La prova del cristianesimo in Arabia, un secolo prima dell’Islam

La scoperta archeologia in Giordania di un’iscrizione commemorativa è la prima prova della presenza del cristianesimo nell’Arabia preislamica. Nella scritta Gesù viene chiamato “Isa”, lo stesso termine che verrà usato più tardi dagli autori del Corano. Una riflessione anche sulla storicità delle fonti islamiche.

 
 
 

Il cristianesimo era già presente in Arabia, prima dell’Islam?

Fino ad oggi la presenza antica del cristianesimo era nota solo tramite fonti letterarie, come gli scritti di San Girolamo, ma una recente scoperta archeologica proverebbe concretamente l’esistenza di tribù cristiane nell’Arabia preislamica.

Nelle vaste distese del deserto a est del fiume Giordano, infatti, sono state rivenute antiche iscrizioni che recano croci ed utilizzano una terminologia inconfondibilmente cristiana.

 

L’inscrizione cristiana in Giordania risalente al IV secolo

Lo ha spiegato Ahmad Al-Jallad, filologo, epigrafo e storico del linguaggio della Ohio State University, specializzato in storia dell’Arabia.

Scrivendo su Biblical Archaeology Review del nuovo trimestre, lo studioso ha infatti presentato gli affascinanti risultati della sua missione del 2019 nel Wadi al-Khudari, a nord-est della Giordania quando ha rinvenuto centinaia di antiche iscrizioni risalenti a nomadi che vagavano in queste regioni quasi due millenni fa.

I luoghi di ritrovamento e la distribuzione di queste iscrizioni indicano le rotte ed i siti temporanei che le tribù arabe usavano per cacciare animali selvatici e pascolare il bestiame e sono ricche di informazioni storiche e culturali. «Le tribù che dimoravano in questo ambiente marginale», ha spiegato Al-Jallad, «lasciarono resti archeologici, dal Neolitico ai tempi moderni».

«I nomadi dell’Arabia settentrionale iniziarono ad usare la scrittura già all’inizio del I millennio a.C.», ha proseguito, «scolpendo decine di migliaia di iscrizioni rupestri nel loro dialetto locale, uno dei primi dialetti arabi, che gli studiosi moderni hanno chiamato safaitico».

Una tra queste, in particolare, documenta la primissima penetrazione del cristianesimo e risale probabilmente al IV secolo d.C.

Si tratta di un’iscrizione commemorativa, cioè in memoria di una persona deceduta. Si compone di tre parti (evidenziata nel cerchio rosso della foto): il nome dello scrivente (Wahb-El) e la sua genealogia, la commemorazione dello zio defunto e un’invocazione religiosa: «O Īsay (‘sy), aiutalo contro coloro che ti negano».

Non ci sono dubbi sul fatto che lo scrittore (e forse anche suo zio) fosse cristiano.

Un’altra cosa interessante è l’uso di Isay come nome di Gesù, lo stesso che utilizzeranno in seguito gli autori del Corano.

 

Il Corano antecede Maometto e l’Islam?

Mentre questa iscrizione “cristiana” è datata al IV secolo (300-400 d.C.), l’analisi al radiocarbonio del più antico frammento del Corano, il cosiddetto Corano di Birmingham, condotta dagli scienziati della University of Oxford nel 2015, lo ha datato tra il 568 ed il 645 d.C.

La presenza cristiana in Arabia precede quindi il Corano di oltre un secolo e conferma l’uso cristiano (e non solo musulmano) del nome Isa per indicare Gesù.

A tal proposito ricordiamo che il responso della datazione del Corano di Birmingham riscrive e complica enormemente la storicità delle fonti islamiche in quanto il manoscritto ritrovato antecede, seppur non di molto, la vita del profeta Maometto (vissuto tra il 570 d.C. e il 632 d.C.) e la fondazione stessa dell’Islam (intorno al 610 d.C.).

Mentre per i musulmani il Corano sarebbe stato dettato direttamente da Dio al profeta Maometto, «la scoperta rinforza teorie attualmente considerate molto controverse riguardo alla scrittura del Corano», spiegò Keith Small della Bodleian Library di Oxford. «Secondo queste teorie Maometto e i suoi seguaci usarono un testo già esistente e lo modificarono per adattarlo alla propria agenda politica e teologica».

 

«Il Corano prese spunto da testi cristiani precedenti»

Secondo Massimo Campanini, docente di Studi islamici all’università di Trento, il manoscritto di Birmingham confermerebbe invece l’autenticità del Corano e la bontà della tradizione islamica sulla sua genesi, «da anni si sa che gli estensori materiali del libro sacro hanno tratto spunto anche da scritti antecedenti, ebraici e cristiani. Non a caso Maometto ha sempre considerato l’islam come un aggiornamento del cristianesimo e dell’ebraismo».

Effettivamente la presenza di testi evangelici nel Corano è un fatto piuttosto accertato, ne parlavamo su UCCR nel 2016.

In linea generale, però, non essendoci però una vera e proprio analisi critica delle fonti islamiche (come invece è da secoli attuata per quelle cristiane) è difficile capire chi ha ragione.

Probabilmente Campanini la risolve fin troppo facilmente, è noto infatti che l’autentica tradizione islamica afferma invece la Asbab al Nuzul, la discesa diretta (dettatura) del Corano da parte di Allah.

Il fatto che potesse anticipare lo stesso Maometto e contenere testi cristiani ed ebraici ne mette inevitabilmente a dura prova l’originalità (quindi indirettamente l’autenticità), considerando che si tratta del fondamento della religione islamica.

La redazione

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3 commenti a La prova del cristianesimo in Arabia, un secolo prima dell’Islam

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  1. Sisco ha detto

    Per quanto mi riguarda uno dei due ladroni a fianco al Cristo potrebbe essere quel Isa del quale si parla nell’articolo… e l’altro lo stesso Allah.

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