“The New Scientist”: quando la scienza si occupa di Dio e della religione

Il celebre settimanale inglese di divulgazione scientifica, The New Scientist, ha pubblicato in un recente numero una serie di articoli su Dio e la fede religiosa.

Nell’editoriale, sottotitolato “La nuova scienza della religione ci dice dove laicisti vanno male”, viene confutata la teoria anticlericale contro l’educazione religiosa dei bambini (il centro del pensiero di Dawkins, per intenderci), spiegando che «i bambini sono nati pronti a vedere Dio all’opera intorno a loro e non hanno bisogno di essere educati a credere in lui». Questa, si legge, «è solo una delle tante recenti scoperte che stanno sfidando le critiche standard alla credenza religiosa. Conoscendo le radici biologiche della religione, sta diventando chiaro che i laici combattono spesso contro dei mulini a vento». L’altro dato, continua l’articolo, «è che tale credenza in Dio sembra incoraggiare le persone ad essere gentili tra di loro», chiaramente «gli esseri umani non hanno bisogno della religione per essere morali, ma questo aiuta».

«I laicisti», continua l’editoriale, «dovrebbero inoltre riconoscere la distinzione tra “religione popolare”, e la complessa “ginnastica intellettuale” che è la teologia. Attaccare la seconda è facile, ma potrà fare ben poco per minare la presa della religione». Si conclude così: «rivendicazioni religiose meritano un posto speciale nella vita pubblica […]. La religione è profondamente impressa nella natura umana e non può essere liquidata come un prodotto dell’ignoranza, indottrinamento o stupidità. Occorre riconoscere che i laici stanno combattendo una battaglia persa».

Tra gli articoli più interessanti c’è quello firmato dallo psicologo Justin L. Barrett, il quale scrive: «La stragrande maggioranza degli esseri umani sono nati “credenti”, naturalmente inclini a trovare interessanti affermazioni e spiegazioni religiose. Questo, mentre non ci dice nulla sulla verità o meno delle affermazioni religiose, aiuta a vedere la religione sotto una interessante luce nuova. Appena nati, i bambini iniziano a cercare di dare un senso al mondo che li circonda […]. Quando si tratta di speculare sulle origini delle cose naturali, i bambini sono molto ricettivi alle spiegazioni che richiamano un design o uno scopo». La semplicità dei bambini li porta a preferire spiegazioni che offrono ragioni per quello che vedono, respingendo spiegazioni basate sulla casualità. Lo psicologo mette in guardia dal fatto che «i bambini non sono nati credenti del Cristianesimo, nell’Islam o qualsiasi altra teologia, ma credenti in quella che io chiamo “religione naturale“: hanno forti tendenze naturali nei confronti della religione, ma queste tendenze non necessariamente li spingeranno verso un qualsiasi credo religioso». Lo psicologo confuta anche la teoria che credere in Dio sia equivalente a credere a Babbo Natale o alla fatina dei denti: «l’analogia comincia a indebolirsi quando ci rendiamo conto che molti adulti arrivano a credere in Dio in età adulta, dopo aver ripensato alle loro credenze infantili. La gente non inizia, o riprendere a credere, in Babbo Natale in età adulta». E’ evidente che non c’è nulla che regga il confronto con il Creatore dell’ordine naturale, oggettivamente percepito da chi ha un’esperienza di fede. Alcuni pensano che credere in Dio sia una cosa infantile, ma -risponde Barrett- anche se fosse, «perché l’etichettatura di idea come “infantile” dovrebbe renderla automaticamente cattiva, pericolosa o sbagliata? E’ vero che i bambini sanno meno degli adulti e fanno più errori di ragionamento, ma questo significa solo che dovremmo esaminare più attentamente le credenze dei bambini rispetto a quelli degli adulti». E conclude: «gli adulti hanno anche altre credenze, come la permanenza di oggetti solidi [cioè che gli oggetti esistono anche se non vengono osservati, Nda], la continuità del tempo, la prevedibilità delle leggi naturali, il fatto che le cause precedono gli effetti, che le persone hanno una mente, che le loro madri li amano e così via. Se credere in una divinità è una cosa infantile, lo stesso vale rispetto a questi tipi di credenze».

Un secondo articolo è firmato da Ara Norenzayan, psicologo sociale presso la University of British Columbia, ed è intitolato: “La religione è la chiave della civilizzazione”. Scrive: fin dai primi uomini, «la religione è stata il collante che ha tenuto insieme le società, spesso composte da stranieri». Lo è stata «per la maggior parte della storia umana», anche se «recentemente alcune società sono riuscite a cooperare con istituzioni secolari come i tribunali, polizia e meccanismi per far rispettare i contratti. In alcune parti del mondo, in particolare Scandinavia, queste istituzioni hanno provocato il declino della religione usurpando le sue funzioni di “community-building”». Il cristianesimo in Occidente ha posto le basi della civiltà, è giusto che siano le istituzioni secolari a proseguire. Non è il compito principale del cristianesimo quello di far “essere più buoni”, ma di dare un senso adeguato alla vita, di rendere felici perché coscienti del mondo.

Infine, nel sommario viene scritto: «nel nostro mondo illuminato, Dio è ancora ovunque. Nel Regno Unito ci sono gli argomenti rabbiosi dell'”ateismo militante” e il posto della religione nella vita pubblica. Negli Stati Uniti, la religione prende ancora una volta il centro della scena nelle elezioni presidenziali […]. Gli atei vedono spesso Dio e la religione come imposti dall’alto, un po’ come un regime totalitario. Ma la fede religiosa è più sottile e interessante di questo». In questo numero di “New Scientist” si vogliono proprio reimpostare i termini del dibattito: «piaccia o no, il credo religioso è radicato nella natura umana. E’ una cosa buona: senza di essa saremmo ancora a vivere nell’età della pietra […]. Soltanto capendo cosa è o non è la religione noi possiamo sperare di andare avanti».

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37 commenti a “The New Scientist”: quando la scienza si occupa di Dio e della religione

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  1. Controinformato ha detto

    mamma mia!

  2. aTeo ha detto

    Se gli esseri umani sono nati credenti, a che serve fare il catechismo, battezzarli e tutti i riti e gli insegnamenti religiosi che si impongono ai bambini? tanto ci arriverebbero da soli…

    • Daniele Borri ha detto in risposta a aTeo

      Domanda pertinente, ma superficiale. La parrocchia offre a chi lo vuole la catechesi sul messaggio di Gesù, sull’annuncio del Vangelo. Un conto è essere predisposti a credere in Dio, un altro è essere cristiani.
      Leggendo l’articolo comunque trovi già la risposta alla tua domanda: «i bambini non sono nati credenti del Cristianesimo, nell’Islam o qualsiasi altra teologia, ma credenti in quella che io chiamo “religione naturale“: hanno forti tendenze naturali nei confronti della religione, ma queste tendenze non necessariamente li spingeranno verso un qualsiasi credo religioso».

      Nessuno impone niente, sono i genitori che scelgono un certo percorso per il figlio. Proprio come “impongono” loro di mettersi determinati vestiti, di frequentare certi ambienti, certe scuole, certi amici, “impongono” loro un nome e un cognome senza chiedere il permesso, “impongono” ai figli di nascere in un certo periodo storico, in una data ben precisa, “impongono” loro di abitare in un certo luogo e così via.

      Troppe imposizioni a questi bambini, Caro aTeo. Forse hai ragione: i genitori sarebbero tutti da arrestare per violazione dei diritti umani e della libertà di scelta e di autodeterminazione.

    • Wil ha detto in risposta a aTeo

      Ma gli atei fanno tutti domande intelligenti come aTeo?

  3. Max ha detto

    Molto interessante.

  4. domenicotis ha detto

    Dopo la lettura di questi articoli, Dawkins ha strappato l’abbonmento a NS definendola una rivista piena di creazionisti.

  5. Andrea ha detto

    «gli adulti hanno anche altre credenze, come la permanenza di oggetti solidi [cioè che gli oggetti esistono anche se non vengono osservati, Nda], la continuità del tempo, la prevedibilità delle leggi naturali, il fatto che le cause precedono gli effetti, che le persone hanno una mente, che le loro madri li amano e così via. Se credere in una divinità è una cosa infantile, lo stesso vale rispetto a questi tipi di credenze».

    A mio avviso quel passaggio non ha alcun senso.

    Se “credere che gli oggetti esistono anche se non vengono osservati” –> “fosse credere”, anche “credere che i folletti esistano e si palesino solo quando nessuno di noi li osserva” –> “sarebbe credere”.
    A me sembra invece chiaro che la prima ipotesi sia ragionevole, in quanto la permanenza della materia spiega in modo più efficiente, completo ed economico, il fatto che sia sempre li mentre la guardiamo (rispetto al pensare che sparisca quando ci giriamo), Mentre postulare che l’assenza di indizi sul folletto, sia l’unica giustificazione possibile della sua stessa esistenza , non mi pare ragionevole.

    Mi sembra un ragionamento senza nè capo nè coda, che svilisce il concetto del credere più di quanto non svilisca quello del non credere, e mi stupisce un po’ che lo si porti ad esempio.

    • lorenzo ha detto in risposta a Andrea

      E allora? Che nesso ha il folletto col credere o il non credere degli adulti?

    • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Andrea

      Quella frase ha inizialmente impressionato anche me, Andrea, costringendomi a rileggerla. Un’interpretazione possibile è senz’altro la tua: in questo caso ti do ragione, non è un buon esempio! Tuttavia, siccome preferisco pensare che Barrett non sia sciocco e che la decontestualizzazione della frase ci richieda uno sforzo esegetico, potremmo anche interpretarne il senso così: tutti, bambini ed adulti, siamo pieni di preconcetti che vanno vagliati, e il criterio dell’età non è da solo sufficiente a discriminare le credenze giuste da quelle errate.
      Ti ricordi la favola del re nudo? Qualche volta i bambini, con la loro ingenuità, sconfessano i nostri pregiudizi di adulti!

      • Michele Silvi ha detto in risposta a Giorgio Masiero

        Ma sono esempi classici del dibattito tra realisti ed idealisti, è qui che punta il filosofo/scienziato o quel che è.
        Sono vissuti filosofi (che ora si studiano nelle scuole, tra l’altro) che hanno seriamente messo in dubbio che quei mobili rimanessero nella stanza senza qualcuno che li vedesse, come ce ne sono stati altri (nell’opposta posizione gnoseologica) che, negando qualsiasi rapporto tra ragione astratta e realtà, hanno sostenuto che affermando che domani il sole sorgerà ad Est solo perché l’ha fatto per milioni di anni si compie un grave errore.
        In certi contesti il “ragionevole” non esiste, perché esistono solo ciò che è razionale, e ciò che non lo è.

    • Michele Silvi ha detto in risposta a Andrea

      Andrea, mai studiati gli idealisti? 😛

    • Alessandro M. ha detto in risposta a Andrea

      Sbagli Andrea. Si può credere in modo razionale e credere in modo irrazionale. Lo psicologo afferma alcuni esempi di fede razionale, mentre tu tiri fuori esempi di fede irrazionale.

      Anche l’atto di fede deve basarsi sulla razionalità. Dunque è il tuo commento a non avere molto significato.

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a Alessandro M.

        che cosa significa esattamente dire che la fede si basa sulla razionalità?

        • Alessandro M. ha detto in risposta a Luigi Pavone

          Che l’atto di fede ha dignità razionale, è vissuto e sostenuto da motivazioni ragionevoli.

          E’ razionale credere nel racconto di tua madre su quel che le è accaduto la sera prima. E’ irrazionale credere nel racconto di un tizio che passa per strada barcollando e con una bottiglia vuota in mano su quel che gli è accaduto la sera prima.

          Due atti di fede, il primo è razionale (si conosce quasi tutto per atto di fede) il secondo no.

      • Michele Silvi ha detto in risposta a Alessandro M.

        Usa ragionevole al posto di razionale, per razionale si intende solitamente un’altra cosa.

        • Luigi Pavone ha detto in risposta a Michele Silvi

          Allora la domanda è: che significa esattamente dire che la fede si basa sulla ragionevolezza? Che cos’è esattamente la ragionevolezza?

          • Michele Silvi ha detto in risposta a Luigi Pavone

            Significa che non è in contrasto con il mondo “razionalmente conoscibile”, e che è suffragata da “indizi” e “contatti” tra l’umano ed il divino, che sono poi quelli che “accendono” la fede teologale.
            Insomma, una fede che non entra in contraddizione con il mondo, ma che lo spiega anche laddove nessuno strumento scientifico è in grado di entrare, la Fede è “trascendente” perché va “al di là” delle capacità umane.

            • Luigi Pavone ha detto in risposta a Michele Silvi

              Queste cose si continuano a ripetere ma non si approfondiscono mai. Se per mondo razionalmente conoscobile intendi quello che si costituisce all’interno del sapere scientifico, allora almeno una considerazione:

              1) la prima: ciò che non è in contrasto con quel mondo ma non si costituisce all’interno di quel mondo (la fede non è la ragione) è ciò che rispetto a quel mondo non è inconsistente. Consideriamo un generico articolo di fede F. Secondo la nostra ipotesi, F non è razionale pur non essendo in contrasto con la razionalità. Che dire di non-F? E’ non-F in contrasto con la razionalità? Se è in contrasto, allora F si costituisce all’interno della ragione (è ragione e non è più fede). Se non è in contrasto, allora è degno di fede, esattamente come F.

              • Michele Silvi ha detto in risposta a Luigi Pavone

                Mi sa che ti è sfuggito un “non” nell’ultima frase 😛

                Comunque sì, è questo che intendevo (più o meno), le “prove” dell’esistenza di Dio non sono abbastanza stringenti e vincolanti da rendere “illecita” non-F, né per renderne una più lecita dell’altra, la fede è un fatto “personale” (e attenzione non intendo assolutamente individuale o soggettivo, ma appunto personale, fondato nel rapporto tra persone; so che il termine non è accuratissimo ma siamo in un contesto linguistico di quelli pericolosi) e non può offrire risposte a chi non la vive.

                • Luigi Pavone ha detto in risposta a Michele Silvi

                  Se così stanno le cose, non ha molto senso parlare di “base”. Per esempio, se dico che B è la base di un mio asserto A, sto dicendo che B non è, non può essere la base di non-A, perché se fosse anche la base di non-A non avrebbe molto senso dire che è la base di A.

                  ps. spero di aver messo tutti i “non” a posto. 🙂

              • lorenzo ha detto in risposta a Luigi Pavone

                Dio non è materialmente dimostrabile perché, se lo fosse, non sarebbe più Dio.
                Gesù è materialmente dimostrabile in quanto personagio storico.
                Gesù ha rivelato Dio.
                O Gesù è pazzo o dice la verità.
                Io credo a Gesù.

    • lorenzo ha detto in risposta a Andrea

      Se consideriamo la prima infanzia, a nessuno sfugge lo stupore del bambino quando, per farlo divertire, si fa quel giochino in cui ci si nasconde il viso, anche semplicemente con il palmo delle mani, e poi ci si rende nuovamente visibili ai suoi occhi: la meraviglia durerà fino a quando la sua mente infantile elabora che la presenza di una persona non dipende dalla sua visibilità.
      La naturale prosecuzione dell’elaborazione mentale porta poi a distinguere tra le cose reali, che possono esse visibili od invisibili, e le cose pensabili che possono essere reali od irreali.
      Sui folletti, pertanto, quando affermo che esistono, si potrebbero porre o verificare le seguenti situazioni:
      – li ho visti veramente;
      – pur senza vederli, ne ho un reale riscontro concreto;
      – ho qualche problema nel distinguere sia la realtà dalla fantasia che i loro effetti;
      – elaboro mie fantasie sia con intenti consolatori che giocosi o, peggio, beffardi.

      • Topazia ha detto in risposta a lorenzo

        Ohibò, ma proprio nessuno di voi crede nei folletti? ma chi è allora che mi fa sparire le cose che non trovo quando mi servono? per poi farmele trovare dove le avevo cercate quando non mi servono?
        Però qualcuno di voi crede negli angeli, vero? almeno nell’angelo custode!

        • Kosmo ha detto in risposta a Topazia

          “ma chi è allora che mi fa sparire le cose che non trovo quando mi servono? per poi farmele trovare dove le avevo cercate quando non mi servono?”

          La mamma! 😉

          • Topazia ha detto in risposta a Kosmo

            Succede anche a te, Kosmo?
            La mia mamma me lo direbbe, non mi fa dispetto, è un angelo lei non un folletto!
            🙂

  6. Gab ha detto

    C’è una cosa che non capisco .. la “nuova” scienza della religione cosa va a sostituire? Quale sarebbe quella “vecchia” ?

    • Alessandro M. ha detto in risposta a Gab

      Boh, è una domanda da fare agli esperti del settore. Credo che sostituisca una vecchia concezione di studio della religione, nata in ambito illuminista, poi proseguita da Freud e i suoi seguaci.

  7. Sophie ha detto

    Mi piace quest’apertura del New Scientist, sono contenta. 🙂

  8. Doctor Faust ha detto

    Penso che la rivista abbia bisogno di contributi, per cui e’ disposta anche ad ospitare articoli come questo, che oltre ad essere scandalosamente di parte, parla di “nuova scienza della religione”.

    Quando mai la religione è stata una scienza, e come fa ad essere nuova se gli argomenti sono sempre i soliti?

    • Michele Silvi ha detto in risposta a Doctor Faust

      No, parla di nuova “scienza della religione”, ovvero di scienza che studia il fenomeno religione, è sempre esistita 🙂

  9. gemini ha detto

    Per Luigi
    Siccome in questi giorni non ho avuto tempo e hanno chiuso da poche ore i commenti relative al topic embriologia, volevo risponderti.
    Il primo passo per avvicinarci alla comprensione e capire le fondamenta (se no facciamo solo speculazione)
    1) Distinguere il piano qualitativo _esistenziale (costruito dall’uomo con la filosofia, religione, conoscenze deduttive e morali) dal piano quantitavo_materiale.
    Se con la parola ‘persona’ intendiamo un individuo appartenente alla specie Homo Sapiens Sapiens con particolari capacità intellettive e funzionali, dovremo analizzare meticolosamente le varie fasi umane.
    Es. un bambino (2-5 anni) è vero che ha un cervello sviluppato, ma sul piano qualitativo non è in grado di capire concetti complessi di varia natura, vale anche per un’anziana signora da una malattia celebrale.
    Sono secondo il tuo ragionamento persone?
    No e ho risposto perché.
    Quindi soggetti yumani considerati tali sul piano qualitativo (secondo il tuo modo di intendere la ragione) non sarebbero persone.
    Secondo me, si può dedurre che la qualifica di persone è un pre-requisito, cioè viene attribuito a particolari gradi di interazione sociale.
    L’anziana signore colpita da una malattia celebrale continua ad essere una persona poiché ha un livello minino di comunicazione, di relazione.
    Lo stesso vale per lo zigote poiché appartiene alla specie e ha una relazione con la madre.
    Il termine persona ha due campi d’azione: specie umana e interazione, relazione. Pertanto è possibile far coincidere la sua origine all’inizio biologico e via via questa relazione primaria avanza con delle sovrastrutture, agendo in virtù del proseguimento naturale.
    La fede è una relazione razionale specifica all’uomo.

  10. pastor nubium ha detto

    @gemini
    “La fede è una relazione razionale specifica all’uomo.”
    Condivido il tuo sottolineare l’importanza della relazione come base della fede, ma credo che questa inizi ancor prima della razionalità, proprio perché nasce dall’esperienza della relazione: nessuno nasce solo ma sempre in relazione a qualcuno che gli dà la vita, anche i cuccioli hanno fede nella propria mamma che li nutre e li protegge; il bambino d’istinto, se lasciato solo, cerca la madre, e magari anche il padre. Non è strano quindi che poi, sviluppando schemi conoscitivi razionali, prosegua nella ricerca di un Padre oltre l’ambito familiare. A interrompere o a bloccare questa, purtroppo, spesso interviene l’esperienza dell’abbandono, l’egoismo o lo stordimento di una vita facile dà l’illusione di potercela cavare da soli.

    • gemini ha detto in risposta a pastor nubium

      *Per razionale intendo ragionevole ecco non analitico, il rapporto con Dio per i credenti che lo vivono veramente é spesso corrisposto, ciò avviene poiché sentono il ricambio paterno anziché nulla.

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