Buzz Aldrin, l’astronauta che fece la Comunione sulla Luna

Nel 1969 i membri dell’Apollo 11, Buzz Aldrin e Neil Armstrong, furono i primi a toccare la superficie lunare ma anche a celebrare l’Eucarestia al di fuori della Terra: «Nessun modo migliore per ringraziare Dio».

 
 
 

Da poche ore Samantha Cristoforetti ed i membri della capsula Crew Dragon Freedom hanno raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale.

Ogni missione spaziale porta alla mente quella più celebre avvenuta il 20 luglio 1969, quando l’Apollo 11 portò per la prima volta due umani sulla Luna, i loro nomi erano Neil Armstrong e Buzz Aldrin.

Una volta atterrati, prima di poter aprire i portelloni, i due astronauti dovettero aspettare alcune ore.

 

Buzz Aldrin portò con sé l’ostia e il vino consacrati

Aldrin, nell’attesa di scendere, volle fare qualcosa di inaspettato, che nessun uomo aveva mai fatto prima: prese parte al primo sacramento cristiano mai celebrato al di fuori della Terra, il rito dell’Eucarestia.

Il compagno di Armstrong, infatti, oltre ad essere astronauta era anche un membro della Chiesa presbiteriana e prima di dirigersi nello spazio ottenne il permesso speciale dal vescovo di portare con sé l’ostia ed il vino già consacrati.

Molti suoi colleghi, prima di Aldrin, avevano pregato nello spazio Gli astronauti dell’Apollo 8, ad esempio, avevano letto il Libro della Genesi durante il loro collegamento nel giorno di Natale del 1968, quando furono i primi umani a orbitare attorno alla luna.

Entrambi gli astronauti, sia Armstrong che Aldrin, erano totalmente consapevoli dell’importanza della loro missione: «E’ stata il culmine del lavoro di 300.000 o 400.000 persone in un decennio e le speranze e la reputazione della nazione si basavano in gran parte sul risultato della missione», ricordò successivamente Neil Armstrong.

 

L’Eucarestia a bordo dell’Apollo 11

Mentre i due uomini si preparavano per la camminata sulla superficie lunare, Aldrin si rivolse al sistema delle comunicazioni e parlò con l’equipaggio sulla Terra: «Vorrei richiedere alcuni momenti di silenzio», disse. «Vorrei invitare ogni persona ad ascoltare, ovunque e in qualunque luogo, a contemplare per un momento gli eventi delle ultime ore e ringraziare a modo suo».

Quindi prese il vino ed il pane consacrati che aveva con sé, lesse alcuni brani delle Scritture, mangiò e bevve. Armstrong assistette in raccoglimento ma non partecipò all’Eucarestia. Il motivo non è noto, furono direttive della NASA oppure una sua personale decisione.

Nel 1988, vent’anni dopo, Armstrong si recò tuttavia a Gerusalemme assieme a Thomas Friedman, professore di archeologia biblica, volendo visitare i luoghi in cui poteva essere certo che Gesù avesse camminato. Di fronte al tempio costruito da Erode il Grande, l’astronauta si raccolse in preghiera e si rivolse a Friedman con queste parole: «Per me, aver camminato su queste scale, ha un significato maggiore dell’aver camminato sulla Luna».

 

Il crocifisso di Samantha Cristoforetti

Per coloro che vanno nello spazio è evidente ed inevitabile la domanda sul significato di ciò che vedono, il senso religioso è stimolato in maniera profonda.

Per questo, ad esempio, nel 1994 tre astronauti cattolici presero la Santa Comunione a bordo dello Space Shuttle Endeavour, mentre l’astronauta israeliano Ilan Ramon recitò la preghiera ebraica di Shabbat Kiddush.

Il cosmonauta ortodosso Sergei Ryzhikov portò con sé una reliquia di San Serafino di Sarov, mentre nel 2011 Papa Benedetto XVI si collegò con gli astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Nel 2014, sempre all’interno della Stazione spaziale internazionale, alcune immagini hanno mostrato alle spalle dell’italiana Samantha Cristoforetti e dei suoi colleghi, delle icone cristiane e un crocifisso appesi alle pareti della navicella.

 

Fu la cosa giusta da fare?

Nel suo libro di memorie pubblicato nel 2010, Buzz Aldrin si è domandato se avesse fatto la cosa giusta celebrando l’Eucarestia cristiana nello spazio. «Siamo andati sulla Luna in nome di tutta l’umanità, siano essi cristiani, ebrei, musulmani, animisti, agnostici o atei», scrisse.

Eppure, aggiunse, «allora non riuscii a pensare ad un modo migliore per riconoscere l’esperienza dell’Apollo 11 che ringraziare Dio». E’ il Salmo 8, infatti, che sottolinea la sproporzione tra l’immenso disegno di Dio e la piccolezza dell’uomo: «Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi ed il figlio dell’uomo perché te ne curi?».

La redazione

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