Cassazione: «le nozze gay non sono un diritto, vietarle non è discriminatorio»
Finalmente anche la Cassazione ha messo nero su bianco quello che da diversi anni ripetiamo anche su questo sito web: il matrimonio omosessuale non esiste come diritto, vietarlo non significa discriminare nessuno ed è falsa l’argomentazione di chi vuole istituirlo perché “ce lo chiede l’Europa” (sentenza in linea con le precedenti, come la 138 del 2010 della Corte Costituzionale).
«Deve pertanto escludersi», si legge nella recente sentenza che ha respinto il ricorso di una coppia gay che voleva sposarsi in Campidoglio e pubblicare le nozze (ennesima sconfitta di Ignazio Marino, dunque), «che la mancata estensione del modello matrimoniale alle unioni tra persone dello stesso sesso determini una lesione dei parametri integrati della dignità umana e dell’uguaglianza, i quali assumono pari rilievo nelle situazioni individuali e nelle situazioni relazionali rientranti nelle formazioni sociali costituzionalmente protette dagli articoli 2 e 3 della Costituzione».
Parlando dell’argomento “ce lo chiede l’Europa”, la Cassazione ha affermato che «l’articolo 12, ancorché formalmente riferito all’unione matrimoniale eterosessuale, non esclude che gli Stati membri estendano il modello matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, ma nello stesso tempo non contiene alcun obbligo […] e non necessariamente mediante l’opzione del matrimonio per tali unioni». Si parla dunque di «insussistenza dell’obbligo costituzionale o convenzionale di estendere il vincolo coniugale alle unioni omoaffettive», così come ribadito dalla sentenza del 2014 della Corte Costituzionale. E ancora: «nel nostro sistema giuridico di diritto positivo il matrimonio tra persone dello stesso sesso è inidoneo a produrre effetti perché non previsto tra le ipotesi legislative di unione coniugali».
Fino a qui la notizia positiva, tuttavia i supremi giudici hanno aggiunto che «il processo di costituzionalizzaizone delle unioni tra persone dello stesso sesso non si fonda, contrariamente a quanto sostenuto» dalle associazioni Lgbt «sulla violazione del canone antidiscriminatorio dettata dall’inaccessibilità al modello matrimoniale, ma sul riconoscimento di un nucleo comune di diritti e doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia». Per questo «sorge l’esigenza di un trattamento omogeneo di tutte le situazioni che presentano un deficit od un’assenza di tutela dei diritti dei componenti l’unione, derivante dalla mancanza di uno statuto protettivo delle relazioni diverse da quelle matrimoniali nel nostro ordinamento». La Cassazione chiede dunque un intervento legislativo che, da una parte protegga queste unioni e dall’altra le differenzi dalle relazioni matrimoniali.
Abbiamo voluto come sempre affidarci alla pronuncia ufficiale e non alla rassegna stampa, facciamo soltanto osservare come “Il Manifesto” abbia riportato la notizia: un trafiletto intitolato “La Cassazione: si a diritti coppie gay”. Divertente anche la reazione isterica de “La Stampa” attraverso un articolo di Fulvia Amabile, secondo cui «non c’è stata nessuna bocciatura delle nozze gay». L’articolo si conclude con le classiche interviste ai presidenti delle migliaia di associazioni Lgbt, tra cui Franco Grillini che però parla di «sentenza pilatesca». “La Croce” di Mario Adinolfi la ritiene una sentenza storica e fondamentale, mentre “La Nuova Bussola Quotidiana” ne sottolinea l’ambiguità. Secondo diversi blog Lgbt è una sentenza «che offende la dignità di migliaia di cittadini». La docente di Diritto costituzionale dell’Università di Milano, Lorenza Violini, ha definito la sentenza un «richiamo a riconoscere un fatto sociale diffuso quali sono le coppie omosessuali senza tuttavia giungere al riconoscimento formale delle stesse analogo a quello che potrebbe conseguire da una precisa presa di posizione del legislatore. Al legislatore spetta dunque, in ultima analisi, la scelta relativa al conferimento di uno status di natura pubblicistica a tali coppie mentre al potere giudiziario spetta riconoscere, caso per caso, diritti e doveri relativi al caso singolo, nella vita concreta. Una linea non facile da tracciare e da rispettare ma che, in questo caso, ha visto il prevalere di scelte prudenti».
Il direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio, si è dichiarato -lo aveva già fatto- favorevole ad una «”via italiana” per tutelare le unioni di fatto tra persone che non possono (e non vogliono) sposarsi. Una via che non confonda ciò che non deve essere confuso», ovvero sottolineando la differenza con il matrimonio. Lo stesso ha detto Maurizio Sacconi (NCD), anche lui però contrario «all’omologazione diretta o indiretta che costituisse il presupposto per alcuni diritti esclusivi del matrimonio». Anche Cesare Mirabelli, già presidente della Corte costituzionale, ha guardando con positività alla sentenza per la respinta delle nozze gay ritenendo però «opportuno un intervento del legislatore per tutelare i diritti dei singoli nel riconoscimento della loro vita sociale ed affettiva, per dare certezza anche a questi rapporti ed evitare le originali e diverse soluzioni di sindaci e tribunali».
La nostra perplessità rispetto all’istituzione di unioni civili o coppie di fatto l’abbiamo già espressa: 1) innanzitutto molti diritti cui i conviventi eterosessuali e omosessuali aspirano sono già presenti nel nostro ordinamento (siamo comunque favorevoli a singoli interventi sul codice civile). Per questo non c’è nessun motivo di istituire tali unioni in quanto non rileviamo alcun «deficit od un’assenza di tutela dei diritti», secondo i criteri stabiliti dalla Cassazione se si vuole avanzare in questa direzione. 2) In secondo luogo è chiaro il tentativo dei promotori di prenderci in giro creando delle unioni civili che siano l’esatto equivalente del matrimonio, chiamate solo in altro modo (come se escludere l’adozione fosse sufficiente). 3) In terzo luogo, per i conviventi dello stesso sesso c’è il rischio concreto che esse siano semplicemente il trampolino di lancio verso l’istituzionalizzazione delle nozze gay, così come avvenuto nel resto d’Europa: occorre dire, tuttavia, che tale rischio si è decisamente abbassato dopo questa sentenza della Cassazione. 4) Infine, sempre per quanto riguarda le coppie omosessuali si tratta di una falsa priorità per i cittadini italiani: non solo perché i registri comunali per le coppie di fatto sono un flop nazionale, ma anche perché lo dicono i sondaggi. Proprio ieri l’istituto SWG ha pubblicato un report in cui si evince che solo il 49% è favorevole alle unioni civili per persone dello stesso sesso, un dato oltretutto in calo dato che due anni fa era favorevole il 58%.
La redazione