Francois Fejto: un grande intellettuale comunista e la sua conversione

Moriva due anni fa un grande uomo, considerato tra i più grandi intellettuali del XX secolo: Francois Fejto. Celebrato a sinistra, vedi La Repubblica: “uno dei grandi testimoni del XX° secolo e in particolare dell’ avventura comunista, di cui ha seguito tutta la parabola fino all’ 89”. Celebrato anche a destra, vedi Il Giornale: “uno storico privo di pregiudizi, personaggio unico di eccezionale lucidità e rara saggezza”. Amico di Emmanuel Mounier, Raymond Aron e Arthur Koestler, Camus, Aron e Sartre, aderisce da subito ad un gruppo marxista clandestino. Dopo la scarcerazione si avvicina a posizioni socialdemocratiche fondando una rivista antifascista e antistalinista. Segue le vicende dei paesi socialisti di cui diventerà uno dei maggiori esperti mondiali. Nel frattempo avviene anche la conversione al cristianesimo. Si definiva un «conservatore liberale e socialista», convinto della necessità di dover conservare i valori fondamentali della civiltà giudeo-cristiana, inflessibile nella difesa del libero arbitrio. Nato ebreo, fin da ragazzo è stato attratto dal cattolicesimo, si interrogava sulla fede ebraica comparandola con quella dei cattolici e dei luterani. Lui stesso diceva: «Ahimè, l’ebraismo come era predicato dalla nostra sinagoga riformista mi sembrava insipido e tiepido. Leggevo l’Antico Testamento, ma ad esso preferivo la dolcezza del Vangelo. La messa grande nella chiesa barocca dei francescani era festosa, vibrante, scintillante; erano i Preludi e le Fughe di Bach suonati dal nostro amico, il “cantor”, erano l’odore dell’incenso, le prediche appassionate. Mi sentivo convertito. Un pomeriggio, nei giardini pubblici dove stavo leggendo il Vangelo secondo san Matteo, credetti di veder passare — vidi passare —-Gesù, sentii il suo sguardo posarsi su di me. Questa visione fuggitiva non era forse la conferma della mia fede?» (da “Ricordi. Da Budapest a Parigi, Palermo“, Sellerie, 2009). Dopo essere rimasto folgorato da una ragazza tubercolotica che si preparava alla morte pregando e cantando, decise di battezzarsi nel corso di una Messa solenne, nonostante le reazioni del padre e del gran rabbino e le difficoltà culturali del mondo da cui proveniva (non riuscirà mai infatti a convertirsi pienamente). Si appassionò a Sant’Agostino e a Pascal e fu sempre persuaso che l’affermazione morale e spirituale dell’uomo e l’emergere della coscienza nella quale sono indelebilmente scritti i Comandamenti della legge divina, darà la possibilità di evitare in futuro conflitti mondiali (da «Intervista a Francois Fejtò», in il Giornale, 21 novembre 2004). Il 25 gennaio 2001 scrisse ad un sacerdote: “non sono ateo e non accetto spiegazioni materialistiche. Io penso che non ho soltanto la nostalgia della fede, io ho la fede!”.

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