite esso non si diventa più liberi ma si perde tutto.

La loro era «una generazione che non si accontentava di sopravvivere», ha detto Luciana Castellina, compagna di Lucio Magri. E’ vero, senza un reale Senso che dia scopo e vigore alla vita, gli uomini sono destinati a sopravvivere, non a vivere. E nessuno si accontenta di questo. E’ una dichiarazione di fallimento dell’utopia laica, comunista ed illuminista in cui credeva Magri, e in cui credono ancora in tanti.

Per questo Papa Francesco ha iniziato la sua enciclica, “Evangelii Gaudium” con queste parole: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia».

La proposta cristiana è ancora più attuale per gli uomini di oggi. Come ci ha insegnato anche Benedetto XVI, «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva». Rispettiamo Lucio, Mario e Carlo, ma non sono per noi degli esempi. Non è il fallimento ciò a cui aspira l’uomo, ma un nuovo orizzonte in cui colmare la sua inquietudine. “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (Sant’Agostino).

La redazione

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I cattolici tedeschi frenarono l’ascesa del partito nazista

HitlerDue ricercatori hanno analizzato come il cattolicesimo frenò l’ascesa elettorale del partito nazista durante la Repubblica di Weimar.

«Chi vota Hitler dovrà giustificarlo il giorno del giudizio finale. Non c’è peccato peggiore che votarlo!», dichiarò in un’occasione il parroco di Waldsee, in Renania (Germania). Tra il 1928 e il 1933, anno della nomina di Hitler alla cancelleria, l’NSDAP passò dal 2,6% al 43,9% dei voti nelle elezioni legislative tedesche, ma rimase comparativamente più debole nelle regioni a maggioranza cattolica.

È la conclusione dell’ampio studio pubblicato a febbraio da due ricercatori di economia politica, Jörg L. Spenkuch (Northwestern University) e Philipp Tillmann (Università di Chicago). I due ricercatori hanno voluto verificare se questo rifiuto sia dovuto al cattolicesimo in sé o al fatto che i cattolici tedeschi avessero un profilo economico e geografico diverso da quello di altre confessioni: c’erano più agricoltori ed erano più presenti a sud e lontano dalle grandi città.

Secondo il loro studio, intitolato “Religione, economia e ascesa del nazismo”, «la religione è il fattore di predizione più importante del voto nazista. Più concretamente, la composizione religiosa delle circoscrizioni spiega la variazione di poco più del 40% del risultato dell’NSDAP nell’ambito di una contea». A parità di condizioni, altre confessioni erano all’epoca almeno due volte e mezza più propense a votare per i nazisti, rispetto ai cattolici.

I ricercatori si sono concentrati, tra le altre cose, sull’atteggiamento della gerarchia cattolica, allora molto legata allo Zentrum, il partito di centro-destra cattolico. Quel partito assunse atteggiamenti chiaramente ostili ai nazisti, proibendo anche ai suoi membri di aderire al partito.

La redazione

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Le Famiglie arcobaleno: «Anche 18 genitori vanno bene!»

L’unica cosa importante è dare “supporto e attenzione” ai bambini, secondo la presidente di Famiglie Arcobaleno non importa il sesso dei genitori, né il loro orientamento sessuale e neppure il loro numero. La risposta di Robert Oscar Lopez, cresciuto con due lesbiche.

 
 
 

Non servono né madre, né padre. Ma nemmeno che i genitori siano due, possono essere anche 18 o 20. Lo dicono le Famiglie Arcobaleno.

Perché la crescita di un bambino sia idonea, ha dichiarato infatti Giuseppina La Delfa, presidente di Famiglie arcobaleno, non soltanto non sarebbe importante la presenza del padre e della madre, ma «non importa se siano uno, due o diciotto» i genitori.

Anche 18 papà omosessuali, quindi, andrebbero bene.

 

Famiglie Arcobaleno: «Idonei anche 18 genitori»

Recentemente, con la tolleranza che la contraddistingue, Giuseppina La Delfa risposto pubblicamente niente meno che a Papa Francesco, il quale ha osato difendere «il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare in relazione alla mascolinità e alla femminilità di un padre e di una madre».

Scandalizzata, la leader delle fantomatiche “famiglie omosessuali” (un ossimoro secondo la Costituzione italiana, che definisce “famiglia” la “società naturale fondata sul matrimonio” e i matrimoni omosessuali non sono costituzionali), ha replicato scrivendo che «un bambino non ha diritto “a crescere in una famiglia con un papà e una mamma”. Un bambino ha diritto a crescere in un ambiente idoneo al suo sviluppo, questo sì».

Se non fosse che il luogo idoneo -o più idoneo- è chiaramente quello previsto dalla natura, dato che i bambini possono nascere soltanto dalla relazione tra un uomo e una donna. Il loro diritto è permanere nel luogo naturalmente idoneo alla loro crescita o in un altro che sia il più simile possibile, e non in ambienti che censurino l’equilibrio e la differenza sessuale.

La Delfa ha proseguito avventurandosi nel citare dalla sua parte qualsiasi cosa le venisse in mente: la scienza, la psicologia, l’antropologia, la pedopsichiatria, la sociologia, il diritto e i tribunali. «Tutti dicono la stessa cosa», ha scritto, cioè il padre e la madre sono inutili. Il luogo idoneo per la crescita dei bambini, ha commentato La Delfa, è qualsiasi luogo, «non importa chi siano i genitori, di quale sesso e di quale orientamento sessuale siano, non importa se siano uno, due o diciotto, importa una sola cosa: la responsabilità, la cura, la presenza, il porre limiti e fare coccole, in due parole: supporto e attenzione».

E’ significativo che per sostenere l’idoneità per una coppia omosessuale di adottare un bambini, la presidente di Famiglie arcobaleno sia arrivata a sostenere che anche diciotto genitori andrebbero bene.  E perché non 69? O anche 241. Dal suo punto di vista, statisticamente sarebbero più in grado di fornire “supporto e attenzione” rispetto ai 18…

Se questi sono dunque i criteri per cui un luogo è giudicato idoneo per la crescita di un bambino, allora è facile replicare che anche l’orfanotrofio potrebbe anche essere ritenuto tale, affondando di fatto l’argomento retorico dei sostenitori delle adozioni Lgbt che recita così: “meglio una coppia gay che l’orfanotrofio”.

Se, infatti, non è importante essere genitori biologici, se non è importante il loro sesso, se non è importante il loro orientamento sessuale, se non è importante il loro numero, chi dimostra che i bravissimi e attentissimi tutori dell’orfanotrofio non possano essere in grado di fornire “la responsabilità, la cura, la presenza, il porre limiti e fare coccole, in due parole: supporto e attenzione”?

pesante autogol, ha concluso la sua “risposta” chiedendo la liberazione dei bambini dall’educazione religiosa, che sarebbe superstizione e manipolazione educativa, soprattutto se arriva dalla Chiesa alleata con i dittatori. Di conseguenza, ha attaccato chiunque sia stato educato religiosamente, o segua una religione, accusandolo di essere manipolato e privo di ogni senso critico. Compreso Papa Francesco.

 

Robert Lopez, cresciuto con due lesbiche: “Ora scusatevi”.

Il professore spagnolo Robert Oscar Lopez, cresciuto con genitori omosessuali, ha inviato tramite la “Fondazione Tempi” una lettera di risposta a Le Delfa, censurata però da Lucia Annunziata, direttrice de l’Huffington Post.

ha spiegato di aver avuto la disgrazia di crescere con due mamme lesbiche: «Giuseppina La Delfa potrebbe guardarmi negli occhi e dirmi che non ho perso nulla? Che non ho sofferto nulla? Non avrei nessun diritto io di amare mio padre in quanto mio padre e solo per il fatto che è mio padre?».

già in passato ha descritto le problematiche che ancora si porta dietro. «Vi chiedo di scusarvi con tutti i bambini – con l’umanità nei fatti – per aver affermato questa cosa atroce: ovvero che le persone non hanno il diritto ad un papà e ad una mamma».

 

«I nemici più pericolosi dei gay italiani, spesso, sono i gay stessi<», ha scritto qualche tempo fa Domenico Naso. Soprattutto per i loro ragionamenti, come è ovvio dopo questo ennesimo articolo-autogol di Giuseppina La Delfa.

La redazione

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Anche la teologia è una scienza

Teologia«Una funzione importante della teologia è quella di mantenere la religione legata alla ragione e la ragione alla religione», ha scritto Benedetto XVI al prof. Piergiorgio Odifreddi. «Ambedue le funzioni sono di essenziale importanza per l’umanità. Nel mio dialogo con Habermas ho mostrato che esistono patologie della religione e – non meno pericolose – patologie della ragione. Entrambe hanno bisogno l’una dell’altra, e tenerle continuamente connesse è un importante compito della teologia».

Il professor Piero Benvenuti, docente di Astrofisica all’Università di Padova e direttore del CISAS (Centro Interdipartimentale degli Studi e attività spaziali), ha recentemente riflettuto in modo simile, sottolineando un’altra caratteristica della teologia: «Se per scienza intendiamo un procedere verso la conoscenza della verità, allora sicuramente la teologia è da ascrivere a questa categoria. Vanno però distinti i metodi: la scienza fisica utilizza un metodo ormai codificato che è il metodo appunto scientifico, basato sul dato sperimentale. Tutto ciò che non può essere sperimentato, non può essere trattato con metodo scientifico. Ma questo non esaurisce tutta la realtà, poiché esistono tante entità – per esempio l’amore, l’amicizia, l’onesta… – che ci sono ben presenti ma che non si possono misurare con metodo scientifico. Quindi affermo che la teologia, così come la filosofia, è una scienza che adotta un metodo diverso da quello scientifico. I due metodi possono integrarsi tra loro, lo sbaglio commesso nel passato è stato considerare l’uno o l’altro metodo come esclusivi».

Nell’intervista il prof. Benvenuti ha spiegato che «dallo studio della natura attraverso il metodo scientifico, ci si rende conto che non è mai possibile ottenere una prova ontologica definita» dell’esistenza di Dio. «Ciò detto, ci sono degli indizi che sostengono l’idea di un Creatore, che è tuttavia una libera adesione di fede». Uno di questi indizi, secondo Benvenuti, è la «comunanza di ordine e razionalità che riscontriamo nel cosmo così come nel nostro procedere mentale», che appare «qualcosa di difficilmente spiegabile senza un’unità creativa. Però, ribadisco, si tratta sempre di una libera adesione di fede, poiché si può credere che ciò che ciò sia frutto del caso».

Descrivendo il rapporto storico tra scienza e fede, ha osservato che «nel secolo scorso si apre un importante spiraglio di dialogo, grazie all’avvento della relatività generale e della fisica quantistica. Ci si è resi conti che all’interno della scienza, anche utilizzando il metodo scientifico, ci sono dei limiti alla conoscenza della realtà. Tutto sommato anche lo stesso Galileo Galilei aveva osservato, a suo tempo: “Io rinuncio a tentare di comprendere l’essenza, a capire l’essenza delle cose, mi limito a considerare i fenomeni”. Se da un lato, si ha dunque una svolta da parte della fisica moderna, dall’altro anche la teologia compie dei passi importanti. I documenti del Concilio Vaticano II, in particolare la Dei Verbum, mettono in chiaro in modo molto preciso che tutte le Scritture sono ispirate, ma che quest’ispirazione è funzionale alla nostra salvezza e non alla spiegazione di come è fatto il mondo. Si arriva così ad affermare che le elaborazioni sulle Sacre Scritture sono complementari ai risultati d’ambito scientifico. D’altronde, già san Tommaso d’Aquino aveva fugato ogni contrasto tra scienza e teologia affermando che “la luce della ragione e quella della fede provengono entrambe da Dio” (Summa contra Gentiles). Concetto coerentemente ripreso dalla recente Esortazione apostolica Evangelii Gaudium di papa Francesco in un sottocapitolo che si chiama appunto Dialogo tra la fede, la ragione e le scienze».

La redazione

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La “Marcia per la vita” incoraggiata da Papa Francesco

Marcia per la vita 2014 2Dall’insulto all’indifferenza: così i media hanno cambiato il loro atteggiamento nei confronti della “Marcia per la Vita” (www.marciaperlavita.it), che si è tenuta ieri, nella terza edizione, nelle vie di Roma. 50mila persone, mamme, papà, nonni e tantissimi bambini hanno proclamato il loro amore per la famiglia e per la vita, chiedendone il rispetto dal concepimento fino alla morte naturale.

Arrivati in piazza San Pietro, sono stati salutati da Papa Francesco: «Saluto l’Associazione “Meter”, che da quasi vent’anni lotta contro ogni forma di abuso sui minori. Grazie per il vostro impegno! Come pure i partecipanti alla Marcia per la Vita, che quest’anno ha un carattere internazionale ed ecumenico. A “Meter” e ai partecipanti alla Marcia della Vita tanti auguri e avanti, e lavorare su questo!». Importante la sottolineatura sull’aspetto ecumenico, data la presenza tra i manifestanti di rappresentanti e fedeli della Chiesa ortodossa (tra cui l’ambasciatore Onu, Alexey Komov), di protestanti, evangelici, valdesi ed anche musulmani marocchini. Lo stesso avvenne anche l’anno scorso quando il Pontefice chiese di mantenere viva l’attenzione «sul tema così importante del rispetto per la vita umana sin dal momento del suo concepimento». Oltre ad esponenti politici di Forza Italia, Ncd, Unione di Centro, Lega Nord e Fratelli d’Italia, anche quest’anno ha presenziato il card. Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura Apostolica, così come hanno aderito ufficialmente anche diverse diocesi italiane, come quella di Trani-Barletta-Bisceglie.

Quest’anno Furio Colombo, de “Il Fatto Quotidiano”, non ha (ancora?) parlato di “terrorismo”, così come fece l’anno scorso. Il cattolico sui generis Alberto Melloni, invece, ha scelto un lungimirante silenzio, astenendosi dal scrivere che «con la Chiesa questa marcia ha ben poco a che fare». Anche i sempre poco tolleranti militanti dell’Associazione Luca Coscioni non si sono (ancora?) fatti sentire, strano ma vero. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, si è invece distinto un’altra volta per la sua lontananza etica e morale da Papa Francesco, negando il patrocinio del comune di Roma alla “Marcia per la Vita” e scegliendo di patrocinare, aprendolo personalmente, il Gay Pride del 7 giugno prossimo.

Oltre alle agenzie di stampa, pochi i quotidiani nazionali (molti quelli locali, invece!) si sono occupati dell’evento pro-life. Il Giornale” ha sottolineato la “benedizione” di Papa Bergoglio, considerevole anche il servizio del quotidiano Repubblica, autore di un articolo neutrale e, sopratutto, sincero nei contenuti, corredato da immagini molto belle. Tra i vaticanisti, l’unico a parlare delle 50mila persone è stato l’ottimo Marco Tosatti. Su “La Gazzetta del Sud”Fausto Gasparroni, noto per il bruciante interesse verso gli “intrighi vaticani”, ha tentato il noioso giochino “Papa Francesco vs. Benedetto XVI”, gioendo per il fatto che Bergoglio abbia riservato per i manifestanti solo «uno scarno saluto», perché la difesa dalla vita e della famiglia «non sono i suoi veri cavalli di battaglia, né sono al centro della sua azione di Pontefice». La “Marcia per la Vita” è un’iniziativa locale di fronte al mondo, è ovvio che non vi sia e non vi sarà alcun “appello” del Pontefice, al di là di un saluto e un incoraggiamento. Nessuno si aspettava altro. Rispetto all’importanza di questa tematica per il Papa, Gasparroni dovrebbe essere competente nel suo lavoro ed invece ha dimenticato le parole di Francesco che contraddicono la sua tesi: «La nostra risposta a questa mentalità», ha infatti affermato Papa Bergoglio nel settembre scorso, «è un “sì” deciso e senza tentennamenti alla vita. Per questo l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa». Una “priorità” per la Chiesa, caro Fausto.

Un’altra buona notizia prima di concludere: è nata in Italia una nuova associazione in difesa della vita, fondata all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Il suo nome è “Vita è”, con l’intenzione di raggruppare varie realtà già impegnate in quest’ambito. Numerosi i volontari, medici, giuristi e giornalisti che hanno già aderito.

 

Marcia per la vita 2014

Marcia per la vita 2014 3

Marcia per la vita 2014 5

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Le femministe non riescono a censurare Costanza Miriano

FemministeAlla fine le femministe spagnole non sono riuscite a censurare e a far arrestare la scrittrice Costanza Miriano, il loro nemico numero uno.

Il procuratore di Granada infatti ha archiviato la denuncia di 67 organizzazioni femministe spagnole che -nel nome del laicissimo principio “disapprovo quello che dici ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo”- hanno cercato di far ritirare dalle librerie tutte le copie dello “scandaloso” libro “Casate y sé sumisa” (cioè, “Sposati e sii sottomessa”, bestseller italiano nel 2011), sperando anche di mettere nei guai l’autrice, accusandola di incitamento all’odio verso la donna e alla violenza di genere.

Il libro non solo non ha violato alcuna legge e in «nessun caso è meritevole di sanzione penale», ma -grazie alla pubblicità ricevuta- è diventato uno dei libri più venduti negli ultimi anni. Tanto che, è già stato tradotto e pubblicato anche il secondo volume di Costanza, “Cásate y da la vida por ella” (Sposati e muori per lei), prevalentemente rivolto ai maschietti. Letture divertenti, con diversi aneddoti familiari assieme a consigli per le coppie, in particolare per le donne, per aiutarle nella difficile arte del crescere con gioia e pazienza una famiglia assieme al loro marito. Ovviamente all’interno di uno sguardo cattolico del matrimonio.

Le femministe spagnole hanno bruciato in piazza il libro “scandaloso”, oltre a strapparne copertina e pagine in pubblico (si veda foto). Le femministe italiane, invece, si sono accontentate di insultarla, come hanno fatto Silvia Ragusa, Michela Murgia e tante altre, pubblicando inoltre ridicoli appelli a “non comprare il libro”.

Il “matrimonio cristiano” non ha alcun legame con la donna chiusa in casa dedita alle faccende domestiche, la Chiesa non ha mai promosso tale visione. D’altra parte, la stessa Miriano è madre ma anche donna in carriera come giornalista della Rai. La “sottomissione”, inoltre, non c’entra nulla con il mettere in discussione l’uguaglianza tra uomo e donna, ma piuttosto, ha spiegato la scrittrice, «rinunciare al mio desiderio di voler formattare le persone, di voler imporre la mia visione del mondo a tutti quelli che mi sono intorno. Questa è sempre la tentazione femminile. Credo che il ruolo della donna sia mostrare all’uomo il bene e il bello possibili. Fargli da specchio positivo, dirgli quanto è importante che lui ci sia, e che metta il meglio di sé nell’impresa di costruire una famiglia, educare dei figli. L’uomo tende all’egoismo, e la donna può vincere questa inclinazione negativa dell’uomo non rivendicando, gridando, battendo i pugni, ma mostrandogli la bellezza di un amore totale, del sacrificio del proprio egoismo. La donna può essere come Beatrice per Dante, un anticipo di paradiso, e la casa diventa un luogo bellissimo in cui stare. Questa è la logica cristiana. Fare a gara nello stimarsi a vicenda, avere un pregiudizio positivo nei confronti dell’altro, dirgli: io sto dalla tua parte, mettiamo insieme la nostra siderale diversità, e cerchiamo di donarci la nostra reciproca povertà. Gridare i propri diritti non serve a niente, riconoscere che siamo peccatori, poveri, limitati, fa funzionare l’amore».

«Ho conosciuto delle femministe vere, dure e pure, quelle della prima ora, le madrine della liberazione sessuale e dell’aborto», ha scritto Costanza Miriano. «Altro che donne liberate, emancipate, autonome. Non ho mai visto persone più fragili e spaventate dalla solitudine, soprattutto quando gli anni della giovinezza erano ormai lontani». Le reazioni violente e intolleranti delle femministe della “seconda ora” mostrano che le cose, per loro, non sono affatto cambiate.

La redazione

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Luca Kocci e le solite obiezioni sull’8×000

8x1000Il vaticanista del quotidiano “Il Manifesto” si chiama Luca Kocci, giornale da 9mila lettori. Questi sono rimasti, infatti, gli italiani che ancora acquistano il quotidiano della sinistra estrema e che, ancora, non si vergognano di farsi chiamare, nel 2014, komunisti.

Il 22 aprile scorso, Kocci ha pubblicato due articoli sull’8×1000: Il primo è una significativa valorizzazione di una campagna dell’associazione di atei fondamentalisti UAAR, senza però accennare al fatto che l’UAAR stia tentando da anni di poter accedere come destinataria dell’8×1000, arrivando adautodefinirsi “confessione religiosa”, spiegando che «l’ateismo non potrebbe nemmeno essere distinto dalla religione».

Il secondo articolo è invece dedicato all’utilizzo dell’8×1000 da parte della Chiesa cattolica, dove sono contenute alcune informazioni interpretate in modo discutibile. La principale è che la Chiesa utilizzi solo il 23% del ricavato dell’8×1000 agli “interventi caritativi”, mentre il resto venga impiegato per “l’edilizia di culto”, “la pastorale e la catechesi” e “per gli stipendi dei preti”. L’accusa di Kocci è comunque anche verso le altre Chiese, come quella luterana e le comunità ebraiche, che “destinano una piccola parte alle attività missionarie”. Battisti, avventisti e Chiesa apostolica, invece, «inciampano sulla trasparenza».

Si passa poi, prevedibilmente, ad accusare il sistema stesso dell’8×1000: per chi non sceglie nessuno dei destinatari disponibili (cattolici, valdesi, metodisti, luterani, battisti, avventisti del settimo giorno, ortodossi, ebrei, pentecostali, buddhisti, induisti e lo Stato), la sua quota viene attribuita in proporzione alle scelte espresse dagli altri. Dato che la maggioranza dei firmatari (45% degli italiani) sceglie la Chiesa cattolica, la maggior ripartizione andrà a quest’ultima. I Radicali hanno cercato di cambiare il sistema non riuscendo però a raccogliere firme sufficienti per far approvare un referendum, agli italiani dunque va bene così. Ricordiamo, inoltre, che non c’è nessuna garanzia che i firmatari scelgano la Chiesa cattolica, la quale aveva più garanzie prima del Concordato del 1984, quando i sacerdoti privi di altri redditi ricevevano dallo Stato il cosiddetto “assegno di congrua”. Garanzie a cui la CEI ha rinunciato, in accordo con lo Stato, rimettendosi alla volontà degli italiani.

Entrando nel merito delle solite accuse, sarebbe utile che il “Il Manifesto” rivelasse innanzitutto come vengono usati i 3 milioni di contributi pubblici che riceve dallo Stato, dato che è improbabile che vengano investiti tutti (senza successo, oltretutto) in un quotidiano moribondo, già vittima di liquidazione coatta da parte del governo. E, se non fosse così, dovrebbe spiegare come mai l’organo di informazione del comunismo italiano -sempre in prima linea per i diritti dei più poveri, quando ci sono le telecamere- non abbia mai pensato ad aiutare concretamente ed economicamente i più sfortunati. Ad esempio attraverso una fondazione legata al quotidiano. Infine, sarebbe interessante se il vaticanista ci dicesse se ritiene giusto che tutti i cittadini, interessati o no al “Manifesto”, debbano essere obbligati a finanziare l’estremismo comunista attraverso le loro tasse.

In secondo luogo, Kocci non si è accorto che le parole del vicepresidente degli induisti italiani, da lui citate, hanno rilevato l’errore nella sua lettura dei dati: «destinare fondi alla costruzione di un tempio significa mettere in moto le attività che vi si svolgono, di culto ma anche sociali e assistenziali», ha spiegato l’induista. Lo stesso vale per la Chiesa cattolica e le altre realtà religiose, come abbiamo già spiegato. Infatti, lo stipendio al missionario che ispira e anima un progetto di carità, nella rendicontazione dell’8×1000, finisce sotto la voce“sostentamento del clero”. Allo stesso modo, le mense, i centri di ascolto, le case d’accoglienza, gli immobili a servizio della carità ecc., finiscono sotto la voce “edilizia di culto e pastorale”. Dunque, l’investimento negli “interventi caritativi”, non è tutto quello che appare sotto la diretta voce della rendicontazione.

Anche quest’anno destiniamo l’8×1000 alla Chiesa cattolica e invitiamo tutti a fare altrettanto, credenti e non. E’ l’unico destinatario sufficientemente attrezzato e radicato sul territorio per permettere davvero che questi soldi siano utilizzati nel modo più efficace possibile. Ognuno è osservatore di quanto faccia la Chiesa, attraverso la Caritas e la parrocchia, nel quartiere dove abita. Se non ci credete, chiedetelo a loro.

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La scuola respinge i libretti dell’Unar sull’ideologia del gender

ScuolaIn una recente intervista Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, ha confermato di aver messo una pietra tombale sull’inserimento dell’educazione Lgbt nelle scuole tramite i famosi opuscoli “Educare alla diversità a scuola”, pagati 25mila euro e realizzati dall’Istituto A. T. Beck su mandato dell’Unar, l'”Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali“, nato in Italia nel 2003.

«Per le parti che mi sono state fatte leggere sulla famiglia», ha spiegato, «mi sembravano fuori contesto, nulla a che fare con l’Italia». Infatti, dopo mesi di pressanti e preoccupate richieste da parte delle associazioni dei genitori, finalmente una circolare del Ministero dell’Istruzione ha bloccato la loro diffusione nelle classi.

Una piccola vittoria per salvaguardare i nostri bambini dall’ideologia del gender, la grande menzogna che sarebbe possibile scegliere se essere uomo o donna, indipendentemente dal fatto che si è maschio o femmina. I teorici di questa bufala vorrebbero sadicamente instillare nei bambini la confusione verso la loro identità, non a caso -secondo la medicina ufficiale-, chi vive queste convinzioni soffre del disturbo dell’identità di genere (DIG).

Un’iniziativa autonoma dell’Unar, nata dal fatto che, come ha rivelato Marco Mori, presidente di Arcigay Milano, le scuole hanno presentato «pochissime richieste» di ricevere i “kit didattici” pro-omosessualità. Così la decisione imporli attraverso l’Unar, tanto che il viceministro alle Pari opportunità, Cecilia Guerra, non solo si è dissociata dall’iniziativa ma ha anche inviato una nota di demerito al direttore Marco De Giorgi. In ogni caso, la propaganda Lgbt è stata bloccata, lo ha riferito il direttore generale del Dipartimento per l’Istruzione del Miur, Giovanna Boda, il quale ha anche dato conto di una lettera ufficiale di scuse ricevuta dall’Unar per aver portato avanti il progetto senza condividerlo con il Ministero, come denunciato tempo fa dal sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi.

«Siamo soddisfatti del risultato ottenuto ma non ci fermiamo qui», ha commentato il coordinatore del Fonags (Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola), Roberto Gontero, che il 23 aprile ha incontrato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, chiedendole «di emanare una circolare che renda obbligatorio, per le scuole, ottenere il consenso scritto dei genitori circa la partecipazione dei propri figli a iniziative su temi sensibili come la sessualità, l’omosessualità e la lotta alla discriminazione». Anche le associazioni Lgbt hanno chiesto di incontrare il ministro Giannini, incontro che però non è stato ritenuto urgente tanto che una nota ha precisato che il «confronto prioritario sarà innanzitutto con il forum degli studenti e dei genitori».

L’Arcigay ha ripiegato distribuendo dei volantini nelle scuole (in questo caso all’Istituto Superiore Cattaneo-Dall’Aglio di Castelnovo Monti, di Reggio Emilia) dove vengono insegnate agli adolescenti pratiche omoerotiche esplicite, descritte con linguaggio scurrile. Una reazione infantile, altamente preoccupante. Speriamo che i genitori sappiano reagire con coraggio.

In ogni caso, per questa vittoria verso la salute e il benessere dei bambini occorre ringraziare in particolare le associazioni di genitori (come Fonags e il Forum Famiglie), il quotidiano “Avvenire” e il card. Angelo Bagnasco, intervenuto personalmente nella vicenda, il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, il sito web La Nuova Bussola Quotidiana, che tramite i Giuristi per la Vita ha anche diffidato ufficialmente l’Unar, e i vari parlamentari che si sono interessati a questo caso.

In questi giorni abbiamo parlato di un secondo tentativo di introdurre l’educazione omosessuale nelle scuole, questa volta attraverso il romanzo pornografico di Melania Mazzucco (qui la denuncia nei confronti degli insegnanti). Nell’audio-video la contrarietà perfino di Giuseppe Cruciani, noto sostenitore -anche se privo di argomentazioni valide- delle  istanze Lgbt.

 

Qui sotto l’audio-video da “La Zanzara” del 30/04/14

La redazione

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