Immigrazione: Papa Francesco e il card. Giacomo Biffi hanno ragione

immigrazioneSi parla molto in questo periodo di immigrazione, il contesto attuale è però spesso ideologizzato ed è necessaria una premessa di metodo fondamentale. Non si tratta di valutare opinioni politiche di destra o sinistra. O di strategia italiana, o europea, o americana. O di approccio antropologico esclusionista-razzista o inclusionista-irenista. Si tratta di riflettere oggettivamente e scientemente su un attuale duplice fenomeno storico che è sofferto, tangibile, innegabile, e che ha pochi precedenti nella storia mondiale:

1) La massiccia immigrazione di profughi fuggiti da guerre e miserie, di cultura prevalentemente islamica, nell’Europa di tradizione cristiana (più di un milione di richiedenti asilo nella sola Germania nel 2015);
2) La crescita dell’Islam radicale, con recrudescenza di aggressioni e attentati da parte di fondamentalisti islamici contro islamici moderati e occidente di tradizione cristiana (su questo si veda l’inquietante, nella sua cruda oggettività, report sempre aggiornato nel sito thereligionofpeace.com).

E mi sia permesso anche di attingere ai miei ricordi ed esperienze personali, citando due casi che mi sembrano illuminanti e paradigmatici su questo duplice fenomeno:
mio “fu” babbo Giovanni, che negli anni ’60 emigrò temporaneamente dalla laboriosa ma non ricca campagna romagnola verso l’Eldorado della Germania, dove ha lavorato, pagato le tasse, rispettato le leggi;
un bambino di origine islamica di circa 10 anni di una scuola elementare dove insegnavo qualche anno fa, che un giorno si rifiutò di entrare in un’aula con sole bambine, ma che alla fine acconsentì dicendo: “Ci vado, ma vedrete qui quando comanderemo noi!”, riecheggiando sicuramente quanto sentito da qualche adulto.

I due estremi della questione sono appunto questi, e la verità sta (aristotelicamente) nel giusto mezzo. O meglio nell’insieme. Nei fenomeni migratori è ovviamente giusto e doveroso accogliere i migranti, per motivi religiosi e umanitari (“Ero straniero e mi avete accolto”, Mt 25,35), cercando di concedere tranquillità, serenità, futuro a chi sfugge da guerre, persecuzioni, miseria. E anche per pragmatici motivi demografici, particolarmente sentiti nell’Italia a bassa fertilità che tra pochi decenni non sarà più in grado di mantenere i troppi anziani tramite il lavoro dei pochi giovani.

Ma all’estremo opposto, sarebbe illogico e insensato accogliere tutti indiscriminatamente, inclusa la minoranza di persone radicali e fondamentaliste islamiche che non fuggono da guerre e miseria, ma si presentano alle coste e frontiere europee con l’intento di “gettare il terrore nei cuori dei miscredenti” (Corano 8,12), assoggettare le donne che costituiscono “la maggior parte degli abitanti dell’Inferno di Fuoco” (hadith Al-Bukhari 1,301 e altri), e cercano di “uccidere, catturare, assediare, tendere agguati” agli associatori-politeisti cristiani (Corano 9,5). Passi che, va precisato, la maggioranza moderata di islamici si guarda bene dal prendere alla lettera e contestualizza al periodo storico delle origini.

Dunque serve accoglienza, sì. Ma con integrazione. Cioè col rispetto da parte di chi arriva (perlopiù islamici) verso religione e cultura di chi accoglie (perlopiù cristiani). Lo disse anni fa il compianto card. Giacomo Biffi, in una catechesi pubblica di una serata dell’autunno 2000 a Bologna, alla quale partecipai. In quel contesto la frase scorse via come olio sull’acqua, tanto era scontata e banale alle orecchie dei presenti. Ma nei giorni seguenti Biffi fu pubblicamente “crocifisso” da molta parte della stampa nazionale, additato come razzista e islamofobo.

A quanto pare la cronaca e la storia successiva sembrano avergli dato fattivamente ragione. Forse complice l’indignazione pubblica per gli attentati di Parigi (novembre 2015) e le aggressioni sessuali a Colonia e altre città (capodanno 2015), è passato praticamente sotto silenzio il recente discorso di papa Francesco (11 gennaio 2016) dove ha nuovamente esortato all’accoglienza dei migranti, sottolineando però anche che “chi è accolto… ha il dovere di rispettare i valori, le tradizioni e le leggi della comunità che lo ospita”. E il successivo 12 gennaio 2016 il segretario della CEI, mons. Nunzio Galantino, ha ribadito gli stessi concetti: “Guarda [immigrato] che tu vieni in una realtà che ha delle norme precise, delle regole precise. Io ti chiedo di accogliere queste regole e queste norme, io rispetterò le tue, ma finché non tendono a sopraffare le mie”.

In entrambi questi casi recenti la mancata divulgazione, e soprattutto la mancata contestazione, è un significativo indice di come il sentire comune sia notevolmente cambiato, rendendosi conto della problematicità della situazione e della doverosa necessità di associare immigrazione a integrazione. Situazione che, precisa Galantino, ormai non è un’emergenza occasionale ma un dato di fatto continuo.

Roberto Reggi

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22 commenti a Immigrazione: Papa Francesco e il card. Giacomo Biffi hanno ragione

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  1. non_del_mondo ha detto

    Bell’articolo, mi ha fatto riflettere. Il punto è: supposto che chi siede sulle poltrone italiane abbia a cuore il benessere sociale, come si fa a distinguere (discriminare! lo dico apertamente) tra i poveracci che fuggono da tante sfortune e gli estremisti? cioè mi pare roba non da poco…..

  2. Dario* ha detto

    Riguardo allo stupro di massa di Colonia c’è da aggiungere una cosa: si tratta di un’usanza islamica (per la precisione non è condivisa da tutto l’islam ma non esiste al di fuori di esso) con un nome preciso ovvero “taharrush gamea”. Capiamoci, non serve essere filologi per capire che se una cosa non è ricorrente non c’è motivo di dargli un nome e che, se una cosa ha una sua precisa denominazione, vuol dire che si tratta cosa di una certa importanza. Visto che si tratta di un’usanza ricorrente, siamo certi che non si ripeterà ancora ed ancora? E’ questo il genere di società che desideriamo per le nostre madri, sorelle, mogli e figlie? Ciascuno tragga le opportune conclusioni sul genere di persone che si stanno accogliendo senza alcun discernimento e dei relativi rischi. Ok la carità, ma forse sarebbe bene interrogarsi anche dove sia il limite che definisce il confine fra la carità che è doveroso rivolgere agli immigrati e quella per i membri più deboli della nostra società di cui nessuno sembra più curarsi

  3. Giovanni ha detto

    C’è anche da dire che gli attacchi alla cristianità in Italia vengono sopratutto dall’interno, ovvero dal fronte politico sinistroide che vede nella presenza degli islamici a scusa per cancellare i simboli cristiani in nome di un “politically correct” che gli islamici non conoscono.

    Un orrore c’è in questo articolo: gli immigrati servono per sconfiggere l’inverno demografico? Ma stiamo scherzando….. se ho carenza di globuli bianchi mi infetto batteri (lo so, il paragone è infelice, non considero certamente gli immigrati dei batteri!) per “aumentare le forme di vita nel sangue”? L’inverno demografico si combatte facendo uscire la primavera, gli immigrati non arrivano comunque qui a fare “gli Italiani”, ma per sperare di vivere più dignitosamente e possibilmente facendo meno fatica.

    E comunque non dimentichiamoci che l’immigrazione di massa dei presunti profughi non ha niente di civile, e non è da incoraggiare. I bambini morti non sono colpa nostra, ma da chi fa la guerra in quei posti e dai genitori sconsiderati (magari ingannati dai trafficanti stessi) che mettono la loro vita in pericolo

  4. Luca ha detto

    Ricordo come ragazzino, quarant’anni fa e più, sgomento e terrorizzato guardassi alla televisione gli effetti della carestia nel Sahel. Poi rigordo il Bangladesh e ricordo una teoria senza fine di disastri naturali, guerre, fame.
    Succede che sul mio terrore di ragazzino con il tempo si sia formata un’inconscia difesa che tendeva a ridurre le tragedie umanitarie – le tragedie della gran parte dell’umanità, quella che risiede al di fuori dei confini dell’occidente – ridurle dicevo a fiction televisiva.
    Ripensando a tutto forse quel che sta avvenendo é semplicemente inevitabile. Le tragedie – che erano reali, non fiction – sono uscite dal tubo catodico ed ora sono sulla porta di casa. Quel che é cambiato probabilmente é semplicemente la comunicazione. Oggi non solo noi li vediamo ma anche loro ci vedono. Il muro di Berlino é caduto perché all’est sapevano che da noi si viveva meglio e nell’89 era iniziato un flusso migratorio inarrestabile. Ora sta cadendo il muro invisibile che divideva il Nord dal Sud. Penso che ridistribuire la ricchezza stia divenendo semplicemente inevitabile e penso che inevitabilmente il conto lo debba pagare l’occidente. Penso che il nostro tenore di vita sia destinato a cambiare con inevitabile sofferenza. Mi riconosco del tutto nella mia cultura, storia e tradizione ma non so cosa ne resterà in piedi. Non ho nessuna soluzione ai problemi dell’immigrazione e dell’integrazione: é troppo più grande di me, di noi. Posso solo sperare che il tutto avvenga senza troppi strappi, un pò alla volta, a partire magari dalla nostra attenzione alle persone che chiedono la carità sotto casa.

  5. Sophie ha detto

    Gente che viene da Paesi dove le donne vengono lapidate, dove si usafesteggiare la fine del ramadan stuprando le donne in branco, dove i prigionieri vengono fucilati, impiccati o crocifissi, dove i maomettani sono i prescelti e tutti devono sottomettersi a loro……. cosa cazzarola ci fanno nel Paese degli infedeli? Che abbiamo a che spartire con questa gente che pensa che i cristiani siano solo bestie? Ma io non ce li voglio a casa mia!

    • Luca ha detto in risposta a Sophie

      E’ davvero un bel problema. Le tue domande però sono forse un poco semplcistiche. Cosa ci vengono a fare ? Da noi si mangia, da loro no. Cosa abbiamo da spatire ? L’umanità: sono il nostro prossimo.

      • Klaud. ha detto in risposta a Luca

        Sul fatto che qui si mangi -anche troppo e in senso metaforico- concordo, ma sul condividere l’umanità ho molti dubbi: la maggior parte degli islamici con cui ho avuto a che fare mi hanno sempre dato la sensazione che odino gli occidentali, ed è molto sciocco e incomprensibile andare in un paese insopportabile. C’è tanto deserto da dissodare in Arabia! 😉

        • Luca ha detto in risposta a Klaud.

          Sono sicurissimo che é così come dici. Deve essere per questo che ci viene chiesto di amare i nemici. A scanso di equivoci: amare non penso voglia mica dire lascar fare i loro comodi ma nemmeno lasciarli nel loro brodo chiusi nel nostro sentimento di superiorità. Voglio dire: non vedo soluzioni facili e che ci lascino semplicemente “inalterati”. Bisogna riflettere bene sulle nostre responsabilità ed essere disponibili al cambiamento. Possibilmente (possibilmente) a guidare il cambiamento.

          • Klaud. ha detto in risposta a Luca

            Nessun sentimento di superiorità, solo un sano pragmatismo: come detto qui sopra, fino a che avremo questo livello di disoccupazione è meglio non abbandonarsi all’idealismo. Veniamo a un compromesso: li accoglieremo quando in tutta Italia non ci saranno più attese superiori ad un mese per gli esami e disoccupazione sotto il 7%… ci stai?

            • Luca ha detto in risposta a Klaud.

              Sì, penso che in senso strettamente politico si possa vedere come scrivi te. Resta un problema, anzi due che a me paiono di sostanza:
              Siamo disposti a ridurre gli uomini a forza lavoro ?
              Dacché invocano il nostro aiuto, abbiamo responsabilità anche su di loro o solo sulla nostra comunità ?

              • Klaud. ha detto in risposta a Luca

                Mi sembri troppo idealista: il lavoro dà dignità a qualsiasi uomo, hanno dignità quelle file di sfaccendati per forza, appoggiati a un muro nell’attesa del nulla?
                Se invocano il nostro aiuto, e non siamo in grado di darglielo, la nostra responsabilità non è ancora più grande, in quanto ne facciamo di nuovo dei poveri? Se non addirittura dei disonesti.
                Pensiamo all’iniziativa di accogliere un migrante in casa propria con un rimborso di circa 350/400 euro, ebbene quella cifra è un terzo di un basso stipendio: ci sono lavoratori che pagano tasse per aiutare un migrante, molto nobile, ma probabilmente loro non riusciranno mai ad avere una pensione, poco saggio.
                Ognuno è libero di avere visioni ideali della vita, ma i problemi si devono risolvere per via politica. Qualcosa ce lo insegna la Grecia.

                • Luca ha detto in risposta a Klaud.

                  Bella questa contrapposizione tra idealità e politica. Effettivamente non so quanto io creda ancora nella politica, di sicuro credo molto di più nelle persone. Bisogna fare uno sforzo ideale, é ben vero, ma a me pare renda infinitamente di più.

  6. Leonardo ha detto

    Bravo Luca si inizia dalle piccole cose e poi ci si trova a fare, senza volerlo, le grandi o, comunque messe insieme ad altre tante piccole, a cambiare la storia! Gesù è con noi quando vogliamo il Bene, non lo dimentichiamo mai e non perderemo la speranza di vedere vincere il Bene 😉

  7. hicetnunc ha detto

    Ci vado, ma vedrete qui quando comanderemo noi

    a parità di condizioni forse sono più prolifici anche perché le donne li aiutano a fare più figli e si accontentano di uno stile di vita più modesto rispetto agli standard dei cosiddetti benestanti occidentali ma al di là di questa considerazione

    in democrazia alla fine decidono i numeri

    se in futuro vorranno imporre la loro legge secondo le verità della loro religione non farebbero molto diversamente di quello che vogliono fare anche oggi molti cattolici ( questo anche senza mettere in dubbio che i cristiani abbiano ragione su tutto )

    così l’unica vittoria praticabile sembrerebbe quella dei numeri a meno di non convertirli tutti

    oppure una democrazia con leggi costituzionali né laiciste (che offendano la religione) né religiose (che offendono le altre religioni e/o chi non ha religione)

    oppure… Si accettano contributi.

    • Luca ha detto in risposta a hicetnunc

      In democrazia alla fine vincono i numeri dici ed hai ragione. I numeri in prospettiva ci condannano e anche qui hai ragione. Forse bisognerebbe spostare l’attenzione dalle regole o leggi (un atteggiamento un pò più laico non guasterebbe) ai valori che consideriamo irrinunciabili e che pensiamo di dover tramandare al mondo nuovo che stiamo creando. In questo campo più dei numeri conta la nostra laica capacità di testimonianza personale. Solo così ci possiamo integrare a vicenda: loro rispetto a noi ma anche noi rispetto alla loro presenza.

    • Mattia ha detto in risposta a hicetnunc

      Diciamo che la cosa non è così semplice come affermi: in primo luogo in democrazia vincono i numeri, ma in democrazia votano i cittadini e fino adesso i migranti non hanno il diritto di voto (e personalmente lo trovo giusto, se vuoi votare devi pure diventare anche cittadino dello stato in cui risiedi). L’Italia è uno stato cattolico, ma è pure laico, e difatti rispetta le minoranze religiose senza imporle l’obbligo “o ti converti alla religione dominante o fai una brutta fine”

  8. Blas ha detto

    Qualche idea che mi salta a la mente leggendo l´articolo:

    L´immigrazione non risolve i problemi demgrafici. Arrivati in Europa gli immigrati imparano la contraccezione e rapidamente cala la loro feconditá. Per di piú molti non rimarranno a curare i nostri vecchi ma riscuoteranno la loro pensione nel paese di origine senza spenderla in Italia.

    Devono rispettare le leggi, incominciando per le leggi di entrata al paese. Non devono buttarsi al mare in un pezzo di legno e aspettare che la Marina Italiana li porti in Italia, (o la graca in Grecia tanto vale). In piú rischiare cosi la vita non é un peccato?

    In Giordania ci sono 2 milioni in campi profughi , la maggior parte cristiani sbandati scappando dal ISIS, Quelli non si li dovrebbe ofrire di andare a prenderli? Invece di tenere i musulmani, non abbiamo un obbligo piú grande con questi?

    Vengono da paesi poveri? In che senso? Cosa ha l´Italia che non abbiano quei paesi? Una cosa é scappare dalla guerra un´altra é venire a farsi “l´america”.

    Integrare vuol dire que sia chi riceve che chi é ricevuto cambiano accettando il meglio della cultura di ognuno. Abbiamo qualcosa da accttere da loro? Vogliono accettare il meglio della nostra cultura? Facciamo qualche sforzo per convertirli? Spiegatemi come la cultura che é arrivata al apice delle arti visuali puó integrare una cultura iconoclasta?

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