La croce di Cristo: un nuovo libro conferma la veridicità della tradizione

indagine crocePubblichiamo qui di seguito l’invito alla lettura di Massimo Olmi, scrittore e studioso di storia antica, al suo ultimo libro, intitolato “Indagine sulla croce di Cristo” (Lindau 2016).

 

La forma dello strumento di supplizio utilizzato per Gesù Cristo ha dato origine, com’è noto, al più importante simbolo della religione cristiana. La croce rappresenta l’oggetto attraverso il quale Cristo terminò la sua vita terrena dando inizio al disegno salvifico della risurrezione. Si dice che Dio salvò gli uomini per mezzo del legno della croce, facendo scaturire la vita proprio da dove era venuta la morte. Il demonio, che aveva vinto gli uomini tramite l’albero del paradiso terrestre, fu sconfitto, per mezzo di Cristo, dall’albero della croce.

Nonostante le numerose rappresentazioni della croce e della crocifissione, bisogna dire che oggi non tutti ritengono che Gesù sia stato appeso ad una croce tradizionale, come una di quelle, per intenderci, che campeggiano sui campanili delle chiese: la cosiddetta croce latina. Per qualcuno, infatti, la croce di Cristo aveva la forma della lettera T e per qualcun altro Gesù morì su un semplice palo.

Da un attento esame delle fonti storiche emerge che la tradizione cristiana ha sempre avuto ragione: lo strumento di supplizio a cui fu affisso Gesù era formato principalmente da due legni incrociati, di cui quello verticale sporgeva in alto oltre la traversa. Contrariamente a quanto vuole la tradizione cristiana, oggi viene anche detto che la croce di Cristo doveva essere piuttosto bassa. Renan sosteneva la stessa cosa: per lui i piedi dei condannati toccavano quasi il terreno. Ma dai testi antichi si ricava che le croci potevano essere sia basse che alte e che “quella” croce forse non era proprio così bassa come qualcuno sostiene, forse per sminuire la solennità della scena della crocifissione.

Un altro problema riguarda la Via Crucis, ossia la lunga strada della sofferenza che ha avuto il suo punto di arrivo sul Golgota. La voce autorevole di molti studiosi afferma che il condannato portava su di sé soltanto il patibulum, ossia il legno orizzontale, mentre lo stipes, cioè il legno verticale, si trovava già piantato nel terreno sul luogo dove la condanna sarebbe stata eseguita. Anche in questo caso, una minuziosa ricerca sui testi antichi sembra sfatare, almeno in parte, questo luogo comune. Presso i Romani, infatti, erano in uso entrambi i modi di portare il legno del supplizio. È dunque possibile che le tradizionali rappresentazioni della Via Crucis, in cui Gesù porta l’intera croce, corrispondano effettivamente al vero.

Altra vexata quaestio riguarda i chiodi: il loro numero, la loro collocazione. Gesù fu inchiodato alle mani o ai polsi? I chio­di furono conficcati soltanto nelle mani o anche nei piedi? E i piedi vennero inchiodati separatamente o sovrapposti? Altrettanto dibattuto è il problema che riguarda il ritrova­mento della croce. Secondo un racconto che si è affermato nel tempo, fu l’imperatrice Elena, madre di Costantino, che si recò personalmente a Gerusalemme per cercare il luogo preciso del sacrificio di Cristo. Qui, i pagani avevano occultato ogni possibi­le segno di riconoscimento e avevano eretto una statua dedicata alla dea Venere. Elena fece asportare il materiale di copertura e rinvenne tre croci. Alcuni storici antichi, tra cui Rufino, narrano che il riconoscimento del lignum cui fu appeso Gesù avvenne attraverso un miracolo, mentre per sant’Ambrogio la croce fu riconosciuta per via del titulus, ossia la tavoletta fatta affiggere alla croce da Pilato e recante il motivo della condanna. Esaminando tutte le testimonianze antiche concernenti il ritrovamento della Vera Croce si giunge alla conclusione che entrambe le versioni, sebbene appaiano contrastanti, possono essere attendibili.

Ma ciò che molti non conoscono, è l’esistenza di alcuni antichi scritti secondo i quali, a non moltissimi anni di distanza dal giorno della crocifissione, ai cristiani fu consentito di avvicinarsi al luogo del supplizio e di poter custodire il legno della croce. In seguito, all’epoca di Traiano, scoppiò una persecuzione contro i cristiani e Simeone figlio di Cleopa, secondo vescovo di Gerusalemme, fu portato in tribunale e condannato a morte. In quell’occasione, il giudice ordinò che la preziosa reliquia fosse consegnata agli accusatori, i quali la seppellirono “venti braccia sotto terra”. Si tratta solo di leggende?

In Indagine sulla croce di Cristo si parla anche di altre reliquie sacre, tra cui la cosiddetta Lancia di Longino e la Corona di Spine. Un lungo capitolo è dedicato inoltre ad alcune note mistiche del passato, principalmente Anna Katharina Emmerick e Maria Valtorta, le cui visioni inerenti la crocifissione di Cristo sono state esaminate e messe a confronto. L’autore precisa che tali visioni, pur non avendo un valore scientifico, non possono non incuriosire il lettore. Alcuni noti studiosi, infatti, ci fanno notare che Anna Katharina Emmerick non si mosse mai dalla Germania, eppure fornì precise informazioni sulla casa della Madonna ad Efeso, che permisero ad un ricercatore francese di ritrovarla a nove chilometri a sud della città sulle pendici del monte Solmisso prospicienti al mare, proprio com’era stato “visto”. Inoltre, molte informazioni fornite dalla veggente sulla comunità degli esseni sono state confermate dai famosi rotoli rinvenuti a Qumran più di un secolo dopo la scomparsa della monaca.

E per quanto riguarda Maria Valtorta, lo studioso Jean-François Lavère, che ha confrontato le descrizioni della mistica riguardanti la topografia, l’archeologia, i dati storici e geografici con le fonti oggi in nostro possesso e con le più recenti scoperte archeologiche, è giunto a sorprendenti conclusioni.

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5 commenti a La croce di Cristo: un nuovo libro conferma la veridicità della tradizione

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  1. Vincent Vega ha detto

    Ringrazio la Redazione per l’articolo, faccio solo notare che la veridicità della crocifissione di Cristo non è più discussa ormai da decenni in ambito accademico.
    In ambito dilettantesco si, dai soliti anticristiani e Testimoni di Geova assortiti, che però hanno il piccolo difetto di avere, a livello storico, la stessa preparazione e lo stesso impatto che un creazionista protestante della terra giovane (quelli che affermano, prendendo Genesi alla lettera, che la terra avrebbe circa 6000 anni di età) ha in ambito scientifico.

  2. Dario* ha detto

    Se i condannati alla croce descritti nei Vangeli fossero stati posti in basso, non sarebbe stato un modo quantomeno scomodo di ucciderli quello di spezzare loro le gambe? La mia modesta opinione è che spezzavano loro le gambe in quanto erano la parte del corpo più comodamente accessibile, il che vorrebbe dire che i condannati erano appesi piuttosto in alto. Ovviamente faccio riferimento all’episodio narrato nei Vangeli perché, come giustamente esposto nell’articolo, i Romani non è che avessero un formato standard unico delle croci e del metodo che utilizzavano per eseguire le condanne a morte

    • Erdo ha detto in risposta a Dario*

      Da quel che ricordo, la posizione alla quale viene forzato un condannato alla croce impedisce di respirare con la sola forza del diaframma. Ciò costringe il condannato a doversi spingere con le gambe per riuscire a respirare. Questo i romani dovevano saperlo e, se non ricordo male, spezzavano le gambe proprio per impedire questa manovra e accelerare così la morte per soffocamento. Nel caso di Gesù questo non avvenne perché era già morto quando fu il momento di farlo (lo verificarono trafiggendolo al torace con la lancia).

      • Dario* ha detto in risposta a Erdo

        Si, sono d’accordo, ma il punto è che se i condannati fossero stati posti in basso magari gli davano una botta in testa mentre avevano adottato l’usanza di rompere loro le gambe perché le gambe erano più a portata. Analogamente, il costato di Gesù è stato trapassato da una lancia sempre perché era posto in alto, altrimenti una daga sarebbe bastata e non sarebbe servita neppure la canna su cui mettere la spugna per abbeverarlo

  3. Andrea ha detto

    Che Gesù Cristo abbia portato l’intera croce e non solo il palo orizzontale è suffragato anche dal fatto che i Romani evitavano di aizzare gli Ebrei in materia religiosa e lasciare, durante la Pasqua, il palo verticale in piena vista per chi passase di lì sarebbe stato un affronto in quanto si trattava di uno strumento di morte e quindi di un oggetto impuro.

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