Cristianofobia occidentale: maggio-settembre 2014

FemenProsegue il nostro aggiornamento bimestrale (in questo caso trimestrale) dell’intolleranza laicista nei confronti dei cattolici occidentali, ovviamente in nome della proclamata tolleranza laica. Riteniamo che il laicismo sia il terrorismo occidentale (o cristianofobia occidentale) nei confronti dei cristiani, fortunatamente non arriva all’eliminazione fisica ma si mostra spesso come censura, intolleranza, violenza intellettuale e denigrazione. Nonostante la lunga pausa estiva, siamo riusciti comunque a raccogliere qualche notizia abbastanza preoccupante.

Francia. Il tribunale penale di Parigi ha assolto le nove “Femen” che il 12/02/13 avevano fatto irruzione nella cattedrale di Notre Dame (come al solito a seno nudo, al grido ritmato di “mai più Papa!”), scagliandosi con dei bastoni contro un’antica campana coperta di lamina d’oro, esposta in occasione degli ottocentocinquant’anni della cattedrale. Inoltre, i guardiani della cattedrale che avevano tentato di fermarle sono stati condannati a varie ammende, dai trecento ai mille euro, perché avrebbero usato modi troppo spicci. La cosa ancora più paradossale è che invece pochi giorni dopo la sentenza, due donne sono state condannate in Francia a nove mesi di prigione (per incitamento all’odio, alla violenza e alla discriminazione in ragione dell’appartenenza a una religione) per aver profanato una moschea a Mayotte, deponendo davanti all’entrata del luogo di culto la testa di un maiale.

Italia. Andrea Aquilino, attivista del Movimento 5 stelle (ex candidato M5S alla Regione Lazio nel 2013) è stato espulso dal partito perché cattolico. «Espulso a mia insaputa», ha spiegato. «Reato: rifiuto di abiurare la propria fede cattolica ed i principi di democrazia diretta dal basso per abbracciare il “fondamentalismo a 5 stelle”». Aquilino infatti è stato accusato per aver preso le distanze dal ddl Scalfarotto sull’omofobia e dal famigerato bacio omosessuale in aula degli eletti M5S in Parlamento.

Italia. In un condominio di Milano è comparso un nuovo divieto: «Vietato pregare nei cortili». Due mamme, un’imprenditrice e madre di due bambini e un’altra madre di cinque figli, hanno infatti avuto l’idea di rigenerare la tradizione del rosario nei cortili nel mese di maggio, il mese della Madonna dato che il condominio è sorge attorno a un piccolo santuario della Vergine. Alcuni condomini però non l’hanno presa bene: «È un gesto che rischia di offendere gli atei o coloro che appartengono ad altre religioni», hanno detto. Le mamme si dicono dispiaciute: «Il nostro, al contrario, era un gesto di pace e distensione. Chi lo riteneva, tra l’altro, avrebbe potuto tranquillamente ignorarci». Hanno comunque deciso di ritrovarsi nella casa di una delle due con gli altri condomini. «Recitiamo il rosario, i bambini lo sussurrano, e alla fine mangiamo dei biscotti e ci salutiamo».

La redazione

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Papa Francesco, Richard Dawkins e il rispetto della vita

Papa francesco crociNell’agosto scorso due notizie hanno avuto molta diffusione sul web. Interessanti poiché, per chi ha occhi per vedere, mettono a confronto due visioni opposte della vita di due “rappresentanti” di un approccio alla realtà.

Il primo è Richard Dawkins, una nostra vecchia conoscenza: il cosiddetto “principe dell’ateismo”, un anziano signore con il pallino della scienza che crede che la religione sia un virus mentale e ha passato gli ultimi trent’anni a cercarne un antidoto. Oggi è un personaggio imbarazzante per gli attivisti laicisti a causa della sua volgarità e del sessismo che frequentemente crea infinite divisioni tra i suoi fans. «E’ segno di civilizzazione abortire i feti con Sindrome di Down», ha scritto su Twitter. Rispondendo ad una donna che parlava di “dilemma” il fatto di portare in grembo un bambino affetto dalla sindrome, Dawkins ha risposto: «Abortisci e ritenta. Sarebbe immorale metterlo al mondo, visto che hai la possibilità di evitarlo». Perfino il quotidiano “Repubblica” ha commentato parlando di “eugenetica”.

Dall’altra parte Papa Francesco, un altro “rappresentante” di un’altra modalità di concepire la nostra esistenza. Nel suo bellissimo viaggio apostolico in Corea del Sud ha voluto fermarsi in preghiera presso un cimitero di feti abortiti. Dopo essersi congedato dai disabili e dai loro assistenti incontrati nella vicina “House oh Hope” a Kkottongnae, ha visitato questo campo di croci bianche, salutando una rappresentanza degli attivisti “Pro-life” coreani. Nella sua Esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, il Pontefice aveva ricordato che tra i «deboli di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo».

Da una parte chi vuole togliere e negare la dignità umana, dall’altra invece chi vuole difenderla e valorizzarla. Da una parte il cosiddetto “principe dei senza Dio” e dall’altra il “principe dei grati a Dio”. Due esistenze differenti, due concezioni della vita diverse. Un cuore marcio e un cuore grato.

La redazione

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Miracolo di San Gennaro: il Cicap è già stato smentito

San Gennaro e il Cicap. Il biologo Giuseppe Geraci e il fisico Guido Trombetti hanno mostrato che nell’ampolla c’è sangue umano e non una sostanza tissotropica.

 

Quello della liquefazione del sangue di San Gennaro non è mai stato considerato “miracolo” da parte della Chiesa cattolica, qualcuno ha parlato piuttosto di “prodigio”. In uno specifico dossier abbiamo descritto le diverse analisi scientifiche verso tale fenomeno.

Recentemente il prodigio si è verificato nuovamente e su “Blastingnews.com” è stato pubblicato un articolo in cui è stata sintetizzata la vicenda storica. Si spiega, erratamente, che il Cicap (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), guidato dal chimico Luigi Garlaschelli, noto in particolare per la realizzazione della Seconda Sindone (rivelatasi in realtà una conferma dell’impossibilità di replicare l’immagine sindonica), avrebbe elaborato nel 1991 una prova scientifica su come sia possibile ottenere uno scioglimento simile a quello del miracolo di San Gennaro, affermando che nelle ampolle vi sarebbe una sostanza tissotropica e non sangue umano.

Peccato che l’articolo non parli della figuraccia che fecero i responsabili del Cicap quando, durante la presentazione delle loro conclusioni sul prodigio, il prof. Giuseppe Geraci, docente di Biologia molecolare e studioso di fama internazionale, intervenne pubblicamente smontando una ad una le loro tesi e, sopratutto, confutando l’ipotesi della tissotropia. Tanto che lo stesso Garlaschelli ha dovuto riconoscere i limiti del suo studio.

Nel febbraio 2010 proprio il prof. Geraci, assieme ai suoi colleghi del dipartimento di Biologia Molecolare dell’Universita’ Federico II di Napoli, hanno dimostrato che nell’ampolla contenuta nel Duomo di Napoli vi è certamente sangue umano (grazie allo spettro dell’emoglobina). Lo ha ben spiegato anche in questo video. «Quello che non sappiamo», ha affermato, «è in base a quali circostanze il sangue dell’ampolla di San Gennaro passa da solido a liquido e viceversa». Il prof. Guido Trombetti, accademico di prestigio internazionale, titolare del corso di Analisi Matematica I e II per il corso di laurea in Fisica, ha confermato il lavoro del prof. Geraci: «nella teca custodita in cattedrale vi è certamente sangue umano. Perché il 19 settembre di ogni anno, agitando la teca, il sangue ivi racchiuso possa sciogliersi nessuno sa dirlo. Neanche gli esperimenti di Geraci».

Questo è quello che bisogna dire quando si vuole parlare dell’approccio scientifico al fenomeno della liquefazione del sangue di San Gennaro. Il Cicap, invece, non c’entra nulla dato che, ancora una volta, ha fallito i suoi faziosi tentativi. Nel 2008 il cardinale Crescenzio Sepe ha espresso nuovamente il desiderio di porre il prodigio del Santo all’attenzione di esperti internazionali, in modo da far luce su una questione che da sempre ha suscitato curiosità, fede e polemiche.

La redazione

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L’ipocrisia sul suicidio: se è un atto di libertà perché va prevenuto?

Suicidio assistitoIl 4/09 scorso il quotidiano “Repubblica” ha pubblicato un articolo sull’allarme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) verso l’aumento del numero di suicidi nel mondo.

Secondo i dati più recenti, almeno 800mila persone si tolgono la vita ogni anno, un suicidio ogni 40 secondi, la seconda principale causa di morte nella fascia di età 15-29 anni. Lo studio è stato realizzato in vista della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, svoltasi il 10 e 11 settembre. L’OMS ha fatto dunque appello ai singoli Paesi perché elaborino piani di azione coordinati, poiché «la prevenzione del suicidio è un imperativo». Secondo i ricercatori, queste tragedie sarebbero “prevenibili” grazie a ricerche finalizzate ad «accrescere la presa di coscienza sul fenomeno e chiarire la posta in gioco».

Dall’articolo si rileva che sono sei i paesi europei che rientrano tra i primi 20 in assoluti più toccati dal fenomeno, con tassi di suicidio che vanno dal 35,5 ogni 100 mila della Bielorussia al 14,2 del Belgio. Molto più basse le cifre nei paesi a tradizione cattolica come l’Italia (4,7) e la Spagna (1). Quest’ultimo dato conferma, come abbiamo notato più volte, il fatto che il suicidio è frutto diretto di una solitudine esistenziale, di una noia del vivere, di una mancanza del senso delle cose, caratteristica comune delle società più secolarizzate.

Il fattore più curioso è però l’ipocrisia e la contraddizione delle nostre società e dei nostri quotidiani che, da un lato sono allarmati per l’aumento e per i numeri del suicidio, e dall’altro spingono affinché esso venga concepito come diritto. Ma se non si possono limitare i diritti perché si potrebbe prevenirli? Da una parte Umberto Veronesi consigli  chi non ha più voglia di vivere di «procurarsi una corda o di aprire una finestra: non c’è altra soluzione legittima o accettabile» e dall’altra si creano giornate mondiali per la prevenzione del suicidio.

Nella civiltà del benessere, della laicità, del raggiungimento delle libertà individuali, della moda dei diritti, della dittatura del desiderio…il suicidio diventa uno dei maggiori problemi di salute pubblica. Allora si corre alle strategie di prevenzione ma contemporaneamente si approva pubblicamente ed eticamente l’eutanasia per chi non ha più voglia di vivere e si celebrano gli aspiranti suicidi come coraggiosi paladini della libertà. Schizofrenia?

La redazione

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Caro Remo Bodei, il bisogno di Dio è un alleato della ragione

Remo BodeiNei libri di Remo Bodei, filosofo laico, sorprendentemente il bisogno di Dio. Una profonda esplicitazione del senso religioso, mostrandosi però scettico sulla possibilità di una risposta. Ma l’uso corretto della ragione è un alleato del cammino verso la verità.

 

Il prof. Remo Bodei è un importante filosofo italiano, i cui pensieri sono spesso di grande stimolo per noi a motivo della loro profondità. Il suo punto di vista è quello di un laico, non ideologicamente chiuso o infantilmente impegnato nella lotta alle religioni, ma ricco di umanità e attento alle dinamiche umane. Forse per questo, come ha scritto nel suo “I senza Dio” (Morcelliana 2001), lascia la porta aperta alla fede la quale potrebbe davvero essere «quella porta stretta attraverso cui passare per trovare un significato all’intollerabile», ovvero l’esistenza del dolore, dell’ingiustizia e della sofferenza nel mondo (p. 81).

E’ da lui firmato un articolo apparso sul “Sole24ore” del 7/09/14, intitolato Un Bene che acceca. Prendendo spunto dal mito della caverna presentato da Platone nella Repubblica, il filosofo si domanda -parafrasando l’evangelista Giovanni- perché gli uomini preferiscono le tenebre, «ambiscono a surrogati del bene (piacere, ricchezza, potere, gloria, onore) invece di abbandonarsi a una felicità più alta?». Per poi aggiungere: «E’ vero che anche inseguendo questi simulacri avvertiamo talvolta la nostalgia di un bene più pieno. Sentiamo che qualcosa ci manca, che ogni soddisfazione è insatura e momentanea, che persino le nostre fantasie, i nostri desideri i nostri sogni sono calamitati dalla premonizione di un bene infinito, che si manifesta come sordo bisogno di trovare un centro di gravità intellettuale ed emotivo, che ci sottragga all’esistenza dolorosa o insipida».

Ecco esplicitato, anche in un autore e pensatore laico, il cosiddetto “senso religioso”, cioè la percezione della mancanza di un bene più grande, di una soddisfazione completa, in poche parole della tensione verso l’infinito. L’articolo di Bodei intende giustamente criticare il fenomeno per cui questo «bisogno di credere all’assoluto attrae gli animi e li fa ruotare attorno al sole carismatico di un capo che spaccia le sue opinioni per verità inconfutabili». La soluzione, secondo lui, è «trovare una mediazione tra l’oscurità delle opinioni degli abitanti della caverna e la solare luminosità di chi cerca il vero. I modelli dogmatici o totalitari predicano o impongono dall’alto ideologie contrabbandate come verità, ma non possono giustificare la libertà e le opinioni dei cittadini». Bodei si dimostra dunque scettico sul fatto che chi percepisce questo “bisogno di credere nell’assoluto” possa allo stesso tempo orientarsi in modo corretto verso la risposta.

Innanzitutto bisogna domandarsi da dove nasce questo bisogno di credere all’assoluto. E’ un’invenzione umana o sociologica? E’ genetica o naturale? La tensione verso l’infinito è il nostro io, l’uomo consiste in questa domanda di compiutezza, originale (ce la troviamo dentro) ed inestirpabile. E’ vero che tanti uomini non censurano questo grido interiore e si affidano a personalità carismatiche che pretendono di avere una risposta totale. Allo stesso modo probabilmente molti lettori di Bodei acquistano i suoi libri sperando che il rinomato filosofo, attraverso le sue parole, illumini finalmente la loro vita.

Il problema però non sono i modelli dogmatici o totalitari, i capi carismatici o gli intellettuali, ma l’uso della ragione dei singoli uomini, e la ragione è la capacità dell’uomo di essere auto-cosciente. Infatti, soltanto chi è consapevole della sua originale tensione verso l’infinito non si farà abbindolare, non rimarrà accecato dal primo capo carismatico che passa, solo chi non vive distratto dalla sua auto-coscienza riuscirà a giudicare qual è la strada che più avvicina all’infinito. Gesù Cristo si è posto nel mondo scommettendo sulla libertà degli uomini: “Venite e vedrete” (Gv 1, 35-42) sono state le prime parole del suo ministero pubblico dette ai suoi primi due discepoli. E’ la sintesi del metodo cristiano: vieni e sperimenta da te stesso se quella tensione all’infinito che ti ho dato dall’origine è una fregatura, se quella domanda di bene è una fregatura o è davvero l’inizio del compimento della tua vita. E oggi la Chiesa dice lo stesso ad ogni uomo che cercano il vero: “Vieni e sperimenta da te stesso”. Il cristianesimo è una proposta non una imposizione, come ha spiegato Papa Francesco: «Se non troveranno disponibilità ad accoglierlo, si proceda oltre, si vada avanti. Gesù non impone mai, Gesù è umile, Gesù invita. Se tu vuoi, vieni. L’umiltà di Gesù è così: Lui invita sempre, non impone».

Soltanto uomini coscienti del grido della loro umanità, cioè uomini ragionevoli, sapranno non farsi abbindolare. Chi nega il senso religioso, al contrario, nega la sua umanità e non usa a fondo la sua ragione (cioè l’auto-coscienza).

La redazione</p””>

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I lettori de “Il Fatto Quotidiano” votano contro le adozioni gay

Fatto quotidianoE’ di qualche giorno fa la notizia che l’Alta Corte francese si è opposta alla richiesta di due donne omosessuali di poter accedere alla fecondazione assistita, restringendo (come fece il governo francese qualche mese fa) l’adattabilità solo alle coppie composte da un uomo e una donna.

Una sentenza che farà piacere sopratutto ai lettori de “Il Fatto Quotidiano”, dato che recentemente si sono dimostrati molto più maturi dei giornalisti opinionisti del quotidiano di Padellaro. Sono infatti ossessivi gli appelli sulle pagine e sul sito web del “Fatto” allo scardinamento della famiglia e dei diritti dei bambini per inseguire utopici capricci (definiti da qualche anno addirittura “diritti”). Ad esempio Bruno Tinti recentemente ha titolato: «Le adozioni gay sono legittime, rassegnatevi» (a chi si rivolgeva? Ai futuri bambini a cui verranno negati un padre e una madre?).

Eppure i suoi lettori, e i lettori de “Il Fatto” in generale, non sembrano affatto rassegnati dato che rispondendo ad un sondaggio hanno affermato in netta maggioranza (66%) di essere contrari alle adozioni gay. Di questi, il 49% ritiene che “l’educazione di un un figlio richiede un padre e una madre”, il 12% è contrario ma favorevole alle unioni civili fra omosessuali, mentre il 6% è contrario ma favorevole ai matrimoni fra omosessuali. Soltanto il 34% è favorevole alle adozioni gay (un responso simile a quello apparso più volte sul sito web del “Corriere della Sera”).

sondaggio fatto quotidiano

 

Il sondaggio è stato aperto il 15 settembre e fino ad ora (01/10/14) hanno votato più di 3000 persone. Ora certamente ci sarà la gara per modificarne l’esito, che comunque appare decisamente chiaro. Tuttavia non può essere definito un sondaggio attendibile, piuttosto un’indicazione. Guarda caso i risultati assomigliano a quelli rilevati dalla recente inchiesta del Censis (“Diventare genitori oggi”, realizzata in collaborazione con la Fondazione Ibsa) nella quale si rileva che solo il 29% degli italiani è d’accordo con le adozioni per persone dello stesso sesso. Inoltre, solo 4 italiani su 10 sono favorevoli alla fecondazione eterologa e solo il 14% concorda con la maternità surrogata (il cosiddetto “utero in affitto”). Notizie rassicuranti. Nonostante la pressante campagna mediatica, gli italiani ancora ragionano.

La redazione

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UCCR e le altre realtà cattoliche sul web…

Logo UCCE + scritta 3Fin dalla nostra nascita, nel febbraio 2011, ci siamo concepiti come una delle tante voci in un coro di realtà cattoliche presenti nel web. Una rete di amicizia virtuale con diversi blog e siti web, i cui autori condividono con noi la gioia della fede, il desiderio di annunciare al mondo la bellezza del cristianesimo e la responsabilità di saper rendere pubblicamente ragione della speranza che è noi.

In questi anni abbiamo visto nascere altri portali ed alcuni si sono ispirati a noi, altri li abbiamo visti purtroppo chiudere, altri si sono ingranditi e altri hanno perso un po’ lucidità. Nel riprendere la nostra attività dopo la lunghissima vacanza che ci siamo presi (dovuta anche agli impegni personali dei nostri collaboratori, tra matrimoni, lauree, vacanze ecc.), desideriamo segnalare le realtà cattoliche presenti sul web che sentiamo più vicine come tipo di testimonianza. Ne esistono tante altre che svolgono un ottimo lavoro e che preferiscono essere presenti in forme differenti, sono utilissime e preziose ma l’elenco sarebbe lunghissimo se comprendessimo anche loro.

Prima però vorremmo ricordare che UCCR è presente anche su Facebook attraverso una pagina ufficiale e un gruppo, nei quali segnaliamo ogni giorno notizie importanti, ma che per scelte redazionali non trovano spazio su questo sito (nel gruppo si può anche dialogare con un amministratore e si possono segnalare notizie). UCCR è presente anche su Twitter, profilo che si aggiorna anch’esso quotidianamente e su Youtube (con video inediti, aggiornato più raramente). E’ possibile anche iscriversi alla nostra Newsletter (inserendo il vostro indirizzo e-mail nell’apposito spazio in home-page), che verrà inviata una volta alla settimana con le notizie pubblicate sul sito web e i principali discorsi di Papa Francesco. Chi lo desidera, infine, può sostenere il nostro lavoro tramite una libera donazione.

 

Ecco l’elenco di blog e i siti web che consigliamo vivamente ai nostri lettori:

  • Avvenire, principale voce cattolica italiana, consigliamo anche l’abbonamento cartaceo.
  • Tempi, settimanale molto interessante con un sito web aggiornato costantemente.
  • ProlifeNews, portale ricco di informazioni rivolte alla difesa della vita e della famiglia.
  • Il blog di Giuliano Guzzo, blog personale del sociologo Giuliano, amico e collaboratore di UCCR.
  • “Aleteia”, portale collegato ad una vasta rete internazionale, aggiornato e ricco di notizie.
  • Amici Domenicani, sito web in cui padre Angelo Bellon risponde a domande legate alla vita cristiana.
  • il blog di Mario Adinolfi, blog personale del noto intellettuale che sta svegliando tantissime coscienze in difesa della famiglia, sopratutto nell’area politica legata al centrosinistra (consigliamo vivamente anche la pagina “Voglio la mamma”, dedicata al suo nuovo libro e ai circoli culturali e di sensibilizzazione sociale nati attorno ad esso).
  • Formiche, interessante portale di analisi e commenti della realtà politica e sociale italiana.
  • Zenit, agenzia italiana con notizie italiane e internazionale sulla vita del Papa e della Chiesa.
  • Il Sussidiario, quotidiano online con notizie e riflessioni di importanti collaboratori sull’attualità.

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Otto validi motivi contro la legge sull’omofobia

legge omofobiaIl professore emerito di Diritto Penale all’Università Firenze, Ferrando Mantovani, è intervenuto nel dibattito sul ddl Scalfarotto contro l’omofobia, che prevede la reclusione per chi «istiga a commettere o commette atti di discriminazione» fondati sull’omofobia o sulla transfobia. Il prof. Mantovani ha bocciato la legge anti-omofobia per 8 motivi, ben ponderati ed esposti con chiarezza.

 

A) NON NECESSARIA: ha inizialmente osservato che «la proposta di legge è ritenuta da più parti, e non a torto, non strettamente necessaria, essendo sufficiente a tutelare ogni persona contro i deprecabili atti di violenza, di offesa, di discriminazione per ragioni di orientamento sessuale, il ricco armamentario penale dei delitti di percosse, di lesioni, di omicidio, di minacce, di violenza privata, di atti persecutori, di maltrattamenti, di ingiuria, di diffamazione, di discriminazione, in particolare in materia di occupazione e di condizioni di lavoro; tutte aggravate dalla circostanza dei motivi “abietti”, di cui all’art. 61 n.1 c.p.».

B) SI BASA SU ELEMENTI EMOZIONALI: Inoltre, «tale proposta di legge presenta un’inquietante intrinseca pericolosità, quale vulnus ad irrinunciabili principi di civiltà giuridica, in quanto incentrata non su elementi costitutivi di tipo descrittivo o naturalistico, facenti riferimento a realtà individuabili con sufficiente sicurezza. Bensì su elementi costitutivi di natura emozionale, quali l’”omofobia” e la “transfobia”, come tali del tutto vaghi, indeterminati e indeterminabili nella loro portata applicativa; nonché sulla indeterminatezza del concetto di “discriminazione”».

C) TROPPA DISCREZIONALITA’ DEL GIUDICE: è anche a lui evidente che «la suddetta proposta di legge apre, conseguentemente, spazi estremamente ampi alla discrezionalità del giudice e ai suoi possibili soggettivismi (personologici, ideologici, caratteriali), e a possibili decisioni giurisprudenziali opposte: in violazione dei principi, costituzionalizzati, di legalità-tassatività e di eguaglianza del cittadino di fronte alla legge. E particolari inquietudini hanno già sollevato le applicazioni dell’art. 3/1a della l. n. 654/1975 da parte della stessa Corte di cassazione nelle due sentenze della Sez. I, n. 47984 del 22/11/201, e della Sez. IV, n. 41819, del 10/7/2009 (1)».

D) INTRODUCE IL REATO D’OPINIONE: Ci sono inoltre rischi che «il prevedibile esito della proposta di legge (se approvata), stante la sua indeterminatezza, sia quello di perseguire penalmente, in quanto atti di discriminazione fondati sulla omofobia, anche il sostenere l’inammissibilità del matrimonio omosessuale, l’esigenza dei bambini di avere un padre e una madre, il divieto di adozione di bambini da parte delle coppie omosessuali, il formulare giudizi di disvalore degli atti omosessuali sulla base delle Sacre Scritture, della Tradizione della Chiesa cattolica e del pensiero di altre religioni; il semplice citare pubblicamente passi evangelici sulla sodomia; il dibattere se l’orientamento sessuale sia modificabile o immodificabile e se la modificazione sia un’affermazione scientificamente fallace o meno; l’applicare a persone omosessuali, che liberamente lo richiedano, le c.d. terapie riparative per correggere l’orientamento sessuale o considerare meritevole di aiuto il disagio esistenziale di cui soffrono certi omosessuali. Con la conseguente violazione dei diritti, costituzionalizzati, della libertà di manifestazione del pensiero, della libertà religiosa e della libertà di educazione dei genitori verso i figli, comprendente anche l’educazione sessuale».

E) INCENTIVA LA STESSA OMOFOBIA: l’omofobia, ha anche osservato l’emerito giurista, «viene non contrastata, ma incentivata, e nel modo peggiore, con gli atteggiamenti di vituperio, di intimidazione, di arrogante intolleranza, di minacce o di attivazione di azioni penali verso i pensieri divergenti, di cui si ha un crescente sentore; anziché favorito attraverso un confronto ed una discussione, senza forzature, e la proposizione di modelli educativi ispirati al rispetto di ogni persona come tale, a prescindere dagli orientamenti sessuali».

F) HA UNA FUNZIONE MORALIZZANTE: esiste anche uno scopo ideologico: «non ci troviamo di fronte ad un “diritto penale conservativo”, di tutela di specifici beni giuridici, ma ad un “diritto penale propulsivo”, usato cioè come strumento per l’imposizione da una diversa visione sociale, per creare nuova sensibilità, con una funzione c.d. di moralizzazione; finalità che sono state sempre stigmatizzate dalla dottrina penalistica liberaldemocratica e laica».

G) E’ CONTROPRODUTTIVA: inoltre viene osservata la sua inutilità e controproduttività, «perché è quanto mai dubbia l’effettività generalpreventiva di una tale legge, come attestano i periodici ed infruttuosi inasprimenti sanzionatori in materia di violenze sessuali, di pedoprostituzione, di pedopornografia, di atti persecutori, di omicidi e di lesioni personali, causati da gelosia o da utenti della strada sotto l’effetto di sostanze stupefacenti od alcoliche, e più in generale la ininterrotta ed infruttuosa produzione legislativa penale», in quanto «esiste un rapporto di proporzione inversa tra condotta antisociale e validi controlli sociali, nel senso che il numero di coloro che pervengono al delitto cresce col decrescere di tali sistemi normativi di controllo».

 

Di fronte a comportamenti anti-sociali come l’omofobia, qualora esista veramente, la vera alternativa è «ripristinare il primario sistema dei controlli socio-culturali, sostituendo all’attuale sistema di disvalori criminogeni un sistema di valore anticrimine, incentrato non più sulla degenerazione della “cultura dei diritti” nella “caricatura dei diritti propri”, tendenzialmente illimitati, ma sulla conversione della cultura dei diritti anche nella “cultura dei doveri”, volta a fare emergere nell’uomo la parte migliore e non la peggiore. Operazione che richiede una profonda inversione culturale, assai improbabile finché persiste la diffusa e nichilistica “inappetenza per ogni sistema di valori”». Oppure la rassegnazione ma accompagnata comunque dall’auspicio del «riposo del legislatore, preferibile ad un legiferare frenetico e scomposto, ideologico e nichilistico, frutto di una persistente confusione tra l’”agire” e l’”agitarsi”».

La redazione

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Eutanasia al Gemelli? E’ una bufala de “Il Fatto Quotidiano”

Fatto quotidiano“Il Fatto Quotidiano” e i Radicali ci hanno provato ancora: manipolare la realtà e l’informazione per instillare precisi ragionamenti, ingannando i cittadini italiani al fine di sponsorizzare leggi contro la dignità della vita e in favore della “cultura dello scarto”.

Tutto parte quando la giornalista Silvia D’Onghia de “Il Fatto Quotidiano” decide di sintetizzare una video-intervista che il professor Mario Sabatelli, neurologo responsabile del centro SLA del Policlinico universitario Gemelli di Roma, ha rilasciato all’associazione “Viva la Vita onlus”. Sabatelli è stato scelto apposta in quanto è medico del cosiddetto “ospedale del Papa”, non a caso nell’articolo più volte si precisa che tutto si svolge in un “ospedale cattolico”. Sotto il titolo, Eutanasia, neurologo Gemelli: «I miei pazienti possono scegliere di morire»”, la foto-simbolo di Eluana Englaro, anche se non era né terminale né tanto meno malata di Sla. L’articolo cita alcuni selezionati stralci del discorso del prof. Sabatelli dove afferma di aver interrotto la terapia di sostegno a un paziente tracheostomizzato, accanto a commenti ben direzionati da parte della giornalista.

Il giorno dopo alcuni quotidiani hanno ripreso la vicenda e immancabile è stato l’arrivo dei Radicali: «Quello di Sabatelli e dell’ospedale Gemelli è un comportamento ineccepibile, sia sul piano della legge che su quello del buonsenso», ha affermato Marco Cappato. Ma ad arrivare è stato anche il commento del dott. Massimo Antonelli, direttore del Centro di Rianimazione e Terapia Intensiva del Policlinico Gemelli. Al Gemelli ci sono pazienti lasciati liberi di morire?. «Assolutamente no: noi non abbandoniamo mai i malati, neanche nella delicatissima fase terminale della vita, in cui accompagniamo i pazienti, valutando la loro singola situazione caso per caso, anche con le cure palliative, quando non rispondono più ad alcuna situazione terapeutica». Il prof. Antonelli parla degli articoli apparsi come “distorti”, perché «c’è un fraintendimento riguardo al termine eutanasia: si abusa in modo sciatto e inappropriato del termine eutanasia confondendola con un concetto che è precisamente in linea con il Codice deontologico dei medici e con i principi fondamentali della Chiesa cattolica: la desistenza terapeutica».

Ecco il punto in cui ha provato l’inganno la redazione de “Il Fatto”: «Indipendentemente dal malato che mi trovo di fronte», ha chiarito il medico, «se il paziente è in condizioni di terminalità e i miei supporti vitali sono di fatto cure sproporzionate, ho il dovere umano e morale di rispettare la dignità del malato e di operare una desistenza terapeutica, dando cure appropriate come quelle palliative. Questo non significa sospendere i trattamenti essenziali: nelle situazioni più delicate, ad esempio, quando il malato soffre di patologie in forma avanzata come la Sla, che è irreversibile e che peggiora con il tempo, e dove anche la ventilazione può non essere più sufficiente, ma anzi complicare ulteriormente la situazione del malato, non ha alcun senso continuare un trattamento a cui il malato non risponde». Si tratta, però, di «casi estremi, che riguardano una ristrettissima minoranza», e che al Gemelli vengono trattati all’interno di «un’alleanza terapeutica che coinvolge il medico, il paziente, la sua famiglia, tramite un’équipe multidisciplinare che accompagna il malato in ogni stadio della malattia. Mai l’abbandono», ha concluso il dott. Antonelli, deplorando «un’attenzione mediatica che distorce, non consentendo di affrontare temi così delicati con la dovuta serenità e pacatezza». Di qui l’invito ad «abbassare i toni», nel nome del «rispetto del malato, della persona che soffre e che ha bisogno di aiuto».

Anche il professore di Medicina Legale dell’Umberto I, Enrico Marinelli, è intervenuto spiegando che togliere la ventilazione non significa praticare eutanasia: «Non potrebbe che essere così, perché quelli sono pazienti curati in reparti specializzati in pneumologia, quindi se rifiutano la ventilazione diventano pazienti da seguire in altro modo, a casa chi può o in strutture idonee a erogare cure palliative. Non significa metterli in mezzo a una strada ma toglierli da un reparto destinato ad altri scopi». Ed in ogni caso: «Il paziente deve essere messo sempre in condizione di rifiutare una terapia, anche se questa è stata iniziata. Ma se viene accompagnato adeguatamente, avvisandolo prima che la decisione di accettare una terapia sarà, di fatto, senza ritorno, il problema è molto raro, direi quasi più teorico che pratico».

Il quotidiano “Avvenire”, dopo aver mostrato l’intera video-intervista del dott. Sabatelli, ha affermato: «Discorso chiaro, eppure Sabatelli ieri è stato ripreso, tagliato, reinterpretato e manipolato». Sabatelli parlava dell’alleanza tra medico e paziente e sul cambiamento del piano terapeutico quando le cure non sono più proporzionali. Oltretutto, altro passaggio censurato da “Il Fatto”, Sabatelli si è detto contrario al testamento biologico: «non do valore notarile a nessun documento, tutte le scelte vengono modificate via via con il paziente». In caso di mancata coscienza «il parere del partente è assolutamente nullo, io intervengo» salvandogli la vita con il respiratore, «poi, se è lucido, potrà rivalutare la decisione». Solo ora viene citato come paragone il dott. Riccio, che staccò il respiratore di Welby (e che la giornalista Silvia D’Onghia definisce «il medico di Eluana»).

Il dott. Massimo Antonelli, collega di Sabatelli, è stato intervistato anche da “Avvenire”, dove ha ribadito che «il grave fraintendimento è che si scade nel concetto di eutanasia per ciò che è anzi l’opposto. Desistenza terapeutica non significa abbandono ma stare sempre vicino al malato in tutte le evoluzioni della malattia, l’esatto opposto di certi titoli. Recedere dalla tracheostomia non significa staccare il respiratore ma passare alla maschera, meno efficace ma anche meno invasiva, accompagnando il paziente in una assistenza continua: vivrà un po’ di meno ma in modo dignitoso e con meno sofferenze».

Paola Binetti ha giustamente commentato questa bufala montata dal quotidiano di Padellaro: «è una manovra de “Il Fatto” per portare a casa la legge sull’eutanasia». Ribadiamo il nostro consiglio: per essere davvero informati smettiamo di acquistare i quotidiani (“Avvenire” e “Osservatore Romano” a parte). Un saggio uso del web basta e avanza.

La redazione

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4 giugno: la città di Roma salva grazie al Vaticano

Liberazione romaIl 4 giugno di settant’anni fa terminò l’occupazione nazista di Roma, all’alba le prime pattuglie statunitensi entrano in città mentre i tedeschi lasciarono Ponte Milvio e la periferia settentrionale della città, quasi senza scontri con i partigiani.

Lo scontro si evitò, salvando numerose vite e la città di Roma. Oggi la tesi prevalente tra gli storici conferisce il merito all’intervento del Vaticano: «Fu concordata un’uscita pacifica delle truppe tedesche da Roma, con l’importante mediazione del Vaticano e il consenso delle componenti moderate della Resistenza», sostiene Davide Conti della Fondazione Basso.

«Le trattative diplomatiche con i tedeschi, condotte da Pio XII durante il periodo dell’occupazione, miravano non solo a salvare le persone ma anche a salvare la città, evitando la battaglia su Roma. Fu l’oggetto dell’incontro a maggio tra il Papa e il generale Rainer Stahel», afferma Anna Foa, docente ebrea di storia moderna all’Università La Sapienza. Una chiave di lettura che convince anche Alessandro Portelli, docente universitario e autore del libro “L’ordine è già stato eseguito” sulle Fosse Ardeatine: «Le forze monarchiche e la Chiesa operarono in maniera di evitare l’insurrezione, avendo paura che ne traessero vantaggio i comunisti e le sinistre e che ci fossero danni e sofferenze per la città».

Massimo Rendina, vicepresidente nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi), aggiunge: «L’intesa fu promossa dal Vaticano, che garantì ai tedeschi che potevano uscire dalla città senza essere attaccati. Infatti gli scontri armati furono pochissimi. Io ritengo che il Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) si pronunciò a favore della non insurrezione, anche non sono state finora trovate documentazioni che lo provino».

Durante l’occupazione nazista Pio XII e la Chiesa cattolica hanno fatto moltissimo per proteggere gli ebrei romani, e non solo, nascondendoli nei conventi e nelle residenze vaticane. Lo ha testimoniato in questi giorni su “Repubblica” anche Giacomo Limentani, che allora aveva 9 anni e vide andarsene i tedeschi nascosto in un convento in piazza di Spagna. Tanto che il rabbino David G. Dalin ha affermato: «Durante il ventesimo secolo il popolo ebraico ha avuto un grande amico. Pio XII ha salvato più vite di ebrei di chiunque altro, anche più di Oskar Schindler e Raoul Wallenberg. Mentre l’80% degli ebrei europei morirono in quegli anni, l’80% degli ebrei italiani furono salvati. Solo a Roma, 155 conventi e monasteri diedero rifugio a 5000 ebrei. Almeno 3.000 vennero nascosti nella residenza pontificia di Castel Gandolfo. Seguendo le istruzioni dirette di Pio XII, molti preti e monaci resero possibile la salvezza di centinaia di vite di ebrei, rischiando la propria stessa vita. Il suo silenzio era una strategia efficace per proteggere il maggior numero di ebrei dalla deportazione. Un’esplicita e dura denuncia contro i nazisti sarebbe servita come invito alla ritorsione, e avrebbe peggiorato le disposizioni sugli ebrei in tutta Europa».

Lo storico Martin Gilbert, di origine ebraica e biografo ufficiale di Winston Churchill, nonché tra i più noti studiosi dell’Olocausto, ha a sua volta sostenuto: «Come storico ebreo ho a lungo sentito il bisogno di rivelare pienamente l’aiuto cristiano agli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale e la storia degli uomini che sono stati coinvolti nel salvataggio». Pio XII «ha ritenuto, a mio parere correttamente, che l’intervento diretto avrebbe avuto conseguenze disastrose nelle forme di rappresaglia e un’escalation di persecuzione. Quando le SS vennero a Roma, la Santa Sede prese sotto la sua protezione centinaia di migliaia di ebrei, accogliendoli in Vaticano e incoraggiando nel contempo tutte le istituzioni cattoliche a fare altrettanto. Grazie a queste iniziative meno di un quarto di tutti gli ebrei romani furono imprigionati o deportati. La Chiesa cattolica è stata al centro di questa grande operazione di salvataggio. Io la definisco un’opera sacra». Anche la già citata storica ebrea Anna Foa ha riconosciuto che «gli studi degli ultimi anni stanno mettendo sempre più in luce il ruolo generale di protezione che la Chiesa ha avuto nei confronti degli ebrei durante l’occupazione nazista dell’Italia».

La redazione

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