Maciel Degollado ed il Vaticano: vi fu connivenza? La verità sui Legionari di Cristo

Il Vaticano sapeva della doppia vita di Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo? Davvero Giovanni Paolo II non fece nulla per fermarlo? E cosa fece realmente Benedetto XVI? A queste e altre domande risponderemo nel dossier.

Il “caso Maciel” è sicuramente il più grande scandalo che ha sconvolto la Chiesa cattolica negli ultimi decenni. Ancora oggi vi sono parecchie ombre, ma su molte cose si è fatta luce: in particolare è emersa per la prima volta la prova che vi siano in Vaticano personaggi oscuri e misteriosi agiscono in contrasto con la Chiesa stessa, fenomeno esploso pubblicamente poi con il pontificato di Benedetto XVI.

Maciel Degollado fu una persona orribile, morfinomane, bigamo, pederasta, perverso e sicuramente malato psicologicamente, dalla «vita priva di scrupoli e di autentico sentimento religioso» come ha dichiarato una nota ufficiale della Santa Sede nel 2010. Una lucida follia la sua, capace di mascherare tutto creandosi attorno un perfetto ed organizzato sistema per di alibi, di fiducia, confidenza e silenzio dai circostanti, rafforzando il proprio ruolo di fondatore carismatico (qui una descrizione di come costruì il suo impero). L’esistenza di questa efficiente maschera rende oggi difficile capire se qualcuno sapeva e taceva, oppure se respingeva le voci critiche per ingenua disconoscenza dei fatti. E’ senza dubbio dimostrata, comunque, la presenza di alcune persone conniventi nel Vaticano “di allora”. Questa pagina sarà in continuo aggiornamento.

 
 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

1. CRONOLOGIA DEL “CASO MACIEL”

1941. I Legionari vengono creati nel 1941, ma nel 1948 ci furono già delle contestazioni contro Maciel, tanto che il Vaticano annullerà l’autorizzazione canonica della Legione.

1956. Le denunce a sfondo sessuale si fecero consistenti e nel 1956, il prefetto della Congregazione dei religiosi, il cardinale Valerio Valeri le prese sul serio. Sentendosi minacciato, il 15 settembre 1956, Maciel istituì il famoso “voto di carità” a cui dovevano impegnarsi subito tutti i legionari, e che doveva impedire loro di parlar male di un superiore, con qualsiasi pretesto. Sei giorni dopo, il cardinale Valeri sospese Maciel dalle sue funzioni e l’inchiesta avviata dal Vaticano concluse che il fondatore doveva essere dimesso, anche perché si rese nota la sua dipendenza da droga e i suoi disturbi urologici che provocavano in lui fortissimo desiderio di gratificazione sessuale. Valeri decise dunque per la rimozione di Maciel ma non la rese pubblica, la guida della congregazione fu assunta da altri sacerdoti. Maciel tuttavia continuò a guidare la congregazione, violò il divieto di entrare a Roma e cercò di influire sull’esito dell’inchiesta che venne fatta su di lui, guidata da Anastasio Ballestrero, superiore generale dei Carmelitani. Il carmelitano non riuscì a trovare riscontri alle accuse e definì i seminaristi intervistati come reticenti, a disagio e preventivamente preparati a sostenere il colloquio con lui. Effettivamente, negli anni ’90 alcuni di loro, tra i quali Josè Barba e Juan Josè Vaca, dichiararono di aver mentito al visitatore apostolico per devozione a Maciel e per rispetto del voto privato di discrezione o carità. Ballestrero consigliò comunque la sostituzione definitiva di Maciel e chiese diverse modifiche all’interno della Congregazione.

1958. Tutto viene interrotto però dalla morte di Pio XII, la visita apostolica non giunse mai a una formale conclusione e nel 1958, approfittando della sede apostolica vacante, il cardinale vicario di Roma, Clemente Micara, amico di Maciel, gli restituì l’incarico, seppure con alcune limitazioni e comunque sotto la supervisione di commissari esterni. Nel frattempo Ballestrero venne sostituito con due nuovi visitatori apostolici, Alfredo Bontempi e il francescano Polidoro van Vlierberghe, che scrissero relazioni favorevoli a Maciel, ritenendo che le accuse non fossero attendibili e che il fondatore dei Legionari fosse vittima di un complotto.  Non è ancora chiaro se Micara conoscesse le accuse fatte a Maciel, fu comunque un episodio determinante. Da qui in poi, nei 40 anni che seguiranno, nessuno riprese l’inchiesta e le accuse verranno tacciate come calunnie,  anche a causa della abilità di Maciel ad ingannare i propri superiori e alla strenue difesa della Legione verso Maciel, un santo vivente, a loro ingenuo avviso.

1972. Durante la celebrazione eucaristica per la Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il 29 giugno 1972, Paolo VI afferma di avere la sensazione che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio».

1997. Alcuni ex seminaristi dei Legionari di Cristo decidono nel 1978 e nel 1989 di inviare alcune lettere a Giovanni Paolo II, raccontando di abusi. Singole segnalazioni, che con ogni probabilità –ricostruisce il vaticanista Andrea Torniellinon arrivarono sul tavolo del Pontefice. Nel 1997 avvenne però la svolta: otto ex seminaristi messicani decisero di contattare il quotidiano americano “Hartford Courant”

1998. Il 17 ottobre 1998 sei di loro (due ritrattarono) presentarono una richiesta formale alla Congregazione per la dottrina della fede (CDF), consegnando nelle mani dell’allora sottosegretario Girotti e guidata dal card. Ratzinger, un fascicolo con l’intestazione: Absolutionis complicis. Arturo Jurado et alii. Rev. Marcial Maciel Degollado nel quale accusarono padre Maciel di aver abusato di loro quand’erano ragazzi, negli anni Cinquanta e Sessanta, e di averli poi illecitamente assolti in confessione.. Tuttavia, solo dal 2001 la CDF ha avuto la facoltà di occuparsi di questo tipo di accuse, inoltre il vaticanista Sandro Magister, ha scritto che «all’epoca Maciel godeva quasi universalmente di una buona fama, non soltanto in Vaticano ma anche nei circoli laici di tutto il mondo, che indusse a non ritenere credibili le denunce, le quali inoltre si riferivano a fatti lontani nel tempo, non più perseguibili in un processo civile». Infine, per sei anni, Ratzinger non poté accertarsi di nulla perché ricevette dai suoi superiori la consegna di non indagare nelle faccende della Legione. E’ qui che compare la figura del card. Angelo Sodano, segretario di Stato di Giovanni Paolo II, uno dei “padrini” di Maciel. Come ha scritto Sandro Magister, Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e Sean O’Malley, arcivescovo di Boston accusarono nel 2010 proprio Sodano per aver a lungo ostacolato l’opera di pulizia intrapresa dell’allora cardinale Ratzinger nei confronti di Marcial Maciel. Secondo il vaticanista Salvatore Izzo, esiste una ostilità di una parte della Curia verso Joseph Ratzinger, «al quale fu impedito a lungo di procedere nei confronti del sacerdote messicano». Proprio per questo, evidentemente, Ratzinger «chiese a Giovanni Paolo II di lasciare il suo incarico».

1999. Dal 1999 l’atteggiamento di Giovanni Paolo II verso Maciel mutò radicalmente, tanto che il fondatore dei Legionari non accompagnò più il Pontefice nei suoi viaggi in Messico (1999 e 2002), al contrario di quanto fece nel 1979, 1990 e 1993. Come scrive il vaticanista Salvatore Izzo, «di fatto chi ha fermato le indagini della Congregazione per la dottrina della fede (CDF) ha anche ingannato Giovanni Paolo II, fino a convincerlo dell’innocenza di Maciel riguardo alle accuse di pedofilia. Se non se ne fosse convinto, Papa Wojtyla non avrebbe certo indirizzato ai Legionari, ma altrove, il figlio di un proprio collaboratore che voleva diventare sacerdote».

2001. I termini di prescrizione canonici per i delitti di cui Maciel era accusato furono prolungati.

2004. In questi anni l’inchiesta sui Legionari non riuscì mai a decollare, tuttavia nel dicembre 2004 il card. Ratzinger, trasgredendo la legge del silenzio, volle aprire definitivamente un’indagine, pochi giorni dopo che Giovanni Paolo II, già gravemente ammalato, aveva ricevuto nell’aula Paolo VI i Legionari di Cristo e il suo fondatore.

2005. Alla fine del gennaio 2005, venne annunciato il ritiro di Marcial Maciel. Tre mesi dopo, il morente Giovanni Paolo II affidò la via crucis del venerdì santo al card. Ratzinger, il quale denunciò la “sporcizia” del clero. Pochi mesi dopo, i Legionari di Cristo resero pubblico un fax della Segreteria di Stato della Santa Sede, allora guidata dal cardinale Angelo Sodano, dove si informava che non era in corso, né era previsto nessun processo canonico contro Maciel. Il fax era tuttavia privo di firma e l’indagine -regolarmente in corso- dipendeva dalla Congregazione per la dottrina della fede e non dalla Segreteria di Stato.

2006. Nel maggio 2006, un anno dopo essere divenuto Papa,di fronte agli esiti dell’inchiesta che dimostrano la colpevolezza di Maciel ormai vecchio e ammalato, Benedetto XVI lo ha sospeso a divinis, facendolo isolare e impedendogli di apparire in pubblico. Solo dopo la sua morte, il 30 gennaio 2008, si scoprirà che oltre agli abusi sui seminaristi, si era costruito una doppia e tripla vita con compagne e famiglie in diverse parti del mondo. La Congregazione per la dottrina della fede arrivò a condannarlo ufficialmente, dando così ragione alle accuse apparse nel 1997.

2009. Nel 2009 Benedetto XVI ha avviato un’indagine completa e conclusiva dalla quale è emersa un’omertà sapientemente orchestrata e rilevando che «la maggior parte dei legionari era mantenuta nell’ignoranza di questa vita, in particolare grazie al sistema di relazioni costruito da padre Maciel (…), scartando tutte le persone che dubitavano del suo buon comportamento (…), si è creato attorno a lui un meccanismo di difesa che lo ha reso inattaccabile». Nel 2010 la Legione ha fatto il suo mea culpa«Esprimiamo il nostro dolore e il nostro rincrescimento a tutte le persone che hanno sofferto a causa delle azioni del nostro fondatore. (…) Vogliamo chiedere perdono a tutte le persone che lo hanno accusato in passato, a cui noi non abbiamo creduto e che non abbiamo saputo ascoltare, perché a quell’epoca non potevamo immaginare simili comportamenti».

2010. Nell’aprile del 2010, Jason Berry, il giornalista che con Gerald Renner riaprì nel 1998 il caso Maciel, ha scritto due articoli sul “National Catholic Reporter”, descrivendo un uso diffuso da parte dei Legionari di Cristo di regali in beni e denaro ad alcuni prelati della Curia romana. Berry, le cui fonti erano ex legionari (alcuni sono dichiarati) citò l’ex Segretario di Stato di Giovanni Paolo II il cardinale Angelo Sodano e il suo ex segretario personale Stanisław Dziwisz. Denaro fu offerto anche all’allora cardinale Ratzinger nel 1997, che non lo accettò. Sempre nel 2010 la rivista cattolica statunitense “First Things” accusò Sodano di aver ricevuto per molti anni soldi e benefit dai legionari per i suoi progetti e di aver bloccato nel 1998 le inchieste sugli scandali sessuali di Maciel.

2011. Nell’agosto 2011 Luis García Medina, vicario generale dei Legionari di Cristo, è stato invitato a lasciare l’incarico e tutte le sue responsabilità a Roma, venendo di fatto declassato a guidare una regione legionaria in America. Medina aveva un ruolo chiave nella Legione e molto vicino a Dellogado. L’emarginazione del vicario generale coincide con l’imminente uscita dell’ ancora segretario generale, Evaristo Sada, che dovrebbe lasciare il suo posto in autunno, secondo l’annuncio ufficiale del gennaio scorso. Tra i consiglieri che erano già in carica rimane solo il direttore generale Álvaro Corcuera, nominato nel 2005. La rete dei superiori, insomma, ha cominciato a essere smontata, anche se non bruscamente.

2012. Nel marzo 2012 Benedetto XVI si è recato in visita pastorale in Messico e a Cuba. Alcuni hanno avanzato delle critiche sul fatto che non vi sia stato alcun incontro con le vittime di Maciel Degollado. Il portavoce del Vaticano Lombardi ha però spiegato che l’incontro con il Papa è stato «chiesto con aggressività e ambiguità, senza la volontà di un dialogo profondo, di spiritualità». Il vaticanista Andrea Tornielli ha affermato che gli incontri del Papa «con queste persone si sono però sempre verificati perché erano stati richiesti e concordati con l’episcopato locale. In Messico questo non è stato possibile anche per la veemenza polemica che alcune di queste ex vittime di Maciel hanno dimostrato nei confronti della Santa Sede. L’incontro quindi è stato impossibile perché non si è trattato di qualcosa che è stato desiderato per sanare una ferita, ma per gettare sale su di essa».

 

 
 

2. IL RUOLO DI GIOVANNI PAOLO II (E COLLABORATORI)

Il “caso Maciel” ha gettato parecchie ombre sul pontificato di Giovanni Paolo II e su due suoi collaboratori, il card. Angelo Sodano, segretario di Stato e il suo segretario personale Stanisław Dziwisz.

COLLABORATORI. Come abbiamo scritto, nel 2010 Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e Sean O’Malley, arcivescovo di Boston hanno accusato proprio il card. Sodano per aver a lungo ostacolato l’opera di pulizia intrapresa dell’allora cardinale Ratzinger nei confronti di Marcial Maciel, mentre Jason Berry, il giornalista che riaprì nel 1998 il “caso Maciel”, ha scritto due articoli sul “National Catholic Reporter”, descrivendo regali da parte dei Legionari proprio a Sodano e a Stanisław Dziwisz. Anche la rivista cattolica statunitense “First Things” ha accusato Sodano di aver ricevuto per molti anni soldi e benefit dai legionari per i suoi progetti e di aver bloccato nel 1998 le inchieste sugli scandali sessuali di Maciel.  Maciel, ha scritto nel 2010 Andrea Tornielli, sarebbe stato in grado di bloccare «per anni tutte le inchieste» interne in quanto «era uno dei più efficienti raccoglitori di donazioni della Chiesa cattolica», sostenuto dai cardinali Sodano e Martinez Somalo, oltre che dal segretario di Papa Wojtyla, Stanislao Dziwisiz.

Oggi Sodano è decano del collegio cardinalizio e sarà lui a presiedere il conclave, con i media di tutto il mondo che implacabili lo metteranno nuovamente alla gogna. È anche per scongiurare questo esito che i due cardinali hanno sferrato l’affondo, sperando che Sodano esca definitivamente di scena. Il vaticanista Paolo Rodari ha fatto però notare che ai tempi di Wojtyla c’era un modo di agire differente, anche nella società stessa. Non lo si faceva per insabbiare, afferma, «ma perché i tempi erano diversi, molti erano impreparati di fronte al fenomeno, il crimine spaventevole della pedofilia veniva trattato da tutta la società con omertà e paura». E’ abbastanza certo che il segretario personale di Wojtyla, vescovo di Cracovia, Stanisław Dziwisz, abbia filtrato alcune informazioni. Questo comportamento può trovare parziale giustificazione nel fatto che nella Polonia comunista (e in Messico i comunisti erano i nemici principali dei Legionari) l’accusa di pedofilia era uno dei mezzi usati dal regime per diffamare sacerdoti scomodi. Una terza persona chiamata in causa è il cardinale Franc Rodé, ex prefetto della congregazione vaticana per i religiosi, il quale il 29 luglio 2007, un anno dopo la condanna papale del fondatore dei Legionari, ha affermato in un’omelia a loro rivolta: «Ciò che suscita ammirazione nella Legione di Cristo è frutto del genio di padre Maciel. Il Signore vi ha benedetto in questi ultimi anni con tante vocazioni, e vi continuerà a benedire se rimarrete fedeli al carisma lasciatovi da lui. Dove occorre cercare l’origine, la fonte di questa sapienza di padre Maciel? Nel suo amore per Cristo, nel suo amore per la Chiesa. Lì sta il segreto della sua vita e il segreto della sua opera. È questo che gli ha permesso di suscitare un’opera di dimensioni mondiali».

GIOVANNI PAOLO II. Schönborn e O’Malley, hanno attaccato Sodano, ma hanno spiegato che Papa Wojtyla era troppo vecchio e malato per prendere in pugno la questione. Giovanni Paolo II ammirava molto l’insegnamento cattolico dei Legionari, la loro fedeltà a Roma e al papato, e il successo nel generare vocazioni tra i giovani cattolici. Degollado aiutò anche a liberare l’America Latina dalla pericolosa Teologia della liberazione. La Legione si era resa indispensabile alla Chiesa, con organi di stampa come “l’agenzia Zenit”, il seminario Maria Mater Ecclesiae a Roma che forma gratuitamente dei giovani provenienti da paesi poveri. Da una radice marcia sono nate, inoltre, centinaia di vocazioni: «sono poche le case di formazione nel mondo che possono vantare 800 sacerdoti e 2.500 seminaristi maggiori e minori», ha scritto il vaticanista Rodari. Anche Benedetto XVI ha riflettuto su questo: «è una cosa singolare, la contraddizione per cui un falso profeta abbia potuto avere anche un effetto positivo». Sostenitori della Legione sono (erano?) l’uomo più ricco del mondo, il messicano Carlos Slim, il quale permette di tenere rette bassissime alle scuole religione in Messico e ha sovvenzionato diverse operazioni a Roma. Probabilmente questi fattori hanno giocato un ruolo importante nella reticenza di alcuni prelati in Vaticano.

Tuttavia, l’ex portavoce della Santa Sede, Joaquin Navarro Walls,  ha ricordato che Giovanni Paolo II «mai bloccò o nascose» e ricorda che il processo canonico contro Maciel cominciò sotto Giovanni Paolo II, dopo una riunione del Papa con tutti i cardinali americani per discutere del problema della pedofilia. Non ha idea, invece, se il cardinale Sodano intervenne davvero affinché alcune informazioni ‘sensibili’ sul caso Maciel non giungessero al Papa. Una lettera riservata (protocollo n. 147/05 – 14478) del 17 novembre 2007, firmata dal cardinale statunitense William Levada, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il successore di Ratzinger alla guida dell’ex Sant’Uffizio, ha sciolto qualsiasi dubbio sulla nitidezza dell’atteggiamento di Giovanni Paolo II e ha affondato ogni insinuazione di una qualche forma di ambiguità della sua posizione.

 

 

3. IL RUOLO DI BENEDETTO XVI

In tutta questa situazione Benedetto XVI ha agito come meglio poteva, è riconosciuto da tutti. «Ha la coscienza a posto, Ratzinger non ha avuto pietà e ha letteralmente decapitato la congregazione, commissariandola» si è letto su su Quotidiano.net il giorno prima della sua partenza per il Messico nel marzo 2012.

Nel 2010 una delle vittime di Maciel, Patricio Cerda, ha raccontato: «Ho incontrato Ratzinger nel 2002, prima che fosse Papa. Mi ha ascoltato per mezz’ora e mi ha detto che avrebbe agito. Sei mesi dopo ha incaricato il primo ispettore per indagare sugli abusi. Benedetto XVI ha avuto il coraggio».

Su “Le Monde” nel 2010 scrive: «Benedetto XVI, contrariamente ai suoi predecessori, ha accettato di rompere il silenzio sui casi di pedofilia nella Chiesa. Questo deve essere messo a suo credito».

In un editoriale de “Il Corriere della Sera” nel 2010, il non credente Piero Ostellino ha scritto: «All’origine dell’aggressione cui sono sottoposti la Chiesa, e lo stesso papa Benedetto XVI, sul tema della pedofilia in ambito ecclesiale, ci sono un pregiudizio razionalista e una violenza giacobina […]. A essere oggetto degli attacchi più aspri è proprio l’attuale Pontefice, che ha il merito indubbio di aver fatto opera di trasparenza all’interno della Chiesa, su un fenomeno troppo a lungo sottaciuto, e di aver cercato di definire, e distinguere, gli ambiti dei tribunali civili, riconoscendone le prerogative in tema di persecuzione del reato di pedofilia, secondo la legge civile, e quelli propri della Chiesa, rivendicandone l’autonomia nella condanna dei peccati e nella redenzione dei peccatori, secondo il diritto canonico e la propria predicazione (si chiama carità cristiana). Nonostante questo, oggi Benedetto XVI rischia di passare come il Papa che ha coperto la pedofilia dei sacerdoti».

Sempre nel 2010 in un articolo di Gianluigi Nuzzi, autore di Vaticano S.P.A. apparso su “Libero”, si legge: «c’è un desiderio tumultuoso di far dimettere Joseph Ratzinger, uno de pochi a voler riformare la Chiesa e che si trova oggi solo a rappresentarla tra molti nemici […]. Da subito è stato chiaro che Ratzinger voleva chiudere la stagione dei compromessi […], Ratzinger ha subito chiuso con gli amici sudamericani, ha rotto con chiunque vantava crediti per aver portato denari utili alla Causa di liberare la Polonia, i paesi ostaggio del ‘male assoluto’ […]. Benedetto XVI ha iniziato una radicale opera di pulizia, di rinnovamento […]. Benedetto XVI incontra solo nemici e torna indispensabile accusarlo esattamente di quanto lui stesso cerca di estirpare».

Nell’aprile del 2010  sul Wall Street Journal l’editorialista William McGurn ha criticato i continui attacchi del New York Times a Benedetto XVI, scrivendo: «il cardinale Ratzinger mise in atto cambiamenti che permisero un’azione amministrativa diretta invece di processi che spesso prendevano anni. Circa il 60 per cento dei casi di preti accusati di abusi sessuali furono trattati in questo modo. L’uomo che è ora Papa riaprì casi che erano stati chiusi; fece più di chiunque altro per processare casi e per rendere responsabili i preti che abusarono; e divenne il primo Papa a incontrare le vittime».

Nel febbraio 2016 Papa Francesco ha voluto rendere omaggio all’impegno del card. Ratzinger su questo caso, dicendo: «sul caso Maciel mi permetto di rendere un omaggio all’uomo che ha lottato in un momento in cui non aveva forza per imporsi, finché è riuscito ad imporsi: Ratzinger. Il Cardinale Ratzinger – un applauso per lui! – è un uomo che ha avuto tutta la documentazione. Quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede ha avuto tutto nelle sue mani, ha fatto le indagini e è andato avanti, avanti, avanti… ma non è potuto andare più in là nell’esecuzione. Ma se voi ricordate, dieci giorni prima che morisse san Giovanni Paolo II, quella Via Crucis del Venerdì Santo, disse a tutta la Chiesa che bisognava pulire le “sporcizie” della Chiesa. E nella Messa Pro Eligendo Pontifice – non è uno sciocco, lui sapeva di essere un candidato – non gli importò di mascherare la suo posizione, disse esattamente la stessa cosa. Vale a dire, è stato l’uomo coraggioso che ha aiutato tanti ad aprire questa porta. Così che voglio ricordarvelo, perché a volte ci dimentichiamo di questi lavori nascosti che sono stati quelli che hanno preparato le basi per scoperchiare la pentola. Oggi la Congregazione, il governo della Congregazione è semi-commissariato, ossia, il Superiore generale è eletto dal Consiglio, dal Capitolo Generale, però il Vicario lo elegge il Papa. Due consiglieri generali sono eletti dal Capitolo Generale e altri due li elegge il Papa, in modo tale che li aiutiamo a revisionare dei vecchi conti».

 
 

4. CONCLUSIONI

Possiamo concludere che il “caso Maciel” è un esempio di quanto Benedetto XVI sia disposto a prendersi sulle spalle la responsabilità di errori commessi da altre persone, da infami traditori del Vangelo e della Dottrina stessa della Chiesa. La Chiesa non avrebbe certamente resistito a tutto questo senza un Pontefice come Ratzinger, il cui operato e la cui risolutezza sono d’esempio anche per tutta la società.

Il caso, lo abbiamo visto, sfiora sensibilmente l’operato Giovanni Paolo II: forse avrebbe potuto avere il pugno più duro ma sicuramente era all’oscuro di tantissimi fattori. Molte più responsabilità, indipendentemente dal contesto storico e sociale poco sensibile ai casi di pedofilia, gravano sul card. Angelo Sodano e Stanisław Dziwisz, che non possono comunque essere i capri espiatori di una vicenda estremamente complicata. Tanto complessa e ben orchestrata che su “Il Messaggero” del 22/03/12 ci si è giustamente chiesti: «chi era in realtà questo prete nato nel 1920 e scomparso nel 2008, talmente potente e ricco da riuscire a far insabbiare per ben due volte le inchieste vaticane sulla sua omosessualità e gli abusi commessi impedendo persino a Papa Ratzinger di ridurlo allo stato laicale? Una personalità disturbata e multipla, un caso da manuale di schizofrenia o, come si sussurra man mano che il marcio viene fuori, l’incarnazione del Male?».

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