Cari irlandesi, non illudetevi: le unioni gay rimangono eticamente contro l’uomo

Referendum irlandaCome prevedibile, al referendum irlandese per stabilire se i matrimoni tra due persone dello stesso sesso debbano o meno essere inseriti nella carta costituzionale, hanno vinto i “si”. Ora assisteremo per qualche giorno alla solita retorica della “vittoria del progresso contro l’oscurantismo”, così come è avvenuto dopo la legalizzazione in Francia. Almeno prima che si verificasse il boom di divorzi delle coppie gay sposatesi in quell’occasione e arrivassero dati e statistiche subito nascoste dai promotori delle campagne Lgbt.

In Irlanda era facile immaginarlo data la violenta spinta lobbystica organizzata nelle settimane precedenti. Tutti i principali uomini di spettacolo (che fanno sempre grande presa sul popolo) e i media internazionali, anche italiani, si sono apertamente schierati a favore del “si”. Ancora in queste ore stanno ripetendo che è il primo referendum su questa tematiche dimenticando che due anni fa lo stesso referendum in Croazia ha visto la netta vittoria dei difensori del matrimonio e della famiglia. Inoltre, la voce della Chiesa, l’autorità principale del Paese, si è lei stessa resa debole a causa del grosso e vergognoso scandalo dei preti pedofili e delle coperture da parte di alte autorità ecclesiali.

Si è scoperto anche che il miliardario irlandese-americano Chuck Feeney e la sua agenzia Atlantic Philantropies ha investito milioni di dollari per organizzare la campagna pro-Lgbt e “comprare” il voto: «denaro straniero sistematicamente investito per cambiare l’opinione pubblica, per far votare ‘sì’ in un referendum che ha enormi conseguenze per il diritto familiare e le future generazioni», è stato rilevato. Breda O’Brien sull’Irish Time ha affermato che l’Atlantic Philantropies si trasformata in una «macchina di lobbyng professionale che lavora a tempo pieno» per la l’associazionismo gay.

Il quotidiano online Irish Central ha documentato il violento fascismo dei promotori del “si” e delle associazioni omosessuali, con manifesti contrari alla ridefinizione del matrimonio «deturpati e abbattuti dai giovani assaltatori del “vota sì” in tutto il paese)». La campagna dei sostenitori Lgbt è stata organizzata “contro” i difensori del matrimonio, insultandoli e intimidendoli (come avviene già da tempo in Italia). In questo modo, molti indecisi «si sono sentiti intimiditi e hanno iniziato a tenere le loro opinioni per se stessi. Non desiderano essere vittime di bullismo o che le preoccupazioni che avevano sul matrimonio tra persone dello stesso sesso vengano liquidate come bigotte, una sciocchezza primitiva.  Le stesse violenze sono state raccontate dall’ateo Brendan O’Neill, il quale ha parlato di «soffocamento della libertà d’espressione» per chi è contrario ai matrimoni gay, con tanto di minacce e pubblici insulti.

Il fascismo LGBT è stato condannato anche dallo scrittore irlandese John Waters sull’Independent in cui ha raccontato «i lanci di uova e le molestie contro un hotel di Galway, continuate finché non ha cancellato una conferenza contro l’emendamento». A Tempi Waters ha rivelato: «Questi sviluppi recenti sono il frutto di un potere politico e culturale crescente influenzato dalla lobby Lgbt, sia in Irlanda sia a livello globale. Affermano che quello che sta accadendo è qualcosa che nasce dalla società, ma in realtà viene imposto mediante le loro intimidazioni, le loro bugie, la manipolazione dei media e della politica e il silenzio a cui costringono le persone. Quando si agitavano per la legalizzazione delle unioni civili, insistevano sul fatto che si trattava solo di ottenere diritti come quello alla successione ereditaria e alla proprietà, e che non avevano alcuna intenzione di richiedere il matrimonio o l’adozione. E non appena le unioni civili sono state legalizzate, praticamente il giorno successivo, hanno cominciato a chiedere: “Perché allora non possiamo anche sposarci e avere figli?». Ed infatti è un avvertimento anche per chi anche in Italia è a favore delle unioni civili ma non al matrimonio omosessuale: è invece soltanto il primo passo che, come dimostrano tutti i Paesi in cui sono state legalizzate le nozze gay, porta direttamente al matrimonio e all’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali.

Per non parlare della corruzione delle parole: le campagne Lgbt sono sempre caratterizzate da parole come “amore”, “libertà”, “cosa c’è di male?”, “progresso”, le stesse che veniva utilizzate fino a pochi anni fa per sostenere l’eugenetica, accettata ovunque e insegnata nelle migliori università dell’Occidente (tranne l’Italia, come sempre). «Sfortunatamente non è più possibile, in questo contesto, parlare del significato delle parole», ha continuato Waters. «La lobby Lgbt ha letteralmente corrotto ogni parola che possa ostacolare il suo obiettivo, non solo la parola “matrimonio” ma anche “uguaglianza”, “discriminazione”, “libertà”, e sì, anche “amore”». Non a caso Papa Francesco ha scelto di denunciare tale fenomeno come «colonizzazione ideologica che cerca di distruggere la famiglia» tramite la «ridefinizione dell’istituzione del matrimonio».

Insomma una vittoria comprata con il denaro, frutto di intimidazioni, violenza, fascismo e corruzione delle parole. Ma è pur sempre una vittoria e va accettata. Molti si sono spesi per far capire a livello giuridico e sociale quanto fosse deleterio per la società e per la famiglia la ridefinizione del matrimonio, come ha fatto pochi giorni fa il laico magistrato Geremia Casaburi della Corte di appello di Napoli, esperto di tematiche familiari: «Il “matrimonio per tutti”, tanto per usare una formula alla francese, svilisce il matrimonio di tutti».

Dal punto di vista morale, infine, non vorremmo che gli irlandesi credessero davvero che legalizzando qualcosa automaticamente la si renda eticamente e moralmente accettabile: il matrimonio omosessuale legittima pubblicamente un’unione sentimentale deleteria per le stesse persone protagoniste della coppia (lo stesso vale e varrebbe per le unioni incestuose o poligamiche), che vivono un’affettività disordinata rispetto al loro bene e alla loro natura umana. La persona omosessuale va sempre accolta con rispetto e affetto, l’omosessualità non è né un peccato né una malattia da curare. Il problema sono i rapporti omosessuali poiché manifestano e amplificano la contraddizione tra il dato psicologico e l’orientamento biologico/anatomico della persona, che non può essere annullato o ignorato. Questo disordine tra mente e corporeità è un ostacolo alla realizzazione della persona e della sua vera felicità, come spesso ci viene testimoniato da chi vive queste tendenze. Il problema si complica ancora di più quando la coppia pretende di poter crescere un bambino, rendendolo orfano di padre o madre e censurando il confronto con la diversità sessuale, e per soddisfare questa pretesa, è costretta ad acquistare il corpo di una povera donna del Terzo mondo (utero in affitto o maternità surrogata) per poterle poi strappare dalle mani il concepito che ha portato nel grembo per nove mesi. La compravendita di bambini e l’uso della donna come incubatrice.

Dal punto di vista cristiano, evidentemente, le unioni omosessuali violano la volontà di Dio di crearci maschi e femmine e di donare all’uomo la compagnia della donna, e alla donna la compagnia dell’uomo perché fossero una cosa sola nel cammino della vita. Come ha spiegato Papa Francesco, «La Chiesa offre una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana». E ancora: «Il matrimonio consacrato da Dio custodisce quel legame tra l’uomo e la donna che Dio ha benedetto fin dalla creazione del mondo; ed è fonte di pace e di bene per l’intera vita coniugale e familiare».

Ecco, cari militanti irlandesi e cari amici gay: esultate pure, intimate e insultate pure fino allo sfinimento chi non la pensa come voi. Ma non illudetevi di agire per il vostro bene e per il bene della nostra e vostra società. Noi abbiamo cercato e stiamo cercando di farvelo capire.

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Dopo aver distrutto la famiglia ora l’Europa vuole più bambini

InvecchiamentoE’ sorprendente leggere un articolo di qualche settimana fa pubblicato sul New York Times nel quale si spiega che la “Sex and Society”, un gruppo no-profit che si occupa dell’educazione sessuale in Danimarca, intende cambiare i suoi programmi dando più spazio «ai metodi per rimanere incinta, parlando della gravidanza in una luce più positiva». «”Per molti, molti anni, abbiamo parlato solo di sesso sicuro, di come prevenire la gravidanza”, ha detto Marianne Lomholt, direttore nazionale di Sex and Society. “Improvvisamente abbiamo pensato che forse dovremmo in realtà spiegare anche come si rimane incinta”».

Questo improvviso incremento del quoziente intellettivo del direttore di Sex and Society rivela in realtà una scomoda verità: effettivamente dagli anni ’60 in poi la gravidanza è stata pesantemente osteggiata dall’ideologia femminista e dal mondo mediatico sempre più secolarizzato, così come la stessa maternità. La diffusione e la regolamentazione delle pratiche abortive è una diretta conseguenza (le leggi che hanno regolamentato l’aborto sono tutte immediatamente successive alla fine degli anni ’60) di questa intolleranza verso la figura materna che impedirebbe alla donna la sua libertà, la sua autonomia. Oggi esistono addirittura gruppi di orgogliosi child-free (adulti senza bambini), ai quali vengono riservati voli in aeroplano e cene al ristorante. Parallelamente tutta la famiglia è finita sotto attacco tramite le leggi sul divorzio (anch’esse tra gli anni 60 e gli anni 70), il matrimonio ha sempre più perso di stabilità e di valore e nel tempo è stato quasi completamente sostituito dalle diverse forme di convivenza.

Gli uomini hanno iniziato ad avere paura e a fuggire dalle responsabilità, responsabilità verso i figli, verso il proprio partner e verso la definitività del matrimonio. Qual è stata l’immediata conseguenza? Il crollo demografico che ha portato alla crisi economica, come prosegue l’articolo sul principale quotidiano americano: «La Danimarca, come diversi paesi europei, sta soffrendo per la bassa natalità. Ci sono 28 europei di 65 anni o più per ogni 100 residenti di età 20-64, quasi il doppio della media mondiale. Entro la fine del secolo, le Nazioni Unite si aspettano che il dato europeo di raddoppi» In Danimarca, in particolare, «il tasso di natalità è al di sotto del cosiddetto tasso di sostituzione, necessario per far evitare il declino ad una popolazione. Tali tendenze trasformano le società, riducendo potenzialmente la crescita economica e aumentando lo stress sui sistemi pensionistici pubblici che richiedono cure per i più anziani. Il Giappone affronta già questa situazione a causa delle vendite di pannolini per anziani che stanno surclassando quelle per i pannolini dei bambini».

I bambini portano sulle spalle anche altre conseguenze, come ha spiegato l’economista Nicholas Eberstadt sul Wall Street Journal: «L’impatto deleterio sui bambini dalla caduta della famiglia è chiaro. Così anche il ruolo dannoso del divorzio e della loro crescita con genitori al fuori dal matrimonio, aggravando disparità di reddito e di ricchezza».

Qualcosa è andato evidentemente storto nel nostro progetto laico e secolarizzato, per anni abbiamo voluto massacrare la famiglia pensando che l’autoaffermazione di noi stessi, la ricerca dell’autonomia assoluta e la mancanza dell’onere e degli obblighi della responsabilità ci potesse rendere finalmente felici. In realtà abbiamo soltanto reso i rapporti personali più fragili e corrotti, ci siamo ritrovati individualisti ed egoisti e abbiamo trasformato l’Occidente in un vecchio, depresso e stanco arnese sull’orlo del declino e pronto per essere colonizzato. Qualcuno comincia ad accorgersene anche, se purtroppo, sembra essere troppo tardi.

 

Avviso importante:

Ricordiamo che domani, sabato 23 maggio 2015, in 100 piazze d’Italia tornano a manifestare silenziosamente e rispettosamente le Sentinelle in Piedi. Nel loro sito web si possono trovare indicazioni precise per chi volesse partecipare, qui sotto il video di invito alla veglia di domani.

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Perché la scienza non ha mai confutato il libero arbitrio…

Libero arbitrioLa libertà umana è uno degli scogli più resistenti contro cui si infrange il naturalismo filosofico. Come è possibile giustificare e spiegare l’esistenza di un abitante della Terra che non è determinato dai suoi antecedenti genetici e biologici e prescinde la sua stessa natura grazie alla libertà?

E’ evidente che questa capacità unicamente umana non può essere un prodotto “naturale”: come potrebbe l’evoluzione biologica, infatti, produrre la facoltà di estromettersi dall’istinto biologico-naturale? Per questo l’unica soluzione del naturalismo è sforzarsi di negare questa capacità di decisione libera del nostro destino attraverso la strumentalizzazione delle neuroscienze. Lo hanno fatto i vari nemici del cristianesimo, da Spinoza a Huxley, da Voltaire ad alcuni scienziati e filosofi moderni.

Ben vengano allora continue confutazioni di questi tentativi, l’ultimo in ordine cronologico è il libro Free: Why Science Hasn’t Disproved Free Will (Oxford University Press 2015) del prof. Alfred R. Mele, docente di filosofia presso la Florida State University. Si occupa di libero arbitrio dagli anni ’90 ed è uno dei più esperti nel settore. E’ stato recensito dal filosofo tomista Edward Feser il quale ha sintetizzato l’esposizione del prof. Mele sul perché, come dice il titolo del suo volume, la scienza non hai smentito il libero arbitrio.

«La vera illusione non è la libertà di scelta», ha spiegato Feser, «ma la presunzione di aver smentito la libertà. Mele dimostra che le prove scientifiche non arrivano da nessuna parte, tanto meno vicino a minare il libero arbitrio, e il ragionamento che porta alcuni scienziati a sostenere il contrario è incredibilmente sciatto». La prova più nota sulla quale si appoggiano questi scienziati è ovviamente il test del neurobiologo Benjamin Libet: i soggetti erano invitati a flettere il polso quando avevano voglia di farlo e poi dovevano riferire il momento in cui erano divenuti consapevoli del bisogno di fletterlo. I loro cervelli nel frattempo venivano monitorati in modo da rilevare l’attività nella corteccia motoria responsabile della flessione del polso. E’ emerso che la volontà cosciente arriverebbe una media di 500 millisecondi dopo la flessione del polso. Alcuni hanno concluso quindi che sarebbe l’attività neurale ad avviare la flessione del polso e non la volontà cosciente. L’autore dello studio, Libet, smentì sempre queste conclusioni tratte dal suo lavoro interpretandolo in modo differente e salvaguardando il libero arbitrio.

Il prof. Mele ha comunque mostrato che queste interpretazioni sono state ampiamente rivedute, sopratutto contestando l’adeguatezza metodologica del test utilizzato da Libet. Infatti, «sono stati rilevati solo i casi in cui l’attività neurale è stata effettivamente seguita dalla flessione del polso mentre non sono stati controllati i casi in cui si è verificata l’attività neurale senza la conseguente flessione. Quindi non abbiamo alcuna prova che quel tipo specifico di attività neurale sia davvero sufficiente per la flessione del polso. E’ anche possibile che l’attività neurale abbia portato (o non) alla flessione del polso a seconda se era congiunta con la libera e consapevole scelta di flettere il polso». E’ stata anche contestata la poca oggettività del test allorquando viene basato sulla sensazione del soggetto testato di quando ha percepito il bisogno di flettere il polso. Inoltre, e questa è l’argomentazione dello stesso Libet, c’è la possibilità che la mente cosciente ponga (o meno) un veto inibendo l’avvio dell’esecuzione dell’azione. La libertà dunque sarebbe salvaguardata nel fatto di tradurre o meno in azione l’input neuronale.

Ma tra le obiezioni metodologiche la più importante, avanzata anche dal prof. Mele, è che il test di Libet (e anche i successivi, come quello di J.D. Haynes) non rappresenta affatto il tipo di scelte che compiamo durante la nostra vita: «esse infatti coinvolgono una deliberazione attiva, una pesatura di considerazioni a favore e contro diversi possibili linee d’azione. Non c’è da stupirsi che la deliberazione cosciente abbia avuto poca influenza in una situazione sperimentale in cui la deliberazione è stata esplicitamente esclusa. Ed è sbagliato estendere conclusioni derivate da queste situazioni artificiali ad ogni azione umana, compresi i casi che fanno coinvolgere deliberazione attiva». Decidere di prendere un aereo, programmare una vacanza per l’estate successiva, scegliere la data del matrimonio…queste sono scelte lunghe e ragionate, ben differenti dal flettere o meno un polso. Inoltre, come ha spiegato la filosofa Roberta De Monticelli, sapevamo già «che la coscienza è a volte preceduta da reazioni istintive: come inchiodare l’auto prima di investire la vecchietta o rispondere bene al servizio dell’avversario, giocando a tennis» (R. De Monticelli in Siamo davvero liberi?, Codice edizioni 2010, p. 115). Per l’appunto si chiamano azioni istintive, mentre le scelte morali non sono affatto istintive.

Infine, il filosofo americano ha anche spiegato che «l’idea che una libera azione comporti essenzialmente una serie di atti coscienti di volontà, ciascuno seguito da un movimento del corpo, è uno straw man e non corrisponde a ciò che il senso comune (o, anche filosofi come Wittgenstein o d’Aquino) hanno in mente quando si parla di azione gratuita». Come ha concluso il prof. Filippo Tempia, ordinario di Fisiologia presso l’Università di Torino, «non esiste a tutt’oggi un esperimento conclusivo che dimostri l’inefficacia causale della mente nelle decisioni umane. Durante le decisioni coscienti non è solo il cervello a essere attivo, ma è presente un’attività correlata mente-cervello. Allo stato attuale delle conoscenze non si può scientificamente negare il libero arbitrio nell’uomo» (F. Tempia in Siamo davvero liberi?, Codice edizioni 2010, p. 108).

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Woody Allen: «non credo a Dio, devo distrarmi per non disperare»

Woody AllenE’ disarmante l’onestà del celebre regista Woody Allen, ben capace di trasmettere nei suoi film il cinismo nichilista che lo contraddistingue da tempo.

Spesso al centro mediatico anche per la sua vita privata, nel 1992 la donna con cui aveva una relazione, Mia Farrow, affermò che la piccola figlia Dylan le raccontò di essere stata vittima di un abuso sessuale da parte di Allen. Poco tempo dopo la donna trovò delle fotografie pornografiche della figlia Soon-Yi scattate da Allen, il quale ammise di avere una relazione con la figliastra. Effettivamente nel 1997 Allen sposò la figliastra 19enne. L’anno scorso Dylan, 28 anni, ha ribadito le accuse di violenza sessuale da parte del padre.

In una recente intervista, ne avevamo parlato, il regista aveva affermato: «Riesco a sopravvivere distraendomi. È una via di fuga, lo so, ma funziona. È il mio modo di illudermi e tenermi occupato per non cadere nella disperazione di fronte al lato più oscuro delle cose. Posso correre sul mio tapis roulant ogni mattina e mangiare cibi sani, ma alla fine la morte verrà a prendermi».

Pochi giorni fa ha ribadito il suo pensiero spiegando di concepire l’uomo come un essere «fragile e incapace di accettare la realtà, la morte, il non senso della vita, il nulla che inghiottirà lui, il mondo, il sole, l’universo… Shakespeare, Michelangelo, Beethoven… Tutto destinato a sparire. E allora, per cercare di andare avanti l’uomo si inventa delle illusioni, la religione, la politica, la speranza che, in cielo o in terra, ci sarà un Paradiso. Idee che nulla hanno a che vedere con la ragione, ma che talvolta servono. Non a caso la maggior parte dei sopravvissuti ai campi di sterminio erano comunisti convinti oppure cattolici. Anche se non ha fondamento, la fede aiuta a campare». Lui invece, che di fede non ne ha, è costretto a distrarsi continuamente dall’urgenza della vita: «Fare film è la mia distrazione meravigliosa. Sul set sono io a decidere storie, amori, vita e morte. E quando non giro vado al cinema. Un’ora e mezza con Fred Astaire allontana l’incubo delle malattie, dell’ospizio, della fine».

E’ apprezzabile l’onestà di Allen che non inventa una illusoria noncuranza delle domande esistenziali, dello stringere del destino, del senso religioso che richiama costantemente l’uomo a fare i conti con il significato dell’esistenza. Ha anche ragione quando sostiene che se l’uomo si affida alla religione o al Paradiso come via di fuga dalla crudeltà della vita sta vivendo un’illusione che nulla a che vedere con la ragione. Tuttavia non si è accorto che definendo irrazionale questo tentativo di scappare dalla realtà è finito con ammettere l’irrazionalità della sua stessa fuga quando si rifugia nell’arte del cinema.

L’accusa di credere in Dio per scongiurare la morte deriva dal pensiero di Freud e Feuerbach ma, come ha ben spiegato il gesuita e psicologo Giovanni Cucci nel libro Esperienza religiosa e psicologia (Elledici 2009), «non è così, altrimenti l’uomo potrebbe sempre condurre le cose a suo piacimento e la crisi non lo toccherebbe mai: esiste invece l’esperienza dell’aridità, la richiesta a Dio di venire, di farsi conoscere, l’attesa per la sua rivelazione» (p. 252). Oltretutto, come abbiamo già detto più volte, tale accusa cade nell’errore di scambiare la causa con uno degli effetti: la fede nel Dio cristiano nasce grazie alla Sua rivelazione all’uomo che ha reso la vita piena di senso, “qui e ora”.  Se poi la fede aiuta anche a vivere meglio il momento della morte grazie alla speranza dell’Aldilà questo è un effetto secondario, non certo la causa della sua origine. Anche l’essere più caritatevoli e attenti ai bisognosi rispetto a prima è solitamente una caratteristica di chi si converte al cristianesimo, ma nessuno giustamente afferma che l’occuparsi dei poveri è la causa dell’origine della fede. Le conseguenze non vanno confuse con la causa e viceversa.

La letizia del cuore di chi ha incontrato Cristo non è un’illusione, permette davvero di affrontare la vita nella sua interezza senza doversi rifugiare nel cinema, nella droga e in altri idoli e surrogati di Dio, che non mantengono la promessa di distrarci davvero dal nostro io. Anche noi possiamo invitare Allen a “venire a vedere” in prima persona, così come Gesù disse ai primi due discepoli. Questo è il metodo cristiano: invitare gli altri a sperimentare e coinvolgersi in prima persona. «Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì, dove abiti?”. Disse loro: “Venite e vedrete”» (Gv 1,36-39).

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Gli italiani contrari al ddl Cirinnà, il 76% sostiene la famiglia uomo-donna

ddlcrinnàAnche in Italia si vuole replicare quanto accaduto in Francia, dove il matrimonio omosessuale è stato letteralmente imposto alla popolazione nonostante milioni di persone si siano radunate per giorni nelle piazze francesi a manifestare la loro contrarietà (nacque lì infatti la Manif pour tous, associazione poi diffusasi velocemente in tutto il mondo occidentale).

In Italia l’attuale governo, non eletto da nessun cittadino, ha messo in calendario il ddl Cirinnà che di fatto intende equiparare le unioni civili (anche omosessuali) al matrimonio, con tanto di stepchild adoption (aprendo la porta all’adozione di bambini da parte di parte di coppie omosessuali). L’on. Ivan Scalfarotto, punta di diamante del mondo Lgbt nonché Sottosegretario di Stato al Ministero delle Riforme (noto per aver tentato di introdurre per la prima volta in Italia il reato d’opinione tramite il ddl sull’omofobia), aveva annunciato ancora una volta trionfalmente -prendendo per l’ennesima volta in giro i suoi sostenitori- che la legge sui diritti civili sarebbe arrivata entro maggio, gli oppositori «se ne facciano una ragione». Siamo oltre la metà di maggio e il ddl Cirinnà –ha spiegato Il Fatto– è già andato in vacanza per una lunga pausa di riflessione anche grazie alla forte opposizione che ha ricevuto in Parlamento (ben spiegata dall’avvocato Filippo Martini dei Giuristi per la Vita).

Scalfarotto dovrebbe farsi una ragione anche del fatto che la popolazione italiana è a maggioranza contraria al ddl Cirinnà, notizia che nessun principale quotidiano ha riportato. E’ emerso infatti da una rilevazione effettuata negli ultimi giorni di marzo da Lorien Consulting, autorevole società di ricerche di mercato, che i favorevoli al disegno di legge sulle unioni civili sono il 47% degli Italiani, mentre il 50% si dichiara apertamente contrario e il restante 3% non risponde. Considerando che radio, quotidiani e televisioni sono un continuo ed enorme spot pro-Lgbt -la stessa strategia utilizzata con successo per promuovere la campagna omosex negli Stati Uniti-, possiamo dire che il responso è decisamente e positivamente sorprendente.

Altri dati interessanti emersi dal sondaggio di Lorien Consulting, ripresi soltanto dal quotidiano La Croce e dal quotidiano online Formiche, sono che il 44% degli italiani non vuole che vengano omologati unioni civili e matrimonio e il 76% ritiene la famiglia tradizionale un valore in sé per il quale è importante battersi e manifestare. Se inoltre consideriamo il responso di Eurispes del 2014, dove il riconoscimento delle coppie di fatto era allora visto positivamente dal 78,6% della popolazione, si potrebbe dire che nel solo giro di un anno si è verificata una massiccia inversione di rotta (troppo bello per essere vero, purtroppo). L’on. Scalfarotto se ne farà comunque una ragione?

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

«Sono cattolica ma…», la contraddizione di Michela Marzano

Michela MarzanoIn molti hanno giustamente notato la gara nel dichiararsi pubblicamente cattolici da parte dei più disparati personaggi, dai responsabili del mondo Lgbt (come Aurelio Mancuso e Nichi Vendola) a chi vorrebbe affondare i barconi pieni di immigrati in arrivo sulle nostre coste, dai massimi teorizzatori del nichilismo relativista (vedi Gianni Vattimo) ai mafiosi di Cosa nostra, dagli scienziati che vogliono sperimentare sugli embrioni umani (vedi Elena Cattaneo) ai teologi pro-eutanasia (vedi Hans Küng e Vito Mancuso).

Sembra quasi che il cattolicesimo sia concepito come un grande calderone dove ci si “sente” di stare senza dover assumere alcuna posizione in coerenza con tale decisione, una fede-fai-da-te dove ognuno dice e crede ciò che più gli piace. Ed invece il cattolico ha come compito quello di sottomettere l’affermazione di se stesso e delle sue idee all’autorità del successore di Pietro che egli riconosce come guida terrena della Chiesa cattolica, a sua volta assistito dallo Spirito Santo. L’affermazione cosciente delle proprie idee in aperto contrasto con la posizione della Chiesa significa autoescludersi dal popolo cattolico, indipendentemente da quel che si “sente” di essere: «Senza umiltà sentiamo della Chiesa solo quello che ci piace», ha ricordato Papa Francesco.

Un esempio di questo è la filosofa di Repubblica Michela Marzano, parlamentare del PD, frequentatrice degli ambienti borghesi che piacciono alla gente che piace, si dichiara pubblicamente cattolica praticante e pubblicamente contraria a tutte le posizioni etico-morali proclamate dalla Chiesa e dal Papa. Alcuni esempi: mentre Francesco continua la sua condanna alla cultura dello scarto, in particolare all’aborto attraverso il quale «si uccidono i bambini prima di nascere», come ha detto recentemente, la Marzano promuove la cultura dello scarto elogiando l’aborto come «l’unica possibilità che esiste, in uno stato civile, per garantire il rispetto delle donne» (M. Marzano, Sii bella e stai zitta, Mondadori 2010). Mentre la Chiesa e Francesco condannano la «falsa compassione» di chi ritiene «sia un atto di dignità procurare l’eutanasia», la Marzano promuove pubblicamente l’eutanasia legale perché sarebbe un atto dignitoso.

Ovviamente, manco a parlarne, è in prima linea per una legge sul matrimonio e adozione omosessuale, tutte posizioni pubbliche che le permettono di accedere ai salotti che contano. Tuttavia è interessante notare che quando non si riferisce direttamente a queste tematiche arriva a scrivere affermazioni in netta contraddizione con le rivendicazioni Lgbt: «l’idea che il corpo sia una prigione da cui liberarsi è molto antica», ha scritto ad esempio, «il corpo non è solo qualcosa che si “ha”, ma anche e soprattutto qualcosa che si “è”, prima della certezza che è la vita che impone il corpo a ognuno di noi e che non possiamo sbarazzarcene senza sbarazzarci al tempo stesso della nostra esistenza». Riflessioni in netta antitesi con gli studi Gender, secondo i quali si può invece sbarazzarsi del dato biologico per aderire ad un genere contrario ad esso. «Il nuovo mito, oggi, è proprio questo: cancellare ogni dipendenza. Non solo le dipendenze affettive, ma anche quelle biologiche. Il corpo fa resistenza. La realtà non si piega, altrimenti si rischia di pervertire la volontà di potenza e, credendosi onnipotenti, ci si dimentica che l’immutabile che è nell’anima lo si raggiunge solo contemplando l’immutabile che è nel corpo». La Marzano, seppur riferendosi ad altro, smentisce anche le convinzioni di coloro che non si “sentono” nati nel corpo giusto. Ovviamente la filosofa è apertamente favorevole al gender, anche se non si accorge di contraddirlo con le sue stesse tesi circa l’impossibilità ad annullare o trascurare i dati biologici del proprio corpo.

La Marzano ha annunciato in questi giorni di voler tornare a vivere in Francia prima della fine dell’attuale legislatura, «con l’Italia ho chiuso» ha detto. La cultura dello scarto non ha attechito (ancora?) in Italia e per questo si sente delusa e amareggiata, lei che era diventata parlamentare proprio per la sua conoscenza dei fantomatici “diritti civili”. In particolare, sembra paradossale, da cattolica non accetta l’opposizione ai matrimoni omosessuali: «Ero e sono cattolica praticante», ha ribadito. «Davvero ci si può definire cattolici ed avere posizioni che allontanano così tanto dall’amore per gli altri?». La vera domanda che dovrebbe porsi, in realtà, è se davvero ci si può definire cattolici ed avere posizioni tanto lontane e in contraddizione dalla fede e dall’autorità in cui si crede, cioè quelle della Chiesa cattolica.

Au revoir cara Marzano, prova a rifletterci mentre tornerai in Francia.

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Perché esiste qualcosa e non il nulla: considerazioni di un matematico

Terra spazio 
 
di Paolo Di Sia*
*docente di Matematica presso l’Università di Verona

 

Le argomentazioni relative al “perché esiste qualcosa e non il nulla” sono, assieme al concetto di “infinito”, al “senso” della vita e della realtà, al “destino” del futuro, all’”essenza ultima” dello spazio e del tempo e altre ad esse correlate, tematiche che hanno coinvolto, nel corso della storia dell’uomo, pensatori, uomini di scienza, filosofi, teologi, religiosi. La questione su perché esiste qualcosa e non il nulla viene spesso considerata come la “madre di tutte le questioni” (P. Di Sia, Looking at the Dimension of Time among Science, Psychology and Everyday Reality, International Letters of Social and Humanistic Sciences (ILSHS), 1(2), 146-153, 2015).

Alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, l’universo accessibile alle osservazioni dell’uomo sembra essere il risultato di una concatenazione di cause, scientificamente spiegabili, che iniziò circa 14 miliardi di anni fa con un primo evento conosciuto con il nome di “big-bang”. Ma cosa ha causato il big-bang?

a) Una corrente di pensiero afferma che non ha senso porsi questa domanda, poiché se assumiamo che il tempo è nato con il big-bang, nulla era in essere prima di tale evento; viene in questo modo evitata la questione relativa ad una “causa precedente” ad esso. Già S. Agostino si era reso conto di questa difficoltà e ne aveva parlato nella sua opera “Le confessioni”, scritta tra il 397 e il 400 d.C. e considerata uno dei massimi capolavori della letteratura cristiana (Agostino, Le confessioni, Ed. Crescere, 2011). La questione è stata affrontata seguentemente da molte persone, legate e non ad una cultura religiosa, tra cui in particolare S. Severino Boezio, scrittore di opere matematiche e logiche, che elaborò intorno al 500 d.C. un concetto di creazione decisamente più sofisticato. Egli pensò un Dio al di fuori del tempo, non dentro il tempo, quindi non “prima”, ma “sopra” il tempo (S. Boezio, C. Mohrmann, La consolazione della filosofia, BUR, 2012).

b) Un’altra corrente di pensiero ritiene il big-bang come un evento accaduto all’interno di un universo più grande, contenente il nostro, che potrebbe essere addirittura infinito ed eterno. In questo contesto più ampio, ci sarebbe l’opportunità di spiegare il big-bang mediante una “causa anteriore”, ma ciò non spiega l’esistenza di tale universo-contenitore, né tutta la concatenazione di cause che ha condotto a questo particolare big-bang, da cui è iniziato il nostro universo. Si tratta di un tentativo di risoluzione del problema che “sposta” il problema indietro, non lo risolve completamente. La fisica riesce a spiegare i possibili meccanismi di esplosione e implosione che possono creare e distruggere un universo, ma il problema relativo all’inizio del tutto rimane.

c) Perchè le leggi della fisica sono quelle che sono e non altre? Molti riflettono sul fatto che sono proprio queste difficoltà concettuali a rimandare a qualcosa di superiore, ad una creazione divina. Questa domanda è ancora più stringente di quella iniziale, perché riguarda gli strumenti con cui si descrive la dinamica del tutto. Occorre sottolineare che la scienza non ha il compito di dimostrare l’esistenza o meno di Dio. Nel passato questa “pretesa” ha portato ad una frattura nel rapporto tra scienza e fede; molti ritengono che la scienza abbia il compito di “dimostrare” o “negare” l’esistenza di una mente superiore creatrice, non valutando che siamo in presenza di un “salto ontologico”. Le ragioni che possono aver portato all’esistenza una realtà non vanno infatti confuse con le regole/leggi che disciplinano le dinamiche di tale realtà.

La scienza e la fede (razionale) sono due strade che hanno possibili interazioni, ma non interferenze distruttive o pretese di sovrapposizione. Le proprietà di un sistema non sempre possono venire spiegate solamente attraverso le sue componenti; lo stesso organismo biologico è un lampante esempio. Ciò si collega al rapporto (non conflitto) tra olismo e riduzionismo.

 
Gli altri articoli dello stesso autore:
Dio e il multiverso: considerazioni di un matematico (febbraio 2015)

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

I nuovi libri che dovete assolutamente leggere (marzo, aprile e maggio 2015)

libriNella quotidianità siamo chiamati a testimoniare il fatto cristiano, ovvero che il Senso dell’esistenza ricercato da tutti gli uomini e da tutte le religioni non ha disdegnato di entrare nel mondo per farsi incontrare dall’uomo. Siamo testimoni della presenza di Cristo nel mondo innanzitutto attraverso la nostra persona, la nostra diversità, la nostra libertà.

Ma anche attraverso le ragioni che sappiamo dare della nostra fede e delle nostre posizioni. Un grande aiuto a questo è senz’altro leggere e documentarsi continuamente in modo da fortificare i nostri giudizi sui grandi temi del mondo. Ogni mese vengono pubblicati libri molto interessanti che purtroppo non raggiungono mai il grande pubblico, abbiamo così deciso di segnalare di volta in volta la loro pubblicazione e dedicare ad alcuni delle specifiche recensioni invitando all’acquisto. In questo articolo ci limitiamo a segnalare quelli che riteniamo i libri più importanti usciti in questo ultimo periodo.

 

Gesù figlio di Dio – Approccio biblico-teologico di Gérard Rossé (Edizioni Dehoniane Bologna 2015)
Il prof. Rossé è ordinario di Teologia biblica all’Istituto universitario Sophia (Firenze) e affronta in questo libro la divinità di Gesù Cristo, rispondendo alle obiezioni di chi lo vuole un uomo divinizzato dai suoi seguaci. Dalle testimonianze più antiche che si ricavano dai testi del Nuovo Testamento emerge invece una coscienza relazionale e funzionale tra Gesù e Dio, cioè l’orizzonte di un Gesù “innestato in Dio”, non uomo divinizzato né altro Dio accanto a JHWH, ma volto del Dio unico nella sua realtà di comunione.

Apparizioni, malati e guarigioni a Lourdes di Antonino Grasso (Edizioni Segno 2015)
L’autore, docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Luca di Catania, si occupa in modo approfondito della prodigiosa guarigione di Letizia Cirolli, il miracolo n° 65 di Lourdes riconosciuto dalla Chiesa cattolica, ripercorrendo tutto l’iter per il riconoscimento, sia dal punto di vista medico che da quello teologico. 360 pagine dedicate ad una guarigione miracolosa, con tanto di riproduzione fotografica della documentazione teologica e scientifica.

2015. La nuova indagine sulla SindonePierluigi Baima Bollone (Priuli & Verlucca 2015)
Il prof. Baima Bollone, ordinario di Medicina Legale all’Università di Torino (e autore di 120 pubblicazioni scientifiche), è uno dei più preparati esperti della Sindone. In questo aggiornato volume presenta tutti i risultati delle indagini storiche e delle ricerche scientifiche realizzate. Il libro è stato presentato anche durante il programma televisivo Geo & Geo, sullo stesso argomento consigliamo anche il libro La Sindone um mistero lungo duemila anni di E. Marinelli (Mimep-Docete 2015).

Diritti umani e cristianesimo – La Chiesa alla prova della modernità di Marcello Pera (Marsilio 2015).
Il filosofo e politico Marcello Pera, già autore del bellissimo Perché dobbiamo dirci cristiani (Mondadori 2008), in questo libro riflette sui diritti umani e sull’approccio della Chiesa cattolica. In particolare per quanto riguarda i diritti sociali, l’autore sostiene che la Chiesa abbia riveduto il suo tradizionale insegnamento che mette al centro del comportamento cristiano i doveri dell’uomo verso Dio, non i suoi diritti verso gli altri uomini. Una tesi originale, certamente uno spunto di riflessione inedito.

Nel segno del nulla – Critica all’ateismo moderno di Roberto Timossi (Lindau 2015)
Il noto filosofo, da tempo impegnato nella riflessione sulla secolarizzazione (già autore de L’illusione dell’ateismo), analizza nel suo ultimo libro i diversi tipi di ateismo presenti nelle nostre società, presentando i diversi argomenti a loro supporto anche attraverso il pensiero dei principali negatori dell’esistenza di Dio e della religione. Una visione completa dell’orizzonte ateo e una risposta adeguata alle sue convinzioni.

Storia di una egiziana musulmana che si è convertita al cristianesimo di Fiby Abdel Messih Salib (Edizione Segno 2015)
L’autrice presenta la storia della sua conversione, la mancanza di soddisfazione nell’Islam e la rinascita dopo l’incontro con Gesù Cristo. Per questo è stata condannata a morte secondo le leggi islamiche, perseguitata dalla polizia della Sicurezza di Stato in Egitto e dai suoi stessi figli.

La grande cronologia – Tempo e spazio nel racconto biblico della storia di Meir Sternberg (San Paolo 2015)
Sternberg è uno studioso ebreo dell’Antico Testamento e critico letterario presso la Tel Aviv University. Nel suo libro riflette sull’ordine cronologico degli eventi biblici, sui salti temporali e sull’arte della narrazione della storiografia biblica.

Sindone segreta di Thomas De Wesselow (Piemme 2015)
Tra i molti libri pubblicati sulla Sindone in questo periodo merita la segnalazione del lavoro del laico De Wesselow, storico dell’arte medievale al King’s College di Cambridge. Lo studioso analizza le prove a favore e contro l’attribuzione della Sindone al telo che avvolse il corpo di Gesù confutando però la “teoria del dipinto” non solo su base scientifica, ma ricorrendo alla storia dell’arte medievale. In un’intervista al Telegraph De Wesselow si definisce un agnostico ma dopo il suo lavoro afferma di credere di più alla Sindone del Papa stesso, si è infatti convinto che si tratta del lenzuolo che avvolse Gesù.

Le cellule staminali e l’embrione. Elementi biologici e questione etica di Gabriele Semprebon (Edizioni Dehoniane Bologna 2015)
L’autore, bioeticista e membro del Comitato Etico provinciale di Modena, affronta gli aspetti biologici, sociali, etico-giuridici e religiosi che si intrecciano nella complessa questione delle cellule staminali. Il testo offre un quadro dell’universo scientifico ed etico attraverso la descrizione della natura di queste cellule, delle dinamiche della ricerca clinica e della loro reale applicazione in campo medico. Il volume si focalizza sulla riflessione etica e giuridica, in particolare sull’identità e lo statuto dell’embrione umano.

In catene per Cristo – Diari di martiri nella Cina di Mao di Gerolamo Fazzini (EMI Editrice Missionaria Italiana 2015)
Un documento tragico ed eccezionale scritto dai testimoni diretti che hanno subito lunghi anni di prigionia nei laogai cinesi di Mao, considerati pericolosi “nemici del popolo” solo perché cristiani. La violenza del comunismo ateo e maoista contro il cristianesimo è una pagina di storia troppo a lungo dimenticata e queste voci costituiscono una testimonianza di fede preziosa ancor oggi.

L’uomo oltre l’uomo – Per una critica teologica a Transumanesimo e Post-umano di Tiziano Tosolini (Edizioni Dehoniane Bologna 2015)
Il prof. Tosolini dirige il Centro studi asiatico dei missionari saveriani a Osaka (Giappone) ed è ricercatore al Nanzan Institute for Religion and Culture di Nagoya. Nel libro critica la correnti di pensiero denominate Transumanesimo e Post-umano, che guardano con favore alla creazione di un homo novus in grado di raggiungere perfezione, resistenza e stabilità psico-fisica esercitando nel contempo un controllo totale sull’evoluzione. Si può sostituire l’amore con il perfezionismo e la tecnologia? E la salvezza cristiana con una versione secolare di immortalità prodotta dall’uomo? Si può concepire la redenzione limitandola al solo corpo? E sostituire il creatore con esseri che si ritengono a tutti gli effetti co-creanti e non più bisognosi di alcun Dio?

Gender – L’anello mancante? di Giorgio Maria Carbone (ESD Edizioni Studio Domenicano 2015)
Il prof. Carbone, docente di Bioetica e Teologia morale alla Facoltà di Teologia dell’Emilia Romagna, si occupa del Gender, ovvero la moda del momento secondo cui ogni persona potrebbe scegliere e cambiare liberamente nel corso della sua vita il suo genere sessuale, a prescindere dalla sua identità genetica e anatomica. Il volume spiega chi e perché ha introdotto la distinzione tra genere e identità genetica e con metodo oggettivo e razionale analizza criticamente gli argomenti usati dai promotori.

La bella morte dell’ateismo moderno di Philippe Nemo (Rubattino Editore 2015)
Il noto filosofo francese, direttore del Centro di ricerche in Filosofia economica presso la prestiosa ESCP Europe, mostra come il filone di ricerche intellettuali sulle presunte colpe ed errori del cristianesimo ha esaurito la spinta iniziale. L’ateismo è morto di morte naturale, afferma, perché non ha saputo proporre una visione filosofica alternativa di un qualche valore e che offra un senso all’esistenza umana, nonostante l’abbondante tempo a disposizione.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

«Chi si oppone al matrimonio gay è socialmente pericoloso!»

Andre LeonardInvitiamo a leggere questo editoriale della rivista inglese Spiked tenendo a mente l’aggressione di qualche giorno fa ad un ragazzo romano colpevole di indossare una maglietta con disegnata sopra una famiglia, logo dell’associazione “Manif Pour Tous” (la stessa t-shirt che causò l’arresto di un padre di famiglia in Francia)

 
di Brendan O’Neill*
*editorialista di Spiked (marxista, libertario e non credente)

*da Spiked-online.com, 08/04/15
 

Per osservare come il dibattito sul matrimonio gay sia diventato una camicia di forza basta guardare all’Irlanda. Lì, il 22 maggio, ci sarà un referendum, con gli elettori chiamati a dire sì o no alla modifica della Costituzione in modo che il matrimonio sarà ridefinito come unione tra “due persone, senza distinzione di sesso”. Suona bene, vero? Un’opportunità reale per un elettorato di avere un dibattito e dire la sua sul futuro del matrimonio? No, non andiamo così veloci. .

La vigilia del referendum è stata quanto di più lontano da un dibattito aperto. I contrari al matrimonio gay sono quotidianamente demonizzati sui media, trattati quasi come eretici, come criminali. Sono accusati di provocare danni psicologici, bollati come “incitatori all’odio” e spesso costretti a fare pubbliche scuse semplicemente per aver espresso la convinzione che il matrimonio deve essere tra un uomo e una donna. Come ha detto uno scrittore dell’ Irish Independent: «Non è un dibattito, se da un lato non si può parlare». Il dibattito pubblico prima del referendum irlandese non è stato un dibattito, ha scritto, ma soltanto un “Due minuti d’odio” nei confronti di chi non pensa che il matrimonio gay sia la più grande idea mai partorita.

Praticamente l’intero establishment irlandese, a parte i vescovi e sacerdoti sempre più ininfluenti, sostiene il matrimonio gay (smentendo la rappresentazione della minoranza assediata che sta coraggiosamente lottando per i suoi diritti civili). Dal primo ministro, Enda Kenny, a praticamente tutti i media – in particolare l’Irish Times , la voce del minuscolo élite culturale di Dublino che imposta l’agenda morale e politica dell’Irlanda – ogni persona con potere sostiene il matrimonio gay. E non passa settimana che non si demonizzi l’altro lato, quello meno potente, il lato che, nell’opporsi matrimonio gay sta apparentemente danneggiando i cittadini, provocando la violenza e, ancor peggio, mettendo a repentaglio il futuro politico dell’Irlanda.

Come per tutti gli eretici della storia, gli oppositori irlandese del matrimonio gay sono accusati di danneggiare direttamente i cittadini. Così il mese scorso, la Psychological Society of Ireland (PSI) ha emesso un terribile avvertimento: la propaganda contro i matrimoni gay potrebbe avere un «impatto negativamente sulle persone» e le affermazioni a sostegno del matrimonio tradizionale potrebbero avere «implicazioni di vasta portata». Si rimprovera agli oppositori del matrimonio gay di promuovere idee che sono «in contrasto con le posizioni delle istituzioni professionali»– cioè, di aver osato sfidare i nuovi sacerdoti, rischiando una devastazione mentale e morale.

Come è stato sintetizzato, la PSI pensa che «il dibattito stesso abbia la possibilità di avere effetti negativi, sia psicologici ed emotivi, su adulti e bambini. Quindi la discussione è pericolosa; postulando una visione che contrasta con le prospettive dell’élite potrebbe causare danni emotivi». L’ Irish Times è andato oltre con la pubblicazione di un pezzo in cui si chiede l’istituzione di un “sorveglianza sull’omofobia” alla vigilia del referendum, in modo che le autorità possano «monitorare l’inevitabile retorica distruttiva che colorerà una parte del dibattito». E a quelli che gridano: “Che dire della libertà di parola?”, l’Irish Times ha una risposta semplice: «La libertà di parola non è un pass gratuito per infliggere trauma psicologico». Ovvero, le tue parole, i tuoi stessi pensieri, sono traumatici, socialmente destabilizzanti, e quindi non devono godere della libertà e non dovrebbero essere espressi.

Gli esperti stanno osservando che la rappresentazione degli oppositori al matrimonio gay come emotivamente dannosi sta avendo un impatto diretto sul dibattito, o meglio sul non dibattito. Si sta strangolando la discussione, soffocando la libertà d’espressione. Nelle parole di Eilis O’Hanlon sull’Irish Independent, i sostenitori del matrimonio gay sembrano meno interessati a «trovare la verità» che a «identificare se stessi come membri di una élite illuminata», in modo che tutto il percorso del referendum è «ridotto a una maggioranza di gentili liberali contro i cattivi conservatori cattolici». Uno scrittore per la Sunday Independent ha ammesso di sentirsi restio a esprimere le sue preoccupazioni sul comportamento della lobby pro-matrimonio gay. I suoi amici lo hanno avvertito di “stare attento”, perché «è a rischio di attacco». Come dice O’Hanlon gli «outsider sono demonizzati e perseguitati. Chi ha espresso il minimo riservo sul matrimonio omosessuale è stato etichettato come omofobo e bersagliato con hashtags e slogan su Twitter fino a quando non sia presentato alla folla o si sia pentito».

In tutto il mondo, l’istituzionalizzazione del matrimonio gay ha visto la partecipazione dell’autoritarismo che John Stuart Mill chiamava «la tirannia dell’opinione prevalente». Dal gas antisommossa della polizia francese sui manifestanti contro il matrimonio gay alla caccia alle streghe degli attivisti americani ai capi aziendali o ai ristoranti di provincia che si rifiutano di allietare il matrimonio gay. Perché il movimento matrimonio gay è così intollerante? Pur avendo l’appoggio di quasi ogni figura potente in Occidente, da Barack Obama a David Cameron, da Apple a Goldman Sachs, e nonostante sia stato trasformato dai media nella grande e indiscutibile causa, quasi sacra, della nostra epoca, ancora gli attivisti del matrimonio gay cercano di umiliare tutti coloro che oppone loro esistenza. Con le parole del giornalista americano Damon Linker , il movimento matrimonio gay sembra deciso all’«abbattimento delle visioni rivali».

Perché allora questo illiberalismo, questa intolleranza e bruttezza? Perché il matrimonio gay non è realmente in grado di espandere la libertà, piuttosto esso rappresenta l’emergere di una nuova moralità post-tradizionalista, un tentativo delle élite occidentali di ridefinire se stesse e le loro missioni morali. Il matrimonio gay è diventato il mezzo privilegiato attraverso cui i nostri governanti vogliono auto-istituzionalizzarsi come nuovi pseudo-progressisti, creando una nuova morale non più basata sui vecchi ideali della famiglia, dell’impegno e della privacy, ma attorno ai nuovi valori del relativismo (tutte le relazioni sono uguali), del non giudizio (chi siamo noi per dire che una mamma e papà sono meglio di due mamme?), e del liberalismo illiberale. La prospettiva politica centrale, con la scusa di costruire un nuovo consenso liberale, è quella di censurare e punire tutti coloro che si discostano da questo consenso. La ragione per cui l’élite delle classi politiche sono così istintivamente ostili alla critica del matrimonio gay è perché hanno investito in esso moltissimo della loro riabilitazione morale.

La ragione per cui la classe politiche e mediatica irlandese vuole, o meglio, ha bisogno della modifica della Costituzione è perché pensano che la legalizzazione del matrimonio gay aiuterà a ringiovanire l’Irlanda del XXI secolo. Il Ministero dell’infanzia ha affermato che se l’Irlanda non legalizzerà il matrimonio gay allora «invierà un messaggio cattivo a livello internazionale», mentre il primo ministro Kenny ha detto che con la legalizzazione del matrimonio gay  si «lancerà un forte segnale a livello internazionale che l’Irlanda si è evoluta in una nazione giusta, compassionevole e tollerante». Tutto questo parlare di “invio dei segnali” al mondo mostra come il matrimonio gay è assolutamente diventato centrale per il progetto delle èlite occidentali di costruire una nuova visione del mondo morale. Il fatto che così tanti sostenitori dei diritti dei gay acconsentono a questa politicizzazione e allo sfruttamento dei loro stili di vita da parte delle élite è notevole. Che coloro che detengono una visione divergente sul matrimonio gay vengano messi a tacere è invece uno scandalo.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Miracoli, le deboli obiezioni di Garlaschelli e Cecchi Paone

Strada miracoliMartedì sera il programma televisivo “La strada dei miracoli” ha mostrato le forti limitazioni che lo contraddistinguono: un grosso calderone su diversi fenomeni, privo di qualunque necessario approfondimento. La conduzione è affidata ad una giornalista, Safiria Leccese, costantemente in corsa contro il tempo per poter restare nei tempi, tanto da interrompere continuamente gli invitati (purtroppo tanti opinionisti e vip televisivi). Si salvano l’ottima presenza fissa di don Davide Banzato (finalmente un prete cattolico e non i soliti don Mazzi e altri preti anticlericali) e l’orientamento non ideologicamente preconcetto della trasmissione.

La puntata è stata dedicata a Lourdes, al sangue di San Gennaro e alle lacrime della Madonnina di Civitavecchia. In studio la controparte è stata affidata ad Alessandro Cecchi Paone e Luigi Garlaschelli, responsabile scientifico del CICAP. Due scettici, seppur rispettosi, che hanno entrambi mostrato la poca consistenza delle obiezioni a questi fenomeni, rivelando una posizione pregiudizievole. Molto divertenti, invece, le espressioni sconsolate di Cecchi Paone, con ripetuti scuotimenti della testa in segno di disapprovazione, durante i filmati che ricostruivano gli eventi, perlomeno quando si accorgeva di essere ripreso dalle telecamere. I trucchi del mestiere, imparati anche dai politici, li conosce bene.

 

Sui fatti di Lourdes è stato commesso il solito errore nel dare spazio quasi soltanto alle testimonianze personali dei miracolati -racconti bellissimi e commoventi- piuttosto che alle procedure attraverso le quali l’Ufficio Medico di Lourdes e il Comitato Medico Internazionale affrontano i casi di guarigioni inspiegabili. Nessuna parola sui criteri utilizzati, sul fatto che qualunque medico -credente o non credente, l’importante è che si autoqualifichi- può recarsi all’Ufficio medico di Lourdes per assistere e visitare i pazienti che asseriscono di essere guariti. Nessuna intervista, purtroppo, agli specialisti che hanno accertato l’inspiegabilità e l’eccezionalità delle guarigioni (per essere accettate devono essere certificate, istantanee, complete e definitive), tanto meno ai medici curanti prima del viaggio a Lourdes che hanno firmato le cartelle cliniche. Un’occasione persa, ancora una volta.

Il programma, dicevamo, ha invece preferito sottolineare più volte le sensazioni dei pellegrini che escono dalle piscine in cui si sono immersi, così come sulle presunte capacità terapeutiche dell’acqua (smentite dagli studi realizzati su di essa, la quale è soltanto un simbolo attraverso cui può arrivare la guarigione). E’ stato facile per Cecchi Paone ricordare -giustamente- che il calore percepito è conseguenza della vasocostrizione dei vasi sanguigni in reazione al contatto della pelle con l’acqua fredda. Sarebbe stato opportuno invece smentire il luogo comune che il miracolo vero sarebbe quello di non venire contagiati dalle malattie di coloro che si sono immersi prima: è stato infatti dimostrato che nelle piscine di Lourdes ci sono meno batteri che nell’acqua di un fiume che raccoglie altre acque sporche. La ragione per cui non avviene un’infezione è dovuta inoltre alla brevissima immersione ad una bassa temperatura dell’acqua (12-14°). Ogni due settimane viene cambiata l’acqua e dal 1992 è stato installato un sistema elettrico di filtraggio e di depurazione in costante attività (C. Yves, Inchiesta sui miracoli di Lourdes, Lindau 2006, p. 61,62).

 

Sul prodigio del sangue di San Gennaro si sono verificate le prime “vere” obiezioni della controparte scettica in trasmissione, sopratutto da parte del chimico Luigi Garlaschelli (già noto per il flop della “seconda Sindone” che ha realizzato utilizzando materiali disponibili anche nel Medioevo, il cui risultato è stato talmente scadente da essere utilizzato come prova per sostenere l’impossibilità a riprodurre l’immagine sindonica). La trasmissione ha mostrato un buon filmato sull’accertamento scientifico della presenza di sangue all’interno dell’ampolla grazie all’analisi spettroscopica. In particolare sono intervenuti il prof. Pierluigi Baima Bollone, ordinario di Medicina legale nell’Università di Torino (l’unico ad aver studiato direttamente l’ampolla) e il prof. Giuseppe Geraci, professore emerito di Biologia molecolare dell’Università di Napoli.

La tesi storica di Garlaschelli è che invece si tratterebbe di una sostanza con proprietà tissotropiche capace di mutare di stato (da solido a liquido e viceversa) tramite scosse e vibrazioni: affermazione puramente speculativa. Nel 1991 il chimico è stato smentito pubblicamente proprio dal prof. Geraci il quale, nel filmato mandato in onda durante la puntata, ha ricordato i fatti e le parole che disse a Garlaschelli: «”Lei è uno spettroscopista?”, chiesi a Garlaschelli. Lui mi rispose: “No”. Allora io gli domandai: “Come fa allora a parlare di cose di cui non sa?”». Il militante ricercatore del CICAP, come si vede nel video qui sotto, ha assistito infastidito alle parole del prof. Geraci ma, ottenuta la possibilità di replicare non ha saputo controbattere, preferendo invece concentrarsi sulla dimostrazione del comportamento di una sostanza dalle proprietà tissotropiche. Sforzo inutile in quanto è stato dimostrato dall’analisi spettroscopica che all’interno dell’ampolla c’è sangue e non una sostanza dalle proprietà tissotropiche: l’ostinazione verso questa tesi rifiutando/ignorando il responso degli studi e non intervenendo nel dibattito accademico è un evidente segno di preconcetto, dunque di inattendibilità. Per chi volesse approfondire segnaliamo il nostro apposito dossier.

 

Qui sotto il video della reazione imbarazzata del prof. Garlaschelli (ci scusiamo per il leggero fuori sincro)

 

Sulla lacrimazione della Madonnina di Civitavecchia, fenomeno non ancora riconosciuto dalla Chiesa, è toccato sopratutto ad Alessandro Cecchi Paone mostrare la debolezza delle obiezioni. Il filmato che ha presentato i fatti, realizzato dalla trasmissione televisiva, ha giustamente sottolineato l’intervento giudiziario della Procura della Repubblica che, dopo aver ascoltato oltre 50 testimoni oculari della lacrimazione della statua, tra cui numerosi giornalisti, funzionari della polizia di Stato e vigili della Municipale (compreso il comandante), ed aver analizzato la statuetta di gesso, ha concluso negando qualunque tipo di truffa, frode e dimostrando l’assenza di marchingegni interni alla statua e attribuendo la causa del fenomeno alla suggestione collettiva oppure ad un fatto soprannaturale. Come abbiamo sottolineato nel nostro dossier, tuttavia, la prima ipotesi è stata screditata dalla stessa Procura la quale ha effettivamente certificato la lacrimazione della statua negando dunque la possibilità di una suggestione di massa, a prescindere già difficile a credersi.

 

Qui sotto il filmato sulle indagini della Procura della Repubblica (ci scusiamo per il leggero fuori sincro)

 

Ancora una volta Garlaschelli ha ignorato i fatti accertati dalla Procura della Repubblica ed è partito dalla sua tesi preconcetta: qualcuno, ha sostenuto, avrebbe spruzzato sul volto della madonnina del sangue e contemporaneamente si sarebbe bucato un dito per creare la lacrimazione. Ovviamente questo implica che la Procura avrebbe svolto male le indagini dato che ha archiviato l’ipotesi della frode, così come andrebbero indagati per falsa testimonianza oltre 50 testimoni oculari -compresi agenti della polizia di Stato e della polizia municipale- che sotto giuramento hanno testimoniato la lacrimazione della statuetta mentre era protetta da un cordone di sicurezza istituito proprio per impedire a chiunque di avvicinarsi.

Se si considera infine che Garlaschelli non ha nemmeno argomentato o giustificato la sua tesi, limitandosi a proporla come ipotetica alternativa (dunque di peso equivalente a chi afferma che il fenomeno sarebbe di origine satanica o prodotto dagli alieni ecc.), è inevitabile non poterlo prendere sul serio nemmeno questa volta. Cecchi Paone, accortosi di questa contraddizione (oltre ad urlare frasi del tipo “è evidentemente un trucco!”), ha replicato affermando: «però non l’ho vista io lacrimare, crederò soltanto quando la vedrò lacrimare io stesso». Le obiezioni prodotte dagli scettici dunque sono: (1) Il fenomeno non è avvenuto perché Cecchi Paone non ha assistito in prima persona e (2) il fenomeno è un inganno perché Garlaschelli sostiene la “tesi della spruzzata di sangue”, anche se è un’ipotesi priva di un quadro indiziario nonché smentita dalle indagini della Procura della Repubblica. Per chi volesse approfondire segnaliamo il nostro apposito dossier.

 

E’ legittimo non credere ai miracoli, gli stessi credenti non sono tenuti a credervi perché la loro fede non si basa su apparizioni, lacrimazioni, miracoli eucaristici o prodigi, essi possono solo essere segni di conferma e di aiuto nella fede. Chi vuole però tentare di obiettare ai fatti dovrebbe utilizzare argomenti migliori e non farsi condizionare così pesantemente dal proprio bias (o pregiudizio interiore). Purtroppo né Alessandro Cecchi Paone né Luigi Garlaschelli si sono dimostrati all’altezza.

La redazione

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace