Robert Sapolsky sul libero arbitrio: perché sbaglia tutto
- Ultimissime
- 31 Gen 2025
Il determinismo radicale di Robert Sapolsky contro il libero arbitrio. Recensione dettagliata del libro “Determinati. Biologia, comportamento e libero arbitri (ROi edizioni 2024) del biologo di Standford.
Sono due i libri più recenti al centro del dibattito sul libero arbitrio.
Ne parlavamo già in Ultimissima 03/12/2024, segnalando il volume del neurogenetista Kevin Mitchell (Trinity College Dublin), indeterminista e a favore dell’esistenza della libertà umana, e quello del biologo Robert Sapolsky, determinista duro e negazionista del libero arbitrio.
Oggi ci occupiamo proprio di quest’ultimo, come spesso accade solo il suo libro tra i due è arrivato in Italia. Si intitola “Determinati. Biologia, comportamento e libero arbitrio“ (ROi edizioni 2024).
Sapolsky ha dedicato 5 anni di studio per scrivere le 528 pagine del libro e convincere che l’idea che siamo esseri liberi, agenti attivi e moralmente responsabili è sostanzialmente una falsa convinzione.
Sapolsky, il libero arbitrio e il determinismo radicale
«Metti insieme tutti i risultati scientifici, da tutte le discipline scientifiche rilevanti, e non c’è spazio per il libero arbitrio» (p. 8), scrive.
Come già detto, Sapolsky aderisce a una forma estrema di determinismo, ovvero la teoria per la quale tutte le nostre scelte quotidiane (cosa mangiare, come vestirci, chi incontrare ecc.) non sarebbero scelte perché non avremmo alcun modo di agire diversamente da quanto facciamo.
Secondo il determinismo, infatti, proprio come un sasso cade a causa della gravità, i nostri neuroni sarebbero determinati a funzionare in un certo modo a causa del risultato diretto dell’ambiente, dell’educazione, degli ormoni, dei geni, della cultura e di una miriade di altri fattori fuori dal nostro controllo. Tutto ciò che facciamo sostanzialmente è stato determinato sin dal Big Bang.
E’ una posizione molto radicale, d’altra parte solo l’11% dei filosofi è d’accordo con Sapolsky, mentre il 60% pensa che si possa essere in qualche modo determinati causalmente ma ciò sia comunque compatibile con il libero arbitrio e l’essere moralmente responsabili delle nostre azioni.
Sapolsky, errori e contraddizioni del determinismo
Sulla prima parte del libro, tutti i critici che ne hanno parlato sono concordi nell’osservare l’assurdità di Sapolsky di trattare “scientificamente” un tema che scientifico non è. La scienza non può occuparsi del libero arbitrio perché non è capace di misurare una categoria chiamata “libertà”.
Come ha spiegato John Martin Fischer, professore emerito di Filosofia presso l’Università della California, «il modo in cui dovremmo adattare i nostri atteggiamenti e comportamenti alla luce di una credenza nel determinismo, se dovessimo acquisire tale credenza, non è sicuramente una questione scientifica».
Fischer sottolinea poi vari errori e contraddizioni di Sapolsky.
Una delle più divertenti è quando rileva che per tutto il libro, «Sapolsky ripete, come un mantra, la sua conclusione che non esiste il libero arbitrio», tutto ciò che facciamo e pensiamo è interamente determinato.
Eppure, misteriosamente, scrive: «Questo libro ha due obiettivi. Il primo è convincerti che non esiste il libero arbitrio, o almeno che ce n’è molto meno di quanto generalmente si supponga quando conta davvero». Fischer, allibito, si chiede: «Non capisco. Perché “meno”, piuttosto che “nessuno”?».
Ma soprattutto, Fischer non nota l’intento assurdo di un determinista radicale come Sapolsky di voler convincere qualcuno.
Se siamo solo entità determinate da altro come facciamo a convincerci o meno da certi argomenti? Esistono sono solo eventi, non agenti. Per ponderare gli argomenti pro e contro serve un io, non una causalità fisica.
Come nota ironico il filosofo Fischer, «non solo non siamo i capitani delle nostre navi, ma secondo Sapolsky non siamo nemmeno i mozzi! Essendo caduti dalla nave, è come se fossimo su una piccola zattera nell’oceano trasportata a casaccio dalle correnti».
Sapolsky è convinto di questo: «Non siamo niente di più o di meno che la fortuna biologica e ambientale cumulativa, su cui non avevamo alcun controllo», scrive. Non prendiamo decisioni e non ci impegniamo in un ragionamento pratico. Le cose ci accadono e basta.
Se è così, rinunciamo alla farsa di discutere i pro e i contro di una decisione. Anche se giungessimo a stabilire cosa è vero o falso, non potremmo mai decidere nulla di conseguenza. Sapolsky ci eviti i tentativi di convincimento e i consigli su come vivere e pensare, siamo gusci vuoti che fanno prediche ad altri gusci vuoti.
Al contrario, se qualcosa merita di essere proposto e argomentato è perché c’è un agente cosciente che sa valutare e può o meno convincersi, quindi il determinismo è falso. Spiegare la verità del determinismo e pretendere una decisione logica e razionale significa ammettere che il determinismo è una bugia.
Sapolsky invita anche a impegnarci in «piccoli atti casuali di perdono». Il biologo di Stanford manifesta una capacità di contraddirsi ammirevole.
Se il determinismo è vero, non c’è responsabilità morale. Lo ha ripetuto in tutto il suo libro. Quindi cosa bisogna perdonare? Chi può davvero scegliere liberamente di impegnarsi in questi atti?
Dopo quasi 530 pagine contro il libero arbitrio ci viene a dire che il libero arbitrio esiste?
Sapolsky e il libro “Determinati”: nulla di nuovo
Insomma, la prima parte del libro è una versione riscaldata del vecchio argomento di Bertrand Russell, cioè che una comprensione scientifica della fisiologia umana avrebbe rivelato il normale determinismo fisico all’opera in ogni scelta umana.
Sapolsky aggiunge solo alcuni esempi di meccanismi biologici, ammettendo comunque che «non puoi confutare il libero arbitrio con un “risultato scientifico” dalla genetica o da qualsiasi altra disciplina scientifica».
D’altra parte, spiega il neuroscienziato Kevin Mitchell, «l’idea generale di responsabilità morale resta intaccata dalle scoperte della scienza che stanno rivelando i fondamenti neurali e cognitivi del controllo razionale»1K. Mitchell, Free Agents: How Evolution Gave Us Free Will, Princeton University Press 2023, pp. 282, 283.
«Sapolsky spende le sue energie cercando di stabilire la verità del determinismo causale», conclude Fischer, ma non offre alcun argomento specifico a favore del determinismo radicale, né una buona ragione per rifiutare le teorie che sostengono che il libero arbitrio è compatibile con il determinismo (e con l’indeterminismo).
Un libro, scrive l’eminente filosofo, che «nonostante tutto il trambusto che lo circonda, non offre nulla di nuovo o illuminante sul libero arbitrio o sulla responsabilità morale».
Secondo Sapolsky gli assassini non sono responsabili
La seconda parte del libro “Determinati” di Sapolsky merita più attenzione, è il tentativo del biologo di prendersi davvero sul serio e spiegare come bisognerebbe conciliare le sue credenze nel comportamento sociale.
Ancora più interessante su questo è un intervento di Sapolsky al podcast di Chris Williamson un anno fa, dove il biologo spiega come convivere con il determinismo assoluto.
Sapolsky suggerisce che nessuno ha colpe, nemmeno gli assassini.
Perfino Telmo Pievani che è corso ad intervistarlo è rimasto turbato dal fatto che «l’autore giunge anche a conseguenze poco digeribili, come per esempio che non si possa scegliere di non essere assassini o pedofili».
Nella sua utopia, nessuno è responsabile di nulla. Non dovremmo avere pensieri negativi o di vendetta sugli assassini, dice Sapolsky. «Questo rende il mondo un posto migliore» (p. 340), perché «odiare una persona per qualsiasi cosa abbia fatto è più triste che odiare il cielo perché è in tempesta, odiare la terra quando trema, odiare un virus perché è bravo a entrare nelle cellule polmonari» (p. 403).
«Ciò che è veramente triste», commenta il filosofo John Martin Fischer recensendo il libro, «è che uno studioso serio possa confondere la distinzione tra le azioni di Hitler e i fulmini del cielo».
Ma Sapolsky tira dritto: pedofili e assassini non sono depravati, meritevoli di essere incarcerati, «non hanno un’anima di merda». Sono semplicemente «una macchina rotta» che, come fossero un virus, vanno messi in quarantena per proteggere la società.
Esclude dunque qualunque considerazione di colpa morale e di punizione proporzionata e non spiega perché, se sono “macchine rotte” , non dovremmo trattarle seriamente come tali: rottamandole, smantellandole e riciclandole per ricavarne dei pezzi.
Sapolsky ricalca i trucchi mentali del suo collega determinista Sam Harris per riuscire a perdonare le persone ed evitare di perdere la calma, consigliando di fermarsi e pensare: «Questo robot biologico non funziona correttamente. La sua amigdala ha avuto la meglio su di lui. Arrabbiarsi è inutile».
Se per Harris le persone sono “robot biologici”, per Sapolsky siamo “macchine biologiche”. Ed è consapevole che è «terribilmente demoralizzante» pensare di aver sposato una macchina biologica e aver messo al mondo delle piccole macchine biologiche.
Sapolsky dice che è demoralizzante perché una “macchina biologica” non ha alcuna vita degna di essere vissuta, vive semplicemente di eventi che non sa giudicare e non sa controllare. Non si dovrebbe nemmeno parlare di “persone”.
E’ un pensiero talmente irrealistico che se non si trattasse di un biologo di Standford diremmo che l’autore sia qualcuno affetto da schizofrenia.
Nessun merito o demerito, solo fortuna o sfortuna
Una delle grandi preoccupazioni di Sapolsky è l’ossessione liberale per il “privilegio” e il sentirsi “in diritto” di fare qualcosa. Ma ciò che lo infervora di più è il concetto di meritocrazia e vi dedica il capitolo finale del libro.
Per un determinista è irrazionale, «non esiste un “merito” giustificabile» ma soltanto soggetti fortunati e sfortunati. Un fortunato deve semplicemente sedersi e aspettare che le cose belle della vita arrivino a lui: sono destinatari e non attori.
In un altro podcast, Sapolsky spiega che un neurochirurgo che grazie alla sua dedizione compie con successo un intervento, sbaglia se pensa di dover essere ricompensato. Il suo piacere è limitato alla gratitudine di essere uno dei fortunati.
Per questo deride il collega determinista Daniel Dennett per essersi preoccupato molto quando era in vita di vantarsi dei meriti del suo successo. Nessun merito, solo ringraziare le stelle fortunate.
Allo stesso tempo esistono gli sfortunati, cioè i poveri e gli oppressi.
Sapolsky, che da professore a Stanford si sente tra i “fortunati”, si occupa anche di loro persuadendoli a pensarsi semplicemente sfortunati, si sentiranno sicuramente molto meglio con se stessi. Immaginiamo quanto sia sollevato uno che sta morendo congelato in mare aperto, aggrappato a un salvagente, mentre sente Sapolsky che gli grida: “Non preoccuparti, non prenderla sul personale. Sei solo sfortunato“.
Tra l’altro non serve nemmeno imparare dai fallimenti, se dipendono dalla sfortuna siamo ancora una volta impotenti nell’evitare che ricapitino in futuro.
E’ evidente che Sapolsky non ha alcuna idea di come funzionino realmente gli esseri umani.
Sapolsky: “Sono ipocrita, non vivo ciò che dico”
La verità è che per qualche motivo Sapolsky si sente gratificato scioccando il lettore e l’ascoltatore con queste tesi, alle quali nemmeno lui crede davvero.
Ammette infatti di essere completamente incapace di aderire alla sua dottrina determinista, come d’altra parte tutti gli altri deterministi. Non vive ciò che predica perché «sicuramente non riesco a pensare in questo modo la maggior parte delle volte», rivela. Anzi, ci riesce «meno dell’1% delle volte e dimostro costantemente che, credendo a queste cose, sono un ipocrita totale».
Se non ci riesce lui, dopo aver trascorso cinque anni a scrivere un libro di proselitismo nel determinismo, dovrebbe domandarsi se le teorie sono giuste. Temiamo però la sua risposta: se la realtà smentisce la teoria, tanto peggio per la realtà!
Il fatto che si senta ipocrita e non riesca ad aderire a ciò che predica è perché, per credervi davvero, non basta il semplice assenso intellettuale, bisogna coinvolgersi emotivamente, sentire che è qualcosa di vero e far cooperare la ragione con le proprie emozioni. Per questo, nemmeno Sapolsky crede nel determinismo.
Verso la fine del podcast, Chris Williamson racconta di aver inviato a un collega una clip di un’intervista con il determinista Sam Harris, con il risultato che questa persona è sprofondata in una profonda depressione e non si è alzato dal letto per due settimane. Ha consumato un anno intero di ferie per malattia che non avrebbe mai potuto più recuperare.
Sapolsky ride di gusto al racconto, considerandolo esilarante. O forse ritiene assurdo che qualcuno abbia davvero creduto a un argomento così folle al quale non è disposto ad aderire nemmeno lui.
L’ateismo è la molla di Sapolsky contro il libero arbitrio
Nel podcast di Chris Williamson ad un certo punto Sapolsky ammette che ciò che lo muove nel combattere il libero arbitrio non è una semplice curiosità scientifica, ma una derivazione del suo ateismo.
«Non c’è Dio e non c’è il libero arbitrio […], lo penso da sempre e cinque anni fa ho scritto il libro per questo», afferma.
Il punto è sempre quello, chi si affatica a minare la grandezza dell’uomo (la sua libertà in questo caso), è sempre dettato dal voler ridurre la creatura per negare il Creatore. Il libero arbitrio è inaccettabile perché resta un mistero ed è proprio ciò che ci aspetteremmo di trovare se un Dio buono avesse creato l’umanità.
3 commenti a Robert Sapolsky sul libero arbitrio: perché sbaglia tutto
Articolo interessantissimo!
Quindi anziché spiegare perché ha scritto questo libro, dovrebbe dire che non avrebbe potuto fare diversamente perché era “programmato” per scriverlo. Patetico.
Esattamente Giorgio. Se tutto è determinato, allora la verità della convinzione del determinismo nonché della convinzione del libero arbitrio sarebbe INDECIDIBILE, giacché il determinismo determinerebbe QUALSIASI convinzione, inclusa la verità e la non-verità dellibero arbitrio!